Diritti umani

 

 

 

Diritti umani

 

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Diritti umani

 

I DIRITTI UMANI:

 

L’uomo ha da sempre combattuto per il riconoscimento dei propri diritti. I passi più importanti sono stati fatti negli ultimi due secoli con le costituzioni degli stati liberali e moderni che hanno riconosciuto i diritti naturali e quelli fondamentali.

 I diritti più antichi ed anche più universalmente accettati sono quelli dell’iniziativa economica e privata, della libertà personale, di stampa, di riunione, di uguaglianza formale e di proprietà, ma ora, con la loro attuazione, è più sentita la promozione del valore della persona umana, del diritto di dignità e di uguaglianza tra i due sessi. Essi sono frutto delle discriminazioni di una società fondata sul lavoro, sul reddito e sul tenore di vita che esso comporta.

Questi diritti sono garantiti solo in parte alla popolazione mondiale più agiata che, nella maggioranza dei casi, vive in occidente. Ma anche nel famoso occidente vi sono grandi violazioni: per esempio negli Stati Uniti viene utilizzata la sedia elettrica per punire i condannati a morte ed inoltre risulta che il ventotto percento dei minori  lavora.

A causa di tutto ciò questi diritti sono stati affermati anche in ambito internazio-nale dall’ONU, che, suo malgrado, non ha potere esecutivo e quindi può solamente consigliare vie di governo più giuste che sono seguite da pochi stati. Da questa isti-tuzione e dai cittadini di alcune nazioni sono state create organizzazioni (ONU, FAO, OIL, Amnesty International, ecc.) che operano attivamente in questi ambiti e che fino ad ora hanno promosso, soprattutto tra gli anni ’80 e ’90, delle manifestazioni mondiali per favorire la sensibilizzazione riguardo alla tematica dei diritti per mezzo dell’istru-zione. Questi impegni hanno avuto successo e la maggior parte delle persone è stata sensibilizzata su questi argomenti, anche se nulla è ancora stato portato a termine. I punti deboli di queste manifestazioni sono che vengono promosse dagli stati più ricchi, quindi la diffusione è quasi solo in occidente, e che questi progetti sono stati effettuati senza motivazioni, solo per tornaconto personale.

Nella società in cui viviamo, basata sul denaro e sul progresso, esisteranno sempre difficoltà nell’applicazione dei diritti umani. Il fondamento della nostra comunità porta ad avere grosse disuguaglianze tra popolo e popolo, persona e persona, i ricchi saranno sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri, per cui l’uguaglianza sociale è un obiettivo quasi irraggiungibile. Da ciò nascono appunto le violazioni dei diritti umani.

Per quanto riguarda la donna sarà assai duro riuscire a modificare la sua condizione di inferiorità nei confronti dell’uomo, infatti, la tendenza della femmina a dare più importanza ai rapporti personali e domestici, non le permette di impegnarsi con tutte le sue energie nel lavoro e quindi di affermarsi in una società fondata sul profitto. Sicuramente le differenze tra i due sessi si sono molto ridimensionate ma a causa di questa predisposizione della donna sarà molto difficile annullarle. L’integrazione dei disabili potrebbe essere l’obiettivo più prossimo da raggiungere, in quanto anziché rinchiuderli in centri specializzati, sarebbe più opportuno far loro frequentare corsi mirati alla loro integrazione nel mondo del lavoro, cercando di alleviare le loro menomazioni. Con il sistema attuale, l’eliminazione delle differenze riguardo al tenore di vita è troppo lontana e con questo anche quella del lavoro minorile. Infatti, una famiglia che vive in un paese ricco diventerà sempre più ricca e non avrà mai bisogno di mandare i figli a lavorare, una famiglia che vive in una nazione povera sarà sempre più povera e sarà costretta a far lavorare, già dalla tenera età, la propria prole.

La constatazione delle gravi ingiustizie presenti ovunque non deve far pensare che le cose non possono cambiare.

Nel nostro piccolo abbiamo l’obbligo di renderci conto che tutti noi possiamo essere in grado di accettare le diversità senza sospetti e tenere un comportamento il più possibile leale e onesto nei confronti degli eventi che ci accadono ed in particolare che dobbiamo imparare a considerare e rispettare la dignità delle persone che ci stanno accanto.

 

 

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

1. Premessa

1.1 Il 10 dicembre 1998 è il 50° anniversario della proclamazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani da parte dell’ONU: un documento di portata storica per l’umanità.

1.2 La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è il documento basilare di Amnesty International, impegnata dal 1961 nella difesa e nella promozione dei diritti umani in tutto il mondo.

1.3 La Dichiarazione Universale, insistendo sulla dignità della persona, afferma i diritti fondamentali, senza i quali non possiamo vivere come esseri umani.
Negare agli esseri umani i loro diritti fondamentali significa preparare uno scenario di sconvolgimenti politici e sociali, di guerra e di conflitto tra gruppi sociali. Lungi dall’essere un’idea astratta per filosofi o giuristi, i diritti umani la vita quotidiana di ciascuno, uomo, donna o bambino che sia.

1.4 Eppure in questi ultimi cinquant’anni siamo stati testimoni di manifestazioni gravissime, contrario allo spirito e alla lettera della Dichiarazione Universale.
Si sono combattute più di 150 guerre con milioni di morti e di rifugiati.
Abbiamo assistito alla barbara soppressione dei più fondamentali diritti dei popoli e delle persone (lo testimoniano, tra l’altro, i rapporti di Amnesty, dal 1961 in poi). Assistiamo alla morte di milioni di persone per fame.

2. La nascita della Dichiarazione Universale

2.1 Alla fine della seconda guerra mondiale ci si guardò indietro con orrore: più grave ancora delle rovine materiali, era il disastro morale, la violenza fatta ai diritti dei singoli e dei popoli interi, causa della perdita di tante vite umane. Lo sterminio degli ebrei ( e di altre minoranze come gli zingari), le esplosioni atomiche costituivano, ciascuno a modo suo, terrificanti dimostrazioni di un inaudito potenziale distruttivo presente nell’umanità.
"Mai più" era allora la consegna: si cercava il massimo di garanzia che la pace e i diritti dei popoli sarebbero stati d’ora innanzi rispettati. In questo spirito fu steso nel 1945 lo Statuto dell’ONU, [vedere B.Conforti, "La Carta delle Nazioni Unite", ECP, Fiesole, 1993; A.Cassese, "I diritti umani nel mondo contemporaneo", Laterza, Bari, 1994 e "Il diritto internazionale nel mondo contemporaneo", il Mulino, Bologna, 1984] il cui preambolo indicava come obiettivo quello di salvare le future generazioni dal flagello della guerra, che per due volte nel corso di questa generazione ha portato indicibili afflizioni all’umanità", e riaffermava "la fede nei diritti fondamentali della persona umana, nell’uguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole".

2.2 Queste parole dello Statuto dell’ONU riflettono il legame indissolubile tra il rispetto dei diritti umani e la sopravvivenza dell’umanità, e questa convinzione sta alla base della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la cui formulazione fu uno dei primi compiti che l’ONU si assunse.
Essa fu approvata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea dell’ONU. Con i suoi 30 articoli, essa doveva costituire "un comune livello, che tutte le nazioni dovevano raggiungere". Fu un evento storico: per la prima volta la comunità internazionale si assumeva la responsabilità della tutela e della promozione di specifici diritti, posti alla base di ogni convivenza.
Così dall’esperienza della violenza poté scaturire una forte e inaudita affermazione della dignità inviolabile dell’uomo.

2.3 La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani godette subito di grande autorità morale, influendo sul lavoro dell’ONU e ispirando trattati internazionali, costituzioni e leggi interne dei singoli stati, e contribuendo il maniera decisiva all’evoluzione del diritto internazionale contemporaneo.
Fu il primo passo verso la realizzazione della "Carta internazionale dei Diritti Umani", attraverso i due accordi internazionali, adottati all’unanimità dall’ONU il 16 dicembre 1966:

  • il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali
  • il Patto internazionale sui diritti civili e politici

Come disse il Nobel per la pace René Cassin, uno dei padri della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, la Dichiarazione stessa era la pala centrale di un trittico ai cui lati dovevano stare i due Patti internazionali.

2.4 Non c’è dubbio che per quanto l’idea generale e la terminologia della Dichiarazione Universale riflettano momenti della storia del pensiero e delle istituzioni politiche dell’Occidente, essa non è riducibile a una espressione di una cultura particolare.
L’autentica universalità della Dichiarazione, nonostante l’inevitabile forma storica limitata del suo linguaggio, consiste nella sua capacità di riflettere istanze fondamentali, riscontrabili in ogni cultura del nord e del sud e nella grandi tradizioni religiose, d’Oriente e d’Occidente, istanze riconducibili all’esigenza di un rispetto e di uno sviluppo integrale della persona.
Essa è il punto di incontro e di raccordo di concezioni diverse dell'uomo e della società, una specie di "decalogo per cinque miliardi di individui", come la chiama Cassese, che ha avuto il merito "...di formulare un concetto unitario e universalmente valido di valori che dovevano essere difesi da tutti gli stati nei loro ordinamenti interni.."
Questa universalità trova la sua verifica nella progressiva ricezione, nella legislazione di paesi di ogni parte del mondo, della Dichiarazione e dei Patti del 1966 e trova conferma nella positiva constatazione che il tema dei diritti umani sta assumendo un ruolo importante nella stessa politica internazionale, nei rapporti tra stati che in altri momenti non ne riconoscevano la centralità o ne davano una interpretazione diversa.

2.4 Lungi dall’essere un documento del passato, la Dichiarazione è universale anche nel tempo: essa può prioettare la sua luce nel futuro di una umanità in cui lo scambio, ma anche lo scontro tra culture potranno essere più frequenti.
Se i conflitti, purtroppo, continueranno a moltiplicarsi (e in particolare i conflitti non spiegabili solo con gli squilibri socio-economici), dobbiamo prevedere al tempo stesso la sempre maggiore attualità dei valori di tolleranza - di uguaglianza nella diversità - contenuti nella Dichiarazione.

3. La struttura della Dichiarazione Universale

3.1 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riconosce due tipi di diritti: i diritti civili e politici, gradualmente affermatisi attraverso la storia del pensioro e delle istituzioni democratiche, e i diritti economico, sociali e culturali, la cui importanza è stata riconosciuta più di recente, nel momento in cui ci si rese conto che senza l’affermazione reale di questi ultimi il godimento dei diritti civili e politici rimaneva puramente formale.
Nella concezione della Dichiarazione Universale i due tipi di diritti, pur ricevendo trattazione separata, sono interdipendenti e indivisibili.

3.1 La Dichiarazione si compone di un preambolo e di 30 articoli che sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona.

La Dichiarazione è stata paragonata da René Cassin in cui ogni sua parte trova una sua precisa collocazione (vedi disegno pag, seguente). Più dettagliatamente:

  • Il preambolo collega il mancato rispetto dei diritti umani agli "atti di barbarie che offendono la coscienza dell'umanità " con chiaro riferimento a quanto successo nella II guerra mondiale (campi di sterminio ecc.), e indica il rispetto di tali diritti, fissati in una concezione comune " ideale da raggiungersi da tutti i popoli e da tutte le nazioni" come unica via per un futuro di pace e di libertà. Per questo motivo il preambolo costituisce la piazza su cui è stato costruito il tempio.
  • Gli artt.1-2 stabiliscono, come principio fondamentale, che "tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti" e rappresentano quindi la base dell’edificio.
  • Gli artt. 3 - 11 fissano diritti e libertà individuali (diritti civili e politici ) e sono la prima colonna del tempio.
  • Gli artt.12 - 17 stabiliscono i diritti dell’individuo nei confronti della comunità in cui egli vive (diritti civili e politici ) e costituiscono la seconda colonna del tempio.
  • Gli artt.18- 21 sanciscono la libertà di pensiero e di associazione ( diritti civili e politici) e formano la terza colonna del tempio.
  • Gli artt.22 -27 enunciano i diritti economici, sociali e culturali, la quarta colonna del tempio.
  • Gli art.28, 29 e 30 danno delle disposizioni che riguardano la realizzazione di questi diritti: l'art. 28 stabilisce che "Ogni individuo ha diritto ad un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa dichiarazione possano essere pienamente realizzati"; l'art.29 prevede invece che possano esistere delle limitazioni nell'esercizio dei diritti e delle libertà per assicurare i diritti degli altri, per soddisfare le esigenze della morale, dell'ordine pubblico e del benessere della comunità democratica. Queste limitazioni sono regolate secondo la legge dei singoli stati. I termini citati dall'art.29 sono piuttosto vaghi e scelte così decisive vengono demandate alle legislazioni dei singoli stati. Per finire l'art.29 stabilisce che l'esercizio delle libertà non deve essere contrario ai fini del-l'Onu; l'art.30 ribadisce questo ultimo concetto che l'esercizio dei diritti non può essere utilizzato per distruggere i diritti e le libertà sanciti dalla Dichiarazione. Ciò vuol dire che non si può esercitare la libertà di pensiero o di associazione per svolgere delle attività che mirino all'instaurazione di un regime liberticida. Questi ultimi articoli formano il frontone del tempio.

Nella Dichiarazione vi è una predominanza di diritti civili e politici rispetto a quelli economici, sociali e culturali. Tuttavia questi diritti sono egualmente importanti ed indispensabili dat che se una delle colonne venisse a mancare, l’intero tempio crollerebbe.


Sviluppo della legislazione internazionale sui diritti umani

1.Premessa

1.1 Il passo successivo alla stesura della Dichiarazione Universale avrebbe dovuto essere l'elaborazione di un accordo giuridico internazionale, vincolante, che enunciasse gli stessi diritti della Dichiarazione; questo almeno secondo le intenzioni della Commissione sui Diritti dell'Uomo. Nel dibattito nell'Assemblea Generale prevalse la volontà di dividere i diritti in due categorie, secondo la visione dei paesi occidentali, diritti civili e politici e diritti economico e sociali. L'Assemblea Generale quindi incaricò la Commissione di elaborare due accordi distinti. Dopo ben 18 anni di lavoro e contrasti le due convenzioni, il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e il Patto internazionale sui diritti civili e politici, vennero approvati dall'Assemblea Generale ed aperti alla ratifica nel 1966. Entrarono in vigore nel 1976. Ci vollero infatti 10 anni perchè 35 paesi, il numero minimo per rendere effettivo il trattato, ratificassero le due Convenzioni.

2. Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali e Patto internazionale sui diritti civili e politici

2.1 Al fine di tradurre i principi della Dichiarazione Universale in strumenti giuridicamente vincolanti vennero adottate le due convenzioni sopra citate. In esse compare il diritto all'autodeterminazione (art.1) che non venne citato nella Dichiarazione Universale ed è identico in entrambe le convenzioni:"1.Tutti i popoli hanno diritto all'autodeterminazione. In virtù di tale diritto essi liberamente stabiliranno il loro assetto politico e liberamente raggiungeranno il loro sviluppo economico sociale e culturale." In nessuno di esse però figura il diritto alla proprietà che pure appariva nella Dichiarazione Universale (art.17), nè il diritto d'asilo o alla nazionalità. Il Patto relativo ai diritti civili e politici stabilisce anche che i paesi che fanno ricorso alla pena di morte ne limitino l'impiego ai crimini più gravi.

2.2 I meccanismi di controllo previsti per il Patto sui diritti civili e politici sono:
1. Esame di rapporti periodici: l'art.28 istituisce un Comitato per i Diritti Umani, composto da 18 membri, che sono eletti per 4 anni. Essi devono possedere requisiti morali ed avere competenza nel campo dei diritti umani. Il Comitato si può riunire sia a New York che a Ginevra. Il Comitato esamina i rapporti che in base all'art.40 gli stati debbono inviare periodicamente, per illustrare le misure adottate per dare piena attuazione agli articoli della Convenzione, i progressi e gli obiettivi raggiunti. Il Comitato può redigere dei commenti che vengono inviati agli stati (e all'ECOSOC) a cui gli stati possono rispondere con commenti ed osservazioni.

2. Controllo attraverso un procedimento di contenzioso: L'art.41 stabilisce che gli stati possono, con dichiarazione, accettare che il Comitato esamini comunicazioni di denuncia da parte di un altro stato su presunte violazioni degli obblighi della Convenzione.
Gli stati che ratificano il protocollo aggiuntivo accettano che il Comitato riceva ed esamini anche comunicazioni individuali di vittime di violazioni di un qualsiasi diritto tra quelli della Convenzione. Se il paese non ha firmato il protocollo il Comitato non può ricevere queste comunicazioni.

Il ricorrente, prima di rivolgersi al Comitato, deve aver esaurito tutti i ricorsi giurisdizionali interni e non deve aver sollevato il medesimo caso innanzi ad un'altra istanza internazionale di tutela dei diritti umani. Il Comitato trasmette le comunicazioni agli stati interessati chiedendo informazioni e che cessi l'abuso. Le informazioni devono prevenire entro 6 mesi. Dopo di che il Comitato redige un rapporto con la ricostruzione del caso, la valutazione dei comportamenti ed eventuali indenizzi, se vi sono stati.

2.3 I meccanismi di controllo per il Patto sui diritti economici, sociali e culturali sono:
1. Invio di rapporti periodici: i paesi si impegnano a stilare dei rapporti sulle misure intraprese per dare piena attuazione al Patto che vengono inviati al Comitato per i diritti economici, sociali e culturali, costituito dall'ECOSOC nel 1985 (prima venivano inviati all'Ecosoc). Il Comitato è formato anch’esso da 18 membri indipendenti e si riunisce a Ginevra.

Non sono previsti ricorsi individuali.

3. Legislazione successiva

3.1 La codificazione dei diritti umani si è sviluppata a partire dagli anni '60. Non tutti i diritti umani hanno però trovato un riconoscimento all'interno delle norme giuridiche internazionali soprattutto per quanto riguarda il diritto allo sviluppo, all'ambiente, alla pace che sono i cosidetti diritti di terza generazione. I diritti umani infatti vengono storicamente divisi in:

  • diritti di prima generazione: che comprende i diritti civili e politici;
  • diritti di seconda generazione: che comprende i diritti economici, sociali e culturali;>
  • diritti di terza generazione: che comprende i diritti all’autodeterminazione, alla pace, allo sviluppo, all’ambiente; essi si configurano più come diritti dei popoli o dell’umanità nel suo complesso più che diritti del singolo come nel caso dei diritti di prima e seconda generazione.

 

I DIRITTI UMANI NELLA COSTITUZIONE

 

Nella Costituzione italiana i diritti umani sono riconosciuti e garantiti principalmente dall’articolo 2:

 

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.

 

I diritti inviolabili dell’uomo sono quelli naturali, e cioè quelli che derivano all’uomo dalla sua natura.

L’affermazione vuole significare che la Repubblica offrirà tutela ai diritti naturali dell’uomo ed impedirà ogni loro violazione.

Degna di rilievo la circostanza che lo Stato non si preoccupa solo della tutela dei diritti dell’uomo come singolo, ma anche di quelli che ad esso spettano nelle formazioni sociali in cui vive ed opera.

Queste formazioni sociali sono soprattutto la famiglia (artt. 29 e segg.), le comunità professionali (art. 39) ed i partiti politici (art. 49).

Questa tutela è una delle caratteristiche più importanti della nostra Costituzione rispetto allo Statuto del 1848, nonché verso le Costituzioni liberali dell’800 che riflettevano la concezione principalmente individualista della Rivoluzione Francese nonostante avesse come suo fondamento la “Declaration des droits de l’homme et du citoyen” (dichiarazione dei diritti umani e                     ) e che ponevano i cittadini isolati di fronte allo Stato togliendo importanza costituzionale alle formazioni sociali e ai gruppi intermedi considerati inutili divisori tra lo Stato ed i cittadini.

La norma ha, viceversa, come base il fatto che l’uomo non vive ma isolato, la opera in comunità più o meno vaste e che non si può riconoscere e garantire pienamente la sua libertà se non cogliendo questo suo aspetto sociale.

Poiché il concetto di diritto è profondamente collegato con quello di obbligo, a riconoscimento dei diritti naturali dell’uomo sia come singolo, sia soprattutto come appartenente alla comunità, fa riscontro la riaffermazione che ad esso fanno capo dei doveri naturali, e precisamente quello della solidarietà nel campo politico, economico e sociale.

Oltre agli evidenti significati della natura dei diritti inviolabili suddetti si pone il problema della loro identificazione. A questo proposito, particolarmente nella giurisprudenza costituzionale, i diritti inviolabili sono quelli successivamente e specificamente riconosciuti dalla Costituzione, a cui si devono aggiungere quelli recepiti nel nostro ordinamento in osservanza di obblighi internazionali, come ad esempio la convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (L. 4 agosto 1955, n° 848).

La questione poi se essi siano posti tutti sullo stesso piano o se, al contrario, siano elencati in una scala gerarchica sembra più corretto risolverla in quest’ultimo modo.

Infatti, quando il rispettivo esercizio dei diritti inviolabili venga in conflitto (ad es. diritto di stampa e diritti relativi all’incolumità fisica) la soluzione del conflitto dovrebbe avvenire a vantaggio dei beni e degli attributi fondamentali della persona umana e, principalmente, della libertà personale.

 

A tal proposito va citato anche l’articolo 3:

 

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

 

In primo luogo si deve dire che la parola “cittadini” è intesa in modo ampio, è cioè riferita a tutti gli uomini e non solo ai cittadini italiani.

Come la maggior parte delle Costituzioni contemporanee, l’art. 3 della nostra Costituzione, proclama solennemente il principio di uguaglianza, ispirandosi così ad un comune senso di giustizia sociale proprio dell’epoca in cui viviamo.

Questo principio si divide in due parti: nella prima si attribuisce genericamente ad ogni “cittadino” pari dignità sociale, intesa come parità di trattamento davanti alla legge (uguaglianza formale), mentre nella seconda si impone più specificatamente di rimuovere gli impedimenti e di operare sulle situazioni che impediscono l’effettivo godimenti dei diritti (uguaglianza sostanziale).

Il significato del principio dell’uguaglianza formale non è che il contenuto delle leggi debba essere uguale per tutti i cittadini, ma solo quello di porre un divieto al legislatore ordinario di sancire una qualsiasi disuguaglianza di trattamento in riferimento al sesso, alla razza, alla lingua, alla religione, alle opinioni politiche, alle condizioni personali e sociali.

Il significato di queste espressioni sta ad indicare che né il sesso, né la lingua, né le condizioni sociali (vale a dire l'appartenenza all'una o all'altra classe sociale) devono assumere una rilevanza positiva o negativa nelle leggi ordinarie, ne essere assunti quali criteri validi per una diversa disciplina da parte di esse.

Più specificamente a proposito di una diversa disciplina (da parte della giurisprudenza costituzionale) al legislatore, allorché si conforma agli svariati aspetti della vita sociale, non é un divieto prevedere diversità di trattamento per valutare situazioni considerate diverse, quando ciò, nei limiti imposti dalla prima parte dell'art. 3 cost., sia fatto per categoria di destinatari (legge astratta) e non ad personam (legge del caso concreto).

II concetto fondamentale a cui si ispira il primo comma è che il nostro ordinamento non ammette che sia possibile distinguere, per nessun motivo, fra cittadino e cittadino, sia per quanto attiene alla loro dignità sociale, sia per quanto attiene alla loro posizione di eguaglianza di fronte alla legge.

Dire che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale significa che non sono ammesse distinzioni, per cui ad un cittadino spettino certe prerogative onorifiche, o comunque una posizione sociale che non viene riconosciuta agli altri. Un'attuazione di questo principio si trova nella XIV delle Disposizioni transitorie e finali, che sopprime le distinzioni nobiliari.

Dire che tutti i cittadini sono eguali di fronte alla legge significa che i diritti e gli obblighi sanciti da questa si applicano a tutti indistintamente, senza che vi sia possibilità di discriminazione alcuna.

A questo proposito il testo costituzionale si preoccupa di aggiungere che non possono avere rilievo nel nostro ordinamento alcune cause che, in passato o in altri ordinamenti, sono state prese in considerazione per collegarvi diritti ed obblighi diversi.

L 'avere dichiarato che tutte queste distinzioni non possono avere nel nostro ordinamento alcun rilievo ha avuto come conseguenza la caduta di leggi le quali prevedevano un trattamento della donna diverso da quello dell'uomo e la escludevano dall'accesso a determinati uffici pubblici (per es. la magistratura).

Se in futuro venissero emanate leggi che dessero rilievo giuridico ad una delle cause di distinzione sopra elencate, sarebbe incostituzionale e sarebbe possibile ricorrere contro di essa alla Corte costituzionale ai sensi dell'art. 138.

Per quanto riguarda l'attuazione del principio di eguaglianza sostanziale ad esso si provvede con la rimozione di quegli aspetti della vita economica e sociale che, in linea di fatto, ostacolano il pieno sviluppo della personalità del singolo e la sua partecipazione effettiva al godimento dei diritti.

Il secondo comma parte dalla considerazione che le affermazioni di libertà e di eguaglianza contenute nelle costituzioni del secolo scorso non sono servite a creare nel popolo quella coscienza politica che è indispensabile al funzionamento di un regime democratico. Perché ciò sia possibile occorre che i principi di libertà ed eguaglianza acquistino un valore sostanziale e non soltanto formale e siano rimossi quegli ostacoli di ordine economico e sociale che, in pratica, continuano a creare le disuguaglianze abolite dal diritto. La norma in esame ha perciò un evidente carattere programmatico e ad essa si collegano alcune delle norme contenute nel Titolo terzo, soprattutto quelle degli art. 44, 45, 46 e 47.

 

 

 

Fonte: http://digilander.libero.it/spazio_zuccari/finitoDirittoUniversale.doc

Autore del testo: M. Donati 

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Diritti umani

Dichiarazione Universale dei Diritti Umani

Unione Europea & Onu

 



Il 10 dicembre 1948, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite proclamava la Dichiarazione universale dei diritti umani. Per la prima volta nella storia dell’umanità, era stato prodotto un documento che riguardava tutte le persone del mondo, senza distinzioni. Per la prima volta veniva scritto che esistono diritti di cui ogni essere umano deve poter godere per la sola ragione di essere al mondo. Eppure la Dichiarazione è ancora disattesa, perché ancora troppo sconosciuta. Tra gli scopi di Amnesty International, c’è quello di renderne noti la storia e i contenuti, con tutti i mezzi possibili.



ARTICOLO 1

Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

 

 

ARTICOLO 3

 

Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona.

 

ARTICOLO 4

Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma

                                

 

 

 

I diritti umani nell'Unione europea                                                                             

(Carta dei diritti fondamentali approvata dal Parlamento europeo il 14 novembre 2000)

 

La Carta riafferma, nel rispetto delle competenze e dei compiti della Comunità e dell'Unione, i diritti derivanti in particolare:

  • dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali comuni agli Stati membri
  • dal trattato sull'Unione europea e dai trattati comunitari
  • dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali
  • dalle carte sociali adottate dalla Comunità e dal Consiglio d'Europa
  • dai diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee
  • da quella della Corte europea dei diritti dell'uomo.

 

 

 

 

 

 

La Convenzione:

L'articolo 5 della quarta Convenzione di Lomé fa riferimento a tre principi su cui si basano i rapporti UE-ACP, ovvero "il rispetto dei diritti dell'Uomo, dei principi democratici e dello stato di diritto", la Commissione afferma che "i diritti dell'Uomo sono universali, indivisibili e interdipendenti.

            Essi devono essere rispettati e promossi nella loro globalità, sia che si tratti di diritti civili e politici che di diritti economici, sociali e culturali.

Essi formano oggetto di convenzioni e strumenti internazionali regionali che costituiscono un quadro giuridico riconosciuto a livello internazionale. Gli impegni previsti da questi strumenti sono stati ribaditi dagli stati partecipanti nell'ambito della conclusioni della Conferenza ONU di Vienna sui diritti dell'Uomo (1993)".

 

 

 

 

 

L'educazione alla pace e ai diritti umani è, essenzialmente, educazione all'azione concreta, quotidiana, realizzata con metodo interdisciplinare e in ottica internazionalistica. Essa deve aiutare le persone, in particolare i ragazzi e i giovani, a vivere consapevolmente l'era dell'interdipendenza planetaria, che esige profonde trasformazioni psicologiche e culturali, oltre che politiche, economiche e istituzionali.

Tra i più importanti diritti garantiti dalla Convenzione, secondo il testo della stessa, così come modificato da taluni Protocolli aggiuntivi ed integrato da altri quattro Protocolli dotati di autonomo rilievo, possiamo ricordare, a titolo meramente esemplificativo:

  • il diritto alla vita,
  • il diritto alla libertà e sicurezza personale,
  • il diritto ad un ricorso effettivo innanzi all'autorità giudiziaria,
  • il diritto ad un equa amministrazione della giustizia,
  • il diritto alla libertà di pensiero e di opinione, di riunione e di associazione,
  • come pure tutti gli altri diritti già rinvenibili nell'ordito delle dichiarazioni di epoca illuministica, così come riprese nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.

 

 

 

 

 

"Dobbiamo portare le Nazioni Unite più vicine alla gente"

L’intensa e costante partecipazione dell’ITALIA ai vari settori di attività delle Nazioni Unite ha sempre costituito una componente fondamentale della sua politica estera. L’azione dell’Italia è significativa in tutte le aree principali dell’Organizzazione: mantenimento della pace; cooperazione allo sviluppo economico e assistenza umanitaria; promozione dello sviluppo sociale, con particolare riguardo alla tutela dei diritti umani; cooperazione culturale e scientifica.

 

“Non crediamo che i Diritti Umani non siano solo una questione giuridica ma la giusta aspirazione dei popoli.”


 

 


 


"FARO' TUTTO CIO'                                                                   
CHE E' IN MIO POTERE
AFFINCHE' I PRINCIPI
CONTENUTI NELLA
DICHIARAZIONE UNIVERSALE
DEI DIRITTI UMANI           
DIVENTINO REALTA'

IN TUTTO IL MONDO"

 

 

Migliaia di persone in tutto il mondo hanno sottoscritto questo appello.
Le firme sono state raccolte sul Più Grande Libro del Mondo: un libro di firme che chiedono il rispetto della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Primo firmatario: Nelson Mandela. Le firme raccolte sono state consegnate al Segretario Generale dell'ONU il 10-12-1998 a Parigi


                                                                   

 

Sitografia:

http://www.amnesty.it/edu/dudu/

http://www.studiperlapace.it/documentazione/dichuniversale.html

http://membres.lycos.fr/annuariocattolico/sosmirror/


Sitogafia:

http://www.amnesty.it/edu/dudu/

http://www.studiperlapace.it/documentazione/dichuniversale.html

 

 

Fonte: http://digilander.libero.it/spazio_zuccari/JeyDirittiUmani.doc

Autore del testo: Preioni J.

Parola chiave google : Diritti umani tipo file : doc

 

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