Piante

 

 

 

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BIOLOGIA: LE PIANTE


Le piante vascolari senza semi: sono 4 le divisioni che hanno rappresentanti viventi: le felci sono piante vascolari distinguibili dalla maggior parte delle altre piante per le loro grandi foglie pennate; hanno gameti maschili flagellati e necessitano di acqua per la fecondazione; hanno fusti semplici e spesso ridotti a fusti striscianti sotterranei, chiamati rizomi. Le foglie delle felci sono finemente suddivise in pinnule, con un buon rapporto tra superficie e volume. In genere gli sporangi, riuniti in piccoli gruppi detti sori sono sulle pagine inferiori delle foglie o su foglie specializzate chiamate sporofilli.
Le piante vascolari con semi: divise in gimnosperme, con semi nudi, e in angiosperme, con semi protetti.
Le gimnosperme: il seme è la struttura protettiva in cui la pianta embrionale può venir propagata e rimanere quiescente e comprende l’embrione, una provvista di tessuti nutritivi e un rivestimento protettivo esterno; tutte sono eterosporee e le spore che danno origine ai gametofiti maschili sono note come microspore, prodotte nei microsporangi,  mentre quelle che danno origine a quelli femminili sono noti come megaspore, prodotti nei megasporangi che contiene una cellula madre della megaspora, circondata da 1 o 2 strati di tessuto, l’integumento; questa struttura, megasporangio + integumento + contenuto, e’ nota come ovulo. Il tegumento avvolge il tessuto del gametofito femminile, pieno di sostanze nutritive, che si accresce e prende il posto del tessuto preesistente del megasporangio; la sua parte più interna è costituita dall’embrione con i suoi cotiledoni, ovvero foglie embrionali, mentre la parte inferiore sarà la prima radichetta.
Le angiosperme: hanno un sistema vascolare più evoluto e due nuove strutture, come fiore e frutto, utili per attrarre gli animali.
Il fiore: la parte centrale è detta carpello, l’apparato riproduttore femminile, e la base rigonfia è l’ovario. L’apice e’ uno stigma, superficie vischiosa a cui restano appiccicati i granuli di polline; questo è collegato con l’ovario da un tubicino detto stilo. I granuli di polline vengono prodotti nello stame, che è uno sporofito, costituito da un’antera, che contiene i microsporangi dove si produce il polline, e un supporto, il filamento.
Le piante sono le uniche forme di vita capaci di utilizzare l’energia solare direttamente e di fissare composti inorganici, in composti organici, come il carbonio.

Fecondazione: una volta sullo stigma, il granulo pollinico germina e, sotto l’influenza del nucleo della cellula del tubulo, il tubulo pollinico penetra nello stilo giungendo fino all’ovulo. Il numero di granuli che arrivano allo stigma supera a volte il numero di ovuli creando una competizione vinta da quello più veloce. Ciascun ovulo contiene un gametofito femminile, costituito da 7 cellule con un totale di 8 nuclei aploidi di cui una è la cellula uovo; la grossa cellula centrale contiene 2 nuclei apolidi detti nuclei polari, mentre su ciascun lato della cellula uovo c’e’ una piccola cellula chiamata sinergide che attrae il tubulo pollinico in crescita finchè non raggiunge una di queste e si fonde con essa liberando il nucleo del tubulo e i 2 nuclei spermatici. La cellula fecondata, zigote, dà origine a un embrione e l’altro nucleo spermatico si unisce ai 2 presenti nella cellula centrale originando un nucleo triploide, che si svilupperà in un tessuto protettivo detto endosperma.
Embrione: la cellula triploide si divide mitoticamente per formare l’endosperma e lo zigote si divide per formare l’embrione e i cambiamenti della struttura interna portano alla formazione di 3 tessuti embrionali, meristemi primari. Intanto si forma un cotiledone mentre l’embrione assume la sua forma caratteristica (morfogenesi). Nei primi stadi le divisioni cellulari avvengono in tutta la pianta poi solo nei meristemi apicali, la radice e il germoglio.
Seme e frutto: costituito dall’embrione, dalle sostanze di riserva e dal tegumento del seme che si sviluppa negli strati più interni dell’ovulo. Il frutto si sviluppa dalla parete dell’ovario contemporaneamente al seme. I frutti sono classificati a seconda di come sono disposti i carpelli da cui si originano in semplici, se si originano da un solo carpello o più fusi in un unico fiore; aggregati se si sviluppano da numerosi carpelli separati di un fiore; multipli se si sviluppano da carpelli di più di un fiore. I semplici, quando giungono a maturazione, sono carnosi e molli, di cui i 3 principali sono bacca, drupa e pomo, o secchi, che si dividono in deiscenti o indeiscenti. Quelli deiscenti si aprono liberando i semi quando sono ancora attaccati alla pianta, mentre i semi degli indeiscenti invece sono ancora dentro al frutto quando si stacca.
Adattamenti ai cambiamenti stagionali: per sopravvivere a periodi difficili, le piante utilizzano metodi differenti, uno è quello della quiescenza che permette di dividere le piante in base alla durata del ciclo in annuali, in cui l’intero ciclo vitale si svolge in un anno (erbacee); biennali in cui servono due stagioni di crescita dalla germinazione alla formazione dei semi, infatti durante il primo periodo si forma un breve fusto, una radice, che serve per immagazzinare sostanze, e foglie vicine al terreno. Durante la seconda stagione le riserve vengono usate per la fioritura, la fruttificazione e la formazione di semi, dopo di che la pianta muore. Le perenni invece resistono da un anno all’altro: le erbacee rimangono quiescenti sotto forma di strutture sotterranee modificate, mentre le legnose sopravvivono sopra il livello usando adattamenti quali la perdita annuale delle foglie e sono chiamate decidue; questo procedimento è però molto dispendioso e adatto solo a piante che vivono su suoli fertili. Altro metodo è quello della quiescenza del seme, in cui l’embrione vive in uno stato latente; uno dei fattori che permette il controllo della quiescenza è il tegumento che funge da isolante per l’acqua e i gas impedendo lo sviluppo del seme; altre volte invece sono degli inibitori chimici del tegumento che impediscono lo sviluppo del seme finchè determinati fattori come luce, acqua e freddo, non li modificano.

Cellule e tessuti: le cellule di un embrione di angiosperme si differenziano in 3 tessuti: il protoderma che dà origine al tessuto tegumentale che protegge la pianta; il procambio che dà luogo al tessuto conduttore, formato da xilema che trasporta acqua e minerali in soluzione e floema che trasporta zuccheri e composti organici dalle cellule fotosintetiche alle altre; il meristema fondamentale che dà origine al tessuto fondamentale in cui sono immersi i tessuti vascolari. Questi 3 sistemi sono noti come meristemi primari. Le cellule più frequenti sono dette a parenchima e sono sfaccettate, con pareti sottili e flessibili, contengono plastidi e svolgono funzioni come la respirazione e l’immagazzinamento di acqua e cibo. La fotosintesi è l’attività principale della pianta.
Struttura delle foglie: le cellule fotosintetiche delle foglie sono parenchimatiche divise in cellule a parenchima a palizzata, formate da cellule cilindriche densamente ammassate e localizzate sotto la superficie superiore della foglia, e a parenchima spugnoso, con cellule irregolari, con grandi spazi intercellulari riempiti da gas. Queste due parenchime formano il tessuto fondamentale, chiamato mesofillo, racchiuso da un involucro di cellule epidermiche che secernono la cutina, una sostanza cerosa, che forma la cuticola, rivestimento su tutta la superficie dell’epidermide, trasparente come la cuticola per permettere il passaggio della luce. Le sostanze entrano ed escono dalla foglia attraverso due strutture differenti, i fasci conduttori (che nelle foglie sono chiamati nervature e passano dai piccioli e sono connessi con i tessuti conduttori dei fusti e delle radici), attraverso cui l’acqua e i minerali vengono trasportati dentro le foglie e i prodotti delle fotosintesi fuori da esse e gli stomi (piccola apertura delimitata da due cellule guardia che aprono e chiudono lo stoma), attraverso cui i gas entrano ed escono dalla foglia.
Accrescimento: porta ad una differenziazione dei 3 sistemi di tessuti, all’allungamento delle radici e del fusto e alla formazione delle radici laterali e dei rami.
Le radici: sono strutture specializzate che ancorano la pianta e assorbono l’acqua e i minerali essenziali e quella embrionale è la prima struttura a emergere. In molte piante, i 3 sistemi sono disposti in 3 strati concentrici, l’epidermide, che ricopre l’intera superficie, assorbe acqua e minerali dal suolo e protegge i tessuti interni; la cuticola è quasi assente, e le cellule sono caratterizzate da sottili estroflessioni tubolari, i peli radicali. La corteccia è formata da cellule parenchimatiche dove mancano però i cloroplasti e i plastidi sono specializzati nell’immagazzinamento delle sostanze di riserva; ci sono molti spazi aerei a differenza delle cellule dello strato interno, l’endoderma, dove le cellule sono compattate, non hanno spazi interposti e ogni cellula è circondata dalla banda di Caspary, striscia cerosa posta all’interno della parete cellulare, che è continua, aderisce alla membrana ed è impermeabile. Il cilindro centrale invece è costituito da tessuti conduttori circondati da strati di cellule, il periciclo, e da esso si formano le radici laterali che in molte specie sono raggruppati in un cilindro pieno, mentre in altre i tessuti conduttori formano un cilindro attorno ad un midollo, una zona centrale di tessuto fondamentale.
La prima parte dell’embrione che spunta è dunque la radichetta al cui apice c’è la cuffia radicale, una protezione per quando questa avanza nel suolo, che è formata da cellule costantemente rimpiazzate mentre tutte le altre alla fine si differenziano diventando cellule della cuffia o formando i sistemi di tessuti radicali. Il processo di allungamento che colpisce le cellule durante le divisioni cellulari è la causa principale dell’accrescimento primario della radice anche se la crescita dipende dalla formazione di nuove cellule. Man mano che si allungano si differenziano e le prime sono quelle conduttrici del floema seguite da quelle dello xilema, poi dalla formazione dell’endoderma e, al suo interno, il periciclo. In molte dicotiledoni la radice primaria si sviluppa in un fittone che dà origine a radici secondarie mentre in alcune monocotiledoni la radice primaria vive per poco e il sistema si sviluppa in una serie di radici avventizie che partono dal fusto e formano un sistema radicale fascicolato. Fanno parte di queste anche le radici aeree.
Fusto: sostiene le foglie ed è la via attraverso cui avviene il trasporto delle sostanze dalle radici alle foglie e viceversa. La superficie esterna giovane è costituita da cellule epidermiche, è ricoperto da cuticola, è fotosintetico, contiene stomi, è formato da cellule parenchimatiche, è tessuto fondamentale, è mantenuto eretto dal turgore e può contenere tessuti specializzati di sostegno noti come collenchima, che serve da supporto per la crescita di steli e rami ed è formato da cellule con pareti primarie ispessite agli angoli o con forma irregolare che formano o un cilindro continuo o delle strisce di tessuto verticali, e sclerenchima, formato da cellule di 2 tipi, le fibre, che sono cellule allungate ed elastiche riunite in fasci disposti in maniera ordinata e spesso associate ai tessuti conduttori, e le sclereidi, con forma variabile presenti nei fusti nei semi e nelle noci o noccioli dei frutti. Lo sclerenchima è un tessuto duro a causa del fatto che le pareti cellulari sono i impregnate dalla lignina e si differenziano dalle cellule del collenchima perché hanno pareti secondarie, perché le cellule muoiono alla maturità e perché si trovano in regioni che hanno completato l’accrescimento. I tessuti conduttori dello xilema e del floema sono formate da cellule di conduzione, fibre di sostegno e cellule parenchimatiche e le cellule del floema nelle gimnosperme sono le cellule cribrose mentre nelle angiosperme queste cellule sono dette elementi del tubo cribroso, che è una colonna verticale di elementi dei tubi cribrosi uniti da pareti terminali dette placche cribrose che hanno aperture collegate al tubo successivo. Le cellule di questi tubi sono vive, piene di un liquido acquoso detto linfa e tipicamente associate a cellule del parenchima specializzate, dette cellule compagne, che derivano dalla stessa cellula madre e che contengono tutti i componenti presenti nelle cellule viventi, nucleo compreso. Le cellule dello xilema nelle angiosperme sono le tracheidi (cellule allungate, sottili, che si sovrappongono e che comunicano tramite aree sottili dove la parete secondaria non si è formata) e gli elementi dei vasi (più corti e grossi con più perforazioni o assenza di pareti divisorie, in modo da formare un vaso continuo molto efficiente), entrambe con spesse pareti secondarie contenenti lignina e sono cellule morte a maturità. Le piante vascolari senza semi e molte gimnosperme contengono solo tracheidi mentre molte angiosperme hanno sia tracheidi che elementi dei vasi.

Traspirazione: è la perdita di vapore acqueo dal corpo delle piante, dovuta all’apertura degli stomi per catturare l’anidride carbonica necessaria per la fotosintesi.
Assorbimento di acqua: nella maggior parte delle piante l’acqua entra quasi esclusivamente attraverso le radici per osmosi, infatti le cellule radicali hanno una concentrazione di soluti più elevata rispetto all’acqua del suolo; il potenziale osmotico è sufficiente a far salire per un breve tratto l’acqua lungo il fusto e questo fenomeno è chiamato pressione radicale e ha come conseguenza la guttazione, la perdita d’acqua in forma liquida attraverso le foglie.
Teoria della coesione-tensione: è la teoria accettata comunemente ora per spiegare come è possibile che l’acqua dalle radici possa risalire la pianta fino ad altezze di parecchie decine di metri. Tutto si spiega con il fatto che le molecole d’acqua formano legami intermolecolari tra di loro tramite legami ad idrogeno e questo fa sì che le molecole lungo lo xilema e il floema formino delle catene lunghe e sottili: a questo punto quando una di queste molecole si muove trascina con sé anche le altre molecole; dato che il diametro del vaso è relativamente piccolo e che le molecole aderiscono alle pareti degli elementi dei vasi è impossibile la formazione di bolle d’aria che potrebbero interrompere la colonna. Proprio questa forza attrattiva tra le molecole è la causa della pressione negativa, il cui termine tecnico è tensione, osservabile nello xilema. I fattori che influenzano la velocità con cui si perde acqua sono tanti fra cui vi è la temperatura, l’umidità e i venti, che portano via aria umida da sopra le foglie, e infine l’effetto regolatore che viene esercitato dall’apertura e dalla chiusura degli stomi, comandati da 2 cellule guardie che agiscono in base al turgore di queste due cellule: se sono turgide si incurvano e provocano l’apertura degli stomi mentre, se perdono acqua, si sgonfiano e gli stomi si chiudono. Il turgore aumenta o diminuisce in conseguenza del movimento osmotico dell’acqua e di conseguenza si basa sulla concentrazione dei soluti, soprattutto dello ione K+. Altri fattori che regolano gli stomi sono la concentrazione di anidride carbonica, la temperatura e la luce. Le cellule vegetali hanno bisogno di un certo numero di differenti elementi chimici che si trovano nel terreno sotto forma di minerali, sostanze inorganiche naturali con una composizione chimica definita, che vengono assorbiti dalle radici in soluzione acquosa e viaggiano nello xilema con la corrente dovuta alla traspirazione: l’assorbimento invece di minerali in forma ionica richiede dispendio di energia perché avviene tramite trasporto attivo.

La traslocazione: è un processo con il quale i prodotti della fotosintesi sono trasportati ad altri tessuti e segue il modello detto dalla sorgente al pozzo, in cui tutte le parti della pianta incapaci di soddisfare le proprie esigenze nutritive funzionerebbero da pozzo mentre le fonti principali dei soluti, le foglie fotosintetiche, da sorgente. L’ipotesi accettata per spiegare questo movimento è l’ipotesi del flusso di pressione secondo cui soluti si muovono in soluzioni che si muovono a loro volta a causa di differenze di potenziale idrico provocate da gradienti di concentrazione dello zucchero. Gli zuccheri passano dalle cellule fotosintetiche della foglia nei tubi cribrosi contro un gradiente di concentrazione e coinvolge un cotrasporto di molecole di saccarosio e di ioni idrogeno grazie a una proteina presente nella membrana del tubo cribroso: l’ingresso dello zucchero riduce il potenziale idrico e fa passare per osmosi l’acqua dallo xilema nel tubo; nel pozzo le molecole di zucchero abbandonano il tubo e le molecole d’acqua escono per osmosi seguendole. Così l’acqua entra da un’estremità ed esce dall’altra e tra questi punti acqua e soluti si muovono passivamente per flusso di massa. La disponibilità dei minerali dipende dalla natura del suolo (con particelle non troppo fini, dalla natura della roccia madre di cui è formato, dalla presenza di uno strato di organismi biologici, dal suo ph) ma anche dall’attività dei funghi simbiotici e dei batteri: le micorizze sono associazioni tra fungo e radice che fa sì che il fungo estrae le sostanze dal terreno per renderle disponibili alle piante e sarebbero anche in grado di neutralizzare alcune sostanze tossiche per le piante. Altri organismi importanti sono i batteri detti fissatori dell’azoto, di cui uno dei più importanti è il Rhizobium, che permettono di recuperare l’azoto presente nell’atmosfera e di renderlo disponibile in composti organici utilizzabili dalle piante. La simbiosi tra una data specie di piante è i batteri è specifica e la specie di batteri che infetta le radici del trifoglio è diversa da quello che infetta la soia. Il Rhizobium penetra nei peli radicali delle leguminose quando le piante sono ancora giovani e successivamente cominciano a crescere aumentando di 10 volte la dimensione e sintetizzando un enzima chiamato nitrogenasi, formato da due polipeptidi, che catalizza la seguente reazione: N2 + 6H+ + 6e- à2NH3. L’ammoniaca prodotta da questa reazione si combina coi composti del carbonio sintetizzati dalle cellule fotosintetiche della pianta formando amminoacidi.

Fototropismo: tropismo è la modificazione della crescita che dà luogo alla curvatura di una parte della pianta verso uno stimolo esterno ed è detto positivo se la pianta si curva verso lo stimolo, negativo se si allontana. Il fototropismo positivo è una curvatura della pianta verso la luce ed è causato, come si è visto dopo numerosi studi, da uno stimolo chimico noto come auxina, che significa aumentare, che alla presenza della luce migra verso il lato oscuro determinando la crescita di quest’ultima verso il segnale luminoso; in questo processo si pensa che si sia un pigmento che assorbe la frequenza blu, detta flavina, che aumenta la permeabilità della membrana cellulare favorendo il movimento dell’auxina.
Ormone: è una sostanza chimica prodotta in un tessuto e trasportata a un altro sul quale esercita uno o più effetti specifici.
Auxina: ormone, anche chiamata acido indolacetico ed è prodotta principalmente dai meristemi apicali dei germogli e poi viene trasportato alle altri parti del corpo con un movimento unidirezionale e provoca l’allungamento delle cellule nella regione di accrescimento del germoglio (se viene reciso l’apice la crescita infatti si interrompe ma se applichiamo l’ormone riprende la crescita). Anche le radici ricevono la propria auxina e sono più sensibili all’ormone, che ne promuove la crescita in quantità piccole ma ne inibisce la stessa con un piccolo incremento di concentrazione. Gli effetti stimolanti si concretizzano in un allungamento rapido delle cellule che è causato da un aumento della plasticità cellulare con conseguente ingrossamento della cellula in risposta al turgore esercitato dall’aumento di acqua del vacuolo cellulare; tutto ciò causato dall’attivazione di una pompa di protoni che trasporta ioni idrogeno, aumentando il ph della parete e attivando un enzima ph-dipendente che rompe i legami tra le molecole di cellulosa, lasciandole scivolare le une sulle altre e riformando successivamente i legami. Questo processo è noto come crescita acida ed è molto rapida ma esiste anche una crescita a lungo termine, attivando l’espressione di almeno 10 geni specifici con aumento della trascrizione dell’RNA messaggero e ribosomiale e della produzione di proteine diverse. A causa del fatto che nella maggior parte delle specie la crescita di gemme ascellari viene inibita, l’effetto viene nominato dominanza apicale. Altro ruolo dell’auxina è quello della ripresa stagionale dell’attività di cambio vascolare e viene sintetizzato anche dalle foglie giovani, dai fiori, dagli embrioni e dai frutti; infatti promuove la maturazione della parete dell’ovario e lo sviluppo dei frutti carnosi.
Citochinine: è un ormone che stimola la divisione cellulare e quella più attiva in natura si chiama zeatina ed è presente in alcuni processi che hanno luogo una volta completata la duplicazione del DNA ma prima dell’inizio della mitosi e si pensa aumentino la velocità della sintesi proteica. Invertono l’effetto inibitorio dell’auxina nella dominanza apicale, viaggiano nello xilema dalle radici, dove sono prodotte, e salgono verso l’alto; man mano che aumenta la distanza dell’apice a causa della sua crescita le citochinine hanno il sopravvento sulla funzione dell’auxine perché sono presenti in maggior concentrazione nelle gemme della parte bassa. Impediscono l’invecchiamento delle foglie perché impediscono la disattivazione di parti del DNA continuando a promuovere la sintesi enzimatica.
Etilene: è un ormone insolito in quanto è una sostanza allo stato gassoso ed è un idrocarburo responsabile della maturazione dei frutti; è sintetizzato nella membrana cellulare e partecipa anche all’invecchiamento della parti fiorali che segue l’impollinazione e procede lo sviluppo dei frutti e si pensa anche abbia una parte nella cosiddetta dominanza apicale in quanto l’auxina sembra stimolare la produzione di etilene vicino alle gemma. Inoltre l’etilene partecipa anche nel processo di abscissione (perdita delle foglie preceduto da cambiamenti nella zona di abscissione, alla base del picciolo, formato da 2 zone, uno strato in cui si verifica lo stacco e uno invece che cicatrizza la parte dove avviene l’abscissione): infatti viene prodotto nello strato di abscissione ed agisce stimolando la sintesi e la liberazione dell’enzima cellulasi che disintegra la parete cellulare.
Acido abscissico: ormone inibitorio responsabile della quiescenza, chiamato così perché si credeva che fosse la causa dell’abscissione.
Gibberelline: ormone che controlla l’allungamento degli alberi e dei cespugli adulti ma non si conosce la maniera in cui questa agisce ed è responsabili della cosiddetta levata del fusto, processo per cui una pianta cresce a rosetta prima di fiorire e poco prima della fioritura il gambo si allunga rapidamente. Hanno un ruolo anche nel differenziamento cellulare, nel processo per la formazione nelle piante legnose dello xilema e del floema secondari e nella germinazione del seme, dove hanno il ruolo di far produrre enzimi all’endosperma capaci di idrolizzare gli amidi, i lipidi e le proteine dell’endosperma stesso in maniera che possano essere utilizzati dall’embrione .
Oligosaccarine: zuccheri a catena corta che permettono il riconoscimento della molecola segnale rilasciata dagli agenti patogeni e la successiva trascrizione di Rna messaggero per la produzione di “antibiotici”.
Geotropismo: è la capacità di rispondere alla gravità raddrizzandosi in modo che il germoglio cresca verso l’alto e la radice verso il basso e si pensa che anche qui agisca l’auxina, perchè si sa che le radici sono sensibili anche ad un minimo aumento di concentrazione dell’ormone e si pensa che questa crescita verso il basso sia il risultato degli effetti inibitori prodotti dall’aumento di concentrazione nella parte inferiore. Si pensa che la pianta sappia in che posizione si trova grazie ad alcune cellule specializzate del germoglio e della cuffia radicale che contengono statoliti, cioè particelle che si muovono in risposta alla gravità, e che nelle piante sono formate da plastidi contenenti amido detti amiloplasti.
Fotoperiodismo: le piante in base al loro fotoperiodismo sono divise in 3 tipi principali: neutrodiurne, che fioriscono indipendentemente dalla lunghezza del giorno; brevidiurne, che fioriscono all’inizio della primavera o in autunno in quanto devono avere un periodo di luce più breve di un certo numero di ore corrispondente alla durata critica; le longidiurne, che fioriscono invece solo se i periodi di luce sono lunghi più della durata critica. Si è scoperto poi che sono le ore di buio collegate alla lunghezza del giorno che influisce sulla avvenuta della fioritura. Il pigmento interessato dal fotoperiodismo è chiamato fitocromo ed esiste in 2 forme differenti, una detta Pr, che assorbe la luce rossa ed è la forma in cui il citocromo viene sintetizzato, e una detta Pfr, che assorbe invece la luce del rosso lontano ed è la forma attiva biologicamente del pigmento che induce la fioritura nelle piante longidiurne e inibisce la fioritura nelle piante brevidiurne. Quando la luce rossa colpisce Pr si trasforma in Pfr, ma quando Pfr assorbe la luce del rosso lontano si ritrasforma in Pr, mentre al buio Pfr si ritrasforma lentamente in Pr oppure viene degradato e sostituito da nuovo Pr appena sintetizzato.
Ritmi circadiani: sono cicli regolari di accrescimento e di attività che seguono approssimativamente un andamento di 24 ore e si è notato che dipendono da un fattore endogeno, cioè interno, della pianta che è detto orologio biologico e che è diverso per tutte le piante anche quelle della stessa specie che posso presentare differenze nei loro ritmi. La sua funzione principale è quella di permettere all’organismo di riconoscere le diverse stagioni mediante il confronto dei loro ritmi interni con quelli esterni; ha inoltre una caratteristica importante che è quella di potersi adattare a cambiamenti dovuti a cambiamenti esterni, anche se in casi troppo drastici vi sarà poi il ritorno al ritmo naturale.
Risposte tattili: sono dovute a sensori posti sull’esterno della pianta che permettono di creare impulsi elettrici o chimici a determinate cellule capaci poi di reagire in merito e di provocare tassi di accrescimento differenti; si è anche notato che la sensazione tattile è provvista di una memoria, capace di provocare la reazione anche molto tempo dopo lo stimolo.
Comunicazione chimica: si è dimostrato che le piante sono capaci di avvertire le piante vicine di un determinato pericolo mediante il rilascio di sostanze volatili nell’atmosfera che, giunte a destinazione su piante lontane anche 60 metri, provocano la sintesi di sostanze chimiche di difesa.

 

FONTE: http://doc.studenti.it/download/ricerca-piante_1.html

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

  LE PIANTE

 

Le piante possono essere definite semplicemente come organismi fotosintetici pluricellulari adatti essenzialmente alla vita sulle terre emerse.
Il passaggio dalle acque alle terre emerse portò ad una evuluzione delle piante,ci furono degli adattamenti, anche del ciclo vitale.La maggior parte delle piante moderne ha in comune questi adattamenti; per esempio la cuticola protettiva che copre la superficie delle parti aeree delle piante riducendone la perdita d' acqua.Questa cuticola è formata da una sostanzaa cerosa chiamata cutina,secreta dalle cellule epidermiche;vi sono poi i pori attraverso i qualipossono verificarsi gli scambi gassosi necessari alla fotosintesi.Un altro adattamento è stato lo sviluppo di organi riproduttivi pluricellulari(gametangi e sporangi) che erano circondati da uno strato riproduttivo di cellule sterili.
I gametangi vengono chiamati archegoni se producono cellule uovo e anteridi se producono cellule spermatiche.L'uovo fecondato (zigote) è mantenuto all'interno del gametangio femminile.
Non molto dopo la conquista delle terre le piante si diversificarono in almeno due linee evolutive distinte.Una dette origine alle briofite,menter l'altra dette origine alle piante vascolari; la differenza fra le briofite e le piante vascolari è che gli sporofiti di quest'ultime possengono un sistema conduttore ben sviluppato che trasporta acqua,sali minerali,zucchero ed altre sostanze nutritive in tutto il corpo della pianta.
BRIOFITE
Le brifite sono  piante piuttosto piccole; risultano diffuse in quasi tutti gli habitat della terra e sono chiamatye piante anfibe,in quanto la loro vita si svolge in parte nell'ambienta acquatico e in parte in quello terrestre.Dai resti fossili trovati si è visto che le briofite non hanno avuto un vero e proprio processo evolutivo.
Il tallo delle briofite è composto dal gametofito,è privo di un sistema vascolare,di foglie,di radici,dei tessuti specializzati e da veri fusti.La parte aerea è formata da filloidi(strutture che ricordano le foglie) e cauloidi (strutture erette);rimangono attaccate al substrato per mezzo dei rizoidi,che sono singole cellule allungate oppure filamenti di cellule.L'assorbimento delle sostanze nutritive avviene per osmosi o per diffusione.
a volte il cauloide contiene un fascio di cellule allungate con pareti terminali oblique ,dette idroidi, che trasportano acqua.In alcuni muschi sono presenti i leptoidiche conducono le sostanze elaborate.
Lo sporofito è alto alcuni centimetri,non è connesso al suolo,per il nutrimento è dipendente dal gametofito.Il gametofito ha sempre attività fotosintetica ed è molto più esteso dello sporofito.Gametofito:n         Sporofito:2n.
Affinché possa avvenire la fecondazione,lo spermio biflagellato o anterozoide deve nuotare nell'acqua per raggiungere  la cellula d'uovo  che si trova all'interno del gameteangio femminile.Il gametangio femminile prende il nome di archeogonio e ha la forma di fiasco col collo allungato  contenente una sola cellula uovo.Quando è maturo,prima che avvenga la fecondazione,le cellule del collo degenerano e si crea un ambiente liquido che favorisce la penetrazione dello spermio.Lo spermio matura all'interno del l'anteridio(gamtangio maschile).Dall'uovo fecondato si sviluppa lo zigote che si accresce dando origine ad un corpo diploide:lo sporofito.
Lo sporofito è una piccola struttura costituita da uno stelo,la seta,che rimane attaccato all' archeogoni per mezzo di un piede,mentre alla sua estremità superiore si forma una capula nella quale si producono le spore che maturano per divisione meiotica.Quando la capsula è matura si apre e el spore cadono nel terreno;dove se l'ambiente è favorevole la spora aploide germina e da origine ad un primo gametofito detto protonema che ha una struttura filamentosa.
Le briofite vengono generalmente divise in: Epatiche, Muschi,Antocerote.
Le epatiche costituiscono dei verdi tappeti che ricoprono i fusti o le rocce.Le epatiche si distinguono in epatiche a tallo e in epatiche a foglia.
Le  epatiche tallose sono prive di foglie e sono molto sottili.Sulla superfice superiore sono presenti aperture a forma di cratere, i pori che comunicano con una camera aerifera sottostante, e che garantiscono gli scambi gassosi .Gli sporofiti sono costituiti da un piede, da una corta seta e da una capsula dentro la quale,oltre alle spore,si trovano cellule allungate dette elateri.La riproduzione può avvenire anche per propagazione vegetativa :quando le gemme mature cadono in un posto adatto possono sviluppare un nuovo gametofito.
Le epatiche a foglia costituiscono circa i due terzi delle oltre 6000 specie di epatiche esistenti e vivono prevalentemente nelle zone tropicali o subtropicali.
MUSCHI
I muschi sono la classe più nota delle brifite,essi vivono bene ovunque purché almeno una parte dell'anno sia umida.Alla classe dei muschi appartengono tre sottoclassi :i veri muschi,gli sfagni e i muschi del granito.
I veri muschi sono circa 14000 specie.Il gametofito è foglioso ed eretto e si ancora al terreno per mezzo dei rizoidi pluricellulari.Le foglioline,o filloidi,sono formate da un solo strato di cellule ad eccezione della nervatura mediana.Si possono avere due forma di crescita del gametofito :una a cuscino,con poche ramificazioni laterali;l'altra pennata con strutture striscianti ed intrecciate fra loro.La seta può raggiungere anche i 15\20 cm.
Gli sfagni vivono in luoghi paludosi e nelle acque stagnanti, delle quali affiorano spesso con colorazioni gialle o rosso porpora.Sul loro gametofito i rami sono disposti in ciuffi,i filloidi sono senza nervatura e le piante adulte non hanno rizoidi perchè il loro accrescimento è apicale e la parte superiore continua a crescere  mentre l'inferiore muore.Le capsule dello sporofito sono sferiche.La torba un tempo veniva usata come combustibile,mentre ora ,dato il suo elevato costa, è usata in floricultura.
I muschi del granito vivono sulle rupi;la loro differenza dai muschi veri consiste in un protonema laminare ed in uno sporofito la cui capsula invece di aprirsi attraverso un opercolo,si fessura in senso longituduinale lungo 4 linee costituite da cellule più deboli. L'apertura dipende dal grado di umidità.
ANTOCEROTE
Di questa classe si conoscono 100 specie.Il gametofito può essere unisessuale o bisessuale , ogni sua cellula contiene un unico e grande cloroplasto.Lo sporofito possiede degli stomi, i primi veri stomi riscontrati nella scala evolutiva, ed è formato da uno sporangio cilindrico.Le spore maturano progressivamente dall'alto verso il basso, dove si forma un tessuto talmente attivo da essere in grado di prendere contatto con il terreno.Questo fatto rende lo sporofito indipendente dal gametgofito.
Si ritiene infatti che l'evoluzione delle piante sia avvenuta con la riduzine  dello stato di gametofito e il progressivo affermarsi dello stao di sporofito.

 

Fonte: http://doc.studenti.it/download/piante_1.html
Autore: JKL

 

Piante

SMILAX ASPERA  Linneus
 
FAMIGLIA: Liliaceae
NOME VOLGARE: Salsapariglia - Stracciabraghe
HABITAT: Macchia sempreverde, leccete e siepi
 
Pianta lianosa, sempreverde, rampicante con fusti cilindrici, tenaci, verdi o rossastri, con internodi a zig-zag, provvisti di robusti aculei;
Foglie alterne, da strettamente a largamente cordate o astate, coriacee e lucenti, cosparse sui margini e sulle nervature principali della pagina inferiore da spine ricurve, picciolo lungo sino a 2 cm con alla base due viticci ;
Fiori unisessuali, profumati, piccoli, con tepali bianchi, riuniti in ombrelle portate da un asse a zig-zag lungo 10-15 cm, fiorisce da settembre a novembre ;
Il frutto è una bacca sferica, rossa a maturità, matura nell'autunno successivo.
 
Il nome stracciabrache deriva, intuitivamente, dalla grande tenacità di questa pianta che con le sue robuste spine rende impenetrabile il bosco, tanto che è meglio aggirarla se si vuole riportare a casa integri i pantaloni.
In alcune regioni i germogli freschi vengono conservati sott'olio previa scottatura in aceto e le parti tenere della pianta si consumano in frittata.
Dalle radici si estrae la Salsapariglia, droga con proprietà depurative, sudorifere e diuretiche.
Il suo portamento lianoso testimonia l'origine subtropicale della foresta sempreverde sclerofilla del bacino mediterraneo, assieme a Rubia peregrina, Clematis flammula e Tamus communis.
Secondo la mitologia greca un giovane di nome Crocos amava appassionatamente la ninfa Smilax di un amore destinato inesorabilmente ad una triste fine per la natura terrena del giovane ; gli dei, impietositi e volendo rendere ambedue immortali, li trasformarono nelle piante che da quel giorno portano i loro nomi.

Nell'erbario la radice di salsapariglia è nota per i numerosi principi attivi tra cui la smilacina, la salsasaponina, l'acido salsasapinico. Ha proprietà sudoripare e depurative e può essere utilizzata in infusi e decotti per curare l'influenza, il raffreddore, i reumatismi, l'eczema.
Nome comune: salsapariglia, stracciabraghe
Famiglia: Smilacaceae
Principi attivi:

  • Amido
  • Olii essenziali
  • Resina
  • Salsasapogenina
  • Smilagenina
  • Stigmasterolo

La salsapariglia è utilizzata per le sue proprietà depurative, diuretiche e sudorifere. Per combattere artrite e nefrite si ricorre al decotto, mentre si beve l’infuso nel caso di gotta.
Curiosità

  • Sono moltissime le specie di salsapariglia diffuse nel mondo. In Italia cresce spontanea la specie aspera, soprattutto in Liguria e nel Sud.
  • Quest'erba prende il nome dalla parola spagnola "Zalzaparilla". Strofinata vigorosamente, fa della schiuma saponosa, che assomiglia a quella dei cavalli quando sudano abbondantemente, da cui il nome di Salsa (schiuma) della pariglia (coppia di cavalli usata per traino carri, ecc.).

La fillirea
Arbusto o raramente piccolo albero di 2-3 m di altezza, è sempreverde e cespuglioso. In Italia è presente lungo le coste occidentali e nelle isole.
Ha foglie coriacee, opposte, lucide sulla pagina superiore e dentate. I fiori sono piccoli, si sviluppano sulle ascelle delle foglie, sono bianco-verdastri e profumano; sbocciano da marzo a giugno. I frutti sono piccoli, arrotondati, diventano porpora e alla fine neri.
Secondo i Greci, gli dei crearono quest'albero da una ninfa di nome Filira : la sua bellezza era tale che Cronos, padre di Zeus, si innamorò di lei. Per sfuggire all'occhio di sua moglie, Cronos trasformo Filira e se stesso in una coppia di cavalli. Dal loro amore nacque il centauro Chirone, metà uomo e metà cavallo. Filira si spaventò talmente per l'aspetto mostruoso di suo figlio, che implorò gli dei di trasformarla in albero, e le sue preghiere furono accolte.


Fillirea/Ilatro sottile Phillyrea angustifolia


Caratteristiche
: Arbusto sempreverde, con corteccia grigia sottile. a portamento eretto, di 1 - 3 m .
Habitat: boschi e macchia mediterranea
Crescita: piuttosto lenta
Esposizione: pieno sole, specie termofila, xerofila e eliofila
Foglie: sempreverdi, opposte, coriacee, glabre con lamina stretta, 8 x 60 mm
Rami: numerosi con internodi molto raccorciati
Fiori: piccoli, con 4 petali bianchi, riuniti in densi corimbi all'ascella della foglia, poco appariscenti ma profumatissimi
Fioritura: maggio - giugno
Frutti: piccole drupe lunghe 6 mm, globose, blu, poi nere a completa maturazione (novembre - dicembre)
Valore ornamentale: Arbusto con bel fogliame denso, verde scuro, persistente.
Le filliree come siepi frangivento possono valorizzare le zone litoranee per la loro resistenza ai venti marini.

 

Elicriso
(Helichrysum italicum)
L'elicriso, pianta aromatica prettamente italiana e mediterranea, è utile per sedare gli eccessi di tosse, in particolare la pertosse, favorire l'eliminazione del catarro bronchiale, attenuare gli eccessi di asma e le infiammazioni di origine allergica della mucosa nasale.
Sono stati anche riscontrati utili effetti nel caso di mal di testa e di emicrania, nonché nell'artrite e nelle forme reumatiche acute.
Per uso esterno l'Elicriso ha la proprietà di agire beneficamente sulla psorasi e sugli eczemi, lenire le ustioni, curare gli eritemi solari e aiutare la regressione dei geloni e degli edemi dovuti a stasi della circolazione degli arti inferiori e delle infiammazioni delle emorroidi.
USO INTERNO
Le sommità fiorite: Come tossifugo, espettorante, antiasmatico, antinevralgico.
Decotto: 2 grammi in 100 ml di acqua. Due-tre tazzine al giorno.
USO ESTERNO
Le sommità fiorite: Per prevenire e curare le scottature solare, per gli eczemi e la psoriasi, per gli edemi delle gambe.
Decotto: 6 grammi in 100 ml di acqua. Fare lavaggi, applicare compresse imbevute di decotto sulle parti interessate per 15 minuti.
Tintura oleosa: 20 grammi in 100 ml di olio d'oliva o di semi (a macero per 10 giorni). Diluire dieci volte con olio e applicare sulla pelle senza frizionare.
USO COSMETICO
Una manciatina di sommità fiorite infuse nella acqua del bagno giova alle pelli delicate e irritate dagli agenti atmosferici.
FAMIGLIA: Asteracae (Compositae)
NOMI COMUNI: Costo bianco, semprevivu, zipro, fior di roch, canapicchia, brotamo.
LA DROGA: Le sommità fiorite.
QUANDO SI RACCOGLIE: Le sommità fiorite si raccolgono in giugno-agosto, all'inizio della fioritura, tagliando i rami per 10 cm circa ed evitando la porzione legnosa inferiore.
PROPRIETÀ: Tossifughe, espettoranti, antiinfiammatorie, analgesiche, antireumatiche.
PRINCIPI ATTIVI: Olio essenziale (pinene, eugenolo, linalolo), acido caffeico, flavonoidi.

Cocomero Asinino
( Ecballium elaterium (L.))
PORTAMENTO
E' una pianta erbacea perenne con una radice tuberosa; il fusto, sdraiato sul terreno, è coperto da peli rigidi di colore biancastro, che lo rendono scabro al tatto, ed è lungo fino a un metro e mezzo.
FOGLIE
Le foglie, inserite alterne, hanno un robusto picciolo, la lamina è ovale-oblunga; la base è fortemente incisa e l'apice è acuto, il margine è dentellato, la superficie è peloso-ispida.
FIORI E FRUTTI
I fiori, di colore giallo, sono separati: quelli maschili sono riuniti in racemi, quelli femminili sono isolati; calice e corolla sono divisi in cinque lobi; il frutto è una bacca pendula di forma ovale: a maturità si stacca bruscamente dal picciolo e lancia lontano i semi a un liquido molto amaro.
DOVE SI TROVA
Il Cocomero asinino cresce qua e là in Italia, specialmente nelle zone marine; si rinviene nei luoghi incolti e nelle macerie.
LA PARTE VELENOSA
Tutta la pianta, ma specialmente il succo dei frutti.
FAMIGLIA: Cucurbitaceae

NOMI LOCALI: Chigoemau marin, Sbrinsairoel, Schisset, Coecoemer d'azen, Sbolziroti, Zedron salvadgh, Sputaveleno, Schizzetti, Zucchetta Marina, Cocuccella marejje, Cocozza dell'asino, Cocomerello, Cocuzzeja servaggia, Cocumareddu sarvaggiu, Citrulichiu, Cugumeru d'ainu, Marò bort.

Cicuta
( Conium maculatum L. )
PORTAMENTO
È una pianta erbacea biennale; nel primo anno produce solo foglie, nel secondo dà il fusto alto da 150 cm a due metri; questo è eretto, ramificato solo in alto, con la superficie solcata da striature longitudinali e con numerose macchie irregolari di colore rosso-bruno.
FOGLIE
Le foglie sono alterne, hanno un robusto picciolo di aspetto simile al fusto e dilatato alla base, il lembo ha contorno triangolare ed è tripennatosetto con dei segmenti ovali-oblunghi acuti e con il margine lievemente dentellato.
FIORI E FRUTTI
I fiori sono riuniti in grandi ombrelle composte a loro volta da ombrellette; il calice ha cinque sepali molto piccoli saldati tra loro alla base, la corolla è formata da cinque petali di colore bianco, ovali e spatolati; il frutto è dato da due acheni piano-convessi ciascun con cinque costole sporgenti.
DOVE SI TROVA
La Cicuta cresce dal mare alla zona submontana di tutta Italia; si trova nei luoghi ombrosi, nelle macerie, negli erbosi.
LA PARTE VELENOSA
Tutta la pianta.
FAMIGLIA: Apiaceae

NOMI LOCALI: Segua, F'nojass, Sciguda, Sigua velenosa, Zicuta, Cicutone, Ucria, Addurmisci, Pudimanu, Feuredda.

Cardo mariano
( Silybum marianum )

 

Il Cardo mariano è pianta nota fin dai tempi più antichi quando veniva usata come antiemorragico e depurativo. Le radici hanno proprietà diuretiche e febbrifughe, le foglie hanno soprattutto proprietà aperitive. Tuttavia la parte più interessante di questa pianta è costituita dai semi, di cui sono state confermate le proprietà pretettrici, disintossicanti e curative del fegato. Questa attività dipende in particolare da un principio attivo, la sibillina, che è stato scoperto in tempi recenti e che è interessante particolarmente perchè non è tossico.
I derivati del Cardo mariano sono oggi utilizzati in terapia nei disordini epatici, nelle epatiti, nella cirrosi epatica, nelle intossicazioni e negli avvelenamenti, nei disturbi della digestione collegati a un anormale funzionamento del fegato. Il Cardo mariano viene anche usato come componente aromatica e aperitiva per la preparazione di liquori.

USO INTERNO
I semi: Per proteggere e disintossicare il fegato.
Decotto: 3 grammi in 100 ml di acqua. Due - tre tazzine al giorno.
Tintura: 20 grammi in 100 ml di alcool di 60º . Venti gocce due-tre volte al giorno.
FAMIGLIA: Asteraceae
NOMI COMUNI: cardo santo, card d'le maccie, cardo lattato, cardo asinino, maganazzi, cima de cardu.
LA DROGA: I semi.
QUANDO SI RACCOGLIE: I semi si raccolgono in luglio - agosto, quando i capolini dopo la fioritura cominciano ad aprirsi; si recidono i capolini e si lasciano asciugare. I semi si ottengono con la battitura dei capolini e si setacciano per separarli dalle parti estranee.
PROPRIETÀ: Diuretiche, aperitive, febbrifughe, disintossicanti del fegato.
PRINCIPI ATTIVI: Tiramina e precursori dell'istamina.

Cumino dei prati
( Carum carvi )
Il Cumino dei prati è una delle più note piante aromatiche; è usato per rendere gustosi taluni prodotti alimentari, correggere il gusto e l'odore di preparati farmaceutici.
Sotto il profilo erboristico i frutti del Cumino hanno le proprietà di stomolare l'appetito, facilitare i processi digestivi, eliminare i gas intestinali, esercitando contemporaneamente una leggera azione antisettica sul tubo digerente. Il Cumino ha inoltre la proprietà di sedare le coliche e i crampi intestinali. Viene infine usato tradizionalmente per aumentare la secrezione lattea delle nutrici.

Per uso esterno il Cumino, ricco di oli essenziali, ha la proprietà di stimolare la circolazione periferica e di esercitare una azione disinfettante sulle mucose e sull'epidermide.
USO INTERNO
I frutti: Come digestivo e antispasmodico.
Decotto: 2 grammi in 100 ml di acqua. Una tazzina prima o dopo i pasti.
Tintura : 20 grammi in 100 ml di alcool di 60° (a macero per 5 giorni). Venti - quaranta gocce su zucchero o in acqua all'occorrenza.
Tintura vinosa: 3 grammi in 100 ml di vino (a macero per 5 giorni). Un bicchierino generalmente dopo i pasti.
USO ESTERNO
I frutti: Per purificare l'alito e la bocca.
Decotto: 5 grammi in 100 ml di acqua. Fare sciacqui e gargarismi.
USO COSMETICO
Un buon bagno stimolante e purificante si ottiene mettendo nell'acqua calda del bagno un pugno di frutti di Cumino.
FAMIGLIA: Apiaceae (Umbrelliferae)
NOMI COMUNI: Sciarel, chimmel, pesternaria, garvesa, anice dei visgi, caravita, cummel.
LA DROGA: I frutti.
QUANDO SI RACCOGLIE: Si raccolgono le ombrelle recidendole con il peduncolo e riunendole in mazzetti, man mano che iniziano la maturazione e diventano brune; la prima a maturare è quella centrale.
PROPRIETÀ: Aromatizzanti, aperitive, digestive, antispasmodiche, carminative, antisettiche.
PRINCIPI ATTIVI: Olio essenziale costituito principalmente da carvone e limonene.


Iperico
(Hypericum perforatum)
Per citare le più note e valide utilizzazioni dell'Iperico, si può ricordare che, in giuste dosi, esso viene impiegato nel settore liquoristico per le sue interessanti proprietà aromatiche e digestive. Per uso interno è stata confermata la sua utilità come antispasmodico e ipotensivo; taluni preparati di Iperico hanno dimostrato anche una buona azione antisettica.
L'Iperico trova valide applicazioni per uso esterno come cicatrizzante e antiinfiammatorio su ferite, piaghe e ustioni.
Nel settore cosmetico si usa come protettore dai raggi soari, astringente per pelli arrossate e delicate, tonificante per pelli stanche.

USO INTERNO
Le sommità fiorite: Per la digestione, per la pressione alta.
Infuso (tisana): 1 grammo in 100 ml di acqua. Una - due tazze al giorno.
Tintura : 20 grammi in 100 ml di alcool di 20° (a macero per 5 giorni). Un cucchiaino dopo i pasti.
Avvertenze: Non superare le dosi indicate.
USO ESTERNO
Le sommità fiorite: Per piaghe, ferite e scottature.
Decotto: 5 grammi in 100 ml di acqua. Fare lavaggi, applicare compresse imbevute di decotto.
Tintura oleosa (olio): 30 grammi in 100 ml di olio d'oliva. Aggiungere 10 grammi di vino bianco e lasciare al sole per 15 giorni, agitando di tanto in tanto, quindi filtrare. Applicare con lievi frizioni sulle parti interessate.
USO COSMETICO
Il decotto o l'olio normalizzano gli eritemi solari e hanno una valida funzione astringente e eudermica sulle pelli senescenti.
FAMIGLIA: Guttiferae
NOMI COMUNI: Erba di S. Giovanni, erba d'la feu, ossi de grillo, erba per le scottature, pilastro, brunnulidda.
LA DROGA: Le sommità fiorite.
QUANDO SI RACCOGLIE: Le sommità fiorite si raccolgono in giugno - luglio quando buona parte dei fiori è già aperta e prima che ve ne siano di appassiti; si recidono i fusti evitando le parti inferiori troppo lignificate.
PROPRIETÀ: Aromatizzanti, digestive, antispasmodiche, ipotensive, astringenti, antiinfiammatorie, cicatrizzanti.
PRINCIPI ATTIVI: Olio essenziale (pinene, sesquiterpeni), flavonoidi, tannini, ipercina, acido clorogenico e caffeico.

Molti studi scientifici hanno dimostrato che questa erba ha delle proprietà molto simili ad alcuni psicofarmaci. E’ un ottimo integratore per alleviare la depressione di tipo moderata e live. Aiuta a fermare l’ansia, alleviare lo stress e a calmare, il tutto senza effetti collaterali e rischi (se nelle dosi giuste). Ha un ottimo effetto calmante. Ottimo per chi e’ sotto stress, ha problemi di ansia ed è troppo teso.
Le notti a ridosso del solstizio d’estate vengono da sempre vissute da coloro che vivono a contatto con il Creato come presagio di ricchezza. Ad influire sarebbe la potenza che scaturisce dall’incontro fra il culmine della stagione primaverile e la luce e il calore estivo. In quel preciso istante nasce una pianta, la pianta d’iperico o di San Giovanni.
Un vegetale che in sé racchiude una forza tale che la rende in grado di sconfiggere diavoli e malefici: così narrano le leggende. “Chi ha imparato a riconoscere a rispettare e a trattare l’Iperico, afferma che da lei si possono trarre molti benefici”.
DAFNE
Intorno a Dafne, figlia di Amicla, si raccontano questi fatti. Lei non andava mai in città né si accompagnava con le altre vergini ma, equipaggiata di tutto punto, con molti cani partecipava a cacce in Laconia, spingendosi fino agli alti monti del Peloponneso: per questo motivo era molto cara ad Artemide che le consentiva di avere sempre la mira giusta. S'invaghì di lei, mentre vagava nel territorio di Elis, Leucippo, figlio di Enomao, e senza ricorrere a qualche altro espediente, si abbigliò con vesti femminili e, simile a una fanciulla, andava a caccia con lei. E siccome le piaceva, Dafne non lo lasciava mai, gli stava sempre attorno e lo abbracciava in continuazione. Apollo, pure lui infiammato dal desiderio per la fanciulla, era preso dall'ira e dall'invidia per la familiarità di Leucippo con Dafne e insinuò allora nella mente della ragazza l'idea di andare con le altre vergini a lavarsi alla fonte. Giunte lì, si svestirono, e vedendo che Leucippo non voleva farlo, gli strapparono di dosso le vesti: resesi allora conto dell'inganno e di quello che lui ordiva, scagliarono tutte insieme le aste contro di lui. Leucippo però per volere degli dei scomparve e Dafne, vedendo Apollo che avanzava verso di lei, fuggì di corsa; e siccome il dio la inseguiva, pregò Zeus di strapparla dagli esseri umani, e così dicono che sia diventata quell'albero che da lei ha preso il nome di dafne.
Dopo aver ucciso il serpente Pitone, Apollo si sentì particolarmente fiero di sé, perciò si vantò della sua impresa con Cupido, dio dell’Amore, sorridendo del fatto che anche lui portasse arco e frecce, ed affermando che quelle non sembravano armi adatte a lui. Cupido indignato, decise allora di vendicarsi: colpì il dio con la freccia d’oro che faceva innamorare, e la ninfa, di cui sapeva che Apollo si sarebbe invaghito, con la freccia di piombo che faceva rifuggire l’amore, per dimostrare al dio di cosa fosse capace il suo arco. Apollo, non appena vide la ninfa chiamata Dafne, figlia del dio-fiume Peneo, se ne innamorò. Tuttavia, se già prima la fanciulla aveva rifiutato l’amore, dedicandosi piuttosto alla caccia come seguace di Diana, essendo stata colpita dalla freccia di piombo di Cupido, quando vide il dio, cominciò a fuggire. Apollo iniziò allora ad inseguirla, elencandole i suoi poteri per convincerla a fermarsi, ma la ninfa continuò a correre, finché, ormai quasi sfinita, non giunse presso il fiume Peneo, e chiese al padre di aiutarla facendo dissolvere la sua forma. Dafne si trasformò così in albero d’alloro prima che il dio riuscisse ad averla, egli, tuttavia, decise di rendere questa pianta sempreverde e di considerarla a lui sacra: con questa avrebbe ornato la sua chioma, la cetra e la faretra; ed inoltre, d’alloro sarebbero stati incoronati in seguito i vincitori e i condottieri. 


Fonte: http://www.arneotrek.it/wp-content/uploads/2009/01/le-piante.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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