Atene antica e Sparta

 


 

Atene antica e Sparta

 

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Atene antica e Sparta

 

ATENE

 

Le prime tracce di Atene post-micenea risalgono agli inizi del VIII sec aC, quando la popolazione era suddivisa in 4 tribù, e all'interno di ogni tribù in raggruppamenti di famiglie (fratrìe), i cui registri svolgevano le funzioni degli odierni registri di stato civile. Iscrivendo i neonati presso la fratrìa, infatti, i padri en riconoscevano la legittimità (nascita all'interno di un legittimo matrimonio), e con essa il diritto di partecipare alla successione dei beni familiari. Inoltre solo chi era iscritto presso una fratrìa era considerato cittadino.

 

Dalla monarchia al regime aristocratico

 

A differenza di Sparta, la cui Costituzione rimase invariata nel tempo, Atene adeguò via via il proprio ordinamento politico alle mutate condizioni sociali. Fino alla metà del VII sec aC Atene era governata da un re, al quale spettava l'esercizio esclusivo della sovranità. La classe aristocratica cercò ben presto di limitare il suo potere affiancandogli altri magistrati. La nobiltà esercitava il suo potere attraverso 3 organi:

  • ARCONTATO: costituito da 9 arconti, deteneva il potere esecutivo della polis. I 3 arconti più importanti più importanti sono: l'eponimo (dava  il nome all'anno e sovrintendeva agli affari di governo), il polemarco (difesa militare) e il basileus (funzioni religiose). Gi altri 6 arconti esercitavano funzioni di minore importanza e provvedevano all'attuazione e al rispetto delle leggi da parte di tutti.
  • AREOPAGO: consiglio composto dagli ex-arconti. Funzioni: nomina degli arconti, controllo sui magistrati, vigilanza sui costumi dei cittadini, giurisdizione per i reati penali più gravi come tribunale supremo.
  • ECCLESÌA: assemblea dei cittadini liberi. Il suo ruolo risultava limitato. Funzioni: ratifica delle decisioni prese dall'aristocrazia dominante, risoluzione dei conflitti tra fazioni aristocratiche rivali.

 

Da città-stato monarchica, Atene era diventata aristocratica. Ma la sua vita era travagliata. I proprietari terrieri, sfruttando i propri privilegi, avevano ridotto i più poveri in condizioni di vita insostenibili, e questi, per pagare i debiti, erano costretti a vendersi come schiavi ai loro creditori.

Nell'Atene arcaica il potere era dunque in mano agli aristocratici (eupatridi = di buona stirpe), i quali avevano la possibilità di compiere abusi e arbitri per i propri vantaggi personali.

 

Le prime leggi scritte – Dracone

 

Gli abusi e gli arbitri causavano un diffuso malessere che spesso sfociava in vendette e rivolte.

A partire dal VII sec aC molte città greche iniziarono a darsi delle leggi. Queste si resero necessarie per sottrarre la regolamentazione dei rapporti interpersonali all'arbitrio di chi deteneva il potere, dando vita a un'amministrazione della giustizia che applicasse regole generali e predeterminate.

Questa esigenza non era sentita solo dai più poveri. Anche i più ricchi, infatti, avevano compreso che la pace sociale, indispensabile alla conservazione dei privilegi, poteva essere assicurata solo rinunciando a una parte del potere.

In questo contesto va collocata la prima legislazione ateniese, risalente al 621-620 aC, quando fu dato all'arconte Dracone l'incarico di redigere un codice di leggi identico per tutti e accessibile a tutti. Egli emanò una celebre legge sull'omicidio che segnò la fine del regime della vendetta privata e la nascita del diritto penale, introducendo delle garanzie per coloro che venivano accusati di un reato.

Dracone, però, non riuscì a restituire la tranquillità ai cittadini, nè a eliminare le disparità economiche esistenti, fonte di agitazioni sociali continue.

 

La Costituzione timocratica – Solone

 

Per risolvere questa situazione insostenibile, nel 594 aC, venne eletto arconte unico con poteri straordinari l'arconte Solone (stimato dai ricchi perchè ricco e dai poveri perchè onesto).

Il primo provvedimento di Solone fu la cancellazione dei debiti, accompagnata dalla nuova regola che vietava la schiavitù per indebitamento. Inoltre concesse l'amnistia ai condannati politici. Ma il provvedimento più importante  fu quello con cui Solone riordinò la cittadinanza sulla base del censo, dando vita a una timocrazia (costituzione fondata sulla ricchezza). Egli divise la popolazione in 4 classi sulla base del reddito agricolo, cancellando in questo modo i privilegi derivanti dalla nascita: il principio di base del nuovo sistema era che coloro le cui terre producevano di più erano obbligati a contribuire in maggior misura alle necessità dello Stato, ma in cambio avevano un peso più significativo nella vita politica.

 

La nuova Costituzione, dunque, non concedeva a tutti uguali diritti: le classi che traevano i propri redditi dai commerci e in generale quelle meno abbienti rimasero escluse dalla partecipazione alle cariche pubbliche. Ma questo non toglie che, per la prima volta, Solone spezzò i privilegi dei proprietari terrieri, allargando la base della partecipazione alla vita pubblica. La massima concessione che Solone fece al popolo fu l'ELIEA, cioè il tribunale popolare, i cui membri venivano estratti a sorte fra tutti i cittadini di sesso maschile che avessero compiuto i 30 anni. L'eliea giudicava le cause civili e penali e si pronunciava sui ricorsi presentati dai cittadini contro i provvedimenti dei magistrati.

Il nuovo regime timocratico, riconoscendo la ricchezza anzichè l'appartenenza o meno alla nobiltà come unico criterio di superiorità sociale, assicurò il ricambio della classe dirigente, alimentata dai nuovi ricchi, e rappresentò un potente incentivo all'iniziativa economica.

Le riforme di Solone, comunque, lasciarono scontenti sia i nobili, che non intendevano rasseganrsi alla perdita dei loro privilegi, sia il popolo (mercanti, artigiani, armatori, contadini, marinai, salariati), che chiedeva provvedimenti più radicali.

Così si riaccese la lotta politica.

 

La tirannide popolare di Pisistrato

 

Del contrasto tra le due classi approfittò un abile politico, Pisistrato, che nel 561-560 aC riuscì ad occupare l'acropoli con un contingente di mercenari e divenne tiranno di Atene.

La tirannide di Pisistrato contribuì a fare della città una grande potenza: dopo aver conquistato il consenso della classe media e di quella popolare con una politica di incentivi economici e di grandi lavori pubblici sull'acropoli, egli fondò varie colonie nel nord della Grecia, costruì una flotta potente e assunse la protezione dell'isola di Delo, nell'Egeo.

Pisitrato comprese che promuovere una politica culturale in grande stile significava non solo acquistare prestigio, ma anche influenzare l'opinione pubblica. Mantenne in vita le leggi e le magistrature esistenti, concesse crediti agevolati ai contadini per apportare migliorie ai campi e impiantare oliveti e vigneti, fece realizzare importanti opere pubbliche che ridussero sensibilmente la disoccupazione, creò la prima biblioteca pubblica, abbellì la città di monumenti, diede maggior lustro alle feste cittadine (panatenee e dionisie).

 

La democrazia di Clistene

 

Alla morte di Pisistrato il potere fu assunto dai suoi figli che si comportarono in modo dispotico causando malessere nella popolazione. Le rivolte vennero represse e gli aristocratici chiesero aiuto a Sparta, che nel 510 aC intervenne con le armi.

Il popolo non perdonò all'aristocrazia di aver richiesto l'intervento degli spartani e i contrasti continuarono fino a quando, nel 509 aC, un aristocratico dissidente, Clistene, pose le basi della Costituzione democratica.

 

La prima riforma fu l'istituzione di una nuova unità politico-amministrativa, il demo, in cui fu diviso tutto il territorio dell'Attica, e a cui si apparteneva per ragioni territoriali, indipendentemente dai privilegi di classe. Ogni cittadino ateniese, al momento della nascita, veniva registrato in un demo a cui doveva fare riferimento per tutte le sue successive attività pubbliche. In questo modo venne allentata la dipendenza degli individui dai gruppi familiari (che erano distribuiti tra demi diversi) rafforzando il legame tra il singolo cittadino e la polis.

L'obiettivo era quello di favorire la più ampia partecipazione popolare alla vita pubblica. La riforma era basata sull'isonomia, cioè sull'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.

 

I demi (prima 100, poi 180) erano raggruppati in 10 tribù. Clistene stabilì come unico principio valido per l'accesso alle cariche pubbliche l'appartenenza a una delle 10 tribù territoriali. Le tribù erano organismi interclassisti, raggruppavano cioè diverse classi sociali e riflettevano dunque le esigenze di tutti i cittadini.

Ogni tribù era suddivisa in 3 sottogruppi, le trittìe. In totale esistevano quindi 30 trittìe:

  • 10 trittìe della costa, abitate in prevalenza da mercanti, artigiani, marinai e salariati
  • 10 trittìe della pianura, dominate dai grandi proprietari terrieri
  • 10 trittìe della montagna, popolate da contadini poveri, boscaioli e pastori.

Ogni tribù era formata da una trittìa della costa, una della pianura e una della montagna. Questo faceva sì che in ogni tribù, che per volere di Clistene divennero la base per la partecipazione alla vita politica, le classi più povere (due trittìe su tre, quelle della costa e quelle della montagna) potessero avere la maggioranza. Infatti ogni trittìa aveva diritto di esprimere un unico voto per eleggere i magistrati.

 

Dopo aver suddiviso il territorio e la popolazione in questo modo, Clistene istituì un nuovo organo di governo, la bulè o Consiglio dei Cinquecento, composto da 50 rappresentanti per ogni tribù. La bulè sostituì l'Areòpago (che continuò ad esistere con poteri di controllo sull'operato degli altri organi) nel preparare le proposte da sottoporre all'ecclesìa e nel controllare l'operato del governo. Quest'ultimo restò affidato all'Arcontato, cioè ai 9 arconti. L'ecclesìa, l'assemblea popolare a cui avevano diritto di partecipare tutti i cittadini, aveva competenze in materia di politica estera (decideva della pace e della guerra, mandava e riceveva ambascerie, ratificava i trattati internazionali), nominava alcuni magistrati, controllava i loro operato, era titolare del potere giudiziario. Questo era delegato in via permanente all'eliea, che giudicava divisa in tribunali, i cui membri, estratti a sorte, arrivavano a un massimo di 501 persone.

Clistene istituì anche lo strategato, un collegio di 10 comandanti dell'esercito.

 

Per impedire il ritorno dei tiranni, Clistene istituì l'ostracismo, che consisteva nella possibilità di mandare in esilio chi era ritenuto pericoloso per la democrazia scrivendo il suo nome su un pezzo di coccio (ostraca). Inevitabilmente, però, l'ostracismo venne ben presto utilizzato per scopi meno nobili di quelli per cui era stato introdotto e diventò una delle armi più sfruttate nelle lotte tra le diverse fazioni politiche.

 

Il sistema democratico di Clistene era perfezionato dalla tecnica del sorteggio, con cui venivano designati i magistrati e i buleuti: si riteneva infatti che solo la scelta lasciata al caso garantisse la completa imparzialità dell'organismo politico. Per evitare che persone incompetenti occupassero posti di responsabilità il collegio degli strateghi era sottratto al sorteggio e i 10 membri venivano eletti dall'ecclesìa in maniera tale che entrasse ogni anno in carica uno stratego per tribù. Nel caso dell'Arcontato il sistema prevedeva un doppio passaggio: le 10 tribù proponevano una lista di 500 candidati estratti a sorte e, tra questi, l'assemblea sceglieva gli arconti.

 

La democrazia di Clistene aveva comunque dei limiti, escludeva coloro che non godevano del diritto di cittadinanza, ovvero le donne, gli stranieri residenti e gli schiavi. Inoltre essa si basava sun criterio di rappresentanza diretta che poteva essere praticato solo in organismi sociali poco numerosi: sarebbe infatti impossibile riunire tutti gli abitanti di una metropoli dei nostri giorni in un'unica assemblea.

Questo sistema inoltre presupponeva che i cittadini avessero una notevole quantità di tempo libero da dedicare alla politica. In realtà solo i ricchi proprietari terrieri si trovavano in questa condizione, mentre i contadini dell'Attica non potevano certo abbandonare in continuazione i loro campi per partecipare all'ecclesìa, nè potevano accettare degli incarichi politici che non erano retribuiti. Solo nel V sec aC Pericle, capo del partito democratico, stabilì che venissero corrisposti stipendi, sia pur modesti, a tutti coloro che avevano un incarico pubblico.

La Costituzione di Atene fu la prima a dare risposte ai problemi che nascono nel rapporto fra il cittadino e lo Stato: il sistema del sorteggio e dell'annualità delle cariche incoraggiò il ricambio della classe politica e fece sì che un maggior numero di persone sperimentasse personalmente le responsabilità di governo; la retribuzione degli incarichi dette a tutti reali opportunità di partecipazione politica.

 

APPROFONDIMENTO

 

L'assemblea popolare

 

Quando si parla di vita politica greca è inevitabile che di fatto si prenda in considerazione il caso della sola Atene perchè la maggior parte delle fonti riguarda questa città e perchè in essa gli sviluppi politici ebbero gli esiti più compiuti.

La partecipazione alla vita politica ad Atene era un privilegio del cittadino libero, maschio e adulto.

La condizione di cittadini liberi si acquisiva con la nascita: rari erano i casi di concessione della cittadinanza a quanti non ne erano provvisti per diritto proprio. “Partecipazione” aveva ad Atene un valore molto particolare. Qualunque cittadino aveva il diritto di prendere parte all'ecclesìa, l'assemblea popolare, e di essere nominato giudice di un tribunale. Ecclesìa e tribunali sono gli organismi tipici della vita democratica ateniese che può essere capita solo se si tiene conto del loro particolare modo di funzionamento.

L'assemblea popolare non era ad Atene solo un'istituzione importante tra le altre. Essa coincideva con la totalità degli ateniesi dotati di capacità politiche. Ma l'assemblea popolare non è soltanto rappresentativa dello Stato o della polis: essa è anche sinonimo dell'ordinamento politico di questa città, la democrazia.

All'ecclesìa aveva diritto di accesso ciascun cittadino ateniese che fosse maggiorenne e fosse quindi registrato come appartenente a un demo. Il numero dei cittadini era fissato con precisione. In base alla legge sul diritto di cittadinanza del 451-450 aC ogni ateniese che fosse registrato in questa lista doveva dimostrare che tanto suo padre che sua madre erano ateniesi.

L'ecclesìa si radunava originariamente sulla piazza del mercato (agorà). Successivamente, a partire dal 460 aC, si scelse un luogo sulla collina che era stato adattato ad ospitare un accresciuto numero di partecipanti.

L'ecclesìa si riuniva relativamente spesso. Le sedute per legge erano 40 l'anno. Le votazioni avvenivano per alzata di mano: decideva la maggioranza semplice. Si ricorreva al voto segreto solo nelle questioni che toccavano la persona di un singolo individuo: esso era utilizzato per le procedure di ostracismo (la forma di esilio), la concessione del diritto di cittadinanza e per certe sentenze processuali. Se si considera il modo in cui era concepito il meccanismo di direzione dell'ecclesìa, è chiaro che non la presidenza ma la massa costituiva l'elemento determinante per la decisione. Per questo era decisiva la funzione dell'oratore che prendeva la parola per illustrare una determinata proposta.

La capacità di parlare, cioè di trovare le parole giuste per la giusta causa e di fare delle proposte che apparissero obiettivamente ragionevoli, valutando i sentimenti e i pregiudizi del popolo, erano un requisito indispensabile per una proposta davanti all'assemblea popolare. Inoltre l'oratore doveva disporre anche di adeguate risorse fisiche.

 

 

I tribunali

 

Lo strumento attraverso il quale la massa acquisì il massimo potere scaturiva dalla possibilità che il cittadino ateniese aveva di essere chiamato a far parte delle giurie dei tribunali. Non c'è dubbio che tale sistema, una volta perfezionato, segnò una svolta decisiva verso la democrazia radicale.

La differenza fondamentale rispetto al sistema moderno è data dalla non esistenza di giudici di professione. I giudici dei tribunali ateniesi giudicavano sulle colpe e stabilivano le pene come collegio autonomo senza alcun aiuto di “tecnici” specializzati in materia giuridica.

L'attività giudicante richiedeva molto tempo e inevitabilmente tra i giudici prevalevano i residenti ad Atene e quanti potessero sottrarsi al lavoro.

Per quanto gli abusi fossero possibili, era improbabile che un oratore potesse convincere i giudici della bontà della sua causa se essa fosse stata in contrasto con la legge. Si deve tener conto del fatto che in quasi nessuno Stato antico si riscontra la propensione che si ha ad Atene di radicare nella legge ogni aspetto della vita collettiva, nel sostenere una causa, che non solo l'ordinamento legislativo era noto a tutti, almeno nelle sue linee generali, ma che pure veniva rappresentato da tutti. Il popolo era legislatore e giudice allo stesso tempo, e considerava qualsiasi violazione dell'ordine un atto contro il suo stesso potere sovrano.

 

Tribunali e politica

 

Le implicazioni politiche di questo sistema pongono parecchi problemi. Il rapporto molto stretto tra assemblea popolare e tribunali consente addirittura di vedere, data l'ampiezza dell'attività giudiziaria e la consistenza dei tribunali, un'identità di fatto tra le due istituzioni. Il popolo è dunque presente in entrambe e può comparire sotto due forme differenti. In linea di principio le materie dibattute nell'assemblea erano diverse da quelle in discussione nei tribunali. Ma poteva capitare il caso in cui i giudici erano chiamati a esprimersi su questioni politiche. C'erano alcuni tipi di accusa che potevano determinare una linea di azione: non mancarono nella storia della democrazia ateniese dei personaggi che misero tanto l'assemblea popolare quanto i tribunali al servizio della loro linea politica.

 

Fonte: http://www.scuolaitaliana.edu.uy/imgscuola/atene.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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LE CITTÀ GRECHE: SPARTA E ATENE

 

Fra le molte città-stato della Grecia arcaica due furono più potenti e rappresentative:

SPARTA: città di terraferma, aristocratica e chiusa, dedicata alla potenza militare.

ATENE: città marittima e commerciale, economicamente ricca, destinata a sviluppare forme democratiche di governo.

Sparta e Atene erano città così diverse da essere viste dagli stessi greci come modelli antitetici, e da essere opposte l'una all'altra, prima ancora che da rivalità politiche, da due concezioni di vita e due ottiche culturali assolutamente inconciliabili.

 

SPARTA

 

La fondazione di Sparta, risalente al X sec aC, fu opera dei Dori che sottomisero gli antichi abitanti della Laconia, una regione del Peloponneso. Gli Spartani crearono uno Stato di tipo militare basato sullo sfruttamento delle popolazioni vinte e sulla marcata separazione fra dominatori e dominati. Fra l'VIII e il VII sec aC sottomisero quasi tutto il Peloponneso. Le resistenze di alcune popolazioni indussero Sparta a dar vita ad un'alleanza militare, la Lega peloponnesiaca.

 

Società

 

Fu rigidamente divisa in categorie sociali, a cui corrisposero diversi livelli di partecipazione alla vita dello Stato:

  • SPARTIATI: considerati diretti discendenti dei Dori, godevano di pieni diritti civili e politici. Costituivano la classe dominante che non si mescolò mai con le altre. Si dedicavano solo ai compiti di governo e alla guerra. Possedevano terre che facevano coltivare agli Iloti. I figli sani passavano i primi 7 anni di vita in famiglia, poi passavano sotto il controllo dello Stato che provvedeva alla loro educazione. Mentre i neonati deboli o malformati venivano abbandonati e gettati dal monte Taigeto.
  • PERIECI: abitavano i territori intorno a Sparta, possedevano i soli diritti civili, cioè conservavano alcune libertà personali, ma non potevano prendere iniziative politiche. Erano obbligati a presatare servizio militare nell'esercito.
  • ILOTI: discendenti delle popolazioni vinte, furono privati di qualsiasi diritto e ridotti in condizione di schiavitù. Dovevano coltivare le terre degli Spartiati. Potevano essere liberati della loro condizione solo dallo Stato perchè appartenevano allo Stato anche in seguito alla loro assegnazione agli Spartiati. Venivano arruolati nell'esercito durante le campagne militari.

 

SPARTIATI

- ceto dominante

- proprietari terrieri

- pieni diritti civili e politici

- attività militare

PERIECI

- abitanti delle comunità indigene situate intorno a Sparta

- diritti civili ma non politici

- truppe ausiliarie

ILOTI

- discendenti di indigeni asserviti dai Dori al momento della conquista

- coltivavano a loro spese le terre degli Spartiati, a cui erano totalmente asserviti

- nessun diritto, nè civile nè politico

 

Donne e stranieri sono esclusi da qualsiasi diritto politico.

Tutta la vita sociale di Sparta era subordinata ad un unico scopo: favorire il mantenimento di un forte esercito, attraverso il lavoro dei Perieci e degli Iloti. Lo sviluppo dell'economia e del commercio era lasciato ai Perieci. Gli Spartiati si dedicavano solo all'esercito e alla politica.

 

Organizzazione politica

 

L'ordinamento politico di Sparta rifletteva la sua organizzazione sociale.

La Costituzione spartana, attribuita al legislatore Licurgo (IX sec aC), mirava a conservare il potere dell'aristocrazia evitando qualsiasi mutamento; essa prevedeva 4 organi di governo:

  • DIARCHIA (= 2 RE): coppia di re a capo dello Stato, appartenenti alle famiglie discendenti dei mitici fondatori di Sparta. Si trasmettevano il trono ereditariamente. Funzioni: in tempo di pace esercitavano le funzioni si sommi sacerdoti (cioè presidievano i riti religiosi), in tempo di guerra guidavano l'esercito in battaglia.
  • GHERUSÌA: era il consiglio degli anziani, composto dai 2 re e da 28 membri maggiori di 60 anni (gheronti) eletti a vita dall'àpella tra gli Spartiati. La scelta avveniva per acclamazione. Funzioni: - preparazione delle leggi da sottoporre all'àpella, - direzione della politica estera, - potere giudiziario per i più gravi crimini di sangue, - condanna all'esilio degli infami
  • ÀPELLA: assemblea mensile degli Spartiati maggiori di 30 anni. Funzioni: - approvazione o respinta delle leggi presentate dalla gherusìa, - decisioni riguardanti la pace e la guerra, - elezione dei magistrati (efori e gheronti), - nomina dei capi militari, - concessione o revoca della cittadinanza
  • EFORATO: formato da 5 membri (efori) eletti annualmente dall'àpella, era l'organo di governo. Funzioni: - esecuzione delle decisioni dell'assemblea, - vigilanza sull'educazione dei giovani e sul comportamento dei cittadini, - convocazione dell'àpella, - mobilitazione dell'esercito, - funzioni giudiziarie, - controllo sull'operato dei re.

 

Questo ordinamento rimase inalterato per secoli e garantì la stabilità di governo e l'ordine interno a Sparta, la quale divenne il modello del conservatorismo politico. Caratteristiche di Sparta furono:

  • il rigore delle leggi
  • l'organizzazione del potere
  • la coesione della classe dirigente
  • i valori trasmessi ai giovani dallo Stato (spirito di sacrificio, vita austera e comunitaria, amor di patria)

Ma il rifiuto ad ogni cambiamento e la progressiva riduzione del numero degli Spartiati finirono per indebolire la potenza della città.

 

Fonte: http://www.scuolaitaliana.edu.uy/imgscuola/sparta.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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