Esperimenti di chimica

 

 

 

Esperimenti di chimica

 

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  • Esperimenti e esperienze di chimica
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    Facciamo bruciare il ferro


    Forse non tutti sanno che il ferro, posto in adeguate condizioni, può bruciare in modo piuttosto vivace.
    Per effettuare questa esperienza occorre il seguente materiale:

    • Un vaso di vetro stretto e profondo (va benissimo uno di quei recipienti usati per contenere olive o sottaceti) della capacità di 250-300 ml
    • Dell'acqua ossigenata a 10-12 volumi come quella che si usa per disinfettare le ferite
    • Un po' di biossido di manganese (può essere ricavato aprendo una batteria a secco, non del tipo alcalino, è contenuto nella pasta nera che circonda l'elettrodo centrale di carbone) o di permanganato di potassio (reperibile in farmacia)
    • Una ventina di centimetri di filo di ferro o di rame
    • Un po' di paglietta di ferro del tipo usato per pulire le pentole

     

    Si procede così: si pone in fondo al vaso un pizzico di biossido di manganese o permanganato e vi si versa sopra un po' di acqua ossigenata. Si svilupperanno delle bollicine di gas, si tratta di ossigeno puro derivante dalla decomposizione dell'acqua ossigenata. Poiché l'ossigeno puro è più pesante dell'aria tenderà a rimanere all'interno del vaso, dopo qualche minuto l'aria contenuta nel vaso sarà molto più ricca di ossigeno dell'aria normale.
    Si prende il pezzo di filo di ferro o rame e ad un'estremità si lega la paglietta di ferro, si provvede a scaldare quest'ultima alla fiamma di un accendino e si introduce poi nel vaso (senza immergerla nel liquido che si trova in fondo), il ferro della paglietta diverrà incandescente, brucerà producendo scintille luminose e si fonderà completamente come effetto del calore generato dalla reazione con l'ossigeno.

     

     


    IL GRIDO DELL'IDROGENO
    L'idrogeno è il primo di tutti gli elementi chimici, si presenta come un gas leggerissimo, costituito da molecole biatomiche, altamente infiammabile.
    In passato, per la sua leggerezza, veniva usato per gonfiare i palloni aerostatici, i pericoli dovuti all'infiammabilità hanno portato ad abbandonare quest'impiego.
    Per usi industriali grandi quantità di idrogeno vengono prodotte mediante elettrolisi dell'acqua.
    Per produrre le piccole quantità necessarie per questa esperienza ci serviremo di una reazione chimica.
    Materiale necessario:
    due provette di vetro o plastica o due altri recipienti cilindrici alti e stretti, con una capacità di 20-25 ml,
    un po' di lamierino di zinco che può essere ricavato dall'involucro di una pila a secco,
    un po' di acido muriatico, reperibile in tutti i supermercati. ATTENZIONE: l'acido muriatico non è altro che acido cloridrico diluito, non c'è pericolo che causi gravi ustioni alla pelle ma bisogna assolutamente evitare di ingerirlo o di far giungere spruzzi agli occhi, va tenuto fuori dalla portata dei bambini e può rovinare indumenti su cui sia accidentalmente versato.
    In una provetta si pongono alcuni pezzetti di zinco e 3-4 ml di acido muriatico, si vedranno svilupparsi numerose bolle di gas, si tratta di idrogeno generato dalla reazione tra l'acido e lo zinco
    2HCl + Zn à ZnCl2 + H2
    Tanto per usare un po' di simbologia chimica: HCL è l'acido cloridrico, Zn lo zinco, ZnCl2 cloruro di zinco e H idrogeno.
    In alternativa si possono usare una soluzione di NaOH e dei pezzetti di fogli di alluminio come descritto nella pagina sciogliere l'alluminio
     
    Poniamo sopra la provetta la seconda provetta capovolta, cioè con l'apertura rivolta verso il basso, l'idrogeno essendo molto più leggero dell'aria si raccoglierà in questa seconda provetta. Dopo 5-6 minuti allontaniamo la seconda provetta, sempre tenendola capovolta, da quella in cui si genera l'idrogeno ed accostiamo all'imboccatura un fiammifero acceso: si sentirà un leggero scoppio e, se si osserva con attenzione, si potrà vedere una fiamma all'interno della provetta mentre lo spostamento d'aria dello scoppio spegnerà il fiammifero.
    L'idrogeno ha reagito con l'ossigeno dell'aria producendo vapore d'acqua (dopo la reazione sulle pareti interne della provetta si troverà della condensa.
    Il suono prodotto dallo scoppio varia a seconda delle dimensioni della provetta, in alcuni casi farà l'effetto di un gridolino acuto. L'esperienza descritta può essere vista in un breve filmato

     

     

     

     

     

     


    Far sciogliere l'alluminio
    L'alluminio, nonostante sia di natura metallica, può comportarsi come un non metallo dando origine a composti (alluminati) con i metalli alcalini come il sodio o il potassio. Questo fenomeno può essere osservato con la seguente, semplice, esperienza.
    Materiali occorrenti:

    1. Idrossido di sodio, NaOH, la comune soda caustica reperibile nei supermercati
    2. Foglio di alluminio per avvolgere alimenti
    3. Acqua di rubinetto o meglio deionizzata (reperibile anche questa nei supermercati)

    In 50 cc di acqua si sciolgono 3 cucchiaini da caffè di NaOH, a soluzione avvenuta si immergono nel liquido alcuni pezzi di foglio di alluminio, comincerà una reazione chimica con tumultuosa produzione di bolle di gas, si tratta di idrogeno, l'alluminio finirà per sciogliersi completamente nel liquido che acquisterà un colore grigio scuro. Aggiungendo altri pezzi di foglio di alluminio la reazione continuerà sino all'esaurimento dell'idrossido di sodio.
    Cosa succede: come già detto in precedenza l'alluminio reagisce con le basi forti per dare origine a composti chiamati alluminati. L'esatto andamento della reazione è il seguente:
    2NaOH + 2 Al + 2H2O è 2NaAlO2 + 3H2
    Cioè due molecole di NaOH reagiscono con due atomi di alluminio e due molecole di acqua per dare due molecole di alluminato di sodio e tre molecole di Idrogeno.
    Attenzione: come già detto altre volte l'idrossido di sodio, soprattutto se in soluzione concentrata, è un materiale caustico e corrosivo, bisogna quindi evitare di ingerirlo e di versare soluzioni sulla pelle o sugli abiti.
    La reazione ora descritta spiega anche perché, se si impiegano soluzioni di soda caustica per sgorgare scarichi di lavelli si rischia di dover cambiare le tubazioni: se i tubi di scarico sono in alluminio, o hanno giunti di alluminio, sono rapidamente distrutti dalle soluzioni di NaOH…
    CLORO
    Il cloro (simbolo Cl) è un gas appartenente al gruppo degli alogeni, di colore verdastro, più pesante dell'aria, non si trova libero in natura a causa della sua elevata reattività, se prodotto in forma pura è costituito da molecole biatomiche di formula Cl2
    ATTENZIONE: il cloro puro è tossico e molto irritante per gli occhi e per le vie respiratorie, l'esperienza descritta di seguito deve quindi essere effettuata in un locale ben aerato e bisogna evitare di aspirare direttamente il gas che si forma (dato che è più pesante dell'aria rimarrà per la maggior parte confinato nel recipiente in cui si fa sviluppare.
    Materiale necessario:
    Una beuta da 250 cc
    Permanganato di potassio
    Acido cloridrico o acido muriatico
    Del filo di rame nudo
    L'acido cloridrico è corrosivo, bisogna quindi evitare di versarlo su abiti e soprattutto sulla pelle, il permanganato di potassio (KmnO4) oltre ad essere velenoso macchia sia i vestiti che la pelle, entrambe queste sostanze vanno usate con cautela.
    Si ponga nella beuta una piccola quantità di permanganato e poi si aggiungano 20 cc di acido, dalla miscela si sprigioneranno bolle di gas mentre il colore inizialmente violetto diventerà nero a causa della riduzione del manganese.
    Osservando contro luce si vedrà formarsi all'interno della beuta uno strato di gas di colore verde pallido.
    A questo punto si scaldi su una fiamma un estremo del filo di rame e poi lo si inserisca nella beuta avendo cura di non immergerlo nel liquido, il filo di rame diverrà rapidamente incandescente e si consumerà per la formazione di cloruro di rame dalla reazione diretta tra il metallo ed il cloro.
    Se invece che un filo di rame si impiega un filo di ferro questo brucerà producendo un fumo arancione costituito da cloruro ferrico.
    ANIDRIDE CARBONICA
    L'anidride carbonica, formula CO2, è un gas, incolore, inodore e più pesante dell'aria.
    Normalmente è presente nell'atmosfera in una proporzione dello 0,033% ed è prodotta da: eruzioni vulcaniche, combustione dei materiali contenenti carbonio e respirazione.
    L'anidride carbonica non è né combustibile né comburente, cioè non brucia e non è in grado di combinarsi con i materiali combustibili per permettere loro di bruciare; per quest'ultimo motivo viene impiegata per costruire estintori.
    Come produrre l'anidride carbonica e dimostrare la sua capacità di spegnere le fiamme.
    Per produrre l'anidride carbonica si pongano in un cilindro da 300-400 cc alcuni frammenti di calcare (carbonato di calcio) o mezzo cucchiaino di bicarbonato o carbonato di sodio, aggiungere 20-30 cc d'acqua e 5 cc di acido cloridrico.
    Si svilupperà una reazione chimica con tumultuosa produzione di bollicine di anidride carbonica secondo la reazione:
    CaCO3 + 2HCl à CaCl2 + CO2 + H2O
    Ovvero il carbonato di calcio reagisce con l'acido cloridrico per formare cloruro di calcio + anidride carbonica + acqua..
    Poiché l'anidride carbonica è più pesante dell'aria rimarrà all'interno del cilindro.
    Nel frattempo si sarà preparato un beker da 500 cc nel quale si sarà posto un mozzicone di candela acceso, agendo con la massima delicatezza si inclinerà il cilindro in cui è stata prodotta l'anidride carbonica in modo che il gas si versi nel beker come fosse un liquido, si usi una certa attenzione in modo da non versare anche il liquido che si trova sul fondo. La candela si spegnerà.
    Ripetendo alcune volte l'operazione di versamento del gas ad un certo punto sarà impossibile riaccendere la candela dato che il beker sarà pieno di anidride carbonica che spegnerà immediatamente qualsiasi corpo acceso venga introdotto nel recipiente. E' possibile vedere un breve filmato.

     

     

     

     

     


    SUBLIMAZIONE
    La sublimazione è il passaggio diretto dallo stato solido allo stato aeriforme, senza passare per lo stato liquido. Questo fenomeno si verifica per diversi materiali in cui le molecole sono legate debolmente tra loro, per cui basta un modesto aumento di temperatura perché si separino e si disperdano sotto forma di gas. La sublimazione avviene anche a temperatura ambiente ed è evidente in materiali come la canfora e la naftalina, impiegati normalmente come tarmicidi, le cui palline o scaglie tendono a ridursi di dimensioni sino a scomparire del tutto senza bisogno di scaldarle.
    Il materiale ideale per dimostrare la sublimazione è lo iodio, questo, se riscaldato, da origine ad evidenti vapori di colore viola intenso (il nome dell'elemento: Iodio, deriva dalla parola greca che significa viola, proprio per ricordare il colore dei vapori).
    Lo Iodio è un elemento del gruppo degli alogeni, che si presenta allo stato puro sotto forma di molecole biatomiche debolmente legate a formare scaglie con lucentezza metallica.
    Per eseguire questa esperienza è necessaria una piccola quantità di Iodio metallico, reperibile nelle farmacie e nei negozi di prodotti chimici,
    Una capsula od altro piccolo recipiente di vetro o porcellana,
    Un becco di Bunsen o una lampada ad alcool con relativo treppiede e retina spaccafiamma,
    Un beker contenente acqua fredda.
    La disposizione è quella del disegno a fianco.
    Si mette nella capsula una piccola quantità (meno di mezzo cucchiaino da caffè), di scaglie di Iodio, si pone la capsula sulla fiamma.
    Dopo qualche secondo si vedranno alzarsi vapori di Iodio intensamente colorati di viola, in brevissimo tempo lo Iodio messo nella capsula scomparirà completamente senza lasciare traccia.
    Se al momento in cui si sviluppano i vapori si mette ad una decina di centimetri sopra la capsula un beker contenete acqua fredda, i vapori di Iodio andranno a condensarsi sotto il fondo dove formeranno dei cristalli violetti di Iodio puro, il raffreddamento determinerà il passaggio diretto dallo stato gassoso allo stato solido.
    ATTENZIONE: i vapori di Iodio sono irritanti per gli occhi e per le vie respiratorie, l'esperienza va quindi condotta in locale ben ventilato e usando una quantità molto piccola di Iodio.
    DISTILLAZIONE
    La distillazione è un processo, basato sulla diversa temperatura di ebollizione di liquidi si diversa composizione, che permette di separare i diversi componenti di una miscela liquida.
    Il procedimento più noto è quello di distillazione di miscele contenenti alcool per ottenere alcool ad elevata concentrazione. Questo procedimento viene anche impiegato per produrre liquori.
    Come liquido di partenza si può usare quello ottenuto con il procedimento di fermentazione descritto in altra parte di questo sito, o del comune vino.

     

     

     


    Il disegno mostra come disporre l'attrezzatura necessaria:



    Alcuni suggerimenti:
    Il recipiente in cui viene fatta avvenire l'ebollizione non deve essere riempito oltre la metà, questo per impedire che bollendo il liquido risalga nel tubo e vada a finire nella provetta di raccolta.
    Evitate l'ebollizione violenta, l'ideale, se si dispone di un adatto termometro, è mantenere la temperatura non oltre i 95 °C.
    Con un'attrezzatura arrangiata come questa si potrà ottenere alcool a 50-60 gradi, in ogni caso con il procedimento di distillazione non è possibile ottenere alcool a più di 95 gradi, dato che una miscela contenente il 95% di alcool e il 5% di acqua si comporta come una miscela azeotropa, cioè evapora mantenendo la stessa proporzione tra i due componenti.
    Vi consigliamo di non bere il liquidi ottenuto con questo procedimento dato che, probabilmente, contiene impurità di diverso genere....

     


    CROMATOGRAFIA SU CARTA

    La cromatografia è una tecnica per la separazione di una miscela di soluti, in cui la separazione si produce per una differente velocità di spostamento dei singoli soluti in seno ad un mezzo poroso sotto l'azione di un solvente in moto.
    Il nome cromatografia, che significa "scrittura col colore", deriva dal fatto che le prime esperienze con questo genere di tecnica, condotte dal biologo russo Tswett nel lontano 1906, consistettero in una separazione dei pigmenti delle piante.
    Quella che vogliamo descrivere qui è una semplice separazione cromatografica del carotene da una miscela di pigmenti vegetali estratti dalle foglie, per la preparazione della miscela si veda la pagina ESTRAZIONE DELLA CLOROFILLA in altra parte di questo sito.
    Come supporto per il processo è stata impiegata della comune carta da filtro, per l'esattezza una strisciolina lunga 12 cm e larga 2 ritagliata da un disco per filtrazione mediante imbuto. Risultati migliori si possono ottenere usando l'apposita carta per cromatografia, in mancanza di qualsiasi tipo di carta da filtro si può provare ad usare della comune carta assorbente bianca.
    Come solvente per la cromatografia è stato impiegato un liquido, venduto nei supermercati e nelle drogherie col nome di "Avio" ed utilizzato come smacchiatore, questo è composto di esano (un idrocarburo) e dicloropropano (un idrocarburo clorurato).
    Per effettuare l'esperienza si prenda la striscia di carta da filtro, a circa 1,5 cm da un'estremità si depositi, usando una pipetta, una striscia dell'estratto di pigmenti vegetali, si cerchi di depositare una striscia stretta e si asciughi subito la carta con un comune asciugacapelli in modo che il liquido non si sparga troppo nella carta, si ripeta alcune volte l'operazione, sempre nella stessa zona, in modo da ottenere una striscia di colore abbastanza intenso.

     


    Si prepari il recipiente per la cromatografia vera e propria, va benissimo un vasetto di vetro per sottaceti con relativo coperchio (vedi foto), sul fondo del vasetto si versa uno strato di circa 5 mm di Avio, si tappa il vaso e si aspetta qualche minuto finchè l'interno si satura di vapore. Si prenda la striscia di carta su cui è stata deposta la miscela di pigmenti e si metta nel recipiente in modo che l'estremità inferiore peschi nel liquido ( è consigliabile, per il successivo recupero, praticare, a circa 3 - 4 mm dall'estremità superiore, un foro in cui far passare un filo che verrà fermato poi dal coperchio del vaso).
    Si lasci migrare il solvente lungo la carta sino a che è giunto a 1 cm dal bordo superiore, a questo punto si tolga la carta e la si metta ad asciugare, l'aspetto apparirà come nella foto a fianco: la clorofilla (anzi la miscela di clorofilla A e clorofilla B) si sarà spostata molto poco e formerà una banda confusa a poca distanza dal punto di partenza, il carotene invece formerà una sottile banda di colore arancio nel punto più lontano in cui è giunto il solvente.
    Se volete provare... Se avete la possibilità di procurarvi diversi solventi potete vedere se i risultati della cromatografia sono diversi. Vi posso suggerire di provare con i seguenti materiali:
    Alcool metilico o miscele di alcool metilico ed alcool etilico.
    Etere
    Acetone
    Miscele di idrocarburi
    Si può anche tentare la separazione cromatografica dei componenti di altri materiali: ad esempio inchiostri e liquidi pigmentati di vario genere.
    Attenzione: la maggior parte delle sostanze nominate sono infiammabili, alcune sono anche nocive per ingestione e per inalazione prolungata dei vapori, agite quindi con cautela ed operate in luoghi ben ventilati.

     


    COL CAVOLO...

    I coloranti indicatori sono delle sostanze che cambiano colore a seconda della concentrazione di ioni idrogeno nel mezzo in cui sono disciolti, sono cioè in grado di indicare l'acidità o l'alcalinità di una soluzione.
    Sono conosciute più di cinquanta sostanze dotate di questa proprietà, la più nota è senza dubbio la tintura di tornasole, ricavata da un lichene, che assume colore blu in soluzione basica e rosso in soluzione acida.
    In questa pagina voglio suggerirvi la preparazione di un indicatore con mezzi economici ed ecologici... infatti la materia prima è il cavolo cappuccio viola, comunissimo ortaggio reperibile nei negozi di frutta e verdura nel periodo autunno inverno.
    Oltre al cavolo occorrono un po' di alcool a 95° e dell'acqua.
    Si procede così: si prende una foglia di cavolo, la si fa a pezzettini e la si pone in un mortaio con qualche cc di alcool, con il pestello si comprimono i pezzi di foglia, si aggiunge un po' d'acqua e si continua a "maltrattare" la foglia col pestello, si versa il liquido, che avrà assunto una colorazione violetta, in un recipiente di vetro e si ripete l'operazione tre o quattro volte. Alla fine avrete ottenuto 25-30 cc di liquido violetto, a questo punto il vostro indicatore è pronto e potete verificare che cambia colore aggiungendo alla soluzione una base o un acido.

     

     

     


    La foto mostra i risultati: a sinistra è stata aggiunta una piccola quantità di una base (comune bicarbonato di sodio), la soluzione è diventata blu.
    La seconda provetta mostra la soluzione al naturale, cioè senza aggiunta di acidi o di basi.
    Nella terza provetta sono state aggiunte tre o quattro gocce di succo di limone (acido debole)
    Nell'ultima provetta sono state aggiunte alcune gocce di aceto (acido un po' più forte).
    Come si può vedere mentre con la base il colore vira al blu con gli acidi si ha un viraggio al rosso tanto più intenso quanto più acida è la soluzione.
    Conclusa l'esperienza il resto del cavolo potete metterlo in pentola....

     


    RICERCA DELLA VITAMINA C
    La Vitamina C, o acido ascorbico è un fattore essenziale dell'alimentazione umana, la sua mancanza prolungata nell'alimentazione causa lo scorbuto malattia grave, ad esito spesso fatale, che in passato colpiva soprattutto i marinai che rimanevano in mare per lunghi periodi senza potersi approvvigionare di cibi freschi.
    Oltre che per gli esseri umani la vitamina C è indispensabile per tutti i primati e per i porcellini d'India, mentre altri mammiferi non ne hanno bisogno in quanto sono in grado di sintetizzarla partendo dal glucosio. L'essenzialità di questa sostanza è dovuta, in gran parte, al fatto che è un intermedio del ciclo degli acidi tricarbossilici, cioè del processo con il quale l'organismo consuma il glucosio per produrre energia, è inoltre un efficace antiossidante e, secondo alcuni medici, protegge l'organismo dalle infezioni.
    Di seguito viene presentato un semplice sistema per rivelare la presenza di vitamina C in bevande quali i succhi di frutta, bevande gasate e simili.
    MATERIALE OCCORENTE
    Un po' d'amido
    Tintura di iodio
    Acqua
    Provette e vetreria assortita
    PROCEDURA
    Si scioglie in 100 cc di acqua calda una piccola quantità di amido (200 o 250 mg valutati ad occhio, va benissimo l'amido che si trova nei supermercati e che viene impiegato per stirare).
    In 10 cc d'acqua si versano 3-4 gocce di tintura di iodio
    Si versano in due provette 5 cc di soluzione di amido e si aggiunge qualche goccia della soluzione di iodio; il liquido assume una colorazione blu-violetta.
    A questo punto si aggiunge in una delle due provette un po' del liquido in esame, ad esempio del succo di limone o di arancia, se è presente vitamina C la soluzione tornerà incolore. Vedere l'esempio della foto a fianco nella quale la provetta di sinistra contiene la miscela soluzione di amido-iodio, mentre nella provetta di destra alla medesima soluzione è stato aggiunto del succo di limone.
    Ricerca delle Proteine
    Le Proteine sono i costituenti essenziali degli organismi viventi, si tratta di catene, spesso molto lunghe, costituite dall'unione di venti tipi di amminoacidi.
    Gli amminoacidi sono composti chimici che presentano un gruppo acido (COOH) ed un gruppo amminico (NH2), gli amminoacidi si uniscono a formare le proteine grazie ad un legame tra il gruppi acidi ed amminici. A sinistra potete vedere la struttura di uno degli amminoacidi più semplici, l'alanina. Oltre a Carbonio, ossigeno, idrogeno ed azoto alcuni amminoacidi contengono anche zolfo, particolarmente ricche di amminoacidi solforati sono le proteine contenute nelle uova, è per questo che quando le uova cominciano a decomporsi emanano il tipico odore da uova marce dovuto all'acido solfidrico (H2S).
    Per dimostrare la presenza di proteine in soluzione faremo uso della capacità dei legami tra amminoacidi di legarsi ai sali di rame dando origine a composti intensamente colorati.
    Per questa esperienza sono necessari i seguenti materiali:

    • Soluzione di idrossido di sodio (NaOH), 12 grammi in 100 cc di acqua.
    • Soluzione di solfato di rame (CuSO4), 1 grammo in 100 cc di acqua.

    Come campione di può usare del latte o sciogliere un po' di albume d'uovo (1 g valutato ad occhio) in 100 cc di acqua, meglio se prima si scioglie nell'acqua un grammo di sale da cucina.
    Procedimento:
    si prendono due provette e nella prima (bianco) si pongono 2 cc di acqua, nella seconda (test) si mettono invece 2 cc di latte o di soluzione di albume.
    Si aggiungono ad entrambe le provette 2 cc della soluzione di NaOH e si mescola.
    Si aggiunge, in ciascuna provetta, 0,5 cc di soluzione di solfato di rame.
    Il liquido della provetta bianco diventerà di un colore azzurro chiaro, il liquido contenente proteine acquisterà un intenso colore blu-violaceo. Dopo un po' di tempo si formerà sul fondo delle provette un precipitato dovuto al deposito di composti insolubili del rame.
    L'esperienza può essere effettuata anche con materiali solidi, ad esempio ponendo in una provetta un minuscolo frammento di formaggio, aggiungendo 2 cc di acqua e due 2 di soluzione di NaOH ed attendendo una decina di minuti prima di aggiungere la soluzione di solfato di rame.
    Attenzione: l'NaOH è un prodotto corrosivo, viene anche chiamato soda caustica, la soluzione di 12 g in 100 cc è concentrata e se cade sulla pelle può provocare fastidiose bruciature, va quindi usata con cautela, bisogna il particolare evitare di ingerirla e di metterla a contatto con gli occhi. Il solfato di rame, come tutti i sali di metalli pesanti, risulta velenoso, evitate quindi l'ingestione.
    RICERCA DEGLI ZUCCHERI
    Molti alimenti, di origine sia vegetale che animale, contengono zuccheri, semplici o complessi (ad esempio il saccarosio, lo zucchero che viene normalmente usato per dolcificare il caffè, è un disaccaride costituito da una molecola di glucosio e una di fruttosio unite assieme. L'amido è invece formato da un gran numero di molecole di glucosio legate in catene): tra questi possiamo citare la frutta, il miele, il latte.
    La presenza di zuccheri negli alimenti può essere facilmente dimostrata ricorrendo alla reazione di Fehling, per questo scopo occorre innanzitutto preparare i due reattivi chiamati Fehling A e Fehling B.
    Reattivo di Fehling A: in 100 cc di acqua distillata o deionizzata si sciolgono 7 grammi di solfato di rame (CuSO4), questo è un sale di colore blu, facilmente reperibile in quanto molto usato in agricoltura e giardinaggio.
    Reattivo di Fehling B: in 80 cc di acqua distillata calda si sciolgono 34 grammi di sale di Seignette (tartrato doppio di sodio e potassio, reperibile in farmacia) e 12 grammi di idrossido di sodio (NaOH, la comune soda caustica utilizzata anche per sturare lavandini ingorgati), si lascia raffreddare la soluzione e poi si aggiunge acqua sino a 100 cc.
    Le due soluzioni vanno conservate separatamente, al momento dell'uso si mescolano in parti uguali nella quantità necessaria per l'esperienza, la miscela delle due soluzioni, che ha un colore blu intenso, deve essere utilizzata entro non più di 20-30 minuti dalla preparazione.
    Per effettuare la prova si pone in una provetta 1 cc del liquido in cui si vuol evidenziare la presenza di zuccheri e si aggiungono 2 cc della miscela preparata. Si scalda il tutto alla fiamma per alcuni secondi.
    In presenza di zuccheri il liquido acquisterà una colorazione variabile tra il giallo-uovo, l'arancio ed il rosso mattone, lasciando a riposo la provetta per un po' di tempo il colore si depositerà sul fondo sotto forma di un precipitato insolubile di composti di rame.
    Per poter apprezzare meglio l'effetto è opportuno che il liquido su cui si effettua il test sia limpido,
    nel caso di succo di frutta contenente particelle solide in sospensione è meglio effettuare la filtrazione prima di effettuare la ricerca. Se si vuole evidenziare la presenza di zucchero (lattosio) nel latte è bene aggiungere a 10 cc di latte tre o quattro gocce d'aceto per far precipitare le proteine, filtrare il tutto ed utilizzare la soluzione limpida così ottenuta.
    Nel caso la quantità di zuccheri presente nel campione fosse bassa il colore può diventare, invece che giallo o rosso, di un verde torbido.
    ATTENZIONE: questo test non funziona con il saccarosio

     

    Carbonizzare lo zucchero

    L'esperimento che vi proponiamo serve a dimostrare la fortissima affinità dell'acido solforico per l'acqua. Per realizzarla servono due componenti:

    • Un po' di zucchero (il comune saccarosio usato per addolcire il caffè)
    • Dell'acido solforico concentrato ( nel caso specifico abbiamo usato un prodotto reperibile nei supermercati come disgorgante a base di acido solforico concentrato)

    ATTENZIONE: l'acido solforico concentrato provoca ustioni alla pelle e se viene in contatto con gli occhi può provocare danni seri, si consiglia quindi l'uso di guanti ed occhiali di protezione, inoltre si possono sviluppare vapori irritanti per cui operate in un ambiente ben ventilato.
    Lo svolgimento dell'esperienza è molto semplice: prendete un becher da 50cc e riempitelo per circa un quarto di zucchero in polvere.
    Aggiungete lentamente 3 o 4 cc di acido solforico concentrato.
    Dopo qualche secondo avrà inizio la reazione di carbonizzazione dello zucchero che proce rapidamente sino a riempire il recipiente con una massa sugnosa nera.
    La reazione è fortemente esotermica per cui il recipiente si scalderà molto, non toccatelo sinchè non si sarà reffreddato.
    E' buona precauzione sistemare sotto il becher un recipiente di vetro, come si può vedere nella foto, per il caso che il becher si rompa a causa del calore, in questo modo la miscela di zucchero e acido non si spargerà sul tavolo su cui state effettuando l'esperimento.
    Che cosa succede: come abbiamo già detto sopra l'acido solforico è estremamente avido d'acqua, reagisce con essa in modo fortemente esotermico (a questo proposito ricordiamo una precauzione fondamentale da impiegare quando si deve diluire acido solforico con acqua: versare sempre lentamente l'acido nell'acqua, in modo che il calore che si produce possa essere assorbito alla massa dell'acqua, non versare mai l'acqua nell'acido il rapido riscaldamento può lanciare attorno schizzi di acido!).
    Riprendiamo la spiegazione: il saccarosio è un disaccaride (formato da due molecole di zuccheri semplici, una di glucosio e una di fruttosio) di formula C12H22O11 si può considerare come formato da 12 atomi di carbonio e 11 molecole d'acqua (la cosa in realtà non è così, ma usiamo questa immagine per rendere più facile la comprensione dell'esperienza). L'acido solforico sottrae le molecole d'acqua lasciando il carbonio, inoltre l'intenso calore prodotto dalla reazione porta alla formazione di vapore d'acqua che dà origine alle bolle che rendono la massa di carbonio simile ad una spugna.

    Ossidazioni e riduzioni
    Una semplice esperienza per vedere gli effetti di ossidazione e riduzione e come usando i medesimi reagenti in proporzioni diverse si ottengano effetti completamente diversi.
    I materiali occorrenti sono i seguenti:
    Iposolfito di sodio, detto anche tiosolfato di sodio Na2S2O3 5H2O
    Solfato di rame CuSO4 5H2O
    Si preparano due soluzioni: una di 2,4 g di iposolfito di sodio in 20 cc di acqua distillata o deionizzata e una di 2,5 grammi di solfato di rame sempre in 20 cc di acqua deionizzata.

     


    Si preparano due provette.
    Nella prima provetta si mettono 8 cc della soluzione di iposolfito e 8 cc della soluzione di solfato di rame, si mescola e si lascia riposare.
    Nel giro di pochi secondi la soluzione, inizialmente azzurra, acquisterà un colore verde pallido come nella foto a sinistra.

     


    Dopo una decina di minuti la soluzione diventerà torbida e comincerà a depositarsi un voluminoso precipitato giallo (foto a destra), si tratta di zolfo puro, formatosi per riduzione di uno dei due atomi di zolfo di Na2S2O3   che è passato dal numero di ossidazione +2 al numero di ossidazione 0 mentre l'altro atomo di zolfo presente nella molecola è passato dal numero di ossidazione +2 al +4 (solfito) o al +6 (solfato), invece il rame di CuSO4 è passato dal numero di ossidazione +2 (rameico) al numero di ossidazione + 1(rameoso). Si sono verificate diverse reazioni di cui quelle indicate sono le principali.

     

     

    Nella seconda provetta si mescolano le due soluzioni in rapporto 3 parti di soluzione di iposolfito e una parte di soluzione di solfato di rame, nel caso specifico 12 cc di soluzione di iposolfito e 4 cc di soluzione di solfato di rame.
    Inizialmente la soluzione diviene incolore, dopo alcune ore comincia ad apparire una torbidità di colore simile a quello del rame.
    Circa un giorno dopo l'inizio dell'esperienza sul fondo della provetta si raccoglie un precipitato di colore bruno Si tratta di un miscuglio di rame metallico, solfuro rameico CuS e solfuro rameoso Cu2S. Lo zolfo elementare si è formato in tracce minime.
    La foto a destra mostra la differenza visiva dei due risultati.

     

     

     

     

     

    ARGENTATURA

    Una semplice esperienza per ricoprire d'argento una superficie di vetro. Ringraziamo gli amici di "Oasi Felice" che ce l'hanno suggerito.
    Per realizzare l'esperienza è necessario il seguente materiale:

    • Acqua distillata o deionizzata (si trova in tutti i supermercati), non usate l'acqua di rubinetto che solitamente contiene cloro.
    • Nitrato d'argento AgNO3
    • Idrossido di sodio NaOH
    • Ammoniaca (si trova anche questa nei supermercati) Soluzione acquosa di NH3
    • Formalina (si può acquistare in farmacia)

    In una provetta si scioglie in acqua distillata qualche cristallo di nitrato d'argento. A soluzione avvenuta si aggiunge, goccia a goccia una soluzione di idrossido di sodio.
    La soluzione diventerà torbida e sul fondo si depositerà un materiale di colore nero, si tratta di idrossido di argento. Aspettate qualche minuto, finché tutto l'idrossido d'argento si sarà depositato sul fondo, poi con una pipetta eliminate il liquido soprastante.
    Al precipitato di idrossido d'argento aggiungete qualche goccia di ammoniaca e agitate, aggiungete ancora ammoniaca, poco alla volta, e continuate ad agitare, il precipitato si scioglierà dando origine ad un complesso di argento con lo ione ammonio contenuto nell'ammoniaca.
    In un recipiente di vetro ben pulito mettete un po' di acqua distillata e aggiungete un paio di gocce di soluzione di formalina (la formalina è una soluzione acquosa di formaldeide, normalmente si trova in commercio alla concentrazione del 40%), se non avete formalina potete sciogliere in acqua un po' di glucosio, non provate col saccarosio, il comune zucchero da cucina, perché con questo la reazione non funziona.
    Nel recipiente contenente la soluzione di formalina versate il liquido che avete precedentemente preparato con l'ammoniaca. La soluzione diventerà rapidamente di colore marrone poiché l'argento in soluzione è ridotto dalla formaldeide, un deposito lucente di argento metallico si formerà sul vetro del recipiente.
    E' molto difficile ottenere una bella argentatura uniforme, questo dipende da molti fattori come: la perfetta pulizia della superficie di vetro, le concentrazioni delle soluzioni impiegate ecc. normalmente otterrete un'argentatura a chiazze come quella mostrata nella foto.
    ATTENZIONE: fatta eccezione per l'acqua, tutti i reagenti impiegati sono tossici, l'ammoniaca inoltre ha un odore pungente e poco gradevole. La soluzione di idrossido d'argento in ammoniaca, se lasciata seccare esplode...


    Vulcano in casa
    Niente paura, non vi proponiamo la creazione di un Etna o di uno Stromboli casalingo, ma una semplice esperienza pirotecnica di effetto abbastanza spettacolare. Per la realizzazione sono necessari i seguenti ingredienti:

    • Un po' di permanganato di potassio (KMnO4) in polvere.
    • Della glicerina o glicerolo che dir si voglia (si può acquistare in farmacia)
    • Qualche goccia di un qualsiasi acido, va benissimo l'aceto o il succo di limone
    • Della polvere di alluminio.

    Procedimento:
    In un mortaio di vetro o porcellana, o altro recipiente adatto si mescolano circa due cucchiaini da caffè di permanganato di potassio con un pizzico di polvere d'alluminio.
    Si mette la miscela ottenuta su di una lastra di metallo o su un vecchio piattino di porcellana, si forma un monticello e in cima si fa una cavità.
    Si mettono nella cavità 2-3 gocce di glicerina pura, si aggiunge poi una goccia di acido.
    La miscela comincerà a sfrigolare e produrrà, per un breve periodo, una vivace fiamma, con lancio attorno di "lapilli" incandescenti che non sono altro che particelle di polvere di alluminio infiammate.
    Dopo pochi istanti la fiamma si spegnerà, la miscela rimarrà incandescente per qualche istante e poi finirà per spegnersi.
    Cosa succede:
    Il permanganato di potassio reagisce con l'acido dando origine ad una piccola quantità di anidride permanganica (Mn2O7), sostanza altamente ossidante che reagisce con la glicerina con forte produzione di calore che fa bruciare il resto della glicerina e l'alluminio presente nella miscela. Attenzione: il permanganato di potassio (che abbiamo già incontrato in altre esperienze) è velenoso e macchia sia la pelle sia i vestiti, va quindi trattato con cautela.
    Non effettuate l'esperienza in un luogo che non abbia un buon ricambio d'aria, si produce parecchio fumo, non tossico ma fastidioso (non vorremmo essere causa di liti con mogli o genitori...)

     

     

    Preparazione del cloruro di sodio cristallizzato

    Scritto da Chimica laboratorio   

    Obbiettivo: preparazione di un sale, il cloruro di sodio (NaCl), in forma cristallina, facendo reagire l'idrossido di sodio (NaOH) con l'acido cloridrico (HCl) secondo la seguente reazione generale: Idrossido + Acido -> Sale + Acqua.
    In un Beker da 250 ml si introducono 100 ml di H2O e 50  ml di HCl  %M. Nel beker si aggiungono poche gocce di fenolfalteina non ottenendo alcuna colorazione. In una beuta da 200 ml si sciolgono 15g di NaOH solido in 100 ml di acqua (questa quantità di NaOH è in eccesso stechiometrico rispetto alla quantità di HCl). 
    Nel beker contente l'acido si versa, agitando, la soluzione di NaOH, finchè non si ha il viraggio dell'indicatore (la soluzione diventa rossa). Avviene la reazione tra l'acido e l'idrossido per formare il sale che rimane sciolta in soluzione. A questo punto si pone il beker sopra una retina fisssata ad un sostegno metallico e si svapora la soluzione facendola bollire per riscaldamento su di un bunsen. Quando la soluzione diventa satura (e ci si avvede della cosa perchè si forma un corpo di fondo costituito da NaCl) si smette di scaldare e si lascia a riposo il beker. Dopo un certo tempo si noteranno in fondo al beker dei cristalli di NaCl (figura) che potranno essere raccolti per filtrazione ed asciugati su carta da filtro.

     

    Fonte:  http://classi4webchemi.myblog.it/media/01/01/5253d9d86fb66110e06c23e18934c592.doc

    Autore del testo: non indicato nel documento di origine

     

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