Storia della lingua italiana

 

 

 

Storia della lingua italiana

 

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STORIA DELLA LINGUA ITALIANA

L’italiano deriva dal latino, come le altre lingue romanze (portoghese, spagnolo, francese, rumeno, ecc.). Tutte queste lingue non derivano però dal latino classico degli scrittori, ma dal cosiddetto “latino volgare”, ossia la lingua popolare dei soldati, dei provinciali, dei rustici, che parlavano in modo diverso dai romani istruiti della capitale. Di fatto il latino, come tutte le lingue vive, mutò nel corso del tempo, tanto che i territori dell’Impero conquistati in epoche diverse, ricevettero un latino in parte differente o non furono raggiunti da certe innovazioni che si svilupparono successivamente.
Il latino non aveva quindi una unità linguistica assoluta (come del resto si può osservare ancora oggi per le lingue parlate in aree molto vaste: si pensi per esempio all’inglese parlato negli USA, differente da quello britannico o dell’area dell’Oceania). Questo fenomeno si acuì al tempo delle invasioni barbariche, per cui si verificò un’influenza della lingua germanica degli invasori sulla lingua parlata dai popoli dell’ex-impero romano. L’apporto lessicale di queste lingue germaniche non è di grande rilevanza però, in quanto la cultura dei Goti, dei Longobardi e dei Franchi – quasi totalmente orale – dovette fare i conti con la cultura latina, estremamente prestigiosa e dotata di una tradizione scritta ormai solidificata.
La genesi di una lingua è un fenomeno lungo e complesso e, nel caso del passaggio dal latino alle lingue romanze, la trasformazione durò secoli e si svolse sul piano dell’oralità, dato che il latino continuò a mantenere il suo ruolo di lingua della scrittura e della cultura. Nel corso del tempo però, il latino stesso cambiò, in parte per l’ignoranza degli scriventi, in parte per nuove abitudini e parole ormai invalse, tanto che si parla di “latino medievale” contrapposto al “latino classico”. Vi fu quindi un lungo lasso di tempo in cui la lingua volgare, formatasi dalla trasformazione del latino volgare, esistette nell’uso (sulla bocca dei parlanti), senza mai essere testimoniata da alcun campione scritto. Ad un certo punto però, l’esistenza del volgare cominciò a farsi sentire, almeno in maniera indiretta: il latino medievale infatti è molto ricco di “volgarismi”, tanto che ci si accorge facilmente che chi scriveva quel latino stava in realtà pensando in un’altra lingua.
Tuttavia, perché si affermasse la dignità delle nuove parlate romanze, bisognava che si accettasse di metterle per iscritto e si prendesse l’uso di farlo sistematicamente. Il problema era grave, perché non è facile mettere per iscritto una lingua che è sempre stata orale, soprattutto per quanto riguarda la trascrizione grafica di certi fonemi (=suoni). Per fare un paragone: si può immaginare un individuo costretto a dover scrivere improvvisamente nel proprio dialetto: egli dovrebbe per forza di cose appoggiarsi alle norme della lingua italiana, l’unica che tutti siamo abituati a scrivere fin dalle elementari.
Per questo bisogna distinguere – esaminando i volgari italiani – tra i documenti che mostrano l’uso occasionale, involontario del volgare e documenti invece più importanti in cui scrittori e letterati, rifacendosi ai modelli francesi, iniziarono ad usare il volgare in maniera motivata e sistematica. Pertanto vanno separate testimonianze come le incisioni della Catacomba di Commodilla o il Placito di Capua dagli usi del volgare della scuola siciliana o toscana.
Ma procediamo con ordine. Le più antiche testimonianze italiane di scritture volgari sono carte notarili, documenti processuali, verbali, documenti d’archivio. Casi curiosi e particolari invece sono le iscrizioni della catacomba romana di Commodilla, antica testimonianza da collocare tra i secoli VII e IX, e quella di S. Clemente, più tardo (da collocarsi verso la fine del sec. XI).

  1. ISCRIZIONE DELLA CATACOMBA DI COMMODILLA

 

 

  1. Il graffito in questione si può così trascrivere: “NON / DICE / RE IL / LE SE / CRITA / A BBOCE”, ossia: “non dire quei segreti a voce alta”. L’iscrizione è probabilmente da attribuire ad un religioso, forse un prete che celebrava nella catacomba, il quale voleva invitare i suoi colleghi a recitare a bassa voce il Canone della Messa. Dal punto di vista linguistico, il tratto più notevole si riscontra nella particolare grafia di “a bboce”, con la seconda “b” più piccola, aggiunta evidentemente in un secondo tempo, che testimonia il betacismo (passaggio di “v” in “b”) e il raddoppiamento fonosintattico tipico dell’area centrale d’Italia. “Secrita” deve leggersi “secreta”.
 

  1. ISCRIZIONE DI S. CLEMENTE

 

 

G

 

F

 

D

 

C

 

B

 

A

 

2. Benché decisamente più tarda, questa iscrizione si apparenta al graffito precedente per la sua natura romana e muraria. Esso riporta una storia miracolosa: si vede il patrizio romano Sisinnio che ha ordinato ai suoi servi Albertello, Carboncello e Gosmari, di catturare S. Clemente. Questi ultimi ubbidiscono credendo di aver catturato il sant’uomo, ma in realtà trascinano con grande fatica una pesante colonna. Il pittore ha aggiunto una serie di parole che hanno funzione di didascalia, o che riportano i nomi e le parole dei personaggi raffigurati che sono:
A: “Falite de reto co lo palo” Carvoncelle – B: “Duritiam Cordis Vestris Saxa Traere Meruistis” – C: Albertel “Traite” – D: Gosmari – F: Sisinium – G: “Fili de le pute, traite”
In questa iscrizione si noti il forte il contrasto tra il latino nobile parlato dal Santo e il volgare utilizzato dagli altri attori della scena, che sconfina nel turpiloquio. E’ evidente quindi la volontà del pittore di utilizzare due stili linguistici diversi e opposti.

  

 

 


L’atto di nascita della nostra lingua però, è solitamente considerato il Placito Capuano, in quanto documento ufficiale (è il verbale di un processo) e non più graffito o pittura. Il Placito è un atto notarile, scritto su un foglio di pergamena, relativo ad una causa discussa di fronte al giudice capuano Arechisi. Al suo cospetto si erano presentati l’abate del monastero di Montecassino ed un certo Rodelgrimo di Aquino, che rivendicava con una causa il possesso di certe terre che, a suo avviso, il monastero possedeva abusivamente. Rodelgrimo portava, a sua difesa, una memoria scritta. L’abate ribatteva che – siccome il monastero coltivava quelle terre da oltre trent’anni – per legge longobarda esse appartenevano ormai al monastero stesso (come l’odierno usucapione). Nel giorno stabilito si presentarono di fronte al giudici tre testimoni, i quali – tenendo in mano la memoria di Rodelgrimo e giurando sul Vangelo – recitarono una formula testimoniale con la quale davano ragione all’abate. Il giudice preparò allora il verbale, ma si verificò una scelta inconsueta rispetto alle abitudini. Era chiaro infatti che il dialogo tra il giudice e i testimoni si era svolto in volgare, ma di solito gli atti dei processi venivano riscritti in latino (lingua scritta della cultura): nel caso del Placito Capuano, però, la verbalizzazione fatta in latino arrivò anche ad includere vere e proprie formule testimoniali volgari, una lingua nuova che contrasta con il testo latino del documento, per ben quattro volte. Per esempio, la testimonianza del chierico Gariperto, viene verbalizzata così:
Ille autem, tenens in manum memorata abbreviaturam, et tetigit eam cu malia manu, et testificando dixit: Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedicti

 

Come si vede, il contrasto tra volgare e latino è netto, anche se si tratta di un latino che risponde ai caratteri propri dell’uso dell’epoca (tenens in manum sarebbe considerato un errore nell’uso del latino classico). Poiché il testimone è un chierico, però, ci viene fornito un ulteriore indizio. Gariperto, infatti, essendo chierico potrebbe benissimo parlare in latino al momento di deporre, ma perché allora usa il volgare? Molto probabilmente la formula volgare del giuramento aveva già subito una certa formalizzazione in ambito giuridico e veniva ripetuta senza modificarla in base all’uso del parlato. Inoltre la scelta di scriverla in volgare piuttosto con il latino va spiegato non solo con il desiderio di essere fedeli al parlato dei testimoni, ma come un modo di rivolgersi ad un pubblico diverso, più vasto e forse esterno a quella causa, come se il monastero volesse far sapere a tutti l’esito della lite per evitare altri processi.

 

  1. L’USO LETTERARIO DEL VOLGARE E LA SCUOLA SICILIANA

 

Vi è differenza tra l’uso occasionale del volgare nei documenti che abbiamo appena visto e l’adozione del volgare stesso come lingua letteraria o d’arte. La scelta del volgare, anche se riservata alla poesia (e quindi assai limitata) implicava pur sempre una maggiore considerazione della nuova lingua, una sua promozione, che vedeva impegnato non un singolo, ma un gruppo omogeneo di autori, socialmente collocati in posizioni molto rilevanti. Questa fu la caratteristica di una vera e propria scuola, la prima scuola poetica italiana che ebbe la sua sede nell’ambiente colto e raffinato della corte palermintana di Federico II. Quando si sviluppò la scuola siciliana, però, già due altre letterature romanze si erano affermate al di là delle Alpi: la letteratura francese (lingua d’oil) e quella provenzale (lingua d’oc). Quest’ultima, in particolare, esercitava grande fascino: essa stessa era per definizione la lingua della poesia, una poesia incentrata sulla tematica dell’amore (intellettualizzato, espresso in forme raffinate e stilizzate) che trovava la sua sede nelle corti dei feudatari di Provenza, Aquitania e Delfinato. La sua influenza si era estesa anche in Italia e molte famiglie nobili del Nord (Malaspina, Este, da Romano, ecc.) avevano presso di sé poeti “italiani” che scrivono in provenzale, imitando i trovatori. Anche la scuola siciliana fece una cosa del genere, ma ebbe l’originalità di sostituire al provenzale un volgare “italiano”, quello di Sicilia. Questa sostitituzione fu indubbiamente geniale, perché ebbe conseguenze decisive per tutta la nostra tradizione poetica.
Tra i maggiori esponenti della scuola siciliana si ricordano Guido delle Colonne del quale sono pervenute cinque canzoni, Giacomo da Lentini, Pier della Vigna, Rinaldo d'Aquino, Stefano Protonotaro da Messina al quale dobbiamo l'unica composizione conservata in lingua originale siciliana. In alcuni di questi, accanto al repertorio contenutistico provenzale, fa però riscontro in alcuni poeti, come re Enzo, un interesse psicologico che lascia già intuire qua e là la madonna angelicata degli stilnovisti. Siamo comunque molto distanti dall'erotismo provenzale e francese, e più vicini al platonismo italiano e alla tradizione classica, che si sente maggiormente nel periodare e nel contenuto. Di diversa estrazione era infatti la scuola dell'Isola, composta prevalentemente di giuristi e notai, più vicini del mondo francese alla tradizione umanistica e nel complesso distanti dal mondo cavalleresco francese, ammirato da lontano ma difficilmente sentito come proprio, tanto più in quanto l'imperatore aveva in effetti attuato per la prima volta nella storia, dopo durissime lotte, lo smantellamento del sistema feudale. Sottovalutata dalla critica ottocentesca per il suo carattere accademico di raffinato gioco intellettuale, è stata però rivalutata nel XX secolo grazie all'opera di molti insigni studiosi quali Bruni, Segre, Contini i quali hanno sottolineato i felici risultati linguistici, che dettero per la prima volta all'Italia quel ricco vocabolario in volgare di cui ancora mancava, e che fu assimilato e successivamente arricchito dalle sperimentazioni dei grandi bardi toscani, dalle imitazioni di Guittone all'elaborazione del fresco ma ricco linguaggio degli stilnovisti. [→ Testi visti in classe: G. da LENTINI, Amor è un desio che vien da core]
È tuttavia da notare che i testi in siciliano sono perduti (tranne la canzone Pir meu cori allegrari di Stefano Protonotaro), in quanto la gran parte dei manoscritti siciliani ci è stata trasmessa da copie provenienti da aree toscane. I copisti toscani che intervennero sulla lingua della scuola siciliana, lo fecero con una vera e propria operazione di “traduzione”, eliminando ogni tratto tipico e “normalizzando” la lingua siciliana alla loro.  Si vedano per esempio alcuni versi della canzone S’eo trovasse pietanza di Re Enzo, poeta attivo in quel periodo e figlio di Federico II:

 


Versione siciliana (cod. Barbieri)
La virtuti ch’ill avi
D’alcìrm’ e guariri
A lingua dir nu l’ausu,
Per gran timanza ch’azu nu ll’isdegni

Versione toscanizzata (cod. Vaticano 3793)
La vertute ch’il ave
D’ancider me e guerire
A lingua dir non l’auso,
Per gran temenza c’agio no la sdigni


Con la morte di Federico II (1250) e la fine del regno di Sicilia conquistato dagli Angioini, vi fu la distruzione fisica dei manoscritti di origine siciliana o meridionale, cosicché le testimonianze linguistiche sul volgare siciliano furono pressoché annientate. Ma le idee e i temi della scuola siciliana passarono in Toscana, dove nuovi autori le ripresero e le adattarono alla loro lingua: per questo si parla di autori “siculo-toscani”, con riferimento spesso a Bonagiunta Orbicciani e Guittone d’Arezzo.

  1. La poesia didattico-moraleggiante dell’Italia settentrionale

In Italia settentrionale fiorì nel Duecento una letteratura in volgare molto diversa da quella sviluppatasi in Sicilia. Tra gli autori di questa poesia in versi di carattere moraleggiante ed educativo vanno ricordati il cremonese Girardo Patecchio, Giacomino da Verona e il milanese Bonvesin da la Riva, tutti di area lombarda. La lingua di questi scrittori è fortemente settentrionale non essendo influenzata né dai siciliani, né dai toscani, ed oggi è di faticosa comprensione. Anche se essa tendeva comunque ad emergere letterariamente, a “farsi illustre” come quella siciliana, il confronto con la letteratura toscana l’avrebbe spazzata via e messo fine agli esperimenti in lingua “lombarda”.

  1. La poesia religiosa dell’Italia centrale

Il più antico componimento in volgare italiano (quello umbro) è il Cantico di san Francesco d'Assisi. Tuttavia la vera nascita della lirica religiosa in volgare si colloca nel 1260, quando nacque il movimento dei Disciplinati (a Perugia, sotto la guida di Raniero Fasani), cioè una confraternita laica che usava la flagellazione pubblica come mezzo di espiazione. Il rito era accompagnato da canti corali che usavano come schema la canzone a ballo profana (ballata di ottonari). Le "laude" svolsero una vera e propria azione di propaganda che diffuse il movimento in tutta l'Italia del Nord. I laudari (ne restano circa 200) ebbero come centri di produzione soprattutto Perugia e Assisi. Le laude erano liriche e drammatiche, pasquali e passionali, secondo l'argomento religioso trattato. Solo con Iacopone, tuttavia, la lauda si elevò a dimensione artistica.  I due principali esponenti di questo filone sono quindi Francesco d’Assisi e Iacopone da Todi.
Francesco d'Assisi (1182-1226), figlio del mercante Pietro Bernardone, ebbe una discreta formazione letteraria (conosceva sia il latino, sia le letterature francesi) prima di dedicarsi al commercio. Nel 1202-03 partecipò alla guerra tra Perugia e Assisi; nel 1204, durante una malattia, cominciò a realizzare un radicale cambiamento di vita che lo portò a rinunciare a ogni avere (1206) e a predicare il Vangelo assieme ad alcuni seguaci. Per l'ordine da lui fondato (1210) stese in latino la Regula prima (1221), poi rielaborata (Regula secunda). Questi testi, assieme ai postumi Testamentum e Admonitiones, costituiscono la sua produzione ufficiale in un latino ecclesiastico piuttosto rozzo. Ma l'opera che più fortemente rivela la sensibilità francescana è il Cantico di Frate Sole, o Cantico delle creature (Laudes creaturarum), una prosa ritmica in volgare umbro (il più antico componimento poetico in volgare italiano), vero inno di lode alla creazione, in cui Francesco riprese spunti biblici e liturgici per rielaborarli attraverso la propria spiritualità. Il testo rivela una concezione positiva della natura, capace di interagire con l'uomo come stimolo nel cammino verso la salvezza. La scelta delle parole, spesso semplici e collegate tra loro solo da una congiunzione, rivela il favore dell'autore per immagini di forte contenuto cromatico, capaci di parlare all'immaginazione, magari non educata sul piano culturale, ma vivida, come quella delle persone comuni.
Iacopone da Todi (nato verso il 1230-36 e morto nel1306), forse fu notaio, partecipò alla vita letteraria della sua città; i suoi testi fanno ipotizzare una conoscenza della produzione di Guittone d'Arezzo.La produzione poetica di Iacopone, costituita da 93 laude di sicura attribuzione e da altre più incerte, tra cui lo Stabat Mater, è caratterizzata da una religiosità ascetica, focosa. Egli si sofferma costantemente sulla negatività della vita e del mondo, segnato da una continua violenza, prodotta dal peccato, che si manifesta nel perpetuo processo di distruzione. In questa prospettiva Iacopone guarda alla vita quotidiana spesso con un realismo crudo e sarcastico: i suoi versi sono scritti in un volgare umbro di grande intensità, non ancora assoggettato alle norme della lingua letteraria, e talvolta arricchito da apporti del latino ecclesiastico e da invenzioni linguistiche e lessicali. L'atteggiamento pedagogico indusse Iacopone a drammatizzare lo strumento della lauda: nacquero così i contrasti, in cui più voci si alternano strofa per strofa; si tratta perlopiù della voce divina che cerca di scuotere l'anima dalla sua pigrizia spirituale, dall'attaccamento ai beni terreni. A tale atteggiamento Iacopone oppone con estrema forza il mistero dell'incarnazione e della passione di Cristo, viste come capovolgimento di tutti i valori che regolano le convenzioni della società umana. Su questo tema Iacopone scrisse i suoi versi più intensi e celebri, quelli del Pianto della Madonna che rappresenta i diversi momenti della Passione.
[→ Testi visti in classe: Francesco d’Assisi, Cantico di Frate Sole]

 

  1. La poesia comico-realista

Dalla metà del Duecento si diffuse in Toscana e in Umbria una poesia giocosa, di carattere realista. L'invettiva, la bestemmia, la ribellione, la comicità prendono il posto della bellezza ideale. Figura letteraria di un certo rilievo fu il fiorentino Rustico di Filippo (circa 1230-1300), che godette di grande fama e ha lasciato 58 sonetti nei quali sul motivo dell'amore è ancora preponderante la lezione siculo-guittoniana, mentre rispetto al genere comico si intravedono soluzioni originali. Altre figure di rilievo furono il senese Meo de' Tolomei (nato attorno al 1260), autore di sonetti dall'intenso gusto caricaturale; il giullare aretino Cenne della Chitarra (morto già nel 1336), che cantò e descrisse scene di vita rustica. Tuttavia i due poeti comico-realisti più grandi furono Folgore da San Gimignano e Cecco Angiolieri.
Del senese Cecco Angiolieri (circa 1260 - morto prima del 1313) si conoscono solo pochi episodi marginali della vita, come le multe per infrazioni alla vita militare, la sua morte in miseria, il rifiuto da parte dei figli della sua eredità, perché condizionata da molti debiti. Queste le ragioni per cui la critica romantica ha dato una facile ed erronea interpretazione autobiografica della sua opera. Sono attribuiti ad Angiolieri 112 sonetti distinti a fatica dalle numerose imitazioni; rare sono le rime amorose secondo il gusto di Guittone d'Arezzo, mentre nel suo canzoniere domina il registro comico-realistico. La sua poesia è costruita sul rovesciamento del modello stilnovista e sulla raffinata parodia di molti generi cortesi: il plazer (elenco di cose desiderabili), l'enueg (elenco di sgradevolezze), il contrasto e così via. L'appassionato spirito invettivo, o addirittura aggressivo, non deve far dimenticare l'aspetto di gioco letterario: il romanzo d'amore tra Cecco e Becchina, che al poeta ha preferito un marito ricco, riprende in forma parodistica il genere del contrasto. A livello tematico, il suo universo poetico è organizzato intorno a un limitato numero di motivi emblematici, così riassunti dal poeta stesso: "la donna, la taverna e il dado". Quasi certamente "letterario" e non realistico è l'autoritratto di personaggio maledetto che il poeta dà di sé nei suoi testi.
[Testi visti in classe: C. ANGIOLIERI, S’i’ fosse foco – I’ sono innamorato ma non tanto – Dante Alighier, s’i’ son bon begolardo]

  1. LO STILNOVO

Il “Dolce stil novo” è un movimento poetico sviluppatosi a Firenze alla fine del XIII secolo.
Il termine (che si può trovare anche sotto le forme dolce stil nuovo, stilnovo, stilnovismo, dolcestilnovismo) deriva dalla Divina commedia (Purgatorio, XXIV, 19-63), dove è utilizzato dal poeta Bonagiunta Orbicciani: dopo che Dante gli ha esposto i propri principi poetici, Bonagiunta riconosce le differenze che separano l'approccio alla tematica amorosa da parte della scuola siciliana, di Guittone d'Arezzo e di se stesso da quello dello stile 'novo' di cui Dante si fa portavoce.
Iniziatore del nuovo stile fu il poeta bolognese Guido Guinizelli, che nella celebre canzone Al cor gentil rempaira sempre amore definì quelli che sarebbero stati i canoni della nuova scuola: anzitutto, in un'Italia centrosettentrionale che evolveva in senso cittadino e borghese (fu questa l'età dei Comuni), il concetto della nobiltà come dote spirituale piuttosto che come fatto ereditario e lo stretto rapporto fra la nobiltà ('gentilezza') d'animo e la capacità di amare; in secondo luogo l'immagine della donna come angelo, in grado di purificare l'anima dell'amante e di condurlo dal peccato alla beatitudine celeste. Questi concetti ricevettero un approfondimento sia dal punto di vista filosofico sia da quello psicologico, che dava conto con precisione, tra l'altro, degli effetti di Amore sull'anima dell'innamorato.
Il dolce stil novo si mosse nella direzione di una poesia concettualmente e formalmente rigorosa: sul piano dei contenuti, trascendeva il dato biografico e concreto dell'esperienza amorosa per farne esperienza spirituale e morale, mezzo per raggiungere la virtù; sul piano della forma, si proponeva di utilizzare un linguaggio 'dolce', privo di asprezze tanto negli effetti fonici quanto nelle immagini, perché fosse adeguato all'altezza dei contenuti espressi.
Al modello lirico e ideologico di Guinizelli si ispirò a Firenze un gruppo di giovani poeti, i cui maggiori esponenti furono Guido Cavalcanti e Dante Alighieri; quest’ultimo, in alcune rime giovanili e in particolare nella Vita nuova, approfondì l'analisi psicologica del sentimento amoroso e accentuò il tema della virtù salvifica della donna. L’inconoscibilità finale della donna e il doloroso binomio Amore-Morte di Cavalcanti venne ripreso da Gianni Alfani, mentre leggerezza ed eleganza contraddistinsero il canzoniere di Lapo Gianni. Dopo la rielaborazione prevalentemente psicologica che ne fece Cino da Pistoia, il dolce stil novo venne ripreso e ulteriormente rielaborato dalla grande poesia del Canzoniere di Francesco Petrarca, che fu il modello dominante della tradizione lirica italiana ed europea almeno fino al XVII secolo.
[Testi visti in classe: G. GUINIZZELLI, Io voglio del ver la mia donna laudare – G. CAVALCANTI, Chi è questa che ven – D. ALIGHIERI, Tanto gentile e tanto onesta e A ciascun alma presa e gentil core]

 

“Ed egli [=Gariperto], tenendo in mano la predetta memoria, e toccandola con l’altra mano, così testimoniò:  So che quelle terre, entro i confini di cui si discute, per trent’anni le ha tenute in possesso il monastero di S. Benedetto”.

 

Fonte: http://digilander.libero.it/Parsifal74/STORIA%20DELLA%20LINGUA%20ITALIANA.doc
Autore del testo non indicato nel documento di origine del testo

 


 

Storia della lingua italiana riassunto

STORIA DELLA LINGUA ITALIANA

L’italiano è una lingua che deriva dal latino volgare sia scritto che parlato.
La letteratura italiana si sviluppa nel 1200 con la scuola siciliana alla corte di Federico II di Svevia.
I poeti siciliani scrivevano le loro opere in un siciliano illustre cioè senza parole dialettali e con parole latine e altre in lingua provenzale (cioè in francese).
Poi la letteratura si sviluppò in Toscana e a Bologna, con i poeti siculo-toscani e stilnovisti.
Il primo testo narrativo volgare del 1200 è il Novellino: racconti molto semplici.
Nel 1400 a Firenze Lorenzo il Magnifico rilancia la lingua volgare in favore del toscano.
Nel 1500 il volgare si diffuse con Ludovico Ariosto, Torquato Tasso, e Machiavelli nella letteratura, mentre il latino veniva usato nella pubblica amministrazione.
Nel 1600 con il Marinismo si ebbero profonde innovazioni nella lingua italiana.
Nel 1700 l’italiano era abbastanza conosciuto anche a Vienna e Parigi, anche se la lingua italiana si prestava poco alla conversazione.
Il 1800 è stato il secolo dei dizionari di italiano e nel 1859 per la prima volta la scuola elementare divenne obbligatoria e gratuita, diffondendo la conoscenza della lingua italiana parlata e scritta.
Nel 1900 nella lingua italiana sono state introdotte molte parole straniere, usate specialmente nel linguaggio tecnico-multimediale.
Nel 1924 la radio e dal 1954 la televisione, due importanti mezzi di comunicazione, hanno diffuso ancor più l’uso corretto della lingua italiana.

 

STRUTTURA DELLA LINGUA ITALIANA

L’analisi grammaticale e l’analisi logica sono gli strumenti basilari per una corretta conoscenza della lingua italiana parlata e scritta.
Non bisogna sottovalutare l’importanza delle regole grammaticali, anche se può essere faticoso impararle, ma la fatica sarà ricompensata dalla soddisfazione di saper scrivere e parlare correttamente.

PARTI VARIABILI E INVARIABILI DEL DISCORSO

La parte della grammatica che studia la forma delle parole si chiama morfologia.
Quella che studia la funzione delle parole si chiama sintassi.
Dal punto di vista della morfologia le parti del discorso sono divise in: parti variabili e parti invariabili.
Le parti variabilisono:

  • il nome, che può essere comune o proprio;
  • l’articolo, che può essere determinativo indeterminativo o partitivo;
  • l’aggettivo, che può essere qualificativo, possessivo, dimostrativo, interrogativo, indefinito, di quantità, numerale, cardinale e ordinale;
  • il pronome, che può essere dimostrativo, possessivo, personale, relativo, interrogativo, indefinito;
  • il verbo, che può essere transitivo attivo, transitivo passivo, riflessivo, intransitivo e pronominale.

Le parti invariabili sono: l’avverbio, la congiunzione, l’intersezione e l’esclamazione.
L’avverbio, può essere di modo, di luogo, di tempo, di quantità, di negazione, di dubbio, interrogativo. L’avverbio può trasformarsi in alterato diminutivo, vezzeggiativo, accrescitivo e dispregiativo.
La preposizione può essere propria e si divide in semplice e articolata; impropria se può essere seguita da un avverbio, da un aggettivo e da un verbo.
La congiunzione può essere subordinata e si divide in avversativa, comparativa, condizionale, dichiarativa, esclusiva, interrogativa, modale, temporale, causale, concessiva, consecutiva, eccettuativa, finale, limitativa.

COME COMUNICANO I GIOVANI OGGI?

Dal momento in cui sono stati inventati i cellulari il modo di comunicare è cambiato completamente:

  • le lettere e gli incontri verbali sono stati sostituiti via, via dai più veloci SMS che si possono inviare dal cellulare. Addio così a lettere e visite frequenti ai parenti ed amici.

La tecnologia ha consentito a dei semplici telefoni cellulari di evolversi a veri e propri computer portatili, come ad esempio l’ IPHONE.

  • Per i ragazzi i messaggi sono fondamentali per le comunicazione. Usano gli SMS per mettersi d’accordo nell’uscire il pomeriggio, per scambiarsi gli auguri, per salutarsi, per scambiarsi canzoni o immagini, per le chiamate urgenti o per il solo gusto di spendere soldi……!

Con l’uso dei SMS i giovani hanno inventato un’altra lingua, molto ristretta visto che riducono tutte le parole, ad esempio:
PERCHE’  = XK;
DOMANI = DMN;
CITTA’ = CTT
NON = NN
TI VOGLIO BENE = TVB
… e tanti altri.
Insomma i giovani hanno inventato un nuovo linguaggio, che sembra quasi un codice segreto, che gli adulti non riescono a decifrare.

 

 

DOMANDE

1- In quante parti si divide la grammatica italiana?
2- Di quale genere può essere il nome e l’articolo?
3- Da quale lingua deriva l’italiano?
4- A quale poesia si ispirarono i poeti della scuola siciliana?
5- In che anno la scuola elementare è diventata obbligatoria e gratuita?
6- Qual’è il primo testo narrativo in volgare?
7- Nel 1700 in quali città europee si conosceva l’italiano?
8- Come può essere una proposizione?
9- Che lingua si parlava prima del volgare?
10- In quali tempi si divide il verbo?
11- Quali lingue hanno influenzato la lingua italiana?
12- In che grado si divide l’avverbio?
13- Qual’è il primo testo scritto in volgare?
14- Da chi era parlata la lingua latina nel 1500?
15- Di che grado può essere l’aggettivo?
16- Quali sono le parti variabili del discorso?
17- Quali sono le parti invariabili del discorso?
18- Come può essere una proposizione?
19- Cosa è accaduto nella comunicazione da quando sono stati inventati i cellulari?
20- I giovani con l’uso degli sms che tipo di linguaggio hanno inventato?

 

RISPOSTE

  • La grammatica italiana si divide in parti variabili e invariabili.
  • Il nome e l’articolo possono essere maschile e femminile.
  • La lingua italiana deriva dal latino.
  • I poeti siciliani si ispirano alla poesia provenzale.
  • Lorenzo il Magnifico.
  • Il Novellino.
  • Vienna e Parigi
  • Una preposizione può essere semplice o articolata.
  • Nel ‘700 si parlava il latino.

10- Il verbo si divide in tempi semplici e composti.
11- La lingua italiana è stata influenzata dal francese, dallo spagnolo e dall’inglese.
12- L’avverbio si divide in grado comparativo e superlativo.
13- Il primo testo è il Novellino.
14- La lingua italiana era parlata dalle persone colte.
15- L’aggettivo può essere di grado positivo, comparativo e comparativo.
16- Le parti variabili del discorso sono: il nome , l’articolo, l’aggettivo, il pronome e il verbo.
17- Le parti invariabili sono: l’avverbio, la preposizione, la congiunzione, l’intersezione ed esclamazione.
18- Una preposizione può essere propria e impropria.
19- Il modo di comunicare è cambiato, le parole e gli incontri sono stati sostituiti dagli sms.
20- I giovani con l’uso degli sms hanno inventato una lingua molto ristretta, visto che riducono tutte le parole, creando quasi un codice segreto.

 

Fonte: http://www.comprensivoposatora.it/JOOMLA/images/M_images/quiz_senza_frontiere/storia%20della%20lingua%20italiana.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Storia della lingua italiana

IL SETTECENTO

I LIMITI

Il settecento è il periodo di tempo che va dall’ultimo quarto del 17° secolo alla fine del terzo del 18°. Come data iniziale si può considerare la fondazione dell’Arcadia nel 1690 a Roma; come data di chiusura del periodo abbiamo quella della soppressione della Crusca 1783 e quella dell’invasione francese 1796 guidata da Napoleone.

Altre date importanti:

  • 1748 Pace di Aquisgrana (antica capitale europea, sede della reggia di Carlo Magno). In questo periodo l’Austria domina l’Italia settentrionale e non più la Spagna.
  • 14 Luglio 1789 inizio Rivoluzione Francese.

 

EVENTI POLITICI

Nei primi decenni l’Italia è coinvolta in numerose vicende belliche; dalla pace di Aquisgrana all’invasione francese si ha un periodo di pace:

  • Annessione da parte di Cà dei Savoia della Sardegna (1718).
  • Il ducato di Milano e di Mantova: sono monopoli Austriaci.
  • Parma e Napoli: sotto le dinastie Borboniche.
  • Toscana: con orientamento politico Austriaco.
  • Repubblica di Venezia: domina sull’Istria, parte della Dalmazia, dell’Albania e Isole Ioniche.
  • 1768 Genova cede la Corsica ai francesi.

 

LA CENTRALITÀ DEL RUOLO DELLA FRANCIA

All’inizio del ‘700 lo Stato francese è quello più antico e solido di tutta Europa. La Francia vive un ruolo centrale contrastato in parte da Inghilterra e Spagna; è un territorio unito e diverso dall’Italia, soprattutto per il fatto che possiede una dinastia regnante che non cambia:

  • Luigi XIV 1643-1715 (il “Re Sole”, il più importante sovrano per la riunificazione religiosa della Francia).
  • Luigi XV 1715-1774
  • Luigi XVI 1774-1793

È inoltre una grande potenza coloniale (con la propria politica di assolutismo e centralità del potere), in modo particolare nei nuovi territori dell’Oceania e in America.

È In questo periodo che la Francia inizia ad occuparsi della propria “immagine”, elemento fondamentale per presentarsi agli occhi del mondo. Viene elaborata la cosiddetta “etichetta di corte”, cioè l’insieme delle regole e comportamenti da tenere a corte. Ci si circonda dei migliori cuochi, architetti e musicisti.

Il sovrano volle dare una forte impronta caratterizzata da un’ immagine “splendente” ad una nuova città: Versailles. Questa diverrà il modello da seguire per tutte le altre regge.

Il modello francese si diffuse rapidamente in tutta Europa e diversi furono i sovrani che lo replicarono: un esempio tipico consiste nella Reggia di Caserta, voluta dal sovrano austriaco.

Il francese diventa lingua europea e mantiene questa posizione per un secolo e mezzo; sono francesi i più grandi musicisti e scrittori di teatro, come ad esempio Molière.


Si ricordano inoltre:

  • Marc Fumaroli 4“Quand l’Europe parlait Française”: un insieme di testi di autori stranieri che scrivono in francese e si raccoglievano nei “salon” per discutere vari argomenti.
  • Bernard le Bovier de Fontenelle 4 uno degli scrittori più curiosi del suo tempo (1657-1757). Un erudito tedesco spedì a Fontenelle un suo scritto: pur non avendo interesse particolare per quella lingua, Fontenelle disse che i tedeschi facevano bene a coltivare il loro lessico.

Il francese assume questo ruolo predominante soprattutto per il fatto di essere una lingua molto chiara nell’esposizione, a differenza di altre lingue, come il tedesco, che presenta invece una costruzione sintattica molto complessa. L’italiano ha il vantaggio di avere una struttura della frase libera, di essere versatile, ed è per questo motivo che ottiene il primato nella poesia e nella musica. La chiarezza è però propria del francese.

 

VITA SOCIALE E CULTURALE

  • Il secolo passato (il ‘600 caratterizzato dal Barocco), è visto come un periodo negativo, colpito fra l’altro da due pestilenze.
  • È il secolo della nascita di nuove scienze. L’illuminismo è la corrente predominante: la ragione è una divinità che con una fiaccola illumina le tenebre dell’ignoranza. Il metodo sperimentale ha il sopravvento; la concezione del mondo è prevalentemente naturalistica. I miti che dominano il secolo sono quelli della ragione, della natura e del genere umano. Nel 1784 l’Accademia delle Scienze di Berlino lancia un concorso a premi per coniare una moneta che rechi un motto per celebrare l’Illuminismo: vinse un giovane filosofo, Immanuel Kant. Egli riprende un’espressione latina, Illuminismo è “sàpere aude” cioè “abbi il coraggio di sapere”.
  • In Europa si vive una situazione generale di benessere soprattutto alle scoperte nel campo medico-scientifico, come ad esempio la vaccinazione contro il vaiolo.
  • Il Cattolicesimo subisce vari attacchi.
  • Compare la Massoneria, dapprima come movimento con fini umanitari, poi come attività filofrancese.
  • Le riforme chieste dagli Illuministi trovano riscontro; si aboliscono istituzioni e usi sorpassati, si ha un notevole progresso della vita civile; la borghesia è in ascesa.
  • Sorge l’Arcadia nel 1690 a Roma come accademia nazionale che propaga nelle varie città il suo stile, il suo edonismo. Rappresenta la prima importante reazione al Barocco secentesco: l’obiettivo principale dell’Arcadia è quello di modernizzare la lingua e la letteratura in Italia. Detta modernizzazione si inserisce nel quadro del progresso e del sapere scientifico.
  • Le invenzioni più importanti:
    • 1735 Classificazione dei 3 regni naturali ad opera di Linneo.
    • 1742 Termometro con scala in gradi Celsius.
    • 1753 Parafulmine (B. Franklin).
    • 1764 Filatoio meccanico, prima espressione della Rivoluzione Industriale.
    • 1769 Macchina a vapore di James Watt.
    • 1798 Macchina per la produzione continua di carta (i costi vengono abbattuti ed i giornali diventano più economici).

 

    • Sempre maggiore importanza assume la diffusione del giornale, inteso come foglio di cronaca. Si parla di “giornale” o “gazzetta”: in realtà la “gazzetta” era una moneta in circolazione nella Repubblica di Venezia ed era il prezzo di un giornale.
  • A Milano tra il 1764-1766 nasce la rivista “Il Caffè”, opera di un gruppo di intellettuali tra cui Pietro Verri e Cesare Beccaria.
  • A Venezia nasce il primo quotidiano: “La Gazzetta di Venezia”. Venezia insieme ad Amsterdam, erano tra i porti europei più importanti e centri di partenza delle notizie.
  • Nel 1760 Giuseppe Parini scrive un sonetto dedicato alle recenti scoperte fatte in Olanda grazie all’uso del microscopio. Parini è un abate (sacerdote di ordine minore). Il sonetto è importante quale esempio del rapporto tra cultura e scoperte scientifiche. Da evidenziare il fatto che la poesia, rispetto alla prosa, mantiene una componente di tradizionalismo di grado più elevato ciò dovuto al fatto che essa è vincolata a regole più rigide e dure.
  • Francesco Algarotti (Venezia 1712 - Pisa 1764): studia fisica e matematica a Bologna; nel 1730 inizia a viaggiare per l’Europa e si appassiona di divulgazione scientifica. Vivrà a lungo in Germania a Potzdan: città costruita sul modello della Reggia di Versailles, da Federico II. Nel 1737 pubblica la sua opera più importante: “Dialoghi sopra l’ottica newtoniana”, attraverso la quale vuole rendere accessibile al vasto pubblico, la teoria della rifrazione della luce (i colori). Nell’introduzione di questo libro, Algarotti scrive una dedica a Federico II nella quale spiega i problemi che un giovane cosmopolita ha dovuto affrontare per scrivere un’opera di questo genere. Algarotti voleva fare con la lingua italiana ciò che aveva fatto Voltaire con il francese: “La nostra lingua non è né viva né morta...si conservano parole che non sono più in uso” (è la Toscana che vanta la lingua più pura, ma dopo Machiavelli perde la sua autorità). La dedica espressa nell’introduzione di questo libro, è fondamentale: per la prima volta viene presentato il problema linguistico italiano come problema politico: bisogna arrivare all’unità politica, per poi avere un’unità anche nella lingua!
  • 1738-1740: scavi di Ercolano e Pompei. È  in questo periodo che da tutta Europa uomini di cultura e non, iniziano ad intraprendere viaggi per visitare l’Italia. Nasce il museo Capitolino di Roma diretto da Winckelmann. La moda del viaggio in Italia è detta “Grand Tour”, ma sono soprattutto gli inglesi a descrivere il successo di questi viaggi.

 

LA LINGUA PARLATA E LA LINGUA SCRITTA

In che misura e in che modo si parlava l’italiano fuori dalla Toscana?

  • Poco per la predominanza dei dialetti e male per la dipendenza del parlato da uno scritto oscillante.
  • In Settentrione e in Meridione si parla di regola in dialetto anche tra i nobili, solo eccezionalmente l’italiano nelle occasioni solenni (prediche, arringhe).
  • Nella lingua scritta si ha una distinzione netta tra prosa e poesia e la si mantiene attraverso parecchie peculiarità grammaticali e stilistiche.
  • I primi decenni del secolo sono dominati dall’Arcadia, la quale propugnò una forte reazione al secentismo, il ritorno al canone dell’imitazione dei classici e del Petrarca e l’introduzione della poesia nel costume sociale.
  • Nel linguaggio teatrale le parole hanno ancora una notevole importanza, non come avverrà più tardi che assumeranno un ruolo di semplice sostegno per la musica. Ne è un esempio Pietro Metastasio che, allo scopo di conquistare un pubblico vasto, evita vocaboli rari ed arcaici. Metastasio è il massimo rappresentante della poesia arcadica e del melodramma settecentesco. Al contrario, il linguaggio delle tragedie dell’Alfieri è scabro ed individuale.

  • Sia nel parlato che nello scritto, è fortissima l’influenza francese principalmente dovuta alla diffusione di un’opera importantissima: “Encyclopédie ou Dictionnaire des Sciences, des Arts et des Métiers” scritta tra il 1751 e il 1765 da DIDEROT (scrittore e romanziere) e D’ALAMBERT (matematico). Scopo principale era quello di formare un circolo di scienziati e letterati. Questa enciclopedia adotta un nuovo sistema, organizzato in ordine alfabetico. Vengono eliminate le gerarchie e tutto viene messo sullo stesso piano. Per la prima volta le scienze hanno un ruolo prioritario e a queste, seguono le arti e il “mestiere” (il sapere reso pratico). In realtà alla stesura dell’Enciclopedia parteciparono anche VOLTAIRE e ROUSSEAU e le sue pubblicazioni terminarono solo nel 1972 (18 volumi + 12 tavole). La sua peculiarità consta nel fatto che in essa non vi è una semplice descrizione del sapere, ma anche la sua giustificazione. In effetti nel ‘700 si scrive largamente di ogni genere di scienza e d’ogni ramo di tecnica anche se il linguaggio scientifico non ha ancora quella concisione cui giungerà più tardi.
  • Importante il linguaggio scientifico: i Naturalisti mirano alla semplicità e alla intelligibilità (chiarezza), lasciando da parte le descrizioni “pompose” e ricercate.

 

DISCUSSIONI SULLA NORMA LINGUISTICA

Due correnti di pensiero: una a favore dello “scriver toscano” (il toscano trecentesco, quello del Boccaccio che era codificato nel Vocabolario della Crusca), ed una a sfavore.

A favore i rigoristi seguaci dell’Arcadia. A netto sfavore abbiamo gli Illuministi italiani che si domandavano il perché bisognasse rivolgersi a scrittori così remoti.

  • Verri fa nel “Caffè” la sua dichiarazione di ostilità ai “riboboli noiosissimi”.
  • Altro punto molto controverso è quello dell’utilizzo dei francesismi. Cesarotti scrive un breve trattato “Saggio sulla filosofia delle lingue” che mirava a rompere certi pregiudizi e a rendere la lingua “saggiamente libera”. Benché il Cesarotti si pronuncia più riprese contro tanti francesismi inutili dichiara anche che quando un popolo riceve linee di pensiero da un altro ne riceve anche le parole. Contro il Cesarotti fu rivolto il “Trattato dell’uso e dei pregi della lingua italiana” (1791) del Conte NAPIONE. L’opera è principalmente rivolta a far usare l’italiano in luogo del latino e del francese per tutti gli usi. Queste dispute in realtà rivelano quanto era grave la crisi della lingua Italiana.

 

LATINO E ITALIANO

L’italiano continua a guadagnare terreno sul Latino, ma quest’ultimo, ha ancora posizioni fortissime. In molti campi delle scienze parecchie opere fondamentali sono in latino, anche le opere teoriche del diritto. Nella Chiesa l’uso del Latino è di regola, anche se iniziano ad esserci voci per la richiesta della messa volgare.

Nelle università l’insegnamento è in Latino (nel 1764 però si ebbe un insegnante di economia che insegnava in italiano).

 

RAPPORTI CON ALTRE CULTURE E LINGUE EUROPEE

  • In un secolo cosmopolita come il Settecento è ovvio che la conoscenza di qualche lingua straniera sia indispensabile alle persone colte.
  • Occorre per prima cosa prender contatto con la civiltà e la lingua Francese. L’influenza Francese è particolarmente forte nel Piemonte e a Parma. Potente, tramite per la conoscenza del Francese, è lo stanziamento di numerosi Francesi nella penisola (cuochi, parrucchieri, maestri di ballo, stilisti).
  • Fautori delle mode e dei vocaboli Francesi sono i giovani eleganti letterati; l’Inglese diventa necessario anche ai commercianti.
  • La conoscenza dello Spagnolo è in regresso.
  • La conoscenza del Tedesco è scarsa.
  • D’altro canto l’italiano all’estero ha un discreto riscontro tra le persone colte per gli scritti delle opere musicali e per gli scritti scientifici. Questo grazie anche a numerosi uomini di primo ordine: Goldoni a Parigi e Metastasio a Vienna.

 

I FATTI GRAMMATICALI E LESSICALI

Ricordiamo che le oscillazioni nello scritto erano tantissime. Le principali differenze erano nel raddoppio delle consonanti (“accademia” – “academia”) e nell’uso di differenti vocali (“delicato” – “dilicato”; “miscuglio” – “mescuglio”).

Questo a causa delle forti differenze dialettali.

 

CONSISTENZA DEL LESSICO

  • L’ inclinazione generale del ‘700 a ribellarsi alla tradizione ove non corrisponda alla natura e alla ragione.
  • Larga parte delle innovazioni è data dai francesismi.
  • Entra in circolazione la parola “Democrazia” (governo del popolo) e “Dispotismo” (governo assoluto) e, dopo la II metà del secolo, “Risorgimento” come termine che esprime la volontà degli Italiani di uscire dallo stato di inferiorità.
  • Numerose invenzioni Italiane e straniere danno origine a oggetti nuovi e quindi a nuovi nomi (es. ventilatore, scafandro, aerostato...).
  • Appaiono nuovi giochi; si divulga il gioco del lotto.
  • L’interesse per l’economia porta a nuovi termini (es. “politica”, “monopolio”, “materie prime”...).
  • Grandi modifiche nella terminologia della botanica, ecologia, fisica, chimica. Nuovi termini nella chimica e nella medicina.

 

DIALETTISMI E REGIONALISMI

Si sa bene che la lingua dell’alta lirica e della prosa più elevata era ormai da secoli consolidata e senza aspetti di carattere dialettale. Nello scritto meno nobile, però, ci sono ancora molti affioramenti spontanei dialettali, in quanto, in italiano, alcuni termini non esistevano o non erano sufficientemente conosciuti. Lentamente i vocaboli nazionali, guadagnano però terreno su quelli locali.

 

I LATINISMI

Non sono da considerarsi pochi se si pensa alle correnti antitradizionaliste. Vi si ricorre soprattutto nel campo delle scienze e nel campo della poesia neoclassica (ne adopera molti il Parini). Nelle scienze l’affluenza di latinismi e grecismi sono dovute alla sempre crescente esigenza terminologica.

 

I FRANCESISMI

L’ondata di francesismi nel ‘700 è ancora più ampia di quella del ‘600 (dovuta all’egemonia francese) e tocca tutti i campi della vita e della lingua: nella moda, nella casa e nell’arredamento, nella vita militare, nella navigazione, nelle arti, mestieri e industrie, nel teatro, nella musica, nel ballo, nei giochi di carte. Ad esempio “caffè” che identifica una “bevanda” in italiano, assume il significato di “luogo di ritrovo” in francese; in italiano diviene poi “bottega del caffè”. Vi sono poi adattamenti dell’italiano al francese di alcune locuzioni (espressioni), che si affermano particolarmente in questo periodo:


  • “Colpo d’occhio”, “colpo di scena”, “colpo di mano”, “fare la corte”, “aver l’onore”.
  • ROMANZO = deriva dall’antico francese ROMAN(Z) del 1160, che significa appunto “racconto in francese antico”, in opposizione al latino. La parola si evolve e significherà dopo varie modifiche, solo “racconto”.

Nel ‘500 in Italia il romanzo caratterizza soprattutto le opere in versi (Tasso e Ariosto). È solo dal 1700 che si parla di romanzo come racconto in prosa, genere che avrà una larghissima diffusione. Il primo scrittore a servirsi dell’aggettivo “romanzesco” è Goldoni.

I grandi romanzieri sono però di matrice inglese: Jonathan Swift (Dublino, 1667 - 1745) considerato il massimo scrittore di lingua inglese del suo tempo ed uno dei più grandi satirici mai esistiti; l’opera più famosa: “I viaggi di Gulliver”.

Samuel Richardson (autore di romanzi epistolari), Henry Fielding, Walter Scott (scozzese, scrisse un romanzo storico che influenzò Manzoni).

Il primo romanzo gotico nasce a Londra nel 1764 in 3 copie; l’autore di quest’opera è Horace Walpole con “Il castello di Otranto”, tradotto in italiano e francese. Il castello di Otranto è considerato oggi il primo grande romanzo gotico e capostipite di questo genere che molto successo ebbe nel Settecento e nell'Ottocento. Una serie di romanzi gotici furono scritti da Ann Radcliffe (1764-1823), autrice grazie alla quale si afferma questo genere letterario. Da tener presente che quasi tutti questi romanzi erano ambientati in Italia.

 

ALTRI FORESTIERISMI

Molti dall’Inghilterra, dai paesi tedeschi per la mineralogia, dalle lingue slave il concetto di “vampiro” (forse influenzato dal francese) e in più vocaboli orientali e americani.

 

ITALIANISMI IN ALTRE LINGUE

La cultura Italiana continua ad essere presente nella cultura Europea. Alcuni si riferiscono alla vita sociale, altri all’arte, altri alla musica. In quest’ultimo campo, basti pensare che buona parte degli strumenti musicali erano conosciuti con nomi italiani (pianoforte, mandolino ecc.). Altri termini da ricordare sono:

  • “Dilettante”, che nel ‘700 indica colui a cui piace ascoltare la musica (virtuoso); all’estero assume invece un altro significato, ossia colui a cui piace ascoltare la musica italiana.
  • “Improvvisatore”, che si afferma attorno al 1760 non solo in campo musicale ma anche poetico.

 

IL PRIMO OTTOCENTO

 

I LIMITI

L’anno 1796 con l’invasione francese segna l’inizio di questo nuovo periodo storico. La data del 1861 (proclamazione del Regno d’Italia) è il limite.

Date intermedie importanti:

  • 1815 caduta di Napoleone e Restaurazione
  • 1848 rivolte in Europa

 

EVENTI POLITICI

Dopo l’invasione Francese 1796 si ha un consolidamento della potenza stessa in tutta Italia. Malgrado questa dipendenza, gli Italiani cominciano a godere dei benefici dell’uguaglianza civile e a ritenere possibile l’avvento di un’Italia libera e indipendente.


La caduta di Napoleone (1815) porta poi al ristabilirsi di quasi tutti gli antichi staterelli. Grandi speranze si hanno nel ’48 e ’49: funzionano i parlamenti, si costituiscono partiti politici, il Piemonte è il centro dell’azione indipendentista. Nel ’59 i Franco-Piemontesi contro l’Austria annettono la Lombardia e poi la Toscana e l’Emilia.

Garibaldi (1860) congiunge al regno di Vittorio Emanuele II il Regno delle due Sicilie e dopo poco le Marche e l’Umbria. Il 14 Marzo 1861 si proclama il Regno d’Italia con capitale Roma.

 

VITA CULTURALE E SOCIALE

  • In questi primi 50 anni i contatti fra classe e classe in senso verticale hanno molta importanza benché il popolo conti ancora assai poco. Il RISORGIMENTO è opera per lo più della borghesia che acquista sempre maggiore slancio negli anni del Regno Italico (Piemonte e Lombardia).
  • L’istruzione è ancora poco diffusa e diventerà obbligatoria solo nel 1859 con la Legge Casati: istruzione elementare obbligatoria e pubblica per un biennio. Il grosso problema dell’istruzione pubblica, consiste nel fatto che i maestri devono essere pagati; fino alla Restaurazione si usa non beneficiare dei maestri, gli allievi imparano da soli. L’insegnamento dell’italiano è ancora però subordinato al Latino e riguarda principalmente solo le classi più elevate e di rado giunge al popolo.
  • Nella vita civile acquisisce sempre più rilievo la Pubblica Amministrazione, i cui tratti moderni rimarranno nel tempo. Essa diviene un settore linguisticamente molto importante: la lingua della burocrazia è il francese. Nel 1806 viene redatto per ordine di Napoleone il primo codice civile che normalizza il linguaggio burocratico: viene promulgato bilingue, in italiano e francese. L’influenza Francese rimarrà anche dopo la caduta di Napoleone (1814).
  • Cresce l’importanza della stampa periodica (il primo periodico è del 1836 “Cosmorama”) e nascono le prime imprese editoriali, mentre i quotidiani esercitarono la loro prevalenza soprattutto nel ’48 e ’49 in regime di libertà.
  • Cambia la figura dell’intellettuale, che ora scrive per pagarsi da vivere (in modo particolare a Milano nei primi dell’Ottocento).
  • Primi inizi di pubblicità, la vita teatrale è assai fervida.
  • Si hanno nuove invenzioni, le applicazioni del vapore danno origine a nuove industrie (al nord), si passa dal telegrafo ottico a quello elettrico, le città sono illuminate a gas (Milano 1845). Appare la stenografia e la fotografia.

 

PRINCIPALI TENDENZE DEL MUTAMENTO LINGUISTICO

Illuminismo e francesismo avevano fortemente inciso la lingua italiana quotidiana. Ben presto, però, la generale incuria stilistica e il dilagare delle voci francesi portano i letterati a una reazione: essi riaffermano l’importanza del “bello scrivere”. Nel 1816 inizia la polemica sul Romanticismo. I Romantici rinnegano sia il principio d’imitazione sia i francesismi e vogliono una letteratura che esprima un italiano giovane e fresco. Essi aspirano a creare unità tra lingua parlata e scritta, a dar vita a una lingua e una cultura nazionale non disgiunte dall’unità sociale. Il Romanticismo nasce inoltre grazie all’ampliamento degli orizzonti editoriali di cui abbiamo parlato in precedenza: scopo principale è quello di avvicinare il popolo alla letteratura.

Ma mentre il numero di quelli che miravano ad un’unità territoriale cresceva ogni giorno, ben pochi erano quelli che miravano ad un’unità sociale e linguistica. Di fatto, verso il 1860, i 4/5 degli italiani erano ancora analfabeti.


LA LINGUA PARLATA

L’italiano è ancora essenzialmente lingua scritta e fuori dall’Italia centrale, poco parlata. Per farsi capire dal popolo, non si poteva far altro che parlare in dialetto. Nel Settentrione e nel Meridione c’era ancora molto da fare perché l’italiano divenisse lingua parlata. A questo riguardo esistono due testimonianze:

      • Foscolo:”...le persone educate negli altri paesi, si servono della lingua nazionale e non del dialetto, come invece accade in Italia”.
      • Il Manzoni che descrive quello che nei primi decenni del secolo a Milano significava “parlar finito”: utilizzare tutti i vocaboli che si conoscono e al resto supplire con vocaboli adattati dal dialetto.

Nuovi campi di attività sono l’economia ed il commercio, che favoriscono viaggi e spostamenti nelle varie province: gli scrittori di questa disciplina mirano ad un linguaggio concreto, preciso ed accessibile: la “lingua mercantile”.

 

IL LINGUAGGIO DELLA PROSA

La prosa che vuole rivolgersi al grande pubblico, ha trovato un genere di successo nel romanzo. La lingua della prosa è capace di innovarsi, mentre quella della poesia resta legata a schemi precisi, è conservatrice e tradizionalista.

Per la loro scelta linguistica, “una lingua di popolo”, si affermano due poeti:

  • Carlo Porta (1775-1821 Milano); è un poeta dialettale, ambito nuovo della poesia, che si caratterizza per una forte descrizione realistica.
  • Francesco Cherubini massimo esponente del dialetto lombardo, che nel 1810 pubblica il primo dizionario milanese-italiano.
  • Giuseppe Gioacchino Belli (1791-1863 Roma); decide di scrivere in dialetto quando a Milano legge un libro di Porta, rendendosi conto che tutto il popolo conosceva queste opere.

 

Le correnti di pensiero che si delineano sono 3:

  • PURISMO (ad inizio secolo, è la corrente più autorevole) à Antonio Cesari
  • CLASSICISMO à Vincenzo Monti
  • ROMANTICISMOAlessandro Manzoni

 

PURISMO

I puristi sono molto rigidi e rimarcano solo l’aura semplicità del ‘300 al contrario dei classicisti che tendono più alle rotondità linguistiche del ‘500. I principali esponenti puristi sono Antonio Cesari (veronese) e Puoti (napoletano).

 

CLASSICISMO

Il Classicismo Ottocentesco mira a una lingua molto decorosa che si scosti dalle “bassezze del moderno idioma”. Si ricollega, piuttosto, alla lingua dei nobili autori del ‘300 e del ‘500 mentre il ‘700 è considerato una vergogna. Per il lessico si attengono a parole appartenenti alla tradizione nobile, senza quindi forestierismi e neologismi. Principale esponente Vincenzo Monti. L’opera di puristi e classicisti ha comunque avuto un’indubbia influenza sull’italiano come antidoto contro eccessi di forestierismi.

 

ROMANTICISMO

In Italia il Romanticismo nasce nel 1816 in ritardo rispetto a Inghilterra e Germania già presente nel 1780. Questo nuovo movimento culturale è fondamentale per il rinnovamento della letteratura e della lingua. Il Romanticismo si rivolge ad un pubblico ampio e per questo si afferma soprattutto nel TEATRO (primi tentativi fatti da Goldoni con il teatro dialettale veneziano e da Alfieri, con il teatro tragico). Anche il Manzoni penserà prima al teatro con “Il Conte di Carmagnola”.

A tutt’altri principi si ispirano i Romantici: naturalezza, spontaneità, essere contemporanei. La loro tendenza è quella di ravvivare la lingua scritta accostandola a quella parlata. Poiché una lingua parlata diffusa largamente non c’era, ciò volle dire:

  • Per i TOSCANI attingere al loro parlato.
  • Per tutti gli altri attingere al loro parlare regionale oppure rifarsi anch’essi al toscano.

Mentre i più procedevano a tentoni, il Manzoni scelse in questa confusione, il fiorentino vivo delle classi colte.

La lotta fra Classicisti e Puristi contro i Romantici durò a lungo e segnò tutta quanta la prosa con ambedue le influenze.

 

IL LINGUAGGIO DELLA POESIA

I classicisti e i puristi, nella poesia, facevano valere una tradizione di quasi 5 secoli, utilizzando un lessico ricco di vocaboli arcaici e latinizzanti. I romantici, invece, con il loro parlar moderno, urtarono contro gravissime difficoltà in quanto l’utilizzo di voci tradizionali e voci moderne insieme stonava per la sua discordanza.

 

DISCUSSIONI SULLA LINGUA

Tre episodi principali:

  • Il movimento puristico di Cesari.
  • La polemica “montiana”.
  • La teoria “manzoniana”.

 

Il Cesari era convinto che dal generale inquinamento della lingua era possibile salvarsi solo tornando alla lingua dei trecentisti. Diceva che chi studiava a fondo la lingua del ‘300 aveva modo di dire tutto ciò che voleva. Egli prese il più grande vocabolario italiano elaborato dall’Accademia della Crusca di Firenze (pubblicato per la prima volta nel 1690 e ripubblicato negli anni successivi ogni qualvolta si introducevano termini nuovi), allo scopo di separare nella lingua la parte migliore. Lo aumenta di circa 30.000 voci derivate dai classici e viene pubblicato tra il 1806 e il 1811 in 7 volumi. Questi termini aggiunti in pratica non hanno alcuna utilità in quanto non sono altro che semplici doppioni.

 

Più vasto respiro portava Vincenzo Monti (considerato la maggiore autorità poetica vivente). Di particolare importanza il suo libro “Proposta di alcune aggiunte e correzioni al Vocabolario della Crusca”. Le critiche verso la Crusca si basavano principalmente sul fatto che aveva ingiustamente trascurato il linguaggio scientifico. Il Monti propose inoltre di estrarre dal vocabolario tutti i termini arcaici e farne un glossario a sé. La “proposta” ebbe larghissima eco e per lo più suscitò consensi, ma rimase bloccata causa la morte del Monti.

Di importanza capitale per l’annosa questione della lingua fu l’intervento di Alessandro Manzoni (1785-1873), rappresentante del Romanticismo. Ideale è per il Manzoni, una letteratura popolare con interessi sociali. Di fatti, la grande innovazione fu quella di trasformare il problema della lingua, da problema per letterati a questione sociale. Il genere che meglio si presta a raggiungere questi scopi è il ROMANZO ed in particolare, il romanzo storico.

Secondo il Manzoni l’ignoranza quasi generale aveva posto una tale distanza tra la lingua scritta e quella parlata tale da togliere la possibilità di erudire la moltitudine. Nelle sue ricerche, però, s’accorse che c’era una concordanza molto forte fra i modi fiorentini colti e i vari dialetti italiani, in particolare con il milanese.


Il Manzoni comincia nel 1821 a lavorare sul genere del romanzo, cercando appunto di mantenere la lingua scritta il più possibile vicino al parlato. Tra il 1821 e il 1823 avvia la prima stesura di “Fermo e Lucia”, romanzo molto vicino al genere gotico. Nel 1827 fece un viaggio a Firenze e per lui fu una vera rivelazione: prima pubblicazione dei Promessi Sposi. Egli mirò innanzitutto a eliminare quelle espressioni della tradizione letteraria che non avevano riscontro nel fiorentino colto. L’edizione definitiva dei Promessi Sposi avvenne poi tra il 1840 e il 1842. Non sempre il Manzoni riuscì ad adeguarsi all’uso fiorentino in modo perfetto ma il romanzo raggiunse ugualmente lo scopo di accostare lo scritto al parlato.

Solo nel 1846 il Manzoni si decise ad esporre ufficialmente il suo parere sulla lingua e afferma in pubblico che la lingua italiana è in Firenze come il latino era in Roma.

 

RAPPORTI CON ALTRE LINGUE

L’influenza del francese sull’italiano, già potentissima nel ‘700, diventa nel primo decennio dell’’800 strabocchevole a causa di Napoleone e agli effetti dell’occupazione militare, tanto che nel 1809 l’uso dell’italiano e del francese erano equiparati. Infinitamente più scarsa la conoscenza del tedesco nonostante la presenza del dominio austriaco. La conoscenza del latino e del greco continuava a essere larghissima tra le persone colte.

 

CONSISTENZA DEL LESSICO E NEOLOGISMI

Alcune voci francesi entrarono brevemente nell’uso e poi sparirono, mentre altre, come il nome delle misure, restarono in modo consolidato. L’influenza fu comunque forte sia nella terminologia comune che in quella burocratica e nelle istituzioni pubbliche anche se la restaurazione ristabilì, in parte, le antiche terminologie:

  • Nome del tricolore (nel 1848 fu riconosciuto come simbolo dell’Italia)
  • -Vocaboli riferiti alla vita politica: il nome “Risorgimento” nato nel ‘700, prende senso politico nel ’48-’49.
  • -Nomi di partiti e tendenze si rifanno soprattutto al francese e all’inglese.
  • Il Romanticismo sommuove il vocabolario a descrivere tutto ciò che è sentimentale, l’amore per il fantastico, per l’esotico, per il medievale. Larghissimo è l’uso di vocaboli burocrati e di forestierismi. Nuovi vocaboli dagli zoologi, botanici, geologi, e dalle nuove scienze.
  • Per la prima volta nasce il termine “liberale” e si comincia a parlare di “destra” e “sinistra” come partizioni politiche.
  • Dal latino ritorna la parola “plebiscito” (voto del popolo), usata per la prima volta da Cavour nel 1852.
  • “Bocciare”, viene usata per respingere una legge.
  • Grazie allo sviluppo economico, nascono termini come “inflazione”, “Banconota”, “boicottare” (dal capitano James Boicott).
  • Nascono anche nuovi termini legati alle organizzazioni statali: “brefotrofio” (asilo che dà ospitalità ai bambini abbandonati; si trasformerà in seguito in “orfanotrofio”) e “manicomio”.
  • In ambito medico-scientifico, arrivano vocaboli quali “paraffina”, “morfina”, “Profilassi” (provvedimenti per preservarsi dalle malattie infettive). Nel 1828 nasce il termine “omeopatia”.
  • Per tutto l’’800 si parlerà di “strada ferrata” al posto di “ferrovia”.
  • “Treno” dal francese “train” che deriva dal verbo “traine”, cioè trascinare. Inizialmente indica una sequenza di oggetti; è solo con l’invenzione della macchina a vapore di J. Watt, che il termine assumerà il significato di “insieme di carrozze”.

VOCI POPOLARI MODERNE

La lingua letteraria è incline ad accogliere soprattutto dopo il diffondersi del Romanticismo, voci attinte dalla lingua parlata. Voci dei dialetti e delle lingue regionali emergono largamente nell’uso pratico. Affiorano nell’uso amministrativo voci lombarde. Il Foscolo nelle lettere ai familiari scrive in veneto. Bisogna però distinguere nelle opere letterarie i dialettismi sfuggiti da quelli voluti.

 

VOCI LETTERARIE ED ARCAICHE

Nella poesia si ricorse sempre alle tradizione e perciò ai latinismi.  Anche nella prosa si hanno potenti filoni di arcaismo. E’ notevole l’uso che fa delle parole antiche il Leopardi anche nel linguaggio di giornalisti appaiono vocaboli arcaici.

 

LATINISMI

Abbonda la poesia dei classicisti, ma anche nei poeti romantici non mancano. Nel Gioberti latinismi e grecismi pullulano; vera inondazione nel diritto, nella politica, nell’amministrazione.

 

FRANCESISMI

Nella lingua meno elevata essi abbondano per le cose militari, per la terminologia della casa, per la cucina, per il giardinaggio, per l’abbigliamento, per il teatro, per le arti, per l’ambito astratto. Trasmissione attraverso il francese di vocaboli stranieri, specie inglesi e orientali.

 

ALTRI FORESTIERISMI

Numerosi anglicismi e anglolatinismi, meno germanismi.

 

ITALIANISMI IN ALTRE LINGUE

Influenza italiana scarsa. Italianismi in Francia per la musica.

 

 IL SECONDO OTTOCENTO: MEZZO SECOLO DI UNITÁ

 

LIMITI

1861-1915

Il 1861 è la data della proclamazione del Regno d’Italia.

La I guerra mondiale segna in Italia la fine del Risorgimento.

 

EVENTI POLITICI

Il primo decennio del Regno è caratterizzato da una forte aspirazione a ricongiungere Venezia e Roma al nuovo Stato. Infatti verranno annesse rispettivamente nel 1866 e 1870. Dal 1865 Firenze diventa capitale per cinque anni, tappa breve ma importante soprattutto per la questione della lingua. Questa data segna tra l’altro il 6° CENTENARIO della nascita di Dante, primo teorico dell’unità politica e linguistica.

Nel 1870 la capitale sarà una volta e per tutte Roma e ciò chiuderà il ciclo del potere temporale del Papa (ricordiamo che nei primi anni di unità dal 1861 al 1865 la capitale era TORINO). Il governo è tenuto fino al 1876 dalla destra, poi passa alla sinistra anche se, in alcuni casi, si tratta più di un cambiamento di uomini più che un cambiamento di programmi. Depretis inaugura una politica che fu detta del Trasformismo: prassi di governo fondata sulla ricerca di una maggioranza mediante accordi con gruppi politici eterogenei e talvolta, con singoli esponenti di un partiti avverso, allo scopo di impedire il formarsi di una vera e propria opposizione. . Allargamenti del suffragio grazie a Giolitti portano a una partecipazione più ampia da parte delle classi meno abbienti alla vita pubblica.

Nasce l’Irredentismo (esaltazione e difesa dei valori nazionali in reazione alla presenza straniera), mentre più tardi, nascerà con scopi espansivi il Nazionalismo (ideologia ispirata all’esaltazione del concetto di nazione, che si risolve nell’autoritaria affermazione di valori che vanno al di là delle normali esigenze politiche o sociali). L’Italia persegue anche imprese coloniali in Libia e Abissinia.

L’EMIGRAZIONE è un fenomeno importante soprattutto negli anni di maggiore difficoltà economiche. E’ rivolta verso stati come Usa, Argentina, Germania e Belgio; a volte è temporanea, mentre altre volte, definitiva.

 

VITA SOCIALE E CULTURALE

L’unità politica porta ad un intensa circolazione di idee, di cose, di parole. Dal 1870 Roma assume un importanza sempre maggiore nella vita nazionale ma le altre grandi città, in particolare Milano, continuano ad influire sulle regioni ad esse legate.

  • Le ferrovie e le strade si moltiplicano,
  • Si sviluppano sempre più le industrie al nord.
  • Entrano in vigore leggi uniformi: Codice Civile (1865), Codice Penale (1889).
  • L’apparato amministrativo si accentra sempre più nella capitale.
  • Nell’organizzazione militare il reclutamento è su base nazionale.

La distanza fra classi sociali è ancora forte, ma lentamente le classi contadine ed operaie prendono coscienza della loro condizione anche se si servono ancora dei dialetti e sono ancora scarsamente pratiche delle lingua nazionale.

Notevoli ma non ancora sufficienti sono i progressi dell’istruzione elementare divenuta obbligatoria dai 6 ai 9 anni (Legge Coppino, 1877).

La cultura tradizionale verso il 1870 è tutta sconvolta. Si affaccia prepotente il Positivismo: corrente di pensiero che utilizza il metodo scientifico per analizzare ogni fenomeno, compresi quelli sociali culturali e spirituali. Le scienze fisiche e naturali reclamano e acquistano così un posto sempre maggiore nella vita e nella cultura. Le generazioni del primo Novecento reagiranno con una nuova ondata di spiritualismo e idealismo.

La stampa quotidiana e periodica assume sempre più importanza e si affermano le prime testate quotidiane (Corriere della Sera)

Anche l’opera lirica ottiene larghi consensi di popolo soprattutto con le opere di Giuseppe Verdi.

 

PRINCIPALI TENDENZE DEL MUTAMENTO LINGUISTICO

La nuova partecipazione alla vita sociale di ceti sempre più ampi fa si che l’uso della lingua scritta e parlata estenda man mano il suo ambito.

 

LA LINGUA PARLATA

Nella Toscana e zone limitrofe la lingua parlata e quella scritta presentano differenze molto piccole. Per il nord e per il sud i dialetti sono ancora ben vivi, ma un numero sempre maggiore di persone si allena a parlare l’italiano.

Questo estendersi dell’uso parlato della lingua italiana è maggiore nelle grandi città e, specialmente a Roma, dove convergono persone da ogni città. Le nuove generazioni, quindi, crescono assorbendo un italiano di colorito romanesco.


IL LINGUAGGIO DELLA PROSA

Carducci dispregia la prosa borghese, mentre Pancrazi ne è a favore poiché si è formato sulla tradizione Manzoniana, sugli stampi regionali e sul naturalismo francese. La prosa della vita media era molto più vicina alla lingua parlata. Il Carducci crea una nuova prosa “alta” con i classici latini e italiani e con spunti di toscanità. Quanto all’influenza Manzoniana molte sono le contestazioni sulla sua teoria e numerosi gli attacchi contro chi l’applicava.

Dopo la parentesi degli Scapigliati (che cantano l’orrido, il macabro, il diabolico), domina dal 1880 al 1900 il verismo. Esso nasce come corrispettivo italiano del naturalismo francese e significa “attenzione alla realtà”. Il “vero” è quello delle situazioni sociali colte negli aspetti più  nudi e crudi, degradanti e materiali. Da uno stretto punto di vista della poetica, il verismo sostiene la necessità di una riproduzione obiettiva e integrale della realtà, secondo quel canone di impersonalità e oggettività che è in letteratura l’applicazione del principio scientifico della “non interferenza” dell’autore sugli oggetti osservati. Massimo esponente di questa corrente letteraria è il siciliano Giovanni Verga (opera principale “I malavoglia”), che fa rivivere nei propri romanzi gli ambienti popolari delle città e delle campagne. Certo è che il suo stile pareva al tempo troppo audace, per cui ebbe scarsa influenza.

Sulla piattezza della prosa si leva poi D’Annunzio (decadentista), con il suo ricorso a voci arcaiche, dialettali per confermarsi “l’artefice della parola”. Questa influenza si riscontra maggiormente nel giornalismo.

 

LINGUAGGIO DELLA POESIA

La fine del 19esimo secolo porta ancor più avanti quella progressiva riduzione della lingua aulica tradizionale (operazione iniziata col Romanticismo).

Il Realismo tende ad introdurre nei versi argomenti quotidiani, domestici e a servirsi di voci dell’uso comune. Nascono perciò irreparabili dissonanze STILISTICHE tra il lessico andante e quello che rimane del lessico aulico.

Molto lessico tradizionale è nel Carducci giovane, poi egli si rinnova con l’arricchimento di latinismi non comuni all’uso poetico dei secoli precedenti (ovvero latinismi che non richiamano la tradizione antica).

Per Pascoli la tradizione aulica è finita, egli preferisce termini vaghi, indeterminati, che conducano il lettore verso mondi ignoti (trae spunto dai decadentisti).

Anche per i Crepuscolari, anticarducciani, antidannunziani, il lessico poetico tradizionale è morto e solo il Gozzano, qualche volta, se ne avvale per descrivere il suo vecchio, piccolo mondo.

Il verso e la prosa perciò si sono riaccostati moltissimo.

Anche il linguaggio del teatro in versi non si scosta molto dalla prosa. Il melodramma però conserva il gusto linguistico tra romantico e classico.

 

DISCUSSIONI SULLA LINGUA

I primi decenni del nuovo regno sono pieni di dispute vivissime sulla questione della lingua ma la principale manifestazione della tesi del Manzoni si ebbe negli anni di Firenze capitale.

Il milanese Emilio Broglio, nominato Ministro della Pubblica Istruzione e grande ammiratore di Manzoni, pensò di dare una spinta decisiva per la compilazione del vagheggiato “Vocabolario”: si decise di formare una commissione destinata a ricercare e proporre tutti i provvedimenti e i modi per scegliere la buona lingua e la buona pronuncia. Manzoni era il PRESIDENTE della commissione che venne divisa in due sezioni: una milanese e una fiorentina. Nasce quindi nel 1870 (ad opera di Broglio e Gianbattista Giorgini), il primo dizionario col nome di “Nuovo vocabolario della lingua italiana secondo l’uso di Firenze”.

Quando si cominciò a pubblicare l’opera, Graziano Ascoli, colse l’occasione per pronunciarsi intorno alla teoria manzoniana, criticando l’uso del fiorentino vivo: ”L’Italia ha una enorme varietà di centri linguistici quindi perché limitarsi a scegliere un centro e imporlo quando si può usare questa ricchezza”. Manzoni capisce che queste obiezioni potrebbero intaccare il suo sistema, quindi attacca Ascoli dicendo che la sua proposta riguarda una lingua “astratta”.

È sempre in questo periodo che vengono pubblicati due romanzi che segnano un punto enorme a favore della teoria manzoniana: “Cuore” di De Amicis e “Pinocchio” di Collodi; soprattutto De Amicis mantiene la linea di Manzoni eliminando da questo modello alcuni eccessi (scrive ad esempio “cuore” anziché “core”).

Tra il 1877 e il 1891 viene pubblicato un nuovo dizionario, il “Petracchi”, che mantiene il modello fiorentino ma con aggiunta di altri termini.

Né la proposta di Manzoni né quella di Ascoli, saranno comunque risolutive per la questione della lingua.

Benedetto Croce (liberale conservatore) scrisse in un suo saggio che “L’unità linguistica deve andar di pari passo con l’unità politica”, appoggiando così la volontà manzoniana.

 

RAPPORTI CON LE ALTRE LINGUE

Benché la posizione del francese come lingua internazionale sia un po’ diminuita la sua influenza è ancora presente in Italia.

  • E’ la 1° lingua straniera che si impara nelle scuole.
  • Più ristretta la conoscenza dell’inglese e del tedesco.
  • L’inglese è conosciuto per lo più da ufficiali di marina e aristocratici.
  • Il tedesco da professori di filosofia, storia, economia, medicina e dagli operai che vanno in Svizzera o Austria.
  • L’italiano all’estero è sempre meno conosciuto anche se scuole italiane si hanno in Tunisia, Turchia, Egitto; in quest’ultimi luogo vi sono parecchie maestranze italiane che partecipano al progetto del canale di Suez.
  • A Malta dal 1880 al 1902 si dispone il divieto sull’uso dell’italiano.
  • La grande emigrazione verso l’America porta alla formazione di parlate ibride (inglese + dialetto).

 

OSCILLAZIONI NELL’USO

La scarsa compattezza dell’italiano si manifesta ancora in moltissime forme per esempio si hanno alternanze per alcuni termini tra consonanti singole o doppie (“Africa” o “Africa”).

 

CONSISTENZA DEL LESSICO E NEOLOGISMI

L’ampliamento e la scoperta di nuovi campi scientifici, porta alla diffusione di altrettanti nuovi vocaboli. Alla concezione positivistica ed evolutistica si rifà ad esempio il termine “darwinismo”. La diffusione di questi termini è legata principalmente ai diversi convegni scientifici.

L’Inghilterra soppianta la Francia: INTERNAZIONALISMO del LESSICO.

Molte voci nascono dalla politica:si comincia a parlare di “questione meridionale”, “autogoverno”, “camera del lavoro”.

Le lotte sociali fanno nascere nuove espressioni:

  • “Sciopero”, usato per la prima volta da Giovanni Bosco.
  • “Sciopero bianco”, essere cioè presenti sul posto di lavoro senza lavorare. Seguire quindi in modo puntiglioso il regolamento rallentandone però la produzione.

Si formano molti sostantivi al femminile visto l’inizio della loro emancipazione.

Si afferma definitivamente il giornalismo, con conseguente nascita di nuove espressioni:

  • “Trafiletto” (articolo breve situato tra filetti, cioè incorniciato; è detto così perché riguarda una notizia inserita all’ultimo momento).
  • “Elzeviro”, articolo più lungo di una pagina disposto su due colonne; deriva dalla famiglia Elzevire che inventò caratteri molto piccoli ma leggibili.

Mutamenti di significato di varie specie si consolidano nel lessico (es. “fascio”).

Tra il 1860 e il  1865 si hanno nuove parole:

  • “Mafia” o “Maffia” (dal siciliano “baldanza” e cioè “sentirsi superiore”; dall’arabo “millanteria” ossia “inorgoglirsi per qualcosa”).
  • “Mafioso”: tipo stravagante, bizzarro e geniale.
  • “Camorra” che deriva da “morra” (gruppo, gregge, banda), rafforzato dal termine “ca”. In napoletano significa “imbroglio”. La camorra (malavita napoletana), si affermò nell’’800 sotto il dominio spagnolo.
  • “Cafone”, il cui significato originario era “contadino” (tipico termine utilizzato in tutti i dialetti meridionali a partire dall’Abruzzo). Il significato espressivo è invece “rozzo, maleducato”.

 

VOCI POPOLARI MODERNE

Grazie all’influenza dell’unione politica, la penetrazione nella lingua scritta e parlata di voci regionali, voci toscane e voci dialettali, è ancora più forte. Dopo il 1870 molte voci dell’uso romano si diffondono, dal Piemonte arrivano alcune parole della vita militare, dalla Lombardia termini gastronomici, dal Veneto nomi di barche, da Napoli specialità gastronomiche.

 

FRANCESISMI

Si seguita ad adottarne altri: qualcuno si riferisce all’amministrazione, certi alla vita mondana e alla moda. Sono pieni di vocaboli francesi, l’arte culinaria, dolciaria, gli sport, vari rami della tecnica.

 

ALTRI FORESTIERISMI

Dopo i francesismi abbiamo numerosi anglicismi per termini di politica, di economia, di moda, voci  riferite alle città, ai mezzi di comunicazione, alla casa, ai cibi e bevande, termini di marina, di giochi, di sport. Spesso l’inglese fa da tramite di altre lingue, specie quelle esotiche. Un certo numero di germanismi per la filosofia, per l’alpinismo e turismo. Minore l’influenza di altre lingue: qualche nome anche dall’Asia e dall’Oceania.

 

VOCI ITALIANE IN LINGUE STRANIERE

Non sono numerose e si presentano in modo isolato.


IL NOVECENTO

LIMITI

1915 (scoppio della I Guerra Mondiale) – 1970.

Altre date importanti: 1939-1945 II Guerra Mondiale.

 

EVENTI POLITICI, VITA SOCIALE E CULTURALE

La I Guerra Mondiale (1915 – 1918) conclusasi vittoriosamente per l’Italia, avvia l’Europa a cambiamenti politici, sociali, economici e culturali.

In Italia la forte spinta delle masse popolari viene ad essere violentemente frenata dal fascismo, alimentato dalla delusione per la “vittoria mutilata”.

La struttura democratica italiana, più fragile che nelle altre democrazie occidentali, viene infranta e, dopo l’assassinio di Matteotti, rapidamente sostituita con uno Stato totalitario. Al tempo della marcia su Roma (1922 data che segna l’inizio del fascismo), i fascisti deputati erano ancora la minoranza; decisive le elezioni del 1929 che furono fatte a lista unica: vennero così eletti solo deputati fascisti. Il Duce assumeva potere assoluto e dittatoriale.

Da un punto di vista culturale nel fascismo rifluiva una serie di movimenti contro il positivismo.

L’esaltazione nazionalistica spingeva il fascismo a risolvere gravi problemi interni (differenza tra nord e sud, differenza di cibo) con provvedimenti di politica esterna mirati per un verso alle conquiste territoriali, per l’altro, ad estendere il fascismo ad altri paesi (nazionalismo e colonialismo).

La poca simpatia del fascismo per le grandi democrazie doveva sfociare naturalmente nell’Asse Roma–Berlino (in cui era previsto che l’Italia facesse fronte compatto con il regime nazista) e successivamente nel Patto Anticomintern Roma–Berlino–Tokio (in opposizione all’Internazionale Comunista) e “finalmente” nell’intervento dell’Italia nella II° Guerra Mondiale (10 Giugno 1940).

Già nelle prime battaglie, tutti i nodi vennero al pettine: si vide lo scarso entusiasmo del popolo italiano e la paurosa superficialità nella preparazione di una così terribile impresa.

Alla data dell’armistizio (8 Settembre 1943), sembrava che tutto ciò che era stato fatto con il Risorgimento fosse andato perduto. Ma ben presto si delineò un movimento di riscossa popolare (Resistenza), che spiega insieme ad altri fattori, l’opera di ricostruzione postbellica rapida e la vasta espansione economica.

Ricordiamo alcuni accaduti del periodo FASCISTA:

  • I limiti sono 1922 – 08 Settembre 1943 (armistizio)
  • 1923 riforma scolastica promossa da Gentile rimasta in vigore sino alla riforma Berlinguer.
  • 1924 la RADIO arriva in Italia: “EIAR”, Ente Italiano Audizioni Radiofoniche.
  • 1925 delitto Matteotti e conseguente regime fascista.
  • 1927 normativa di legge: solo lo Stato può trasmettere notizie radiofoniche.
  • 1932 importanti campagne stampa e pubblicitarie contro i forestierismi. Il fascismo non accetta questi termini in quanto non seguono il principio di AUTARCHIA (il termine “autarchia” rimanda al significato di “potere” e precisamente, “potere esercitato da sé stessi all’interno dello Stato”).
  • 1935 nasce il cinema parlato.
  • 1938 leggi razziali.
  • 1943 guerra di liberazione e caduta del fascismo.

Una data molto importante è quella del 1947: nasce la COSTITUZIONE ITALIANA.

Dal 1950 al 1960 decisiva è la grande emigrazione di più di 10.000.000 di italiani dalle campagne alle città. Perciò si ha un rapido avviamento a una diversa organizzazione culturale e una letteratura fortemente impegnata nel sociale.

Il cinema divenne una delle più notevoli espressioni del neorealismo: corrente sviluppatasi nel secondo dopoguerra che si rifà ai principi veristi. Collegare la letteratura con la vita, abbandonare i principi di evasione per dedicarsi ai drammi umani in modo oggettivo, valorizzando le particolarità regionalistiche (in ciò si ricollega maggiormente al verismo). In questo periodo gli scrittori tendono a descrivere in maniera preferenziale ambienti popolari contadini e campagnoli; facendo ciò, usano spesso termini dialettali. La parola “neorealismo” che significa “nuovo gusto per la realtà”, venne usata dapprima nella letteratura e poi per designare una serie di film girati subito dopo la Liberazione (i temi erano di sovente quelli della Resistenza), anch’essi dotati di un caratteristico orientamento verso la realtà popolare e dialettale.

Esplodono i rotocalchi, la stampa femminile, i fumetti, i gialli; tutti a contribuire alla diffusione della lingua comune.

Nel 1954 nasce, sul modello americano, la TV: si affiancherà al cinema parlato e alla radio. L’istruzione elementare si diffonde notevolmente (un disposto costituzionale stabilisce otto anni di scuola obbligatoria) e gli analfabeti sono ora meno del 10%. Nel ’63-’64 diventa gratuita la media inferiore e si riduce l’insegnamento del latino. Con la riforma del 1965 il latino è quasi completamente escluso dalla Messa.

 

LA LINGUA PARLATA

L’italiano parlato si diffonde largamente grazie a giornali, scuola, radio, tv, pubblicità e si riduce l’uso dei dialetti. Non solo aumentano coloro che parlano italiano, ma si italianizzano i dialetti.

Con la grande emigrazione l’unica possibilità di intendersi fra cittadini era la lingua nazionale, sia pur in versioni più o meno provinciali. I figli di emigrati non parlano il dialetto, al massimo lo capiscono e perciò, in pochi decenni, le grandi città diventano centri di diffusione della lingua nazionale (i matrimoni misti favoriscono questo processo). Ovviamente trattasi di un italiano con notevoli sfumature regionali (soprattutto tra gente del Nord e del Sud), in cui appaiono abitudini fonetiche, elementi grammaticali dialettali malamente adattati e per converso, un grossolano inserimento di termini burocratici e televisivi.

Nel ’63 e ’64 alla media inferiore si fanno esercizi di dizione, il che avrà come conseguenza quella di richiamare seriamente gli insegnanti al loro dovere di conoscere ed insegnare una corretta pronuncia italiana.

In conclusione possiamo dire che la cultura nazionale si è arricchita grazie alle culture locali e alla loro diversità, cosa del tutto particolare nel panorama europeo. La singolarità linguistica dell’Italia rappresenta tuttora un’eccezione in Europa.

 

IL LINGUAGGIO DELLA PROSA

La prosa letteraria è dominata nel ventennio fra le 2 guerre dalla prosa d’arte dei rondisti raffinatamente colta e astratta. Nello stesso periodo imperversa una prosa politica e giornalistica molto vacua e fragile. La prosa del romanzo segue la prosa borghese dell’ultimo ‘800.

Le opere dal 1930 in poi sono disadorne, scialbe, grigie. Si può affermare che il contrasto con la prosa d’arte si riduce al contrasto tra coloro che mirano alla forma e coloro che mirano al contenuto.

La prosa neorealistica dominerà nell’ultimo dopoguerra offrendo soluzioni di stile assai varie, ma sempre indirizzate al tipo popolare (es. sono Moravia, Pavese, Pratolini). I successi più grandi sono di prosatori che tendono a una lingua comune operando con spessore linguistico notevole: scrittori di ideali linguisticamente popolari, ma che evitano il gergo e il dialetto.

Si fa rilevante la terminologia scientifica, politica, amministrativa e finanziaria: i radio-telegiornali sono il tramite a rendere accessibili al popolo questi temi.

Anche la prosa scientifica si fa sempre più rilevante, grazie all’enorme prestigio raggiunto da molte discipline. Altrettanto massiccia è la diffusione del linguaggio politico, amministrativo e finanziario: sono i giornali-radio e i telegiornali il veicolo attraverso il quale questi linguaggi possono giungere a tutti i livelli della società.

Di seguito i tratti principali del linguaggio giornalistico:

  • CRONACA à fortemente impersonale a carattere enumerativo
  • TERZA PAGINA à sequenze letterarie
  • SPORT à linguaggio colorito
  • ARTICOLO DI FONDO à uso del linguaggio tecnico
  • CRONACHE POLITICHE à uso di sigle
  • ANNUNCI ECONOMICI à linguaggio breve e conciso

 

IL LINGUAGGIO DELLA POESIA

Già dall’unità (1861) alla I Guerra Mondiale, il verso e la prosa si sono avvicinati moltissimo. Ora si procede su questa linea tanto rapidamente che scrittori dal gusto linguistico aulico cessano quasi di scrivere in versi.

Importante l’inizio crepuscolare e ironico di Ungaretti: lingua di alta qualità, senza elementi popolari, senza arcaismi, senza “lingua poetica”.

Tutto ciò che si è scritto e composto nell’ultimo trentennio ha mirato sempre più nettamente a una lingua senza lirica.

Esiste comunque una differenza tra prosa e poesia anche in uno scrittore come Pavese: nella prosa vasto uso di regionalismi, nella poesia si usa un lessico più generale e rigorosamente italiano, nell’intenzione di un discorso universale.

Anche se questa sembra la tendenza principale della poesia, in questo mezzo secolo il panorama è tutt’altro che unitario. E’ ancora difficile individuare quale sarà il riflesso durevole nella nuova poesia italiana.

 

RAPPORTI CON ALTRE LINGUE

Fra le due guerre, la lingua più conosciuta è sempre il francese: teatro, romanzi, novelle, giornali così come la lingua della diplomazia.

Il tedesco è sentito solo a livello universitario per le discipline scientifiche e filologiche (diffusione nel periodo dal 1938 al 1943).

Nel 1918 vengono istituite cattedre universitarie di inglese. Decisivo fu l’esito della II Guerra Mondiale: armate angloamericane nel nostro territorio per circa due anni, rapporti economici, politici, militari strettissimi con gli USA, turismo angloamericano in ripresa. L’inglese predomina ormai largamente. Aumentano in modo modesto anche quelli che conoscono altre lingue come spagnolo, russo, arabo. Lo studio dell’italiano è notevole, in paesi legati all’Italia, come Svizzera, Ungheria, Jugoslavia, Germania e Francia. Ma anche in Spagna, Albania e Grecia.

Sul piano linguistico territoriale si ebbe come conseguenza del risultato della I Guerra Mondiale, un notevole rafforzamento della lingua italiana in tutto il Trentino, a Trieste, in Alto Adige e in altri centri dell’Istria. Dopo la II Guerra Mondiale rientrano in Italia connazionali dalla Libia e dall’Africa orientale e dall’Istria. In Somalia la lingua scritta più diffusa rimane l’italiano, a Malta la lotta contro la lingua italiana viene vinta.


CONSISTENZA DEL LESSICO

Il lessico si è fortemente dilatato in quest’ultimo mezzo secolo secondo linee simili a quelle seguite dalle lingue di cultura:

  • Il progresso scientifico e tecnico gigantesco.
  • L’organizzazione industriale e burocratica della vita che ne consegue.
  • La frequenza e la rapidità dei rapporti internazionali di ogni genere.
  • L’interesse sempre più vasto per i problemi sociali e politici.
  • La forte sensibilità della cultura letteraria, cinematografica e radiotelevisiva per l’apporto delle masse dialettali, semidialettali alla vita nazionale, costituiscono le fonti principali da cui proviene il nuovo lessico. Ma la rapidità dei mezzi di trasmissione delle parole, e dei nuovi termini determina però il rapido invecchiamento di settori del lessico più conservatori ( es. nel lessico politico, nella critica letteraria e artistica, nella storia, nella linguistica). Le novità politiche e militari determinano parole nuove e la esumazione di antiche con nuove attribuzioni.

 

Fra le due guerre si ha una lunga formazione di parole fasciste: tutto allora doveva assumere un aspetto bellicoso: “squadrista”, “squadrismo”, “arianizzare”, “razzistico”. Alcune parole colorite ebbero diffusione perché pronunciate da Mussolini nei suoi discorsi (“retrogradismo”, “pressappochismo”). Molte parole straniere vennero eliminate sotto il fascismo e sostituite con termini che avranno però vita breve (es. “sport”à “diporto”). Anche nel campo della toponomastica, molti nomi di paesi furono cambiati perché giudicati inadeguati (Castrogiovanni diventa Enna, Monteleone Calabro diventa Vibo Valentia).

 

FORESTIERISMI

L’influenza inglese e americana già vistasi nei ventenni tra le due guerre ha il sopravvento dopo la II Guerra Mondiale e procede fino a giorni nostri. Dal francese al solito abbiamo termini di moda, dal tedesco durante la II Guerra Mondiale tutti sanno cos’è un “Lager” o parole come “kaputt” o “raus”; dal russo giungono termini connessi alla rivoluzione (“soviet”, “bolscevismo”, “stalinismo”). A ottobre l’ispanismo “embargo” si diffonde durante le sanzioni economiche all’Italia (‘35-‘36). La lotta alle parole straniere ha esito soprattutto nella terminologia dello sport che, dopo il 1930, va italianizzandosi.

 

VOCI POPOLARI MODERNE

Continua l’afflusso di termini regionali alla lingua comune parlata e scritta. La lingua moderna non è più influenzata dalla letteratura bensì dalla cine – radio – tv, attività nazionali.

Il centro di tale attività è Roma e così si diffondono non solo romaneschismi, ma anche termini e forme di origine meridionale. Spesso queste parole sono espressioni gergali di basso livello, che esprimono gli ambienti di periferia, ma per questo hanno richiamato tanta attenzione neorealista e umoristica cinematografica.

Alcuni regionalismi si diffondono anche attraverso il commercio e l’industria.

Hanno enorme diffusione ma di solito vita breve, espressioni di successo legate a qualche evento celebre; per non dire di casi televisivi in relazione a scenette pubblicitarie specialmente.

Nella narrativa moderna e talora anche nella poesia la presenza di voci dialettali è vastissima per il gusto neorealistico di molti scrittori.


VOCI ITALIANE IN LINGUE STRANIERE

Non sono molte le parole italiane che entrano in lingua straniera, eccetto nelle ex colonie d’Africa. Si diffondono termini come “fascista” e “antifascista”, “pizza”, “espresso”, “vespa e lambretta” e grazie al film di Fellini, “La dolce vita”.

Enciclopedia = deriva dal greco e significa “totalità del sapere”.

 

Fonte: http://www.scicom.altervista.org/tecniche%20Espressive%20e%20Composizione%20di%20Testi%20in%20Italiano/Storia_lingua_italiana_700_900.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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