Pietro da Cortona vita e opere

 

 

 

Pietro da Cortona vita e opere

 

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PIETRO DA CORTONA

 

Si considera architetto per passatempo, mentre ritiene di essere fondamentalmente un pittore. In realtà, mentre in pittura sfiora molto spesso il classicismo fine a se stesso, in architettura può essere considerato fra i grandi nomi del barocco romano. Egli arriva a Roma nel '12 portando con sé un bagaglio culturale dalla Toscana. Di lui abbiamo già parlato a proposito della decorazione di Palazzo Barberini, sua opera pittorica più importante. In questa opera fondamentale compaiono alcuni elementi manieristici e classicisti. Secondo alcuni criteri egli non sente lo spazio dal punto di vista dell'infinito, ma piuttosto come una allegoria enfatica dello spazio pittorico; il discorso ä invece estremamentete coerente con le ricerche che fa ad esempio il Borromini nel Collegio di Propaganda Fide: gli elementi fondamentali sono il legame stretto tra la parete e la volta, opera ricca di significati simbolici, quindi, e perciò coerente con i più grandi momenti architettonici del suo secolo. La prima opera architettonica importante di Pietro da Cortona (la conosciamo solo attraverso i disegni,le incisioni, le testimonianze dei contemporanei), é Villa Sacchetti del Pigneto, andata completamente distrutta. Essa é ricca di elementi compositivi legati alla tradizione cinquecentesca, come la semicurva centrale derivata da quella del giardino del belvedere del Bramante; l'introduzione di un corpo quadrato in una semi ellisse richiama il casino di Pio IV in Vaticano. mentre la convessità del terrazzo opposto alla concavità della facciata, richiama l'opera del cinquecentesco Buontalenti; vi sono poi legami con le Ville del Palladio. Dal punto di vista prospettico vi é una grande ricchezza di piani. Il primo é costituito da una fontana con scogli, il secondo da una fontana quadrata con tritoni, il terzo dal ninfeo ricavato sotto il piazzale, il quinto costituito dalle testate delle ali laterali, il sesto dal corpo di fabbrica.
Questo insieme abbastanza sconcertante troverà delle reazioni nei contemporanei. Così si esprimeva il Bernini: "Pietruzzo ha fatto un presepe", in realtà siamo di fronte ad una architettura sperimentale,  ma di grande importanza in quanto la materia in cui si esperimenta é lo spazio (1625-1630).
Dal punto di vista linguistico si nota l'uso di ordini semplificati derivati dalla tradizione manierista. La decorazione é adoperata in funzione di arricchimento plastico, mentre le finestre sono disposte in modo completamente slegato dagli elementi strutturali, legandosi invece a dei rapporti con le cornici, nell'evidente esigenza di rinnovare i rapporti tra gli elementi tradizionali, alla ricerca di un nuovo tipo di unità nella composizione, non più di tipo proporzionale ma plastico.
La seconda opera da analizzare é la chiesa dei Santi  Luca e Martina, incarico che riceve nel '34, e che può essere considerato uno dei grandi momenti del barocco, oggetto di grande meditazione e di ricerche continuate nel tempo.
Il progetto di partenza, mai realizzato, prevedeva una pianta centrale cruciforme, dominata da un grande vano coperto a cupola che però era una contaminazione di soluzioni ed elementi diversi con riferimento alle ricerche fatte a San Pietro e vari studi michelangioleschi.
I rapporti tra le parti erano senza squilibrio, in un atteggiamento tipicamente manierista. I due involucri circolari, quello più piccolo dove si inseriva la cupola e quello maggiore costituito dalle parti perimetrali, erano in relazione tra loro, ma lasciavano autonomia ai quattro bracci della croce. La scelta di questo schema centrale chiarisce il rapporto con la cultura toscana. La volontà di trasformare lo schema centrale spezzandone i collegamenti tra le parti, rileva invece una conoscenza del metodo michelangiolesco, che ricercava costantemente un rapporto di tensione drammatica tra le forze. Pietro da Cortona é architettodel suo tempo e quindi ricerca soprattutto una continuità plastica tra le parti ed é questo che lo porterà a modificare la parete in un passaggio brusco. Il rapporto tra il vano centrale e i quattro bracci si trasformerò privilegiando il primo in favore del secondo. I nuovi riferimenti sono il Pantheon con il suo spazio unico immediatamente afferrabile da ogni parte, San Pietro con la sua molteplicità di elementi confluenti nel nodo della cupola.
Gli altri elementi sono già barocchi: S. Ivo, S. Carlino, S. Andrea; dal disegno dei progetti risulta molto chiara l'intenzione di obbedire a leggi di tipo geometrico, mentre sono ricercate le seguenti caratteristiche: corrispondenza tra esterno ed interno, eguaglianza tra gli ordini maggiori e minori, cupola a profilo unico, traduzione all'esterno della zona interna degli arconi realizzata attraverso un attico scandito da volute che ricordano gli orecchioni della chiesa della Salute a Venezia.
La compresenza di colonne e di lesene testimonia la ricerca di linee miste: sono disposte in diagonale e collegano le varie parti dell'organismo. Le parti dell'edificio sono tra loro in rapporti geometrici e tra questi, il più evidente, ä quello di uno a due tra i cerchi di imposta della cupola e il cerchio che circoscrive le pareti esterne. La nuova proporzionalità e organicità ä ottenuta tra le parti non di sostanza ma di apparenza, nelle nuove direzioni che il braccio aveva individuato: la scienza ottica e la visualità prospettica. Il cambiamento di progetto significa anche la rinuncia di un bagaglio tipicamente cinquecentesco e cioè all'adesione aprioristica a dei principi come la  pianta centrale, simbolo di purezza tipologica che lascia il posto ad una contaminazione di elementi centralie longitudinali. L’unità verso l'esterno é cercata non nei rapporti di corrispondenza meccanica ma di rapporto dialettico. La zona della cupola trova la sua individualità soltanto guardando verso l'alto, in quanto non ha corrispondenza a terra dove é ricercata una interrotta continuità, legata alla cupola rispettivamente da una profonda cornice di nuovo mistilinea e da quattro arconi che innestano la cupola. Compresenza di lesene e di pilastri attraverso i quali visivamente si va a ricercare l'istante in cui l'organismo diventa tutto visibile e dove si avrà una sensazione di raffinata capacità illusionistica nel modellare lo spazio, a questo giovano profondamente le pareti che non sono più diaframmi piani a dividere uno spazio interno da quello esterno ma diaframmi articolati in una visione continuamente variata in cui trova giustificazione questo alternarsi di morbide colonne con dure lesene: un gioco chiaroscurale molto violento e ricco porta forse inconsapevolmente Pietro da Cortona ad essere già nel '35 maturamente e profondamente barocco. Apparentemente non fa che riprendere accostamenti cari a Michelangelo, come quella colonna-pilastro-parete, ma ad essi dà funzioni reali e portanti, accentuandone i significati con la presenza all'interno della chiesa. L'esterno é caratterizzato apparentemente da un gioco più semplice. La facciata sempre molto più complessa rispetto ad altri modelli barocchi, e la convessità é molto più leggera.
Nell'altro progetto la cupola avrebbe dovuto vedersi solo a 50 metri, creando un più difficile rapporto tra le parti, mentre ora il rapporto é più diretto. La convessità é limitata alla zona tra le porte laterali, ma non c’é nessuna corrispondenza tra concavità interna e convessità esterna. La curvatura ha funzione di anticipazione. La variazione di strutture tra il primo ed il secondo ordine ä un richiamo ad altri monumenti del barocco e mentre nel primo ordine ä molto stretto il rapporto tra struttura esterna e quella interna, al livello superiore la facciata é pura finzione staccata dall'organismo; tutta la facciata ä caratterizzata da verticalità molto accentuata, semplicità di ordini e completa visibilità della cupola in modo separato e dialettico rispetto ad essa. La facciata è addossata ad una delle absidi semicircolari, e ne riprende la curvatura.
La chiesa di S. Maria della Pace ä l'opera architettonica più importante di Pietro da Cortona; si inserisce violentemente nello spazio della città coinvolgendo lo spazio circostante in una soluzione che resta sorprendente anche nella consuetudine. E' infatti questo, di tutti gli esempi di barocco romano, quello che si pone in modo urbanisticamente più completo all'interno della città, rompendo il tessuto medievale in un momento alternativo rispetto ad esso.
L'intervento di Pietro da Cortona si estende dalla facciata alle grandi ali laterali e ai fianchi. L'organismo di partenza della chiesa era costituito da un tiburio ottagonale e da una navatella di piccole dimensioni antistante. La facciata ricordava quella di S.Pietro in Montorio e faceva da sfondo a una via molto stretta, tipico vicolo medievale che si divideva in due vicoletti ai fianchi della chiesa, creando un andamento urbanistico fusiforme, tipico del borgo medievale. L'incarico riguarda all'inizio la semplice sistemazione della facciata. Egli riceve l'incarico dal pontefice Alessandro VII e l'architettura che ne nascerà è perfettamente coerente con tutta una serie di fatti eccezionali legati a questo pontificato, tra cui l'epidemia di peste (1656), che uccise il 10% della popolazione. Sono anni molto difficili, politicamente, minacciati dalla politica aggressivadella Francia; perciò la costruzione della chiesa ha una ragione votiva come invocazione di pace, ma anche strettamente funzionale come testimoniano i documenti del tempo.
In essi si fa riferimento alla difficoltà che incontrano le carrozze nell'avvicinarsi alla chiesa, divenuta molto frequentataper gli orari comodi delle messe. Gli accessi alla chiesa erano tre, ma quelli delle due vie più piccole erano sbarrate da colonnine per cui in ogni caso non c'era sufficiente spazio per l'incrociarsi delle carrozze. Invece l'entrata in via della Pace era aperta, ma poiché non era sufficiente lo spazio per fare le manovre con la carrozza , bisognava scendere molto prima. Questo documento si riferisce al periodo in cui erano già iniziati i lavori della facciata con un programma che si limitava però alla costruzione del portico-colonnato. Le varie fasi sono poi testimoniate da disegni successivi. Il primo disegno mostra un portico molto lungo, simile a quello realizzato con però quattro colonne in più, di cui due addossate alla facciata; il resto del portico ä come costruito nella prospettiva fatta da Cortona; era messo in evidenza  il profondo oggetto di questo colonnato rispetto alla facciata, piatta di fondo. Man mano, nei disegni successivi, il programma si fa più o meno ardito e le linee in pianta coincidono ed abbracciano i vecchi passaggi da stradine laterali, mentre Pietro da Cortona propone la prima demolizione degli edifici preesistenti. Ciò dimostra che il programma edilizio era supportato da un piano finanziario molto ambizioso.
Le demolizioni laterali consentono di arretrare moltissimo le due ali laterali della chiesa, in modo che il portico semicircolare centrale si venga a trovare nel centro di questa piazza costruita a incavo in una posizione di netto predominio. La forma che assumono le quinte che chiudono lo spazio della piazza non aderisce a nessuna precisa regola geometrica e infatti gli angoli tra i risvolti sono di formazione puramente casuale. Durante l'andamento dei cantieri Pietro da Cortona risolve il problema dell’ attacco tra la quinta preesistente di via della Pace e quella creata a nuovo con un ampio smusso mentre dalla parte opposta la quinta a nuovo forma un angolo retto con il palazzo preesistente.
Le preesistenze sono squarciate di netto senza nessuna preoccupazione, inoltre il lavoro ä di una estrema difficoltà in quanto Pietro da Cortona spezza con angoli retti delle linee che sono originate da angoli acuti. Sicuramente egli ha avuto delle perplessità sulla efficacia dell'operazione, oltre che laconsapevolezza che non demolendo interamente il palazzo opposto alla chiesa in via della Pace, il risultato urbanistico poteva lasciare molto a desiderare, ma il programma edilizio ha assunto ormai proporzioni troppo vaste perché si possa ancora ampliare.
Rimane per lui comunque fondamentale il progetto del taglio del palazzo Gambirasi, in quanto dava la possibilità di ottenere l’ apertura ad imbuto di immediato valore scenografico; in questo modo introduceva nella tessitura fitta delle case medievali uno squarcio di grande luminosità: invece la soluzione finale é impostata su un accordo graduale nei confronti del preesistente ottenuto attraverso varie inclinazioni che abbiamo detto apparentemente casuali. Come linguaggio la parte della facciata vera e propria é di secondaria importanza rispetto al valore delle ali,ma è proprio dall'insieme delle parti che rinasce la coerenza; il porticato convesso al centro ä contrappuntato da un accenno di convessità da una parte alta della facciata e da due violente concavità, in collegamento tra facciata e ali. Il risultato dellacreazione di queste quinte é di far inondare di luce la parte superiore,che diventa quindi il vero centro ideale dell'immagine.
Per Pietro da Cortona si è trattato di un lavoro di grande difficoltà, pieno di ripensamenti e nodi da risolvere e la sua concentrazione su questo lavoro è più profonda se si pensa che egli aspettava da 15 anni un nuovo incarico, dopo la chiesa di S. Luca.
La facciata del primo progetto non ha perso intensità, a causa dei lavori successivi, ma ha trovato in esso raccordi organici.
Nella chiesa di S. Maria, in via Lata, Pietro da Cortona trova un tema che si deve concludere nella semplice facciata, in cui è più difficile trovare soluzioni urbanistiche e intervenire nella città in modo radicale. ê forse l'unica opera di Pietro da Cortona in cui non si introduce il tema della convessità: l'aspetto estremamente classicheggiante, l'unico scatto é dato dallo sporgere della parte centrale rispetto alle ali; la sporgenza é costituita da un loggiato nella parte superiore e da un portico in quella inferiore, in cui si richiama il tema della trasparenza alla luce e la rottura del continuum che al piano inferiore era dato dagli edifici preesistenti.
Questo ritorno al classico ha un preciso significato: quello di rinchiudersi in una meditazione, dopo il grande salto in avanti. Dopo l'opera precedente è come se egli avesse voluto verificare la possibilità di mediare maggiormente il linguaggio cinquecentesco con quello del suo tempo. Ne risulta un'opera forse più eclettica, una contaminazione di momenti storici eclettici, comunque un momento lirico meno alto di quello delle opere precedenti.

 

Fonte: http://www.istitutobalbo.it/autoindex/indice/Liceo%20Classico/Lezioni%20di%20storia%20dell%27Arte/1600/pietro_da_cortona.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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