Diario di viaggio organizzato Salonicco e Santorini

 


 

Diario di viaggio organizzato Salonicco e Santorini cosa vedere e cosa fare a Salonicco e Santorini

 

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Diario di viaggio organizzato Salonicco e Santorini

 

Cosa vedere e cosa fare a Salonicco e Santorini

 

LA GRECIA: SALONICCO E SANTORINI.

09 - 15.10.2001 - Tour organizzato da TOURVISA.

 

Il viaggio è stato dedicato a due affascinanti località della Grecia: Salonicco (Thessaloniki), capitale della Macedonia e seconda città della Grecia, ricca di storia e vicina ai centri archeologici di Pella e Vergina, le due capitali della Macedonia classica, e l’isola di Santorini (Santorini-Thira), la più meridionale delle Cicladi, antico centro minoico distrutto nel 1500 a.C. circa dall’esplosione del suo vulcano che ha creato al centro un grande caldera lasciandone emergere gli orli. Oltre ai resti minoici, che alcuni dicono trattarsi della mitica Atlantide di Platone, l’isola offre stupendi panorami della terra e degli abitati con le case dai tetti bianchi e colorati, le innumerevoli chiese ortodosse e tutto il fascino delle isole greche.

 

10.1  SALONICCO.

 

La città di Tessalonica (Thessaloniki), secondo Strabone fu fondata da Cassandro, figlio di Antipatro, nel 315 a.C. allora reggente della Macedonia per il figlio di Alessandro Magno e di Rossana. Cassandro diede alla città il nome della moglie anch’essa figlia di Alessandro, fece presto avvelenare il giovane erede Alessandro IV e la madre (310-09) e governò la Macedonia fino alla morte avvenuta nel 298-97. Dopo il regno passò nelle mani dei discendenti di Antigono, generale di Alessandro che aveva avuto l’Asia occidentale. La capitale del regno era ancora Pella ma Tessalonica per la sua posizione favorevole sul mare divenne la sede della flotta macedone e centro commerciale; il porto di Pella infatti, all’estremità di un profondo estuario, si andava progressivamente interrando ed oggi infatti la città si trova a circa 30 km dal mare. Il regno di Macedonia finì con la sconfitta a Pidnia dell’ultimo re, Perseo, da parte dei Romani comandati da Lucio Emilio Paolo. Divenuta provincia romana, la Macedonia fu divisa in quattro parti e due ebbero per capitali Pella e Tessalonica. La via Egnazia, costruita da Caio Egnatio, collegò presto Tessalonica a Durazzo sull’Adriatico e proseguì poi verso il Bosforo come continuazione della via Appia. Con Diocleziano e la Diarchia, nel 293 d.C., l’Illirico con capitale Tessalonica fu affidata al “Cesare” Galerio e molti resti romani della città risalgono a questo periodo. La fondazione di Costantinopoli le tolse importanza e cominciò a subire le incursioni barbariche. Nel 390, a seguito di una rivolta, l’imperatore Teodosio fece eseguire un massacro indiscriminato nel circo e ne seguì la condanna del vescovo di Milano, Ambrogio, che costrise l’imperatore a riconoscere pubblicamente la sua colpa. Dal IV al XII secolo Tessalonica fu per Bisanzio un baluardo fortificato contro tutti i tentativi di attacco alla Macedonia ed alla Grecia. Resistette agli assedi degli Unni nel 447, degli Slavi nel 578 e nel 626 e dei Bulgari nel 926, subì una razzia dei pirati arabi nel 904 e nel 1185 fu espugnata per poco tempo dai Normanni provenienti dall’Italia meridionale. La città era diventata però ricca e popolosa e rivaleggiava con Bisanzio. Con la IV crociata nel 1204 e la caduta di Bisanzio, Tessalonica divenne la capitale di un regno comprendente Macedonia e Tessaglia sotto Bonifacio, marchese di Monferrato, ma successivamente tornò al rango di città di provincia dell’impero bizantino e divenne di nuovo bersaglio degli attacchi dei Serbi e dei Turchi. Bisanzio la cedette ai Veneziani ma nel 1429, dopo lungo assedio, venne conquistata dai Turchi. Da questo momento la città cambia volto, le chiese vengono trasformate in moschee, la popolazione, già multietnica diviene a prevalenza turca e subisce una forte migrazione di ebrei spagnoli e portoghesi esuli dalle loro terre, il nome turco della città diventa Salonicco. Sotto l’amministrazione turca le attività produttive rallentano e fino a tutto il XVIII secolo la città vive come in letargo. Nel 1821 scoppia la rivoluzione greca ma Salonicco rimane indifferente, nella seconda metà del 1800 si ha il risveglio economico con la creazione di consolati europei e lo sviluppo delle compagnie di navigazione con l’Europa. Nel 1908 Salonicco accoglie la rivoluzione dei Giovani Turchi ma Bulgaria, Serbia e Grecia reagirono puntando su Salonicco (1913); i Greci prevalgono cacciando i Bulgari ed assicurandosi il possesso della città. Iniziò allora la migrazione greca che cambiò di nuovo progressivamente il volto della città durante e dopo la prima guerra mondiale e specie dopo la caduta di Smirne con le migrazioni di massa da e per la Turchia.

 

10.1.1  LA CITTÀ MODERNA E QUELLA ROMANA E BIZANTINA.

 

La città moderna si stende lungo il mare nel golfo omonimo ai piedi dei rilievi della città vecchia con lunghe strade parallele alla linea di costa ed altre trasversali. Sul lato nord-ovest c’è il porto, a sud-est i quartieri più moderni. Il lungomare è il Leofòros Nikis (viale della Pace), più interna e più trafficata è la Tsimiski quindi la via Egnazia che ha conservato il nome dell’arteria romana. La via trasversale più importante è la Odòs Aristotélous che va dal mare dove si trova la piazza omonima fino alla via Egnazia ed alla piazza del Tribunale. L’impressione che si ha è quello di una città commerciale ricca ed attiva.

Poco si è trovato durante gli scavi del periodo ellenistico, a parte alcune fondazioni dei bastioni risalenti all’epoca di Cassandro sul lato ovest della cinta bizantina, e resti di una basilica sotto la cattedrale di S. Demetrio. Consistenti sono invece i resti romani dal I al III secolo d.C.; in un’area archeologica oltre la piazza del Tribunale ci sono i resti del Foro (Agorà Romana) e di un piccolo teatro, più ad ovest, sulla via Egnazia, si trova l’Arco di Galerio, arco trionfale eretto nel 297 per commemorare la vittoria di Galerio sui Persiani. I bassorilievi, specie quelli dell’arco sud, rappresentanti divinità ed il trionfo dell’imperatore, hanno una vivacità ed una freschezza anche superiore a quelli dell’Arco di Costantino a Roma di poco posteriore (315). Un po’ più a nord si trova la Rotonda, il Mausoleo di Galerio, trasformato un secolo dopo in chiesa dedicata a S. Giorgio (Agios Georgios) da Teodosio I, e poi in moschea dai Turchi. Un po’ a sud-ovest si trova piazza Navarrino con altri resti romani, quelli del palazzo di Galerio scoperti negli anni ‘70. Ad est si trovava l’ippodromo romano lungo 500 m ora sotto gli edifici moderni.

L’impronta bizantina è rimasta nelle chiese e nella cerchia di mura. La chiesa più importante è quella di S. Demetrio (Agios Dimitrios), una basilica a 5 navate che sorge sui resti di un’antica basilica ellenistica e di un impianto termale romano i cui resti sono conservati nella cripta. Demetrio era un ufficiale romano cristiano, martire sotto Galerio nel 306 in questo luogo e divenuto patrono della città. La chiesa fu eretta nel V secolo e ricostruita dopo gli incendi del VII secolo e del 1917; è la più grande chiesa della Grecia, lunga 43 m, ed ha mantenuto le forme originali, all’interno molte colonne sono ancora quelle antiche con ricchi capitelli, è ricca di mosaici ma tutti ricostruiti.

Le mura bizantine avevano un perimetro di 8 km, di esse, all’estremità sud-est della Nikis, è rimasto un torrione cilindrico alto 35 m detto la Torre Bianca (Lefkas Pirgos), ora simbolo della città; molti tratti della cinta sono ben conservati specie la parte della Cittadella, sul luogo dell’antica Acropoli, ricostruita durante il periodo veneziano.

 

10.1.2  I MUSEI.

 

Salonicco possiede due interessanti musei: il Museo Archeologico ed il Museo Bizantino ambedue ad est della Torre Bianca.

Il Museo Archeologico, inaugurato nel 1963 conserva reperti provenienti dagli scavi cittadini e da quelli di altre località della Macedonia e della Tracia. Nel porticato davanti all’ingresso è un sarcofago di marmo con due coniugi senza testa assisi sul coperchio e scene mitologiche scolpite intorno. All’interno il museo è diviso in sezioni, la più ricca è quella delle tombe macedoni del IV secolo a.C. con parte degli oggetti d’oro trovati nelle tombe dei re a Vergina; gioielli, corone e le urne d’oro con sopra lo stemma del sole contenenti le ossa raccolte dopo la cremazione che, secondo il costume macedone, serviva solo a distruggere le parti organiche molli. Altre sezioni sono.quelle dei ritrovamenti arcaici, degli oggetti di arte macedone e dei reperti del periodo romano. Fra gli oggetti più preziosi è il cratere Derveni in bronzo datato 330-320 a.C., su cui è raffigurato il matrimonio di Dioniso ed Arianna ed inciso il nome del proprietario in lettere d’argento: Astion, figlio di Anassagora della città di Larissa. Vi sono maschere funerarie d’oro e molti oggetti d’oro provenienti da altri corredi funerari ed una porta marmorea dalla facciata di una tomba monumentale. Del periodo romano, III secolo d.C., si trovano statue e mosaici.

Il Museo Bizantino è il più importante della Grecia e documenta lo sviluppo dell’arte bizantina nella vita civile e religiosa. Vi sono ricostruzioni di tombe a volta del IV secolo con pareti dipinte ad imitazione del marmo o con figure. Fino al VII secolo le città mantennero la loro fisionomia romana, poi iniziarono le invasioni slave e le città si fortificarono. Dall’VIII al IX secolo c’è la rivoluzione iconoclasta che influenza gli stili decorativi delle chiese, poi vennero le crociate che influenzarono l’architettura militare con il fiorire di castelli lungo la via Egnazia. Le chiese bizantine, semplici all’esterno, sono sempre ricchissime all’interno e così anche i monasteri. Il museo conserva antiche decorazioni della basilica di S. Demetrio fra cui un arco marmoreo e diversi esempi di mosaici pavimentali.

 

10.1.3  PELLA.

 

Gli scavi di Pella si incontrano sulla strada per Edessa, 40 km a nord-ovest di Salonicco. Pella divenne capitale del regno di Macedonia per volere del re Archelao (413-399 a.C.), figlio di Perdicca II, che abbandonò l’antica Aegae più interna ed in posizione meno strategica. Archelao trasformò la piccola città esistente in una capitale secondo il piano regolatore codificato da Ippodamio di Mileto, filosofo e urbanista del V secolo, che divideva le città in blocchi regolari a scacchiera con funzioni predeterminate. Pella ebbe strade orientate est-ovest e nord-sud. Il centro della città era l’Agorà, intorno erano i santuari, gli edifici pubblici e le residenze private più importanti. Il palazzo reale si trovava più a nord su una collina e non è stato ancora completamente scavato. La corte di Archelao attrasse artisti ed intellettuali dalla Grecia, il grande pittore Zeusi decorò il palazzo ed Euripide vi finì i suoi giorni e scrisse l’Eubea e le Baccanti. Archelao morì di morte violenta, incidente di caccia o assassinio, e dopo alcuni decenni turbolenti, prese il potere Filippo II (359-336). Questi fece della Macedonia una potenza militare e nuova protagonista della storia della Grecia che, con la sconfitta di Cheronea (338), perse la sua indipendenza. Nella capitale Pella nasce nel 356 il figlio Alessandro che viene educato da Aristotele, macedone di Stagira. Morto poi assassinato Filippo II, Alessandro III, riaffermata la sua egemonia sulla Grecia, partirà alla conquista della Persia e dell’oriente.

L’area degli scavi è vastissima ed è stata abitata fin dal neolitico, 4000 anni fa, ma i lavori si sono concentrati nella zona dell’Agorà, vicino alla strada, ed in quella del palazzo sulla collina a nord; è stato anche individuato il tracciato della fortificazioni. Un gran numero di reperti preziosi provenienti dagli scavi sono stati raccolti nel piccolo museo edificato a sinistra della strada. Vi sono tre stanze. Nella prima, oltre ad oggetti preistorici, neolitici e dell’età del bronzo, si trova la mappa degli scavi, modelli delle case di abitazione ed esempi di decorazioni; poi oggetti funerari:ceramiche e statuine di terracotta raffiguranti Demetra, Afrodite e Minerva ed una testa d Heracles. Sono esposte anche molte monete di bronzo e d’argento dal V al III secolo a.C.. Nella seconda stanza sono raccolti oggetti provenienti dall’Agorà datati fino al periodo ellenistico, vasi e lampade di uso comune. Molti vasi sono decorati in rilievo e costruiti con stampi che sono pure esposti, vi sono anche stampi per statuine. Oltre alla numerose statuine di terracotta, vi sono alcune in bronzo ed una statua in marmo di Alessandro Magno raffigurato come Pan con due piccole corna sulla testa, una raffigurazione che doveva indurre il timor “panico” nei nemici. Nella terza stanza sono esposti 5 mosaici pavimentali asportati dalle case intorno all’Agorà ed appesi alle pareti. I mosaici greci sono realizzati con ciottoli di fiume di colori diversi e non con tessere marmoree come quelli romani. Il più bello è quello proveniente dalla Casa di Dioniso e rappresentante la scena della caccia al leone di Alessandro Magno e del suo compagno Kratero, scena piena di tensione drammatica. Un altro mosaico rappresenta il dio Dioniso sopra una pantera. Nella stessa stanza si trova una bellissima testa in marmo di Alessandro Magno del periodo ellenistico (fine IV secolo).

Altri mosaici sono rimasti nella zona degli scavi vicino all’Agorà nelle residenze dove sono stati scoperti. Uno di questi, molto grande, rappresenta il ratto di Elena da parte di Teseo con il carro ed i cavalli. Delle abitazioni è stato ricostruito il perimetro ed in una sono state risollevate le colonne del peristilio intorno a cui si sviluppavano gli altri ambienti.

 

10.1.4  VERGINA: LE TOMBE REALI.

 

L’area archeologica di Vergina si trova circa 75 km a sud-ovest di Salonicco sulla piana del fiume Aliakmon. Qui è stato individuato il luogo dove sorgeva Aegae, la prima capitale della Macedonia, fondata a metà del 7 secolo a.C.. La Macedonia era prima popolata da tribù di pastori ed agricoltori ciascuna con un proprio capo, poi, associandosi progressivamente, riconobbero  un primus inter pares come re. Secondo la tradizione il primo re fu Perdicca iniziatore della dinastia degli Argeadi e secondo Tucidite a lui seguirono altri 6 re prima di Perdicca II, padre di Archelao e fondatore di Pella. Dopo lo spostamento della capitale alla fine del V secolo, Aegae non decadde ma rimase come seconda residenza della famiglia reale e luogo di sepoltura dei re; nel teatro di Aigae venne ucciso il re Filippo II durante la cerimonia di nozze della figlia Kleopatra con il re dell’Epiro. La prima scoperta di resti di un grande palazzo nell’area di Vergina si deve a Leon Heuzey, un archeologo francese, nella metà del 1800; nel 1938 archeologi dell’università di Salonicco fra cui il giovane Manolis Andronikos ripresero gli scavi del palazzo e scoprirono una grande tomba. La guerra interruppe le attività e solo nel 1951 Andronikos, divenuto sovrintendente alle antichità della zona, iniziò una sistematica ricerca nell’area nota ormai come luogo di una vasta necropoli preistorica datata fra il 1000 ed il 700 a.C.; le tombe avevano ricchi corredi funerari con gioielli ed armi di ferro ed erano coperte da piccoli tumoli. Anche una piccola collina alta 13 m e con un diametro di 110 m circa, detta “Grande Tumulo” fu ritenuta artificiale ma lo scavo iniziò solo nel 1976 e le scoperte delle nuove tombe permisero di identificare il luogo senza più dubbi come quello della capitale Aegae e della necropoli dei re macedoni. Sotto il Grande Tumulo sono state scoperte 4 tombe, due saccheggiate dai Galati e due ancora inviolate. Dall’analisi del materiale che ricopriva il tumulo si è potuto risalire al periodo della sua costruzione: intorno al 270 a.C., durante il regno di Antigono Gonata dopo le incursioni dei Galati, mercenari di Pirro, re dell’Epiro. Si voleva così proteggere l’area sacra da ulteriori saccheggi rendendo meno visibili i singoli tumuli che, secondo l’usanza, dovevano coprire le tombe. Lo scavo è stato oggi trasformato in un percorso sotterraneo come un museo con una costruzione protettiva che assicura la conservazione dei monumenti e permette l’accesso ai visitatori fornendo loro tutte le informazioni storiche ed estetiche.

Si entra da una rampa di accesso e la prima Tomba che si trova è la IV, la più recente e quella maggiormente saccheggiata, sono rimaste solo le fondamenta della camera (talamo), parte del pavimento e 4 colonne nella facciata. Si suppone che si tratti di un Heroon, un santuario per il culto di eroi in relazione con le tombe vicine e si fa risalire al III secolo a.C..

Seguendo il percorso si arriva alla Tomba I, la più antica ed anche questa saccheggiata. Vi sono stati tovati solo frammenti di vasellame datati al 350 a.C., precedenti quindi al re Filippo II; le ossa trovate appartengono ad un uomo, una donna ed un neonato ma ciò che rende preziosa la tomba sono gli affreschi murali rappresentanti il mito di Persefone, le tre Moire (Cloto, Lakesa e Atropo) e la dea Dimitra. La tecnica stilistica a tratti, secondo Andronikos, fanno attribuire i dipinti a Nikomako, un pittore del IV secolo menzionato da Plinio il Giovane, la cui tecnica fu ripresa poi da Leonardo.

La Tomba II fu scoperta dal Prof. Andronikos nel novembre del 1977 e fu trovata integra. La scoperta fu preceduta da un’accurata ricognizione intorno che ha permesso di riconoscerne l’importanza dalle dimensioni (9,5 x 5,6 m) e dalla grande porta marmorea e datarla ai primi decenni dopo il 350 a.C.. La porta di marmo non è stata aperta per il rischio di crollo dell’architrave e si è preferito entrare dall’alto. Ai lati della porta ci sono due semicolonne doriche, sull’architrave triglifi e metope e sul frontone è dipinta una scena di caccia. L’interno è costituito da due camere (talami); nella prima (anticamera) fu trovato un contenitore di marmo con dentro un’urna d’oro contenente le ossa di una donna giovane avvolte in un tessuto d’oro e con un diadema d’oro. Nella camera principale fu trovata un’altra urna d’oro dentro un contenitore di marmo con le ossa di un uomo. Vicino era un letto funebre in oro ed avorio, le armi del defunto, coppe e recipienti d’argento per il vino con riferimento ai banchetti che dimostravano lo stato sociale del defunto. Dall’analisi delle ossa il defunto è stato identificato come il re Filippo II, il cranio mostrava infatti anche la lesione al sopracciglio per una ferita riportata in vita; la defunta si ritiene fosse l’ultima sposa del re, Kleopatra.

Un anno dopo la scoperta della tomba di Filippo II, nel 1978, veniva scoperta la Tomba III anche questa inviolata; è un po’ più semplice e più piccola (6,5 x 5,1 m) della precedente ma non meno importante. La porta marmorea ha ai lati scudi dipinti, sopra l’architrave la fascia con triglifi e metope. L’anticamera ha intorno un fregio dipinto con carri di battaglia; una seconda porta di marmo conduce alla camera principale. Qui in un’urna d’argento furono trovate le ossa di un adolescente fra i 12 ed i 16 anni. Si è supposto trattarsi del figlio di Alessandro Magno, anche lui di nome Alessandro (il IV) morto a 13 anni, avvelenato sembra da Cassandro. Il corredo funerario trovato è molto ricco, oltre ad un letto di legno decorato in oro ed avorio, vi sono le armi, vasi e piatti d’argento, recipienti di bronzo ed oggetti di uso quotidiano.

Il Prof. Manolis Andronikos, scopritore delle tombe reali di Aegae, è morto nel 1992.

 

10.2  L’ISOLA DI SANTORINI.

 

L’isola di Santorini deve la sua fama alla sua storia geologica ed archeologica; nata come una delle tante isole vulcaniche dell’Egeo aveva un cono vulcanico alto 1800 m ed una forma tondeggiane per cui fu chiamata Stronghyle (la Rotonda). I primi abitanti vennero qui verso il 3000 a.C. e fino alla metà del secondo millennio vi fiorì la civiltà delle Cicladi della prima età del bronzo la cui produzione artistica è caratterizzata da idoli di pietra e marmo in maggioranza femminili. Lo sviluppo dell’isola fu poi fortemente influenzato dalla vicina civiltà minoica. Il suo porto e la sua capitale sulla costa sud, vicino all’odierna Akrotiri, divenne un centro commerciale importante. Questa civiltà crollò improvvisamente verso il 1500 a.C. con una serie di terremoti e con l’eruzione esplosiva del vulcano che sconvolse l’isola e portò alla formazione di una grande caldera per il collasso della camera magmatica che seguì all’aruzione. Dell’isola rimasero i frammenti disposti in forma circolare corrispondenti ai bordi del vulcano. Gli abitati furono sepolti dalle ceneri ma non sono stati trovati scheletri e ricchezze come a Pompei e questo ha fatto pensare che i terremoti premonitori abbiano indotto gli abitanti a fuggire in tempo portando con loro i propri beni. Dopo il crollo della civiltà minoica, iniziato a seguito di questa eruzione, l’isola venne di nuovo abitata ed i Greci la chiamarono Kalliste (la più bella), vennero poi i Fenici e nel 1050 a.C. gli Spartani, guidati da un capo chiamato Theras, che fondarono  una colonia e da quel momento l’isola prese il nome di Thera o Thira. Nel 631 a.C. dall’isola partirono i Greci che fondarono la colonia di Cirene sulle coste dell’Africa settentrionale. Con la IV Crociata (1204) l’isola passò ai Veneziani che la chiamarono Santorini dal nome della Santa Irene, a cui era dedicata una chiesa, che divenne la patrona dell’isola. I Turchi mantennero il nome di Santorini ma oggi il nome ufficiale è Thira.

Santorini ha una superficie di 73 kmq ed è costituita da più isole intorno alla caldera profonda 400 m, la più grande, che costituisce tutto l’arco orientale del vulcano, è Thira, poi c’è Thirasia che costituisce il bordo nord-ovest e la piccola Aspro, quasi uno scoglio a sud-ovest. Nell’isola c’è stata sempre attività vulcanica ed al centro della caldera si sono formate in successive eruzioni due altre isole, prima la più piccola, Palea Kameni, e poi, con le più recenti eruzioni del 1707 e del 1711, la più grande, Nea Kameni; qui le rocce sono sempre calde e ci sono anche emissioni sulfuree. Altre attività vulcaniche si sono avute nel 1866, nel 1926 e nel 1950. Nell’isola vi sono 13 centri abitati e la popolazione vive di agricoltura e di turismo; la coltura più importante è quella della vite ed il vino è uno dei maggiori prodotti di esportazione. Si esporta anche la terra vulcanica dell’isola (pomice) come materiale isolante e da costruzione e si ricorda che nel 1866 Ferdinando de Lesseps ne utilizzò una grande quantità nella costruzione del Canale di Suez.

La capitale è Firà (o Thira) arrampicata sul ciglio della caldera sopra una baia dove si scende con una strada a tornanti di 600 gradini percorsa da asinelli oppure mediante una funivia; nel porto sulla baia arrivano e partono i traghetti, da e per il Pireo e le isole, ed i battelli per il giro dell’isola. L’aeroporto si trova sulla costa orientale più pianeggiante. Un’altra importante cittadina è Pirgos a sud di Firà su una collina con i resti di una fortezza veneziana (Kastelli). Pirgos fu capitale dell’isola fino al 1850 perché era l’unico borgo fortificato; numerose sono le chiese con le loro cupole emisferiche e i campanili; sono una carattteristica dell’isola che ne ha in tutto 230. Il punto più alto dell’sola è il Monte del Profeta Elia di 566 m nella zona sud-est, vi si trova il monastero dedicato al Profeta costruito nel 1711 e ricco di oggetti preziosi ma la zona è attualmente area militare e non è visitabile. Ampio è da qui il panorama dell’isola. Dovunque i campi sono coltivati a vigneti, le viti sono basse ed in questa stagione quasi si confondono con il colore della pomice vulcanica. Il centro vinicolo dell’isola si trova ad ovest di Pirgos sopra una baia con il piccolo porto di Athinios. La produzione avviene oggi in impianti tutti automatizzati ed il prodotto viene esportato. Fra i migliori vini c’è l’Asyrtico (forte), il Meltemi (bianco leggero) ed il Vinsanto (dolce da dessert).

Scendendo lungo la costa verso la punta sud occidentale dell’isola si ha il panorama della grande caldera con le isole centrali e quelle che fanno da corona.

La zona archeologica si trova vicino al paese di Akrotiri sulla costa meridionale dell’isola, 12 km da Fira. Qui il Prof. Spyridon Marinatos iniziò gli scavi nel 1967 dopo aver lavorato negli anni ‘30 a Creta nel porto di Knossos. Marinatos aveva pubblicato la sua teoria sulla distruzione dalla civiltà minoica come conseguenza dell’eruzione del vulcano di Stronghyli e voleva verificare gli stretti legami esistenti fra le due isole. Dagli scavi venne alla luce una completa città dell’età del bronzo intorno al 1500 a.C. con oggetti di terracotta contemporanei a quelli minoici. L’analisi dei reperti: le mura, gli affreschi, gli oggetti, i resti di cibo, hanno permesso di ricostruire la vita degli abitanti, la loro organizzazione e le loro relazioni con la civiltà minoica. Si è provato che la catastrofe fu preceduta da un terremoto almeno un anno prima ed infatti delle piante erano già germogliate sulle rovine prima di essere ricoperte dall’eruzione. Gli abitanti erano emigrati con tutti i loro beni e non sono stati trovati scheletri nè oggetti preziosi. A testimonianza del livello culturale raggiunto sono rimasti i numerosi affreschi oggi per la maggior parte conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Atene. Gli affreschi usano tecniche e motivi minoici. I più famosi sono l’affresco dei Papiri, quello dei Gigli, quello delle Scimmie e quello delle Antilopi, fra i soggetti naturali, poi l’affresco del Pescatore, dei Giovani Pugili, delle Dame con abiti minoici e delle Navi, fra i soggetti di vita comune, ed infine l’affresco della Sacerdotessa fra quelli di soggetto religioso. L’influenza minoica si vede anche nelle ceramiche dipinte e nei simboli religiosi. Poiché non sono stati trovati documenti scritti non si può dire molto sulle forme di culto. Nonostante tutti gli evidenti legami Akrotiri forse non era una colonia minoica, era nata secoli prima come parte della civiltà cicladica e successivamente aveva assimilato usi e costumi minoici.

L’eruzione del vulcano di Stronghyli ebbe certo effetti catastrofici superiori a quelli dell’esplosione del Krakatoa nello stretto della Sonda avvenuta nel 1814. L’isola sprofondò nella sua parte centrale per 300-400 m creando una grande caldera con una superficie di circa 83 kmq; oltre all’emissione di un’enorme nube di polveri che dovette ricadere su tutte le isole vicine distruggendo la vegetazione, suscitò un’ondata anomala (tsunami) che spazzò tutte le coste vicine arrivando a Creta con un’altezza di 70 m e distruggendo in pochi minuti tutti i porti ed i villaggi della costa. L’ipotesi di Marinatos di un collasso della civiltà minoica a seguito di questo evento è quindi attendibile. Ma Marinatos ritiene anche che si possa identificare Stronghyli con la mitica Atlantide di Platone descritta nei dialoghi, il Timeo ed il Critia. Vi si parla di un regno formato da due isole, la maggiore e la minore, il cui dominio si estendeva dall’Egitto alla Libia fino al Tirreno, uno stato ed una civiltà ideale secondo Platone che venne distrutta in una notte da una catastrofe. Secondo Marinatos Stronghyli sarebbe l’isola minore e Creta la maggiore. Ma fino ad ora nessuna prova concreta è stata trovata a sostegno e la teoria è contestata da molti. Gli scavi nel sito di Akrotiri durarono fino alla morte di Marinatos nel 1974, continuano ancora e si sta proteggendo tutta l’area con una copertura in ferro e cemento. La conservazione della città sotto lo strato di ceneri è stata perfetta. Le strade sono lastricate ma strette e tortuose e si allargano in piazze, sotto corre una rete fognaria. Le mura erano in pietre e calcina, le architravi delle finestre e delle porte in legno come si vede nella casa Primavera. Ai piani terreni c’erano i negozi e i magazzini, i piani superiori servivano per abitazione e vi si arrivava con scale di legno o di pietra; una di queste è stata trovata dissestata dal terremoto; al centro dell’area è la piazza Triangolare così chiamata per la sua forma. In ogni casa c’era una macina da mulino di pietra e nei magazzini si sono trovati resti di legumi, farina e pesci secchi. L’organizzazione di questa società doveva essere di tipo comunitario controllata da un potere centrale teocratico; gli affreschi sono rivelatori della vita e dei costumi ed i soggetti sono più liberi e vari di quelli dell’arte cretese, la tecnica è un misto di affresco e tempera ed i colori sono tutti minerali.

All’estremità nord dell’isola, 10 km da Fira, è l’abitato di Oia (pron. Ia) che guarda a ovest ed a sud sul ciglio della caldera. Le case sono aggrappate sul ripido pendio una sopra l’altra con le loro terrazze panoramiche salendo fino al centro che occupa la parte più alta; predomina il bianco e risaltano i colori blu ed ocra. Si scende fino alle piccole spiagge facendo 200-300 scalini. Il borgo è stato a lungo centro commerciale abitato da marinai, oggi è luogo di villeggiatura e di riposo. Stupendi sono i tramonti sul mare nei giorni sereni.

 

Fonte: http://www.travelphotoblog.org/ArchivioPersonale/Eurotour.doc

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