Il clima e le piante

 

 

 

Il clima e le piante

 

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Il clima e le piante

 

 LA FOTOSINTESI

 

Organismi autotrofi ed eterotrofi.

Gli esseri viventi sulla Terra vengono distinti in autotrofi ed eterotrofi.

Gli autotrofi sono quegli esseri viventi che sono in grado di prodursi il cibo da se, mentre gli eterotrofi sono quegli esseri viventi che non essendo in grado di prodursi il cibo da se hanno bisogno di altri esseri viventi che glielo producono.

Gli autotrofi sono tutte le piante, alcuni batteri e le alghe.

Gli eterotrofi sono tutti gli altri esseri viventi (insetti, animali, batteri, virus, funghi, ecc..).

Gli autotrofi sono in grado di produrre il cibo per se stessi e per gli altri esseri viventi in quanto riescono a svolgere un processo che gli eterotrofi non riescono a fare: la fotosintesi clorofilliana.

 

La fotosintesi clorofilliana

La fotosintesi clorofilliana è un processo di trasformazione attraverso il quale le piante riescono a produrre il cibo per se stesse e per gli altri esseri viventi eterotrofi.

Questo processo di trasformazione è il seguente:

Acqua + Sali minerali + anidride carbonica vengono trasformate in glucosio e ossigeno.

H2O + Sali minerali + CO2 si trasformano in C6H12O6 + O2.

Questa trasformazione per avvenire ha bisogno della luce del sole, per cui al buio nessuna pianta riesce a fare la fotosintesi.

L’acqua che serve alle piante per fare la fotosintesi viene presa dal terreno attraverso le radici. L’acqua sale attraverso il tronco ed i rami fino alle foglie, dove avviene la fotosintesi. Insieme all’acqua entrano nelle radici, e quindi nella pianta, anche i Sali minerali che si trovano disciolti in essa.

L’anidride carbonica viene prelevata invece dall’aria, dove ce ne una grande quantità. Questa sostanza entra nella foglia attraverso delle valvoline che si trovano nella pagina inferiore della foglia stessa. Queste valvoline si aprono di giorno quando la pianta per fare la fotosintesi ha bisogno dell’anidride carbonica e si chiudono di notte quando la pianta non fa la fotosintesi. Queste valvoline si chiamano stomi.

Successivamente il glucosio viene trasformato dalla pianta stessa in altre sostanze quali altri zuccheri (fruttosio), proteine, vitamine, grassi, oli, acidi, ecc…Tutte queste sostanze costituiscono il cibo per gli esseri viventi eterotrofi.

Tutte le sostanze che la pianta in tal modo produce vengono in parte utilizzate dalla pianta stessa per sopravvivere; in parte vengono immagazzinate negli organi di riserva della pianta che sono i frutti, le radici, il fusto i rami e le foglie stesse.

L’ossigeno prodotto dalla fotosintesi viene buttato nell’aria e serve a tutti gli altri esseri viventi per la respirazione.

I vegetali, quindi, svolgendo la fotosintesi, hanno un ruolo molto importante sulla Terra, perché forniscono a tutti gli altri esseri viventi sia il cibo sia l’ossigeno per la respirazione.

 

Il clima.

Le piante hanno diversa resistenza ai fattori climatici. Per esempio ci sono alcune piante che riescono a sopravvivere anche in condizioni di freddo estremo (l’abete); altre, invece, riescono a sopravvivere in condizioni di caldo e aridità (ficodindia). Generalmente le piante abituate a vivere in ambienti freddi non riescono a tollerare il caldo e l’aridità.

Notiamo, comunque, che il clima ha una grande importanza sulla vita delle piante.

Noi, quindi, dovremo studiare il clima per vedere come esso influisce sulla vita della piante.

I fattori che determinano il clima sono:

a) radiazione solare;

b) temperatura;

c) le precipitazioni (pioggia, neve, grandine, rugiada, brina, ecc…) o idrometeore;

d) l’umidità dell’aria;

e) il vento.

Il clima è l’insieme dei fattori climatici che si verifica in una certa zona abbastanza estesa per un periodo di tempo abbastanza lungo (25 o 30 anni).

Incominciamo ora a parlare di ognuno dei fattori climatici sopra elencati e vediamo come ognuno di essi influisce sulla vita delle piante.

 

La radiazione solare.

Il sole manda sulla Terra una grande quantità di energia sotto forma di radiazione. Questa radiazione ha diversa lunghezza d’onda. I raggi γ e i raggi X, che si chiamano raggi ultravioletti (U.V.), hanno una lunghezza d’onda compresa tra 230 e 400 nm (nm sta per nanometri; il nanometro è la miliardesima parte del metro).

I raggi luminosi (luce visibile) hanno una lunghezza d’onda compresa tra 400 e 700 nm. Questi raggi luminosi, quando subiscono la rifrazione, assumono una diversa colorazione (i cosiddetti colori dell’iride o dell’arcobaleno) cha va dal viola all’arancione. La radiazione più piccola di 400 nm viene detta U.V. (ultravioletto, cioè dopo il violetto); la radiazione più grossa viene detta infrarosso (I.R.).

Riassumendo abbiamo:

raggi ultravioletti (U.V.) lunghezza d’onda tra 230 e 400 nm;

raggi luminosi (luce visibile) lunghezza d’onda tra 400 e 700 nm;

raggi infrarossi (I.R.) lunghezza d’onda tra 700 e 4000 nm.

 

L’effetto serra.

I raggi, di qualunque tipo, quando colpiscono un corpo, in parte vengono assorbiti ed in parte vengono rimandati indietro, cioè vengono riflessi.

Quando un raggio viene riflesso, aumenta la sua lunghezza d’onda, cioè diventa più grosso. Perde in questo modo la sua capacità ad attraversare i corpi (un raggio di lunghezza d’onda piccola attraversa i corpi con facilità, mentre un raggio con lunghezza d’onda maggiore attraversa i corpi con maggiore difficoltà). Si verifica allora, quel fenomeno che noi chiamiamo effetto serra. La serra è una costruzione le cui pareti ed i tetti sono realizzati in vetro o in plastica trasparente.

 

Quando di giorno i raggi luminosi penetrano dentro la serra e colpiscono il terreno, vengono rimandati indietro ma con una lunghezza d’onda maggiore, cioè diventano più grossi. In questo hanno perduto la capacità ad attraversare il vetro e, quindi, non potendo più uscire fuori, restano intrappolati dentro la serra e producono un aumento di calore. Dentro la serra ci possono essere tra i 6 e gli 8 gradi di temperatura maggiore rispetto all’esterno. Di notte, quando il sole non manda più i suoi raggi, la temperatura dentro la serra potrebbe anche abbassarsi, ma gli agricoltori ormai usano collocare all’interno della serra un impianto di riscaldamento, come nelle abitazioni. In questo modo gli agricoltori riescono a produrre anche d’inverno, con il freddo, colture come il pomodoro, la zucchina, la melanzana, i peperoni che riescono a vivere e a produrre bene solo d’estate, in condizioni di temperatura elevata.

 

Le stagioni e le diverse condizioni di luce e calore.

La Terra compie due movimenti: uno di rotazione intorno al sole ed uno di rotazione intorno a se stessa. Il moto di rotazione intorno a se stessa produce l’alternarsi del giorno e della notte. Per compiere un giro completo intorno a se stessa la Terra impiega 24 ore. In uno stesso momento circa la meta della superficie terrestre riceve la luce, mentre l’altra metà è al buio.

Il moto di rotazione intorno al sole, invece, produce l’alternarsi delle stagioni. La Terra, infatti, ha il suo asse inclinato rispetto al piano di rotazione e questo fa si che nello stesso momento non tutte le parti della terra ricevono la stessa quantità di luce e di calore.

La Terra compie due movimenti: uno intorno al sole ed uno intorno al proprio asse. Cioè mentre la Terra gira intorno al sole gira anche su se stessa.

La rotazione su stessa produce l’alternarsi del giorno e della notte. La rotazione intorno al sole, invece, produce l’alternarsi delle stagioni.

Per compiere un giro completo intorno al proprio asse la terra impiega 24 ore ed una manciata di secondi. Mentre per compiere un giro completo intorno al sole, la Terra impiega 365 giorni e 6 ore circa. Ogni 4 anni per recuperare queste 6 ore, si aggiunge un giorno in più all’anno, che così diventa di 366 giorni; abbiamo così l’anno bisestile ed il mese di febbraio diventa di 29 giorni.

La Terra ha il suo asse di rotazione inclinato rispetto al piano di rotazione. Questo fatto comporta che essa non riceve la stessa quantità di luce e di calore nelle diverse zone, tranne che all’equatore, dove la quantità di luce e di calore è sempre la stessa durante l’anno. Così solo all’equatore non c’è l’alternarsi delle stagioni; lì praticamente la temperatura si mantiene costante durante tutto l’anno.

Quando nell’emisfero nord (boreale) è estate, in quello sud (australe) è inverno e viceversa. In Brasile o in Argentina, che si trovano nell’emisfero sud, il Natale si fa in spiaggia.

Anche la quantità di luce arriva in maniera differente durante l’anno.

Vediamo come.

Diciamo intanto che le stagioni dell’anno sono 4:

primavera;

estate;

autunno;

inverno

La primavera inizia il 21 di marzo e finisce il 21 di giugno;

l’estate il 21 di giugno e finisce il 23 settembre;

l’autunno inizia il 23 settembre e finisce il 21 dicembre;

l’inverno inizia il 21 dicembre e finisce il 21 marzo.

La Terra percorre, nel suo moto di rotazione intorno al sole, un’orbita ellittica. Nell’emisfero nord la Terra riceve la maggiore quantità di calore e di luce durante l’estate e durante la prima parte della primavera e dell’autunno. L’estate, quindi, e una parte della primavera e dell’autunno, sono le stagioni più calde ed illuminate dell’anno.

Nell’emisfero nord l’estate corrisponde al momento in cui la Terra si trova nel punto dell’orbita più distante dal sole. Nell’emisfero sud, invece, l’estate corrisponde al momento in cui la terra si trova nel punto della sua orbita più vicino al sole.


Come ognuno di noi può notare, la durata delle ore di luce, rispetto alle ore di buio, durante l’estate è maggiore che d’inverno.


Durante l’anno, dunque, si alternano periodi di giorno lungo a periodi di giorno corto. Per giorno corto si intende una giornata in cui le ore di luce sono inferiori alle ore di buio, mentre una giornata lunga è una giornata in cui le ore di luce sono maggiori delle ore di buio.

I periodi dell’anno a giorno corto sono autunno e inverno, mentre i periodi dell’anno a giorno lungo sono la primavera e l’estate.

Durante l’anno vi sono anche periodi in cui le giornate si allungano e periodi in cui si accorciano.

I periodi dell’anno in cui le giornate si allungano sono l’inverno e la primavera, mentre i periodi in cui le giornate si accorciano sono l’estate a l’autunno.

Le piante fioriscono in determinati periodi dell’anno. Quelle che fioriscono in condizioni di giorno corto di dicono brevidiurne , mentre quelle che fioriscono in condizioni di giorno lungo si dicono longidiurne. Sono longi diurne gli agrumi, le margherite, le rose antiche, il mais, il papavero. Sono invece piante brevidiurne il crisantemo, il bucaneve, la stella di Natale.

Vi sono altre piante che riescono a fiorire in qualunque tipo di situazione, cioè sia in condizioni di

 lungo che corto. Queste piante si dicono Neutrodiurne.

L’alternanza di periodi o stagioni a giorno corto e a giorno lungo e di periodi in cui le giornate si allungano o si accorciano, viene detto Fotoperiodo.

Ci sono piante che per fare la fotosintesi hanno bisogno di una luce intensa e si chiamano eliofile. Altre piante, invece, non riescono a sopravvivere in condizioni di luce intensa, cioè amano l’ombra. Queste piante si chiamano sciafile.

Le piante sciafile le troviamo nel sottobosco, nelle zone ombreggiate, a ridosso dei muri oppure dentro le nostre case. Fra queste citiamo: le felci, gli asparagi, muschio.

Le piante hanno bisogno della luce per fare la fotosintesi. Proprio per questo esse crescono in direzione della luce. Cioè, se mettiamo una pianta dentro una grossa scatola dove su una parete abbiamo provveduto a fare un buco, dopo un certo tempo ci accorgeremo che la pianta ha smesso di crescere in senso verticale e si è inclinata verso il buco da dove proviene la luce. Questo fenomeno si chiama fototropismo.

L’eziolamento è quel fenomeno per il quale le foglie che non vedono la luce diventano di colore biancastro, più tenere e di sapore più dolce. Questo succede perché senza luce le foglie non possono fare la fotosintesi e non possono formare la sostanza che conferisce loro il colore verde, che è la clorofilla, la sostanza che cattura la luce del sole per la fotosintesi.

Questo fenomeno è sfruttato dagli agricoltori per produrre sedani, lattughe, cardi di migliore qualità. Questo viene fatto coprendo il fusto della pianta con terreno (rincalzatura).

Nell’emisfero boreale, per effetto dell’inclinazione dell’asse terrestre, il sole si trova sempre, durante la giornata, inclinato verso sud. Questa inclinazione è maggiore in inverno: il 21 di dicembre (solstizio d’inverno) il sole si trova nel suo punto più basso rispetto all’orizzonte, mentre il 21 di giugno (solstizio d’estate) il sole si trova nel suo punto più alto rispetto all’orizzonte. Questo comporta che in estate a mezzogiorno il sole ce lo ritroviamo quasi sulle nostre teste (leggermente inclinato verso sud), mentre in inverno, essendo il sole basso sull’orizzonte, non ce lo ritroviamo mai sulle nostre teste ma molto inclinato rispetto alla verticale.

Dovendo allora orientare i filari delle piante, dobbiamo preferire un orientamento N-S, piuttosto che un orientamento E-W, come indicato in figura.

La temperatura e le piante.

La temperatura misura lo stato di calore di un corpo. Serve, cioè, a misurare se un corpo è caldo o freddo e quanto è caldo e quanto è freddo.

La temperatura si misura in gradi Celsius o gradi centigradi. In questa scala, lo zero (0 °C) equivale alla temperatura del ghiaccio fondente al livello del mare, mentre 100 °C è la temperatura dell’acqua bollente al livello del mare. Il grado centigrado è allora la centesima parte dell’intervallo di temperatura esistente tra la temperatura del ghiaccio fondente e quella dell’acqua bollente.

Sulla Terra la temperatura non è uguale dappertutto, ma ci sono zone più calde e zone più fredde.

La zona più calda della Terra è quella a cavallo dell’equatore, compresa tra il tropico del cancro e il tropico del capricorno. Man mano che ci si allontana dall’equatore e dai tropici, andando verso nord o verso sud, la temperatura diviene via via sempre più fredda, fino ad arrivare nella zona artica ed antartica, dove le temperature sono sempre bassissime ed i mari e la terra stessa sono sempre ghiacciati.

La distanza tra un punto qualsiasi della Terra e l’equatore, si chiama latitudine. Quindi la temperatura sulla Terra diminuisce all’aumentare della latitudine.

Sulla Terra la temperatura varia anche in funzione dell’altitudine, cioè della distanza verticale esistente tra un punto qualsiasi della terra ed il livello del mare.

Il gradiente termico, cioè la differenza di temperatura dovuta all’altitudine, è di circa 0,6 °C per ogni 100 metri di altitudine. Questo significa che se a Porto Empedocle, che è al livello del mare, la temperatura in un certo momento è di 20 °C, nella parte alta di Cammarata che è a 1000 m.s.l.m.m. la temperatura sarà: 20-(1000/100x0,6) = 14 °C.

Questo succede durante il giorno. Nella notte, invece, succede esattamente il contrario, cioè nelle vallate fa più freddo che in altura. Questo succede perché l’aria fredda della montagna che è più pesante dell’aria calda, scende verso giù e viene a stazionare nelle vallate, mentre l’aria calda, che è leggera, sale verso l’alto. Questo produce quel fenomeno che và sotto il nome di inversione termica. Questo fenomeno avviene solo nella notte, in quanto di giorno, prima che l’aria fredda scenda verso valle, viene riscaldata dal sole e ritorna in alto.

Molto spesso, durante la notte, nelle vallate la temperatura raggiunge livelli molto bassi, tali, a volte, da compromettere la vita stessa delle piante.

I PASSAGGI DI STATO DELL’ACQUA

 

L’acqua può assumere tre stati:

solido;

liquido;

aeriforme (gas).

Il passaggio dell’acqua dallo stato solido (ghiaccio) alla stato liquido si chiama liquefazione.

 


Solido              liquido = LIQUEFAZIONE O FUSIONE

 


liquido            aeriforme = EVAPORAZIONE

 


Aeriforme            liquido = CONDENSAZIONE

 


Liquido                  solido = SOLIDIFICAZIONE

 


Solido                aeriforme = SUBLIMAZIONE

 


Aeriforme           solido = SUBLIMAZIONE.

 

L’umidità è la quantità di vapore acqueo contenuta nell’aria.

L’aria non ha una capacità illimitata di contenere vapore acqueo, per cui ad un certo punto, essa “diventa piena”.

La capacità dell’aria a contenere vapore acqueo, peraltro, non è sempre uguale, ma dipende dalla temperatura. Con l’innalzarsi della temperatura la capacità di contenere vapore acqueo aumenta; viceversa quando la temperatura si abbassa la capacità di contenere vapore acqueo diminuisce.

Supponiamo che a 20 °C l’aria abbia una capacità massima di contenere vapore acqueo pari a 10 grammi per metro cubo (cioè ogni metro cubo di aria può contenere al massimo 10 grammi di vapore acqueo). Se la temperatura si abbassa a 10 °C, la capacità massima si abbasserà anch’essa, per esempio a 6 grammi per metro cubo (6 g/mc).

La rugiada, abbiamo visto che è vapore acqueo condensato. Quando avviene questa condensazione? La condensazione, cioè la formazione della rugiada, avviene allorquando l’aria risulta satura di umidità. Questo normalmente avviene quando c’è una forte differenza di temperatura tra i diversi periodi della giornata. Supponiamo che nella giornata di ieri la temperatura sia stata durante le ore centrali, di 20 °C.  Al calar del sole la temperatura si è abbassata notevolmente, passando a 10 °C. A 10 °C la capacità massima di contenere vapore acqueo si è abbassata anch’essa, passando a 6 g/mc.

Durante le ore centrali della giornata il sole riscaldando la terra e i mari ha fatto evaporare una grande quantità di acqua. La quantità di vapore acqueo contenuto nell’aria nelle ore centrali della giornata, supponiamo sia stata di 8 g/mc. La quantità di vapore acqueo effettivamente contenuto nell’aria si chiama umidità assoluta. Cosa è successo allora?

A sera, l’aria con la temperatura di 10 °C poteva contenere al massimo 6 g/mc, mentre effettivamente essa ne avrebbe dovuto contenere 8 g/mc. Questo ovviamente non è possibile. I due grammi in più di vapore acqueo sono stati allora “buttati fuori” attraverso la condensazione e quindi la formazione della rugiada.

L’umidità relativa è il rapporto a cento tra l’umidità assoluta e l’umidità massima. Nell’esempio che abbiamo fatto, nelle ore centrali della giornata, con temperatura di 20 °C, l’U.R. era:

8 g/mc:10 g/mc x 100 = 80%

A sera, con temperatura scesa a 10 °C, la capacità massima era di 6 g/mc. In quel momento, allora, l’U.R. relativa era:

6 g/mc : 6 g/mc x 100 = 100%

Si capisce allora che allorquando si forma la rugiada l’umidità relativa deve essere il 100%.

Gli esseri viventi, e fra questi noi, preferiscono vivere in un ambiente che abbia l’umidità relativa compresa tra 50 e 70%.

Con l’abbassarsi della temperatura succede questo:

l’umidità massima si abbassa;

l’umidità assoluta si abbassa;

l’umidità relativa aumenta.

Viceversa con l’innalzarsi della temperatura:

l’umidità massima aumenta;

l’umidità assoluta aumenta;

l’umidità relativa si abbassa.

Le giornate dove maggiore è la probabilità che a sera si formi la rugiada sono quelle in cui durante il giorno la temperatura è alta e al tramonto del sole essa si abbassa notevolmente. Questo succede quando il cielo è sereno, senza nuvole, perché in quelle condizioni la terra a sera si raffredda notevolmente in quanto essa cede all’aria una grande quantità di calore che và a finire negli strati alti dell’atmosfera (si perde). Invece quando il cielo è nuvoloso, le nuvole impediscono che la radiazione ceduta dalla terra all’aria durante la notte, si perda negli strati alti dell’atmosfera. Questo determina che con il cielo nuvoloso la differenza di temperatura tra il giorno e la notte è inferiore rispetto alla condizione in cui il cielo è terso. Quindi nelle giornate di cielo sereno c’è una maggiore probabilità che a sera si formi la rugiada.

Molto spesso, durante le ore notturne, nelle vallate, per effetto del fenomeno dell’inversione termica, le temperature possono scendere anche al di sotto dello zero. Quando la temperatura scende sotto lo zero, le goccioline di rugiada ghiacciano e si forma il gelo, detta anche brina (gelate o brinate).

Se le gelate si formano durante la stagione invernale, le piante non subiscono alcun danno perché si trovano in riposo vegetativo ed hanno messo in atto una serie di strategie (gemme dormienti, ricoperte da perule, caduta delle foglie, ecc..) per difendersi dagli eccessi di freddo.

Quando, invece, le gelate si verificano nel periodo primaverile, allorquando le piante hanno ripreso la loro attività, le gemme hanno germogliato e prodotto i fiori, i danni possono essere notevoli. Infatti sia i germogli, sia i fiori sono costituiti da tessuti giovani e delicati, per cui non riescono a sopportare il freddo eccessivo. In pratica essi riescono a resistere fino a circa – 1 °C, dopodichè vengono devitalizzati dal freddo. Il danno per l’agricoltore, in questo caso, è notevole, perché morendo i fiori la pianta per quell’anno non potrà più fruttificare.

Per difendersi dal gelo, gli agricoltori utilizzano alcuni mezzi, che possiamo suddividere in mezzi diretti ed indiretti.

Le gelate si verificano maggiormente nelle vallate per effetto del fenomeno dell’inversione termica.

Uno dei mezzi diretti di difesa dalle gelate è rappresentato dalla ventilazione antibrina. Si tratta di una grossa ventola montata su un palo alto una decina di metri. La ventola è fatta girare velocemente da un motore che si accende comandato da un termostato quando la temperatura si approssima allo zero. La ventola provoca un rimescolamento dell’aria, portando in alto l’aria fredda che essendo pesante staziona in basso, a contatto con le piante, e portando in basso l’aria calda che essendo più leggera sta in alto. Questo rimescolamento dell’aria produce un aumento della temperatura ed in tal modo le coltivazioni vengono difese dal freddo.

Questo sistema non è molto utilizzato perché poco conveniente; infatti il motore che aziona la ventola è di elevata potenza e consuma molto carburante. Inoltre esso deve stare accesso per notti intere.

Un sistema diverso è quello dell’irrigazione antibrina. Si realizza un impianto di irrigazione a pioggia sopra chioma. La pompa dell’acqua che aziona l’impianto di irrigazione è comandata da un termostato che la mette in moto quando la temperatura si approssima allo zero. L’irrigazione a pioggia bagna tutta la pianta e se la temperatura scende sotto lo zero l’acqua ghiaccia e forma attorno ai germogli un involucro di ghiaccio attorno ai giovani germogli e ai fiori, che fa si che se anche all’esterno la temperatura dovesse scendere molto al di sotto dello zero, il fiore i il giovane germoglio rimane protetto perché il ghiaccio e refrattario al freddo. Quindi all’interno dell’involucro la temperatura si mantiene non al di sotto di – 1 °C, anche se all’esterno dovesse arrivare a valori molto più bassi. Quando la temperatura riprenderà ad innalzarsi, il ghiaccio fonderà e il fiore o il germoglio possono riprendere regolarmente la loro attività. Questo effetto è lo stesso di quello che utilizzano gli eschimesi quando costruiscono le loro casette di ghiaccio che si chiamano “Igloo”.

Questo sistema è migliore di quello della ventilazione, perché il motore che aziona il sistema di irrigazione è di potenza più bassa e poi non è necessario che stia accesso tutta la notte, perché non appena l’acqua che bagna le piante ghiaccia, l’impianto si può spegnere.

Un aspetto negativo di questo sistema è legato al fatto che bagnando le chiome degli alberi si possono sviluppare tante malattie che danneggiano le piante.

Un mezzo indiretto di difesa delle piante dalle gelate è l’assicurazione. L’agricoltore assicura le sue piante con una Compagnia di assicurazione, la quale risarcirà l’eventuale danno subito dal gelo. La compagnia assicuratrice, per legge, non può risarcire l’intero danno ma circa l’80%.

Un altro problema per le piante è costituito dalla grandine. La grandine, abbiamo detto, che è acqua congelata ad alta quota. Cioè quando a livello delle nubi la temperatura scende sotto lo zero, dapprima si formano le goccioline di pioggia, poi queste goccioline congelano e si formano i chicchi di grandine. Cadendo, la grandine provoca delle ammaccature e delle ferite sulle piante, sulle foglie e sui frutti. Soprattutto sui frutti il danno che essa provoca è notevole, in quanto la frutta ferita dal chicco di grandine presto viene attaccata da parassiti che ne determinano la decomposizione.

Per difendersi gli agricoltori utilizzano come mezzo diretto i razzi antigrandine. Si tratta di veri e propri razzi (tipo quelli dei giochi d’artificio) che fanno esplodere in mezzo alle nuvole delle sostanze chimiche (ioduri) i quali evitano che si formino grossi chicchi di grandine.

Questo è un mezzo efficace, ma costoso ed inoltre necessita di attrezzature sofisticate per il rilievo delle condizioni che determinano la formazione della grandine, cioè per le previsioni.

Anche il vento produce sulle piante degli effetti che sono positivi e negativi.

Gli effetti negativi sono legati al fatto che il vento, soprattutto quando soffia a grande velocità, può provocare dei danni sulla pianta e sui frutti. Sulla pianta può spezzare rami, far cadere foglie ed addirittura sradicare la pianta stessa. Può anche far cadere i frutti a terra, soprattutto quando essi sono vicini alla maturazione, perché in questa situazione il peduncolo è meno resistente. Il frutto che cade a terra subisce delle ammaccature e delle ferite sulla buccia. Attraverso queste ferite si insediano tanti microrganismi che portano il frutto alla decomposizione. Il frutto, in queste condizioni, non è più commercializzabile e quindi l’agricoltore subisce un forte danno.

Il vento svolge, però, anche un effetto positivo. Il vento infatti serve alle piante per far avvenire l’impollinazione.

L’impollinazione è l’incontro tra l’ovulo prodotto dall’organo femminile del fiore che si chiama ovario, e il polline che è prodotto dagli organi maschili del fiore che si chiamano stami ed antere. Alcuni fiori portano sia gli organi maschili che quelli femminili  e sono detti ermafroditi. In questi tipi di fiori l’impollinazione avviene senza l’ausilio di nessuno.

Altre piante producono sia fiori maschili che femminili, distinti tra essi (piante dioiche). Altre piante ancora hanno i fiori di un solo sesso. Un esempio è il pistacchio. Esiste il Pistacia vera che porta fiori di solo sesso femminile (monoica) . Il Pistacia terebintus (Terebinto), invece, porta fiori di solo sesso maschile. Affinché l’impollinazione possa avvenire è allora necessario che il polline prodotto dal Terebinto venga trasportato sul pistacchio. Questo trasporto può essere fatto o dal vento o dalle api e da altri insetti. Nel primo caso l’impollinazione si dice “anemofila”; nel secondo caso “entomofila”.

Il vento che serve per fare l’impollinazione deve essere non troppo forte, per permettere il deposito del polline sui fiori femminili.

Per proteggere le piante dal vento si realizzano delle barriere, che si chiamano barriere frangivento.

Le barriere frangivento sono di due tipi: barriere vive e barriere morte.

Le barriere vive si realizzano con altre piante che siano alte e con i rami e le foglie molto fitte. Una pianta di questo che si presta bene è il cipresso (Cupressus sempervirens). Queste piante vengono piantumate lungo il lato che si intende proteggere, sulla base dei venti dominanti della zona. Un limite alla realizzazione di questo tipo di barriera è dato dal fatto che è necessario molto tempo (decine di anni) prima che le piante crescano e la barriera sia efficace.

Altri tipi di barriere si possono realizzare o con palizzate di travi di legno e con cumuli di fasci di legno provenienti dalla potatura.

I venti che con maggiore frequenza soffiano in Italia sono (vedi “Rosa dei venti”):

lo scirocco da S-E;

il libeccio da S.W.;

Il pontente da W;

il maestrale da N.W.;

la tramontana da N;

la bora da N.E.; il levante da E;

il grecale da S-E-E.

 

La forza del vento dipende dalla sua velocità.

La scala di Beaufort serve per misurare la pericolosità del vento in base alla sua velocità.

 

LA PIOGGIA.

Potremo scrivere che 1 mm di pioggia equivale a 1 lt/mq. Possiamo anche dire che 1 mm equivale a 10.000 lt/Ha essendo che 1 Ha equivale a 10.000 mq. Quindi:

1 mm = 1 lt/mq = 10.000 lt/Ha = 10 mc/Ha.

Per irrigare allora 2 Ha di terreno con 10 mm di acqua è necessario avere a disposizione un volume di acqua pari a 200.000 lt = 200 mc.

Infatti 10 mm = 10 lt/mq. Quindi per 2 Ha, pari a 20.000 mq, occorrono:

20.000 x 10 = 200.000 lt, cioè 200 mc.

 

I CLIMI NEL MONDO

 

Climi tropicali umidi

Tipici della fascia equatoriale calda compresa tra i due tropici, i climi tropicali umidi sono del tutto privi di una stagione invernale. La temperatura media è costantemente superiore ai 18 °C e l'escursione termica è molto ridotta. Nell'ambito di questa zona climatica si distinguono ulteriormente il clima della foresta pluviale, o clima equatoriale, e il clima della savana. Il primo è caratterizzato da precipitazioni frequenti, il cui effetto più evidente è la vegetazione estremamente rigogliosa della foresta pluviale; lo si trova nella regione amazzonica, nell'Africa centrale e nelle regioni costiere dell'oceano Indiano. Il secondo, quello della savana, è il clima di transizione tra quello equatoriale umido e quello arido della fascia desertica. Presenta una stagione asciutta e una vegetazione dominata dalla prateria erbacea, interrotta da qualche specie arborea di tipo xerofitico. 

Climi aridi

I climi aridi, caratteristici delle latitudini basse e medie a cavallo dei tropici, sono quelli in cui la quantità di precipitazioni non riesce a compensare l'acqua persa per effetto dell'evaporazione. Nell'ambito di questa categoria si distinguono i climi semiaridi, a cui sono associate le steppe predesertiche, e i climi desertici veri e propri. A seconda della posizione geografica, poi, si distinguono ulteriormente regioni desertiche calde, con temperature medie superiori ai 18 °C (tra cui il Sahara, il deserto libico e i deserti iraniani a nord, e il Kalahari e il Gran deserto sabbioso australiano a sud), e regioni aride fredde, con temperature medie inferiori ai 18 °C, situate all'interno delle aree continentali (come il deserto di Gobi e le zone aride della Patagonia meridionale). La vegetazione, molto scarsa, si riduce a poche specie erbacee o arbustive di tipo xerofitico.

Climi temperati caldi

All'interno di questa ampia categoria si distinguono diversi tipi di climi: quello subtropicale umido, caratteristico delle regioni orientali dei continenti (come le coste orientali della Cina) comprese tra i 25° e i 40° di latitudine; presenta estati calde e afose con abbondanti precipitazioni e inverni anch'essi molto piovosi, ma relativamente freddi; la vegetazione che ne risulta è la foresta subtropicale umida, in cui convivono piante caducifoglie, come il faggio e la quercia, con conifere e piante tropicali come il bambù. I climi marittimi temperato-freschi, caratteristici delle coste occidentali dei continenti comprese tra i 40° e i 60° di latitudine, presentano estati fresche e inverni miti; la temperatura media non scende al di sotto dello 0 °C e non sale al di sopra dei 15 °C; è il clima tipico delle regioni atlantiche europee, che produce una vegetazione di foreste miste di sempreverdi e caducifoglie. I climi mediterranei invece, tipici delle zone occidentali comprese tra le latitudini 30° e 45°, e in particolare delle regioni affacciate sul bacino del Mediterraneo, presentano un massimo di precipitazioni durante l'inverno. L'escursione termica annua è mitigata dalla presenza del mare e la vegetazione tipica è la macchia.    

Climi boreali 

Sono i climi caratterizzati da inverni freddi, presenti nelle zone continentali più interne, alle medie latitudini. Sono quindi caratteristici dell'emisfero boreale (da cui il nome), dal momento che in quello australe le masse continentali sono di gran lunga meno estese. Anche all'interno di questa fascia climatica si può operare un'ulteriore distinzione, tra clima umido continentale e clima subartico. Il primo, presente nelle regioni centro-orientali del Nord America e dell'Eurasia comprese tra i 40 e i 50° di latitudine, presenta una stagione fredda di circa 8 mesi, in cui le temperature rimangono inferiori allo 0 °C, e una stagione calda con temperature di circa 20 °C. Le precipitazioni sono più abbondanti in estate; quelle invernali sono parzialmente nevose. La vegetazione associata è quella della foresta di piante decidue (querce, faggi, castagni, betulle, aceri, tigli) e delle steppe, queste ultime presenti soprattutto nelle pianure della Russia e di alcune zone del Nord America. Il clima definito subartico è quello presente tra i 50° e i 70° di latitudine, vale a dire dove si estendono le foreste della taiga, dominate dalle conifere sempreverdi. È caratterizzato da inverni lunghi e freddi e da estati che, seppur brevi, raggiungono comunque temperature relativamente miti. 

Climi polari 

Sono definiti polari i climi in cui la temperatura della stagione più calda si mantiene sempre al di sotto dei 10 °C. Nell'ambito di questa classe climatica si distinguono il clima subpolare e il clima di gelo perenne. Il primo, con inverni molto rigidi, estati fresche e precipitazioni scarse durante tutto l'anno, produce una vegetazione priva di specie arboree, costituita essenzialmente da muschi e licheni (tundra). Il clima di gelo perenne, invece, presenta temperature costantemente inferiori allo 0 °C e una vegetazione praticamente assente. Nella fascia interessata da questo clima, in Antartide, nella stazione meteorologica di Vostok, è stata registrata la più bassa temperatura mai misurata sul pianeta, pari a - 91,5 °C. 

 

Af = clima tropicale senza stagione arida

Aw = clima tropicale con inverno secco

BS = clima arido della steppa

BW = clima arido del deserto

Cf = clima temperato caldo senza stagione secca

Cs = clima temperato caldo con estate secca

Cw = clima temperato caldo con inverno secco

Df = clima temperato freddo senza stagione secca

Dw = clima temperato freddo con inverno secco

ET = clima freddo della tundra

EF = clima freddo del gelo perenne 

L’Italia si estende per più di 2000 km in direzione Nord Sud.

Dal punto di vista morfologico ci sono due grosse catene montuose separate da una vasta pianura. Le catene montuose sono quella delle Alpi a Nord e quella degli Appennini nella dorsale della Penisola.

Le Alpi sono una catena montuosa con vette che spesso superano i 4.000 m (Monte Bianco, Monte Rosa, Monte Cervino). In questa zona si ha un clima che definiamo “Clima montano alpino”. Qui le temperature sono fresche durante l’estate e freddissime durante l’inverno. Addirittura nelle parti più alte delle montagne le temperature non salgono mai sopra lo zero, per cui i ghiacciai non si sciolgono mai e si dicono perenni.

Le piogge sono abbondanti sia d’inverno sia d’estate. Anzi d’estate vi è a disposizione dell’agricoltura una maggiore quantità di acqua per il fatto che in questa stagione si sciolgono gran parte delle nevi che cadono durante l’inverno e la primavera. Da questa zona nascono infatti i maggiori fiumi italiani (Po, Adige, Tagliamento, Ticino, ecc…). L’agricoltura non è molto sviluppata, perché i terreni sono generalmente montagnosi, impervi, ed anche perché molte piante coltivate non resistono alle temperature gelide durante l’inverno.

Sotto le Alpi si estende la maggiore pianura italiana, la Pianura Padana. Questa comprende il Piemonte, la Lombardia, il Veneto e l’Emilia Romagna ed è più vasta dell’intera Sicilia. In questa zona abbiamo un clima che definiamo clima continentale. E’ questo un tipo di clima dove le estati sono abbastanza calde e gli inverni abbastanza freddi. Molto spesso d’inverno le temperature scendono sotto lo zero e frequenti sono i fenomeni di brina e galaverna. In queste condizioni non tutte le piante coltivate riescono a sopravvivere (per esempio il mandorlo, il pistacchio, l’ulivo, il carrubo, ecc..., d’inverno non riescono a sopravvivere ed infatti in queste zone non sono presenti). In questa zona le piogge sono abbondanti sia d’inverno sia d’estate, con valori annuali che superano generalmente i 1000 mm ed in qualche caso raggiungono anche i 2000 mm.

Dal punto di vista agricolo questa è la zona più ricca d’Italia. Qui i terreni sono pianeggianti, fertili ed hanno a disposizione grandi quantità di acqua per l’irrigazione che si può prelevare dai fiumi e dagli altri corsi d’acqua anche durante l’estate. Quest’acqua deriva sia dalle piogge (anche d’estate abbondanti) sia dalle nevi delle Alpi che si sciolgono e che i fiumi portano fino alla pianura.  Si coltiva il mais, il riso, la frutta (pesche, mele, pere, albicocche, ciliegie, susine, ecc…) e si allevano in grande quantità i bovini e i suini.

Vi è poi una fascia di territorio nazionale che va dal Veneto fino all’Abruzzo lungo il mare Adriatico. In questa fascia di territorio si ha un clima che risente dell’azione mitigatrice del mare, che in estate assorbe una grande quantità di calore e poi lo cede indietro durante l’inverno. Per cui gli inverni in questa zona non sono particolarmente freddi. La piovosità in questa zona si aggira sui 700 mm annui. Le piogge sono ben distribuite durante tutto l’anno e piove anche durante l’estate.

Le temperature sono abbastanza calde durante l’estate e non troppo fredde (per via della presenza del mare) durante l’inverno.

Un clima simile si ha anche lungo il versante del mare Tirreno, in una fascia che va dalla Liguria fino alla Campania.

Lungo la dorsale appenninica che va dalla Liguria fino alla Basilicata abbiamo un tipo di clima che definiamo “clima montano appenninico” : Questo clima è caratterizzato dalla presenza della catena montuosa degli Appennini. Le sue vette non sono particolarmente alte, aggirandosi fra i 2000 e i 3000 metri. Il clima è caratterizzato da temperature invernali alquanto fredde (le cime di questi monti sono, durante l’inverno, spesso innevate), mentre d’estate la temperatura si mantiene fresca.

La piovosità si aggira sui 1100 mm annui distribuiti in ordine decrescente nelle stagioni: autunno, primavera, inverno, estate. Caratteristica è la siccità estiva.

I terreni di questa zona sono accidentati e ospitano un tipo di agricoltura che è essenzialmente basata sugli allevamenti e sulle colture arboree da legno.

La Calabria, la Puglia, la Sicilia e la Sardegna sono interessate , invece, da un tipo di clima che definiamo “clima mediterraneo”. Questo tipo di clima è caratterizzato da temperature estive alquanto calde e da temperature invernali miti (la temperatura, anche d’inverno, non scende quasi mai sotto lo zero, sopratutto nelle zone costiere).

La piovosità annua è la più bassa dell’Italia intera e si aggira sui 500 mm. Si deve rilevare, comunque, che le piogge risultano essere abbondanti durante l’autunno e l’inverno, mentre sono sostanzialmente poche durante la primavera e soprattutto l’estate. Questa situazione determina l’impossibilità di coltivare in queste zone colture che svolgono il loro ciclo vitale durante la primavera e l’estate. Per esempio colture tipo il mais che si semina a maggio e si raccoglie a settembre, non è possibile farle, ameno che non si abbia a disposizione una grande quantità di acqua per l’irrigazione. Si possono coltivare facilmente, invece, quelle colture che svolgono il proprio ciclo durante l’inverno e l’inizio della primavera (tipo le colture leguminose: trifoglio, veccia, sulla, cece, lenticchia, trigonella, oppure le colture cerealicole: grano, orzo, avena che generalmente si seminano in autunno e si raccolgono nella tarda primavera), oppure quelle colture che abbiano una forte resistenza alla siccità, come il mandorlo, l’ulivo, la vite, il pistacchio, il ficodindia, ecc…

Questo tipo di clima si adatta bene, però, per quelle colture che non tollerano il freddo, come gli agrumi, che difatti spariscono non appena si sale oltre la Calabria o non appena si sale ad una altitudine superiore ai 500 m.s.l.m.

 

La Sicilia, pur rientrando nel tipo di clima mediterraneo, mostra delle diversità dovute alla vicinanza del mare e all’altitudine. Si intuisce facilmente che il clima della parte sommitale dell’Etna è certamente diverso da quello che si verifica nella Piana di Catania o di Gela e Licata. Infatti il clima più caldo e siccitoso si ha proprio nelle pianure che si trovano nelle vicinanze del mare (Piana di Catania, Piana di Gela e Licata, Piana di Marsala e Trapani). Qui, le temperature estive sono molto calde, afose e le piogge, soprattutto durante l’estate sono scarse se non inesistenti. Gli scienziati dicono che queste zone sono praticamente a rischio di desertificazione.

Sull’Etna, invece, e sulle altre montagne la temperatura è certamente più bassa e anche durante l’estate si mantiene poco calda.

 

La piovosità media della Sicilia si aggira sui 500 mm. Vi sono tuttavia delle zone (i Nebrodi, le Madonie, l’Etna) dove la piovosità supera i 1400 mm annui.

 

 

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