Etruschi

 


 

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  • Economia: Gli Etruschi praticavano intensamente l'agricoltura e l'estrazione dei minerali dal sottosuolo. In particolare sfruttavano i giacimenti di ferro e di rame presenti nell'Isola d'Elba. I metalli estratti venivano poi utilizzati per produrre oggetti vari; accanto a questo tipo di produzione artigianale venivano fabbricati anche oggetti di lusso, quali vasi di argilla di colore nero detta bucchero . I metalli e i prodotti artigianali erano poi utilizzati per il commercio con altri Paesi. Gli Etruschi furono infatti una grande potenza commerciale: gli scambi avvenivano via mare con i Fenici e con i Greci e via terra con le popolazioni del nord e del sud dell'Italia.  Territorio opulento, fertile e ricco, per l’abbondanza di fauna, la ricchezza dei raccolti e delle vendemmie. Questo non valeva per alcune aree costiere ed interne: l’attuale Maremma e la Val di Chiana erano infatti malsane e paludose, fonti di continue epidemie malariche e difficili da coltivare, per questo i re etruschi investirono molte risorse al fine avviare una completa bonifica dei loro territori e di quelli vicini. L'Etruria diventa un importante produttore di cereali già nel V secolo a.C. Pur non potendo datare esattamente l’inizio dell’attività viticola da parte degli etruschi, si può supporre che prese piede agli inizi dell’età del ferro, anche se certamente la vite era già conosciuta in epoche precedenti.[29] La coltivazione della vite, ideata e propagata in tutti i territori controllati, dagli etruschi, era quello della vite a tutore vivo, o vite maritata,con i ceppi piantati cioè vicino a un albero.
  • tempio etrusco e le sue decorazioni: I templi etruschi erano costituiti da tre celle affiancate, con ingressi separati e precedute da un pronao sorretto da due file di quattro colonne. Contrariamente ai Greci, gli Etruschi non consideravano il tempio come la casa terrena di un dio ma come il luogo ad esso consacrato, dove recarsi per interrogarlo, pregarlo ed offrirgli sacrifici e oggetti votivi; contrariamente a quello greco, nell’arco di diversi secoli non subì alcuna variazione di tipo stilistico o strutturale. Il tempio etrusco, per la cui costruzione erano stabilite precise regole, era caratterizzato da una pianta quasi quadrata. La metà anteriore era costituita da un portico colonnato, la metà posteriore era occupata da tre celle, ospitanti le statue di tre divinità, oppure da una cella singola fiancheggiata da due ali aperte. A parte per il basamento e per le fondamenta, venivano utilizzati materiali leggeri e deperibili: mattoni crudi per i muri, e legno per la struttura. Il tetto era a doppio spiovente, molto ampio e basso, di notevole sporgenza laterale, e sulla facciata dominava un frontone triangolare aperto o chiuso. Il tetto era completato da un complesso sistema di elementi decorativi e di protezione in terracotta dipinta a colori vivaci, a rilievo e a tutto tondo. Frequenti erano gli omaggi da portare nei templi, solitamente consistenti in statuette votive in terracotta o bronzo, oppure in offerte sacrificali (agnelli, capre, ecc...).

 

  • origini degli etruschi: Le origini degli Etruschi sono state argomento di discussione sin dai tempi più remoti. Lo storico greco Erodoto, vissuto nel V secolo a. C., sostenne la tesi della provenienza via mare dalla Lidia, regione dell'Asia Minore. Secondo altri storici antichi gli Etruschi sarebbero una popolazione di stirpe italica, che risiedeva nella penisola già dalle epoche più remote. La tesi che invece si è imposta nella storiografia moderna è quella di gruppi provenienti dal Mediterraneo orientale, portatori di una civiltà tecnicamente e culturalmente evoluta, che si fusero verso il X secolo a. C. con la popolazione italica residente, dando vita ad una nuova civiltà. Le origini degli Etruschi sono controverse: secondo gli studi più recenti, si tratterebbe di un popolo di provenienza orientale, probabilmente discendente dai “Villanoviani”; secondo altre accreditate teorie, sarebbero migrati dalle regioni del Nord, passando attraverso le Alpi. Nella penisola italica si installarono in un vasto territorio detto “Etruria”,  ovvero nell’odierna Toscana, nell’alto Lazio e in una parte dell’Umbria; successivamente estesero il loro dominio a sud (in Campania) e a nord, al di là dell’Appennino, in Emilia, più precisamente a Misa (l’odierna Marzabotto), a Fèlsina (Bologna), Spina e Adria. Diversi elementi tipicamente etruschi o d’imitazione etrusca, quali armi, urne a capanna (di bronzo), monili, rasoi, calderoni, cinture, brocchette di bronzo ecc., sono stati rinvenuti in diverse zone dell’Europa centro-settentrionale; ciò dimostra, come grazie alle relazioni culturali ed ai commerci, i prodotti artigianali etruschi fossero apprezzati e si siano diffusi in aree anche molto distanti dall’Etruria.
  • rapporti tra gli etruschi e i greci: Gli Etruschi furono fortemente influenzati dagli antichi Greci, che li chiamavano "tirreni". Gli esperti definiscono l'VIII secolo a. C. il periodo Orientalizzante della storia etrusca, riferendosi all'influenza proveniente dall'est. I periodi successivi sono chiamati Classico ed Ellennistico ("degli antichi Greci") secondo gli stili dell'arte greca. Gli etruschi adottarono anche una forma di alfabeto greco ed elementi della mitologia greca. Gli antichi Greci influenzarono la ceramica etrusca sotto molti aspetti e introdussero il proprio vasellame scambiandolo con altre merci. I ceramisti greci si recarono in Magna Grecia ed Etruria dove insegnarono ad artigiani e artisti locali le loro tecniche e abilità. Alcuni di essi si stabilivano nella penisola italiana e continuavano a produrre e decorare vasi secondo il proprio stile. Introdussero anche il tornio veloce e tecniche di cottura delle ceramiche ad alta temperatura in forni più avanzati. Molti dei greci che giunsero sulle coste meridionali della penisola e in Etruria erano mercanti che portavano merci greche da vendere o scambiare con prodotti etruschi. Questo commercio contribuì alla diffusione di idee e costumi differenti. Tra le divinità maschili e femminili etrusche si trovano delle corrispondenze con gli dei greci, alcuni di questi con lievi modifiche nella pronuncia.

Nella penisola, i soli rivali degli Etruschi sono i Greci, stabilitisi nell’VIII secolo sulla costa meridionale ed in Sicilia. Qui le colonie greche erano numerose: dopo la fondazione di Cuma, la più antica delle colonie della Magna Grecia, erano sorte Nasso, Siracusa, Catania, Megara, Metaponto, Pandosia, Sibari, Crotone, Taranto e molte altre ancora. Uomini di una civiltà evoluta stabilitisi da vari secoli sulle rive del mar Egeo, gli emigranti greci portarono in Italia i loro costumi, la loro filosofia, il loro urbanesimo, le loro tecniche e, soprattutto, cosa fino a quel momento sconosciuta in Italia, l’alfabeto. Dopo essersi molto presto arricchite, le colonie greche acquistarono anche una grande importanza politica. Tuttavia l’influenza greca non penetrò in profondità nel territorio e tra le popolazioni italiche. I Greci si accontentarono di un insediamento solido sulla costa, respingendo le popolazioni autoctone verso l’interno delle terre. Un confronto tra Greci e gli Etruschi: questa fu la situazione in Italia alla fine dell’VIII secolo e all’inizio del VII secolo a.C. In mezzo a numerosi popoli poco evoluti spiccavano due grandi focolai di civiltà, l’Etruria nell’Italia centrale e la Magna Grecia nel meridione ed in Sicilia, i cui interessi entrarono ben presto in conflitto.

  • architettura etrusca attraverso l’analisi delle tombe: Le tombe etrusche si sono i conservate, poiché costruite in pietra. Per la religione etrusca l'uomo, nell'aldilà necessita di un ambiente piccolo e familiare in cui trascorrere la vita dopo la morte, assieme agli oggetti personali che possedeva in vita: ciò spiega la cura con cui venivano costruite le necropoli e il fatto che la pittura di questo popolo sia quasi esclusivamente funeraria. Le pareti delle necropoli erano dipinte a colori vivaci (imitando la volta celeste, o scene di vita vissuta) per contrastare l'oscurità, simbolo della morte spirituale. Le necropoli generalmente erano poste al di fuori della cinta muraria delle città, ma con orientamento parallelo al cardo o al decumano. Quindi le necropoli etrusche sono una fonte molto significativa, storiograficamente parlando, che permette di conoscere molti aspetti della vita quotidiana, delle credenze e dei riti popolari che, analizzando esclusivamente i testi scritti, non sarebbe stato possibile conoscere. Esiste anche un metro di classificazione per l'architettura funeraria tuscanica: si distinguono infatti tre tipi di necropoli o catacombe:

Tombe Ipogèe: Esse erano scavate interamente sottoterra o erano ricavate all'interno di cavità naturali preesistenti (grotte, caverne, ecc...). la più famosa è l'Ipogeo dei Volumni,Questo tipo di catacombe era formato da un ripido accesso a gradini, che portava direttamente nell'atrio. Qui vi erano solitamente sei tombe (o gruppi di tombe), raggiungibili mediante stretti corridoi. Si pensa che la sepoltura in Ipogèei fosse riservata a persone di un certo rango sociale, specialmente politici, militari e sacerdoti. Tombe a edicola Esse erano costruite completamente fuori terra, a forma di tempio in miniatura nelle intenzioni, ma in pratica molto simili alle abitazioni dei primi insediamenti etruschi. Nella simbologia etrusca, era molto significativa la forma a tempietto: infatti essa rappresentava il punto intermedio del viaggio che il defunto doveva compiere dalla vita alla morte. Tombe a tumulo una volta eseguita la sepoltura, venivano ricoperte da mucchi di terra, allo scopo di creare una specie di collinetta artificiale. Ognuna di queste tombe si articola in diverse camere sepolcrali di dimensioni proporzionali alla ricchezza e alla notorietà del defunto o della famiglia del defunto. Solitamente erano a pianta circolare. Ricordiamo la Tomba dei Rilievi, all'interno della necropoli della Banditaccia, presso Cerveteri.

  • fase orientalizzante: Nella storia della civiltà etrusca il periodo che va dalla fine dell’VIII all’inizio del VI secolo a.C. è noto come orientalizzante, poiché la produzione artistica di questa fase si caratterizza per la presenza di elementi decorativi di gusto ed ispirazione orientale. Gli scambi commerciali già attivi durante il villanoviano aumentano considerevolmente ed in Etruria arrivano manufatti da diverse aree del Mediterraneo, quali l’Egitto, la Siria, la Fenicia e l’Anatolia. Si tratta di oggetti preziosi (vasi in faiançe, oggetti in oro ed argento, avori lavorati, coppe di bronzo), destinati ad una aristocrazia che sempre più spesso va affermandosi nei centri etruschi. Le rotte commerciali sono principalmente due: la prima percorre quasi tutto il Mediterraneo fin oltre lo stretto di Gibilterra toccando gli empori fenici, e proprio da questo popolo di navigatori e mercanti sono introdotti in Italia i numerosi oggetti in materiale prezioso prodotti in Egitto e nel Mediterraneo sud-orientale. La seconda rotta parte dalla Siria settentrionale e raggiunge tutta la Grecia e l’Italia tirrenica. L’afflusso continuo e l’incessante richiesta di tali oggetti, oltre a dimostrare la ricchezza economica raggiunta dall’aristocrazia etrusca, danno l’impulso alla produzione di imitazioni locali.

 

  • descrivere un sito archeologico: Vulci (in etrusco Velch) era situata sulla riva destra del fiume Fiora, a circa cento chilometri da Roma, venti a nord-ovest di Tarquinia e dodici dal mare. I suoi artigiani ne fecero un centro importante e ricco fin dal IX secolo a.C.; essa proseguì la sua affermazione anche nel campo della ceramica e della lavorazione della pietra fino al IV secolo a.C. L'abitato sorgeva su un pianoro di tufo, che ancora oggi resta parzialmente inesplorato. Le necropoli di Cavalupo, di Ponterotto, di Polledrara e di Osteria sono databili dall'VIII secolo a.C. fino all'epoca imperiale romana. La maggior parte delle sepolture, anche le più ricche, sono quelle fra la fine del VII secolo a.C. e la metà del V secolo a.C.. Fra la necropoli di Cavalupo e quella di Ponte Rotto, non lontano da un antico insediamento villanoviano, nel 1857 fu scoperta la Tomba François, così chiamata dal nome dell'archeologo che ne eseguì il rilevamento. È una tomba a "T" molto complessa architettonicamente, con un'eccezionale decorazione pittorica
  • pittura delle tombe (in particolare Tarquinia): La pittura etrusca è il completamento dell'architettura delle tombe. La tecnica usata è una specie di affresco, con colori disciolti nell'acqua che vengono assorbiti dallo strato sottile dell'intonaco. La pittura è planimetrica: pochi colori, privi di chiaroscuro, distesi in superficie, staccati dal fondo, con la conseguente prevalenza della linea che li campisce, quasi come se fosse una decorazione vascolare. Quanto ai temi, poiché lo scopo delle figurazioni è quello di circondare il morto con le immagini della vita, prevalgono le scene di costume, con musicanti, danzatori, ginnasti, partite di caccia e di pesca. Non mancano tuttavia le figurazioni mitologiche, derivate dalla pittura vascolare greca o dovute ad artisti greci immigrati. Tra queste i più antichi affreschi sono quelli della Tomba dei Tori a Tarquinia, con l'agguato teso da Achille al giovane troiano Troilo presso la fontana sacra ad Apollo; Nella tomba della caccia e della pesca a Tarquinia le figure dei pescatori, rappresentate con grafia semplificata e leggera, assumono un carattere squisitamente decorativo al pari degli uccelli e dei pesci che popolano sparsamente gli ampi spazi celesti e marini. Le camere funerarie, modellate sugli interni delle abitazioni, presentano le pareti decorate a fresco su un leggero strato di intonaco, con scene di carattere magico-religioso raffiguranti banchetti funebri, danzatori, suonatori di aulós, Giocoleria, paesaggi, in cui è impresso un movimento animato e armonioso, ritratto con colori intensi e vivaci.ra i sepolcri più interessanti si annoverano le tombe che vengono denominate del Guerriero, della Caccia e della Pesca, delle Leonesse, degli Auguri, dei Giocolieri, dei Leopardi, dei Festoni, del Barone, dell'Orco e degli Scudi. Parte dei dipinti, staccati da alcune tombe allo scopo di preservarli (tomba delle Bighe, del Triclinio, del Letto Funebre e della Nave), sono custoditi nel Museo nazionale Tarquiniese; altri sono visibili direttamente sulla parete su cui furono realizzati.

 

  • religione etrusca: Gli Etruschi erano politeisti. Alle divinità dedicarono numerosi templi, costruiti non solo nelle città, ma anche nei luoghi di passaggio, come porti e valichi. Nel tempio si recavano per pregare, offrire sacrifici alle divinità, conoscere il volere degli dèi. La religione svolgeva un ruolo centrale nella vita di questo popolo. Secondo gli Etruschi, infatti, gli dèi rivelavano agli uomini la propria volontà attraverso particolari segni. I sacerdoti erano specializzati nell'interpretazione di tali segni; gli àuguri erano i sacerdoti che conoscevano il significato del volo degli uccelli; gli aruspici, invece, sapevano leggere le viscere degli animali sacrificati; inoltre i sacerdoti etruschi erano abilissimi (e per questo rinomati) nell'interpretazione dei fulmini. L'insieme delle dottrine del complesso mondo religioso etrusco era raccolto in quello che i romani definirono Disciplina etrusca, una raccolta codificata di riti e pratiche dei rapporti con il divino. Della disciplina etrusca fanno parte anche i Libri Tagetici, chiamati così poiché sarebbero stati "rivelati", secondo la tradizione, da Tagete, figlio di Genio e di Tinia, emerso dal solco di un aratro nella campagna di Tarquinia. Il rapporto tra l'uomo etrusco e il divino era un rapporto di totale sottomissione e di annullamento dell'individuo di fronte alla volontà degli dèi. Erano quest'ultimi, infatti, a stabilire il corso del destino degli uomini (e anche quello degli Stati). Di fronte alle decisioni divine, l'uomo non si poteva opporre, ma solo sottostare ad esse. Poteva però prevedere il proprio destino attraverso un attento studio dei segni che gli dèi mandavano sulla terra. Gli era inoltre concesso di fare sacrifici e riti propiziatori in onore delle divinità per chiedere magari la grazia di modificare un destino non proprio favorevole.
  • sistema politico: All’epoca dei contatti dell’Etruria con Roma la vita politica della nazione etrusca poggia essenzialmente sopra un sistema di piccoli stati indipendenti facenti capo a città preminenti per grandezza e per ricchezza. con il procedere del tempo le singole città sovrane si siano aggregate un territorio più o meno vasto, sottomet- tendo altre città rivali  Il centro della vita politica e culturale dell’Etruria è dunque da ricercare nelle grandi città dominanti. Ogni città-stato o città capitale (caput) di uno stato costituisce un mondo politicamente ed entro certi limiti culturalmente a se stante. Gestione interna, commerci, eventuali imprese navali dovettero essere autonome come nelle poleis della Grecia arcaica e classica. Le notizie delle fonti storiche ci persuadono a ritenere che anche la politica estera fosse decisa con sostanziale autonomia da ciascuna città secondo i propri interessi. Un vero e proprio stato etrusco non è mai esistito. In Etruria si ha una situazione simile a quella della grecia, con singole città-stato forti di un vasto hinterland ed in grado di sostenere una politica interna ed estera autosufficiente.  Le fonti parlano di una FEDERAZIONE DI 12 CITTA', all'interno della quale i singoli membri venivano sostituiti nel corso del tempo, a seconda delle alterne vicende delle città stesse, oppure dovettero essere necessariamente rimpiazzati, come accadde per Veio dopo la caduta nel 396 ac. Federazioni di questo tipo sono attestate dalle fonti anche per le città etrusche della pianura padana e della Campania. La federazione dell'etruria tirrenica non ebbe un unico centro di potere; fece però capo ad un santuario centrale, il Fanum Voltumnae. Si incontravano lì, ogni anno, i capi delle 12 città-stato per eleggere un capo supremo il PRAETOR ETRURIAE, sui cui poteri non ci viene tramandato nulla di più preciso. Questi sovrani, chiamati MECHL o LUCUMONI, nelle epoche più antiche detenevano probabilmente il potere sia civile sia religioso. Ad essi si affiancava un gruppo di aristocratici. In etruria pare che il sistema monarchico sia sopravvissuto a lungo.

 

  • arte nella cultura arcaica: Periodo di maggiore fioritura, sotto la prevalente influenza greca (prima ionica poi attica). Verso la metà del VI sec. a.C. nasce e si sviluppa la ceramica a figure nere. Si assiste ad una evoluzione del bucchero ora decorato a 'bassorilievo', ottenuto con matrici a cilindretto. L’oreficeria e la bronzistica sono di notevole qualità. Vengono fusi grandi bronzi alcuni dei quali a soggetto animalistico. Inizio a Tarquinia della grande pittura tombale ad affresco ed a tempera, ottenuta applicando i colori direttamente sul fondo non preparato; produzione di grandi sculture in pietra (statue in Vulci, canopi monumentali in Chiusi). Caratteristica la statuaria fittile policroma legata al maggior sviluppo delle costruzioni templari.
  • condizione femminile: condizione sociale della donna che, a differenza del mondo latino e greco, godeva di una maggiore considerazione e libertà: se per i latini la donna  seduta in casa a filare la lana, e su cui, nelle età più antiche, il pater familias (il capofamiglia) aveva il diritto di morte qualora fosse stata sorpresa a bere del vino, per gli Etruschi ella poteva partecipare persino ai banchetti conviviali, sdraiata sulla stessa kline (letto) del suo uomo, o assistere ai giochi sportivi ed agli spettacoli. Questo era scandaloso per i Romani. Ma la condizione sociale della donna nella civiltà etrusca era veramente unica nel panorama del mondo mediterraneo. La donna poteva trasmettere il proprio cognome ai figli, soprattutto nelle classi più elevate della società. la civiltà etrusca fu l'ultima che permise alle donne l'accesso al mondo della religione e del culto, conferendo loro anche la massima autorità spirituale nella gerarchia riposta al culto. La donna etrusca potè godere di libertà e considerazione grazie ad una posizione giuridica che consentiva dignità e autonomia pressochè pari a quelle dell'uomo. Essa infatti veniva indicata con il nome rigorosamente vietato nella formula onomastica latina ed il cognome come si usa fare oggi, conservava il cognome della famiglia di provenienza anche dopo il matrimonio. Nella formula onomastica spesso i figli portavano oltre al nome del padre anche quello della madre.

 

  • Pittura: La pittura etrusca è essenzialmente quella degli affreschi delle tombe. Essa ha un'importanza notevole non tanto per il livello artistico raggiunto, quanto per il fatto che si tratta del più importante esempio di arte figurativa preromana. La tecnica pittorica maggiormente gettonata presso gli etruschi era l'affresco. Questa tecnica consiste nel dipingere su intonaco fresco il soggetto scelto, in modo che quando l'intonaco si asciuga il dipinto, amalgamatosi con esso, diventa parte integrante del muro e resiste per molti anni. Per fare i colori con i quali poter dipingere, si utilizzavano pietre e minerali di vari colori che venivano frantumati e miscelati fra loro. I pennelli erano fatti con peli di animali ed erano estremamente precisi; dalla metà del IV secolo a.C. si incominciò a usare il chiaroscuro per suggerire gli effetti della profondità e del volume. Le scene dipinte raramente rappresentano scene di vita vissuta, la maggior parte sono rappresentazioni di scene mitologiche tradizionali. Non vi era ancora il concetto di proporzione per cui è frequente imbattersi in animali o uomini con alcune parti del corpo sproporzionate rispetto ad altre. Uno tra i più famosi affreschi etruschi è quello della Tomba delle Leonesse a Tarquinia.

 

  • Scultura: La scultura etrusca era fortemente influenzata dalla cultura greca, anche se non riuscì mai ad arrivare allo stesso livello di armonia e perfezione delle statue ateniesi o tebane, poiché il linearismo nei costumi e nei volti rispecchia di gran lunga la cultura ellenica. Come ogni altra espressione artistica, anche la scultura era finalizzata all'adorazione delle divinità. In particolare aveva tre funzioni: funerarie, rituali e votive.

              Tra le più famose sculture etrusche vi sono:* il Sarcofago degli Sposi, proveniente da Cerveteri (              Roma),* l'Apollo di Veio, dal tempio del Portonaccio a Veio attribuito a Vulca * la Chimera di   Arezzo               rinvenuta presso Arezzo,  * l'Arringatore (Aulo Metello) rinvenuto in Umbria.

  • Citta' etrusca: I primi villaggi etruschi erano costituiti da capanne a pianta quadrata, rettangolare o tonda con un tetto molto spiovente (generalmente in paglia o argilla). Le città etrusche si differenziavano dagli altri insediamenti italici perché non erano disposte a caso, ma seguivano una logica economica o strategica ben precisa. Ad esempio, alcune città erano poste in cima a delle alture, cosa che rendeva possibile il controllo di vaste aree sottostanti, sia terrestri che marittime. Altre città, come Veio e Tarquinia, sorgono in un territorio particolarmente fertile e adatto all'agricoltura. La città etrusca veniva fondata dapprima tracciando con un aratro due assi principali fra loro perpendicolari, detti cardo (nord-sud) e decumano (est-ovest), in seguito dividendo i quattro settori così ottenuti in insulae tramite un reticolo di strade parallele al cardo e al decumano. Questa precisa disposizione urbanistica è visibile ancora oggi in alcune città dell'antica Etruria. Non è, in ogni caso, una novità etrusca, in quanto l'idea di fondare le città partendo da due strade perpendicolari era di uso comune in Grecia. Le città sono cinte da mura, molto spesso ciclopiche, le quali rappresentano l'unica testimonianza, assieme a tombe e basamenti di templi, di architettura etrusca in pietra. I materiali usati erano l'argilla, il tufo e la pietra calcarea. L'ingresso alla città avviene attraverso le porte, che erano solitamente sette o quattro, le più importanti in corrispondenza delle estremità del cardo e del decumano. Con la crescita della potenza militare di Roma, le città etrusche vennero progressivamente conquistate e assimilate dal mondo e della mentalità romana, nei confronti dei quali erano in posizione di svantaggio (economico, sociale, militare e politico), per cui da cuore pulsante dei commerci mediterranei si ridussero a semplici centri abitati con una classe dirigente etrusco-romana che provocò la fine di qualsiasi produzione artistica e architettonica indipendente.

 

  • Lingua etrusca: effetto immediato della colonizzazione greca nell'Italia meridionale fu l'influsso della cultura greca sugli etruschi. Le più antiche iscrizioni etrusche, databili tra l'VIII ed il VII sec ac, sono redatte in un alfabeto del tutto simile a quello dei primi coloni greci e proveniente dalla loro stessa madrepatria, si tratta dell' ALFABETO CALCIDESE.  gli etruschi non adottarono e nn utilizzarono tutti i caratteri greci, solo quelli di cui aveano bisogno per mettere la propria lingua per iscritto. La scrittura si attenne all'uso delle lettere greche, tanto che la lettura dell'etrusco non ha mai creato problemi. È problematica la comprensione e la ricostruzione della lingua etrusca nella sua globalità. Il materiale ritrovato è per lo più costituito da iscrizioni con testi molto corti, cioè di iscrizioni funerarie recanti il nome e l'età del defunto o di iscrizioni di possesso o votive su vasellame. Per quanto concerne la GRAMMATICA è chiaro che l'etrusco era una lingua di tipo agglutinante, con una predilezione per i suffissi giustapposti. Restano incomprensibili o di dubbia interpretazione i testi più lunghi. Ciò dipende dal fatto che è una lingua isolata e quindi i vocaboli appartenenti ad altre lingue pox essere stati presi in prestito solo in modo molto limitati. La parentela più stretta è quella con l'IDIOMA GRECO DELL'ISOLA DI LEMNO dalla quale provengono monumenti iscritti ancor più lacunosi di quelli etruschi.

Nello studio della lingua etrusca ha predominato il METODO ETIMOLOGICO, nel quale parole etrusche sconosciute venivano tradotte grazie ad altre  foneticamente simili. Attraverso questo tipo si è arrivati a postulare la parentela dell'etrusco con molti idiomi. più efficace il METODO COMBINATORIO, elaborato da Alf Torp, grazie a cui si prova a spiegare l'etrusco con l'etrusco, sia attraverso la comparazione reciproca dei testi, sia attraverso la comprensione dei singoli contesti archeologici. Il terzo METODO è quello BILINGUISTICO, nel quale la struttura del testo viene cft con testi di tipo affine redatti in lingue ben note. nel 1964, a Pyrgi furono trovate le lamine d'oro con testi in scrittura etrusca e fenicio-punica, fu grande la speranza di  potere disporre di una bilingue più lunga per potere comprendere meglio l'etrusco. Ci si accorse subito che il testo semitico era solo un riassunto del testo etrusco. Nonostante ciò le lamine d'oro ci hanno permesso di acquisire un prezioso nuovo documento, il cui contenuto è del max significato storico e religioso.  Grazie alle testimonianze scritte, siamo ben informati sul SISTEMA ONOMASTICO degli etruschi. I cittadini avevano un nome personale e un nome di famiglia, cosa che ci dimostra che già in età piuttosto antica (intorno al 700 ac) in Etruria esisteva un sistema sociale di tipo gentilizio. Un altro testo molto importante è la BENDA DELLA MUMMIA DI ZAGABRIA, un libro fatto di un lenzuolo di lino ripiegato. È una sorta di calendario dei sacrifici e contiene indicazioni su date e destinatari degli atti cultuali. Il testo della mummia di Zagabria è tematicamente affine a quello della TEGOLA DI CAPUA che dovrebbe risalire all'inizio del V sec ac. Anche il testo della tegola riguarda essenzialmente istruzioni per cerimonie sacrificali.

  • Ceramica etrusca: La maggior parte della splendida ceramica rinvenuta nelle necropoli etrusche era importata essenzialmente dalle città della Grecia e della Magna Grecia, nell'ambito della fitta rete di scambi commerciali che essi avevano, anche se, accanto a questa troviamo produzioni locali d'imitazione, soprattutto di quelle in stile corinzio ed attico.  Gli Etruschi inizialmente fabbricavano a mano, impastando argilla poco raffinata, vasi di uso domestico dalle forme piuttosto rozze e con qualche decorazione geometrica incisa o graffiata prima della cottura. In seguito alcuni vasai greci (come Demarato di Corinto) aprirono botteghe specializzate nelle principali città etrusche, diffondendo i loro sistemi di lavorazione Il bucchero è una tipica ceramica etrusca, facilmente riconoscibile anche dai meno esperti. Si distingue per il colore nero e brillante delle superfici, che non è dovuto a una vernice, ma al particolare procedimento di realizzazione. L’argilla accuratamente depurata e lavorata la tornio veniva cotta in forni ermeticamente chiusi dove, in assenza d’aria, si verificava un processo di ossidoriduzione degli elementi chimici dell'argilla.

 

Fonte: http://www.scienzeturismo.it/wp-content/uploads/2010/01/domandine.doc

Sito web da visitare: http://www.scienzeturismo.it/

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La prima Italia


LE POPOLAZIONI DELL’ITALIA ANTICA


All’inizio del I millennio a.C. la penisola italiana era abitata da popolazioni diverse: al centro si erano insediati gli Etruschi, i Greci avevano colonizzato l’Italia meridionale e parte della Sicilia (Magna Grecia), mentre insediamenti fenici si trovavano lungo le coste occidentali della Sicilia e in Sardegna. A nord-est si insediavano i Veneti e a sud-est gli Iapigi, mentre tra le attuali Marche e il Lazio si erano stanziati Piceni, Umbri, Latini e Sabini. Più a sud, nella fascia campana, vivevano i Sanniti. Sull’origine del nome Italia lo storico e geografo greco Strabone (58 a.C. – 19 d.C.) afferma:
“Gli antichi chiamavano col nome di Italia l’Enotria, che si estendeva dalla stretto di Messina fino al golfo di Taranto e di Salerno; poi il nome passò a estendersi fino alle falde delle Alpi, arrivando a comprendere anche la parte della Liguria e la parte dell’Istria”.


IL problema delle origini DEGLI ETRUSCHI


A partire dal IX secolo a.C. si formò la prima grande civiltà italica: quella degli Etruschi, come li chiamavano i Romani, o Tirreni, com'erano detti dai Greci, o Rasenna, come loro stessi amavano definirsi. Gli Etruschi occuparono il vasto territorio posto fra il mar Tirreno e i fiumi Arno e Tevere, dove fondarono numerose città. Alcune di queste sono scomparse, come Veio, Cerveteri e Vetulonia; altre esistono ancora, come Tarquinia, Arezzo, Perugia e Volterra. Da questa regione, detta Etruria, gli Etruschi si andarono espandendo a nord fino alla Pianura Padana e a sud fin sulle coste campane. Gli Etruschi sono sempre stati considerati un popolo misterioso: in primo luogo per la loro lingua, che gli studiosi non hanno ancora potuto comprendere adeguatamente, soprattutto a causa della scarsità di documenti scritti a nostra disposizione; poi, per il problema della loro origine. Lo storico greco Erodoto attorno alla metà del V secolo a.C. sostenne che gli Etruschi provenivano dalla Lidia, in Asia Minore. Secondo lui, gli Etruschi avevano abbandonato quella regione verso il XIII-XII secolo a.C. a causa di una carestia. Secondo Dionigi di Alicarnasso (I secolo a.C.), invece, gli Etruschi erano indigeni, cioè originari dei luoghi che abitavano. L'ipotesi di una provenienza orientale sembra oggi la più probabile. Tuttavia, gli storici contemporanei ritengono che, se pure vi fu una migrazione dall'Oriente, dovette trattarsi di un fenomeno lento, non del trasferimento in blocco di un popolo e una civiltà, ma del progressivo inserimento di gruppi di immigrati nelle comunità già presenti nella penisola italica. Con tutta probabilità la civiltà etrusca nacque dall'incontro tra questi immigrati e la cultura villanoviana, caratterizzata da un abile uso del ferro, che si era sviluppato al termine del II millennio a.C. Il problema della "provenienza" della civiltà etrusca si può oggi considerare superato.


Una civiltà di poleis
Gli Etruschi seppero realizzare una società urbana evoluta, sostituendo gli antichi villaggi italici, fatti di rozze capanne, con delle vere e proprie città-stato (le poleis). Gli edifici delle città etrusche erano costruiti con pietre e mattoni. Ampie vie e spaziosi marciapiedi rendevano comoda la viabilità. Ogni polis era autonoma e indipendente ed era governata da un re chiamato lucumone che veniva controllato da un'assemblea di aristocratici. Ma tra il VI e il V secolo a.C. il potere del re si indebolì e si affermarono regimi di tipo repubblicano. Molte poleis erano riunite in una lega, un'alleanza religiosa e militare, proprio come avveniva in Grecia. La lega più importante era la dodecapoli (unione di dodici città) che univa le poleis principali. Tra il VII ed il VI secolo a.C. ne fecero probabilmente parte: Veio, Cerveteri, Tarquinia, Vulci, Orvieto, Chiusi, Vetulonia, Volterra, Perugia, Cortona, Arezzo e Fiesole. Ogni anno i rappresentanti delle poleis che facevano parte della dodecapoli si riunivano presso il Fanum Voltumnae, un santuario. In quell'occasione si celebravano anche dei giochi, analoghi a quelli panellenici. I rappresentanti delle poleis cercavano di accordarsi su di una politica estera comune, ma raramente vi riuscivano. L'unione della dodecapoli così più che politica fu religiosa.
Dall'apogeo alla decadenza


La civiltà etrusca raggiunse il massimo sviluppo tra il VII e il VI secolo a.C. In quest'epoca gli Etruschi si imposero facilmente sulle popolazioni italiche più arretrate, giungendo a controllare tutta l'area compresa tra la Pianura Padana e la Campania. La stessa Roma tra il VII ed il VI secolo fu sottoposta al predominio degli Etruschi (molti aspetti caratteristici della civiltà romana derivano dagli Etruschi: alcuni settori in cui l'influenza etrusca fu particolarmente significativa furono l’edilizia, l’arte di bonificare le zone paludose, scavando numerosi canali, l’uso delle dighe per impedire lo straripamento dei fiumi e la costruzione di ampie cisterne per il rifornimento dell'acqua). Contemporaneamente le flotte etrusche assunsero il controllo delle principali rotte del Mediterraneo, in concorrenza con Cartagine e le città della Magna Grecia. La fiorente civiltà etrusca, però, si rivelò debole sul piano politico. La lega delle poleis etrusche non seppe mai trasformarsi in un forte Stato, capace di garantire un'unità politica ai territori controllati dagli Etruschi. Anzi, frequentemente le poleis erano in lotta tra loro.

 

Fonte: http://www.insegnareitaliano.it/documenti/Laboratorio%20docenti/storia/Gentile%20Giorgio/Dcoumenti/Dispensa%20-%20Gli%20Etruschi.doc

Autore: prof. Gentile Giorgio

 

 


 

Etruschi

 

IL PROBLEMA DELLE ORIGINI

 

Fin dall’antichità si è avuto degli Etruschi un concetto unitario, espresso anche nel nome che veniva dato loro: i Greci li chiamavano Tirreni, i Romani Tusci.
Vediamo quali fossero le opinioni degli antichi in merito alle origini di questo popolo:

  • ERODOTO li diceva originari della Lidia, in Asia Minore. Da lì giunsero, al seguito di Tirreno, figlio di Ati, nel territorio italico degli Umbri.
  • ELLANICO li identifica coi Pelasgi, che guidati da un tale re Nanas (forse Ulisse?) approdarono al fiume Spina.
  • ANTICLIDE concilia le due tesi precedenti affermando che Tirreno guidò in Italia i Pelasgi dalle isole egee di Lemno e Imbro.
  • DIONIGI DI ALICARNASSO sosteneva invece la tesi dell’autoctonia, adducendo a prova di ciò l’antichità del popolo etrusco e il suo isolamento culturale e linguistico.
  • Nicolas Fréret, nel 1753, propose la tesi dell’origine settentrionale degli Etruschi: sarebbero migrati in Italia attraverso le Alpi. In questo si appoggiava alla testimonianza di TITO LIVIO che affermava che nelle Alpi c’erano popolazioni che parlavano una lingua simile agli Etruschi, come i Reti. In realtà oggi sappiamo che si trattava di Etruschi della pianura rifugiatisi sulle montagne per sfuggire i Galli, nel V sec. a.C.

Tesi moderne in merito:

Tesi orientalizzante:
proposta da Brizio (1885), identifica gli invastori etruschi con i portatori della civiltà orientalizzante e gli Umbri di cui parla Erodoto con gli incineratori villanoviani. Questa tesi presenta delle sottili varianti: ad esempio, Pottier sostiene arrivarono dall’Adriatico e non dal Tirreno; Saflund attribuisce l’origine del villanoviano a una ondata egea, in cui collocano gli antenati etruschi da Lemno e Imbro.
Le prove a valore di questa tesi sarebbero i racconti di Erodoto e di Ellanico, la notizia contenuta nei testi egizi di un’invasione di cosiddetti Popoli del Mare che attaccarono l’Egitto sotto Ramses III (1230-1170) e il ritrovamento, a Lemno, di una stele del VI sec a.C. raffigurante un guerriero e con un’iscrizione simile all’etrusco.
La critica che si muove alla teoria è invece che il manifestarsi dell’orientalizzante in Etruria non giustifica necessariamente l’approdo di un popolo straniero (la cultura archeologica non necessariamente coincide con la cultura etnica). Il passaggio si può spiegare con gli scambi: le trasformazioni possono essere avvenute per via degli stranieri frequentatori, attirati dalle ricchezze minerarie della zona. Gli oggetti ritrovati nelle tombe sarebbero doni o materiale di scambio, non necessariamente di origine orientale, ma anche imitazioni di artisti orientali immigrati. Più tardi infatti molto di moda saranno i manufatti greci, ma non per questo si pensa a una colonizzazione etnica ellenica.

Tesi dell’autoctonia:
proietta indietro nel tempo la provenienza orientale degli Etruschi e ne spiega il carattere non indoeuropeo: gli Etruschi sono indigeni in Italia e quando arrivano gli indoeuropei restano isolati con la loro lingua. La toponomastica dimostra infatti l’esistenza nella penisola di un substrato linguistico più antico dei dialetti italici, affine all’etrusco.

Tesi settentrionalistica:
trova il suo fondamento nella ricostruzione pigoriniana: gli Etruschi, insieme ad altri popoli d’oltralpe, giunsero da nord, portando l’incinerazione, tipica dell’Europa centrale, in Italia. Si spiegherebbe così anche la differenza linguistica ed etnica tra Etruschi ed Italici.

Ogni teoria precedente avrebbe elementi positivi e negativi, ma l’errore in tutte le tesi è stato immaginare il popolo etrusco come un nucleo unitario fin dalla preistoria. Oggi prevale l’idea di un processo formativo cui hanno concorso diversi elementi etnici, linguistici, politici e culturali.


CRONOLOGIA

 

 

La fine della civiltà etrusca è facilmente individuabile, in quanto corrisponde con la compiuta romanizzazione. A seconda delle teorie si fa coincidere con la dittatura di Silla (80 a.C.) o il Bellum Perusinum di Ottaviano (40 a.C.)

Più difficile è indicarne un inizio. In questo caso si pensa a tre possibilità:

  • villanoviano (dal IX sec a.C.): è una cultura che occupa siti che saranno poi etruschi, caratterizzata dai biconici funerari, con cippi in lingua etrusca
  • proto-villanoviano (XII-X sec a.C.): cultura-premessa, caratterizzata dal rituale dell’incinerazione e da vasi di profilo biconico, in area tirrenica e padana orientale. Qui non si sa se siano già etruschi, dal momento che non ci sono iscrizioni e gli insediamenti non coincidono
  • l’ipotesi dell’etruscologo Pallottino è legata alla cultura di Rinaldone: più antica del villanoviano, sarebbe riconducibile ad un popolamento proto-etrusco.

Quindi grosso modo la storia della civilità etrusca va dal IX sec. a.C. alla metà del I sec. a.C.


PROTOVILLANOVIANO (XII-X sec. a.C.)

 

 

I villaggi protovillanoviani si distinguono archeologicamente per alcune caratteristiche:

  • distribuzione geografica nelle zone interne e lontane dal mare
  • piccole dimensioni, in cima a colline scoscese, alla confluenza di due corsi d’acqua

Le capanne avevano la base scavata nel tufo, con canalette perimetrali e fori per i pali. Da un’economia basata essenzialmente sulla pastorizia, che aveva dato luogo a insediamenti stagionali, si passa a un potenziamento di attività stabili (agricoltura e allevamento). La produzione metallurgica era una componente fissa nelle zone ricche di miniere.
Per quel che riguarda il rituale funebre, a partire dal XII sec. a.C. comincia a prevalere la cremazione dei morti. Come cinerario veniva usato un biconico, coperto in genere da una scodella rovesciata.
Durante il X sec. a.C. avviene un fenomeno rivoluzionario: l’abbandono sistematico di questi villaggi e la nascita di nuovi (i futuri villaggi villanoviani). Questi sorgono vicino al mare (anche se non direttamente in riva), sono più grandi e ravvicinati e si trovano  su alture piatte.

Per la formazione dei successivi villaggi villanoviani si sono creati due modelli interpretativi:

  • Modello del Sinecismo: da più villaggi separati si giunge ad una unità. L’esempio è dato dal ‘field survay’ di Veio, che dimostra un popolamento spezzettato in più villaggi poi unificatisi nel VII sec. a.C.
  • Modello dello Stadtwetung (‘del divenire città’): sempre nello stesso sito sono stati rilevati più addensamenti materiali, interpretati come inizio dell’occupazione. Probabilmente sul pianoro c’era già una certa unità e un ampio popolamento.

Anche nel caso di Tarquinia sinecismo e Stadtwetung convivono: fin dall’inizio c’è aggregazione, c’è un unico villaggio trainante, più attivo e più ricco. In questo senso il sinecismo non è un processo neutro, ma governato.


VILLANOVIANO (IX-VII sec. a.C.)

 

 

Nel 1853 Giovanni Gozzadini scopre nel podere di Villanovia (8 km circa a est di Bologna) duecento tombe caratterizzate da:

  • rito della cremazione (uso proveniente dall’Europa centrale)
  • deposizione dei resti ossei in vasi d’impasto (argilla non depurata, lavorata a mano e cotta a media temperatura) biconici, coperti da una ciotola
  • presenza di oggetti di ornamento o comunque legati al defunto e di ceramiche d’impasto.

L’analisi delle impronte lasciate dalle capanne sul terreno mostra nel complesso l’adozione di una notevole varietà di soluzioni: piante rotonde, ovali, quadrate e rettangolari.
Meglio degli abitati conosciamo le necropoli. Abbiamo visto come il villanoviano sia caratterizzato da tombe individuali con cinerari di impasto nero biconici a motivi geometrici incisi, con un’ansa oppure due di cui una però spezzata, coperti da una ciotola o da un elmo.
Durante la fase iniziale il rito esclusivo è quello dell’incinerazione, sebbene vi siano attestazioni di inumazioni in fossa. Già nella fase più antica possono apparire, a chiusura dell’ossuario, al posto delle ciotole, elmi di terracotta  e più tardi crestati, che riproducono esemplari bronzei. Particolare rilievo tra gli ossuari rivestono poi i modelli di capanna.
L’unità di stile è totale, le uniche differenze riguardano il sesso del defunto.

A partire dall’VIII sec. a.C., nel villanoviano evoluto, si perde uniformità: subentra il rituale dell’inumazione, i corredi funerari si articolano in più o meno ricchi, tramite gli oggetti contenuti: armi (indicano potere politico), morsi di cavallo (per i cavalieri, l’elite, o le loro mogli). Emergono alcune tombe in cui l’ideologia connessa con la guerra risulta ulteriormente enfatizzata con la deposizione di lance e spade, con la differenziazione tra corredi con lancia e corredi con lancia, spada ed elmo come copertura, che verosimilmente riflette un’organizzazione gerarchizzata. Probabilmente in questo periodo è emerso un gruppo oligarchico, grazie al controllo dell’accesso dei giacimenti metalliferi.
Da questo momento il passaggio dalla società protostorica villanoviana alla civiltà etrusca è molto accelerato: c’è sviluppo dei centri costieri e aumento della ricchezza.

La cultura villanoviana si trova in diverse aree:

  • tirrenica: dell’Etruria propria, con corredi ricchi e influenze d’oltremare
  • emiliana: dell’Emilia
  • della zona di Verrucchio
  • della provincia di Fermo
  • della Campania (necropoli di Pontecagnano e di Capua)
  • della Basilicata (Sala Consilina)

 


ETA’ ORIENTALIZZANTE (fine VIII-inizio VI sec. a.C.)

 

Il termine ‘orientalizzante’ è stato creato dalla storia dell’arte, per designare un fenomeno del linguaggio figurativo: l’abbandono del repertorio geometrico decorativo a favore di iconografie animali,  vegetali e floreali, ispirate dal Vicino Oriente. L’espressione è poi diventata una categoria storiografica.
I modelli orientali si diffusero attraverso alcune tappe:

  • Conquista di Siria e Fenicia da parte del re assiro Tiglath Pileser III, che causa l’emigrazione di Siriani e Fenici in Grecia e nel Mediterraneo orientale. Si tratta soprattutto di artigiani e commercianti che avevano già dimestichezza con quei luoghi. Sono loro a portare le prime forme di artigianato orientale in occidente.
  • Fine dell’VIII sec. a.C.: migrazione degli Eubei verso la futura Magna Grecia. Anch’essi trasportano novità artigianali e artistiche.
  • Metà del VII sec. a.C.: diffusione del nuovo gusto da parte degli Etruschi in area tirrenica.

Gli Eubei, i primi Greci giunti in Italia, prima di fondare Cuma, si fermarono sull’isola di Pithecusa (poi Ischia). Si trattava non di una città, ma di uno scalo portuale e mercantile, un emporion che viveva in funzione del passaggio di mercanti e navigatori.
Polluce, lessicografo del II sec. d.C., nel suo Onomasticon affermava che l’emporion era costituito da tre elementi essenziali: le botteghe, dove si immagazzinava e conservava il prodotto, le locande per l’accoglienza e i bordelli.
Lo scopo di queste realtà insediative era garantire la sicurezza del commercio. Fino all’VIII sec. d.C. gli scambi erano di carattere aristocratico: il nobile che possedeva la terra provvedeva alla diffusione dei prodotti presso gli altri nobili, con cui intratteneva rapporti. Da questo momento in poi, cambia il modello dello scambio: gli armatori mettono a disposizione le navi per la divulgazione dei prodotti. Nasce la professione del commerciante e anche il problema della sua sicurezza.
È proprio da questi empori, interetnici, che passa l’orientalizzante: qui arrivano oggetti e artigiani dall’Oriente, che poi addestrano le maestranze locali e insegnano le tecniche orientali.

Questo afflusso di uomini e idee, proveniente dal Mediterraneo orientale, introdusse fermenti nuovi e fecondi nella società etrusca, ancora in corso di strutturazione.
La connotazione guerriera per i personaggi maschili viene superata, per diventare un segno di status dei principi. Essi investivano il surplus delle loro risorse per l’acquisizione di beni suntuari, in modo da imitare il modus vivendi delle corti della Ionia asiatica e del Vicino Oriente. Di queste zone fu mutuato anche l’assetto monumentale delle residenze e delle tombe. Infatti, durante il periodo orientalizzante, nascono i primi palazzi. Tra essi, ad esempio:

  • Palazzo di Murlo a Poggio Civitate, Siena

Non si trovava in un abitato etrusco, ma isolato in cima a una collina. L’alzato è perduto, probabilmente era in materiale leggero (vimini, argilla seccata al sole, legno). Si sono trovati i muretti di fondazione, le basi delle colonne e gli elementi fittili dei tetti.
La scuola di scavo americana sostiene si trattasse di un santuario, mentre per gli italiani si tratterebbe di un palazzo. Ci sono interpretazioni opposte anche sull’apparato delle decorazioni in terracotta che completavano l’edificio: secondo gli americani sarebbero figure divine e i bassorilievi, rappresentanti un banchetto e una processione nuziale, scene di vita quotidiana degli dei. Secondo gli italiani si tratterebbe invece della vita di personaggi illustri, principi.
In realtà la soluzione è molto semplice: per gli Etruschi la figura reale assorbiva in sé anche il potere regale, giudiziario e religioso, dunque la sua casa era anche un santuario (quelli sul tetto possono essere allo stesso modo antenati illustri e figure divine).
Che nel palazzo comunque si abitasse restano come prove i ritrovamenti di stoviglie, ceramiche e casalinghi di uso comune. Nel palazzo si svolgevano anche attività lavorative: si sono trovati scarti di lavorazioni, manufatti non finiti nell’ambito dei preziosi (oreficeria, avorio…)
Il modello del palazzo è chiaramente quello miceneo, che, parimenti, aveva funzione abitativa, religiosa e artigianale.

  • Regia del Foro Romano

In età repubblicana sarà la sede di un sacerdote chiamato Rex Sacrorum. Egli conserva nel titolo di rex la memoria della parte religiosa del potere regale. In origine la Regia era la sede del re (egli abitava sul Palatino, ma questa era la sua sede ufficiale, simbolica, nel cuore statale della città).
Il fatto architettonico cruciale di questo palazzo è il grande cortile centale, su cui si affacciano i vani con portici a colonne. Anche qui si trovano terrecotte decorative, lastre a bassorilievo con animali e figure di minotauri.
Che fosse la sede del re ce lo dice un coccio di bucchero di un kantharos su cui è graffita la parola rex. La carica è in latino, ma la dinastia è etrusca.

I palazzi avevano tetti in tegole con rivestimenti in terracotta. Era questa una novità tecnologica importata dagli stranieri, che soppiantò i tetti di paglia locali.
Cicerone e Plinio raccontano che, intorno al 657 a.C. il corinzio Demarato lasciò la sua città, in seguito alla presa di potere del tiranno Cipselo, e cercò rifugio a Tarquinia, dove ottenne la cittadinanza e un matrimonio di alto livello (in Grecia non sarebbe mai potuto accadere) da cui nacque Tarquinio Prisco, futuro re di Roma. Questo episodio dimostra che in Etruria la regalità non aveva un legame etnico con la società e un re straniero non era considerato usurpatore. Plinio il Vecchio ci dice anche che Demarato era accompagnato da tre fictores (modellatori), artigiani specializzati. Furono loro a introdurre la modellazione della terracotta, poi utilizzata sui tetti.


EPOCA ARCAICA (580-70 a.C.)

 

Il quadro storico si evolve e si trasforma: c’è una più vasta navigazione e colonizzazione greca dall’Eolide e dalla Ionia asiatica e si assiste all’affermarsi dell’egemonia di Cartagine sulle colonie fenicie occidentali. Il risultato è il crearsi di antagonismi di potenze soprattutto nel mar Tirreno.
L’aumento della presenza greca, che vede anche il diffondersi in queste zone della civiltà della Ionia, ha per conseguenza per gli Etruschi una riduzione e poi scomparsa delle loro esportazioni; essi cercano quindi appoggio nel principale antagonista dei Greci: Cartagine.
Gli Etruschi apprezzano comunque lo stile elegante, morbido e raffinato introdotto dagli Ioni. Sarà questo il periodo più felice per l’arte etrusca: i caratteri ioni erano i più adatti alle esigenze comunicative, tanto che l’arte etrusca si identifica spesso col suo periodo ionico.
Esempi di questo nuovo stile si hanno con le cosiddette Hidriai Ceretane (seconda metà VI sec. a.C.), provenienti da un’unica bottega, di un caposcuola immigrato. Sono vasi decorati con tecnica a figure nere, con fregi ornamentali e figurativi. Lo stile è morbido, con graffiti raffinati che segnano il panneggio delle vesti.

Un sito etrusco che emerge in questo periodo e per certi versi paragonabile a quello di Pithecusa è Gravisca, porto di Tarquinia. Anche qui si sono trovate strutture interpretabili secondo lo schema dell’emporio, tra cui ad esempio un santuario dedicato a tre divinità femminili (Hera, Demetra, Afrodite) con pratica della prostituzione sacra. Qui sono presenti gli Ioni, sostituiti alla fine del VI sec. a.C. dai trafficanti di Egina.

All’interno della comunità etrusca si crea una stabile differenziazione sociale. Il particolare stile di vita che qualifica i signori tirreni comprende alcuni elementi essenziali e ricorrenti: lo sfoggio di insegne del potere politico-religioso e di ricchezza connotata da oggetti e cerimoniali esotici, l’esaltazione della genealogia, un rapporto privilegiato con la sfera della morte e con gli dei.

La crisi era però ormai alle porte e scoppiò con la creazione, da parte dei Focei di Marsiglia, di una colonia, Alalia, in Corsica, nel 562 a.C. Ne conseguì una reazione ostile, sia da parte dei Cartaginesi, sia da parte degli Etruschi, per il controllo del mare. I Focei avevano una concezione modernista del commercio: erano armatori e usavano monete di elettro (oro e argento). Cartaginesi ed Etruschi usavano invece ancora il baratto.
Un ulteriore accentuarsi dei contrasti fu causato dall’arrivo ad Alalia di nuovi fuggiaschi, provenienti da Focea assediata. La conseguenza fu la Battaglia del Mare Sardo nel 540 a.C. Vinsero i Focei, ma furono ugualmente costretti a lasciare l’isola, a causa delle ingenti perdite non compensabili dalla patria. Essi cercarono rifugio presso lo colonie greche dell’Italia meridionale e fondarono Velia, nella penisola del Cilento.
La conseguenza della guerra fu la creazione di un equilibrio nell’area tirrenica: gli Etruschi ebbero il controllo della Corsica orientale e ai Cartaginesi spettò il possesso della Sardegna costiera. I rapporti tra le due potenze sono amichevoli, come dimostrato dalle cosiddette Lamine auree di Pyrgi (fine VI – inizio V sec. a.C.), trovate nel 1964 nella fondazione di due templi, inchiodate su supporti lignei. Una lamina presenta un testo in alfabeto fenicio e lingua punica, l’altra in alfabeto greco e lingua etrusca, scritta da destra a sinistra; la terza lamina ha un testo etrusco più breve, una redazione più sintetica.
Questo il testo delle lamine:
Alla divina Ishtar questo è il sacro luogo che ha fatto e donato Thefarie Veliana, melekh (re) di Kisra (Caere) nel mese di Zdebar come dono nel tempio e nel recinto, perché Ishtar ha favorito il re nel mese […], nel luogo della sepoltura e gli anni della statua della dea saranno tanti quanti queste stelle.
Cosa possiamo dedurre da questo testo bilingue?

    • In un santuario etrusco di una grande città, un sovrano locale ricorda una sua offerta votiva con un testo che fa tradurre anche in punico, per via dei rapporti molto stretti con i Cartaginesi
    • Si tratta di un’operazione religiosa di significato politico: è una manifestazione di amicizia e gratitudine di un capo etrusco favorito dai Cartaginesi
    • Il personaggio, in punico, è definito re, ma in etrusco no: è zilac non lucumone, quindi non è un re, ma un supremo magistrato, in un contesto ‘repubblicano’. Al tempo stesso, però, ha poteri regali, perché dagli stranieri si fa chiamare re.

A Caere, alla fine del VI sec. a.C., c’era una situazione istituzionale simile alla tirannide (presa di potere da parte di un cittadino che non può dirsi re, ma di fatto ne esercita i poteri). Forse è proprio per questo che si sottolinea la protezione della dea che rende legittimo il potere.

Nel 525 a.C. c’è un tentativo etrusco (fallito) di conquista di Cuma. Non si sa bene se il fatto si inquadri nei contrasti fra Greci ed Etruschi nell’area campana o se sia piuttosto un evento episodico con i caratteri di un’incursione di rapina o conquista sotto la guida di un capo, con seguaci dell’Etruria padana e altri di varie stirpi italiche.
Negli stessi anni si fondano le città marittime di Spina, per iniziativa di Felsina, Adria (città mista venetico-etrusca) e Verrucchio. Lo scopo di Spina è avere una posizione forte per lo scambio e un punto strategico sull’Adriatico.

Servio Tullio, indicato semplicisticamente dalle fonti latine, come successore di Tarquinio Prisco, fu forse, più che un re, un’autorità con caratteristiche da tiranno ed ebbe forti legami con la realtà etrusca. Secondo la versione ‘ufficiale’ nacque da una schiava, ma le fonti etrusche dicono cose diverse.
Servio, sarebbe stato un etrusco di nome Mastarna (cambiò nome una volta diventato re). Era compagno d’armi di Celio Vibenna, citato come eroe vulcente col fratello Aulo. Essi compirono azioni militari per prendere Roma (Celio diede il nome al colle conquistato). Non si sa se l’iniziativa fosse un tentativo egemonico di Vulci, ma la città se ne attribuì le glorie, come testimoniato dalla Tomba François.
Celio Vibenna fu catturato e quindi liberato da Mastarna, che favorì anche la presa di Roma, l’abbattimento dei Tarquinii. In seguito alla morte di Celio, il potere passò a Mastarna, tra i primo e il secondo venticinquennio del VI sec. a.C.
Mastarna ha il suffisso etrusco _na (‘discendente da’), ma va messo in relazione col latino magister. Possiamo quindi fare delle ipotesi:

      • sarebbe un ‘amico del Maestro’, in senso militare (amico di Celio)
      • richiamo al magister populi, che all’inizio della repubblica sostituisce il potere del re come magistratura suprema di dittatura. Forse c’era già nel VI sec. a.C. in opposizione all’ordine della dinastia dei Tarquini?

Le opere e la politica di Mastarna sono strettamente paragonabili a quelli dei tiranni greci: si tratta di un nobile che non fa gli interessi della democrazia ma del demos. Le riforme di cui si occupa sono:

  • Riforma delle tribù: prima erano tre (Titienses, Lamnenses, Luceres). Lui ne crea quattro, con nomi topografici: Suburana, Palatina, Collina ed Esquilina. In questo modo intendeva forse allargare la comunità dei cittadini, favorire l’immigrazione.
  • Riforma dell’esercito oplitico: prima era di tipo aristocratico, con pochi uomini. Ora diventa un esercito di cittadini. Mastarna crea cinque classi di fanteria, dalla più leggera (meno ricchi) alla più pesante (più ricchi).
  • Fondazione dei comizi centuriati, per dare maggior peso politico ai cittadini

Si occupa anche di attività edilizia di carattere pubblico, immagine del suo prestigio e al fine di favorire il consenso dei cittadini.


MEDIOEVO ITALICO (V sec. a.C.)

 

La situazione documentaria è squilibrata, con riferimenti delle fonti storiografiche a fatti militari greci e romani più che etruschi.
La situazione archeologica è scarsa sul piano quantitativo e qualitativo, fatto da cui è dipesa la definizione di ‘medioevo italico’ per questo periodo.
Dal punto di vista storico generale il V sec. a.C. fu dominato dal confronto tra occidente (Greci) e Oriente (Persiani), attraverso le due guerre persiane (490 e 480 a.C.)
Avvenne un cambiamento di equilibri nel Tirreno: si assistette all’ascesa della potenza di Siracusa sotto i Dinomenidi: Gelone, allleato con Terone di Agrigento, battè i Cartaginesi nella battaglia di Imera del 480 a.C. Per i Greci questo rappresentò uno sdoppiamento delle vittorie ateniesi.
Nel 474 a.C. Ierone di Siracusa intervenne a Cuma, minacciata dagli Etruschi, e li vinse. Lo scontro non portò al totale e definitivo annientamento della potenza etrusca, ma alla sua sfera d’azione restò d’ora un poi precluso il Tirreno meridionale. In realtà questo dipese forse anche dalle condizioni e dalle trasformazioni socio-politiche delle città e dal variare dei loro rapporti.
Inoltre, a dimostrazione della vitalità economica e culturale ancora presente, c’è l’erezione del Tempio A di Pyrgi (470-460 a.C.). Sul frontone era rappresentato l’episodio finale della guerra dei sette contro Tebe, quando Tideo divora il cervello di Melanippo prima di morire colpito lui stesso. Athena era presente per donargli l’immortalità (contenuta in un vaso), ma inorridita per il gesto compiuto, gliela negò.
Perché rappresentare questa leggenda a Pyrgi? Si trattava probabilmente di un messaggio politico, volto a sottolineare gli orrori della guerra civile, fratricida.

Economicamente, questo periodo, è quello di maggior diffusione della ceramica attica in Etruria.
Nel VI sec. a.C. c’era stata una prevalenza di ceramiche greche ioniche (circa un 60%) accanto a quelle corinzie (20%). Nel secondo quarto dello stesso secolo c’era stata una crescita delle presenze attiche, con la ceramica a figure nere, fino a circa un 40%, arrivato al 60% alla fine del secolo. Il V sec. a.C. vedrà la completa egemonia della ceramica attica.
Gli scambi con Atene, dopo Cuma, entrarono in crisi, ma non ci fu subito un crollo (ci vollero circa 40 anni), considerato che anche Atene aveva problemi per via della Guerra del Peloponneso.
L’unica eccezione fu Spina, dove la ceramica attica ebbe il suo picco nel terzo quarto del V sec. a.C. e non ebbe più cali. Questo perché si trovava sull’Adriatico, non intaccata dai problemi del Tirreno.

Dalla metà del V sec. a.C. si assistette a un declino dell’economia e della cultura dell’Etruria marittima, testimoniata dall’assenza di costruzioni templari, dalla scarsità e povertà delle tombe, dalla contrazione della produzione artigianale e dalla caduta delle importazioni di ceramica attica.
L’unica eccezione fu Populonia, che presentava in quell’epoca un buon mercato di acquisti dall’Attica, produzione di opere di metallo-tecnica artistica, tombe a edicola e l’inaugurazione della monetazione in monete auree, in luogo dello scambio.

Nel 453 a.C. Siracusa affrontò un’operazione offensiva contro gli Etruschi, avente per obiettivo la regione mineraria. In questo modo contava anche di ottenere, oltre alle miniere, un controllo sui centri del Tirreno settentrionale, di salvaguardare le posizioni conquistate in area campana e di reprimere la pirateria etrusca. Siracusa inviò quindi una flotta sull’isola d’Elba e operò saccheggi in Corsica.

In questo periodo di crisi, si sviluppò però anche la già presente importanza dei contatti tramite vie interne, proprio a causa delle difficoltà che esisteva a una libera espansione commerciale nel Tirreno. Fu così che trovarono sviluppo le città di Spina, Bologna, Marzabotto.

  • Bologna (Felsina) esisteva già in epoca villanoviana. Ora è sede della cosiddetta Civiltà della Certosa, caratterizzata da stele scolpite a rilievo e arredi etruschi in bronzo
  • Marzabotto nasce ora come centro carovaniero
  • Spina fiorisce a partire dal VI sec. a.C. E’ centro di redistribuzione di merci provenienti dal commercio marittimo tramite scambi con l’entroterra. Spina aveva, con il suo sviluppo, adombrato la città di Adria. Ma quando nel IV sec. a.C. cominciò l’interramento di Spina, si assistette anche al suo declino e alla ripresa di Adria.

Per quel che riguarda l’Etruria meridionale, ci fu un’interruzione delle vie terrestri fra Etruria e Campania, a causa della politica autonoma dei centri del Lazio e dell’invasione dei Volsci.
Le città etrusche della Campania raggiunsero la maggior prosperità proprio nel V sec. a.C.: a Capua vi fu una produzione di terrecotte architettoniche e votive e di lebeti di bronzo con coperchi a figure, oltre a scuole di ceramisti di vasi a figure nere.

Nel Lazio vi fu l’avvento al potere di una oligarchia, quella della famiglia dei Fabii, antietruschi, che promossero infatti la lotta con Veio. La città aveva approfittato della precarietà di Roma, dopo la caduta dei Tarquinii, per estendere la propria influenza su Capena, Falerii e sulla riva sinistra del Tevere.
Il primo episodio di contrasto si ebbe nel 477 a.C. con una spedizione dei Fabii e del loro esercito personale, conclusasi con la Battaglia del torrente Cremera, in cui perirono tutti.
Nel 438 le ostilità si riaprirono, per la supremazia su Fidene, che avrebbe significato per Roma la chiusura della navigazione del Tevere verso Sabina e Umbria. Gli ambasciatori romani inviati a Fidene per reclamare la rottura del patto d’alleanza furono uccisi. Fu quindi ucciso il re veiente Tolumno e nel 426 a.C. la città di Fidene cadde.
Di nuovo, nel 406 a.C. si arrivò allo scontro e, stavolta, alla fine dello stato veiente, causato dalla rottura degli equilibri tra le città etrusche e dalle crisi politico-istituzionali interne delle stesse.


LE INVASIONI CELTICHE

 

Alla fine del VII sec. a.C. cominciarono anche queste immigrazioni, con i Biturgi, sotto Belloveso.
Le prime ondate nella Pianura Padana (Insubres e Cenomani) si ebbero nel VI sec. a.C., poi ci fu una progressiva e rapida saturazione della parte centrale della Pianura Padana a nord del Po. I Senones si stanziarono lungo il litorale adriatico.
All’inizio del IV a.C. i Galli (Boii e Lingones) si spinsero in Etruria, a Roma, in Puglia e alla metà dello stesso secolo occuparono l’Etruria padana.


IL IV sec. a.C.

 

Nel 391 i Galli invasero l’Etruria e Roma. Saccheggiarono Chiusi che resistette strenuamente, poi scesero lungo la valle del Tevere fino al territorio romano ancora scosso dalla guerra con Veio. In questa occasione i sacerdoti flamini, le vestali e i sacra (simboli della città) furono trasferiti a Caere.
Nonostante l’invasione e l’incendio gallico, questo è un momento di grande sviluppo per Roma, che colonizza Veio e vede fiorire la propria arte. Di questo periodo è la Cista Ficoroni da Palestrina (metà IV sec a.C.).

Tra 358 e 351 a.C. ci fu la guerra tra Roma e Tarquinia. Tarquinia era a capo della coalizine anti-romana, cui si unì tutta l’Etruria e anche i Falisci. Dopo una prima sconfitta romana e il sacrificio umano collettivo dei 300 prigionieri, la guerra si concluse con una tregua.
Seguirono una serie di guerre tra Roma e gli altri popoli italici:

  • 340-338 a.C. Roma contro Campani, Volsci e Latini
  • 327-290 a.C. Roma contro Sanniti
  • 312-308 a.C. Roma contro tutti i popoli dell’Etruria, tranne gli Aretini. La posizione politica delle città etrusche si era modificata: Tarquinia aveva meno potere e le città settentrionali erano poco interessate al conflitto con Roma.
  • 295 a.C. Battaglia di Sentino. Gli Etruschi si alleano con Umbri, Galli e Sanniti contro Roma.

IL III sec. a.C.

 

Si assiste ancora a numerose schermaglie tra Roma e gli altri popoli:

  • 294 a.C. presa di Ravenna
  • 280 a.C. caduta di Vulci
  • 265 a.C. caduta di Volsinii. Qui a causa di rivolte interne le elites chiesero aiuto a Roma, che fece però un intervento radicale: distrusse la città, trasferì gli abitanti a Bolsena (Volsinii Novi) e depredò il Fanum Voltumnae sede delle riunioni tra le città etrusche
  • 241 a.C. distruzione di Falerii (Civita Castellana) con trasferimento della popolazione in una città vicina in pianura (Falerii Novi, S. Maria  di Falleri)

I due casi di Volsinii e Falerii sono analoghi: in caso di contrasti interni Roma preferiva distruggere la città vecchia e ricostruirla in pianura, dove fosse più controllabile. L’atteggiamento non è però da generalizzare: era un comportamento eccezionale nei confronti delle elites locali, per evitare di sovvertire i rapporti nelle società delle città vinte. Altri interventi, soprattutto sulla fascia costiera, furono volti a distaccare le comunità etrusche dai loro tradizionali nodi di interesse marittimi e a garantire lo scorrimento strategico-commerciale romano verso la Liguria, anche attraverso colonie marittime:

  • 273 a.C. fondazione di Cosa
  • 260 a.C. ca fondazione di Pyrgi e Castrum Novum
  • 247 a.C. fondazione di Alsium
  • 245 a.C. fondazione di Fregene

Vulci venne smembrata e furono create delle prefetture soggette a Roma. Con Tarquinia vennero stretti dei patti di alleanza.

In Etruria settentrionale le città rimasero autonome. Il rapporto con Roma era regolato da alleanze, grazie alla diversa posizione geografica e forse per la complementarietà economica. Queste città raggiunsero, in questo periodo, il massimo sviluppo.

In questo stesso periodo Roma ampliò la sua potenza anche in altri territori:

  • 275 a.C. vittoria a Beneventum su Pirro, chiamato in aiuto da Taranto, che fu presa
  • 241 a.C. vittoria sui Cartaginesi che avevano aggredito i mercenari mamertini a Messina.

Roma prese possesso della Sicilia. Per il controllo di un territorio così lontano si escogitò il concetto di provincia: incarico, mandato amministrativo affidato dal Senato a un magistrato cui spetta l’amministrazione del territorio.

Nella seconda metà del III sec. a.C. l’espansionismo romano si orientò verso nord: nel 225 a.C. si ebbe la vittoria sui Galli a Talamone, poi a Casteggio. Con la presa di Milano si definì la conquista della Val Padana, che risolveva i problemi di approvvigionamento agricolo.

Tra 218 e 201 a.C. si scontrarono Roma e Cartagine. Quest’ultima tentò di avere l’appoggio delle popolazioni italiche. Si schierarono con lei Galli e città meridionali (dopo la vittoria di Canne), ma Etruschi, Umbri, Piceni e le colonie latine rimasero con Roma. Il cartaginese Annibale fu sconfitto e dovette rinunciare al possesso della Spagna.

Nonostante la ‘conquista’ romana delle città etrusche, perpetrata entro la prima metà del III sec. a.C., la civiltà etrusca continuò a persistere e resterà viva fino alla definitiva annessione di Roma avvenuta nel I sec. a.C. Vi fu anzi, tra le due realtà, una certa integrazione. Alcuni fenomeni della tarda etruscità si possono spiegare come fenomeni del divenire della civiltà romana:

  • le opere figurate accolgono l’arte ellenica tramite la mediazione di Roma
  • economia: adozione della moneta fusa (aes grave); centuriazione delle terre (latifondi); centri industriali avanzati (metallurgia estrattiva a Populonia e lavorativa ad Arezzo)

L’Etruria fu integrata nel sistema romano. Si costruirono strade a rapida comunicazione: la Via Aurelia sulla costa, la Via Clodia nel retroterra di Caere e Tarquinia, la Via Cassia verso l’Etruria del nord e la Via Flaminia nel territorio falisco verso l’Umbria)


LA FINE DELLA CIVILTA’ ETRUSCA

 

Tra 91 e 89 a.C. vi fu la Guerra Sociale, perché gli alleati volevano diventare romani. Gli Etrusdhi non entrarono nella coalizione. Nel 90, con la Lex Iulia fu offerta la cittadinanza a chi deponeva le armi e a chi non si era schierato. In questo modo l’intera Etruria passò sotto la diretta sovranità di Roma. Fu l’inizio di una fase di rottura degli equilibri stabilitisi nel periodo della confederazione romano-italica, specie in rapporto alle guerre civili. Silla ebbe reazioni violente nei confronti degli Italici (compresi gli Etruschi) schierati con Mario: le elites furono abbattute e le loro terre confiscate (83-82 a.C.). Fu la fine delle iniziative delle oligarchie etrusche ed italiche.
Nel 40 a.C. con la Guerra Perugina che vedeva opporsi Ottaviano e Lucio Antonio avvenne la definitiva scomparsa dell’antica nobiltà etrusca locale.
Da questo momento in poi vi fu l’Etruria fu integrata nel quadro della romanità. Si continuò a parlare etrusco, ma in sede letteraria divenne piano piano una lingua morta.
Durante l’età di Augusto le tradizioni e le sopravvivenze del mondo etrusco divennero oggetto di riflessione rievocazione: si valorizzarono le antiche città dell’Etruria con nuove colonizzazioni, si sancì il concetto unitario di Etruria tramite la creazione della VII Regione d’Italia.
Con Claudio si restaurò la disciplina etrusca.
L’Etruria campana fu divisa in una dodecapoli sul modello dell’Etruria propria, con capitale Capua.

 

Fonte: www.saecula.it/public/aree/etruschi/storia.doc
a cura di Gabriella Gavioli
link a sito web : www.saecula.it

 

La civiltà degli Etruschi si è sviluppata nell’Italia centro-settentrionale fra il 1000 e il 600 a.C. ed ha esercitato una grande influenza sulla cultura dell’impero romano.

Gli studiosi hanno ricostruito molti aspetti del mondo degli Etruschi, ma lo studio della civiltà etrusca è difficile perché la loro scrittura non è ancora stata decifrata.
Gli Etruschi usavano un alfabeto che derivava da quello greco e per questo si possono leggere le parole e a volte tradurle. Gli studiosi però non sono ancora riusciti a capire il significato generale dei testi, per due motivi: 

  • la lingua etrusca non assomiglia a nessuna delle lingue mediterranee conosciute;
  • i testi etruschi che abbiamo sono quasi tutti iscrizioni funebri, e contengono il nome della persona defunta, i nomi delle divinità e poche altre parole.

 

 

 

 

 

L’ORIGINE DEGLI ETRUSCHI
            L’origine degli Etruschi è un mistero. Già in passato gli storici hanno fatto diverse ipotesi su questo argomento. Ci sono varie idee.
Alcuni studiosi pensano che gli Etruschi siano arrivati in Italia nel 1000 a.C. e che siano venuti dalla Lidia (Asia Minore). Questa è la tesi più conosciuta.
Molti archeologi pensano che siano stati proprio gli Etruschi a diffondere la cultura orientale sulle coste del Tirreno tra l’VIII e il VII secolo a.C. Gli studiosi hanno notato anche che la lingua etrusca somiglia ad alcune lingue orientali.
Noi sappiamo però che si stava sviluppando anche la civiltà indigena, cioè quella del posto, e quindi non è sicuro che i progressi culturali siano dipesi dal contatto con la cultura orientale che gli etruschi avrebbero diffuso.
Altri studiosi pensano che gli Etruschi siano arrivati dal Nord.
Secondo altri studiosi gli Etruschi sono un popolo autoctono, cioè originario dell’Italia.
Nessuno però sa con certezza da dove siano arrivati gli Etruschi e nessuna prova scoperta dagli studiosi è sicura.

 

 

 

 

LA SOCIETÀ ETRUSCA

 


Collana etrusca proveniente da Todi


Tra i popoli dell’Italia gli Etruschi erano i più bravi nell’estrazione e nella lavorazione dei metalli e nel commercio marittimo. Inoltre gli Etruschi trasformarono molti villaggi in vere e proprie città.
Per lo sviluppo di una civiltà sono molto importanti le caratteristiche dell’ambiente. La Toscana è la regione italiana più ricca di metalli (ferro, argento, rame e stagno, che era molto ricercato nell’antichità perché serviva a produrre bronzo).
Gli Etruschi erano quindi molto bravi ad estrarre e lavorare i metalli, e per questo erano famosi in tutto il Mediterraneo. Producevano utensili e gioielli e li vendevano in molti posti. Oggetti di metallo etruschi sono stati ritrovati in Sardegna, Francia e Spagna.


Colline metallifere sfruttate dagli Etruschi

 

 

 

 

             

 

Gli Etruschi riuscirono anche a migliorare l’agricoltura, che produceva molto. Per migliorare la produzione agricola costruirono dei canali per far scorrere l’acqua stagnante e bonificarono molti terreni. Anche i Romani fecero lo stesso. In questo modo riuscirono a coltivare terreni paludosi , come la Maremma e la zona del basso Po. Fino a quel momento nessuno aveva potuto coltivare quei terreni, dove gli Etruschi piantarono soprattutto grano e orzo. Sui terreni in collina invece piantarono la vite e l’olivo, che erano piante importanti.

LE PAROLE
Bonificare vuol dire rendere fertile un terreno, cioè fare in modo che si possa coltivare.

 

 

 

 

Grazie al commercio e all’agricoltura che erano molto sviluppati gli Etruschi vivevano bene, e questo fece crescere la popolazione.
Molti villaggi diventarono città e altre città nacquero. Le poleis più importanti, che secondo gli antichi  facevano parte della dodecapoli, erano: Cere, Tarquinia, Vetulonia, Populonia, Chiusi, Volsini, Volterra, Veio, Arezzo, Cortona, Perugia, Fiesole.
Gli Etruschi costruivano le città con molta attenzione. Prima di tutto sceglievano il luogo adatto. Di solito si trattava di un luogo salubre, cioè favorevole alla salute degli abitanti. Di solito gli Etruschi sceglievano dei luoghi in alto, ad esempio su una collina, e costruivano delle mura intorno alla città per difenderla. La pianta della città era a scacchiera, come quella delle colonie greche. Gli Etruschi costruirono molte strade che poi i Romani usarono e migliorarono.

 

fonte: www.reteintercultura.it/attachments/192_07_GliEtruschi.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

La donna etrusca
La donna nella società etrusca

 

CONDIZIONI SOCIALI
La donna all’interno della civiltà etrusca, a differenza del mondo latino e greco, godeva di una maggiore considerazione e libertà: se per i latini la donna doveva essere lanifica et domiseda, cioè seduta in casa a filare la lana, e su cui il pater familias (il capofamiglia) aveva il diritto di morte qualora fosse stata sorpresa a bere del vino, per gli Etruschi ella poteva partecipare persino ai banchetti conviviali     sdraiata sulla stessa kline (letto) del suo uomo, assistere ai giochi sportivi ed agli spettacoli, bere vino, curarsi del proprio corpo. Non più analfabete, ma anzi colte, esse allevavano addirittura i figli senza preoccuparsi di sapere chi ne fosse il padre. Erano, questi, comportamenti da cortigiane, e nessuna seria matrona romana si sarebbe mai permessa simili libertà.
Tutto questo era così scandaloso per i Romani che non esitarono a identificare questa eguaglianza tra uomini e donne come indice di scarsa moralità da parte delle donne etrusche: a Roma addirittura dire “etrusca” era sinonimo di “prostituta”.
Ma la condizione sociale della donna nella civiltà etrusca era veramente unica nel panorama del mondo mediterraneo, e forse ciò derivava dalla diversa stirpe dei popoli, pre-indoeuropei gli etruschi, indoeuropei latini e greci.
La donna poteva perfino trasmettere il proprio cognome ai figli, soprattutto nelle classi più elevate della società. Nelle epigrafi talvolta il nome (oggi diremmo il cognome) della donna appare preceduto da un prenome (il nome personale), segno del desiderio di mostrarne l’individualità all’interno del gruppo familiare, a differenza dei Romani che ne ricordavano solo il nome della gens, della stirpe. Tra i nomi propri di donna più frequenti troviamo Ati, Culni, Fasti, Larthia, Ramtha, Tanaquilla, Veilia, Velia, Velka, i cui nomi appaiono incisi sul vasellame migliore di casa o accanto alle pitture funerarie.
Nell'ultima fase della storia etrusca, quando l'influenza culturale greca si fece sentire in modo più deciso nelle arti e sui costumi, le donne etrusche persero parte della propria indipendenza.

Alcune raffigurazioni della donna etrusca:


MODA
Le donne etrusche godevano di grandi libertà anche nel modo di vestirsi. In genere usavano una tunica lunga fino ai piedi, solitamente di stoffa leggera pieghettata o decorata ai bordi; sopra di essa portavano un manto colorato più pesante. Tra l'abbigliamento femminile troviamo anche gonne, casacche, corpetti. Le calzature più comuni erano sandali. Prima del V secolo le donne usavano portare un copricapo: il più diffuso era una calotta di lana, ma ne esistevano di molte fogge: a punta, conici, a cappuccio, a falde larghe; spesso identificavano l'appartenenza di coloro che li portavano ad una precisa classe sociale. A partire dal V secolo a.C. prevale l'uso di andare a capo scoperto e molte donne ricorrevano alle più svariate acconciature: lunghi, pioventi, a coda, annodati o intrecciati dietro le spalle, in seguito lasciati cadere a boccoli sulle spalle, infine annodati a corona sul capo o raccolti in reticelle o cuffie. L'abbigliamento era completato da gioielli di squisita fattura, orecchini, collane, bracciali, fibule, pettorali, nella cui produzione gli Etruschi erano maestri.

 

 

RELIGIONE
Anche nel campo religioso è possibile notare la frequente considerazione della donna:
Alcune fonti documentano che, nella prima fase del dominio etrusco, la religione onorava un’unica figura femminile, presente in numerosi culti e conosciuta con diversi nomi: Mater Matuta, Feronia, Bona Dea, Fortuna e infine Tanaquilla.

 

FAMIGLIA

Per quanto riguarda il ruolo della donna nella famiglia etrusca, vi sono diverse situazioni a seconda dell’appartenenza ad una diversa classe sociale: in una famiglia di classe sociale elevata, che poteva permettersi delle serve, la padrona non aveva attività particolari da svolgere fatta eccezione per le attività personali. Per esempio la cucina era completamente nelle mani delle serve che portavano sia pani e focacce che minestre e zuppe sulla mensa di tutti i giorni. A testimonianza della comoda vita delle padrone vi sono le immagini della “Tomba Giolini I” di Orvieto (nella foto), che mostrano la preparazione del banchetto dei servi mentre la comoda padrona assiste distesa sul letto del consorte.

         “Tomba Giolini I” di Orvieto

 

LA FILATURA E LA TESSITURA

A parte la preparazione e la cottura dei cibi, le attività domestiche peculiari della donna etrusca (anche di elevato ceto sociale) erano la filatura e la tessitura della lana e delle fibre vegetali (lino). Già in epoca villanoviana i corredi delle tombe femminili contengono frequentemente rocchetti e fuseruole di ceramica e, talvolta, fusi di bronzo. L'attività della tessitura, del resto, è documentata negli scavi degli abitati da numerosi pesi da telaio, di norma realizzati in terracotta in forma troncopiramidale, oppure costituiti da semplici ciottoli (il telaio vero e proprio era invece interamente di legno). Alcune antiche scene figurate, per esempio sul tintinnàbulo di bronzo di Bologna (VII sec. a.C., nella foto sotto), riproducono le diverse fasi di lavorazione delle fibre tessili, in particolare della lana. Dopo essere stata cardata, cioè pulita e pettinata, quest'ultima veniva attorcigliata in fili grezzi e poi filata con il fuso (in legno, osso o bronzo); il filo così ottenuto, avvolto sui rocchetti, era quindi utilizzato per la tessitura, eseguita per lo più mediante telai verticali, nei quali i fili erano tenuti in tensione, a gruppi, dagli appositi pesi.

 Tintinnàbulo di bronzo di Bologna (VII sec. a.C.)

fonte: http://www.google.it/url?sa=t&source=web&cd=8&ved=0CE4QFjAH&url=http%3A%2F%2Fgold.bdp.it%2Fdatafiles%2FBDP-GOLD00000000001B162D%2FLA%2520DONNA%2520ETRUSCA.doc&ei=9jXFTazgEIjBtAb58ZmTDw&usg=AFQjCNEOF2P1ZyDTGUSd9NTMi6IHfiOAdw

 

fonte: gold.bdp.it/datafiles/BDP.../LA%20DONNA%20ETRUSCA.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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