Terraferma il film
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Terraferma il film
Regia: Emanuele Crialese
Sinossi:
In un'isola siciliana abitata da pescatori, rimasta intatta e poco battuta dal turismo, i comportamenti e la mentalità degli isolani sta cominciando a mutare, anche a causa dei continui sbarchi di clandestini. E' qui che si svolgono le vicende della famiglia Puccillo, in cui a dettare le regole è un vecchio di grande autorità, che si intrecciano con quelle di Sara, una donna che arriva dall'Africa insieme al figlio Ernesto di nove anni...
 
 
| Titolo originale: | Terraferma | 
| Nazione: | Italia, Francia | 
| Anno: | 2011 | 
| Genere: | Drammatico | 
| Durata: | 88’ | 
| Regia: | Emanuele Crialese | 
| Soggetto: | Emanuele Crialese | 
| Sceneggiatura : | Emanuele Crialese, Vittorio Moroni | 
| Fotografia: | Fabio Cianchetti | 
| Scenografia: | Paolo Bonfini | 
| Musiche: | Franco Piersanti | 
| Montaggio: | Simona Paggi | 
| Costumi: | Eva Coen | 
| Cast: | Filippo Pucillo, Donatella Finocchiaro, Beppe Fiorello, Timnit T., Martina Codecasa, Filippo Scarafia, Pierpaolo Spollon, Tiziana Lodato, Rubel Tsegay Abraha, Claudio Santamaria | 
| Produzione: | Riccardo Tozzi, Marco Chimenz, Giovanni Stabilini per Cattleya, Rai Cinema e Babe Film, con la Partecipazione di France 2 Cinéma, Canal+, Cinécinéma e il supporto del Centre National Du Cinéma Et De L'image Animée (Cnc) | 
| Distribuzione: | Rai Cinema/01 Distribution | 
| Data di uscita: | 7 settembre 2011 | 
Recensioni
(Filmup.it)
Terraferma
Terraferma è l’approdo a cui mira chi naviga, ma è anche un’isola  saldamente ancorata a tradizioni ferme nel tempo.
  E’ con l’immobilità di questo tempo che deve confrontarsi la  famiglia Pucillo, protagonista del quarto lungometraggio diretto dal romano  classe 1965 Emanuele Crialese, regista di "Once we were strangers"  (1997), "Respiro" (2002) e "Nuovomondo" (2006).
  Famiglia costituita dal settantenne Ernesto interpretato da Mimmo  Cuticchio, che non vorrebbe rottamare il suo peschereccio, dal nipote di  vent’anni Filippo alias Filippo Pucillo, il quale ha perso il padre in mare ed  è sospeso tra il tempo di suo nonno e quello dello zio Nino con il volto di  Beppe Fiorello, che ha smesso di pescare pesci per catturare turisti, e dalla  madre del ragazzo Giulietta.
  Con le fattezze di Donatella Finocchiaro, quest’ultima sente che  il tempo immutabile dell’isola siciliana in cui vivono li ha resi tutti  stranieri e che nel posto non potrà mai esserci un futuro né per lei, né per Filippo,  tanto che per vivere occorrerebbe trovare il coraggio di andare.
  Quindi, con l’entrata in scena di immigrati spinti dalle acque  nelle loro vite, i Pucillo si trovano da un lato ad accoglierli, secondo  l’antica legge del mare, ma dall’altro ad avere a che fare con la nuova legge  dell’uomo, destinata a sconvolgerli facendogli scegliere una nuova rotta.
  Però, quello che sulla carta si presenta quale racconto per  immagini che dovrebbe colpire il cuore dello spettatore tirando in ballo il  tema dell’immigrazione clandestina per parlare degli italiani e del desiderio  di fuga che finisce per accomunarli a chi viene da fuori, rischia in non poche  occasioni di apparire piatto e noioso.
  Infatti, immersi in immagini da depliant turistico, i circa 88  minuti di visione, comunque sostenuti a dovere dal cast, non sembrano in alcun  modo riuscire a generare tensione nonostante l’argomento trattato, oltretutto  penalizzati da uno script – a firma dello stesso Crialese insieme a Vittorio  Moroni – incapace di riservare sorprese.
  Con la risultante di un’operazione sì guardabile, ma che dovrebbe  spingere a riflettere sulle effettive, forse esageratamente lodate doti  dell’autore; tanto più che l’impressione è quella di trovarsi dinanzi ad un  prodotto appositamente confezionato per occupare la prima serata televisiva.
  Come quasi tutti i film italiani d’inizio XXI secolo, del resto.
  
  La frase:
  "Qua clandestini non ne sbarcano più, signori qua ci sono  solo pesci e fondali meravigliosi".
  
  a cura di Francesco Lomuscio
(MyMovies)
”Rigoroso  nella forma e nell'esecuzione, un dramma poetico che risponde alle grandi  domande sul mondo”
  di Marzia Gandolfi    
In un'isola del Mare  Nostrum, Filippo, un ventenne orfano di padre, vive con la madre Giulietta e il  Nonno Ernesto, un vecchio e irriducibile pescatore che pratica la legge del  mare. Durante una battuta di pesca, Filippo ed Ernesto salvano dall'annegamento  una donna incinta e il suo bambino di pochi anni. In barba alla burocrazia e  alla finanza, decidono di prendersi cura di loro, almeno fino a quando non  avranno la forza di provvedere da soli al loro destino. Diviso tra la gestione  di viziati vacanzieri e l'indigenza di una donna in fuga dalla guerra, Filippo  cerca il suo centro e una terra finalmente ferma.
  Terraferma è la terza opera che Emanuele Crialese dedica al mare della  Sicilia in un'instancabile ricerca estetica avviata con Respiro nove  anni prima. Come Conrad, Crialese per raccontare gli uomini sceglie “un  elemento altrettanto inquieto e mutevole”, una visione azzurra ‘ancorata'  questa volta al paesaggio umano e disperato dei profughi. Sopra, sotto e  intorno a un'isola intenzionalmente non identificata, il regista guarda al mare  come luogo di infinite risonanze interiori. Al centro del suo ‘navigare' c'è di  nuovo un nucleo familiare in tensione verso un altrove e oltre quel mare che  invade l'intera superficie dell'inquadratura, riempiendo d'acqua ogni spazio. 
  Dentro quella pura  distesa assoluta e lungo il suo ritmo regolare si muovono ingombranti traghetti  che vomitano turisti ed echi della terraferma, quella a cui anela per sé e per  suo figlio la Giulietta di Donatella Finocchiaro. Perché quel mare ingrato gli  ha annegato il marito e da troppo tempo è avaro di pesci e miracoli. Da quello  stesso mare arriva un giorno una ‘madonna' laica e nera, che il paese di  origine ha ‘spinto' alla fuga e quello ospite rifiuta all'accoglienza. La Sara  di Timnit T. è il soggetto letteralmente ‘nel mezzo', a cui corrisponde con  altrettanta drammaticità la precarietà sociale della famiglia indigena,  costretta su un'isola e dentro un garage per fare posto ai vacanzieri a cui è  devoto, oltre morale e decenza civile, il Nino ‘griffato' (e taroccato) di  Beppe Fiorello. Ma se l'Italia del continente, esemplificata da tre studenti  insofferenti, si dispone a prendere l'ultimo ferryboat per un mondo di falsa  tolleranza dove non ci sono sponde da lambire e approdare, l'Italia arcaica dei  pescatori e del sole bruciante (re)agisce subito con prontezza ai furori freddi  della tragedia. Di quei pescatori il Filippo di Filippo Pucillo è il degno  nipote, impasto di crudeltà e candore, che trova la via per la ‘terraferma'  senza sapere se il mare consumerà la sua ‘nave' e la tempesta l'affonderà. Nel  rigore della forma e dell'esecuzione, Crialese traduce in termini  cinematografici le ferite dell'immigrazione e delle politiche migratorie,  invertendo la rotta ma non il miraggio del transatlantico di Nuovomondo.  Dentro i formati allungati e orizzontali, in cui si colloca il suo mare  silenzioso, Terraferma trova la capacità poetica di rispondere alle  grandi domande sul mondo. Un mondo occupato interamente dal cielo e dal mare,  sfidato dal giovane Filippo per conquistare identità e ‘cittadinanza'.
(Movieplayer.it)
  “Vecchio  mondo” di Francesca Fiorentino 
  Terraferma conferma il talento purissimo di un regista  capace di narrare storie dalla grande forza emotiva, attraverso immagini nitide  e incisive, che senza concessioni ad una banale spettacolarità toccano lo  spettatore nel profondo.
  In mezzo al mare c'è un'isola così piccola  da non essere disegnata su alcuna carta geografica. In questo posto lontano da  tutti vive Filippo, un ventenne che dopo la morte del padre prosegue la  tradizione di famiglia lavorando sulla barca di nonno Ernesto. L'uomo,  pescatore dalla solida moralità, poco comprende i tentativi dell'altro figlio,  Nino, di dedicarsi esclusivamente al turismo, scarrozzando orde fameliche di  spensierati vacanzieri. Il ragazzo vive con tranquillità la sua condizione  'particolare', preoccupato solo dagli atteggiamenti della madre Giulietta,  propensa ad affittare la sua abitazione ai villeggianti, per guadagnare i soldi  che finanzieranno la 'fuga' dal paradiso. Quando Ernesto e Filippo soccorrono  una zattera di migranti durante una battuta di pesca, portando a casa una donna  incinta e l'altro suo figlio, Giulietta mal sopporta quella pericolosa  convivenza forzata. Sconvolto dal primo grande turbamento amoroso della vita e  dal contatto con una tragica realtà che non aveva mai considerato, Filippo non  comprende subito i suoi sentimenti, ma grazie alla più imprevedebile delle  scelte riesce a trovare la sua strada.
  Primo film italiano in concorso al Festival  di Venezia Terraferma di Emanuele Crialese conferma il talento  purissimo di un regista capace di narrare storie dalla grande forza emotiva,  attraverso immagini nitide e incisive. La sua è un'opera che senza concessioni  ad una banale spettacolarità riesce a toccare lo spettatore nel profondo,  trasformando la fredda cronaca di un argomento così delicato, come lo sbarco  dei migranti, in un poetico racconto di formazione. Girato tra mille difficoltà  a Linosa, 250 abitanti e pochi collegamenti con la Sicilia, il lavoro di  Crialese non è (solo) un atto d'accusa contro la strategia del terrore che trasforma  lo straniero in invasore. L'autore capitolino, infatti, rifiuta l'approccio  'politico' in senso stretto per soffermarsi invece su come il contrasto tra  culture diverse, diventato via via scoperta, vera accoglienza, cambi nel  profondo le dinamiche di questo piccolo gruppo sociale. L'isola è il minuscolo  palcoscenico in cui si scontrano due modi opposti di intendere la vita; se i  padri riconoscono solo la legge del mare, che li spinge a tendere sempre la  mano ad un uomo in difficoltà, affrontando ogni eventuale conseguenza di  quell'azione, i figli preferiscono non vedere, cambiare rotta, ignorare quello  che non può essere ignorato, chiudendosi al rapporto con l'altro da sé. Il  regista drammatizza con misura e senza forzature questo conflitto tra vecchio e  nuovo o meglio, tra quello che sembra vecchio e quello che sembra nuovo,  esaltando la forza di ciascun personaggio da ogni primo piano, soprattutto  quando in scena ci sono le figure femminili principali, Giulietta e Sara, due  madri, due donne che non possono ignorare quello che sta accadendo alle loro  esistenze e istintivamente scelgono l'apertura, il rispetto reciproco, anche  grazia alla nascita di una bambina.
  L'arrivo del gruppo di clandestini in questa  isola è quindi la miccia che fa deflagrare tutte le certezze dei protagonisti e  diventa l'occasione per una rielaborazione delle proprie convinzioni. Chi, come  Giulietta, la misurata Donatella Finocchiaro, sogna di viaggiare, di  allontanarsi da quel posto in cui la bellezza della natura non basta più a dare  un senso alla vita, finisce forse per restare, mentre Filippo, interpretato da Filippo  Pucillo, il vertice verso cui tende tutto il racconto, abbandona la sua  quieta immaturità per diventare finalmente grande. In mezzo a questi due  estremi c'è la dignitosa sofferenza di Sara (Timnit T.), la profuga  etiope che conosce perfettamente la sua direzione e la insegue con commovente  ostinazione. Il ventenne poco sa dei rapporti umani e della vita, isolato da  tutto e da tutti, indeciso se seguire la strada del nonno (Mimmo Cuticchio),  vegliardo signore che nella sua testarda distanza dalla modernità riesce a  mantenere accesa la fiamma della vera umanità e quella dello zio Nino (Beppe  Fiorello), desideroso, al contrario del padre, di sembrare al passo con i  tempi, involgarendosi senza rimedio. Sarà un bellissimo bagno notturno, che  svela a noi spettatori un fondale carico di relitti, di storie e identità ormai  arenate, a chiarire le idee di Filippo e a spingerlo sulla rotta giusta. Quella  che porta verso un vero nuovo mondo. Il suo.
Critiche
(Cinematografo)
"E'  un'immagine che resterà impressa per sempre nella memoria emotiva di chiunque  vedrà 'Terraferma' di Emanuele Crialese. È un primo piano: quello in cui  Timnit, profuga africana con una figlia in grembo, ringrazia chi l'ha raccolta  nelle acque del Mediterraneo, salvandola da quella morte in mare a cui la legge  italiana condanna quelli come lei: i dannati della terra. Gli ultimi. I  profughi, gli esuli, i clandestini. Quelli che non hanno nulla da perdere.  Quelli che non hanno niente di niente. Quelli che un Parlamento che anche noi  abbiamo eletto condanna a morte solo perché osano rivendicare anche per sé il  diritto alla vita. Il volto di Timnit emerge dal buio. Nero come il nero che lo  avvolge. Eppure vivido, luminoso, abbagliante. Il suo grazie è poco più che un  sussurro. Un bisbiglio. Ma taglia. Graffia. (...) 'Terraferma' drammatizza un conflitto  etico-giuridico fra l'antica, millenaria legge dei pescatori ('non si lascia  mai nessuno in mare') e la brutalità di una legge come quella italiana che  invece infrange la legge del mare e trasforma chi soccorre e raccoglie un  naufrago senza permesso di soggiorno in un criminale perseguibile per  favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Non è un film a tesi,  'Terraferma'. Non vuole dimostrare nulla. Non credete allo snobismo elitario di  quei critici che hanno arricciato il naso, accusandolo di finire suo malgrado  nell'estetica del barbarico, nell'estetizzazione del folklorico o, ancora,  nella fascinazione del primitivo. Crialese ha in mente il mito piuttosto che il  romanzo. Racconta per blocchi. Non abbisogna di psicologie. Gli bastano i gesti.  A volte opera perfino per allegorie. " (G. Canova, 'Il Fatto  Quotidiano-Saturno', 9/09/2011)
  
  "I pescatori italiani  conoscono la 'legge del mare e molto altro ancora'. Sanno bene che ci sono  'cose che non si possono fare', dentro il Mediterraneo e fuori. Sono stati  infatti costretti a studiare ogni cavillo del diritto internazionale e dei  codici penali tunisini, libici e marocchini visto che per pescare qualcosa  penetrano da decenni clandestinamente, e senza virgolette, in acque  territoriali altrui, dopo che le grandi compagnie di pesca hanno fatto scempio  ormai dei nostri fondali. (...) Per criminalizzare un cittadino come  'clandestino' bisogna prima analizzare la sua richiesta di soggiorno. Ma ha  fatto male, Crialese, a non farcene vedere neppure un'immagine della lotta.  Come mai? La rivolta popolare, Io scontro di piazza è ormai un oggetto tabù, è  antiquariato dell'immaginario? Eppure tutti questi black block vecchietti  avrebbero spinto il buon senso collettivo almeno a decidere di abbassare, e non  di alzare, l'età pensionabile... Ha fatto bene Emanuele Crialese, cineasta, a  spezzare una lancia contro questi orrori morali e illegali e a puntare tutto il  film sulla presa di coscienza e sui conflitti etici di Filippo (l'attore  Filippo Pucillo, che è un po' per lui quel che Ninetto Davoli era per Pasolini  e Harpo Marx per i suoi fratelli), giovane e ingenuo pescatore orfano di padre,  che si sbatte per un futuro part-time da operatore turistico senza licenza,  sopportando pure amici scellerati, donne pavide e un trio di orridi coetanei  del nord in subaffitto, e a includere nella fiaba, ma a forti contenuti  polemici, satirici e realistici, la sua ribellione contro un mondo 'arcaico'  che la crisi sta cancellando ma che si sta arrendendo alla prepotenza dei più  forti, allo sfruttamento schiavistico dei più deboli (qui rappresentati da una  mamma etiope, anche violentata dalle guardie di Gheddafi), alle speculazioni,  al profitto e a un modello di piacere e divertimento piuttosto  miserabile." (Roberto Silvestri, 'Il Manifesto', 6 settembre 2011)
  
  "Tema importante, di quelli che dividono e fanno discutere. Svolgimento  così così: tra realismo magico e svolazzi poetizzanti, un pizzico di Malavoglia  e un copione perso strada facendo. Magari la foto sul manifesto, che è poi la  sequenza più reclamizzata in tv, l'avrete vista. Una barchetta in mezzo al  mare, una folla di gente che si butta in acqua contemporaneamente, a formare  un'immagine suggestiva. (...) 'Terraferma' si propone come una ballata corale,  arsa dal sole e toccata da una pietas che si vorrebbe intensa, emotiva, slegata  dalla cronaca. La fotografia di Fabio Cianchetti è densa, non artefatta; la  musica di Franco Piersanti intonata e non invadente; e gli interpreti,  specialmente i 'locali' Donatella Finocchiaro, Filippo Pucillo, Mimmo Cuticchio  e Giuseppe Fiorello, offrono un timbro veritiero nell'uso del dialetto. E  tuttavia il film, quasi una versione deluxe di 'Sul mare' di Alessandro  D'Alatri, non è proprio risolto sul piano drammaturgico: schematico, a tratti  ideologico, così estetizzante da diventare lezioso. Il regista, romano di  formazione newyorkese, sposa totalmente il punto di vista della famiglia  Pucillo scossa dalle mutazioni sociali, dalla tragedia dell'esodo, dal bisogno  di guadagnare. Così i turisti sono ritratti perlopiù come viziati e  insensibili; il vecchio Ernesto appare come un personaggio epico che  giganteggia sulla mediocrità del figlio avido di guadagni facili; il rapporto  tra le due donne si nutre solo di sguardi e poco di parole. Sfoltire ancora non  era possibile, il film dura solo 88 minuti. Magari bisognava pensarci  prima." (Michele Anselmi, 'Il Riformista', 6 settembre 2011)
  
  "Al quarto lungometraggio, 'Terraferma', Emanuele Crialese tira il fiato.  Capita, è quasi fisiologico. (...) Qui Crialese racconta un sogno ai margini  della globalizzazione, in cui le tragedie rimangono sullo sfondo, anche se lo  spirito anti-leghista e la vecchia legge del mare - per cui i naufraghi vanno  salvati comunque, da dovunque arrivino - hanno una loro nobiltà." (Alberto  Crespi, 'L'Unità', 5 settembre 2011)
  
  "A Emanuele Crialese sono bastati due film, 'Respiro' e 'Nuovomondo', per  proporsi fra gli autori più significativi del cinema italiano di oggi. Ce lo  conferma ampiamente questo suo terzo film, 'Terraferma', ambientato nella  stessa isola di 'Respiro', anche se, in questo caso, il desiderio dei suoi  principali personaggi è di lasciarla per rifarsi una vita in terraferma, luogo  mitico e ad un tempo reale, tramato di sogni ma anche di dati concreti. I  personaggi più coinvolti in questo sogno sono due donne e un ragazzo. (...) Un  film prezioso. Per i suoi climi, ma soprattutto per gli accenti tra favola e  cronaca con cui limpidamente si affrontano e per un senso del cinema -  studiato, meditato - che si realizza sempre all'insegna dello stile. Lo  completa un'interpretazione felice, da Donatella Finocchiaro (Giulietta) a  Filippo Pucillo (Filippo), già incontrato quest'ultimo in occasione di  "Respiro". Un duetto che lascia il segno. Specie si vi si aggiunge l'altra  donna, Timnit T., l'immigrata, un viso dolce da Madonna nera." (Gian Luigi  Rondi, 'Il Tempo', 5 settembre 2011)
  
  "Gli immigrati, grandi protagonisti di questo Festival, si affacceranno  oggi nella prima pellicola italiana in competizione, 'Terraferma' di Emanuele  Crialese che torna a fotografare la Sicilia e il mare dopo 'Respiro' (girato a  Lampedusa) e 'Nuovomondo' (dedicato al dramma della migrazione in America nei  primi del Novecento). Interpretato tra gli altri da Donatella Finocchiaro e  Beppe Fiorello, il film ambientato nell'isoletta di Linosa, tra realtà e mito,  racconta un drammatico sbarco, l'incontro tra un'isolana e una straniera,  ospite inattesa, la dolorosa presa di coscienza del giovane Filippo (Filippo  Pucillo, attore non professionista al suo terzo film con Crialese) che in 20  anni non ha mai lasciato casa, il cinismo di un mondo che chiude gli occhi sul  dramma dell'altro, la tragedia di chi è sopravvissuto rimanendo a galla, il  coraggio di chi rischia la vita per cambiare la propria storia e quello di chi  pensa che prima della crudele legge dell'uomo venga quella antica e  compassionevole del mare." (Alessandra De Luca, 'Avvenire', 4 settembre  2011)
Note
- Produzione realizzata nell'ambito del Programma Sensi Contemporanei, con l'Assessorato del Turismo, dello Sport e dello Spettacolo Regione Siciliana-Servizio cinesicilia-filmcommission. Ha ottenuto il patrocinio dell'alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (unhcr)-ufficio per il Sud Europa.
- Premio Speciale della Giuria e Premio 'Francesco Pasinetti' Alla 68° Mostra Internazionale D'Arte Cinematografica di Venezia (2011). Ha ottenuto anche lLa segnalazione Cinema For Unicef della Giuria Del Leoncino D'oro Agiscuola
Fonte: http://www.liceoazuni.it/attachments/article/202/Terraferma.doc
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