Orti frutteti e giardini

 

 

 

Orti frutteti e giardini

 

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Orti frutteti e giardini

 

Il Terreno Agrario

 

Il terreno è la risultante di una serie di processi di disgregazione e alterazione delle rocce. Questi processi di disgregazione possono essere definiti fisico-meccanici, chimici e biologici.
Le azioni fisico meccaniche sono rappresentate dai ghiacciai, che nel loro movimento lento e continuo verso valle, sottopongono il fondo roccioso ad un processo di disfacimento e di trasporto ed il deposito di detriti. Altre azioni sono: venti che sollevano e trasportano particelle solide che urtano contro la roccia, la intaccano, e con il passare del tempo la demoliscono; altre azioni sono rappresentate dal potere erosivo delle acque, soprattutto dalle precipitazioni e dall’alternarsi delle alte e basse temperature. Le azioni chimiche derivano dall’azione combinata di tre agenti: acqua, anidride carbonica e ossigeno, l’acqua agisce con efficacia sulle rocce madri formate da silicati, trasformandole in argille: l’anidride carbonica, di cui è ricca la pioggia, solubilizza e asporta il bicarbonato di calcio, che costituisce le rocce calcaree. Di conseguenza, molto spesso, sul posto rimangono solo i minerali di ferro e alluminio che sono insolubili, e rappresentano delle impurità che sono alla base della formazione delle cosiddette “terre rosse”.
Le azioni biologiche vengono ad opera di organismi viventi, vegetali e animali. Sulla roccia nuda non è possibile la vita delle piante superiori, ma possono svilupparsi le cosiddette piante inferiori, ad esempio muschi, licheni, alghe ecc. In seguito alla loro azione biochimica e all’accumularsi dei loro residui organici, si viene a costituire, col passare del tempo, un sottile strato di terriccio che rende possibile la vita e lo sviluppo di piante via via sempre maggiori, favorendo in questo modo lo sviluppo e la crescita delle radici, che penetrano con forza nello strato roccioso. Quando alla fine la vegetazione è giunta ad insediarsi in modo completo in un terreno in via di formazione, sorgono tutte quelle forme di vita animali, dalle più piccole alle più grandi, che a loro volta contribuiscono a perfezionare l’opera di formazione del terreno agrario. Il terreno man mano che si forma può rimanere sul posto o essere trasportato e depositato dalla roccia madre da cui deriva. Nel primo caso si parla di terreni autoctoni o in posto, nel secondo caso si parla di terreni alloctoni o di trasporto.
Il terreno agrario si può definire anche con un sistema estremamente complesso, risultante dalla coesistenza di svariate componenti. Queste componenti sono rappresentate da:

  1. Sostanze minerali
  2. Sostanze organiche
  3. Organismi viventi
  4. Acqua e aria

Per quanto riguarda le sostanze minerali si può affermare che le particelle che costituiscono la maggior parte della fase solida del terreno sono dei derivati dal materiale roccioso originario. Queste sostanze minerali sono una mescolanza di particelle differenti in dimensione, in composizione e in proprietà fisiche e chimiche. Un altro costituente del terreno agrario è la sostanza organica. Tutte le sostanze organiche morte, vegetali morti,  concimi organici, spoglie di animali e quanto materiale solido che si trova nel terreno, viene rapidamente attaccato e trasformato da svariatissimi organismi terricoli. Durante questo processo di degradazione o trasformazione si viene a formare alla fine un materiale di struttura amorfa e di colore scuro chiamato Humus. La quantità di sostanza organica presente nel terreno, varia molto, e nella maggior parte dei casi essa è compresa tra il 2% e il 5%. Il terreno è abitato oltre che dalle radici delle piante superiori e inferiori, da una grande varietà di forme di vita animale.
Il peso totale degli organismi animali e vegetali escluse le piante superiori, presenti nei primi 30 cm di terreno agrario e fertile, è stato collocato in alcune decine di quintali in ettaro. Gli animali superiori terricoli, topi, talpe e arvicole sono dannosi in quanto i vantaggi che arrecano smuovendo il terreno, e lasciando i loro residui non compensano il danno che provocano alle coltivazioni. Invece gli altri animali, come gli antropodi, hanno vita breve, e apportano dei vantaggi in quanto contribuiscono attivamente alla prima decomposizione delle sostanze presenti nel terreno, rendendolo soffice con il loro movimento e arricchendolo con la loro sostanza organica. I lombrichi sono di grande utilità nella complessa opera di disgregazione della sostanza organica, inoltre smuovono il terreno mescolando quello degli strati più profondi con quello degli strati superficiali, apportando in questo modo notevoli benefici al terreno stesso. Vi sono inoltre i funghi, una parte dei quali sono dannosi perché attaccano le piante coltivate, e un’altra  parte invece molto utili in quanto decompongono i residui organici presenti nel terreno. Tra tutti gli esseri viventi nel terreno, i più diffusi ed importanti sono i batteri o microrganismi, i quali svolgono la massima attività in relazione ai processi di decomposizione del materiale organico presente.
L’acqua nel terreno
Per quanto riguarda l’acqua nel terreno, essa deve essere presente nelle dovute quantità, e trova la sua sede negli spazi interstiziali (pori). L’acqua è una soluzione diluita di sali minerali, e rappresenta il principale veicolo nutritivo di tutte le piante. L’aria si trova nei pori non occupati dall’acqua, quando quest’ultima è in eccesso (saturazione) l’aria viene scacciata e in questo modo le radici delle piante subiscono una carenza di ossigeno (asfissia radicale- questo fenomeno si verifica nei terreni sommersi o molto umidi). Nella decomposizione della materia organica, alcune sostanze che la costituiscono come gli zuccheri o le proteine, vengono rapidamente intaccate invece le altre sostanze come la lignina, i tannini ecc., essendo molto resistenti, abbondano nell’Humus che, come già accennato, rappresenta il prodotto finale della decomposizione.
L’aspetto più importante di questo processo è rappresentato dal fatto che le sostanze proteiche vengono decomposte  e trasformate in ammoniaca (NO2) e acido nitrico (HNO3), ed è in questa forma, azoto nitrico, che tutti gli organismi vegetali hanno la possibilità di assorbire e di assimilare l’azoto.
Nel terreno agrario vi è un gruppo di componenti solidi che ha un’importanza fondamentale ai fini delle tecniche agricole che vengono applicate ai terreni stessi. Questo gruppo prende il nome di colloidi. Questi colloidi sono rappresentati da delle particelle infinitamente piccole allo strato di estrema suddivisione; invisibili anche al microscopio i colloidi hanno delle proprietà specifiche importanti, e danno luogo a fenomeni particolari. Nel terreno si trova una fase liquida definita soluzione circolante: essa è costituita da una soluzione acquosa molto diluita e in continuo movimento, essa rappresenta il mezzo più comune dal quale tutte le piante traggono le sostanze nutritive. L’apparato radicale dei vegetali ha la facoltà di assorbire dal terreno un notevole volume d’acqua in cui sono disciolte piccole dosi di sostanze minerali che vengono assorbite nelle proporzioni più utili alla pianta. Nella soluzione circolante sono disciolte, e quindi si trovano in sospensione, le particelle del terreno, i colloidi, i residui organici, i sali minerali che vengono sparsi come fertilizzanti e trascinati dalle acque di irrigazione. La composizione della soluzione circolante non è immutabile, ma varia a causa dei molteplici e complessi fenomeni che hanno luogo in quel laboratorio chimico che è il terreno, e che sono legati all’andatura del suolo, alla sua profondità, agli agenti climatici e alle pratiche culturali. Le soluzioni circolanti sono soggette ad un continuo mutamento e tendono verso un equilibrio che rimane sempre instabile. Appare quindi evidente quale importanza abbia la soluzione circolante nella vita dei vegetali e quali stretti rapporti abbia con le pratiche agricole ed in particolare con le condizioni che devono essere eseguite in rapporto alla conoscenza delle proprietà fisiche – chimiche del terreno.      

                                               

“come gestire un piccolo orto/frutteto/giardino”                                   
Secondo incontro

LAVORAZIONI DEL TERRENO
ASPETTI GENERALI E CRITERI
Le lavorazioni del terreno sono operazioni che hanno la finalità di rendere lo stesso più
accogliente ed adatto alla crescita dei vegetali coltivati. Come è noto, i fattori che concorrono alla fertilità del suolo sono diversi e le lavorazioni agirebbero principalmente e direttamente su quelli fisici quali lo stato strutturale, le caratteristiche idrologiche e gassose e, indirettamente, anche su quelli biologici e chimici. Lo "stato strutturale" può essere considerato il principale e più importante fattore di fertilità dei suoli a grana fine (quelli a prevalente componente argillosa, tipici del Molise e di molte altre regioni d'Italia). Un terreno in buone condizioni strutturali ha caratteristiche ottimali in fatto di permeabilità, capacità di ritenzione idrica e di arieggiamento; le minutissime particelle argillose (diametro < 2 micron) non sono ammassate in uno strato duro e compatto (strato astrutturale) bensì riunite in grumi tra i quali rimane spazio sufficiente (macroporosità) per la circolazione dell'aria, dell'acqua, nonché per la crescita delle radici. Una delle funzioni principali delle lavorazioni in terreni come i nostri, infatti, è proprio quella di migliorare le caratteristiche fisiche del terreno; l'obiettivo, in genere, è quello di ridurre lo stato di compattamento e di aumentare la macroporosità. Altre funzioni delle lavorazioni sono le seguenti:
- sminuzzamento delle zolle per preparare il letto di semina;
- controllo delle erbe infestanti e gestione della flora infestante;
- interrare la massa di residui organici che spesso rimangono sul terreno alla fine dei cicli colturali;
- ridurre le perdite d'acqua per evaporazione;
- arieggiare e asciugare gli strati più superficiali di terreno in situazioni di asfissia temporanea su culture in atto;
- interrare i concimi.
Bonciarelli classifica i lavori al terreno nel seguente modo:
- di messa in coltura
- preparatori
- complementari
- consecutivi.
I lavori di messa in coltura sono interventi straordinari (spietramento, livellamento,disboscamento ecc.) che riguardano terreni mai coltivati prima.
I lavori preparatori sono quegli interventi che si fanno nell'intervallo tra due colture onde
predisporre il terreno alla semina o all'impianto della coltura successiva. Il lavoro preparatorio classico è l'aratura, anche se, alla luce di tecniche agronomiche più recenti, questo tipo di intervento è stato molto rivoluzionato e spesso sostituito con altri. Il lavoro di aratura consiste nel tracciare solchi uno dopo l'altro, tagliando e rovesciando una fetta di terreno le cui dimensioni variano in funzione della grandezza dell'organo lavorante dell'aratro. L'aratro può essere munito di più vomeri (2 - 3 o più) così da poter tracciare più solchi contemporaneamente. L'aratura, soprattutto quella media e profonda, è stata per decenni il lavoro preparatorio per eccellenza.
I lavori complementari sono quegli interventi che si rendono necessari per l'affinamento delle
zolle e la preparazione del letto di semina dopo il lavoro preparatorio, cioè, generalmente,
dopo l'aratura. Per la loro esecuzione si possono utilizzare attrezzi di diverso tipo: estirpatori, erpici a denti, erpici a dischi, coltivatori , rulli, erpici rotanti, erpici oscillanti, fresatrici rotative, vangatrici, rulli assolcatori ecc., a seconda del lavoro da eseguire e delle condizioni del terreno. I lavori consecutivi o di coltivazione sono, invece, quelli effettuati con diverse finalità, dopo la semina o il trapianto della coltura, e possono consistere in rullature, sarchiature, assolcature
Fertilizzanti                                                                                                                                                        

 Con il termine fertilizzante si intende una qualsiasi sostanza che, per il suo contenuto in elementi nutritivi oppure per le sue peculiari caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche, contribuisce al miglioramento della fertilità del terreno agrario oppure al nutrimento delle specie vegetali coltivate o, comunque ad un loro migliore sviluppo. Secondo quanto detto sopra, rientrano tra i fertilizzanti sia i concimi che gli ammendanti ed i correttivi, però è necessario puntualizzare che soltanto i concimi “nutrono” i vegetali, sia pure attraverso l’intermediazione del terreno. Ci soffermeremo soltanto sui concimi, tralasciando ammendanti e correttivi.
Il titolo di un concime, rappresenta ”la percentuale” in peso dell’elemento o degli elementi nutritivi contenuti nel prodotto, dichiarata dal produttore. I concimi influiscono sullo sviluppo dei vegetali in molteplici modi, possono modificare il pH del terreno, creare squilibri o accentuare quelli già esistenti, produrre danni alla pianta in particolare nella fase di germinazione. Gli elementi da apportare si dividono in due categorie, i macroelementi rappresentati da Azoto (N), Fosforo (P), e Potassio (K), e i microelementi rappresentati da Calcio (Ca), Magnesio (Mg), Ferro (Fe) e altri il cui apporto deve essere minimo, ma sono indispensabili per il metabolismo della pianta.                                                                                                                                                    

Concimazione Chimica
Con il termine concime si intende qualsiasi sostanza, naturale o sintetica, minerale o organica, idonea a fornire alle colture l’elemento o gli elementi chimici principali della fertilità a queste necessarie per lo svolgimento del loro ciclo vegetativo e produttivo. I concimi minerali possono essere classificati secondo i seguenti criteri:                                                                                                                                                  

 In base al contenuto in elementi fertilizzanti: semplici o composti; in base allo stato fisico: solidi, fluidi;                                                                                                                                      

 I concimi semplici in rapporto all’elemento in essi contenuto, possono essere suddivisi in:
- Azotati;
- Fosfatici;
- Potassici.                                                                                                                                                               

  I concimi composti che contengono due o più elementi fertilizzanti variamente legati in combinazioni chimiche, possono essere suddivisi in:                                                                                                                           Concimi binari: azoto-fosfatici (NP), azoto-potassici (NK), fosfo-potassici (PK);
Concimi ternari: azoto-fosfo-potassici (NPK). I concimi minerali si presentano allo stato solido o fluido e, quest’ultimo, può apparire sotto forma gassosa liquefatta, liquida in soluzione o in sospensione.                                            

 

    Fertilizzazione organica
Principali caratteristiche e funzioni della sostanza organica
L’apporto di sostanza organiche al terreno costituisce un vero e proprio intervento di fertilizzazione in senso lato, stante i molteplici effetti positivi che si manifestano nei confronti dei tre aspetti fondamentali del suolo: fisico, chimico e biologico.
È molto importante considerare ora le funzioni più significative svolte dalla sostanza organica nel terreno e che consistono in:                                                                                                                                                             

- È fonte di tutti gli elementi nutritivi,                                                                                                                         

- Contribuisce in modo notevolissimo alla capacità di scambio cationico (C.S.C.);
- Impedisce brusche variazioni del pH e della salinità del suolo, limitando anche l’effetto tossico dei pesticidi e dei metalli pesanti;
- Protegge la superficie del suolo dai fenomeni erosivi;
- Rappresenta sorgente di cibo per tutta la biomassa del suolo (lombrichi, batteri e funghi);
- Limita le temperature massime e minime della superficie del suolo,specialmente quando i residui organici sono utilizzati come materiale pacciamante;
- Rende più assimilabili molti elementi della fertilità (in particolare fosforo e microelementi), in situazioni di pH che altrimenti favorirebbero la loro precipitazione;
- Aumenta la capacità di ritenzione idrica dei terreni sciolti;
- Aumento dello spazio disponibile per lo sviluppo delle radici e della loro capacità di assorbimento delle sostanze nutritive presenti nel terreno;
- Favorisce la formazione di strutture glomerulari molto porose e stabili ed una conseguente aerazione ottimale del suolo;
- Apporta composti organici stimolanti la crescita dei vegetali (auxine).                                                                

La gestione dei residui organici in pieno campo, come pure l’utilizzo di substrati artificiali organici nel settore orto-floro-vivaistico in particolare, è un argomento estremamente delicato che meriterebbe, da parte degli addetti ai lavori, una conoscenza più approfondita delle caratteristiche peculiari della sostanza organica e dei suoi effettivi pregi.
La sostanza organica, perciò, in qualità di prezioso bene per l’agricoltura, deve essere gestita a livello aziendale o da cooperative agricole, facendone un uso intelligente e doveroso:                                                                     

- Intelligente, perché la razionalizzazione porta sicuramente ad un risparmio nell’economia aziendale;
- Doveroso, perché una riduzione nell’impiego dei concimi minerali porta certamente ad una diminuzione dell’inquinamento ambientale

 

Il compostaggio

Il compostaggio domestico è un metodo che, imitando il ciclo della natura (in maniera controllata e accelerata), permette di ottenere dalla decomposizione dei rifiuti un terriccio ottimo per il giardinaggio e per l'agricoltura.
Per fare un buon compost le regole di base sono:

  • . la giusta miscelazione tra scarti umidi (quelli di cucina) e scarti secchi (quelli del giardino);
  • . un'adeguata aerazione (i microrganismi vivono in presenza di ossigeno, e solo in questo modo ci si garantisce dall'assenza di cattivi odori)
  • . un'adeguata percentuale di umidità (se è troppo bassa il processo di decomposizione si rallenta, se è troppo alta i rifiuti tendono a marcire, generando cattivi odori)
  • . la scelta del luogo adatto (possibilmente sotto un albero, o comunque in un luogo non troppo assolato d'estate e non troppo ombreggiato d'inverno)
  • . la preparazione del fondo, con del materiale legnoso, per garantire il drenaggio dell'umidità in eccesso.

Dopo alcuni mesi, il compost è pronto.  Un compost maturo si riconosce comunque dal colore scuro, dall'aspetto soffice e dal profumo gradevole di terriccio di bosco (niente a che vedere con il cattivo odore dei rifiuti!).
A seconda del grado di maturazione gli usi possono essere diversi. In genere un compost maturo, quindi molto stabile, lo si ottiene dopo 8-10 mesi, ed è ottimo per vasi fioriti, risemine di prati, e anche per ospitare radici.
Il compostaggio è dunque un'ottima pratica per l'ambiente: innanzitutto perché permette di ridurre le quantità di rifiuti organici conferiti in discarica, allungando la durata delle discariche (che attualmente, a causa di tutti i rifiuti che produciamo si esauriscono nell'arco di pochi anni), riducendo i cattivi odori e la formazione del percolato, una sostanza potenzialmente molto inquinante per la falda acquifera.  Inoltre consente di ricavare del terriccio naturale e "genuino", risparmiando anche sul costo del fertilizzante che altrimenti dovremmo acquistare per i nostri giardini.
L’irrigazione
Non è possibile fare una buona orticoltura senza acqua di irrigazione. Le colture orticole sono generalmente ad apparato radicale superficiale e negli strati superiori, l'acqua scarseggia, sia a causa della percolazione, sia per effetto dell'evaporazione. Inoltre i prodotti orticoli sono ricchi di acqua e sono di migliore qualità proprio se acquosi e teneri e se crescono in fretta, vale a dire con le radici nell'umido. In condizioni di penuria idrica l'ortaggio prodotto risulta duro e asciutto: il fagiolino tende al filamentoso o al farinoso, il sedano al fibroso, la lattuga all'amaro. Con ciò non si vuol sostenere che nelle terre dove ci sia soltanto un certo tenore di umidità naturale non si possano coltivare con soddisfazione certi ortaggi! Si possono produrre, per esempio, pomodori rossi e concentrati, magari tanto dolci da rendere addirittura appiccicose le mani delle massaie durante la preparazione della conserva e da far loro riscuotere gli elogi dei commensali. Ma sono eccezioni. Dato allora per scontato che dell'acqua dì irrigazione non se ne può fare a meno, ecco alcuni consigli su come meglio adoperarla
Tempi. Bagnate verso sera o al mattino presto, quando insomma la terra non è calda, in modo da evitare contrasti marcati di temperatura . Bagnando verso sera, le colture rimangono fresche per tutta la notte (la qual cosa nei mesi estivi è importante) e non si hanno inconvenienti di sorta. Nei mesi in cui i freddi notturni si fanno sentire, è invece preferibile bagnare al mattino. Tenete comunque presente la temperatura della vostra acqua: con le acque fredde conviene addirittura bagnare di notte, con quelle calde è possibile irrigare anche di giorno. Bagnate a intervalli ravvicinati nei terreni tendenti al sabbioso, più distanziati in quelli tendenti all'argilloso (al limite ogni 7 giorni). Infatti, nella sabbia l'acqua percola facilmente e finisce negli strati più profondi cosicché le radici delle colture rimangono ben presto al secco, le argille viceversa trattengono di più l'acqua in superficie. Indicazioni a cui non conviene dare eccessivo peso: saranno le colture a orientarvi sulla effettiva frequenza. Basterà osservarle. La regolarità di distribuzione è importante; con l'acqua a sbalzi le colture non progrediscono bene.
Modalità. Come distribuire l'acqua nell'orto familiare? Normalmente a pioggia con apposite apparecchiature semplici e tradizionali. Semplicemente con un tubo di gomma alla cui estremità si colloca un polverizzatore (o il dito dell'operatore) e, per semenzai e piccole superfici in genere, con l'elementare, intramontabile innaffiatoio. Abbastanza frequente è inoltre la distribuzione per infiltrazione laterale. Si tratta di riempire d'acqua i solchi sui cui Iati sono le piante ortive. Va da sé che i solchi devono essere in piano, sicché se la vostra superficie è in pendio i solchi vanno fatti per traverso oppure a gradini. E' diffusa negli orti anche la sub-irrigazione o irrigazione sotterranea: l'acqua viene distribuita mediante la cosiddetta manichetta, un tubo dì plastica bucherellato. Associata alla pacciamatura è consigliabile, per certe colture, specie per la fragola. I vantaggi sono diversi: risparmio di acqua e di tempi, frutti puliti, controllo delle malerbe, che sotto la plastica nera non riescono a vivere.
La scelta delle piante
Piantare alberi può sembrare relativamente semplice tuttavia gli insuccessi di tale operazione sono spesso frequenti. Indicazioni, su base empirica, pongono l’accento su questi rischi evidenziando che circa il 25% delle piantagioni non hanno, generalmente, esito positivo in termini di attecchimento o di scarso sviluppo delle piante. Effettuare piantagioni risulta quindi meno semplice di quanto può sembrare ad occhi inesperti e le cause degli insuccessi possono essere molteplici e possono agire sia nel lungo periodo sia nel breve periodo. L’esito della piantagione dipende da molti fattori: dalla preparazione del terreno, dalle modalità di apertura e dall’ampiezza delle buche, dalle cure colturali post impianto e, soprattutto, dalle caratteristiche del materiale d’impianto. Oggi molte delle specie più richieste ai vivai forestali appartengono a questo gruppo: presentano spiccate esigenze in fatto di suolo e si dimostrano intolleranti nei confronti di alcune caratteristiche ambientali. Ad es. per il noce comune un contenuto di argilla nel suolo superiore al 25-30% costituisce un fattore limitante. I frequenti insuccessi delle piantagioni possono essere ricondotti, in gran parte, ad eccessive semplificazioni effettuate in fase di valutazione dell’idoneità ambientale.
Il materiale di vivaio
Le piante prodotte dai vivai forestali assumono la generica definizione di postime di vivaio. Il postime può essere individuato con più precisione da altre terminologie che sono funzione dei metodi di coltivazione e della durata del periodo di allevamento. Una prima distinzione può essere fatta tra il materiale in contenitore e quello a radice nuda. Negli ultimi anni alcuni vivai pongono in vendita materiale con pane di terra. Si tratta di piante allevate in contenitore, in un substrato di coltivazione molto coerente che, anche se estratto dal contenitore, rimane ad avvolgere l’apparato radicale. Si definiscono semenzali le piante allevate 1 o 2 anni in pieno campo (semenzaio), in cassone o contenitore. I semenzali trasferiti in pieno campo (piantonaio) sono detti trapianti. Quindi sigle come S1 significano semenzale di 1 anno; S1 T1 trapianti di 2 anni.
Di norma le piante prodotte dai vivai forestali hanno una età compresa fra 1 e 5 anni. Le piante allevate in contenitore vengono commercializzate dopo 1 o, al massimo, 2 anni. Recentemente, in alcuni vivai forestali, vanno prendendo campo metodi di allevamento in contenitore che prevedono la semina e l’allevamento delle plantule (1 o 2 settimane) su appositi substrati, per poi essere trapiantate meccanicamente nei contenitori, come più comunemente avviene in orticoltura.
Le partite di piante, così come quelle di sementi, devono per legge (L. n. 269/73) essere contrassegnate con cartellini sui quali vengono riportate le seguenti informazioni:

  1. il nome del genere, della specie e se necessario della sottospecie, della varietà e, per i materiali di moltiplicazione vegetativa, del clone;
  2. l’origine (se conosciuta): specificando se autoctona o non autoctona;
  3. la provenienza o la regione di provenienza;
  4. l’anno di maturazione dei semi;
  5. la durata dell’allevamento in vivaio tenendo distinte le varie fasi.

Il colore di tale cartellino fornisce informazioni sul popolamento (naturale o artificiale) da cui si raccoglie il seme o altro materiale di propagazione (talee). Si attribuisce un cartellino di colore giallo al materiale a requisiti ridotti, di colore verde al materiale selezionato (derivante da boschi da seme), di colore rosa al materiale proveniente da arborei da seme, di colore blu per il materiale già sottoposto alle prove di discendenza.

 

La semina
Il seme è un organo in stato di dormienza acquisita, in genere per disidratazione fino ad un contento in acqua del 10% circa del proprio peso.
Comprende inoltre una o due foglioline embrionali più o meno ingrossate.
Nella moderna orticoltura è ormai scomparsa la pratica di produrre sementi per il proprio consumo e anche nell’orto familiare si ricorre normalmente all’acquisto di semente sul mercato. La produzione è dunque quasi totalmente affidata a ditte specializzate dotate di idonee attrezzature e personale qualificato. Nella produzione di sementi è necessario impedire l’inquinamento da pollini estranei che ne comprometterebbero la purezza varietale. In particolare per la produzione di ibridi F1 o F2 ai quali bisogna garantire il mantenimento in purezza delle linee parentali ed una tecnica collaudata per l’incrocio. Sia che si acquisti semente standard o F1 o élite un buon orticolture deve assicurarsi che il materiale risponda in pieno ai requisiti di purezza varietale, alta facoltà ed energia germinativa, perfetto stato sanitario. La concia può essere un valido mezzo di prevenzione. Può essere eseguito: a secco, in umido o con gas. I semi di alcuni ortaggi come l’indivia, la carota e il pomodoro sono molto minuti o irregolari e non si prestano ad essere distribuiti uniformemente. Con la confettatura il seme viene rivestito con vari materiali (vermiculite…) che lo rendono in forma di pillola, adatto alla manipolazione ed alla semina meccanica. Con la confettatura si possono additivare al seme sostanze che ne proteggono la sviluppo e ne esaltano la potenzialità (antiparassitari, fertilizzanti…).
La semina si può effettuare direttamente sul posto (semina diretta) o in vivaio per la produzione di piantine da mettere successivamente a dimora (semina indiretta). La prima è più rapida ed economica poiché consente la messa a coltura di ampie superfici in breve tempo e si presta particolarmente per le colture industriali da orto e in generale le coltivazioni in pieno campo su vasta scala. La semina diretta richiede particolari cure soprattutto nella scelta dell’epoca, della profondità e delle modalità di distribuzione e localizzazione del seme. La scelta dell’epoca è legata in larga misura alle esigenze delle diverse specie in fatto di temperatura di germinazione, per quanto riguarda la profondità essa dovrebbe corrispondere a tre volte il diametro medio del seme, per la distribuzione la semina può essere fatta a spaglio, a righe o a fascia. La semina indiretta corrisponde a forme di coltivazioni più intensive ed è più utilizzata per quelle specie a largo investimento che sono lente a crescere nella prima fase vegetativa e che sopportano bene il trapianto oppure quando l’appezzamento è ancora occupato dalla coltura precedente. La semina indiretta comprende 2 fasi: la semina vera e propria che avviene in vivaio e la messa a dimora in campo delle piantine prodotte. Talvolta può aver luogo un trapianto intermedio il ripicchettamento per favorire lo sviluppo e la robustezza delle piantine. La semina può essere fatta in semenzaio (all’aperto o ambiente condizionato) oppure in contenitori a perdere, quest’ultima è ormai praticamente la regola nelle aziende vivaistiche da orto.
Controllo delle malerbe
Le forti concimazioni e i frequenti interventi irrigui richiesti dalle colture ortive creano condizioni favorevoli allo sviluppo delle erbe infestanti, spietate concorrenti delle piante coltivate nell’utilizzo della luce, dell’acqua e delle sostanze nutritive, oltre che ospiti alternativi di ogni tipo di parassita. La lotta alle malerbe si suddivide tra controllo meccanico o chimico. Il controllo meccanico si attua mediante scerbature sia manuali che utilizzando motozappe o arnesi vari. Particolare rilievo ha assunto ultimamente la pratica del pirodiserbo. Nelle coltivazioni ortive è altresì molto usata la pacciamatura, una pratica che consiste nel coprire il terreno coltivato con materiali di varia natura. I materiali più usati sono il polietilene (PE) e il cloruro di polivinile (PVC) Il controllo chimico è reso possibile dall’utilizzo di erbicidi. In base alla modalità d’azione distinguiamo tra erbicidi di contatto composti da sostanze che giunte a contatto con le foglie o le parti verdi della pianta, ne bruciano i tessuti; ed erbicidi traslocabili composti da sostanze capaci di essere assorbite dagli organi verdi e dalle radici e traslocate più o meno lentamente in tutti i tessuti degli organi vitali della pianta. L’azione erbicida può altresì essere totale o selettiva, totale quando il prodotto agisce su tutte le piante presenti nel suolo selettiva quando l’erbicida provoca la distruzione dell’infestante senza compromettere la pianta coltivata. L’applicazione può essere fatta: n pre semina o reimpianto, in post semina o pre emergenza in post emergenza  o post trapianto. Per ottenere i migliori risultati tecnici dall’impiego di diserbanti è necessario disporre di una efficiente attrezzatura per lo spargimento della quale è indispensabile curare scrupolosamente la pulizia con lavaggi di acqua pura o con aggiunta di carbonato sodico al 5%.

Difesa delle colture
Per ottenere delle produzioni ottimali bisogna prevedere anche un piano di difesa contro gli organismi che ne deteriora la qualità. Le cause principali di questi deterioramenti sono di originate da esseri viventi o altre cause. Tra gli esseri viventi patogeni elenchiamo:

  •  Insetti,
  • Funghi (marciumi)
  •  Acari (ragnetti rossi)
  •  Batteri
  •  Virus e simili
  •  Molluschi (lumache)
  •  Vertebrati (roditori,uccelli)
  •  Vegetali (infestanti,piante parassite)

 

LE AVVERSITA’ DELLE PIANTE
Col termine di avversità si intendono una serie di motivi o agenti che alterano lo stato normale della pianta, il danno prodotto consiste nel progressivo deperimento della pianta fino alla sua morte o in una riduzione qualitativa o quantitativa del prodotto. Le avversità possono essere classificate come: fisiopatie (alterazioni di natura non infettiva), malattie da virus (caratterizzate da trasmissibilità), malattie crittogamiche (prodotte da batteri o funghi parassiti), infine danni da fitofagi cioè insetti o parassiti.

MALATTIE DI AGENTI ANIMALI
Sono numerosi gli animali che nutrendosi delle parti della pianta (foglie, linfa, ecc.) ne determinano danni di tipo strutturale e di tipo estetico. Ricordiamo principalmente tra gli insetti le larve dei lepidotteri per i danni sulle foglie, le mosche per i danni sui frutti in particolare sugli ulivi e sulle pomacee, gli afidi (pidocchi) che oltre a nutrirsi della linfa determinano le condizioni favorevoli alla nascita della fumaggine cioè di un fungo che si nutre della sua melata così come le formiche che vivono in simbiosi con loro. Alcuni di questi animali non sono visibili viste le loro dimensioni oppure perché operano al di sotto del terreno, è il caso dei nematodi. I danni risultano  molto gravi poichè spesso questi animali veicolano malattie funginee o virali.

MALATTIE DI NATURA INFETTIVA
Con questo termine distinguiamo principalmente i virus, i batteri e i funghi, cioè tutti quegli organismi che pur non visibili ad occhio nudo determinano deperimenti più o meno accentuati della pianta ospite. La parola virus (veleno) deriva dal latino ed era un termine anticamente usato per caratterizzare misteriosi agenti di stati morbosi. Possiamo considerarli come punto di unione tra il mondo vivente e quello non vivente, vengono infatti considerati viventi per la capacità di moltiplicarsi e per la loro patogenicità e non viventi perché hanno una struttura molecolare particolare che ne determina la forma. La malattia prodotta dai virus è detta virosi. I virus vengono indicati col loro nome volgare in inglese abbreviato (cucumber mosaic virus CMV). Molto simili ai virus sono i batteri benché essi siano formati da unità cellulari vere e proprie che muovendosi all’interno della pianta e riproducendosi molto velocemente ne determinano spesso la morte. Anche i fughi come i batteri sono incapaci di rendere organici i composti minerali e sono costretti quindi ad alimentarsi delle sostanze prodotte dalle piante. Il fungo presenta tipicamente un ciclo di sviluppo a partire da una spora che germina in condizioni di umidità e temperatura favorevoli producendo una corta ifa, essa si sviluppa allungandosi e ramificandosi. Ad un certo punto dello sviluppo il fungo inizia a fruttificare producendo spore. Possono riprodursi attraverso di esse oppure con una forma asessuata per mezzo di moltiplicazione cellulare. Le malattie funginee più diffuse sono a carico degli apparati vegetativi (foglie, fusti, frutti nonché delle radici). Spesso prosperano anche all’interno delle reti linfatiche della pianta provocando veri e propri cancri rameali con fuoriuscita della linfa. Molti funghi sono necrofagi. Da quanto detto appare evidente che è sufficiente una presenza di acqua per causare la loro diffusione.

IDENTIFICAZIONE DELLE MALATTIE
Oltre alla conoscenza diretta dei vari agenti patogeni allo scopo di identificare le malattie prodotte sulla pianta è necessario valutare efficacemente la fase fenologica in cui essa si trova. Molti insetti o funghi si sviluppano infatti esclusivamente durante alcune fasi fenologiche mentre sono assenti in altre. Inoltre la conoscenza dei giusti periodi permette l’uso appropriato delle difese da utilizzare evitando la fitotossicità dei prodotti.  

MEZZI DI LOTTA CONTRO LE MALATTIE/1
La lotta contro le malattie può realizzarsi di caso in caso attraverso interventi sull’ambiente (si cerca di rendere meno favorevole l’aggressività del parassita o più confacente la resistenza dell’ospite), attraverso interventi sulla pianta e sul parassita. A seconda che questi interventi vengano realizzati prima o dopo l’inizio della malattia li distingueremo in preventivi o curativi. Riguardo ai mezzi con cui realizzare gli interventi essi sono di natura fisica, chimica, agronomica, ecc. per ciò che concerne la lotta chimica essa si realizza attraverso l’uso di particolari sostanze dette fitofarmaci. Ne esistono di varia natura ed efficacia. Quelli da contatto agiscono come dice la parola esclusivamente per contatto diretto sul patogeno, quelli cititropici penetrano all’interno della parete fogliare per pochissimi micron   e vengono in contatto soltanto con le cellule superficiali di essa a differenza di quelli translaminari che attraversano  totalmente la lamina fogliare. I più resistenti e persistenti sono quelli sistemici che usano i vasi traslocatori della pianta per essere portati in ogni sua cellula. La conoscenza del patogeno ci permette di usare il prodotto più appropriato per difendere le nostre colture visto che ognuno di essi è specifico. Sulle confezioni dei prodotti vi è un’apposita etichetta che riporta dettagliatamente le caratteristiche del prodotto, ne dichiara la sua pericolosità, le istruzioni per l’uso riferite ad ogni coltura, le norme precauzionali, i tempi di carenza (periodo che deve intercorre tra il trattamento e la raccolta o consumo del prodotto), i tempi di rientro (periodo che deve intercorrere tra il trattamento e il rientro in campo dell’operatore). Negli orti domestici vengono normalmente utilizzati prodotti che fanno parte della Ppo (Prodotti per piante ornamentali), disponibili nei punti vendita non specificatamente autorizzati (ad esempio garden, supermercati ecc..). I Ppo comprendono insetticidi e fungicidi in formulazioni “pronte all’uso”, cioè che non devono essere disciolte in acqua e quindi molto facili da distribuire.
La scelta del prodotto fitosanitario riveste una grande importanza per la validità del trattamento e per contenere gli effetti collaterali indesiderabili.
La necessità di effettuare un trattamento, con uno specifico prodotto va sempre indicato da figure professionali esperte. Qualora ci si dovesse trovare di fronte alla scelta di un prodotto fitosanitario, non potendo avvalersi delle indicazioni di un tecnico esperto, i criteri da seguire e le necessario valutazioni da fare nei limiti delle proprie conoscenze tecniche/ sono:
1 ) individuare l'avversità da combattere/ in modo tale da stabilire quale tipo di antiparassitario bisogna impiegare (fungicida/ insetticida/ etc.).
2) considerare la fase di sviluppo del parassita/ uovo/ larva/ etc. se trattasi di insetti; oppure/ in caso di malattia fungina (es. peronospora della vite),se essa è in fase di incubazione (presenza della macchia d' olio) o in fase di fruttificazione (presenza di muffa bianca).
3) considerare lo stadio fenologico della coltura da difendere (fioritura, maturazione, riposo vegetativo, etc.):
- in relazione alla suscettibilità della pianta nei confronti del parassita;
- in relazione alla specificità di alcune sostanze attive e/o dei formulati da impiegare.
4) tener conto delle proprietà intrinseche dei prodotti fitosanitari, ovvero:
- dello spettro d'azione (specifico, selettivo, a largo spettro d'azione);           
- della modalità d'azione nei confronti delle avversità;                                              
- della capacità di penetrazione e traslocazione all'interno dei tessuti.
5) tener conto del tempo di carenza del prodotto fitosanitario per quella coltura.

Una volta fatte queste considerazioni, la scelta del prodotto fitosanitario deve essere indirizzata, ovviamente, su un prodotto autorizzato per la coltura da difendere e per l'avversità da combattere e, per quanto possibile, poco tossico per l'uomo, per gli organismi utili e per l'ambiente.
I prodotti fitosanitari, sia di libera vendita che acquistabili con il patentino,devono essere conservati in condizioni di sicurezza. In mancanza di un locale adeguato, occorre comunque prestare attenzione alla loro detenzione, in modo che non vi siano usi impropri.

Qualche utile accorgimento:

  1. custodire sempre gli agrofarmaci nella confezione originale assieme all’etichetta, per poterla consultare in caso di necessità;
  2. conservare la confezione possibilmente lontano dall’abitazione, in un luogo asciutto, a temperatura ambiente e al riparo dalla luce diretta. In mancanza di uno spazio adeguato si può utilizzare un armadietto chiuso a chiave, non accessibile ai bambini;
  3. non riporre gli agrofarmaci in bagno o in cucina: l'umidità può alterarli e sono alla portata dei più piccoli;
  4. non travasare mai i prodotti in contenitori diversi dall'originale, tanto meno in quelli per alimenti e bibite: si finisce per non ricordare più a cosa serve quel farmaco e la sua eventuale scadenza;
  5. non utilizzare mai i flaconi vuoti degli agrofarmcaci per riporvi altre sostanze. Questi scambi possono causare molti incidenti domestici a volte mortali, soprattutto quando non tutti i componenti della famiglia sono al corrente della sostituzione.

 


Fonti:

http://carlocintoni.altervista.org/dispense/dispensa%201%202008.doc

http://carlocintoni.altervista.org/dispense/dispensa%202%202008.doc

http://carlocintoni.altervista.org/dispense/dispensa%203%202008.doc

http://carlocintoni.altervista.org/dispense/dispensa%204%202008.doc

http://carlocintoni.altervista.org/dispense/dispensa%205%202008.doc

Sito web: http://carlocintoni.altervista.org
Autore: Carlo Cintoni

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