Energia nucleare e inquinamento radioattivo

 


 

Energia nucleare e inquinamento radioattivo

 

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Adriana Tamburrano
INQUINAMENTO RADIOATTIVO


L’energia nucleare
Con energia nucleare si intendono tutti quei fenomeni in cui si ha la produzione di energia in seguito a trasformazioni nei nuclei atomici. L'energia nucleare insieme a quella solare è una fonte di energia primaria.


Volendo precisare, possiamo distinguere l'energia atomica in reazioni di fissione nucleare e reazioni di fusione nucleare.
Nelle reazioni di fissione, nuclei di atomi con alto numero atomico(pesanti) come, ad esempio, l'uranio si spezzano producendo nuclei con numero atomico minore e liberando una parte di energia. Esempio naturale di ciò è la radioattività. Tale processo è usato per produrre energia nelle centrali nucleari. Le prime bombe atomiche, del tipo di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki, erano basate sul principio della fissione.


Nelle reazioni di fusione, atomi con nuclei con basso numero atomico, come l'idrogeno, si fondono dando origine a nuclei più pesanti e rilasciando una notevole quantità di energia.
In natura le reazioni di fusione sono quelle che producono l'energia proveniente dalle stelle. Finora, malgrado decenni di sforzi da parte dei ricercatori di tutto il mondo, non è ancora stato possibile realizzare, in modo stabile, reazioni di fusione controllata sul nostro pianeta, anche se è in sviluppo il progetto ITER, un progetto che con il successore DEMO darà vita alla prima centrale nucleare a fusione del mondo. È invece attualmente possibile ottenere grandi quantità di energia attraverso reazioni di fusione incontrollate, come ad esempio nella bomba all'idrogeno.


La fonte dell’ energia nucleare
L’energia nucleare è data dalla fissione o dalla fusione del nucleo di un atomo. La prima persona che intuì la possibilità di ricavare energia dal nucleo dell’atomo fu lo scienziato Albert Einstein. Per ricavare energia dal nucleo dell’atomo esistono due procedimenti opposti:

  • la fissione (rotture) di un nucleo pesante
  • la fusione (unione) di nuclei leggeri

 La fissione

Per derivare maggiore energia dalla fissione vengono usati atomi con un peso atomico elevato: è il .

 

 

 

La fusione

L’altro metodo per ottenere energia dall’atomo è la fusione nucleare. In questo caso si utilizzano, invece, atomi leggeri come i due isotopi dell’idrogeno: trizio e deuterio. Essi vengono fatti fondere uno con l’altro creando un atomo di elio la cui massa è leggermente minore della somma dei due atomi originari. La materia scomparsa si è trasformata in energia. Se aggiungiamo altri isotopi di idrogeno possiamo già immaginare l’enorme quantità di energia che si potrebbe produrre. La fusione sarebbe più vantaggiosa rispetto alla fissione visto che essa non produce radioattività e ha bisogno di materiali combustibili facilmente ritrovabili. Purtroppo, però, l’uomo non è ancora riuscito a riprodurre la fusione in modo controllato.

 

La centrale nucleare

Il suo funzionamento è molto simile a quello di una convenzionale centrale termoelettrica convenzionale, con la differenza che l’acqua viene riscaldata da un reattore nucleare dove l’uranio viene fissato. Tre sono le parti principali della centrale:

  • Edifico contenente il reattore: enorme cilindro di cemento armato dove al centro è collocato il reattore
  • Sala macchine: un edificio dove è sistemata la turbina e l’alternatore
  • Edifici ausiliari: contengono le piscine schermate per la conservazione temporanea degli scarti radioattivi della centrale.

Il funzionamento della centrale è abbastanza semplice: viene pompata dell’acqua attraverso il reattore che la fa evaporare attraverso il calore emesso dalla fissione dell’uranio. Il vapore viene inviato direttamente nella turbina che trasferisce la propria forza meccanica all’alternatore che genera corrente elettrica.

VANTAGGI E SVANTAGGI DEL NUCLEARE

Spesso il nucleare viene presentato come un male da combattere o come miracolosa pozione per risollevare l'economia nazionale.Il nucleare rappresenta un'opzione energetica come le altre con i suoi "pro" ed i suoi "contro".

Vantaggi dell’ energia nucleare:

  • Le centrali nucleari non producono anidride carbonica ed ossidi di azoto e di zolfo, principali cause del buco nell'ozono e dell'effetto serra.
  • La produzione di energia dal nucleare riduce l'importazione di petrolio e la dipendenza delle economie dal petrolio.
  • L'uso del nucleare riduce la dipendenza occidentale dal petrolio mediorientale.

Svantaggi dell’ energia nucleare:

  • La storia ha già mostrato la gravità delle conseguenze degli incidenti alle centrali nucleari. Le radiazioni a cui la popolazione viene esposta causano un maggiore rischio di morte per leucemia e tumore. Dall'incidente di Chernobyl la sicurezza delle centrali nucleari è diventato uno dei principali aspetti critici dell'energia nucleare per uso civile. Negli ultimi anni il progresso tecnologico ha notevolmente migliorato la sicurezza delle centrali nucleari dotate di reattori di ultima generazione.

 

  • Le scorie nucleari sono un altro aspetto critico del nucleare. Non possono essere distrutte e l'unica soluzione, per il momento, sembra essere lo stoccaggio per migliaia di anni in depositi geologici o ingegneristici. La ricerca di un deposito sicuro è tra i principali obiettivi della UE e degli Usa. Sono necessari anni di studi e grandi investimenti per l'individuazione delle soluzioni di stoccaggio per centinaia di migliaia di anni.
  • Anche il processo di localizzazione di una centrale nucleare o del deposito di scorie è molto difficoltoso. Nessuna comunità locale accetta di sacrificare il proprio territorio per ospitare i rifiuti nucleari. La Sardegna, la Puglia, la Basilicata sono i recenti casi italiani di forti proteste antinucleari (2003).

 

  • Il trasporto di scorie e di materiale nucleare è uno degli aspetti più critici della questione "sicurezza". Durante il trasporto, oltre all'opposizione delle popolazioni che vedranno passare treni o navi con carichi radioattivi vicino alle proprie abitazioni, sussiste il rischio di incidenti e di attentati terroristici. L'itinerario del treno cambia in continuazione all'insaputa delle popolazioni residenti nei pressi delle ferrovie. Per questi motivi i depositi di scorie dovrebbero risiedere nei pressi delle centrali nucleari evitando in questo modo la necessità del trasporto delle scorie. La ricerca tecnologica e scientifica non ha ancora trovato il modo per distruggere le scorie all'interno delle stesse centrali nucleari.

 

ALCUNI GRANDI INCIDENTI NUCLEARI

 

Gli incidenti nelle centrali nucleari sono classificati su una scala da 0 (semplice guasto) a 7 (incidente molto grave). Questa scala di misura è detta INES (International Nuclear Event Scale). La classificazione degli incidenti non è facile. Spesso gli incidenti minori sono stati coperti dal segreto militare o non comunicati al grande pubblico.

Three Mile Island

La centrale elettrica di Three Mile Island si trova ad Harrisburg in Pensilvania, stato degli USA. All'epoca era composta da due reattori ad acqua pressurizzati (PWR). Uno era di 800 MW entrato in servizio nel 1974. L'unità 2 era di 900 MW.
L'incidente all'unità 2 è accaduto nella 4 il 28 marzo 1979 quando il reattore era ad un regime di potenza del 97%. L'incidente riguardò il circuito di raffreddamento secondario che causò un considerevole aumento della temperatura del refrigerante. Questo causò uno SCRAM (Interruzione automatica della reazione nucleare con l'inserimento del moderatore nel reattore). A questo punto una valvola di sfiato non riuscì a chiudersi, anche perché non vi era sulla strumentazione la posizione reale della valvola. Fu così che il circuito di raffreddamento primario si vuotò parzialmente ed il calore residuo del nucleo del reattore non venne rimosso. Il nucleo subì danni seri. Gli operatori non poterono diagnosticare correttamente e reagire all'arresto automatico del reattore (SCRAM). La strumentazione carente della sala di controllo e l'addestramento inadeguato risultarono essere le cause dell'incidente.
Furono evacuate 140 mila persone e, secondo dati ufficiali, non vi furono conseguenze per le persone.  Si trattò di un incidente gravissimo,  ma la struttura del reattore -  più sicuro rispetto a quelli sovietici proprio per quell'edificio di contenzione - limitò i danni, evitando il dramma. Ma neppure oggi, a 27 anni  dall'incidente, si sa con assoluta sicurezza che cosa sia esattamente successo. Il termine tecnico dell'incidente è «meltdown», cioè la fusione del nocciolo. L'unica conseguenza accertata al 100% del dramma è che la compagnia elettrica proprietaria della centrale, la Metropolitan Edison, fallì, non potendo far fronte né alle ingenti spese di decontaminazione dell'area, né ai risarcimenti da pagare. Secondo l'inchiesta, a Three Mile Island, il reattore surriscaldato raggiunse una temperatura di 2.650 gradi, solo 150 gradi in meno rispetto al punto di fusione del nucleo di uranio, il che avrebbe provocato una tragedia di dimensioni apocalittiche.

 

Disastro di Chernobyl

Il disastro di Chernobyl avvenne il 26 aprile 1986 con l'esplosione del reattore numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina (allora parte dell'Unione Sovietica), vicino al confine con la Bielorussia. In seguito alle esplosioni, dalla centrale si sollevarono delle nubi di materiali radioattivi che raggiunsero l'Europa orientale e la Scandinavia oltre alla parte occidentale dell'URSS. Vaste aree vicine alla centrale furono pesantemente contaminate rendendo necessaria l'evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Le repubbliche, adesso separate, di Ucraina, Bielorussia e Russia sono ancora oggi gravate dagli ingenti costi di decontaminazione ed è alta l'incidenza dei tumori e delle malformazioni sugli abitanti della zona colpita
La centrale di Chernobyl è situata vicino all'insediamento di Pripyat, in Ucraina, 18 km a nord-ovest della città di Chernobyl e 110 km a nord della capitale Kiev, e dista 16 km dal confine con la Bielorussia. L'impianto era composto da quattro reattori, ognuno in grado di produrre 1 gigawatt di energia elettrica (3.2 gigawatt di energia termica); i quattro reattori, insieme, producevano circa il 10% dell'elettricità ucraina. La costruzione dell'impianto iniziò negli anni '70, il reattore n° 1 fu commissionato nel 1977, e fu seguito dai reattori 2 (1978), 3 (1981), e 4 (1983). Altri due reattori (i n° 5 e 6, da 1 GW ciascuno) erano in fase di costruzione quando si verificò l'incidente.

 

L'incidente

Il 26 aprile 1986 alle ore 01:23:58 locali, nel corso di una prova, definita di sicurezza, in cui si voleva verificare se la turbina potesse continuare a produrre energia per inerzia anche quando il circuito di raffreddamento fosse stato incapace di produrre vapore, vennero disabilitati alcuni circuiti di emergenza, l'impianto di raffreddamento secondario e poi quello principale.

Le cause
Riguardo le cause dell'incidente esistono due ipotesi contrastanti. La prima, pubblicata nell'agosto 1986 attribuiva tutta la responsabilità agli operatori dell'impianto. La seconda, proposta da Valeri Legasov e pubblicata nel 1991, attribuiva l'incidente a debolezze nel progetto del reattore RBMK, in particolare alle barre di controllo. Inoltre gli operatori della centrale non erano a conoscenza dei problemi del reattore. Secondo uno di loro, Anatoliy Dyatlov, i progettisti sapevano che il reattore era pericoloso in certe condizioni, ma nascosero intenzionalmente tale informazione. In aggiunta il personale dell'impianto era composto per la maggior parte da operatori non qualificati per il reattore RBMK: il direttore, V.P. Bryukhanov aveva esperienza di impianti a carbone; anche il capo ingegnere, Nikolai Fomin, proveniva da impianti convenzionali; anche Anatoliy Dyatlov, capo ingegnere dei reattori 3 e 4 aveva solo una limitata esperienza con reattori nucleari, per lo più su piccoli esemplari di reattori VVER progettati per i sottomarini nucleari sovietici.

 

Conseguenze immediate

200 persone furono ricoverate immediatamente, di cui 31 morirono (28 di queste per l'esposizione diretta alle radiazioni). Molti di loro erano pompieri e addetti che cercarono di mantenere l'incidente sotto controllo e che non erano stati informati di quanto pericolosa fosse l'esposizione diretta alle radiazioni. 135.000 abitanti furono evacuati dalla zona, inclusi tutti i 50.000 abitanti della vicina città di Pripyat.La contaminazione provocata dall'incidente di Chernobyl non interessò solo le aree vicine alla centrale ma si diffuse irregolarmente secondo le condizioni atmosferiche. Ricerche condotte da scienziati sovietici ed occidentali indicano che il 60% delle zone contaminate si trova in Bielorussia. Anche una vasta area a sud di Bryansk, in Russia e parti dell'Ucraina nord-occidentale furono contaminate.

 

Disastro di Tokaimura

Tokaimura, villaggio a 130 km a nord est di Tokio, divenuto famoso per il terzo più grave incidente della storia del nucleare. Il sito della JCO, era una fabbrica di combustibile nucleare e non un reattore. Proprio per questo pochissime misure di sicurezza o di evacuazione erano presenti all'epoca. L'incidente, accaduto il 30 settembre 1999 fu generato dalla miscelazione di uranio e acido nitrico al di fuori delle regole che il ministero aveva imposto. Furono introdotti 16 Kg di uranio esaurito al posto dei 3 Kg massimi. In seguito un lampo blu, dovuto ai neutroni emessi dall'innesco della reazione nucleare e una forte emissione di raggi gamma costrinse gli operatori ad evacuare lo stabilimento.Solo dopo 20 ore tre operai entrarono nel capannone per tentare di separare i materiali fissili manualmente. Dei tre, due morirono per le radiazioni e solo l’ultimo si è salvato dopo molti mesi di ospedale.Fortunatamente non ci fu un grosso rilascio di sostanze inquinanti all'esterno ma molti dipendenti, alcune decine, furono contaminati da dosi elevate di radiazioni.


Eleonora Pezza

 
1-La radioattività:

Cos’è la radioattività?

Si definisce radioattività la proprietà che hanno gli atomi di alcuni elementi di emettere spontaneamente radiazioni ionizzanti. Non é stata inventata dall'uomo, anzi, al contrario, l'uomo é esposto alla radioattività fin dal momento della sua apparizione sulla Terra.

Solo recentemente, l'uomo ha scoperto l'esistenza della radioattività. Fin dalla formazione della Terra, circa cinque miliardi di anni fa, la materia era formata da atomi stabili non radioattivi e atomi instabili radioattivi. Col trascorrere dei millenni, la maggior parte degli elementi radioattivi, attraverso il processo di decadimento, hanno cessato di essere tali.

Esistono ancora oggi in natura alcuni isotopi radioattivi. Ecco perché tutto quello che ci circonda é "naturalmente" radioattivo.
In Italia la dose di radioattività naturale cui é sottoposto annualmente ciascun individuo é pari approssimativamente alla dose associata ad una radiografia del torace moltiplicata per venti.

Gli isotopi presenti in natura sono quasi tutti stabili. alcuni isotopi naturali, e quasi tutti gli isotopi artificiali, presentano nuclei instabili, a causa di un eccesso di protoni e/o di neutroni. Tale instabilità provoca la trasformazione spontanea in altri isotopi, e questa trasformazione si accompagna con l'emissione di radiazioni ionizzanti per cui essi sono chiamati radioisotopi. La trasformazione di un atomo radioattivo porta alla produzione di un altro atomo, che può essere anch'esso radioattivo oppure stabile. Essa é chiamata disintegrazione o decadimento.Tale trasformazione, a seconda dei casi, può completarsi in tempi estremamente brevi o estremamente lunghi. Dopo dieci tempi di dimezzamento, la radioattività di un radioisotopo é mille volte minore di quella iniziale.
L'unità di misura é il becquerel, con simbolo Bq.
1 becquerel = 1 Bq = 1 disintegrazione al secondo.

I differenti tipi di radioattività sono:

• Radioattività alfa
• Radioattività beta
• Radioattività gamma


Gli effetti della radioattività

Le radiazioni prodotte dai radioisotopi interagiscono con la materia con cui vengono a contatto, trasferendovi energia.
Gli effetti possono essere irrilevanti o più o meno dannosi, a seconda della dose di radiazioni ricevuta e del tipo delle radiazioni stesse.
Per meglio chiarire l'importanza della dose assorbita, un esempio noto a tutti é quello delle radiazioni ultraviolette dei raggi solari, che, per l'uomo, a piccole dosi sono innocue, ma per esposizioni eccessivamente prolungate possono provocare colpi di sole o bruciature della pelle.

L'unità di misura della dose assorbita dalla materia a seguito dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti é il Gray:

1 Gray (Gy) = 1 joule (J) assorbito da 1 kilogrammo di materia

 

L'uomo può essere esposto alla radioattività in due modi:
• per esposizione esterna, che avviene quando l'individuo si trova sulla traiettoria delle radiazioni emesse da una sorgente radioattiva situata all'esterno dell'organismo; si parla, in questo caso, di irradiazione
• per esposizione interna, che si verifica quando la sorgente radioattiva si trova all'interno dell'organismo, a causa di inalazione per respirazione, e/o ingestione, ovvero per introduzione attraverso una ferita; si parla, in questo caso, di contaminazione interna.
L'esposizione a dosi più o meno elevate di radiazioni ionizzanti può avere effetti a lungo termine che possono provocare cancro o leucemia.

 

2-Il Radon:

Il radon è l'elemento chimico che nella tavola periodica viene rappresentato dal simbolo Rn e numero atomico 86. È un gas nobile e radioattivo che si forma dal decadimento del Radio, generato a sua volta dal decadimento dell'Uranio. Il Radon è un gas molto pesante e viene considerato estremamente pericoloso per la salute umana. L'isotopo più stabile, il 222Rn ha una vita media di 3,8 giorni e viene usato in radioterapia. Uno dei principali fattori di rischio del radon è dato dal fatto che accumulandosi all'interno di abitazioni diventa una delle principali cause di tumore al polmone. E’ un elemento chimicamente inerte (in quanto gas nobile), naturalmente radioattivo. A temperatura e pressione standard il radon è inodore e incolore. Viene a volte prodotto da alcuni ospedali per uso terapeutico. A causa della sua rapida dispersione in aria, il Radon viene utilizzato in ricerche idrologiche che studiano le interazioni tra acqua profonda, ruscelli e fiumi. Ci sono alcune ricerche che studiano come poter utilizzare il Radon come precursore sismico, in quanto la sua emissione in atmosfera è fortemente influenzata dalla conformazione geologica, e in caso di variazioni di pressione o di movimenti delle faglie si è notata una variazione delle emissioni del gas.                                                                                                 Il radon essendo un gas radioattivo può essere cancerogeno se inalato, dato che emette particelle alfa. Poiché fuoriesce principalmente dal terreno (ma anche dai materiali di costruzione), si disperde nell'ambiente e si accumula nei locali chiusi ove diventa pericoloso. Si stima che sia la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo di sigaretta. Nonostante l'accertata pericolosita del radon, è singolare che in Italia e in Europa un certo numero di ciarlatani ancora sostenga che l'inalazione di radon abbia virtù terapeutiche per le vie respiratorie.
Per determinare la concentrazione di radon presente in un locale ci si può rivolgere all'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente ARPA. La concentrazione di radon varia in funzione della distanza dal terreno, ma anche nel corso della giornata o con il variare delle stagioni. Nelle situazioni in cui dopo aver effettuato una misurazione si dovesse rivelare una concentrazione di radon superiore ai livelli di riferimento è opportuno effettuare degli interventi di bonifica. Un rimedio immediato, anche se non sempre efficace, consiste nel continuo ricambio d'aria degli ambienti. Una corretta quanto continua ventilazione può contrastare gli accumuli del gas che tendono a far aumentare la concentrazione di radon negli ambienti.

 

 

3-Scorie Nucleari:
Qualsiasi centrale nucleare produce "scorie radioattive". Una parte di questa è normalmente dispersa nell'ambiente. Ad esempio i reflui del raffreddamento sono scaricati direttamente nelle acque dei fiumi (da cui viene prelevata anche l'acqua) poichè considerati non pericolosi.  Diversamente avviene per tutti i materiali che, trovandosi nel reattore o nei pressi, sono soggetti ad una continua emissione di radiazioni. Dal semplice bullone alla componenti metalliche più grandi (pareti, contenitori ecc.). Al termine del ciclo produttivo della centrale nucleare, questi oggetti diventano rifiuti "speciali" da trattare con molta attenzione in quanto radioattivi e quindi pericolosi. Sono definiti per semplicità "scorie nucleari".
Le scorie nucleari si distinguono in base al grado di radioattività (ovvero alla loro pericolosità):
-Alta attività (scorie di 3° grado): l'alto grado di radioattività presente in queste scorie può richiedere anche 100.000 anni per decadere. Sono in particolare le ceneri prodotte dalla combustione dell'uranio.
-Media attività (scorie di 2° grado)
-Bassa attività (scorie di 1° grado)
In Europa le scorie sono generalmente depositate nei pressi delle centrali nucleari inattive o in centri di stoccaggio di superficie (ovvero non di profondità come quelli geologici, costruiti centinaia di metri sotto terra). In alcuni casi, ad esempio in Francia, le scorie nucleari sono ritrattate all'interno delle centrali nucleari per produrre nuovo combustibile rigenerato (cd Mox) da riutilizzare nel reattore. L'Italia non conta grandi quantità di scorie nucleari, il referendum del 1987 ha definitivamente bloccato la produzione di energia dal nucleare. Oggi quindi, le scorie ad alta pericolosità sono circa 8.000 Mg. Una minima quantità che lascia aperta la porta alla soluzione europea (consigliata dalla stessa UE).

 

                         Eleonora Pezza              IIA  xiti  - 2006/2007


Messina Raffaele

  • RADIOATTIVITÀ - RADON

      La radioattività in natura

Le sorgenti di radiazioni in natura sono diverse. Oltre alla radiazione cosmica e a quella terrestre, anche i materiali da costruzione (specialmente cementi pozzolanici, tufi, graniti, basalti, porfidi) con cui sono fabbricate le nostre abitazioni contengono atomi radioattivi, come pure gli alimenti con cui ci nutriamo. Un importante contributo alla radioattività a cui siamo giornalmente esposti viene però dato dal Radon, un gas naturale che proviene dal terreno e che si accumula nei piani bassi degli edifici. Di qui il Radon sale trascinato dalle correnti d'aria contaminando anche i piani superiori dove finisce per essere respirato insieme all’aria. La quantità di Radon esalata dal sottosuolo varia moltissimo da una zona all’altra e da un edificio all’altro, spesso anche se distanti solo poche decine di metri. Tuttavia, da uno studio condotto negli USA, è stato stimato che il contributo più rilevante alla radioattività assorbita da un individuo adulto, in un anno, è da imputare prevalentemente all’inalazione del gas Radon (40-80% del totale).

 


       La radioattività negli edifici          
Gli edifici oggi “non respirano più”! Porte e infissi sempre più efficienti “sigillano” i fabbricati riducendo drasticamente il ricambio d’aria. Anche il gas Radon , che rappresenta la sorgente più importante di radiazioni negli edifici, in luoghi chiusi può accumularsi e, con l’inalazione e il successivo decadimento radioattivo, può aumentare enormemente la probabilità di sviluppare neoplasie polmonari. La permeabilità del suolo, la struttura geomorfologica del terreno e le caratteristiche costruttive           dell’edificio determinano la quantità di Radon che giunge in superficie e che si annida nei fabbricati. Anche i materiali per l’edilizia emettono diverse quantità di radiazioni, a seconda della zona di provenienza. Alcuni materiali da costruzione (granito, tufo, porfido, basalto, cementi pozzolanici ecc.) contengono più radiazioni di altri. Pertanto la scelta dei materiali edilizi più idonei andrebbe effettuata solo dopo la valutazione di un esperto dotato di specifiche apparecchiature. Una volta accertata la sua eventuale presenza nell’edificio e la sua concentrazione media annuale, è possibile diminuire la sua pericolosità con una serie di accorgimenti tecnici adottati nelle metodiche di bonifica.

 

  • GAS RADON

Cos’è il gas radon
Il Radon è un gas radioattivo più pesante dell’aria, incolore, inodore, chimicamente inerte, praticamente impercettibile senza adeguati sistemi di rilevamento. Proviene prevalentemente da terreni con un elevato contenuto di Uranio/Radio quali tufi, pozzolane, alcuni graniti e rocce di origine vulcanica. Il Radon 222, il principale isotopo di quest nell’acqua e penetrare così negli edifici anche attraverso le condutture idriche. Una volta accumulatosi, il Radon può essere respirato e continuare la serie radioattiva all’interno dell’organismo, con grande danno alla salute , aumentando il rischio di sviluppare neoplasie polmonari. Studi epidemiologici diffusi dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) hanno, infatti, ormai scientificamente stabilito la cancerogenicità di questo gas.o gas, è il prodotto del decadimento dell’Uranio 238  . Mentre gli altri elementi della serie radioattiva sono solidi, il Radon è un gas e, in quanto tale, può infiltrarsi attraverso fessure e crepe, attraversare materiali porosi, dissolversi

Le zone a rischio
E’ impossibile determinare la presenza del gas Radon senza l’ausilio di strumentazione adeguata. Si può comunque presumere la sua presenza in un edificio quando si verificano una o più delle seguenti condizioni:

  • Costruzioni situate in regioni ad alto rischio per la natura geomorfologica del terreno (individuabili dalla cartina a destra).
  • Edifici costruiti su terreni ricchi di tufo, pietre di origine vulcanica, o in aree limitrofe a vulcani attivi o spenti.
    - Edifici costruiti utilizzando tufo, pietre laviche o cementi pozzolanici.
    - Locali interrati, seminterrati o situati ai piani bassi degli edifici e non attrezzati con idonei impianti di ricambio dell’aria a livello del pavimento.
  • Edificicostruiti su fondamenta prive di vespaio areato. Il verificarsi di una o più situazioni fra quelle sopraelencate fa sospettare una condizione di potenziale rischio radioattivo dovuto alla presenza di gas Radon nell’aria. In questi casi, o in caso di dubbi sulla natura del terreno su cui poggia l’edificio o dei materiali da costruzione utilizzati, sarebbe opportuno richiedere un'assistenza tecnica specializzata.

 

 

Effetti sulla salute
La causa principale della concentrazione del Radon all’interno degli edifici è il gas liberato dal sottosuolo. Una volta all’interno del fabbricato, il Radon viene respirato insieme all’aria creando seri danni al sistema respiratorio. Infatti, nella fase di decadimento tale gas rilascia particelle alfa (nuclei di elio costituiti da due protoni e due neutroni) che possono provocare danni fisici e chimici al DNA delle cellule dell’epitelio polmonare. Dal decadimento del Radon (Serie di decadimento dell’uranio 238  vengono poi a formarsi una serie di particelle solide radioattive che si accumulano nei polmoni sotto forma di elementi pesanti che continuano ad emettere radioattività e a danneggiare l’epitelio polmonare. L’accumulo dei danni al DNA può concretamente determinare l’insorgenza del cancro. Considerato la seconda causa di tumore al polmone dopo il tabacco, il Radon rappresenta un fattore di rischio rilevante per circa 1 milione di edifici in tutta Italia. Sul territorio nazionale, si stima che circa il 10%-30% dei carcinomi polmonari sia imputabile al Radon. Accertata la presenza del gas nell’edificio tramite l’ausilio di un esperto, l’esposizione al gas va quindi ridotta urgentemente utilizzando sistemi di bonifica che, se ben progettati, risultano generalmente semplici e poco costosi.   

 

  • SCORIE RADIOATTIVE

Con il termine di scorie nucleari si intende indicare il combustibile esausto originatosi all’ interno dei reattori nucleari nel corso dell’esercizio.
Esse rappresentano un sottoinsieme dei rifiuti radioattivi, a loro volta suddivisibili in base al livello di attività in tre categorie: basso, intermedio ed alto.
Esempio di rifiuti a basso livello sono costituiti dagli indumenti usa e getta usati nelle centrali nucleari; il 90% dei rifiuti radioattivi prodotti appartengono a questa categoria, ma contengono solo il 1% della radioattività di provenienza antropogenica.  Rifiuti a livello intermedio sono costituiti ad esempio dall’incamiciatura del combustibile, richiedono schermatura, e costituiscono il 7% del volume dei rifiuti radioattivi prodotti nel mondo (ma contengono solo il 4% della radioattività). Al contrario le scorie ad alto livello costituiscono solo il 3% del volume prodotto nelle attività umane, ma contengono il 95% della radioattività. Tipico esempio è costituito dal combustibile esausto delle centrali nucleari. I 436 reattori nucleari presenti in 31 nazioni infatti producono annualmente migliaia di tonnellate di scorie.  Un reattore del tipo PWR scarica annualmente da 40 a 70 elementi di combustibile, un BWR da 120 a 200 (rispettivamente 461.4 e 183.3 Kg di uranio per assembly). Infatti dopo 3 anni di permanenza all’interno del reattore il combustibile passa alle piscine di raffreddamento; si sono formati in totale circa 350 nuclidi differenti, 200 dei quali radioattivi.
Si ha, in media, la seguente composizione:
- 94% uranio 238
- 1% uranio 235
- 1% plutonio
- 0.1% attinidi minori (Np, Am, Cm)
- 3÷4% prodotti di fissione
 Si osservi che:
- la radiotossicità del combustibile esausto decresce nel tempo e pareggia quella dell’uranio inizialmente caricato nel reattore solo dopo 250.000 anni;
-il contributo maggiore alla pericolosità delle scorie è dato dal plutonio: l’80% dopo 300 anni, il 90 % dopo 500 anni;
- dopo il plutonio i maggiori contributori sono gli attinidi minori (nettunio, americio e curio), che contribuiscono per un ordine di grandezza meno del plutonio ma circa mille volte più dei prodotti di fissione;
- gli attinidi rappresentano dunque il maggiore pericolo potenziale delle scorie nucleari; tuttavia bisogna tener conto anche di alcuni prodotti di fissione quali alcuni isotopi dello iodio, del tecnezio e del cesio, data la loro maggiore mobilità nella biosfera e la loro maggiore affinità biologica (vie di ritorno per l’uomo).
  Dato che le scorie radioattive, al contrario dei rifiuti convenzionali, decadono nel tempo, si osserva che i prodotti di fissione sono pericolosi per circa 300 anni, gli attinidi minori per circa 10.000, il plutonio per circa 250.000.
Per alleggerire il problema dello stoccaggio permanente delle scorie dei reattori nucleari è necessario quindi:
- ridurre la formazione del plutonio;
- bruciare quello già prodotto.
A tale scopo sono state proposte varie soluzioni, fra le quali possono essere citati l'ADS (Accelerator Driven System), i reattori veloci ed ora anche i reattori HTR. Si noti che questo fenomeno è dovuto alla formazione degli elementi transuranici, in generale assai più radiotossici dell’uranio presente nelle miniere; si noti che le scorie high-level pareggiano la radioattività dell’uranio dopo 10.000 anni. Si noti che un impianto nucleare da 1000 MWe produce annualmente solo 25÷30 tonnellate di scorie ad alto livello vetrificate, pari ad un volume di circa 3 m3. E’ stato calcolato che un uomo che usasse solo energia di origine nucleare produrrebbe, nell’arco della propria vita, un volume di scorie di questo tipo tale da poter essere contenuto nel palmo di una mano. Del resto dai dati sopra esposti si calcola facilmente che il consumo di 1 KWh per 100 anni produrrebbe un volume di scorie vetrificate pari a 0.3 litri (meno di una lattina da 33 cl!), o se si preferisce una sfera di diametro pari a 8.3 cm. Un impianto da 1000 MWe, annualmente, ne produce 12 cilindri di altezza 1.3 e diametro 0.4 metri con 400 Kg di vetro.
2 A periti – Messina Raffaele – Inquinamento Radioattivo

 

Fonte:http://www.pacioli.net/ftp/def/inquinamento2//file/INQUINAMENTO%20RADIOATTIVO.doc

 

 


 

Energia nucleare e inquinamento radioattivo

Energia nucleare pro e contro

 

Energia nucleare


L’energia nucleare è una forma di energia che deriva da profonde modificazioni della struttura stessa della materia.
La materia può trasformarsi in energia secondo la legge fisica scoperta dallo scienziato Albert Einstein che viene espressa nella formula:

E = MC

Da essa si ricava che la quantità di energia prodotta (E) è uguale alla massa di materia trasformata (m) moltiplicata per una costante (C) che corrisponde al quadrato della velocità della luce (300.000 Km/s) .
Con un calcolo puramente aritmetico si può constatare come, anche con un valore di massa molto piccolo, moltiplicato però per un numero molto grande, si può ricavare una quantità di energia elevatissima.
Le scoperte della scienza e le applicazioni della tecnica hanno finora permesso di sfruttare questo principio in forma molto limitata: nei processi nucleari attualmente conosciuti, solo una piccolissima parte di materia si trasforma in energia.
Due sono i processi che possono produrre energia nucleare:

  • La fissione o scissione nucleare,
  • La fusione nucleare

 

La fissione

 

La fissione o scissione nucleare consiste nella disintegrazione del nucleo dell’atomo di alcuni elementi, detti fissili, per mezzo di piccolissime particelle (neutroni) che lo colpiscono e lo spezzano in due nuclei più leggeri.
I prodotti della scissione hanno una massa più piccola di quella del nucleo originale: ciò significa che, durante il processo, una parte della materia si è trasformata in energia.
Se la quantità fi materiale fissile è sufficiente, durante la fissione si liberano altri neutroni capaci, a loro volta, di colpire nuovi nuclei, e così via: si innesta una reazione a catena che può essere tenuta sotto controllo.
L’elemento fissile usato nelle centrali nucleari è l’Uranio 235, che è presente però solo in una piccola percentuale, il 7 per mille, nell’uranio naturale.
L’uranio naturale deve perciò essere arricchito con complesse operazioni, in modo che la percentuale di Uranio 235 arrivi intorno al 3 per cento.
L’uranio 235 costituisce il “combustibile” che, introdotto nei reattori, si svilupperà, per mezzo della fissione nucleare, una notevole quantità di energia.
Nei reattori dell’ultima generazione, detti autofertilizzanti, si riesce non solo a produrre energia, ma anche nuovo combustibile nucleare.
Durante la fissione, infatti, si ottiene un materiale fissile non presente in natura, il Plutonio.
Un altro metallo abbastanza diffuso è il Torio che, introdotto in un reattore nucleare, di trasforma in un materiale che può subire la fissione e quindi produrre energia.

 

La fusione nucleare

La fusione nucleare consiste nell’unione di nuclei di atomi leggeri per formare nuclei più pesanti: in un certo senso è il processo inverso di quello prima descritto della scissione nucleare.
Quando due nuclei leggeri sono spinti con forza l’uno contro l’altro, possono saldarsi “fondersi” insieme e formare un solo nucleo il quale, però, risulta un po’ meno pesante della somma degli altri due. La quantità di materia mancante si è trasformata in energia.
Questa reazione avviene continuamente sul Sole e sulle altre stelle, ad una temperatura di qualche milione di grado: la luce e il calore che giungono a noi sono solo l’effetto visibile del fenomeno.
Il Sole emette grandi quantità di energia trasformando una parte della sua materia e diventando, perciò, sempre più “leggero” in un processo che dura ormai da milioni di anni.
Sulla Terra gli scienziati sono riusciti finora a realizzare la fusione nucleare soltanto in forma non controllata, in micidiali ordigni distruttivi come la bomba ad idrogeno. Non sono, invece, ancora riusciti a far sprigionare questa enorme energia in maniera lenta e controllata.
La causa principale sta nelle altissime temperature occorrenti alla reazione: alcuni milioni di gradi! Non esiste al mondo alcun materiale solido capace di resistere a tali temperature.
Recenti esperimenti di fusione a freddo hanno fatto sperare in una prossima soluzione del problema. Gli scienziati ritengono però che l’utilizzazione commerciale della fusione nucleare non potrà iniziare prima del 2020/2050.
Le materie prime per il processo di fusione, deuterio e trizio, sono disponibili in grandissima quantità a bassi costi: il deuterio si ricava dall’acqua di mare, il trizio si ricava dal litio.
L’energia di fusione potrà essere forse il futuro dell’umanità, non solo dal punto di vista della disponibilità praticamente illimitata, ma anche da quello di sicurezza.
Infatti non produrrà scorie radioattive che, al contrario, sono un gravissimo problema nella produzione di energia per fissione.

 

Le centrali nucleari

Il principio di funzionamento di una centrale nucleare è il seguente: nel reattore o core, dove si trova il combustibile nucleare, formato da pastiglie di uranio, avviene una fissione controllata.
Il calore prodotto dalla fissione serve a generare vapore surriscaldato che mette in rotazione una turbina a vapore, collegata a un generatore di corrente, l’alternatore: si ottiene così energia elettrica.
Il controllo della fissione avviene tramite opportune barre di controllo: quando si vuole diminuire la potenza della caldaia, o spegnerla addirittura, si inseriscono di più o di meno le barre di controllo. In caso di guasto o di situazione anormale, vengono inserite automaticamente.

 

Fonte: http://digilander.libero.it/ricerchescolastiche/varie/rc/energia_nucleare.doc
Autore del testo : non indicato nel documento di origine del testo

 

 

Energia nucleare
Energia sprigionata nella fissione o nella fusione di nuclei atomici. La quantità di energia ottenibile dal nucleo è di gran lunga maggiore di quella che si può ricavare da qualunque trasformazione chimica che coinvolga solo la zona più esterna dell'atomo.
Fino al 1800 circa, il combustibile principale era il legno, quindi si sfruttava l'energia solare immagazzinata dagli alberi nel corso della loro vita. Dalla rivoluzione industriale in poi, la società cominciò a utilizzare combustibili fossili, come il carbone e il petrolio, che sono anch'essi, in ultima analisi, riserve di energia solare immagazzinata nel tempo. Quando si brucia un combustibile fossile, ad esempio il carbone, gli atomi di idrogeno e di carbonio che lo compongono si combinano con quelli di ossigeno presenti nell'aria, producendo anidride carbonica e acqua; in questa reazione chimica viene prodotta una quantità di calore che corrisponde a circa 6500-9500 kcal/kg. Una parte dell'energia termica che si sviluppa viene assorbita dal combustibile stesso e rende possibile la prosecuzione della reazione.


L'atomo
L'atomo è costituito da un piccolo e massivo nucleo positivamente carico, circondato da elettroni. Il nucleo, in cui è concentrata la maggior parte della massa dell'atomo, è composto a sua volta da neutroni e protoni legati da forze di interazione nucleare forte, molto più intense rispetto a quelle di natura elettrica che vincolano gli elettroni al nucleo. Il numero di massa A di un atomo è il numero totale di nucleoni, cioè neutroni o protoni, che esso contiene; il numero Z specifica invece il numero di protoni del nucleo. Un nucleo atomico è indicato dalla notazione ; l'espressione U, ad esempio, rappresenta l'uranio 235.
L'energia di legame media per nucleone, che equivale all'energia necessaria per rimuovere un nucleone dal nucleo, è una funzione del numero di massa A. Dalla curva dell'energia di legame media per nucleone si desume che se due nuclei leggeri si fondono a formare un nucleo più pesante, o se un nucleo molto pesante si spezza in due nuclei più leggeri, si ottengono in entrambi i casi specie atomiche più stabili.
Ad esempio, dalla reazione di fusione di due nuclei di deuterio, o idrogeno pesante (H),

si ottiene un nucleo di elio 3, un neutrone libero (n), e una quantità di energia nucleare pari a 3,2 MeV, cioè 5,1 × 10-13 J. Dalla fissione del nucleo U, indotta dall'assorbimento di un neutrone,

si ottiene invece cesio 140, rubidio 93, tre neutroni e un'energia nucleare di 200 MeV, cioè 3,2 × 10-11 J.


Energia nucleare dalla fissione

La reazione dell'uranio consente di sottolineare due caratteristiche di tutti i processi di fissione nucleare. In primo luogo la quantità di energia prodotta da ogni singola fissione è molto grande; in termini pratici, la reazione di 1 kg di uranio 235 sviluppa 18,7 milioni di kilowattora, sotto forma di calore. Inoltre, il processo di fissione innescato dall'assorbimento di un neutrone dal primo nucleo di uranio 235 continua in modo autonomo: i neutroni emessi in ogni fissione possono indurre la fissione in quasi altrettanti nuclei di uranio 235, ciascuno dei quali si spezza in due frammenti, con produzione di neutroni e sviluppo di energia; così ha luogo un processo a catena che si autoalimenta, garantendo una produzione continua di energia nucleare.
Dell'uranio presente in natura, solo lo 0,7 per cento è uranio 235; il resto è costituito dall'isotopo non fissile uranio 238 e da quantità minime di uranio 234. Poiché la percentuale di materia fissile, cioè con elevata probabilità di dare luogo a un processo di fissione in seguito a bombardamento con neutroni, è molto bassa, una massa di uranio naturale non è in grado di sostenere una reazione a catena. Per aumentare la probabilità che un neutrone emesso in una reazione di fissione induca lo stesso processo in altri nuclei, esso viene rallentato mediante una serie di collisioni elastiche con nuclei leggeri, di idrogeno, deuterio o carbonio.
Nel dicembre del 1942, all'università di Chicago, il fisico italiano Enrico Fermi riuscì a produrre la prima reazione nucleare a catena controllata, utilizzando frammenti di uranio naturale distribuiti all'interno di un blocco di grafite pura (una forma di carbonio). Nella "pila", o reattore nucleare di Fermi, la grafite fungeva da moderatore per rallentare i neutroni, rendendo così possibile la reazione a catena.


Reattori nucleari

I primi reattori su larga scala, costruiti per la produzione di armi nucleari, usavano come combustibile uranio metallico naturale e come moderatore grafite.
Reattori ad acqua leggera o pesante

Esiste in tutto il mondo una gran varietà di reattori per la produzione di energia nucleare, che differiscono l'uno dall'altro per il tipo di combustibile, il moderatore o il sistema di raffreddamento. Nei reattori moderati e refrigerati ad acqua, viene generalmente usata acqua naturale (non pesante) e questo richiede l'impiego, come combustibile, di uranio arricchito.
Nel reattore ad acqua pressurizzata (Pressurized Water Reactor, PWR), l'acqua viene portata a una pressione di circa 150 atm, pompata nel nocciolo del reattore, quindi immessa in un generatore di vapore per mezzo di un circuito secondario. Il vapore così prodotto aziona uno o più generatori a turbina e poi viene pompato nuovamente nel generatore di vapore. Il circuito secondario è isolato dal nucleo del reattore, perciò non è radioattivo. Un terzo circuito di acqua, proveniente da un fiume, un lago o una torre di raffreddamento, serve per condensare il vapore.
Nel reattore ad acqua bollente (Boiling Water Reactor, BWR), l'acqua refrigerante è mantenuta a una pressione inferiore, e portata all'ebollizione nel nocciolo. Il vapore prodotto viene mandato direttamente nel generatore a turbina, condensato, e quindi ripompato nel reattore. Sebbene il vapore sia radioattivo, non c'è bisogno di alcuno scambiatore di calore intermedio tra reattore e turbina, con il conseguente guadagno in efficienza. Come nel PWR, l'acqua di raffreddamento del condensatore proviene da un'altra fonte, come un fiume o un lago.
Il livello di potenza di un reattore in funzione viene costantemente controllato da una serie di strumenti di vario genere. La potenza in uscita viene regolata mediante l'inserimento o la rimozione dal nocciolo del reattore di barre di controllo, cioè di elementi costituiti da un materiale capace di assorbire neutroni molto efficientemente. La posizione delle barre viene determinata in modo che la reazione a catena proceda a ritmo costante.
Durante il funzionamento, e anche dopo l'interruzione, un grosso reattore da 1000 Mw ha una radioattività di miliardi di curie. Le radiazioni emesse dal materiale radioattivo vengono assorbite da opportune schermature poste intorno al reattore e al circuito di raffreddamento primario. Altre strutture di sicurezza sono un sistema di raffreddamento del nucleo, che evita che quest'ultimo raggiunga temperature pericolosamente elevate in caso di avaria dei sistemi di raffreddamento principali, e, nella maggior parte dei casi, una struttura di contenimento di tutto il materiale radioattivo che eviti qualunque fuga radioattiva in caso di rottura.
Sebbene all'inizio degli anni Ottanta fossero già operanti negli Stati Uniti più di 100 impianti per la produzione di energia nucleare, in seguito all'incidente di Three Miles Island le preoccupazioni per la sicurezza e vari fattori di tipo economico hanno bloccato ogni ulteriore sviluppo nel campo dell'energia nucleare. Dal 1978 in poi non sono stati messi in cantiere altri impianti nucleari, e alcuni di quelli completati dopo quella data non sono stati resi operativi. Nel 1990 circa un quinto dell'energia elettrica prodotta negli Stati Uniti e ben i tre quarti di quella prodotta in Francia veniva da impianti nucleari.
Nei primi anni Cinquanta, quando iniziò lo sfruttamento dell'energia nucleare, l'uranio arricchito era disponibile solo negli Stati Uniti e nell'allora Unione Sovietica; di conseguenza i primi programmi di produzione di energia nucleare di Canada, Francia e Gran Bretagna prevedevano l'impiego di uranio naturale. Questo tipo di combustibile, meno efficace dell'uranio arricchito, richiede l'uso di ossido di deuterio (D2O), o acqua pesante; l'acqua naturale, infatti, ha la caratteristica di catturare un numero eccessivo di neutroni che d'altra parte sono necessari in elevate quantità a causa del basso rendimento del combustibile.
I primi reattori, alimentati con barre di uranio naturale, moderati a grafite e refrigerati con ossido di deuterio, furono in seguito soppiantati da reattori a uranio arricchito, e dai più avanzati AGR (Advanced Gas-cooled Reactor, Reattore avanzato raffreddato a gas). In Francia, in seguito alla costruzione di impianti per l'arricchimento di uranio, sono stati costruiti reattori del tipo PWR. La Russia e gli altri stati dell'ex Unione Sovietica hanno un programma molto ampio di sfruttamento dell'energia nucleare, che prevede sia il sistema PWR sia quello moderato a grafite. All'inizio degli anni Novanta erano in costruzione in tutto il mondo più di 120 nuovi impianti per la produzione di energia nucleare.


Reattori a propulsione
Impianti nucleari vengono utilizzati anche nella propulsione di grandi navi militari, come la portaerei statunitense Nimitz, o di sottomarini. In genere i sottomarini a energia nucleare sfruttano uranio molto arricchito così da permettere una sensibile riduzione delle dimensioni del reattore.
Tre navi nucleari, su iniziativa di Stati Uniti, Germania e Giappone, hanno operato per periodi limitati a scopo di sperimentazione ma, nonostante il successo ottenuto dal punto di vista tecnico, le regolamentazioni portuali restrittive e altri motivi di carattere economico hanno imposto la fine di questi progetti. All'ex Unione Sovietica spetta il merito di aver realizzato la prima rompighiaccio a energia nucleare, la Lenin, impiegata per liberare i canali del mare Artico.


Reattori per la ricerca
I reattori nucleari adibiti alla ricerca hanno come scopo principale la produzione di radiazione o isotopi radioattivi. Essi operano generalmente a livelli di potenza prossimi a 1 Mw, e il loro funzionamento può essere iniziato o interrotto più facilmente che nei grossi reattori per la produzione di energia.
Uno dei più usati in questo settore è il cosiddetto reattore a piscina. Il nocciolo consiste di uranio parzialmente o totalmente arricchito, contenuto in piastre di un'opportuna lega di alluminio immerse in una grande vasca d'acqua, che svolge la doppia funzione di moderatore e refrigerante. I materiali da irraggiare con neutroni possono essere collocati all'interno del nocciolo o nei suoi pressi. Diversi tipi di isotopi radioattivi vengono prodotti a scopi medicinali, per la ricerca e per l'industria.


Reattori autofertilizzanti
L'uranio, la risorsa naturale da cui dipende la produzione di energia nucleare, si trova in giacimenti diffusi in tutto il mondo; non se ne conosce con precisione la disponibilità, ma essa sembra essere molto limitata, soprattutto se si trascurano fonti a bassissima concentrazione, quali il granito e le argilliti.
La caratteristica fondamentale di un reattore autofertilizzante è nel fatto che esso può produrre, a partire da sostanze dette fertili, una quantità di materiale fissile superiore a quella che consuma. Il sistema ad autofertilizzazione più diffuso in tutto il mondo usa uranio 238 come materiale fertile. L'assorbimento di un neutrone da parte di un nucleo di uranio 238 dà luogo a un processo radioattivo chiamato decadimento (beta), durante il quale il nucleo si trasforma nell'isotopo fissile plutonio 239. La sequenza di reazioni nucleari è

Nel decadimento beta un neutrone decade in un protone, una particella beta e un antineutrino elettronico.
La fissione di un nucleo di plutonio 239, innescata da un neutrone, avviene con emissione di una media di 2,8 neutroni, uno dei quali è necessario per indurre la fissione nello stadio successivo della reazione a catena. Circa 0,5 neutroni (in media) vengono persi perché assorbiti dalle strutture del reattore o dal refrigerante e i restanti 1,3 neutroni possono essere assorbiti dall'uranio 238 per la produzione di altro plutonio 239, secondo la reazione (3).
Il reattore che sfrutta il sistema autofertilizzante più avanzato è l'LMFBR (Liquid Metal Fast Breeder Reactor, Reattore autofertilizzante rapido a metallo liquido), in cui la velocità dei neutroni destinati alla produzione di plutonio viene mantenuta alta, per massimizzare l'efficienza del sistema. Va quindi escluso qualunque materiale moderatore, come ad esempio l'acqua, che rallenterebbe i neutroni. Come refrigerante viene usato un metallo liquido, generalmente sodio. Il tempo di raddoppiamento, cioè il tempo in cui il reattore produce una quantità di combustibile doppia rispetto a quella originaria, è di circa 10 anni.
Lo sviluppo del sistema LMFBR è iniziato negli Stati Uniti prima del 1950, con la costruzione del primo reattore autofertilizzante sperimentale, EBR-1. Sono stati poi installati reattori autofertilizzanti operativi in Gran Bretagna, Francia, Russia e altri paesi dell'ex Unione Sovietica; procede inoltre il lavoro a scopo sperimentale in Giappone e in Germania.
In un grosso impianto LMFBR, il nucleo del reattore consiste di tubi sottili di acciaio inossidabile contenenti il combustibile costituito di ossido di plutonio per il 15-20% e di ossido di uranio per la parte rimanente. Tutto l'apparato centrale contenente il nucleo del reattore misura circa 3 m di altezza e 5 m di diametro ed è sospeso in un grosso contenitore di sodio liquido che, grazie a un sistema di pompe e scambiatori di calore, mantiene il reattore a una temperatura di circa 500 °C. Il vapore viene prodotto in un altro circuito di sodio, separato dal circuito di raffreddamento radioattivo dagli scambiatori di calore intermedi. Tutto il sistema è contenuto in una grande struttura di calcestruzzo e acciaio.
Il primo importante impianto di questo tipo per la generazione di elettricità, chiamato Super-Phénix, è entrato in funzione in Francia nel 1984. Un impianto di medie dimensioni, il BN-600, è stato costruito sulle coste del mar Caspio per la produzione di energia e la desalinizzazione dell'acqua.


Combustibili e scorie radioattive
Lo sfruttamento di combustibili come uranio e plutonio impone un'analisi dettagliata del problema dello smaltimento e dell'immagazzinamento delle scorie radioattive, che costituiscono il sottoprodotto dei processi nucleari.
Il ciclo del combustibile nucleare
Il ciclo di combustibile consiste di tre stadi fondamentali: il trattamento di preparazione degli elementi combustibili di un reattore, la fase di sfruttamento, e l'immagazzinamento o il riciclaggio del combustibile usato. Nei reattori ad acqua leggera l'uranio naturale, che contiene circa lo 0,7% di uranio 235, viene estratto da giacimenti superficiali o sotterranei. Il minerale viene concentrato per macinazione e poi trasportato in un impianto di conversione, in cui viene trasformato in esafluoruro di uranio gassoso (UF6). Nell'impianto di arricchimento isotopico, questo gas viene indirizzato contro una barriera porosa che funge da setaccio: l'uranio 235, più leggero, vi penetra più facilmente dell'uranio 238. Il prodotto arricchito viene mandato a un impianto di fabbricazione del combustibile, dove il gas di UF6 viene trasformato in polvere di ossido di uranio, e quindi nelle pastiglie di cui sono composte le barre di combustibile. Queste ultime vengono assemblate e trasportate al reattore, pronte per essere utilizzate.
Parte del combustibile deve essere sostituito ogni anno a causa dell'impoverimento in uranio 235 e dell'accumulo di prodotti di fissione che assorbono neutroni. Il combustibile usato viene generalmente conservato entro un tubo pressurizzato per circa un mese e mantenuto per circa un anno all'interno di vasche di raffreddamento presso il reattore.
Al termine del periodo di raffreddamento le barre vengono trasportate, all'interno di barili fortemente schermati, in strutture di immagazzinamento permanenti o in impianti di riprocessamento chimico; in questi ultimi l'uranio e il plutonio vengono separati dal resto delle scorie radioattive e in parte recuperati per la produzione di nuovo combustibile.
In alcuni paesi non è consentito il riprocessamento del combustibile, per timore che il plutonio 239 venga utilizzato illegalmente per la fabbricazione di armi nucleari.
Nel ciclo del combustibile dell'LMFBR, il plutonio prodotto nel reattore viene sistematicamente riciclato. Per la fabbricazione degli elementi combustibili si usa uranio 238 riciclato, uranio impoverito dalla separazione isotopica, e parte del plutonio 239 recuperato dalle barre usate. Il processo di recupero e riciclaggio fornisce quantitativi sufficienti di combustibile senza che siano necessarie ulteriori attività di estrazione.
Lo stadio finale di qualunque ciclo di combustibile è l'immagazzinamento a lungo termine delle scorie altamente radioattive, che rimangono biologicamente pericolose per migliaia di anni. Gli elementi combustibili possono essere immagazzinati in depositi adeguatamente schermati e sorvegliati, in attesa di ulteriori disposizioni, oppure possono essere convertiti in composti stabili, inglobati in vetri o ceramiche, incapsulati in contenitori di acciaio inossidabile, e infine seppelliti sottoterra a profondità opportune, in formazioni geologiche particolarmente stabili.


Energia nucleare e sicurezza
Negli anni Cinquanta e Sessanta l'energia nucleare era considerata una forma di energia economica, disponibile e poco inquinante. La possibilità di trovare una fonte alternativa all'uso dei combustibili fossili suscitò l'interesse sia dell'industria energetica, attenta alla riduzione del costo dell'elettricità, sia degli ecologisti, che vedevano in essa un'opportunità di salvaguardare l'ambiente dal rischio di inquinamento atmosferico causato dall'attività delle comuni centrali elettriche. Cionondimeno nell'opinione pubblica, cessato l'entusiasmo iniziale, maturarono le prime riserve sull'energia nucleare prodotta nei reattori a fissione e nel corso di pochi anni si verificò un brusco rallentamento dei progetti di realizzazione di nuove centrali. I movimenti contro lo sfruttamento delle reazioni nucleari che si diffusero su scala mondiale sensibilizzarono l'opinione pubblica sugli effettivi problemi di sicurezza connessi all'alto livello di radioattività presente a vari stadi del ciclo nucleare e sul rischio di proliferazione di armi nucleari.
L'Italia, in seguito al referendum del novembre 1987, ha bloccato la realizzazione e l'installazione di nuove centrali nucleari sul suolo nazionale e ha sospeso l'attività di quelle già funzionanti; per contro, Gran Bretagna, Francia, Germania e Giappone stanno procedendo con notevole impulso nel potenziamento degli impianti nucleari.
Pericoli radiologici
I pericoli della radioattività derivano dal fatto che le cosiddette sostanze radioattive emettono radiazioni ionizzanti molto penetranti che possono danneggiare i tessuti biologici, in particolare quelli in rapido sviluppo. L'unità di misura per la dose di radiazione assorbita dal corpo è il millisievert; essa viene corretta e adattata al grado di dannosità dei diversi tipi di radiazione.
Per chi lavora all'interno di industrie nucleari sono calcolati in media 4,5 millisievert annui e questa stessa dose vale anche per il personale degli aerei, costantemente esposto alla radioattività dei raggi cosmici. L'esposizione a una dose di 5 sievert è da considerarsi fatale.
I rischi radiologici possono insorgere a diversi stadi del ciclo del combustibile nucleare. Il gas radon è un comune inquinante delle miniere di uranio sotterranee. Le operazioni di estrazione e di macinazione lasciano nel suolo una gran quantità di scorie, contenenti piccole concentrazioni di uranio, che vanno tenute in bacini impermeabili e coperte da uno spesso strato di terra per evitare che rilascino radioattività nella biosfera.
Gli impianti di arricchimento dell'uranio e di fabbricazione degli elementi combustibili contengono grandi quantità del gas corrosivo UF6. Il rischio radiologico però è basso: le normali misure adottate nell'ambito di rischi di natura chimica sono infatti sufficienti a garantire la sicurezza.
Sistema di sicurezza dei reattori
Gli impianti nucleari sono provvisti di diverse strutture di sicurezza atte a controllare le possibili fughe radioattive e a ridurre il rischio e l'effetto di eventuali incidenti o mal funzionamenti del reattore. Nella maggior parte dei casi, un sistema di schermature impedisce che i prodotti di fissione si liberino nella biosfera: il combustibile è rivestito di materiale anticorrosivo; le pareti del sistema di raffreddamento primario del PWR sono realizzate in acciaio per formare una seconda barriera; l'acqua refrigerante stessa assorbe alcuni degli isotopi radioattivi biologicamente pericolosi, come lo iodio; infine la struttura esterna di acciaio e calcestruzzo rappresenta una terza barriera.
Durante il normale funzionamento di un reattore sfuggono inevitabilmente piccole quantità di sostanze radioattive; esse fanno salire la dose annua assorbita dalla popolazione residente nei pressi di un reattore di qualche punto percentuale rispetto a quella dovuta al fondo di radioattività naturale. Ben più preoccupante è il rilascio imprevisto di sostanze radioattive in caso di incidenti; il maggior pericolo è costituito da una perdita del refrigerante, poiché in questo caso la temperatura può raggiungere addirittura il punto di fusione del combustibile.
In ogni reattore è prevista un'elaborata strumentazione di controllo che esamina il buon funzionamento del reattore stesso e dei sistemi di sicurezza. Nei PWR uno di questi sistemi consiste nell'immissione di boro all'interno del refrigerante in caso di emergenza; questo elemento assorbe i neutroni interrompendo così le reazioni a catena e spegnendo il reattore. Per i reattori ad acqua leggera, in cui il refrigerante è tenuto ad alta pressione, una rottura del condotto principale causerebbe la perdita totale del refrigerante. Questi reattori sono quindi dotati di un sistema di raffreddamento di emergenza, che entra in funzione automaticamente quando si abbassa la pressione all'interno del circuito primario. Nell'eventualità di una perdita di vapore all'interno della struttura di contenimento, intervengono automaticamente refrigeranti spray che condensano il vapore evitando che la pressione all'interno dell'edificio aumenti fino a raggiungere livelli pericolosi.
Gli incidenti di Three Miles Island e di ernobyl
Nonostante tutti i sistemi di sicurezza sopra descritti, nel 1979 si verificò un incidente nel reattore PWR di Three Miles Island, vicino a Harrisburg, in Pennsylvania. Sebbene fosse fuoriuscita solo una piccola quantità di gas radioattivi, il danno economico fu enorme e grande fu l'impatto psicologico sull'opinione pubblica.
In seguito a questo evento furono approvati provvedimenti legislativi con i quali si istituiva una Commissione per la regolamentazione nucleare, che garantisse l'adozione di regole molto più restrittive per la costruzione di nuovi impianti e che aiutasse i governi locali a preparare piani di emergenza per la protezione della popolazione.
Il 26 aprile 1986 un altro grave incidente allarmò il mondo intero. Uno dei quattro reattori nucleari della centrale di Cernobyl, nell'allora Unione Sovietica, esplose e si incendiò. Secondo il rapporto ufficiale emesso l'agosto seguente, l'incidente fu causato da un esperimento non autorizzato sul reattore, effettuato dagli operatori addetti. Venne perso il controllo del reattore e si verificarono due esplosioni; il tetto del reattore venne eiettato e il nucleo si incendiò, bruciando a temperature elevatissime. La popolazione residente nella zona fu sottoposta a una quantità di radiazioni 50 volte superiore a quella dell'incidente di Three Miles Island e una nube di materiale radioattivo mise in allarme molte regioni. A differenza di tutti i reattori funzionanti nei paesi occidentali, quello di Cernobyl non aveva un edificio di contenimento, che avrebbe potuto evitare che il materiale radioattivo si diffondesse al di fuori della zona del reattore. Vennero fatte evacuare circa 135.000 persone dalla zona intorno al reattore, entro un raggio di 1600 km e più di 30 persone morirono nell'incidente. I resti dell'impianto furono poi incapsulati in una struttura di calcestruzzo. A partire dal 1988, comunque, gli altri tre reattori dell'impianto hanno ripreso a funzionare.
Riprocessamento del combustibile
Tra i rischi tipici dello stadio di riprocessamento ci sono il rilascio accidentale dei prodotti di fissione nel caso di rottura delle strutture di processamento chimico o dell'edificio che le contiene, e il rilascio sistematico di piccole quantità di gas inerti radioattivi quali kripto e xeno. Una struttura britannica chiamata THORP (Thermal Oxide Reprocessing Plant) opera a Sellafield, e riprocessa combustibili usati provenienti da impianti nazionali ed esteri. Anche in Francia esistono impianti di riprocessamento, e il Giappone ne sta costruendo uno.
La separazione di plutonio 239 costituisce un ulteriore motivo di preoccupazione negli stadi di riprocessamento chimico, dal momento che si tratta del materiale utilizzato per la costruzione delle armi nucleari. In questo caso vengono effettuati severi controlli da parte dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (IAEA).

 

Fusione nucleare
Oltre che nel processo di fissione di un nucleo pesante, si sviluppa energia nucleare anche nel processo di fusione di due nuclei leggeri. L'energia irradiata dal Sole è ad esempio sprigionata nelle reazioni di fusione tra nuclei di idrogeno che avvengono all'interno del suo nucleo.
La prima fusione nucleare artificiale fu realizzata all'inizio degli anni Trenta, mediante il bombardamento di un bersaglio di deuterio, con nuclei di deuterio ad alta energia accelerati in un ciclotrone; tuttavia il bilancio energetico della reazione risultò negativo ed essa non fu sfruttata commercialmente. Un considerevole rilascio netto di energia per fusione fu ottenuto per la prima volta negli anni Cinquanta, nell'ambito delle sperimentazioni sulle armi nucleari da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e Francia. In questo caso il bilancio energetico fu positivo, ma il rilascio di energia fu breve e incontrollato, pertanto non sfruttabile per la produzione di elettricità.
Ciò che rende difficile produrre la fusione nucleare artificiale è il fatto che questa reazione consiste nella fusione di due particelle – i nuclei – di carica elettrica uguale. Perché essa avvenga, quindi, i nuclei devono essere dotati di un'energia tale da vincere la forza di repulsione elettrostatica e il gas reagente deve essere riscaldato fino a una temperatura di 50 milioni di gradi. In un gas costituito dagli isotopi pesanti dell'idrogeno, deuterio e trizio, ogni evento di fusione

rilascia un'energia pari a 17,6 MeV, che si manifesta dapprima come energia cinetica del nucleo di elio 4 e del neutrone prodotti, quindi si trasforma in energia termica, determinando un rapido riscaldamento del gas circostante.
Un problema ugualmente complesso è poi quello della cattura dell'energia sprigionata e della sua conversione in elettricità. Per temperature superiori ai 100.000 °C, gli atomi di idrogeno sono completamente ionizzati. Il gas reagente si trova cioè nello stato della materia detto plasma, che consiste in una miscela di cariche libere positive e negative, complessivamente neutra. Perché il processo sia vantaggioso è necessario confinare il plasma entro uno spazio ridotto, così da aumentare il più possibile il numero degli eventi di fusione. Negli attuali reattori per fusione, detti tokamak, la camera di confinamento è di forma toroidale, con il diametro minore di circa 1 m e il diametro maggiore di circa 3 m. Il campo magnetico applicato, di intensità pari a 5 tesla, induce una corrente longitudinale di diversi milioni di ampère all'interno del plasma e le linee del campo magnetico risultante producono il confinamento del plasma.
In seguito ai successi degli esperimenti condotti in diversi laboratori con piccoli tokamak, all'inizio degli anni Ottanta ne vennero costruiti due di grandi dimensioni, di cui uno all'università di Princeton, negli Stati Uniti, e l'altro nell'ex Unione Sovietica.
Un'altra strada percorribile per ricavare energia utilizzabile dalla fusione è quella del confinamento inerziale. Questo sistema prevede che il combustibile, deuterio e trizio, sia contenuto in minuscoli bersagli bombardati da un fascio laser pulsante che innesca la reazione nucleare. Le ricerche nel campo della fusione fanno progressi, ma la prospettiva di un utilizzo pratico di questa fonte di energia pare ancora lontana.
I vantaggi dell'energia ricavata dalla fusione, nell'eventualità di trovare una strada per produrla in modo utilizzabile sono: 1) una fonte inesauribile di combustibile (il deuterio dell'oceano); 2) un basso rischio di incidente all'interno del reattore, che conterrebbe quantità minime di combustibile; 3) residui molto meno radioattivi di quelli della fissione.

 

Fonte: http://www.studenti.it/download/scuole_medie/Fonti%20energetiche.doc


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LE CENTRALI NUCLEARI

Produzione dell’energia elettrica

La produzione dell’energia elettrica, elemento essenziale nella vita di tutti i giorni, avviene presso le centrali elettriche. In esse, l’energia meccanica, prodotta in vari modi, viene trasformata in energia elettrica per mezzo di  macchine convertitrici. Un esempio di ciò sono le macchine elettriche rotanti.

Funzionamento delle macchine elettriche rotanti

Il funzionamento delle macchine elettriche rotanti si basa su due fenomeni fisici correlati. Il primo è il fenomeno dell'induzione elettromagnetica, scoperto nel 1831 dal fisico britannico Michael Faraday: se un conduttore si sposta in un campo magnetico, o più precisamente, se varia il flusso concatenato con il conduttore, viene indotta in quest'ultimo una corrente elettrica. Il secondo fenomeno fu invece osservato per la prima volta nel 1820 dal fisico francese André-Marie Ampère: un conduttore percorso da corrente e immerso in un campo magnetico è sottoposto a una forza che dipende dalla geometria del sistema.
Per ricavare l’energia meccanica necessaria per innescare le reazioni che fanno funzionare le macchine convertitrici esistono moltissimi modi, alcuni più o meno produttivi di altri, altri meno pericolosi, altri meno inquinanti. Si può ricavare energia da qualsiasi fonte che metta in movimento direttamente o indirettamente, le turbine del generatore. Ma negli ultimi anni si sta venendo sempre più delineando l’utilizzo, per quanto contestato, dell’energia nucleare, per la produzione di elettricità.
Reattori nucleari
I primi reattori su larga scala, costruiti per la produzione di armi nucleari, usavano come combustibile uranio metallico naturale e come moderatore grafite.
Reattori ad acqua leggera o pesante
Ai nostri giorni esiste in tutto il mondo una gran varietà di reattori per la produzione di energia nucleare, che differiscono l'uno dall'altro per il tipo di combustibile, il moderatore o il sistema di raffreddamento. Nei reattori moderati e refrigerati ad acqua, viene generalmente usata acqua naturale (non pesante) e questo richiede l'impiego, come combustibile, di uranio arricchito.
Nel reattore ad acqua pressurizzata (Pressurized Water Reactor, PWR), l'acqua viene portata a una pressione di circa 150 atm, pompata nel nocciolo del reattore, quindi immessa in un generatore di vapore per mezzo di un circuito secondario. Il vapore così prodotto aziona uno o più generatori a turbina e poi viene pompato nuovamente nel generatore di vapore. Il circuito secondario è isolato dal nucleo del reattore, perciò non è radioattivo. Un terzo circuito di acqua, proveniente da un fiume, un lago o una torre di raffreddamento, serve per condensare il vapore.
Nel reattore ad acqua bollente (Boiling Water Reactor, BWR), l'acqua refrigerante è mantenuta a una pressione inferiore, e portata all'ebollizione nel nocciolo. Il vapore prodotto viene mandato direttamente nel generatore a turbina, condensato, e quindi ripompato nel reattore. Sebbene il vapore sia radioattivo, non c'è bisogno di alcuno scambiatore di calore intermedio tra reattore e turbina, con il conseguente guadagno in efficienza. Come nel PWR, l'acqua di raffreddamento del condensatore proviene da un'altra fonte, come un fiume o un lago.
Il livello di potenza di un reattore in funzione viene costantemente controllato da una serie di strumenti di vario genere. La potenza in uscita viene regolata mediante l'inserimento o la rimozione dal nocciolo del reattore di barre di controllo, cioè di elementi costituiti da un materiale capace di assorbire neutroni molto efficientemente. La posizione delle barre viene determinata in modo che la reazione a catena proceda a ritmo costante.
Durante il funzionamento, e anche dopo l'interruzione, un grosso reattore da 1000 Mw ha una radioattività di miliardi di curie. Le radiazioni emesse dal materiale radioattivo vengono assorbite da opportune schermature poste intorno al reattore e al circuito di raffreddamento primario. Altre strutture di sicurezza sono il sistema di raffreddamento del nucleo, che evita che quest'ultimo raggiunga temperature pericolosamente elevate in caso di avaria dei sistemi di raffreddamento principali, e, nella maggior parte dei casi, ed una struttura di contenimento di tutto il materiale radioattivo che eviti qualunque fuga radioattiva in caso di rottura.
Sebbene all'inizio degli anni Ottanta fossero già operanti negli Stati Uniti più di 100 impianti per la produzione di energia nucleare, in seguito all'incidente di Three Miles Island le preoccupazioni per la sicurezza e vari fattori di tipo economico hanno bloccato ogni ulteriore sviluppo nel campo dell'energia nucleare. Dal 1978 in poi non sono stati messi in cantiere altri impianti nucleari, e alcuni di quelli completati dopo quella data non sono stati resi operativi. Nel 1990 circa un quinto dell'energia elettrica prodotta negli Stati Uniti e ben i tre quarti di quella prodotta in Francia veniva da impianti nucleari.
Nei primi anni Cinquanta, quando iniziò lo sfruttamento dell'energia nucleare, l'uranio arricchito era disponibile solo negli Stati Uniti e nell'allora Unione Sovietica; di conseguenza i primi programmi di produzione di energia nucleare di Canada, Francia e Gran Bretagna prevedevano l'impiego di uranio naturale. Questo tipo di combustibile, meno efficace dell'uranio arricchito, richiede l'uso di ossido di deuterio (D2O), o acqua pesante; l'acqua naturale, infatti, ha la caratteristica di catturare un numero eccessivo di neutroni che d'altra parte sono necessari in elevate quantità a causa del basso rendimento del combustibile.
I primi reattori, alimentati con barre di uranio naturale, moderati a grafite e refrigerati con ossido di deuterio, furono in seguito soppiantati da reattori a uranio arricchito, e dai più avanzati AGR (Advanced Gas-cooled Reactor, Reattore avanzato raffreddato a gas). In Francia, in seguito alla costruzione di impianti per l'arricchimento di uranio, sono stati costruiti reattori del tipo PWR. La Russia e gli altri stati dell'ex Unione Sovietica hanno un programma molto ampio di sfruttamento dell'energia nucleare, che prevede sia il sistema PWR sia quello moderato a grafite. All'inizio degli anni Novanta erano in costruzione in tutto il mondo più di 120 nuovi impianti per la produzione di energia nucleare.
Purtroppo all’uso dell’energia nucleare sono legati gravissimi rischi. Tra i quali figurano quelli legati alla radioattività delle scorie prodotte e delle località limitrofe. Basti pensare che dopo la chiusura di una centrale e il suo smantellamento per circa 200 anni dall’allontanamento del materiale, l’aria occupata è ancora radioattiva.

La radioattività

La Radioattività consiste nella disintegrazione spontanea di nuclei atomici con emissione di particelle subatomiche e di onde elettromagnetiche. Il fenomeno fu scoperto nel 1896 dal fisico francese Antoine-Henri Becquerel, il quale osservò che l'uranio emetteva delle radiazioni capaci di impressionare una lastra fotografica protetta da uno schermo opaco ai raggi luminosi.
Le ricerche iniziate da Becquerel vennero riprese dagli scienziati francesi Marie e Pierre Curie i quali nel 1898 scoprirono che la proprietà di emettere radiazioni penetranti era comune all'uranio e a molti dei suoi composti e diedero al fenomeno il nome di radioattività. Analizzando l'intensità della radiazione emessa per mezzo di una camera di ionizzazione, essi riconobbero che i minerali dell'uranio, in modo particolare la pechblenda, avevano un'attività radioattiva maggiore rispetto ai sali usati da Becquerel. Poiché non esistevano elementi noti sufficientemente radioattivi da giustificare le radiazioni osservate, essi dedussero che i minerali analizzati fossero composti da sostanze ignote estremamente instabili. Dopo una serie di esperimenti chimici sulla pechblenda scoprirono due nuovi elementi radioattivi: il polonio e il radio. La radioattività del torio, dell'attinio e del rado venne osservata in un secondo tempo. Le radiazioni, con i loro decadimenti e i loro raggi emessi, sono rischiose per la salute, per la loro capacita di penetrare le cellule e danneggiare il codice genetico. In questo modo esse possono provocare tumori e gravissime malattie.
Altri rischi legati all’uso di centrali riguardano anche la possibilità, di un evento catastrofico, come nel caso di Cernobil.

I rischi legati all’instabilità delle centrali

La sola cosa che differenzia le centrali nucleari dalle devastanti e pericolosissime bombe, che col solo nome riescono e rievocare ricordi tenebrosi, è la presenza di controllo da parte dell’uomo. Difatti, con sofisticate apparecchiature, riesce a controllare la reazione a catena che da sola tenderebbe a provocare un esplosione nucleare. Questa possibilità, per quanto scarsa, deve essere presa in considerazione. Lo stesso Cernobyl ci mise in allarme, quando in pochi secondi, da un reattore si è sprigionata una energia tale da sfuggire al controllo dell’uomo e devastare la città perennemente. Gli effetti provocati dall’esplosione prendono il nome di Fallout.
Meccanismi di formazione del fallout radiottivo
Un processo di fissione nucleare rilascia notevoli quantità di materiali e particelle radioattive che a loro volta rendono radioattive le molecole di suolo, aria e acqua direttamente investite dall’esplosione (Atomo).
Le singole particelle radioattive sono invisibili e talmente leggere che potrebbero fluttuare indefinitamente senza mai depositarsi al suolo. Tuttavia, se un ordigno nucleare viene fatto esplodere in prossimità della superficie, grandi quantità di materiali di varia natura vengono polverizzate, risucchiate nella nube a tipica forma di fungo e sollevate nell’atmosfera. All’interno della nube le particelle radioattive si aggregano ai materiali polverizzati, che fungono da zavorra e ne provocano successivamente la rideposizione al suolo.
I detriti più pesanti ricadono dopo appena qualche minuto e danno origine a una precipitazione localizzata, detta ricaduta diretta. I frammenti un po’ più leggeri, ma comunque visibili a occhio nudo, vengono trasportati dal vento insieme alla nube atomica e ricadono nel giro di qualche ora o giorno, dando origine a una ricaduta detta pioggia radioattiva locale, la cui natura ed estensione dipendono dalla potenza e dalle caratteristiche dell’ordigno esploso, dalla distanza dal suolo dell’esplosione e dall’intensità e direzione dei venti.
Le particelle microscopiche rimangono, invece, sospese per tempi più lunghi. Se la bomba ha una potenza relativamente ridotta, la nube atomica rimane confinata al di sotto della tropopausa (il limite tra la troposfera e la stratosfera); in questo modo le polveri radioattive vengono trasportate intorno al globo (lungo una fascia che circonda il pianeta alla stessa latitudine a cui è avvenuta la detonazione) e dopo qualche tempo ricadono sulla terra, trasportate dalla pioggia o da altri tipi di precipitazioni e danno luogo a un tipo di ricaduta detto “fallout troposferico”.
Se la bomba ha una potenza tale da riuscire a scagliare i frammenti dell’esplosione oltre la tropopausa, una parte consistente delle particelle radioattive si ferma nella stratosfera, dove rimane esposta all’azione dei venti stratosferici e dà successivamente origine a un tipo di fallout detto “stratosferico” o “globale”. Poiché la stratosfera non è interessata da alcun tipo di precipitazione, le particelle contaminate possono permanere in questo strato atmosferico anche per mesi o anni. In genere vengono trasportate dai venti solo in senso orizzontale e si disperdono, quindi, per tutta la stratosfera, compiendo in alcuni casi più di una rivoluzione intorno al globo. Una volta raggiunte le regioni polari o le zone interessate da correnti discensionali vengono, tuttavia, trascinate nella troposfera, dove si uniscono alle particelle che ricadono sul pianeta per effetto del fallout troposferico.
La prolungata permanenza delle particelle radioattive nella stratosfera fa sì che gli isotopi radioattivi con un tempo di dimezzamento relativamente breve decadano prima di ricadere a terra. Lo stesso discorso vale per alcuni dei radioisotopi sollevati e trasportati fino nella troposfera. Tale processo contribuisce a diminuire in qualche misura la radioattività delle ricadute e, quindi, la dose di radiazioni assorbita dagli organismi esposti al fallout. I radioisotopi con un tempo di dimezzamento relativamente lungo, all’opposto, possono conservare intatta la propria radioattività fino al momento in cui ricadono sulla superficie del pianeta e continuano, quindi, a rappresentare una minaccia per la salute dell’uomo e dell’ambiente per parecchi anni, anche perché possono entrare, ancora attivi, nelle catene alimentari e contaminare i cibi.
Gli effetti a lungo termine prodotti dal fallout equivalgono, in pratica, a quelli prodotti dalle radiazioni ionizzanti. Le radiazioni possono provocare alterazioni genetiche e causare, quindi, la nascita di bambini malformati. Il danno genetico può essere trasmesso alle generazioni successive e manifestarsi anche dopo decenni. A Hiroshima e Nagasaki, fra i bambini nati dopo l’esplosione della bomba nucleare, si registrano ancora casi di gravi malformazioni congenite. Anche tra le popolazioni più esposte al fallout dei test atomici atmosferici degli anni Cinquanta e Sessanta è stata registrata la nascita di bambini con malformazioni congenite.

 

Fonte: http://www.studenti.it/download/scuole_medie/Centrali%20nucleari.doc
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Energia nucleare

 

Con energia nucleare si intendono tutti quei fenomeni in cui si ha la produzione di energia Con energia nucleare si intendono tutti quei fenomeni in cui si ha la produzione di energiain seguito a trasformazioni nei nuclei atomici. L'energia nucleare insieme a quella solare è una fonte di energia primaria.
Volendo precisare, possiamo distinguere l'energia atomica in reazioni di fissione nucleare e reazioni di fusione nucleare.
Nelle reazioni di fissione, nuclei di atomi con alto numero atomico come, ad esempio, l'uranio si spezzano producendo nuclei con numero atomico minore e liberando una parte di energia. Esempio naturale di ciò è la radioattività. Tale processo è usato per produrre energia nelle centrali nucleari. Le prime bombe atomiche, del tipo di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki, erano basate sul principio della fissione.
Nelle reazioni di fusione, atomi con nuclei con basso numero atomico, come l'idrogeno, si fondono dando origine a nuclei più pesanti e rilasciando una notevole quantità di energia.
In natura le reazioni di fusione sono quelle che producono l'energia proveniente dalle stelle.
È invece attualmente possibile ottenere grandi quantità di energia attraverso reazioni di fusione incontrollate, come ad esempio nella bomba all'idrogeno.

 

La centrale nucleare

Il suo funzionamento è molto simile a quello di una convenzionale centrale termoelettrica convenzionale a differenza che l’acqua viene riscaldata da un reattore nucleare dove l’uranio viene fissato. Tre sono le parti principali della centrale:

  • Edifico contenete il reattore: enorme cilindro di cemento armato dove al centro è collocato il reattore
  • Sala macchine: un edificio dove è sistemata la turbina e l’alternatore
  • Edifici ausiliari: contengono le piscine schermate per la conservazione temporanea degli scarti radioattivi della centrale.

Il funzionamento della centrale è abbastanza semplice: viene pompata dell’acqua attraverso il reattore che la fa evaporare attraverso il calore emesso dalla fissione dell’uranio. Il vapore viene inviato direttamente nella turbina che trasferisce la propria forza meccanica all’alternatore che genera corrente elettrica.

 

 

 

Il reattore

Il reattore è un cilindro di acciaio inossidabile di grandi dimensioni. Alla sommità è fissata una calotta che può essere aperta all’occasione. Sulla piastra di base sono situati dei fori per far scorrere le barre di controllo. L’interno del reattore è vuoto (quando non è stato ancora introdotto il materiale combustibile) a parte una griglia superiore e una inferiore e due bocchettoni per l’entrata dell’acqua e l’uscita del vapore. Per caricare il reattore con le sbarre di uranio si apre la calotta si infilano le sbarre (con una gru) infine si richiude la calotta. Il procedimento di rinnovamento del carburante avviene circa ogni anno. Per mettere in funzione il reattore invece si attivano le cinque sorgenti di neutroni e si sfilano le sbarre di controllo; la reazione a catena ha inizio e l’energia emessa fa evaporare l’acqua.

 

 

 

 

 

                    Schema di una centrale Nucleare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

http://www.ipsia.fr.it/index.php/ipsia_site/content/download/903/3985/file/Tesina%20Energia%20elettrica%20finale.doc

 

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