Rivoluzioni del 1848 in Italia riassunto

 


 

Rivoluzioni del 1848 in Italia riassunto

 

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Rivoluzioni del 1848 in Italia riassunto

 

Le rivoluzioni in Italia

Dal 1846 al 1848 ci fu il “biennio riformatore”, in cui i sovrani italiani dovettero introdurre delle innovazioni nella conduzione politica dei loro Stati.

Piemonte→ Carlo Alberto promosse un ammodernamento dei codici e dei sistemi amministrativi e concesse la libertà di stampa; in politica estera e nella politica religiosa però rimase conservatore.

Toscana→ fu parzialmente abolita la censura, venne creata la Guardia Civica e si cercò di allargare la partecipazione alla vita dello Stato. Si cercò di formare una lega doganale tra i governi di Torino, Firenze e Milano.

 

Da parte dei moderati però le richieste per una svolta più decisiva aumentarono. Dopo la costituzione concessa da Ferdinando II nel Regno delle due Sicilie, anche gli altri sovrani fecero altrettanto.

In Piemonte, il 4 marzo 1848, venne promulgato lo Statuto Albertino e venne eletto come Presidente del nuovo governo costituzionale il liberale Cesare Balbo.

 

QUESto però non bastava alle popolazioni dell’Italia centro-settentrionale.

Scoppiaro rivolte a Venezia, a Milano e nelle altre città del Lombardo-Veneto.

 

A Venezia gli insorti liberarono dal carcere Daniele Manin, il quale assunse la guida del movimento e cacciò gli Austriaci, formando un governo provvisorio.

 

A Milano Carlo Cattaneo si unì al Consiglio di guerra e, dopo 5 giorni (le “Cinque giornate di Milano”), l’esercito del maresciallo Radetzky si dovette ritirare dalla città. Fu creata una municipalità presieduta dal conte Gabrio Casati e composta da aristocratici di idee liberali-moderate; essi però non si unirono in governo con i democratici che avevano guidato l’insurrezione, ma preferirono costituirsi autonomamente in governo provvisorio, chiedendo l’intervento militare di Carlo Alberto.

Carlo Alberto pensò di dichiarare guerra agli Austriaci non per l’idea nazionale, ma per altri motivi: la pressione dell’opinione pubblica per un sostegno ai milanesi in rivolta; data la situazione dell’Impero austriaco, c’era possibilità di espandersi nella pianura Padana; appoggiava una guerra combattuta a fianco degli altri sovrani italiani e con la partecipazione del papa.

Egli però indugiò per ragioni di impreparazione militare e per trattati di amicizia stipulati con l’Austria.

Il 23 marzo però ci fu l’attesa dichiarazione di guerra; ormai però era troppo tardi ed inoltre le operazioni militari vennero condotte molto lentamente, tanto da consentire al comando austriaco di riordinare il suo esercito e di organizzarsi per la resistenza.

La guerra assunse subito un carattere federale e nazionale, contruppe regolari (dei sovrani) e reparti di volontari. Carlo Alberto però voleva prima la garanzia che la Lombardia, una volta liberata, avrebbe accettato la fusione con il Regno di Sardegna.

Carlo Alberto riuscì ad assicurarsi l’annessione della Lombardia, ma perse la guerra con Radetzky; il generale infatti riuscì a rifugiarsi nei territori del Quadrilatero, allo sbocco della valle dell’Adige, dalla quale attraverso il Brennero ricevette rinforzi.

Nonostante ciò l’esercito piemontese vinse a Pastrengo e a Goito e riuscì a prendere Peschiera.

In seguito si ritirò dalla guerra papa Pio IX, e il suo gesto segnò la fine del neoguelfismo; si ritirò anche Ferdinando di Napoli e così anche Leopoldo II.

Un contingente di universitari toscani venne sterminato a Curtatone e Montanara; l’esercito piemontese però sconfisse gli Austriaci a Goito e riuscì a conquistare Peschiera, una fortezza del Quadrilatero

L’esercito sardo venne sconfitto a Custoza e abbandonò Milano al ritorno degli Austriaci. Venne infine negoziato con gli austriaci un armistizio che ripristinava il vecchio confine tra Lombardia e Regno di Sardegna (Armistizio di Salasco).

Erano fallite le proposte del neoguelfismo e del federalismo monarchico.

Inoltre si era manifestato un altro problema: come ottenere un’adesione al moto nazionale da parte delle masse contadine, che si erano schierate con Radetzky.

La direzione del movimento nazionale passò dai moderati ai democratici:

 

A Venezia resisteva ancora la repubblica di Manin.

 

In Toscana si formò un nuovo governo diretto dal democratico Francesco Guerrazzi e da Giuseppe Montanelli. Nel 1849 il granduca Leopoldo si allontanò da Firenze.

 

Nello Stato pontificio si aprirono contrasti tra il papa e il movimento nazionale; il tutto culminò nell’uccisione del ministro degli interni ad opera di un reduce della guerra. Pio IX fuggì e si rifugiò a Gaeta. Nello Stato pontificio crebbe il peso della parte democratica, grazie anche ai patrioti tra cui Garibaldi e Mazzini. Nel febbraio del 1849 venne così proclamata la fine del potere temporale dei papi e l’instaurazione della Repubblica Romana, con un governo formato da Mazzini, Armellini e Saffi.

 

Nel Regno di Napoli ci furono tentativi da parte  dei democratici e dei moderati di mettersi a capo attraverso sollevazioni; esse però fallirono. Prese quindi vigore la restaurazione dell’assolutismo, con il ricorso a forme di dura repressione. Il malcontento si espresse soprattutto in Sicilia, la quale aveva precedentemente proclamato la sua indipendenza da Napoli e si era data una Costituzione.

 

In Piemonte si era formato un nuovo governo moderato, presieduto da Cesare Alfieri di Sostegno, che era però attaccato da Gioberti e dai democratici perchè restio a riprendere la guerra nazionale contro l’Austria; egli puntava su una mediazione anglo-francese. Quando fu chiaro che l’Austria non voleva cedere la Lombardia al Regno sardo, Carlo Alberto diede a Gioberti l’incarico di formare un nuovo governo, orientato verso l’indipendenza e l’unità italiana. Gioberti cercò una linea unitaria di azione con gli altri governi italiani, ma ciò era ormai superato. Perciò egli cerco di riportare al potere il granduca in Toscana, sperando di riunire contro l’Austria il granduca, Pio IX e Ferdinando II. Però si spaccò l’alleanza con il Piemonte e Gioberti dovette dimettersi.

Carlo Alberto decise quindi da solo di riprendere le ostilità contro l’Austria. Il 20 marzo fu proclamato l’armistizio, e 3 giorni dopo, a Novara, l’esercito piemontese venne sconfitto. Carlo Alberto abidica a favore del figlio Vittorio Emanuele II, il quale avviò accordi di pace con il generale Radetzky. Ci furono numerose dimostrazioni popolari a favore della prosecuzione della guerra; a Genova si verificò una vera e propria insurrezione contro il governo e contro il re, sedata dall’esercito sardo. A Brescia ci fu un’insurrezione contro gli Austriaci, che riuscirono però a riconquistare la città.

 

Il tracollo sabaudo incoraggiò le forze reazionarie.

In Sicilia ritornò Ferdinando II, mentre in Toscana i democratici furono vinti dai moderati che permisero il ritorno del granduca  Leopoldo al seguito dell’esercito austriaco.

 

Roma aveva appoggiato la ripresa della guerra da parte di Carlo Alberto, ma dopo la sconfitta di Novara venne istituito un triumvirato, composto da Mazzini, Saffi e Armellini, con il compito di proseguire la guerra di indipendenza e di salvare la repubblica.

Pio IX decise di rivolgersi alla Francia per riconquistare Roma; la Francia voleva infatti controbilanciare la presenza austriaca in Italia e conservare l’appoggio degli ambienti cattolici. Il 30 aprile, nel primo scontro coi difensori della repubblica,comandati da Pisacane e Garibaldi, l’esercito francese fu sconfitto. A giugno i francesi lanciarono un attacco a sorpresa a Roma, la quale dovette arrendersi il 3 luglio→ fine della repubblica romana.

 

Venezia resisteva ancora, ma ben presto anche la sua repubblica dovette arrendersi.

 

L’unificazione d’Italia

 

Le relazioni internazionali

Elementi di novità:

 

Ascesa al potere in Francia di Luigi Bonaparte, eletto il 10 dicembre 1848 e divenuto imperatore dei Francesi col nome di Napoleone III; intesificò l’espansione coloniale della Francia (in Africa settentrionale, in Estremo Oriente, in Africa centrale) cercando l’egemonia continentale. Era di idee conservatrici.

Cercò di modificare l’assetto europeo sancito dal Congresso di Vienna.

Napoleone III è considerato tra gli artefici della nuova Europa che si formò tra il 1860 e il 1870.

 

Fine della solidarietà tra Russia e Austria in relazione alla questione d’Oriente:

negli anni ’50 scoppiò la Guerra di Crimea, che oppose tra loro le grandi potenze europee e aprì un’insanabile frattura tra Austria e Russia.

Nel 1852 lo czar Nicola I di Russia accentuò la politica anti-ottomana per vari motivi: espandersi verso il Mar Nero e gli Stretti, proporsi come protettrice dei cristiani ortodossi e cercare l’egemonia sulle popolazioni slave della penisola balcanica.

L’Inghilterra però non appoggiava i disegni russi per ragioni economiche → l’Impero ottomano infatti era un buon partner commerciale, mentre la Russia stava adottando una politica protezionistica che ostacolava la penetrazione dei prodotti inglesi; e per ragioni politiche→ gli Inglesi volevano che la Russia restasse fuori dal Mediterraneo per salvaguardare il loro controllo sulle rotte verso l’Egitto e l’Oriente.

La Francia aveva invece solo l’interesse di stabilire rapporti amichevoli con l’Inghilterra e quindi la guerra contro la Russia appariva a Napoleone III come un’occasione per rinsaldare i rapporti con la Gran Bretagna e ottenere la leadership politica e militare sul continente.

Nel 1853 scoppiarono le ostilità tra Russia e Turchia; Francia e Inghilterra posero l’assedio a Sebastopoli, in modo da togliere alla Russia la possibilità di minacciare la Turchia, ma incontrarono difficoltà e perciò cercarono un’alleanza con la Prussia o con l’Austria. PER ottenere l’aiuto dell’Austria contro la Russia firmarono un trattato con il Regno di Sardegna,il quale, in cambio di una riconsiderazione dei problemi italiani, inviarono truppe in Crimea (Guerra di Crimea) Nel 1855 Sebastopoli cadde e Francesco Giuseppe lanciò un ultimatum contro la Russia. L’attuale czar era ora Alessandro II.

La Russia capitolò; nel 1856 ci fu il Congresso di Parigi→  l’Impero ottomano fu posto sotto la garanzia collettiva delle potenze europee, la Russia fu costretta a a rinunciare ad ogniu mira sugli Stretti, Turchi mantennero i loro territori a patto di garantire a cristiani e musulmani gli stessi diritti e si delineò la Romania indipendente. Al Congresso partecipò anche il Piemonte con Camillo Cavour; la questione italiana fu portata all’attenzione delle potenze divenendo una questione di rilievo internazionale, anche se i rappresentanti austriaci cercarono di opporsi.

Le conseguenze della Guerra di Crimea→ isolamento diplomatico dell’Austria e ridimensionamento della potenza della Russia.

 

La reazione in Italia e il Piemonte costituzionale

La Restaurazione attuata da Francesco Giuseppe cercò di creare una compagine statale assolutistica e centralizzata; sospese quindi ogni istituzione rappresentativa, accentò il controllo poliziesco e si riavvicinò alla Chiesa.

 

Lombardo-Veneto: fu affidato ad un governo generale capitanato da Radetzky con un forte regime militare. La repressione dei moti del 1848-1849 fu molto dura. Venne adottata una politica finanziaria di tipo punitivo, con un notevole aggravio fiscale. Il progresso non venne promosso.

 

Stato pontificio: Pio IX ripristina le vecchie forme di governo; la legislazione rimase arretrata, la pubblica amministrazione inefficiente e corrotta. Il diffuso malcontento per queste condizioni si espresse nel brigantaggio.

 

Regno delle Due Sicilie: Ferdinando II adottò una politica di spietata reazione. Venne cancellata ogni traccia di liberalismo e venne instaurato un regime di terrore contro i patrioti. La spesa pubblica  era molto contenuta e quindi non veniva svolta alcuna attività di promozione.

L’opposizione politica ai Borboni fu forte: da una parte vi era l’orientamento democratico e rivoluzionario di Carlo Pisacane, dall’altra l’orientamento moderato, il murattismo, che voleva portare sul trono Napoleone Luciano Carlo Murat.

 

Toscana: la reazione fu abbastanza mite. La politica di Leopoldo II abbandonò la strada del cauto riformismo e della buona amministrazione; stipulò un concordato con la Chiesa, aumentò la vigilanza poliziesca, emarginò i liberali dal governo, abolì lo Statuto, istituì la censura sulla stampa, aumentò il carico fiscale.

 

Regno di Sardegna: qui invece il movimento liberale riuscì, dopo molte difficoltà, a far mantenere lo Statuto e condusse alla modernizzazione politica e civile. I democratici volevano riaprire le ostilità contro gli Austriaci, mentre a ciò si opponevano i moderati e il re. Il 20 novembre 1849 nacque il proclama di Moncalieri: d’intesa con il capo del governo d’Azeglio il re sciolse le Camere e indisse nuove elezioni; i democratici vennero sconfitti.

I democratici però continuavano a premere per una decisa politica antiaustriaca e promuovevano agitazioni governative, mentre il partito reazionario voleva l’abrogazione del costituzionalismo e il ripristino dell’ancien regime. Il governo di d’Azeglio nel 1850 presentò un pacchetto di leggi, le leggi Siccardi→ colpivano alcune prerogative ecclesiastiche: abolizione del diritto d’asilo dei luoghi sacri, abolizione della censura religiosa preventiva sulle pubblicazioni,l soppressione del tribunale della Chiesa. La protesta dei clericali e dei conservatori fu durissima ma inutile. Le leggi erano anche appoggiate da Cavour, che fece anche un discorso conclusivo alla Camera.

Cavour entra poi nel governo d’Azeglio, anche se per lui l’equilibrio politico raggiunto dal Piemonte non era un traguardo, ma un punto di partenza per ulteriori svolte in senso liberale.

 

Il fronte democratico

In prima fila su questo fronte vi era ancora Giuseppe Mazzini.

Egli costituì con Saffi un Comitato nazionale italiano che ripropose il programma mazziniano: l’unità d’Italia come obiettivo e l’insurrezione popolare come metodo.

Nel 1853 creò il Partito d’Azione, composto da combattenti disposti a prendere le armi.

Mazzini si occupò della sempre più importante questione sociale; infatti accentuò il suo interesse verso gli strati popolari ed i problemi dei lavoratori. Intensificò anche la polemica contro i socialisti, perchè non bisognava legare l’unità d’Italia ad un rivolgimento delle condizioni sociali.

Alcuni democratici criticarono il programma di Mazzini, tra cui Giuseppe Ferrari, il quale riteneva che la priorità data da Mazzini agli obiettivi dell’indipendenza e dell’unità non riusciva a mobilitare veramente le popolazioni; per Ferrari era invece prioritario un cambiamento rivoluzionario nei diversi Stati, che si sarebbero trasformati in repubbliche socialiste confederate. Anche la guerra all’Austria era un falso obiettivo. Infine, a differenza di Mazzini, Ferrari riteneva che la rivoluzione in Italia potesse avvenire solo all’interno di una rivoluzione europea, il cui segnale doveva venire dalla Francia.

Le idee di Ferrari vennero condivise da Carlo Pisacane, secondo il quale la futura rivoluzione italiana doveva avere un carattere socialista; per il suo successo bisognava infatti far leva sullo spirito di ribellione latente nelle masse contadine e spingerle a tentare un movimento decisivo. Si convinse ben presto che i tempi per una ribellione erano sempre più vicini; nel 1857 sbarcò quindi a Sapri, contando di sollevare le popolazioni contadine del Cilento, ma Pisacane e i suoi uomini furono uccisi dalla popolazione e dai gendarmi borbonici.

Anche Carlo Cattaneo era molto critico verso il mazzinianesimo, in quanto era convinto che la libertà era più importante dell’unità e dell’indipendenza; non condivideva le posizioni socialiste, in quanto riteneva che la rivoluzione non dovesse partire dal popolo oppresso ma da persone istruite e politici; per questo si dedicò all’educazione dell’opinione pubblica, cercando di rendere partecipi delle cause del fallimento dei moti del 1848.

 

Cavour

La sua formazione fu caratterizzata da spirito d’intraprendenza economica e cosmopolitismo culturale. Fu tra i primi fautori dello sviluppo ferroviario e tra i fondatori della Banca di Torino.

Il suo ingresso in politica avvenne nel 1847, con la pubblicazione del giornale “Il Risorgimento”. Era un liberale, moderato, piemontese, di cultura europea. La vita pubblica spettava ai rappresentanti dei ceti istruiti ed industriosi.

Era avverso ai miti nazionali del primato e dell’iniziativa del popolo; secondo lui il Piemonte e l’Italia dovevano accostarsi ai Paesi dell’Occidente e in particolare all’Inghilterra, tramite l’acquisizione di competenze tecniche, produttive e professionali, e l’incremento del benessere e dell’istruzione; ciò poteva avvenire solo con i metodi della libertà.

Dal 1849 Cavour divenne la figura più importante della maggioranza moderata nel Parlamento di Torino, ricoprendo poi la carica di ministro dell’agricoltura e delle finanze.

Dopo il colpo di stato del 1851 compiuto da Bonaparte in Francia, decise di chiedere l’appoggio dei settori moderati dell’opposizione di sinistra, guidati da Urbano Rattazzi; con essi strinse un accordo politico, il “connubio”→ Rattazzi fu nominato presidente della Camera, Cavour si dimise, e ciò provocò una crisi politica che fu risolta nel 1852 con la sua nomina a primo ministro al posto del troppo moderato d’Azeglio. Il connubio fu molto importante per vari motivi:

-Segnò la trasformazione del regime piemontese da costituzionale puro a parlamentare; il governo divenne espressione del Parlamento.

Segnò una svolta politica in senso liberale emarginando le forze conservatrici che    frenavano lo sviluppo del Piemonte.

In questo modo Cavour riuscì a governare assieme al Parlamento e ad attuare con il suo consenso l’azione riformatrice da lui voluta per evitare l’estremismo rivoluzionario.

L’obiettivo della sua azione era quello di incanalare il movimento nazionale italiano all’interno delle istituzioni del Regno Sardo divenute liberali.

 

Politica interna:

mirò alla modernizzazione del Piemonte; cercò di svecchiare la pubblica<amministrazione sostituendo i funzionari dell’ancien regime

 

Politica economica:

favorì i settori più dinamici abbandonando il tradizionale regime protezionistico; utilizzò gli strumenti del liberismo nel commercio estero e del forte incremento della spesa pubblica.

L’apertura ai mercati esteri provocò un maggiore interessamento da parte dei capitali stranieri. La politica liberistica valse anche la simpatia dell’Inghilterra, favorevole alla libera circolazione delle merci e dei capitali.

PER favorire le iniziative economiche il governo potenziò il sistema bancario e fondò la Banca Nazionale, anche se si dovrà attendere il 1893 perchè l’Italia abbia una vera  banca di Stato, la Banca d’Italia.

Risanò il deficit finanziario precedente non attraverso il contenimento della spesa pubblica, ma con un forte incremento del carico fiscale. Si fece anche una politica di investimenti in settori strategici, che aumentò il debito pubblico.

Fu estesa la rete delle comunicazioni ferroviarie e potenziati alcuni porti.

L’accrescimento della ricchezza nazionale permisero di rafforzare l’esercito e la marina.

 

Politica ecclesiastica:

le minacce maggiori al governo di Cavour provennero dalla Destra reazionaria e clericale che era appoggiata dalla Chiesa. Essa chiedeva la limitazione della libertà di stampa, una politica di accordo con l’Austria e una finanza prudente.

Cavour invece si era impegnato nel limitare le prerogative ecclesiastiche e nel realizzare uno Stato laico, di tipo moderno e occidentale.

Nel 1845 Cavour propose una legge per eliminare i conventi tenuti da religiosi contemplativi (Legge dei conventi); il clero si mobilitò e scoppiò una crisi, detta “calabiana” dal nome di un vescovo. Cavour, non appoggiato dal re, dovette dimettersi nel 1855. Fu però richiamato subito al potere e dovette mitigare la legge.

Cavour si rese conto che il principio del “libera Chiesa in libero Stato” poteva attuarsi solo dopo che i privilegi ecclesiastici fossero stati eliminati e fosse stata realizzata l’uguaglianza civile dei cittadini.

 

Cavour però non si occupò della riforma del sistema legislativo e i codici piemontesi, destinati a diventare i codici dell’Italia unita, che rimasero di tipo pre-costituzionale.

 

Politica estera:

intuì che Napoleone III avrebbe scosso gli equilibri internazionali esistenti.

Cavour, in accordo con il re Vittorio Emanuele, decise di intervenire a fianco della Francia e dell’Inghilterra nella Guerra di Crimea; i soldati che vennero inviati erano capitanati da Alfonso La Marmora.

Al successivo Congresso di Parigi il Piemonte ottenne che la questione italiana fosse per la prima volta discussa davanti ad un congresso europeo.

 

Molti politici italiani emigrarono ben presto in Piemonte e qui iniziò a prefigurarsi la futura classe dirigente dell’Italia unita. Il Piemonte svolgeva sempre più una funzione nazionale, così come aveva intuito Gioberti. Alla politica di Cavour espressero consenso molti intellettuali, tra cui Francesco De Sanctis e Bertrando Spaventa.

Anche molti ex-mazziniani auspicavano una soluzione sabauda al problema italiano.

Nel luglio 1857 Cavour fondò la Società Nazionale, in cui confluirono molti patrioti, tra cui Manin, Garibaldi e Giuseppe La Farina, che ne divenne il segretario; si formarono nei Ducati dei gruppi organizzati di liberali che si battevano per l’annessione al Piemonte.

Nel 1858 però il mazziniano Felice Orsini tentò un attentato contro Napoleone III, considerato nemico della repubblica. Grazie al discorso fatto alla Francia da Orsini sulle sorti dell’Italia e all’abilità di Cavour che condannò duramente l’attentato, Napoleone III capì che trovare una soluzione politico-diplomatico-militare per l’Italia era ormai nell’interesse della pace e dell’ordine in Europa.

Furono stipulati gli accordi di Plombieres tra Napoleone III e Cavour→  la Francia doveva intervenire in aiuto del Piemonte qualora fosse stato attaccato dall’Austria, e al termine della guerra, in caso di vittoria, si sarebbe costituito un Regno dell’Alta Italia, sotto Vittorio Emanuele II; il papa avrebbe conservato Roma e i territori vicini. In cambio di ciò il Piemonte doveva cedere alla Francia Nizza e la Savoia. Si parlò anche di costituire un Regno dell’Italia Centrale e uno dell’Italia Meridionale.

Subito gli ambienti conservatori e clericali francesi e le potenze europee, tra cui Gran Bretagna e Russia, cercarono di evitare la guerra, cercando di organizzare una conferenza internazionale; ma gli Austriaci si opposero per evitare che fosse messo sotto accusa l’operato austriaco in Italia, e chiesero il disarmo del Regno di Sardegna, che fu però respinto.

26 aprile 1859: l’Austria dichiara guerra al Piemonte→ II Guerra d’Indipendenza.

 

La seconda Guerra d’Indipendenza

Napoleone III assunse il comando delle forze alleate franco-piemontesi e passò all’offensiva facendo ripiegare gli Austriaci.

4 giugno: battaglia di Magenta→ l’esercito franco-piemontese ha via libera su Milano.

Gli austriaci comandati da Giulay, abbandonano Milano e si concentrano sul Quadrilatero; i patrioti chiesero l’unione con il Piemonte eliminando i vecchi governi.

8 giugno: Napoleone e Vittorio Emanuele entrano a Milano, mentre Garibaldi libera Bergamo e Brescia.

24 giugno: i Piemontesi a San Martino e i Francesi a Solferino sconfiggono gli Austriaci.

 

Ma quando ci si apprestava a liberare Venezia, Napoleone III aprì i negoziati con l’imperatore austriaco; le ragioni erano: in Francia l’opposizione di destra voleva la fine delle ostilità per evitare che, con la situazione italiana, fosse compromesso anche lo Stato del papa; inoltre l’Inghilterra temeva il rafforzamento delle posizioni francesi e la Prussia sembrava volesse intervenire in aiuto dell’Austria in cambio di un riconoscimento di egemonia sulla Confederazione germanica. Infine c’era il rischio che si formasse un Regno d’Italia nel Centro-Nord senza che la Francia ottenesse compensi.

11 luglio: Austria e Francia firmano l’armistizio di Villafranca. La Lombardia sarebbe stata ceduta alla Francia e poi al Regno di Sardegna; sarebbero stati restaurati i governi legittimi a Modena e in Toscana; il papa doveva introdurre riforme nel suo Stato; doveva crearsi una confederazione italiana sotto la presidenza del papa; l’Austria conservava il Veneto.

Cavour si dimise, e l’incarico per il nuovo governo fu affidato ad Alfonso Lamarmora e a Rattazzi.

 

In questa situazione di stallo i mazziniani cercarono di riprendere in mano l’iniziativa, con l’intento di marciare verso il Meridione (dove regnava Francesco II di Borbone), attraverso gli Stati del papa e ricongiungersi con le insurrezioni locali che sarebbe state nel mentre organizzate in Sicilia e in altri luoghi. Mazzini per compiere l’unificazione si dichiarò pronto a collaborare anche con i governi provvisori dell’Italia centrale e con Vittorio Emanuele.

La proposta di Mazzini non ebbe succeso ma si alimentò di nuovo l’idea unitaria.

Nel 1860 Napoleone III pubblicò un opuscolo nel quale indicava che con il prossimo congresso internazionale sulla questione italiana, il papa rinunciasse alla Romagna, alle Marche e all’Umbria e si costituisse un regno indipendente dell’Italia centrale.

 

Il 20 gennaio Cavour ritornò al governo e offrì subito a Napoleone la cessione della Savoia e di Nizza, come era stato concordato a Plombieres, in cambio dell’accettazione delle annessioni dell’Italia centrale al Piemonte.

A Marzo si tennero i plebisciti, che furono a favore dell’unione al Regno di Sardegna.

Le successive elezioni per la Camera del nuovo regno furono favorevoli a Cavour.

 

Fonte: http://blog.reteluna.it/comunicazionelecce/wp-content/uploads/2009/03/riassunti-storia-contemporanea.doc

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