Anziani in famiglia e famiglia di anziani

 


 

Anziani in famiglia e famiglia di anziani

 

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ANZIANI IN FAMIGLIA E FAMIGLIA DI ANZIANI  

 

2.2.1: ANZIANI CHI SONO

Gli anziani rappresentano il 21%  della  popolazione  secondo una statistica del 94 e confermata negli anni successivi (fonte ISTAT). L’età di un individuo dipende da fattori biologici ma anche sociali e psicologici, ad esempio eventi di perdita o nel primo caso patologie, determinano un invecchiamento precoce. Quindi dato che l’età anagrafica spesso non coincide con l’età psicologica è difficile dare un definizione di anziano ma gerontologi e geriatri concordano nel definire una persona anziana colei della quale, in base ai fattori sopracitati si può supporre che abbia davanti a sé 10 anni di speranza di vita.
Altre correnti di pensiero affermano che l’età senile inizi a 65 anni e si distingua in due fasi: la prima “anziana” ( dai 65 ai 75 anni ) la seconda “vecchia” ( dai 75 anni in poi ).
Parte dei sociologi di oggi considerano la vecchiaia una “invenzione sociale”; il pensionamento comporta una perdita di potere e di prestigio e sena l’inizio dell’età anziana; chi non è più giovane rischia di diventare socialmente invisibile e di essere vittima di pregiudizi e stereotipi spesso infondati. La popolazione anziana è eterogenea e si divide in due fasi: la terza età in cui rientrano prevalentemente anziani autonomi, attivi e in buone condizioni di salute e inizia intorno ai 60-65 anni, si tende a dare di tale età un’immagine positiva, il demografo Peter Laslett la considera “il coronamento della vita”, perché le persone, libere ormai da impegni familiari e lavorativi, ma ancora vigoroso sul piano fisico, possono dedicarsi alla realizzazione personale. Segue la quarta età, che segna generalmente l’inizio del decadimento fisico: in essa rientrano i vecchi e i molto vecchi spesso in precario o cattivo stato di salute o addirittura in condizioni di dipendenza parziale o totale dagli altri (inizia intorno ai 75-80 anni).
L’Italia, la Germania e il Giappone sono i Paesi dell’area occidentale a più intenso e rapido invecchiamento.

 ANZIANI A PIACENZA
Nel territorio piacentino, confrontando statistiche dell’81 con quelle più aggiornate del 96 si nota un cambiamento della percentuale di popolazione rispetto alle fasce d’età. In particolare si rileva un aumento degli anziani, la situazione è la stessa sia nel capoluogo che nei Comuni della provincia in pianura e in collina. Nelle zone di montagna, invece, la situazione è leggermente differente perché la classe anziana è aumentata conseguentemente all’allungamento della vita  e alla usuale scarsità della classe giovane.

 2.2.2: DOVE VIVONO
DISTRIBUZIONE TERRITORIALE
In Italia notiamo una maggior percentuale di anziani al Centro - Nord rispetto al mezzogiorno. Dai dati ISTAT del 96 si rileva che la Campania è la regione con la popolazione più giovane, mentre Liguria ed Emilia Romagna con quella più vecchia. Si evidenziano differenze tra gli anziani che vivono nei grandi centri e quelli che abitano nei piccoli: per i primi c’è il vantaggio di una maggior offerta di servizi da parte del Comune e degli Enti, ma svantaggi per quanto riguarda le condizioni ambientali non adeguate o alle spese maggiori necessarie per vivere; i secondi invece possono usufruire di minori servizi ma godono di una maggior tranquillità e di migliori condizioni ambientali. In base ai dati del censimento del 91 gli anziani ultra sessantacinquenni sono il 15% della popolazione, ma la loro quota varia da zona a zona: il maggior invecchiamento si ha nel centro e nel nord. E’ in aumento il numero degli ultra sessantacinquenni che vivono soli, sono più numerosi in Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria e Lombardia, ma anche in alcune zone del sud. Queste differenze probabilmente si spiegano col fatto che nelle regioni del sud l’emigrazione ha allontanato i figli dai genitori, rimasti soli, mentre in quelle del centro la famiglia estesa, in cui convivono tre generazioni è più diffusa che altrove. Ampie differenze si ritrovano anche nelle grandi città, fra centri storici (più vecchi) e periferie (più giovani).

 LA REALTA’ NEL PIACENTINO
Il numero egli anziani che vivono da soli aumenta col crescere dell’età, di conseguenza quelli che vivono in famiglia diminuiscono. Infatti dagli 80 anni in avanti un anziano su due non vive più con la famiglia, ma da solo o in istituto. Nel capoluogo il numero maggiore di anziani vive nelle circoscrizioni 1 e 3, infatti nel centro storico si trova il maggior numero di anziani che vivono da soli. Nella 2 e 4, anche se con tipologie familiari simili, il numero di anziani è inferiore.

Circoscrizione cittadina 1  v. Taverna
“                “        2  v. Trebbia
“                “        3  v. M. della Resistenza
“                “        4  Centro Civico Farnesiana

 ANZIANI IN FAMIGLIA E FAMIGLIE DI ANZIANI
Il benessere degli anziani è legato al contesto familiare, poiché la famiglia rappresenta il contesto entro il quale essi possono continuare ad esercitare un ruolo attivo, ricevendo sostegno, aiuto ed assistenza. E’ in famiglia che l’anziano passa la maggior parte delle giornate, visto il ridursi della mobilità in relazione all’aumentare dell’età. Gli uomini preferiscono vivere in coppia, mentre le donne, se non hanno qualche figlio che si ferma nella famiglia d’origine, vivono sole, per poi entrare a far parte, in alcuni casi, della famiglia del figlio. All’aumentare dell’età, per effetto della vedovanza, aumenta il numero di coloro che si trovano sole, mentre diminuisce il numero di coloro che vivono in coppia. Ciò è particolarmente evidente per la donna che ha statisticamente sette anni di speranza di vita in più rispetto all’uomo e del quale è generalmente più giovane. Con l’età cresce anche la quota dei membri aggregati, ovvero le persone che vivono insieme a una o più nuclei familiari, senza farne parte (anziano nella famiglia del figlio). L’aumento è evidente per gli ultra settantacinquenni, quando diminuisce l’autosufficienza. Poco più di un terzo delle donne fino a 74 anni vive ancora la fase del “nido vuoto”, cioè l’uscita dei figli dalla famiglia, mentre, a partire dai 75 anni, quasi la metà vive sola. Diversamente, gli uomini fino ai 64 anni vivono con moglie e figli, dai 65 ai 74 in coppia senza figli e vi permangono anche dopo i 75, è chiaro quindi che per gli uomini è meno probabile vivere una fase della vita da soli. La funzione parentale nell’età anziana si inverte: i genitori devono sopportare di dipendere dai propri figli e i figli di età matura di farsi carico dei genitori che perdono sempre più rapidamente la propria autonomia. Questa è una situazione che nella realtà coglie di sorpresa tutte le famiglie, infatti nessuno sa quando e come si instaurerà il rapporto di dipendenza. L’invecchiamento generale della popolazione rende sempre più frequente questo stato di dipendenza relativo o totale. I figli maschi riescono ad organizzarsi meglio e a trovare aiuti complementari, mentre le figlie si colpevolizzano e si preoccupano maggiormente di assistere personalmente i genitori e in particolare la madre: fra madre e figlia la dipendenza affettiva rafforza le richieste materiali. I genitori cominciano a invecchiare quando cessano di essere una risorsa per le difficoltà dei figli; questo stato di dipendenza è irreversibile: diviene ogni giorno più forte e implica crisi sorde o manifeste. L’età a cui un anziano perde la propria autonomia varia da una persona all’altra: la memoria si affievolisce, i problemi finanziari e amministrativi diventano più complessi, la mobilità rallenta, gli interessi diminuiscono. Questa perdita dei mezzi che consentivano una vita adulta e responsabile è accompagnata da paura, angoscia e da una richiesta affettiva profonda in cui si associano il desiderio di rimanere padroni in casa propria e l’esigenza quasi infantile di presenza e di protezione. La crisi, che può essere il prodotto di un graduale processo o improvvisa accompagnata o meno da cambiamenti sia nell’anziano che nei figli, si manifesta sempre come una frattura e costringe la famiglia a riorganizzarsi. Lo stesso tipo di evoluzione  imprevedibile che si nota nel periodo dell’adolescenza dei figli si riscontra anche nei periodi di invecchiamento rapido e rende inevitabile una modificazione dell’organizzazione familiare. L’unità familiare è quindi vissuta nella lotta, nella lacerazione, nel senso di incomprensione reciproca; il motto potrebbe essere:“ l’unione è una lotta”. Le famiglie di quattro o cinque generazioni hanno la fortuna di vivere rapporti fruttuosi tra le generazioni; condividono esperienze, affetto e sviluppano un’identità familiare forte e stabile. Il gruppo familiare è considerato una risorsa in grado di controbilanciare l’aumento delle spese sanitarie e la gestione delle malattie croniche. Oltre a un milione di famiglie hanno un anziano bisognoso di una precisa assistenza per le attività della vita corrente; cinque milioni di persone si occupano in permanenza di un genitore anziano. In una famiglia c’è generalmente una persona che si incarica dell’assistenza, aiutata o meno da altre. Un paziente è per lo più assistito dalla moglie, mentre una paziente è curata dalla figlia o dalla nuora. Le donne continuano a imporsi questo ruolo di assistenza nella propria famiglia, un gran numero di loro deve riuscire a integrare il proprio lavoro con questo impegno supplementare. Per l’assistenza che esige la malattia cronica crea un legame fortissimo tra il paziente e la persona che se ne occupa. Il terapeuta deve essere consapevole di questa possibilità di rapporto e del suo impatto sugli altri componenti della famiglia. Bisogna esaminare l’organizzazione familiare per capire se sono necessari dei cambiamenti che permetteranno di aumentare elasticità familiare per evitare la restrizione dei ruoli o semplificare i compiti. Si devono analizzare le aspettative dei membri della famiglia, perché certe donne hanno bisogno di modificare la propria visione della responsabilità: ampliare tale visione consentirà di includere altre persone nella gestione dell’assistenza.

 BISOGNI DELL’ANZIANO E DELLA SUA FAMIGLIA A PIACENZA
Secondo un’analisi svolta sul territorio piacentino, si è rilevato che i bisogni principali degli anziani e dei caregivers sono riconducibili a diversi filoni, ad esempio sostegni economici per coprire le spese. In secondo luogo è presente il bisogno relativo all’assistenza; altrettanto frequenti sono le risposte relative al bisogno di compagnia, dialogo, amicizia, rispetto. Anche i caregivers denunciano carenze nell’aspetto assistenziale, nel senso del sostegno di strutture pubbliche, in particolare nei casi di emergenza; sottolineano inoltre il bisogno di compagnia, alcuni ricordano la necessità di aiuto materiali, anche per l’acquisto di medicinali. Di conseguenza i caregivers hanno la necessità di avere più libertà, avere alcune ore libere o momenti per riposarsi, poiché l’assistenza è pesante, sia a livello fisico che psicologico, ciò è supportato dal livello di stress medio - alto riscontrato nei caregivers. Gli anziani ritengono di essere utili alla loro famiglia, alle persone che sono loro vicine e alla società “aiutando gli altri, dando consigli, ascoltando, assistendo altre persone e facendo compagnia, nella cura dei bambini”; infine è stato osservato che gli anziani possono essere utili “finché stanno bene”. Una buona parte del campione svolge qualche piccola attività di aiuto o gestione del proprio quotidiano, ad esempio piccoli lavori domestici e di cucina, soltanto una minoranza svolge attività di volontariato. Gli anziani nominano tra le persone che gli aiutano per le loro necessità in primo luogo le figure familiari, quindi i figli conviventi e non, poi i nipoti, parenti e il coniuge; solo una piccola parte cita anche l’assistente domiciliare e un aiuto a pagamento.

 

 VALORIZZAZIONE DELLA CASA E DELLA FAMIGLIA
Con il tempo un anziano accumula sentimenti, sclerotizza i rapporti, cristallizza le abitudini e non riesce più a gestire positivamente il rapporto con la famiglia, che dà le regole di un legame non più alla pari. Non bisogna colpevolizzare le famiglie che sopportano il peso, in particolare di un anziano non autosufficiente, che dovrebbe essere più sostenuta dai servizi  pubblici. Si richiede, quindi, un concreto impegno di solidarietà, che dovrebbe iniziare all’interno della famiglia stessa: essa si qualifica come comunità di lavoro e di solidarietà. Può accadere in molti casi che quando la famiglia decide di affrontare il problema, si può trovare priva dell’appoggio necessario da parte dei Servizi ed Enti pubblici. Sia i familiari rimasti vicino all’anziano, che quelli scomparsi o lontani sono presenti nella sua vita e la influenzano in modo profondo.

 

 FAVORIRE LA FAMIGLIA, I CENTRI DIURNI E LE PICCOLE RESIDENZE
La famiglia deve essere intesa come ambito affettivo relazionale e non ridotta ai soli rapporti giuridici tra parenti. In questo periodo sono di grande rilievo anche le esperienze di convivenza, che ricostruiscono anche il rapporto familiare anche tra persone anziane e giovani che non si erano conosciute prima: questa famiglia è ricca di relazioni affettive dotate di senso. La scelta di proporre soluzioni di sostegno o di sostituzione alla famiglia nell’assistenza, per esempio centri diurni e piccole case alloggio, cerca di salvaguardare i desideri e i bisogni della famiglia. Il rifiuto di un ricovero in istituto nasce spesso dalla convinzione che sia impossibile aver cura dell’anziano in un ambiente inadatto, infatti questa scelta tende a custodire più che a curare. In qualsiasi soluzione la famiglia intera deve essere coinvolta; è sempre più frequente il caso di figli che scelgono di partecipare alla cura e all’assistenza dei genitori, si realizzano nuove esperienze di famiglie composte da persone giovani e anziane che condividono la loro casa. Sono comunque da incoraggiare tutte le forme di sostegno alle famiglie che scelgono di occuparsi direttamente dell’anziano in difficoltà.

 

 RISCHI DELL’ISTITUTO
Qualche tempo fa assicurare all’anziano un futuro in istituto era considerato atto di solidarietà, mentre oggi per molti non è così: l’istituto riduce, anziché allargare, le speranze di vita. Si deve far di tutto per curare a casa, infatti si è notato che all’interno degli istituti è presente il fenomeno di morti premature; soprattutto quando il trasferimento è attuato senza la volontà e la consapevolezza dell’anziano, gli esiti possono essere molto pesanti. Il cambiamento di domicilio si accompagna all’abbandono definitivo della propria casa: ciò comporta la rottura di legami affettivamente significativi. Cambiare la residenza contro la propria volontà rappresenta un rischio di primaria importanza per la salute dell’anziano.

 FAMIGLIE DI ANZIANI
Il processo di invecchiamento ha prodotto un incremento delle famiglie composte d soli anziani, ciò determina la cosi detta segregazione generazionale, ovvero la tendenza a chiudersi in sé stessi e/o a limitare a limitare i contatti con persone di altre generazioni. L’incidenza delle famiglie uni personali  è via via più alta al  crescere dell’età anziana. Le famiglie di anziani sono più presenti nell’Italia Nord - Occidentale e meno nelle isole. Nelle famiglie senza anziani dominano le coppie con figli, nelle famiglie anziane predominano gli anziani soli.

 ANZIANO DA SOLO
Secondo i dati ISTAT del 94 gli ultra sessantacinquenni soli sono in complesso circa 2.500.000, gli uomini sono intorno al mezzo milione, le donne circa 2.000.000. Gran parte degli uomini di 60 anni e oltre vive insieme alla moglie la fase conclusiva della propria vita; la quota di coloro che vivono soli  cresce progressivamente con l’età. Per le donne la condizione di solitudine è più precoce e più diffusa; sia per gli uomini che per le donne, ma in misura molto maggiore per queste ultime, l’approssimarsi della quarta età coincide con il periodo della vita in cui è più probabile vivere da soli. Quando l’autonomia si riduce o vien meno, aumenta per gli uni e per le altre la probabilità di andare a vivere con la famiglia dei figli. Gli squilibri nella durata della vita tra uomini e donne espongono queste ultime a vivere più frequentemente esperienze dolorose e difficili, quali il lutto e la solitudine nella fase finale della vita. Tuttavia anche a tarda età la propensione per una vita indipendente è ancora forte: gli anziani soli hanno uno stato di salute migliore e in grado di autonomia superiore rispetto a quelli che vivono con i figli o con altri parenti. Questo significa che solo quando si verifica un serio deterioramento delle condizioni fisiche e psichiche la vita da soli viene sostituita dalla convivenza con altri familiari. La crescente propensione degli anziani a vivere soli si spiega in parte con il miglioramento del tenore di vita connesso alo sviluppo delle politiche di sicurezza sociale, ma anche con un cambiamento culturale che incoraggia l’indipendenza e la conservazione della privacy degli anziani. E’ stata sottolineata la centralità delle relazioni familiari nella vita degli anziani: con l’avanzare degli anni un numero sempre più elevato di persone sole risiede vicino ai figli o nello stesso caseggiato. Più vicino abitano figli, parenti e amici, più frequenti sono le loro visite. Gli anziani soli ricevono aiuti in misura maggiore rispetto agli anziani che convivono con altri. Vi è però una reciprocità dello scambio tra le generazioni: fino alla soglia della quarta età, aiuti dati e ricevuti si bilanciano; poi, con l’avanzare dell’età, naturalmente quelli ricevuti prevalgono su quelli dati. L’aiuto e il sostegno dei familiari sono probabilmente, per molti anziani, nella quarta età, una condizione necessaria per poter continuare a vivere da soli. Secondo un’indagine del 93, tra i Paesi della CEE, l’Italia è quello in cui gli anziani soli hanno rapporti più frequenti con i familiari: il 71% di essi ha contatti quotidiani. La solidarietà familiare, materiale e non, è molto più sviluppata in Italia e negli altri Paesi mediterranei. Questa situazione presenta per gli anziani vantaggi e limiti: una presumibile maggior dose di calore umano e di affettività nelle relazioni sociali e di sostegno, che copre però serie carenze degli interventi pubblici, con il risultato che, quando la solidarietà familiare viene meno o non è in grado di far fronte a gravi bisogni, il rischio di povertà diventa concreto per un certo numero di anziani, ma in particolare di donne anziane sole. La solidarietà familiare è palesemente inadeguata nel far fronte alla condizione di povertà, così come in quella di grave dipendenza fisica nell’età più avanzata, che richiedono un intervento di sostegno da parte della collettività. Nel campo delle politiche sociali una prospettiva più recente tende a promuovere l’inserimento sociale degli anziani e a considerarli come una risorsa economica e sociale. Si osserva che i tipi di intervento finora attuati n molti Paesi europei hanno di fatto ampliato i problemi della terza e quarta età, contribuendo a farle diventare fasi di dipendenza, di cui la società deve farsi carico, pagando costi o oneri. A tale scopo si propongono interventi finalizzati sia al protrarsi della vita lavorativa, sia allo svolgimento di attività socialmente utili dopo la pensione, che avrebbero come effetto un prolungamento complessivo dell’autosufficienza personale , con relativa riduzione di costi sociali. L’interruzione brusca del lavoro provocata dal pensionamento ha effetti meno negativi sia sulle donne che sugli uomini. Nell’età anziana emergono per le donne dei vantaggi in campo affettivo: il  loro maggiore orientamento ala famiglia le mette in grado più degli uomini di mantenere e rinsaldare la rete dei rapporti familiari e dei legami della solidarietà inter - generazionale. Di fronte alle carenze dei servizi per l’infanzia, ad esempio, le donne anziane, spesso autosufficienti autonome, svolgono un ruolo di fondamentale importanza nella cura dei nipoti e nel sostegno dell’attività lavorativa dei loro figli.

2.2.3: SERVIZI


SERVIZI SOCIALI E SANITARI
Sono necessari per gli anziani una serie di interventi volti ad evitare l’emarginazione e a garantire l’adattamento della personalità. In particolare negli anni 70 la società italiana ha preso coscienza delle difficili situazioni in cui venivano a trovarsi molti anziani. Per rispondere a queste richieste urgenti, sia a livello locale che centrale, si sono avviate numerose iniziative a favore delle persone anziane. Tra queste si sono avviati servizi culturali specifici, come le Università delle terza età, oppure servizi che facilitano la partecipazione di anziani ad  incontri comuni, ad esempio sconti nei teatri o nei cinema; anche alcuni servizi pubblici hanno previsto facilitazioni per gli anziani, ad esempio nel settore dei trasporti, sia urbani che extraurbani. Queste agevolazioni si sono rivelate utili, anche se a volte criticabili per il carattere implicitamente emarginante di alcuni servizi, per esempio i Centri per gli anziani essendo aperti solo a loro finiscono per isolarli, piuttosto che integrarli. Il problema più serio riguarda il diritto alla salute: l’identificazione del vecchio con il malato inguaribile ha creato nel Paese una drammatica situazione di diritti negati, leggi non rispettate, guadagni illeciti, violenze.

 

 SERVIZI DOMICILIARI
Il passaggio dall’assistenza degli anziani autosufficienti alla cura di quelli non – autosufficienti ha caratterizzato anche i servizi domiciliari, come risposta alle necessità di tali persone che potevano essere costrette a concludere la loro vita in istituto. Dapprima gli interventi di questo tipo di assistenza si limitavano alla pulizia dell’alloggio, fornitura di pasti, sostegno nelle relazioni sociali, ma in alcuni casi hanno svolto un ruolo “perno” andando, molte volte, aldilà delle loro competenze. Negli ultimi tempi si cerca di fornire all’anziano un’assistenza globale, che di norma ciascuno svolge per sé stesso o che viene svolta dai familiari; nel caso di persone sole, questo ruolo è fondamentale per evitare inutili emarginazioni. Apparentemente i servizi da erogare alle persone autonome possono sembrare gli stessi di quelli per le persone non autosufficienti, invece, dato che la riduzione dell’autonomia e la malattia sono rilevanti si determina un quadro e un servizio da fornire del tutto nuovo. Le esigenze dei malati sono effettivamente diverse, sia come qualità, che come quantità: per risolvere il problema dei non autosufficienti non basta fare un po’ di animazione e non si può pensare che le persone che assistono cento anziani autonomi possano servire dignitosamente cento persone malate gravemente: nell’assistenza domiciliare si è registrata quindi una crisi dovuta a questi fattori. Si è inoltre determinato un allargamento delle aree coinvolte dall’assistenza domiciliare: le persone benestanti hanno potuto usufruire di tali servizi, assorbendo una quota non indifferente delle scarse risorse (soprattutto umane) impegnate nel settore; le persone più povere si sono trovate sprovviste di servizi per loro indispensabili, ciò è stato determinato dai costi non indifferenti dell’assistenza domiciliare. La crisi di questo servizio è pertanto legata a due fenomeni: l’aggravarsi delle condizioni di salute dei pazienti e l’allargamento delle fasce di popolazione coinvolte. La storia de servizi ha oscillato tra il sostegno alle persone presso la loro casa e la costruzione di istituzioni collettive; oggi gran parte delle famiglie ha a disposizione una casa e i servizi domiciliari sono diventati prioritari. L’importanza e la specificità di tali servizi si è diffusa e consolidata solo negli ultimi venti anni: le associazioni locali e le cooperative hanno quindi iniziato ad operare in Italia in questo settore e hanno contribuito in modo originale al loro sviluppo. Questi servizi devono essere fortemente incoraggiati: in assenza di forti strutture di riferimento, la cooperativa di servizi domiciliari può svolgere un importante ruolo di riferimento. Tra gli anziani è molto diffuso il problema della solitudine; molti finiscono per vivere completamente isolati e senza contatti, in caso di malattia ciò risulta ancora più grave e per questi motivi si suggerisce di costruire servizi di assistenza domiciliare. Tra le attività principali si trovano lo stare in compagnia, fare la spesa, preparare i pasti, aiutare nella mobilità, prestare piccole cure infermieristiche, rilevare sintomi, facilitare contatti con la famiglia ed i vicini, preparare ricoveri ospedalieri e cura al rientro a casa, provvedere alle pulizie e facilitare i contatti con i servizi. La prima fase di questo lavoro consiste nella raccolta delle richieste, che vengono analizzate dall’associazione o dall’assistente sociale, in modo tale da mettere insieme personalità compatibili. La quantità di tempo e di interventi varia da a seconda delle necessità dei singoli individui. E’ evidente che il domicilio e la propria casa diventeranno sempre più importanti nel futuro, quindi poter garantire un buon livello di cure domiciliari può offrire possibilità di successo; si sono perciò moltiplicate le associazioni e gli enti che offrono questi servizi.

 SERVIZI NELLE RESIDENZE
Servire gli anziani in una residenza è tutt’altra esperienza che prendersene cura nella loro casa, infatti il cambiamento è totale. Gli anziani, fuori dalle loro mura, perdono non solo riferimenti, ma anche potere; non possono più disporre della loro vita con la stessa autonomia che sarebbe stata loro riconosciuta nella propria casa. Non essere a casa propria vuol dire “rinegoziare” tutte le relazione umane e sociali; vuol dire essere costretti ad apprendere di nuovo come comportarsi per svolgere tutte le attività quotidiane. Il ricovero mette l’anziano in una posizione di inferiorità nei confronti sia di chi lavora, sia di chi è fuori. Il ricovero in un’istituzione è reso pericoloso dalla mancanza di potere nelle decisioni. Dal punto di vista degli anziani, la scelta di piccole residenze collocate all’interno del normale tessuto sociale è certamente positivo; infatti nn si disperdono i legami e le solide amicizie personali. La piccola residenza, se accogliente, familiare e riconosciuta come tale può diventare anche un luogo terapeutico. C’è da sperare che queste iniziative a favore degli anziani possono essere realizzate e diffuse soprattutto nelle grandi città. Le esigenze degli anziani cambiano e diventa necessario utilizzare la casa di riposo anche per ricoveri temporanei soprattutto dovuti a motivi di salute e familiari: la caratteristica della residenza deve essere la garanzia della massima libertà per gli ospiti; deve essere un riferimento da cui partire per vivere le abituali attività quotidiane. Frequentare gli amici, conversare, passeggiare in paese, essere inseriti nel vissuto paesano sono sempre stati parte significativa della vita e attività da incoraggiare per gli ospiti della casa di riposo. All’interno delle residenze la rete dei rapporti può essere costruita attraverso collegamenti telefonici, frequenti visite, sistemi di comunicazione con i vicini, fino all’affidamento ad una famiglia amica che possa aver cura dell’anziano in modo attivo. Per molti anni si è creduto che il ricovero in istituto potesse essere una risposta positiva ad un bisogno, ma oggi per le mutate condizioni sociali ed economiche si è trasformato in una minaccia. La continuità, la perseveranza, la disponibilità a non abbandonare gli anziani nei momenti di sofferenza e di morte, il desiderio di legarli alla vita, ai rapporti umani, al mondo esterno devono far parte del bagaglio quotidiano dei servizi assistenziali.

 SERVIZI A PIACENZA
La regione Emilia Romagna, nel febbraio  94, ha varato un’importante riforma dei servizi a favore della popolazione anziana, la L.R 5/94 che ha suscitato un grande interesse a  livello nazionale. Questa innovazione legislativa introduce un modello di interventi centrato su una collaborazione a rete tra diversi soggetti pubblici (Comuni, Azienda USL, Strutture Protette gestite da IPAB) e privati (Volontariato, Circoli,  Associazioni, Cooperative Sociali, Sindacati dei Pensionati). L’attuale normativa assume dunque un carattere emblematico: pone l’anziano al centro di organiche politiche di sicurezza sociale; ribadisce con grande forza l’importanza di una stretta integrazione tra aspetti sociali e sanitari. Pur non dimenticando le problematiche che l’invecchiamento della popolazione può comportare, vede però l’anziano come portatore di valori e di risorse che vanno adeguatamente considerate. Un protagonista dunque che non esprime solamente bisogni, ma è anche titolare di diritti di cittadinanza, come ben evidenzia il titolo della Legge, dove esplicitamente si parla di “tutela e valorizzazione delle persone anziane”. Oggi la vecchiaia va pensata al plurale, poiché la terza età presenta situazioni fortemente differenziate tra loro(alcuni parlano infatti ormai di “giovani anziani”, e individuano una quarta età dove i fenomeni di dipendenza si fanno più marcati); e va tolta da una condizione di marginalità. Come benissimo scriveva Peter Laslett, l’anziano va oggi pensato come “fiduciario del nostro futuro collettivo”. Questa complessità e ricchezza di sfumature ha richiesto al Legislatore Regionale un grande sforzo di creatività per definire una programmazione degli interventi capaci tenere conto di esigenze e contesti diversi. La L 5/94 è infatti articolata i tre parti principali: una prima riguarda le azioni positive per il mantenimento dell’anziano nel contesto sociale, incentivando interventi nei settori dell’edilizia abitativa, delle attività turistico - ricreative, della cultura, dell’urbanistica, dei trasporti, favorendo altresì lo scambio e l’integrazione tra generazioni, anche attraverso il coinvolgimento dell’anziano in lavori socialmente utili. La seconda parte tratta invece degli interventi socio -  assistenziali, finalizzati al recupero o al mantenimento dell’autosufficienza economica e sociale dell’anziano. Le principali proposte sono: l’assistenza economica; la fornitura di attrezzature e ausili per consentire o migliorare la fruibilità dell’abitazione; la promozione dell’associazionismo e l’istituzione di centri sociali per gli anziani; lo sviluppo di servizi di assistenza domiciliare a prevalente aiuto della persona, del tele soccorso e la sperimentazione di forme di accoglienza dell’anziano solo in famiglie diverse da quella naturale. La terza parte, infine , riguarda interventi socio - sanitari, prevalentemente rivolti a persone o totalmente non autosufficienti. E’ la sezione della Legge che contiene le maggiori innovazioni anche dal punto di vista organizzativo. Prevede infatti la stipula di accordi di programma tra tutti gli enti coinvolti, per ottenere la massima integrazione tra servizi sociali e sanitari;   l’istituzione del Servizio di assistenza anziani (S.A.A.) come punto di raccordo e di direzione dell’Unità di Valutazione Geriatrica (U.V.G.) come strumento tecnico di diagnosi e di lettura del bisogno socio - sanitario. Viene poi individuata l’innovativa figura del Responsabile del caso, l’Assistente Sociale che assume la titolarità dell’intero progetto di aiuto. All’interno di questo quadro organizzativo trova collocazione la rete dei servizi socio - sanitari, tra loro collegati:

  • L’Assistenza Domiciliare Integrata, in primo luogo, che consiste nell’insieme combinato di prestazioni di carattere socio - assistenziale e sanitario.
  • L’Assegno di cura, un contributo economico a favore delle famiglie che si assumono direttamente il carico assistenziale;
  • Il Centro Diurno, un servizio semi - residenziale che si pone come cerniera tra il ricovero in struttura e il supporto a domicilio;
  • La Casa Protetta , una struttura residenziale per anziani parzialmente autosufficienti o non autosufficienti;
  • La Residenza Sanitaria Assistenziale, un presidio a forte valenza sanitaria, destinato ad anziani non autosufficienti che richiedono trattamenti continui.

Come si vede le novità  introdotte sono numerose e rilevanti. A Piacenza questo nuovo modello organizzativo sta pian piano realizzandosi.
Come è noto, i modelli operativi attualmente presenti nei servizi sociali si rifanno a tre principali orientamenti: il modello sanitario dove l’operatore ha il ruolo di guaritore; il modello assistenziale dove l’operatore è erogatore di risorse e prestazioni; il modello a rete, ovvero l’intreccio di relazioni contestuali; in questo caso l’operatore diventa “stimolatore di risorse”. L’approccio di rete nasce dall’esperienza diretta e dalla volontà degli operatori, la L.R.5/94 ha accolto gli stimoli di questo approccio, ma certo non è sufficiente perché il lavoro di rete nasce dal gioco delle relazioni e non c’è Legge che possa assicurare la disponibilità e la responsabilizzazione dei soggetti interessati, condizione indispensabile rispetto al successo del lavoro. I  S.A.A. affrontano quotidianamente rispetto a questa tematica: le dimissioni ospedaliere; il rapporto tra U.V.G. e le altre figure socio – sanitarie del territorio; l’avvio di un’assistenza domiciliare realmente integrata. Il S.A.A. è stato istituito, come previsto dalla L.R.5/94, attraverso un Accordo di Programma sottoscritto dai Comuni del Distretto Urbano, dal A.S.L. e dallo I.P.A.B. e dalle Case Protette presenti sul territorio. Opera su impulso e sotto la direzione del coordinatore, coadiuvato da un ufficio di direzione tecnica. Il servizio è articolato sul territorio e opera tramite gli uffici del Servizio Sociale del Comune di Piacenza. I servizi per l’area anziana nel territorio sono Servizi di assistenza domiciliare, Centro Diurno, Comunità Alloggio, Residenza Protetta, Casa di Riposo. L’offerta residenziale del Distretto urbano è articolata al 31/12/96 in questi Servizi per quattordici unità complessive: tre sono le case protette, situate tutte nel Comune di Piacenza; territorialmente più distribuite sono le case di riposo: 4 sono a Piacenza e le rimanenti si collocano in altri Comuni (Podenzano, Ponte dell’Olio, S. Giorgio, Rivergaro). Il servizio di residenza protetta è situato a Piacenza; due sono le comunità di alloggio rispettivamente a Piacenza e a S. Giorgio. Per quanto riguarda la disponibilità delle diverse tipologie si è assistito ad una contrazione dei posti in casa di riposo e una situazione di equilibrio nelle altre strutture. La dinamica dell’utenza evidenzia come si è verificato sul territorio provinciale un incremento marcato per  il servizio di case protette e una diminuzione progressiva e costante nel numero di utenti in casa di riposo. Questo incremento è maggiormente  a Piacenza e più limitato nel distretto urbano. Tale differenza è motivata da una situazione immodificata dell’offerta di questo servizio nel corso degli anni: l’offerta nel distretto urbano si è ampliata nel 1994 con l’entrata in funzione di una casa protetta con 12 nuovi posti, a cui si aggiungono nel 97, 36 posti in più in un’altra casa protetta. La tipologia dell’utenza è cambiata negli ultimi anni, con una crescita degli anziana non auto – sufficienti, che vengono a costituire la maggioranza dei soggetti (55%). Al contrario nel distretto urbano predominano gli anziani auto – sufficienti (60%). L’offerta residenziale per non auto – sufficienti del distretto urbano presenta una carenza di 187 posti rispetto agli indici regionali previsti per il convenzionamento di posti in casa protetta più R.S.A. (4% della popolazione con età maggiore uguale ai 75 anni) le disponibilità offerte da interventi di soggetti privati potrebbero contribuire a colmare queste lacune. Nelle strutture residenziali del distretto sono presenti 279 utenti non auto – sufficienti in casa protetta e 44 in casa di riposo. La presenza di questi ospiti può costituire un elemento di difficoltà per strutture, le cui finalità sono legate in prevalenza all’assistenza di anziani auto – sufficienti. Per quanto riguarda il sesso e le classi d’età si conferma il forte fenomeno di femminilizzazione con percentuali più consistenti in case protette (80%) e leggermente inferiori in case di riposo (72%); nelle comunità alloggio risulta predominante la popolazione maschile. L’analisi e la composizione del nucleo familiare dell’anziano che accede ai servizi valutati fa emergere come sia più elevata la percentuale di chi vive solo (58%), in seconda posizione si colloca chi convive con altri familiari (30%) ed infine coloro che vivono con il coniuge o con altri anziani (12%): è dunque prevalente una condizione di solitudine. Sono stati individuati i punti di forza e di debolezza dei diversi servizi; i punti di forza sono:

  • il buon livello di assistenza socio – assistenziale e sanitario
  • i progressi fatti dalle strutture
  • il trattamento alberghiero
  • la dimensione ristretta della struttura che consente l’instaurarsi di un rapporto       familiare fra gli stessi utenti e con gli operatori.

I punti di debolezza sono:

  • difficoltà di offrire un servizio sempre più personalizzato
  • la preparazione di base del personale socio – assistenziale presenta alcune lacune in particolare in quelle strutture che si trovano a doversi occupare di anziani non auto – sufficienti senza le adeguate competenze.

I servizi per gli anziani nel distretto urbano sono in evoluzione, con la necessità di continui sforzi organizzativi e strutturali per raggiungere la soddisfazione dei bisogni dell’utente.
Le opportunità di servizio domiciliare per la popolazione anziana stanno diventando una risorsa sempre più concreta ed utilizzata. Questi servizi sono consolidati in città e abbastanza presenti nei Comuni del distretto. La tendenza generale è, per altro, quella di consentire l’accesso anche all’utenza non anziana, costituita nella maggior parte dei casi da inabili adulti e portatori di handicap. Vi sono anche notevoli margini di sviluppo dell’intervento domiciliare, a tale scopo è importante condurre una campagna di informazione, affinché  chi è in difficoltà senta di potersi fidare, vedendo tutelata la propria individualità e sostenuta la propria autonomia. Talvolta i servizio domiciliare è percepito come intrusione e limite rispetto alla propria indipendenza. In ogni caso va segnalato come dato positivo l’assenza di liste d’attesa. Si tende a privilegiare le persone sole; il sostegno domiciliare può essere un intervento sostitutivo rispetto alla famiglia assente, oppure integrativo nei nuclei con forti carichi assistenziali, in tal modo il servizio è un’alternativa ai ricoveri in strutture protette. Tra il 92 e il 96 la crescita quantitativa è contenuta e si sviluppa soprattutto nella provincia: in città invece aumenta il numero di ore di assistenza per ciascun utente. La differenza tra Piacenza e il distretto è confermata dalla tipologia degli assistiti: in città gli autosufficienti sono il 20% , nei Comuni del distretto il 55%. A conferma di questo dato incide la differente composizione dei nuclei familiari degli assistiti: nel distretto le persone sole sono il 65,4% contro il 53,2% di Piacenza. Nei Comuni del distretto è leggermente più marcata l’utenza femminile e quella degli anziani con 80 e più anni. Il netto predominio femminile, che si fa ancora più marcato nelle classi di età più avanzata, segnala il fatto che sono soprattutto le donne in età avanzata a mantenere quei margini di economia necessari a rimanere nel proprio contesto di vita, con il decisivo appoggio del servizio domiciliare. L’unico ente a garantire presidi semi - residenziali è il centro diurno cittadino collocato presso il Maruffi, del quale si segnala l’elevato livello qualitativo, ma anche gli evidenti limiti quantitativi. Il C.D. è una struttura socio - sanitaria che assiste parzialmente o totalmente, attuando programmi di cura, riattivazione e socializzazione. E’ un presidio portante e utile, in quanto consente alla persona di rimanere nel suo contesto di vita il più a lungo possibile. Le prestazioni erogate sono classificabili in sette punti:

  • assistenza alberghiera diurna
  • assistenza tutelare diurna
  • aiuto e recupero delle funzioni primarie connesse all’attività di vita quotidiana
  • assistenza infermieristica
  • attività di mobilitazione
  • attività ricreative, culturali e di socializzazione
  • trasporto per le persone che non possono raggiungere il centro o rientrare al proprio domicilio da soli o con i mezzi di trasporto dei familiari

Il modello organizzativo introdotto dalla L.R. 5/94 viene visto come strumento di qualificazione degli interventi, tuttavia molti passaggi devono essere ancora realizzati, in particolare per quanto riguarda la piena operatività del S.A.A. e la collaborazione con i servizi sanitari. Le attività promozionali, un nuovo servizio pubblico in fase di sviluppo, sono volte a favorire occasioni di incontro, socializzazione, impegno delle persone anziane. Nel quinquennio 92-96 la costante crescita dell’utenza è il segnale di una nuova cultura, capace di valorizzare le risorse della persona anziana e di scommettere sulle possibilità di un suo ruolo sociale attivo. L’amministrazione comunale offre l’opportunità agli anziani di lavorare per sentirsi ancora attivi e integrati nella società, senza tuttavia essere sottoposti ai ritmi e allo stress del lavoro precedente. Obbiettivo principale è quello di contrastare fenomeni di emarginazione e di perdita di d’identità e auto stima, spesso conseguenti alla cessazione del lavoro, offrendo agli anziani la possibilità di collocarsi in una posizione di centralità, valorizzando le loro esperienze professionali. Questo tipo di impegno è anche occasione per allacciare  nuovi rapporti umani, oltre che per integrare redditi pensionistici spesso molto ridotti. Tale attività sono volte a lavori di pubblica utilità, l’impegno è retribuito e coperto da una assicurazione, inoltre non supera le tre ore giornaliere. Molti sono i settori in cui il pensionato può dare un contributo prezioso, tra questi ricordiamo attività di vario tipo in ambito scolastico, manutenzione del verde pubblico, collaborazione nelle attività di quartiere e con i servizi di assistenza domiciliare nella cura di anziani non totalmente autosufficienti (compagnia, commissioni, piccoli interventi domestici). Le attività lavorative  dei pensionati si configurano come collaborative e integrative e non sostitutive di mansioni e competenze del personale dipendente del Comune. Analizzando alcuni dati si nota che i lavori socialmente utili vedono un maggior coinvolgimento maschile e una rilevante apertura a persone al di sotto dei 65 anni. Nel campo delle attività motorie sono invece le donne a diventare protagoniste assolute: in questo caso l’età è più avanzata, con una significativa quota del 9% al di sopra dei 75 anni. La ginnastica, ad esempio, se effettuata regolarmente, consente di mantenere la mobilità generale, di conservare autonomia di spostamento e capacità di continuare senza fatica i gesti usuali della vita quotidiana, di ridurre le conseguenze che derivano dalla vita sedentaria. L’attività motoria proposta dal Comune di Piacenza è una ginnastica “dolce”, che aiuta a contrastare e limitare i fenomeni patologici e le malattie che spesso insorgono con l’avanzare dell’età; aiuta a mantenere ed a recuperare gradualmente le principali funzioni fisiche per affrontare con autonomia, serenità e in migliori condizioni psicologiche la vita quotidiana. Ciò favorisce, inoltre, momenti di incontro con gli altri per programmare attività creative e culturali, per uscire da una inattività quotidiana, che è spesso causa di disagio. I servizi di vacanze sono quelli più consolidati nel tempo e più diffusi sul territorio distrettuale, la prevalenza femminile è piuttosto marcata, in particolare nei Comuni del distretto; l’utenza prevalente è compresa tra i 65 e i 79 anni, ma non mancano i più giovani e neppure le persone di 80 e più anni. Ci sono molte ragioni per partecipare ad una vacanza organizzata dal Comune: fa bene alla salute sfuggire ai rigori del clima invernale e all’umidità del caldo estivo della città e soggiornare in luoghi dove il clima è più appropriato; si ha l’opportunità di estraniarsi dalle abitudini quotidiane, sfuggire alla solitudine, fare nuove conoscenze e stabilire rapporti di amicizia, che potranno continuare al rientro in città; dà tranquillità e sicurezza approfittare di una vacanza con la garanzia dell’assistenza medica e infermieristica. Un discorso a sé va fatto per i servizi di trasporto: un’opportunità presente nel solo Comune di Piacenza e rivolta non solo agli anziani, ma a tutti i disabili. A tale scopo il Comune di Piacenza concede un’agevolazione per l’utilizzo dei taxi ai soggetti con limitata capacità motoria, al fine di superare le difficoltà di movimento e di autonomia, ciò consiste nella concessione di buoni nominativi del valore corrispondente a quello di una corsa minima del taxi, che potranno essere scontati sull’importo della corsa.
Il pronto bus è un servizio speciale di trasporto che si effettua “pota a porta”, il cui fine è quello di soddisfare la domanda di mobilità straordinaria prevalente in persone con grave difficoltà motoria perché invalidi permanenti e temporanei; viene realizzato con mezzi appositamente attrezzati per accogliere anche persone in carrozzella.
Le Ferrovie dello Stato contribuiscono nelle agevolazioni degli sconti per le persone che hanno compiuto 60 e più anni.
Per gli anziani che trascorrono l’estate in città il Comune  organizza un’iniziativa denominata “un’estate nuova…per chi ha tante primavere”, realizzata con la collaborazione di Circoscrizioni, Sindacati, Circoli anziani, Case di Riposo, Associazioni e Cooperative;  comprende vari momenti: feste, gite, cinema all’aperto, spettacoli musicali, commedie, mostra degli hobby, visite ai musei e località della provincia, pranzi a prezzi convenzionati, assistenza e spesa a domicilio per gli anziani con difficoltà motoria o cittadini inabili ecc..
Secondo un’indagine svolta a Piacenza a cura del Centro di Osservazione famiglie nell’anno 97 gli anziani dicono di usufruire principalmente dei servizi quali il medico di base, e decrescendo quantitativamente sono citati l’assistenza domiciliare del Comune, l’assistenza privata, l’assistenza infermieristica, il volontariato (AUSER), visite specialistiche, fisioterapia, ricoveri ospedalieri, ricovero temporaneo in struttura, Croce Rossa, 118, Tele soccorso, Pronto bus, trasporti pubblici, contributi economici del Comune, vacanze del Comune, vacanze con l’A.C., ginnastica per anziani. Altri anziani ne utilizzano solo alcuni, non essendo nemmeno a conoscenza di altre possibilità. La valutazione data dagli anziani e dai loro caregivers è prevalentemente positiva. Del tutto positivi sono i rapporti con gli assistenti domiciliari; qualche critica invece viene segnalata nel rapporto col medico di base, tanto che l’anziano, il più delle volte, ha finito per cambiare medico. La maggior parte degli anziani intervistati dichiara di non partecipare a nessun gruppo. I motivi sono molto diversi: “non sono più in grado”, i circoli sono lontani, c’è chi non ama la confusione e preferisce restare solo; è comunque rilevante la scarsa informazione al riguardo. Piacenza è vista dagli anziani e dai loro caregivers come una città piccola, tranquilla e sicura con servizi per gli anziani, con trasporto efficiente e comodità nei quartieri. Secondo alcuni è possibile instaurare rapporti amichevoli con le persone. Per conto, coloro che sono insoddisfatti della qualità della vita a Piacenza, si riferiscono soprattutto alla chiusura delle persone, ai difficili rapporti inter – personali, soprattutto di vicinato. C’è poi chi è scontento perché non c’è abbastanza verde, oppure a causa del clima o perché gli anziani subiscono furti in casa, infine per le difficili situazioni economiche. Alcuni anziani e caregivers denunciano infine una carenza di servizi per il sovvenzionamento economico per l’acquisto anche di medicinali sebbene l’Amministrazione Comunale si ponga alcuni obiettivi: mantenere le persone anziane nel proprio ambiente di vita in condizioni di autonomia ed indipendenza; tutelare le persone a rischio; recuperare persone e nuclei familiari dalla spirale dell’emarginazione. I contributi sono erogati in base al criterio del minimo vitale, che è inteso come diritto di ogni cittadino al soddisfacimento delle fondamentali esigenze di vita. 
Le U.V.G. nascono negli anni ’30 n Inghilterra, ma il salto di qualità avvenne nel 1984, quando si dimostrò come il metodo della valutazione multi dimensionale e multi – professionale, contrapposta alla cura così detta “tradizionale” ma di alto livello, dava i seguenti risultati:

  • minore mortalità
  • minore durata di degenza in ospedale
  • minore istituzionalizzazione
  • minori costi globali per il sistema sanitario nazionale
  • migliore qualità della vita

In Italia la premessa giuridica alla nascita delle U.V.G. nacque con il Progetto Obiettivo Anziani nel 92, che costituì l’inizio di una discussione ed elaborazione di idee che hanno trovato diversa applicazione nelle singole regioni italiane. L’Emilia Romagna fu una delle prime a darsi una legislazione organica sul problema della tutela della salute dell’anziano con la L.R 5/94, che istituì le U.V.G.T.. questa legge ha molti buoni meriti:

  • istituisce e definisce nella composizione le U.V.G. determinando le risorse economiche necessarie al loro funzionamento
  • introduce il concetto di rete dei servizi
  • introduce l’assegno di cura
  • determina un collegamento con l’ospedale, sia attraverso il geriatra che tramite l’obbligo di adottare le procedure per la così detta “dimissione protetta”
  • si dota di strumenti tecnici per l’introduzione di protocolli valutativi uniformi
  • si dota di strumenti tecnici per la sorveglianza e la valutazione dei risultati

Non tutti gli obiettivi e le procedure sono stati raggiunti e attuati, in particolare gli ultimi due. Non esiste differenziazione tra U.V.G, U.V.G.T., ospedaliere delle istituzioni: il metodo è unico ma deve trovare diverse procedure nelle diverse realtà in cui si trova ad operare. La legge ha trovato applicazione per la necessità di corrispondere l’assegno di cura, che è un aiuto economico alle famiglie che mantengono a domicilio l’anziano malato e non auto – sufficiente. Questo interessamento alle U.V.G. nasce dalla mancanza di reali alternative assistenziali, in quanto erano inesistenti o insufficienti le R.S.A., C.D., A.D.I.. Nel distretto di Piacenza il S.A.A. è stato attuato nel 1997 e rappresenta lo strumento operativo dei soggetti sottoscrittori dall’accordo di programma sancito dalla L.R. 5/94. La prima fase dell’attività delle S.A.A. è stata quella di conoscere la domanda della popolazione anziana, le strutture e le risorse che metteva  a disposizione il Comune. Grazie alla collaborazione con l’ A.S.L. si è potenziata l’assistenza domiciliare infermieristica, passo preliminare per l’ A.D.I.. L’U.V.G. ha il compito di certificare la non auto – sufficienza e dà il via ai primi interventi a domicilio. Su indicazione dell’accordo di programma si è attribuita maggior attenzione al ruolo dell’assistente sociale del territorio: è infatti su questa figura che si basa l’impianto organizzativo del S.A.A.. Tale operatore è il punto di riferimento per la persona anziana che manifesta un bisogno e per la sua famiglia. La programmazione e l’attivazione completa dello A.D.I. potranno limitare i ricoveri in strutture. Nell’anno 97 sono stati erogati dalla A.S.L. 251 interventi infermieristici a domicilio e nelle quasi totalità di casi si è trattato di persone residenti nel Comune di Piacenza.

 

                                  

                       
SERVIZIO DI PRONTA ACCOGLIENZA TEMPORANEA:  la finalità è quella di provvedere alle esigenze di anziani non auto – sufficienti che vengono a trovarsi temporaneamente soli per diverse ragioni:  stato di malattia, ospedalizzazione, impegno di lavoro del familiare convivente ecc. ( a Piacenza non esiste questo servizio)
COMUNITA’ ALOGGIO:   struttura residenziale di dimensioni ridotte, che garantisce agli ospiti una vita comunitaria parzialmente autogestita con l’appoggio di servizi territoriali; ne usufruiscono anziani autosufficienti che, per particolari condizioni psico – fisiche e relazionali necessitano di una vita comunitaria di reciproca solidarietà. (Pio Ritiro Cerati Piacenza)
RESIDENZE PROTETTE: si tratta di alloggi aggregati in una stessa unità strutturale, dotati di una zona comune per i servizi collettivi, per offrire la possibilità di vivere autonomamente in un ambiente controllato e protetto. Sono destinate ad anziani in condizione di auto – sufficienza completa o parziale che, pur conducendo una vita autonoma, devono usufruire di servizi collettivi protezione e di appoggio. (Pio Ritiro S. Chiara Piacenza)
CASE DI RIPOSO:  sono strutture residenziali a carattere assistenziale, che offrono servizi generali per  l’aiuto nelle attività quotidiane, occasioni di vita comunitaria e possibilità di attività occupazionali e ricreative – culturali, di mantenimento e riattivamento. Sono destinate prevalentemente agli anziani auto – sufficienti o parzialmente auto – sufficienti per i quali non sia possibile il mantenimento nel proprio ambito familiare e sociale.
(Pensionato e Casa Protetta Vittorio Emanuele II°, Opera Nazionale Familiari Sacerdoti, Opera Pia Scalabrini, Pia Casa di Ricovero e Provvidenza Maruffi, Casa di Riposo Papa Giovanni XXIII°, Piacenza).
CASA PROTETTA: è una struttura assistenziale a rilevanza sanitaria che deve garantire un’assistenza tutelare completa per tutte le attività quotidiane e l’assistenza sanitari di base, nell’ottica di un recupero massimo delle capacità degli ospiti. Ne usufruiscono, o i cittadini adulti con gravi patologie, in condizioni di non auto – sufficienza per i quali non sia possibile il mantenimento nel proprio ambito familiare sociale. (Pensionato e Casa Protetta Vittorio Emanuele II°, Pia Casa di Riposo e Provvidenza Maruffi, Pio Ritiro Cerati, Piacenza).

 

 


                       

S.A.D. = Servizio Assistenza Domiciliare
A.D.I. = Assistenza Domiciliare Integrata
S.A.A. = Servizio Assistenza Anziani
U.V.G. = Unità Valutazione Geriatrica
U.V.G.T. = Unità Valutazione Geriatrica Territoriale
A.U.S.L. = Azienda Unità Socio Sanitari Locale
R.S.A. = Residenze Sanitarie Assistenziali
C.D.= Centri Diurni
A.D.P. = Assistenza Domiciliare Programmata

2.2.4: TEMPO LIBERO E RELAZIONI SOCIALI
RIORGANIZZARE I TEMPI DI VITA
L’età anziana può rappresentare il momento dei rimpianti per le scelte mancate o per gli istanti belli vissuti distrattamente, ma costituiscono anche l’età in cui il peso delle responsabilità è ridotto e in cui uomini e donne sono oggettivamente riavvicinati quanto a tempi e luoghi di vita, possono rappresentare anche l’età in cui il tempo si libera e si può pensare a sé stessi. Per molte persone i cambiamenti che intervengono nella vita familiare possono rappresentare vere e proprie sfide, piccole rivoluzioni domestiche. Sono molto presenti e ben note le “attività abitudinarie” (il giorno per le grandi pulizie, il giorno per la spesa, quello per uscire, fare compere, incontrare amici o parenti, ecc.) intorno a cui ruota la giornata e la vita soprattutto di chi è più avanti negli anni. Molto nella vita degli anziani dipende dallo stato di salute. Gli anziani in buona salute avrebbero tutte le possibilità e le potenzialità per vivere ancora dai 20 ai 30 anni tranquilli, liberati da impegni familiari e lavorativi e liberi finalmente di dedicarsi a loro stessi e di godersi un sereno e meritato riposo. Tuttavia molti studiosi hanno mostrato che esistono forti contraccolpi, sia economici sia psicologici, che derivano dal passaggio repentino dalla vita attiva al riposo. L’età anziane sono caratterizzate da una vera e propria ridefinizione del ruolo sociale degli individui; ciò pone problemi di natura psicologica, ma anche di vera e propria organizzazione dell’esistenza, quindi è importante analizzare come gli anziani passano il tempo, come si relazionano con gli amici, quali sono le attività da loro svolte nel tempo libero.

 TEMPO LIBERO A CASA O FUORI CASA?
Quando si diventa anziani il tempo passato in casa aumenta, ma le differenze tra le abitudini di vita tra i due sessi si accrescono con due ore di permanenza in più in casa da parte delle donne. Gli uomini anziani vivono maggiormente in luoghi aperti o in altri luoghi, mentre le donne si orientano verso la casa d’altri. Nei giorni festivi e prefestivi il tempo che gli anziani trascorrono in casa propria è maggiore poiché ci sono meno occasioni di uscita per gli acquisti, soprattutto la domenica. L’uomo è dunque più proiettato fuori dalle mura domestiche, mentre le donne stanno più in casa: la “domesticità” è la caratteristica fondamentale della loro vita. Non esiste ora della loro giornata in cui la maggioranza delle donne si trovi in luoghi aperti: la percentuale più alta riguarda la domenica mattina (46.7%). Gli uomini escono di casa in maggioranza la mattina, ma anche in larga parte il pomeriggio: anche per loro la percentuale maggiore si raggiunge la domenica mattina  (73.5%). Gli anziani quindi si spostano meno del resto della popolazione: una maggior mobilità è presente negli uomini e, rispetto al totale degli spostamenti, gli anziani si muovono prevalentemente a piedi.

 

PIU’ TEMPO PER SE’ STESSI
Dopo i bambini, sono gli anziani ad avere tempi fisiologici più dilatati, proprio in questa età la quasi totale scomparsa del lavoro fa aumentare il tempo disponibile per altre attività e ciò è vero soprattutto per gli uomini. Gradatamente dalla prima fascia di età anziana in cui si dedicano in media 12 h 24 m alle cure personali, igiene, sonno, pasti, ecc., si arriva a dedicare 13 h 42 m nella seconda fascia. Questi dati configurano n modo assai diverso le diverse giornate delle due distinte fasce d’età anziana, 65/74, 75 e più. La situazione è variabile anche considerando il tipo di famiglia in cui gli anziani vivono. Dormono più a lungo i membri isolati e le persone sole, all’ultimo posto  si collocano gli anziani che vivono in coppia con figli. Permane comunque una differenza tra i due sessi, in tutte le fasce d’età gli uomini vi dedicano più tempo. I rapporti di amicizia sono molto importanti nella vita di ogni persona, tuttavia, sorprendentemente alta è la percentuale di anziani che dichiara di non avere amici. Gli uomini hanno mediamente più frequentazioni delle donne, infatti il 49.2% degli anziani vede amici più di una volta a settimana, contro il 35.7% delle donne anziane. Tra le attività del tempo libero, quella che più caratterizza la vita degli anziani è il guardare la televisione, non allo stesso livello è la diffusione della radio. La lettura dei quotidiani è un’altra attività che accomuna un numero importante di anziani, soprattutto uomini. L’abitudine di leggere i giornali decresce con l’età e raggiunge il minimo dai 75 anni in poi, sia per i maschi che per le femmine. Meno diffusa sembra la lettura dei libri, anche in conseguenza del basso titolo di studio della popolazione anziana, soprattutto femminile. Come è noto la proiezione all’esterno e la mobilità degli anziani è minore che nel resto della popolazione e riguarda meno i maschi che le femmine anche nelle attività del tempo libero. E’ così che cinema, teatro, spettacoli fanno parte dell’esperienza di vita quotidiana solo di una parte limitatissima di anziani. Anche in questo caso la differenza tra le varie età anziane è molto pronunciata: la classe di età dai 60 ai 64 anni si conferma come transazione con caratteristiche comportamentali più simili alle classi di età precedenti che a quelle successive. Infine, gli anziani, in media si recano meno frequentemente in vacanza del resto della popolazione, per di più al crescere dell’età diminuisce la quota di popolazione che si reca in vacanza. Gli anziani, dunque, ascoltano radio e televisione, leggono quotidiani, partecipano alla vita del paese. Importante, infine, il coinvolgimento degli anziani nell’attività religiosa; le donne in questo campo sono più assidue degli uomini in tutte le età, ma a partire dai 75 anni si recano meno frequentemente nei luoghi di culto (forse a causa del peggioramento della salute che può condizionarne la mobilità). Per gli uomini, al contrario, il coinvolgimento nelle attività religiose cresce con l’età.

 SCAMBIO TRA TEMPO LIBERO E LAVORO FAMILIARE
Si accentua una forte differenza tra i due sessi. Le donne per un’intensificazione della loro domesticità prolungano la situazione delle fasi precedenti, ovvero lavorano tutte, sempre e di più. La necessità di continuare a svolgere un carico notevole di attività domestiche in condizioni fisiche non più ottimali, le obbliga a contenere addirittura i tempi per le attività fisiologiche oltre che per il tempo libero; per gli  uomini, invece, finita la fase della rigidità dei tempi di lavoro, il tempo libero e quello dedicato a sé stessi si dilatano. Gli uomini preferiscono concentrarsi su attività quali il giardinaggio e la cura degli animali, a cavallo tra l’attività del tempo libero e il lavoro domestico in senso stretto. Alla donna rimane il carico fondamentale della gestione quotidiana della casa in tutte le sue sfaccettature, nessuna esclusa.

 ANZIANI ATTIVI
Per mantenere una buona salute è opportuno rimanere attivi; al contrario l’abbandono dei ruoli produttivi influenza negativamente l’esperienza dell’essere anziano. Sono sempre di più gli anziani che scelgono di rimanere attivi e che ne hanno la possibilità. Tempo libero, turismo, beni voluttuari, hanno acceso l’interesse  degli anziani dopo che era stato assicurato loro un discreto benessere. In particolare la televisione ha accompagnato il processo stesso di invecchiamento di un’intera  generazione. L’anziano attivo è, quindi, spesso, una persona che vive in una certa agiatezza; è anche di frequente inserito in associazioni, fenomeno tipico della società italiana è l’associazionismo degli anziani, in cui si registra una fortissima presenza sindacale. Ormai da tempo gli iscritti alle federazioni dei pensionati hanno superato il numero totale dei membri di tutte le altre categorie. Le esperienze migliori sembrano essere state quelle accompagnate da un significativo investimento culturale: quando si è cercato di capire l’evolversi della situazione degli anziani, si è riusciti ad offrire risposte adeguate ai loro bisogni. Individualizzando i bisogni e le aspettative e considerando gli anziani alla pari delle altre generazioni, la sociologia italiana ha operato uno spostamento di interesse dall’anziano problematico a quello attivo, dall’anziano – problema all’anziano – risorsa.
Nel Comune di Piacenza esistono diversi luoghi in cui gli anziani si possono trovare nel loro tempo libero; si tratta di circoli, organizzazioni, parrocchie, ecc.. obiettivi principali che si prefiggono sono:

  • la promozione di attività ricreative e culturali
  • lo sviluppo di iniziative di solidarietà, ad esempio assistenza ad anziani ed handicap

Le attività promozionali, la comunicazione socio – culturale le configurano come luoghi della prevenzione dove sono possibili l’incontro, la socializzazione e la risocializzazione dell’anziano. Per altro si possono ricordare associazioni quali “Le mani delle donne”, per apprendere ed insegnare i lavori femminili, l’Università della Terza Età, attività estive per
gli anziani che trascorrono l’estate in città e momenti di incontro, ad esempio “Pranzinsieme”.

 ANZIANI PER GLI ALTRI
Il legame di dipendenza e solidarietà tra gli uomini viene avvertito dolorosamente quando, nel bisogno, l’aiuto necessario è carente o manca del tutto. Il bisogno di aiuto non è più subito, ma raccolto come una richiesta cui si può positivamente rispondere. Il numero di persone che, superata la soglia dei 65 anni, “lavora per gli altri senza fini di lucro” è già piuttosto consistente e tende ad aumentare. Tale fenomeno sarà ancora più sostenuto se si attiveranno degli opportuni collegamenti inter generazionali. Molti anziani vivono come adulti e come adulti possono lavorare, ma la possibilità di interventi significativi è sarà sempre collegata alla effettiva disponibilità di relazioni con le fasce di popolazione attiva e con i giovani. Le esperienze più interessanti sono quelle che raccolgono persone di attività diversa  uniti da un medesimo scopo. La presenza di un’attività comune di persone anziane e meno anziane permette miglioramenti nel servizio, garantisce la continuità di un intervento che in un servizio gestito esclusivamente da anziani sarebbe difficile. Al tempo stesso, però, permette di utilizzare al massimo la componente anziana come  una vera e propria risorsa. La relazione tra coetanei, vicini di quartiere, ex colleghi ha una pregnanza sua propria, che non sostituisce, non annulla, non avvilisce gli altri legami, ma li rafforza. Questo lavoro nel lavoro coinvolge gli anziani molto più di qualsiasi altra forma di visita e di assistenza. Ci sono altre due milioni e mezzo di persone che forniscono aiuto agli altri. Il volontariato per esempio con gli anziani, sia promozionale che personale, si colloca in un quadro di riferimento che stimola le risposte migliori alla “dipendenza rifiutata”. Chi si occupa di questo non rifiuta la dipendenza, non se ne scandalizza, non se ne compiace.

 

2.2.5 INDAGINE SUL TERRITORIO
INTERVISTA
Infine abbiamo realizzato un’intervista utilizzando come campione degli anziani di età compresa tra i 60 e 95 anni circa, di ambo i sessi, residenti nei diversi moduli abitativi. Riportiamo qui alcuni grafici che evidenziano le risposte più significative.

 

Fonte:http://www.raniero.it/home/kndfoijdfjlouri659704397032597045hieflkhhlirhklr9y0569046905689765hierwhkewrhlkrewihoerwoih549703649ohkfuoperoyproy6479034907hkleoihe9747906463/

skuola/scuola/tesine/4156.zip

Fonte: http://appuntone.xoom.it/appuntone/AA/tesine.htm

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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