Drupacee

 

 

 

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Drupacee

 

Ciliegio due specie primarie: l'avium (dolce), molto diffuso in Italia, con portamento assurgente, e il cerasus (amarena), acido, più cespuglioso e pollonifero, diffuso più nel nord Europa. Altra specie è il Prunus mahaleb, noto come magaleppo o ciliegio di S. Lucia, albero piuttosto piccolo, con foglie di forma variabile rotondo-ovata, di colore verde chiaro e fiori piccoli, bianchi, e frutti piccoli, non eduli, gialli o rossi, talvolta molto scuri. L’'origine è collocata tra il Mar Nero e il Mar Caspio; il dolce è prodotto più che altro in Europa, ed USA anche, mentre l'acido è della zona ad est. In Italia si trova un po' ovunque, specie in Campania, Puglia, Veneto ed Emilia. Appartiene alle Rosaceae, sottofamiglia Prunoideae, pertanto l'albero presenta rami a legno e rami a frutto e il frutto è una drupa; la corteccia si presenta come costituita da una serie di anelli. Del ciliegio dolce si distinguono la varietà juliana che fornisce le tenerine e la varietà duracina che produce i duroni. Del ciliegio acido vi sono: la varietà caproniana, con amarene o morasconi, la austera, con le viscole, la marasca, con le marasche. Limiti pedoclimatici: ha un elevato fabbisogno in freddo, la sensibilità a ristagni idrici si ha con Prunus avium e mahaleb; il grosso problema del ciliegio dolce, non l'acido, è la pioggia che porta a spaccature del frutto oltre ad essere vettore di Monilia. Oltre a ciò una siccità prolungata danneggia la formazione dei fiori. Tra le avversità, la più oltre alla pioggia, come tutte le drupacee, è il pericolo della Sharka, e del cancro batterico delle drupacee; tra le crittogame si ricorda la Monilia che colpisce rami fiori e frutti. Tra i parassiti animali l'afide nero (Myzus cerasi ), la mosca delle ciliege (Rhagoletis cerasi), le falene dei fruttiferi, i rodilegno (Cossus cossus L. e Zeuzera pyrina L.) e altri insetti e acari (ragno rosso, ragnetto giallo del melo, ecc.). Anche gli uccelli possono provocare danni ai fiori e ai frutti sia in fase di sviluppo che a maturazione.

Pesco originario della Cina e Persia, dove lo si può ancora rinvenire allo stato selvatico. L'introduzione in Europa viene attribuita ad Alessandro Magno o ai Greci che lo avrebbero introdotto dall'Egitto. Viene coltivato in molti Stati nelle zone con clima temperato mite. A livello mondiale i maggiori produttori sono gli Stati Uniti, seguiti dall'Italia, Spagna, Grecia, Cina, Francia e Argentina.

In Italia le regioni maggiori produttrici sono l'Emilia-Romagna (circa 1/3 della produzione), Campania (1/4), Veneto e Lazio. I primi pescheti specializzati in Italia risalgono alla fine dell'800 e sono stati realizzati in provincia di Ravenna. Il pesco appartiene alla famiglia delle Rosaceae, tribù delle Amigdaleae, sezione delle Prunoidee , genere Persica, specie vulgaris. Secondo altri studiosi apparterrebbe al genere Prunus (specie persica), come l'albicocco, il ciliegio, il mandorlo e il susino. Il pesco comune è un albero di modeste dimensioni, alto fino a ca. 8 m, con apparato radicale molto superficiale, corteccia bruno-cenerina e rami radi, divaricati, rosso-bruni. Le foglie sono lanceolate, strette, seghettate. I fiori, che sbocciano prima della comparsa delle foglie, sono ermafroditi, ascellari, pentameri, colorati in rosa più o meno intenso. I petali sono cinque; gli stami sono numerosi, fino a 20-30. Il pesco è, in genere, una specie autoincompatibile. Gli ovuli, generalmente due, non giungono tutti a maturazione, ma solo uno di essi viene fecondato e giunge a maturità. Il nocciolo di pesco contiene perciò un solo seme (o mandorla) solcato profondamente, che è di sapore amaro per l'elevato contenuto di amigdalina, un glucoside cianogenetico caratteristico di alcune drupacee. I frutti (le pesche) sono drupe carnose, tondeggianti, solcate longitudinalmente da un lato, coperte da una buccia tomentosa o glabra (pesche-noci o nettarine) di vario colore. La polpa è succulenta, di sapore zuccherino più o meno acidulo, di color bianco, giallo o verdastro. La pesca ha una tipica consistenza polposa e succosa che è dovuta all'elevato contenuto in acqua ed alla presenza di pectina.

La maturazione dei frutti avviene tra la prima e la seconda decade di maggio nelle zone meridionali, fino alla fine di settembre per le cultivar più tardive. Le condizioni climatiche italiane e degli altri Paesi mediterranei sono ideali per la coltivazione del pesco che può sopportare minime invernali di anche -15 -18°C fino ad ambienti subtropicali dove il riposo invernale è alquanto limitato.

Albicocco (Prunus armeniaca, Armeniaca vulgaris) origine cinese, centro-asiatica, iranocaucasica, tutte zone dove la specie è diffusa. In Italia si trova principalmente nelle regioni meridionali dove si è spostato a causa delle gelate. Appartiene alla famiglia delle Rosaceae, sottofamiglia delle Prunoideae, genere Prunus. Tra le specie affini si ricordano il Prunus brigantiaca sulle Alpi francesi, il Prunus ansu Kamar, coltivato nelle zone umide del Giappone e della Cina orientale e il Prunus mume (albicocco giapponese). Ha fioritura precoce e perciò è più soggetto a danni da ritorni di gelate, nel periodo primaverile; l'impollinazione è entomofila. Limiti pedoclimatici: troppo freddo  comporta anomalie fiorali ed elevata cascola delle gemme; principale fattore limite è l'eccesso di umidità nel terreno e nell'aria, inoltre è sensibile all'asfissia radicale.

Mandorlo (Amygdalus communis, Prunus amygdalus; Prunus dulcis), pianta originaria dell'Asia centro occidentale e della Cina. Venne introdotto in Sicilia dai Fenici, proveniente dalla Grecia, tanto che i Romani lo chiamavano "noce greca". In seguito si diffuse in tutti i Paesi del Mediterraneo e in America nel XVI secolo. della Famiglia delle Rosaceae, sottofamiglia Prunoideae. La specie Amygdalus communis ha tre sottospecie di interesse frutticolo: sativa (seme dolce endocarpo duro), amara (seme amaro per la presenza di amigdalina) e fragilis (seme dolce endocarpo fragile). Pianta alta 8-10 m molto longeva. L'apparato radicale è molto espanso. I rami, di colore grigiastro o marrone, portano gemme a legno e a fiore. Foglie lanceolate, seghettate, piu' strette e piu' chiare di quelle del pesco, portanti delle ghiandole alla base del lembo e lungamente peduncolate. I fiori, ermafroditi, sono bianchi o rosati nell'Amygdalus communis amara, costituiti da 5 petali, 5 sepali e da 20-40 stami. L'ovario presenta 2 sacchi embrionali contenenti, ognuno, 1-2 ovuli. Il frutto e' una drupa di colore verde, a volte con sfumature rossastre, spesso peloso ma anche glabro, ed endocarpo legnoso contenente il seme o mandorla ricoperto da un tegumento liscio o rugoso. In alcune cultivar vi è presenza, all'interno dell'endocarpo, di due semi scartato dal commercio). Il mandorlo e' caratterizzato da una fecondazione entomofila, per cui nel mandorleto è necessaria la presenza di un certo numero di arnie durante la fioritura. La maggior parte delle cultivar e' autosterile ed eteroincompatibile. L'epoca di fioritura, varia fra i diversi ambienti (da gennaio a marzo) ed e' precoce.  La raccolta si attua tra la fine di agosto e la fine di settembre. I frutti caduti a terra, dopo la raccolta vengono fatti asciugare all'aria poi smallati ed essiccati per l'industria dolciaria (confetti, torroni). La lotta alle avversità esclude ogni uso di insetticidi, favorendo la sopravvivenza degli insetti utili con l’inerbimento controllato, l’uso del Bacillus thuringiensis e la distribuzione o il ripopolamento di predatori per la lotta biologica. Nel nostro meridione il "Capnodis tenebrionis", (coleottero) danneggia i mandorleti in asciutto scavando gallerie nei tronchi.

Melo (Malus pupila), originario del caucaso, è oggi coltivato intensivamente in Cina, Stati Uniti, Russia, Europa (Italia e Francia).

In Italia la produzione è concentrata nel settentrione: l'80% col Trentino-Alto Adige in testa. Appartiene alla grande famiglia delle Rosaceae, sottofamiglia Pomoideae, genere Malus. Il melo può raggiungere un'altezza anche di 8-10 metri. Presenta gemme a legno e miste portate da diversi rami fruttiferi, cioè da dardi, lamburde, brindilli e rami misti. Il frutto è un pomo o melonide (falso frutto); la corteccia è tipicamente liscia rispetto altre specie e la foglia si distingue per il margine seghettato. Esiste autoincompatibilità gametofitica nel gruppo della cultivar (cv), perciò sono necessarie più cv per un impianto. È resistente al freddo (fino a -25°C, con qualche eccezione), per la sensibilità alle gelate tardive dipende dall’epoca di fioritura, e sopporta bene il calcare se il terreno è ben drenato, si adatta a vari terreni. Carenze e fisiopatie possono comportare spaccature dei frutti, cascola dei frutti e rugginosità suberosa. Importante malattia batterica è il colpo di fuoco batterico (Erwinia Amilovora), tra le crittogame sono da ricorda la ticchiolatura, mal bianco. Degli insetti si ricordano lepidotteri, quali carpocapsa (Cydia pomonella), rodilegno rosso (Cossus cossus) e giallo (Zeuzera Pyrina), afidi, quali grigio, lanoso, verde, mentre tra altri c’è la cocciniglia di San Josè (Quadrapsidiotus pernicosus).

La propagazione avviene: per seme, margotta di ceppaia e propaggine di trincea per l’ottenimento di portinnesti, anche se vi è una diminuzione dei franchi da seme, mentre si usa l’innesto per la parte superiore. Il panorama varietale è molto ampio e per la scelta ci si riferisce alle Liste di orientamento varietale: Gruppo Gala; Guppo Red Delicius; Guppo Golden; Guppo Jonagold (Novajo, Renetta del Canada, Querina); Guppo Stayman; Guppo Fuji, Gruppo varie (imperatore, Smith, Annurca, Pink Lady).

Pero (fam. Rosaceae, sottof. Pomoideae), genere Pyrus. Specie occidentali, Pyrus Communis, e specie orientali con maggior resistenze al colpo di fuoco batterico; in Cina si usa il Pyrus pyrifolia appartenente a queste ultime. Nel pero si riscontra spesso l'auto-incompatibilità, causata da sterilità fattoriale, morfologica e citologica; come nel melo esistono cultivar che possono dare anomalie. È sempre preferibile ricorrere a buone cv impollinatici. L'impollinazione entomofila sebbene il fiore è poco attrattivo e si preferisce mettere più arnie. Resiste al calcare, soprattutto col portinnesto di cotogno; possiede limiti nella resistenza al freddo e alla siccità (sempre col cotogno che ha apparato radicale superficiale), qualche problema sorge in casi di carenze nutrizionali. Il pero è un albero vigoroso, di forma piramidale nei primi anni e tendenzialmente globosa a muturità, che può raggiungere un'altezza anche di 15-18 m. presenta gemme a legno e miste portate da diversi rami fruttiferi (dardi, lamburde, brindilli e rami misti) frutto è un pomo.

Liste di orientamento varietale per una attenta scelta: Etrusca, Coscia, Santa Maria, William, Highland, Conference, Abate fetel, Harrow sweet, resistente al colpo di fuoco batterico, Kaiser e Passacrassana, Butirra precoce Morettini, William Rossa diffuse.

Propagazione: seme, margotta, propaggine, e innesto.

Actinidia (kiwi) pianta originaria di una vallata dello Yang-tze cinese dove vive spontanea; appartiene alla Famiglia delle Actinidiaceae, genere Actinidia, suddiviso in due sezioni: - Actinidia chinensis (A. deliciosa) da mercato e Actinidia arguta ornamentale. Diffusa in Europa da metà del XX secolo. L'Italia (Lazio, Piemonte, Veneto, Campania e Calabria )è l'attuale maggiore produttrice alla quale seguono Nuova Zelanda, Cile, USA, Giappone e Francia. E' una pianta rampicante e può raggiungere i 10 m.

L'apparato radicale è superficiale, il fusto presenta tralci anche molto lunghi che portano gemme miste e a legno. Le foglie sono semplici, decidue, cuoriformi con picciolo molto lungo. È una specie dioica con cv pistillifere e staminifere, un maschio ogni 6-8 femmine; fiori singolo o raggruppati in 2-3 (infiorescenze triple possono richiedere un diradamento dei fiori in fase di allegagione), presenti a partire da maggio; il frutto è una bacca ricoperta da peluria, la polpa è di un verde caratteristico, punteggiata di minuscoli semi, violacei o neri, disposti intorno a un cuore biancastro (columella). L'impollinazione è entomofila anche se i fiori non sono molto attrattivi per le api e perciò si aumenta il numero delle arnie; in misura minore anche anemofila. Teme i danni da freddo ed i ristagni idrici, può presentare problemi con terreni ad elevato calcare attivo, pH>7,6, ed in presenza di forte ventosità (uso di frangiventi).

Nocciolo originaria dell'Asia Minore, in Italia (tra i principali produttori mondiali) è diffuso in tutte le regioni, dalla pianura fino 1300 m di altitudine. Appartiene alla Famiglia delle Betulaceae, genere Corylus, comprendente numerose specie tra cui Corylus avellana e C. maxima, C. chinensis. Portamento a cespuglio, pollonifero, alto in genere 2-4 m (max 7 metri). Il fusto è sottile e slanciato. I giovani rami recano peli corti, in parte ghiandolari. La corteccia è di colore marrone grigio, precocemente glabra, con solcature longitudinali e sparse lenticelle chiare. Le radici sono superficiali; le foglie alterne rotondo-ovali con picciolo lungo. La pagina superiore è verde poco pelosa; la pagina inferiore è più chiara; le nervature sono evidenti. Pianta monoica con fiori riuniti in infiorescenze unisessuali che si sviluppano molto prima delle foglie. Gli amenti maschili sono riuniti in gruppi di 2-4 all’estremità oppure all’ascella delle foglie dei rami dell’anno precedente, i fiori maschili sprovvisti dell’involucro, hanno quattro stami. La produzione di nocciole e' molto variabile oscillando da 1-2 q.li/ha di prodotto secco con guscio, in condizioni normali, a 5-15 q.li/ha in coltura specializzata forzata. La raccolta viene effettuata in agosto-settembre. Il nocciolo e' una delle piante predilette dal tartufo bianco (Tuber Magnatum) e dal tartufo nero di Norcia (Tuber melanosporum).

Le foglie di nocciolo sono tuttora ricercate per donare all'epidermide la purezza e la freschezza desiderata. La sostanza contenuta in queste foglie ha una decisa azione astringente, migliora lo stato dei pori troppo dilatati, riducendo la secrezione grassa; ha, ancora, una efficace azione tonificante sulla pelle sì da renderla fresca e candida come quella dei fanciulli e questa azione esplica tutta la sua efficacia soprattutto su quelle persone che, per essere vissute in ambienti malsani o per aver abusato di impiastri chimici, accusano una pelle aggrinzita ed afflosciata; serve, infine, a fare scomparire i punti neri e a smorzare le lentiggini. Per queste ragioni, sia che si voglia mantenere intatta la propria bellezza, sia che si voglia correggere tutte quelle imperfezioni sopraricordate, si faccia uso del decotto di foglie di nocciolo, con il quale ci si laverà sovente, riuscendo così ad allontanare dal viso la patina del tempo.

Canapa (Cannabis sativa) Ordine: Urticales, inglese Hemp; spagnolo: Cáñamo. Pianta originaria delle regioni nord e sud Himalaya. La Cina è il Paese in cui è coltivata da più lungo tempo. La sua introduzione in Europa risale al secondo millennio a.C. e in Italia è segnalata nel I secolo a.C. specie in Pianura Padana. Nel ventesimo la sua superficie è andata diminuendo resiste in Cina, India, Europa dell'Est e Russia. Pianta annuale, con radice fittonante e fusto eretto, più o meno ramificato, robusto, dapprima pieno poi cavo, alto fino a 4 metri. Le foglie sono prevalentemente opposte, picciuolate, palmatosette, con 3-9 segmenti lanceolati, acuminati, seghettati, pubescenti. Generalmente è specie dioica, presentando le infiorescenze maschili e femminili su piante diverse. I fiori maschili sono riuniti a formare delle infiorescenze, dette pannocchie, poste in posizione ascellare, mentre quelli femminili sono appaiati, sempre in posizione ascellare, ma in corrispondenza delle due stipole, piccole, acuminate e caduche. Il frutto è un achenio, comunemente chiamato seme di canapa o canapuccia. La forma è comunemente ovoidale, ma a volte quasi sferica. Il colore non è uniforme, ma si presenta più o meno macchiettato, grazie ad un reticolo di fasci vascolari situato sotto l'epidermide del pericarpo. Predomina il bruno, talora olivastro o tendente al rossiccio, ma non mancano frutti più chiari, biancastri e verdognoli. Contiene un unico seme, racchiuso in un pericarpo sottile di consistenza cornea, indeiscente, bivalve (peso 1.000 semi pari a 20-22 grammi). La canapa riesce ad adattarsi ai più svariati ambienti, anche se i migliori risultati produttivi si ottengono in zone umide e con temperature di 20-25°C durante tutto il ciclo e nei terreni argillosi e fertili. Coltura da rinnovo, si semina a fine aprile-primi maggio, in file distanti 15-18 cm, in modo da ottenere, alla raccolta, un investimento di 100-200 piante a metro quadrato, che si raggiunge impiegando circa 60 kg/ha di seme. Non teme le infestanti, poiché, una volta conclusa la fase di emergenza, ha sviluppo rapido ed elevata competitività. Se la raccolta riguarda la bacchetta viene effettuata in corrispondenza della fioritura femminile (prima metà di agosto); se si vuole ottenere anche la produzione di acheni, viene posticipata alla fine di settembre. Un tempo la raccolta veniva fatta a mano, per la preparazione di fibra (12-15 quintali) impiegata per la fabbricazione di tessuti, cordami, carte speciali, filtri e isolanti termo-acustici. Dalle piante femminili si può utilizzare anche il seme (fino a 15 quintali ad ettaro), utilizzato per l'estrazione di olio impiegato per la produzione di colori e vernici. Il materiale che rimane dalla stigliatura può essere impiegato come lettiera, mentre i panelli di estrazione vengono impiegati nell'alimentazione zootecnica. La Canapa indiana (Cannabis indica), originaria del Kafiristan, a sud dell'Hindukush, fornisce fibra assai mediocre. In Oriente viene coltivata per l'estrazione di medicine e droghe: dalle estremità fiorite si estrae l'hascisc, mentre le foglie secche formano il bhang. Tale specie è di bassa statura, con steli a sfumatura vinosa, foglie tendenti ad essere alterne, segmenti fogliari molto stretti e lunghi, semi piccolissimi e scuri. Tutta la pianta ha un aspetto contratto, foglioso, ed un colore verde molto intenso.

 

Fonte: http://digilander.libero.it/stebama/MEDIA/ortaggi_cereali_legumi.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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