Diritto dell' UE unione europea appunti

 

 

 

Diritto dell' UE unione europea appunti

 

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Diritto dell' UE unione europea appunti

 

DIRITTO DELL’UE – ISTITUZIONALE.

 

Tratteremo alcune delle politiche della CE: parte sostanziale.

Parleremo di :

1.- Mercato comune, le 4 libertà fondamentali.

2.- Concorrenza.

3.- PESC.

4.- Altre materie: PAC, libertà intellettuale, ecc.

 

INTRODUZIONE:

- CE, UE: per un certo verso sono organizzazioni internazionali.

Ma per un certo verso sono diverse dalle organizzazioni internazionali: c’è stato un processo di integrazione più forte. Perciò c’è una maggiore incisività delle politiche dell’UE.

 

UE: organizzazione internazionale che ricomprende le Comunità Europee, e gli altri 2 pilastri (PESC e GAI).

IL ruolo delle istituzioni cambia tra un pilastro e l’altro.

  • Pilastro comunitario: gli stati hanno rinunciato in maniera più estesa alla propria sovranità. Maggiore ruolo delle istituzioni che funzionano con un meccanismo sopranazionale.
  • GAI, ma soprattutto PESC:  è più forte il ruolo delle istituzioni intergovernative.

 

Partiremo con l’analisi della CE  e, in particolare, delle politiche del mercato interno.

 

MERCATO INTERNO:

“Mercato unico”: quando esiste un sistema di scambio di servizi e beni aperto.

Libera circolazione di beni e fattori.

Obiettivo principale della CE: mercato unico.

Il mercato unico deve essere raggiunto attraverso la libera circolazione di 4 fattori: merci, servizi, capitali, persone.

Queste sono le 4 libertà (economiche) fondamentali.

Al momento della creazione della CEE non si sapeva dove si sarebbe arrivati e si pensava solo a queste 4 libertà economiche. Si pensava che ciò sarebbe stato sufficiente. Solo in seguito si è iniziato a pensare che era necessario introdurre altre libertà, non solo economiche.

Mercato unico europeo, come unione doganale:

abolizione degli ostacoli che impedivano la circolazione dei 4 fattori tra i paesi membri.

Tariffa doganale unica con il resto del mondo.

Un mercato unico è perciò più intenso di una FTA.

Per raggiungere l’obiettivo del mercato unico si sono dovuti fare moltissimi interventi.

 

Interventi per implementare il mercato unico: abolizione dazi, EE, ecc.

Il trattato dice, all’attuale art. 23 del Trattato, che è necessario abolire i dazi doganali e le tariffe o altre misure di effetto equivalente alle tariffe (MEE), che possono ostacolare il libero scambio. Inoltre, è necessario avere una tariffa esterna comune.

 

Misure con effetto equivalente: controlli alle dogane per verificare standard sanitari o fitosanitari, ecc. Parecchi interventi della giurisprudenza a riguardo.

Le MEE sono diverse dalle barriere commerciali, ma possono avere effetti analoghi.

La regola generale è che non ci sono discriminazioni tra beni nazionali e esterni. Le uniche discriminazioni sono per tutelare interessi legittimi di uno stato.

Problema connesso: fissazione di tributi interni.

I beni esterni sono soggetti alla tassazione interna. L’art. 90 afferma però che questa tassazione non deve impedire la libera circolazione delle merci. Perciò non è possibile una tassazione diversa per i prodotti esteri.

Vediamo anche qui che non si deve discriminare. Due beni succedanei, uno dei quali è straniero, non possono essere soggetti a tassazione diversa.

 

Cosa succede se uno stato continua a mantenere dazi o MEE?

Diverse conseguenze:

  • Responsabilità dello stato, in quanto non fa ciò che il trattato gli impone, cioè l’abolizione delle barriere commerciali:
  • Procedura di infrazione: iniziata dalla C. Me. La Corte di Giustizia può ritenere responsabile lo stato.
  • Intervento degli altri stati.
  • Intervento indiretto da parte dei soggetti privati, che possono ricorrere al giudice nazionale, il quale può fare un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
  • Eccezione: norme self executing, direttamente efficaci negli ordinamenti interni. In questo caso il giudice può affermare subito l’invalidità della norma, senza ricorrere alla Corte di Giustizia. Infatti, un rinvio pregiudiziale è fatto solo per questioni di interpretazione.
    • Perciò, se c’è una violazione, possono intervenire sia il giudice comunitario, sia i giudici nazionali. Comunque è stato più incisivo il ruolo della Corte di Giustizia.

 

Lo smantellamento delle barriere commerciali è stato un processo lento.

 

LE NORME CHE REGOLANO LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI:

Art. 28 (libera circolazione) e art. 30 (eccezioni alla libera circolazione di merci).

Originariamente l’art. chiave della questione era l’art. 30 (libera circolazione) e 36 (eccezioni). Con Amsterdam nuova rinumerazione: 30 à 28,  36 à 30.

Anche altri articoli: 29.

 

L’ARTICOLO 28 (ex 30):

Vengono colpite sia le restrizioni quantitative sia le restrizioni di effetto equivalente. Queste misure sono vietate.

Principio base per la libera circolazione di merci: non discriminazione.

Misure di effetto equivalente: non devono ostacolare la libera circolazione.

Esempio: se ogni paese decidesse gli standard di un determinato bene (lampadine), avremmo 25 standard diversi. E questo vanificherebbe il raggiungimento di un mercato unico, anche se venissero tolte tutte le barriere tariffarie.

Tensione tra armonizzazione positiva e negativa.

Armonizzazione tra le normative nazionali. Ciò è possibile solo attraverso una nuova normativa a livello comunitario. Armonizzazione positiva.

Armonizzazione negativa: fatta della giurisprudenza della Corte di Giustizia.

 

Riprendiamo il filo dell’articolo 28:

Misure di effetto equivalente: non hanno l’obiettivo di ostacolare il mercato, ma spesso finiscono per farlo.

Meccanismo dell’efficacia diretta.

 

ARMONIZZAZIONE POSITIVA E NEGATIVA:

Il fatto di aver fissato un mercato interno richiedeva una serie di tecniche di armonizzazione del mercato:

  • Armonizzazione positiva.
  • Armonizzazione negativa.

 

Armonizzazione positiva: intervento delle istituzioni. Che, nei limiti delle loro competenze, cercano di armonizzare le normative nazionali.

Esempio:

diversi standard nazionali sulla produzione di lampadine.

Intervento comunitario, che ha l’obiettivo di armonizzare le normative nazionali, attraverso la fissazione di standard comuni.

 

Armonizzazione negativa: è una tecnica di tipo giurisprudenziale, che avviene tramite le sentenze. La Corte ha preso atto delle differenze delle normative nazionali. Ma questa differenza, secondo la Corte, non deve limitare la circolazione delle merci. Secondo la Corte (almeno inizialmente) uno stato poteva imporre ai produttori nazionali gli standard da lui prefissati. Ma tali standard, non andavano applicati ai produttori esteri, salvo le eccezioni del nuovo art. 30. Stesso risultato di prima, ma con mezzi diversi.

 

Problema armonizzazione negativa: alcune divergenze tra i paesi continuano a rimanere.

Problema armonizzazione positiva: se si fissano degli standard (solo pasta di grano duro, p.es.), si creano delle distorsioni.

 

Norma originaria sull’armonizzazione positiva: le disposizioni del Consiglio dei Ministri avveniva all’unanimità. Grosso problema per l’armonizzazione: si doveva trovare un compromesso tra gli stati membri.

Cambiamento con l’A.U.E. del 1986: armonizzazione a maggioranza qualificata. Art. 95.

Per i primi decenni della CE, proprio per la questione dell’unanimità, c’è stata una forte armonizzazione negativa.

Nel periodo successivo all’AUE, si rinforza l’armonizzazione positiva.

 

Art. 95:

Il CdM, tramite la codecisione, adotta gli atti per l’armonizzazione del mercato.

Le delibere avvengono a maggioranze qualificata.

Maggiore ruolo del Parlamento: se il Parlamento non è d’accordo con il CdM, l’atto non può essere adottato.

Dopo l’AUE: l’intervento normativo sull’armonizzazione del mercato unico è fortemente aumentato. Tuttavia è rimasta l’armonizzazione negativa. Il sistema precedente non è stato revisionato.

C’è un impatto provocato dal principio di sussidiarietà (art. 5) su questa questione?

 

Principio di Sussidiarietà: principio di allocazione delle competenze flessibile. Se l’intervento nazionale è insufficiente, interviene la CE.

Quando la Commissione fa una proposta, secondo il principio di sussidiarietà, deve motivare i suoi interventi di armonizzazione positiva, mostrando che è meglio l’intervento comunitario.

 

Mercato interno: non ha una struttura ben definita. Ha una struttura che tende ad espandersi. Molti interventi che non sembrano legati al mercato, in realtà lo sono. Questo sarà più chiaro dopo, con l’analisi delle sentenze.

Il trattato, a seconda della materia, dice quale è la procedura decisionale da adottare. Questa è la base giuridica.

Questo riguarda anche l’art. 95.

Se non si sta attenti, qualsiasi cosa rientra nell’art. 95. Bisogna mettere ei limiti.

 

Caso del 2000:

caso sulla pubblicità sul fumo. L’idea era di limitare questa pubblicità.

Venne emanata una direttiva sulla base giuridica dell’art. 95.

La Corte, richiamata dalla Germania, invalidò la direttiva perché emanata su una base giuridica erronea.

La direttiva venne emanata per questioni di salute e non di mercato interno. Questo è uno dei limiti imposti, di cui si diceva poco fa.

 

Se si afferma che il mercato interno riguardi qualsiasi cosa riguardi la circolazione di merci e fattori si rischia che qualsiasi intervento faccia riferimento all’art. 95. Sono necessari dei limiti.

 

L’ARTICOLO 30 (ex 36):

Eccezioni che gli stati possono opporre alla libera circolazione delle merci.

Regola generale: libera circolazione, art. 28 e 29.

Eccezioni all’art. 28 e 29 à 30.

L’art. 30 elenca quando si possono sollevare queste eccezioni. Elenca una serie di casi. Questo elenco è tassativo, non si possono trovare altri casi. Inoltre, la Corte ha interpretato questo articolo in maniera restrittiva.

Uno stato può sollevare un’eccezione. Ma è la Corte ad avere l’ultima parola sulla legittimità di queste eccezioni.

L’art. 30 afferma inoltre che le eccezioni non devono limitare la libera circolazione di meci e non devono discriminare.

Esempio: caso dei tacchini francesi importati in GB. Caso davanti alla Corte.

 

Principio di proporzionalità, sancito nell’ultima parte dell’art. 30.

Una normativa nazionale può perseguire i proprio obiettivi legittimi, ma lo può fare solo con mezzi proporzionali per raggiungere l’obiettivo. Vale a dire che il perseguimento degli obiettivi legittimi devono limitare il meno possibile la libera circolazione delle merci.

Esempio: se agli italiani non piace la pasta di grano tenero, o dovrà essere un sistema di etichettatura, ma non altre barriere più forti.

Si pensava che l’elenco di eccezioni dell’art. 30 fosse un elenco chiuso, tassativo. Tuttavia, la Corte ha esteso l’elenco: ad esempio, in alcune sentenze, la Corte ha parlato della possibilità di opporre eccezioni per tutelare il consumatore. Tale eccezione non è prevista dall’art. 30.

Nonostante ciò, la Corte ha avuto un atteggiamento restrittivo per quanto riguarda la legittimità delle eccezioni.

 

Il divieto di misure di effetto equivalente e le sue eccezioni: LETTURA DEI CASI.

Le decisioni della Corte hanno avuto delle linee di tendenza, ma non sono sempre state coerenti nel tempo. La giurisprudenza è cambiata, anche perché è cambiato il contesto.

 

1.- Sentenza 11/7/1974: il caso Dassonville.

Caso importante: rinvio pregiudiziale e non procedura per infrazione.

Il caso riguarda l’importazione di whisky scozzese in Belgio, dalla Francia.

3 sistemi giuridici nazionali, che divergevano: il whisky era stato legittimamente acquistato dalla Francia in Gran Bretagna. Un importante belga importò dalla Francia il whisky della Gb. Per importare il whisky in Francia non occorreva un certificato d’origine. Per importarlo in Belgio sì.

Non si sarebbe perciò potuto importare la bevanda in Belgio. Questa à perciò una misura di effetto equivalente (TEE) ad una restrizione quantitativa, vietata ai sensi dell’art. 30 del Trattato CEE?

È molto probabile che la legislazione belga non volesse proteggere il mercato e i produttori belgi dall’importazione di whisky. Il Belgio non produce whisky.

La legislazione belga voleva solo garantire la conoscenza della provenienza del prodotto.

Tuttavia, non era più possibile ottenere tale certificato dall’esportatore belga.

Effetto finale: MEE.

Punto 5 della sentenza: interpretazione importante dell’art. 30: “ogni  normativa commerciale degli stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari va considerata come una MEE a restrizioni quantitative.”

La Corte afferma che se le norme nazionali non vogliono creare ostacoli alla circolazione, ma di fatto le cercano, verranno considerate come TEE.

(lettura estensiva dell’art. 30).

Lettura molto intrusiva nelle competenze nazionali.

 

Sentenza 20/2/1979: caso Cassis de Dijon.

Diversi aspetti importanti riguardo l’interpretazione degli art. 30 e 36 (vecchia numerazione).

Art. 36: eccezioni all’art. 30.

L’interpretazione dell’art. 36 è che l’elenco è un elenco tassativo e completo. Questo in linea teorica.

In questo caso, al punto 8, vediamo un modo di agire diverso della Corte.

La Corte ha ampliato l’ampiezza delle eccezioni dell’art. 36.

Nell’elenco qui proposto dalla Corte ci sono nuove categorie di eccezioni: qui rileva la difesa dei consumatori.

La Corte dice che è legittimo che uno stato adotti regole per tutelare i consumatori, ma lo dee fare secondo il PRINCIPIO DELLA PROPORZIONALITA’.

Secondo la Corte, uno stato può adottare tutti i provvedimenti che vuole per tutelare i consumatori, ma lo può fare solo per le questioni interne. Diverso è il caso per le questioni infracomunitarie.

L’interesse di tutela del consumatore, secondo il principio di proporzionalità, deve essere tutelato con mezzi adeguati ai risultati. Non bassa sollevare un interesse legittimo. Tale interesse va tutelato con mezzi proporzionali.

In questo caso la Germania non poteva vietare l’importazione della bevanda alcolica in questione. Avrebbe dovuto prevedere un sistema di etichettatura incisivo per fare vedere la gradazione alcolica della bevanda.

Questa soluzione è stato adottata della Corte in moltissimi casi.

Secondo la corte:

  • è necessario vedere se ci sono interessi nazionali legittimi di tutela.
  • Vedere se questi interessi sono tutelati con mezzi proporzionali.

Qui non ha senso dire che la Germania doveva ostacolare l’importazione della bevanda. Ha senso tutelare il consumatore con un sistema di etichettature.

Casi della birra (12/3/1987) e della pasta /14/7/1988) successivi, risolti in maniera analoga.

NB: la Corte qui apre la lista di eccezioni dell’art. 36.

Problema sollevato da alcuni: se non c’è armonizzazione delle norme nazionali, sono gli stati ad avere la facoltà di decidere. Cfr. punto 14:

 

Principio di Mutuo Riconoscimento: la Corte riconosce tutte le regole nazionali come legittime. Se un prodotto di un paese è prodotto secondo gli standard di quel paese, è legittimato a poter essere commerciato in tutta la CEE. Le diverse normative non possono essere un ostacolo alla libera circolazione delle merci. È un esempio di armonizzazione.

 

Problema della discriminazione alla rovescia: si rischia che vengano discriminati i produttori nazionali, ai quali è applicata una normativa non applicata ai produttori esteri.

Questo è un caso che riguarda gli stati membri, e non la CEE. La Corte non se ne occupa. È il legislatore a dovere risolvere la questione.

 

Ricapitoliamo i punti importanti della sentenza.

1.- estensione delle eccezioni dell’art. 36.

2.- principio della proporzionalità.

3.- principio del mutuo riconoscimento.

 

Sentenza 14 luglio 1981: divieto di lavoro notturno.

Normativa tedesca: divieto di lavoro notturno nelle panetterie e nelle pasticcerie, anche per quanto riguarda il trasporto.

Questa cosa può limitare l’importazione e l’esportazione del settore.

Punto 12: secondo la Corte il divieto di lavorare prima delle 4 a.m. è una legittima scelta di politica economica e sociale.

Si vede la portata estensiva dell’art. 30 del Trattato: andrebbe a colpire moltissimi aspetti della vita di uno Stato.

Bisogna trovare dei limiti all’applicazione di questo articolo. È per questo che la Corte, in questo caso, dice che la normativa in questione fa parte di politica economica e sociale. Perciò non è prerogativa comunitaria stabilire la validità di questa normativa nazionale.

Non è però sempre facile trovare questo limite.

 

Sentenza 14/7/1983: caso Sandoz.

Governo olandese: vietava l’importazione di alimenti con un’aggiunta di vitamine, se non c’era un’autorizzazione apposita, poiché potenzialmente nocivi per la salute.

Problema: non esiste una prova scientifica sulla dannosità dei prodotti in questione.

Se non c’è uno standard scientifico, è bene che gli stati definiscano i parametri per tutelare la salute. Questo anche a rischio di creare MEE. Se c’è un possibile danno alla salute (comunque non dimostrato scientificamente) è legittimo che uno stato definisca gli standard che preferisce.

Deve valere comunque il principio di proporzionalità.

 

Sentenza 11/7/1985: caso Cinéthèque.

La Corte ha cercato di definire gli interessi che gli stati possono opporre come MEE.

Secondo la Corte, la norma francese non era discriminatoria, ma poteva essere una MEE. Tali misure sono legittimate dall’art. 36?

Punto 21: la norma in questione può rientrare nell’art. 30.

Punto 24: Secondo la Corte, se la norma in questione è applicata sia alle merci straniere che nazionali e perciò non è discriminatoria, non siamo nell’ambito dell’art. 30 e non siamo in presenza di MEE. Perciò, la norma nazionale francese, che impedisce la circolazione di videocassette se non è trascorso un anno dell’uscita del film nei cinema, è valida. Questo anche se tale normativa differisce (per il limite del tempo di un anno) dalle normative di altri stati.

Non si applica l’art. 30, la norma non è una MEE: la norma è valida.

In questa sentenza c’è perciò stato un cambio di argomentazione rispetto al solito.

In genere si guardava all’esistenza di una MEE vietata ai sensi dell’art. 30.

In seguito si guardava se tale misura era legittimata dall’art. 36.

Questo nuovo schema è stato applicato anche in altre sentenze.

La Corte ha detto che l’atto in questione non è accostabile alla disciplina dell’art. 30 e perciò non ha presso nemmeno in considerazione l’art. 36.

 

Sentenza 12/3/1987: il “caso della birra”: Commissione c. Germania:

I fatti non si discostano di troppo dal caso “Cassis de Dijon”, trattato in precedenza.

Legge tedesca: prevede delle modalità particolari per la produzione di birra. La legge affermava anche che non era possibile commercializzare birre prodotte in altra maniera.

La Corte richiama la sentenza sul Cassis de Dijon a ragione nella stessa maniera.

Inoltre, secondo la Corte, è importante tutelare il consumatore, ma non lo si può fare in maniera statica. Infatti, gli stessi interessi dei consumatori possono variare.

Altra questione: aggiunta di additivi nella birra, non consentita in Germania.

Il regime tedesco vieta l’aggiunta di additivi  nella birra, consentita in altri regimi. Questo è fatto per motivi di salute pubblica.

Tuttavia, la legislazione tedesca ammette l’uso di tali additivi per altre bevande.

Queste misure vengono considerate MEE e viene proposta un sistema di etichettatura.

Caso molto simile al caso n° 62, sull’importazione di pasta di grano tenero in Italia. La Corte agisce nella stessa maniera del caso Cassis e il caso della birra.

 

Sentenza 14/7/1988: il “caso della pasta”:

Ragionamento analogo alla sentenza precedente.

Il legislatore italiano, come si vede al punto 24 della sentenza, vuole la produzione di pasta di grano duro, anche perché vuole aiutare i produttori di grano duro del Sud Italia. Secondo la Corte, questo ambito rientra nella PAC e non nella disciplina dell’art. 36. Rientrando nella PAC, questo è un settore comunitario, e perciò l’Italia non può agire autonomamente.

Discriminazione alla rovescia: la Corte dice all’Italia che se vuole, può imporre ai produttori italiani la produzione di pasta di grano duro, ma non lo può imporre ai produttori stranieri.

 

 

Sentenza 23/11/1989 e Sentenza 16/12/1992:

Sentenza 23/11/1989: caso Torfaen:

2 casi analoghi, che riguardano il divieto di apertura di esercizi commerciali la domenica.

Esistono anche differenze tra i due casi.

Caso Torfaen: 1989.

Caso Stoke-on-Trent: 1992.

Stesso modo di agire della Corte: il provvedimento non discrimina tra produttori nazionali ed esteri. Tuttavia, vietando la vendita di prodotti la domenica, ostacola indirettamente il commercio infracomunitario.

Punto 16, 1° sentenza:

La Corte richiama la sentenza Cinéthèque. A questo punto fa un passo avanti. Questa questione è definita come una questione di fatto, che va risolta dal giudice nazionale.

Nel caso Cinéthèque fu la Corte a dire se la norma era valida oppure no. Qui invece la questione è rimandata al giudice nazionale, secondo alcune linee interpretative.

Problema di questa linea: se la Corte non decide, si rischia la proliferazione di diversi modi di agire. Ad esempio, un giudice inglese può applicare una norma, uno spagnolo no.

Vantaggi: questo modo di decidere si avvicina al principio di sussidiarietà. Il giudice nazionale, essendo più vicino alla realtà nazionale, ha maggiori competenze nell’applicare o disapplicare la norma.

Il potere ritorna allo stato, ma non più al governo, bensì al giudice. Spostamento del potere.

 

Sentenza 16/12/1992: caso Stoke-on-Trent.

Punto 14: la Corte dice che è il giudice nazionale a dovere decidere. Tuttavia, proprio per risolvere il problema precedente, la Corte dice che bisogna garantire uniformità tra i diversi paesi. L’azione del giudice nazionale va fatta secondo il principio di proporzionalità.

Due casi analoghi: due posizioni parzialmente diverse fatte dalla Corte.

 

 

Caso 214/11/1993: caso Keck:

Caso molto importante.

Norma francese, che prevedeva infrazioni penali per chi vendeva sotto costo. Questo perché era una pratica anticoncorrenziale.

In altri stati la vendita sotto costo era consentita.

Indirettamente, questa normativa poteva limitare la libera circolazione delle merci nella CE.

Punto 14 e 16: la Corte cerca di fare il punto della situazione sulla giurisprudenza sull’art. 30.

La Corte fa dei cambiamenti rispetto alle sentenze passate. La Corte dice che fino ad ora ha trattato in maniera uniforme sia i casi legati alle produzione, sia i casi legati alle modalità di vendita. Applicabilità art. 30. Qui fa una distinzione: le norme legate alle modalità di vendita escludono dall’applicabilità dell’art. 30, perché non siano discriminatorie e non ostacolano gli scambi commerciali. Perciò qui non c’è l’applicabilità dell’art. 30, e la decisione rientra nelle competenze nazionali. La Corte fa questa distinzione poiché qualsiasi cosa legata anche indirettamente alla circolazione delle merci, ormai era valutata dalla Corte. Sottrazione di ambiti di competenza statuale.

Problema: a volte è difficile stabilire se una norma riguarda la produzione o la vendita.

Critica: tutti volevano che la Corte rivedesse la giurisprudenza su questa questione, perché era cambiato il contesto.

Tuttavia, non solo la produzione, ma anche le modalità di vendita, rientrano nella libera circolazione delle merci.

Non è ancora chiaro quali saranno gli effetti di questo modo di vedere della Corte.

 

 

Sentenza 9/7/1992: “caso della spazzatura”:

Commissione c. Belgio:

norma belga che prevedeva il divieto di importazione di rifiuti trattati provenienti dall’estero. Un soggetto belga voleva importare estera poiché attività economica redditizia.

La Corte non distingue tra rifiuti riciclabili e non riciclabili: sono comunque merci e rientrano nell’art. 30.

Dato cruciale, mai trovato nelle sentenze fino ad ora utilizzate: questa misura è discriminatoria, in quanto vieta l’import di rifiuti esteri. Dato che questa misura è discriminatoria, c’è sicuramente un ostacolo alla circolazione di merci.

C’è però un problema, riconosciuto dalla Corte. Problema di tutela ambientale: in Vallonia continuavano ad arrivare rifiuti dall’estero. Perciò si decise di bloccare l’import.

Perciò, per risolvere il problema e limitare l’import, la Corte afferma che la misura non è discriminatoria.

Risultato ragionevole, ottenuto con una logica incoerente.

La Corte avrebbe potuto essere più coerente non riconoscendo i rifiuti come merci, o merci con caratteristiche molto particolari, con forti esternalità negative.

 

 

LIBERTA’ DI STABILIMENTO E DI PRESTAZIONE DI SERVIZI.

Libera circolazione: merci, servizi, persone e capitali. Classificazione generica.

Qui ci occupiamo di libera circolazione di servizi e persone.

Si parla di libera circolazione di persone per quanto riguarda i lavoratori dipendenti.

Si parla di libera circolazione di prestazione di servizi e di libertà di stabilimento per quanto riguarda lavoratori autonomi e società.

Differenze normative per la libera circolazione di lavoratori dipendenti e autonomi.

La libera circolazione delle persone non era vista come diritto fondamentale della persona, ma come diritto essenziale per il funzionamento del mercato interno.

Impianto originario della CEE, che vedeva tal libertà come libertà economica.

Nizza: vede tale libertà come libertà fondamentale.

Perché distinguere tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi?

Perché accostare questi ultimi a fornitori di servizi? Perché prevedere regole diverse per queste due categorie?

Le stesse normative nazionali distinguono tra queste due categorie. Esigenze e problematiche diverse.

Settore con integrazione minore rispetto a quello delle merci.

Per avere un mercato unico era necessario prevedere anche la libera circolazione di servizi e di persone che potessero erogare i servizi.

La norma fondamentale si trova all’interno del Trattato, ma vi è una disciplina molto estesa grazie alla normativa di diritto derivato e al lavoro della Corte.

 

LA LIBERTA’ DI STABILIMENTO DEI LAVORATORI DIPENDENTI:

In tema di lavoratori dipendenti, l’articolo fondamentale è l’art. 39, che ne assicura la libera circolazione e il divieto di qualsiasi discriminazione basata sulla nazionalità, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. Vale il c.d. principio di trattamento nazionale: i cittadini degli altri stati della CEE vanno trattati nello stesso modo dei cittadini dello stato. Il lavoratore straniero va trattato come quello nazionale. In ambito di merci si ammetteva un trattamento diverso tra i beni nazionali e quelli stranieri. Qui non lo si ammette. Esigenza di uniformità.

La libera circolazione del lavoratore implica la possibilità di andare a lavorare all’estero, di cercare dimora all’estero e di rimanere all’estero una volta che è cessata l’attività lavorativa.

Problema della definizione della figura del lavoratore. Importante contributo della Corte.

Esempio: un tirocinante è considerato un lavoratore.

 

Punto 3 dell’art. 39: eccezioni al principio generale di libera circolazione delle persone, per motivi di ordini pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica.

Altra eccezione importante: alcuni impieghi nella pubblica amministrazione possono essere destinati a cittadini nazionali (giudici, notai, ecc.). È stata importante la fissazione di limiti da parte della Corte, che ha dato una interpretazione restrittiva nell’applicazione di tale eccezione. È possibile discriminare solo poche posizioni.

Per garantire la libera circolazione del lavoratore era necessario prevedere anche un sistema di previdenza sociale.

Questione problematica: diversità nelle legislazioni nazionali. Era impensabile un’armonizzazione delle normative nazionali. L’art. 42 prevede che è necessario garantire l’accumulazione dei diritti maturati all’estero. Se un lavoratore lavora 10 anni in Germania, 5 in Francia e poi va in Italia, dovrà vedersi riconosciuti i diritti maturati all’estero.

Molte differenze nazionali sui meccanismi di previdenza sociale: previsione di meccanismi di accumulazione.

Inizialmente si pensava solo alla libera circolazione del lavoratore. Ci sono stati poi interventi di diritto derivato sulla questione del ricongiungimento famigliare.

Si è cercato di intendere la figura del lavoratore in maniera estensiva: ad esempio il tirocinante. Ruolo importante della Corte.

Con gli anni ’90 si è cercato di estendere la libera circolazione delle persone anche a chi non era lavoratore.

Possibilità di ottenere la residenza anche per pensionati, studenti, ecc.

Problema: la residenza comporta anche una serie di diritti (come l’accesso all’edilizia popolare), che comportano dei costi. Per potersi stabilire all’estero, bisogna rispondere a determinati requisiti:

assicurazione contro malattie e infortunati.

Potersi mantenere con un reddito adeguato.

 

L’origine economica della libera circolazione delle persone si è perciò ampliata.

Oggi ci si può muovere non solo per motivi lavorativi. Tuttavia non c’è ancora perfetta mobilità delle persone.

 

Nel BP non si andrà molto oltre questa disciplina.

 

Disciplina generale: non si può discriminare.

Eccezioni per importanti motivi di interesse nazionale (art. 29.3).

Anche qui, nella definizione dei limiti e delle eccezioni, la Corte ha avuto un ruolo importante.

Libertà di stabilimento e libera circolazione:

  • dei lavoratori dipendenti.
  • Dei lavoratori autonomi. Disciplina analoga a quella per la libera circolazione delle società.

 

Libera circolazione dei lavoratori autonomi, delle società e prestazione dei servizi.

Lavoratori autonomi e società hanno una disciplina analoga nei Trattati. Diversità nelle normative di dettaglio. Hanno però una normativa di base comune.

Prestazione di servizi: le norme sui servizi si applicano quando non si applicano le norme sui lavoratori dipendenti e sulle società. Queste norme si applicano perciò per esclusione.

La normativa sulla libera circolazione dei lavoratori autonomi è molto simile a quella dei lavoratori dipendenti.

Vale anche qui la regola del Trattamento Nazionale: non si può discriminare tra società, lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi esteri e nazionali.

Ciò vale tendenzialmente anche per i servizi, ma con delle differenze importanti. In molti ambiti vale la libera circolazione dei servizi. L’erogatore di servizi può prestare il suo lavoro anche all’estero, purché lo stato dove egli ha la sede abbia fatto i controlli in base alla propria normativa. Disciplina particolare.

 

LA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI AUTONOMI.

Uno degli aspetti fondamentali per la libera circolazione dei lavoratori autonomi riguarda il riconoscimento dei titoli professionali: si fa riferimento non al titolo di studio in quanto tale, ma ai requisiti per esercitare una professione.

Inizialmente c’è stato un intervento di armonizzazione (anni ’70) che stabilivano dei criteri minimi per poter esercitare una mansione, professione per professione. C’erano gli standard per gli architetti, quelli per i dentisti, ecc.

Lavoro lunghissimo dato l’ampissima gamma di mansioni esistenti.

Anni ’80: la Commissione ha provato a definire dei sistemi generali di riconoscimento, che definiscono dei criteri minimi per diversi gruppi di professione.

Prima direttiva sulla libertà di stabilimento (1989).

 

Se ci sono però degli scostamenti significativi tra le normative di due stati, al lavoratore può essere richiesto un’integrazione aggiuntiva (stage, esame, ecc.).

Il problema grosso è che molte professioni sono regolamentate in modo diverso nei diversi Stati membri.

Problema degli albi professionali, che spesso hanno una funzione di protezionismo sia nel mercato interno che in quello esterno.

L’anti-trust italiano ha spesso parlato degli albi professionali come uno strumento anti-concorrenziale.

La Corte ha detto più volte che il rifiuto di fare esercitare una libera professione, deve essere motivato ed impugnabile. Tale tendenza è stata fatta propria da alcune direttive.

 

Ricapitoliamo:

competenza nazionale nella definizione di titoli di studio/requisiti per le professioni.

Tuttavia, dato che la Commissione ha la competenza sulla libera circolazione, se una professione è riconosciuta in uno Stato membro, deve tendenzialmente essere riconosciuta anche all’estero.

Principio analogo alla libera circolazione delle merci.

Altre direttive:

Direttiva 1992: formazione post-secondaria di durata di almeno uno.

Direttiva 1999: riconoscimento di titoli professionali che non richiedono una formazione post-secondaria (es. secondaria).

 

Le libertà di circolazione valgono tendenzialmente solo per i cittadini degli stati membri.

Ci vorranno due anni affinché la libera circolazione delle persone venga estesa ai 10 nuovi stati membri.

 

LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE ED IN PARTICOLARE DEI LAVORATORI: LETTURA DELLE SENTENZE.

 

Sentenza 4/12/1974: caso Van Duyn.

Uno dei primi casi in materia. Caso importante perché la Corte stabilisce l’applicabilità diretta di una norma generale del Trattato (art. 48).

Ci si è chiesti se un cittadino potesse ricorrere direttamente al giudice nazionale per fare valere la norma del Trattato.

Per la Corte l’art. 48 è direttamente applicabile.

Punto 6: l’articolo 48 sulla libera circolazione del lavoratore, impone “agli stati membri un obbligo preciso, che non richiede l’emanazione d’alcun ulteriore provvedimento da parte delle istituzioni comunitarie o degli Stati membri e che non lascia a questi ultimi alcuna discrezionalità nella sua attuazione”.

Le norme del trattato sono direttamente applicabili. Importante decisione.

 

Sentenza 8/4/1976: caso Royer.

La Corte deve iniziare a definire i limiti alla libera circolazione delle persone.

Eccezioni per motivi ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica (così dice il Trattato).

Belgio: adotta un provvedimento di espulsione nei confronti di un cittadino francese che aveva avuto provvedimenti penali in Francia ed era entrato in Belgio irregolarmente.

La Corte adotta anche qui il principio di proporzionalità: punto 38-40: “la semplice omissione, da parte del cittadino di uno stato membro, delle formalità di legge relative all’ingresso, al trasferimento ed al soggiorno degli stranieri non può giustificare un provvedimento d’espulsione. Trattandosi di un diritto acquistato in forza dello stesso trattato, un comportamento del genere non può essere considerato come di per sé lesivo dell’ordine o della sicurezza pubblica.” Perciò l’espulsione degli stranieri che hanno omesso quelle procedure necessarie al controllo degli stranieri, è da considerarsi non conforme al Trattato.

Punto 41-42: “gli stati membri restano liberi di espellere dal loro territorio un cittadino di un altro stato membro qualora l’ordine e la sicurezza pubblici siano minacciati per motivi diversi dall’omissione delle formalità relative al controllo degli stranieri. Inoltre, il diritto comunitario non vieta di reprimere la violazione delle disposizioni relative al controllo degli stranieri con opportune sanzioni (es.  multe) diverse dall’espulsione.”

 

 

Il caso successivo (sentenza 7/7/1976) è analogo:

La Corte valuta la proporzionalità sulla base di due elementi:

1.- termini ragionevoli per denunciare la propria presenza all’estero.

2.- Proporzionalità delle sanzioni.

Se i provvedimenti sono sproporzionati, non sono validi sulla base del trattato.

Modo di ragionare analogo a quello della libera circolazione delle merci.

La Corte deve interpretare sia le norme del Trattato  sia le norme di attuazione. Per questo le due sentenze fanno riferimento alla Direttiva del 25 feb. 1964 per il coordinamento dei provvedimenti speciali riguardanti il trasferimento e il soggiorno degli stranieri.

 

Sentenza 15/10/1987: caso Heylens.

Sentenza importante per il riconoscimento dei titoli professionali. Questa questione vale sia per il lavoratore autonomo con un titolo sia per i lavoratori dipendenti. Questo è un caso di un allenatore di calcio belga, lavoratore dipendente, che va ad allenare una squadra francese.

Per allenare in Francia si doveva superare delle prove in Francia. L’allenatore era però stato formato in Belgio.

La Corte riconosce che manca un’armonizzazione per il riconoscimento dei titoli. Perciò è lo Stato membro a decidere i requisiti per potere esercitare una professione.

Tuttavia bisogna tenere conto del principio della libera circolazione delle persone.

Punto 12: la libera circolazione dei lavoratori è uno degli obiettivi fondamentali del trattato, e gli stati devono adottare quelle misure necessarie per non ostacolarla.

Punto 13: “Per conciliare il requisito relativo al possesso delle qualifiche richieste per l’esercizio di una determinata professione con gli imperativi della libera circolazione dei lavoratori, la procedura di riconoscimento di equivalenza deve consentire alle autorità nazionali di assicurarsi obiettivamente che il diploma straniero attesti da parte del suo titolare il possesso di conoscenze e di qualifiche, se non identiche, quanto meno equivalenti a quelle attestate dal diploma nazionale.”

La Corte afferma che bisogna valutare se il lavoratore straniero ha quei requisiti minimi necessari per potere esercitare una professione. È però lo stato membro a decidere chi deve fare tale valutazione. Perciò il problema rimane ancora.

Criterio fissato dalla Corte: l’equivalenza non deve essere valutata sui requisiti formali, ma sulle competenze acquisite dal lavoratore.

Una decisione che nega la libera circolazione del lavoratore (punto 14):

1.- deve essere motivata.

2.- deve essere impugnabile davanti ad un organo giurisdizionale (organo terzo).

 

Sentenza  30/5/1989: caso Università di Venezia..

Principio di non discriminazione: principio generale, che vale per tutti gli ambiti.

Talvolta alcune norme nazionali non discriminano direttamente, ma lo fanno indirettamente (meccanismo simile alle MEE).

Questo caso riguarda proprio ciò. Caso che riguarda la possibilità di assumere lettori di lingua straniera presso l’Università italiana. I lettori hanno contratti diversi rispetto ad altro personale dell’università.

L’Italia fa notare che il lettore può essere italiano: non c’è una discriminazione formale. La Corte fa notare che solo il 25% dei lettori sono italiani. Indirettamente vengono discriminati i lavoratori stranieri: la normativa non è formalmente discriminatoria, ma di fatto discrimina: normativa non valida.

Punto 11: “il principio della parità di trattamento (art. 48), vieta non solo le discriminazioni palesi, basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi forma dissimulata di discriminazione che, mediante l’applicazione di altri criteri distintivi, conduca di fatto allo stesso risultato.”

 

Sentenza 31/3/1993: caso Kraus.

Caso legato al riconoscimento dei titoli.

Cittadino tedesco con un titolo di studio valido in Germania e Master in GB. Secondo la normativa tedesca, per studiare all’estero è por lavorare in patria, doveva esserci una apposita autorizzazione e un pagamento di una tassa.

Ci si chiede se in questo caso viene limitata la libera circolazione.

Bisogna inoltre stabilire se la questione è nazionale o comunitaria.

Punto 15: “la portata dell’art. 52 del trattato, non può essere definita in modo da escludere dai vantaggi del diritto comunitario i cittadini di uno stato membro, qualora questi, per il fatto di aver risieduto in un altro Stato membro e di avervi acquistato una qualifica professionale, si trovino, rispetto al loro stato d’origine, in una situazione analoga a quella degli altri soggetti che fruiscono dei diritti e delle libertà garantite del Trattato.”

È vero che è un cittadino tedesco danneggiato da una normativa tedesca. Ma è anche vero che egli ha studiato all’estero e presenta una situazione analoga ad un inglese con un master che vuole lavorare in Germania. La persona in questione deve perciò fruire di diritti e libertà garantite dal Trattato. La questione ha perciò valenza comunitaria, non nazionale.

Per quanto riguarda la normativa tedesca, la Corte riconosce gli interessi in questione. Tuttavia va tenuto conto il principio della proporzionalità.

 

 

Sentenza 15/12/1995, caso Bosman:

Diverse questioni:

1.- limiti legati alla libera circolazione della persona legati al pagamento di un indennizzo per il trasferimento all’estero.

2.- vincoli legati al numero di stranieri schierabili in una partita di calcio: discriminazione.

La UEFA affermò però la peculiarità del settore sportivo: necessità di tutelare i giovani. La Corte non accetta l’argomento.

Inoltre la Corte afferma che l’attività calcistica professionistica è un’attività economica come le altre.

Sia le norme relative al numero massimo di stranieri sia quelle legate all’indennizzo vengono dichiarate non conformi al trattato.

 

Conclusioni:

Anche in questo settore vediamo che l’intervento della Cote è molto invasivo. La Corte è infatti intervenuta in moltissimi settori.

 

 

SENTENZE SULLA LIBERA PRESTAZIONE DEI SERVIZI:

 

Sentenza 3/12/1974:

Libera prestazione di servizi: attività anomala.

Caso riguardante un avvocato olandese che è andato ad abitare in Belgio (minore costo delle case), ma che ha continuato a lavorare in Olanda. Secondo la legge olandese, un avvocato olandese deve avere la propria residenza in Olanda.

La Corte fa riferimento al principio di proporzionalità.

Punto 16: “Se all’interno di uno stato membro l’esercizio di una attività è libera, pretendere la residenza nello stato significa imporre una restrizione incompatibile con gli articoli 59 e 60 del trattato, dal momento che il buon funzionamento della giustizia può venir garantito con obblighi meno pesanti, ad esempio prescrivendo  l’elezione d’un domicilio ove possano essere indirizzate le comunicazioni giudiziarie.”

 

 

LA PESC (titolo V Maastricht).

 

UE: 3 pilastri. PESC: secondo pilastro.

GAI: una parte è stata comunitarizzata con Amsterdam.

Primo pilastro: è forte il meccanismo sopranazionale. Nella PESC il meccanismo intergovernativo e più forte.

Gli stati membri non hanno voluto comunitarizzare le materie di politica estera e sicurezza comune. È comunque importante che la PESC sia materia dell’UE. In passato ciò era risultato irrealizzabile.

Già in passato, con la CED, si pensò di comunitarizzare la sicurezza comune. Tuttavia il progetto CED fallì per la mancata ratifica francese. L’idea rimane.

 

Unione Europea Occidentale (UEO)

NATO: l’ossatura portante della difesa dell’Europa si trova nella NATO.

Alcuni stati avevano quasi un’avversione ideologica nella gestione comunitaria delle politica estera. E tale avversità la si trova tuttoggi.

Abortiti i tentativi, negli anni ’70 si cominciano a fare dei vertici regolari tra i ministri degli esteri in materia di politica estera.

L’AUE prevede espressamente che gli stati membri possano trovarsi per discutere della politica estera (PE), ma con meccanismi diversi da quelli comunitari.

Maastricht: formalizzazione della PESC. Viene riconosciuta la diversità col pilastro comunitario.

Esiste un ambito in cui gli stati membri possono cooperare in ambito di PE e SC. Funzionamento diverso dalle comunità.

Maastricht prevede che in ambito PESC agiscano le stesse istituzioni comunitarie, con l’eccezione della Corte, che non ha competenza. L’unica cosa che può fare la Corte è un controllo: se un atto è stato adottato in ambito di 2° pilastro, ma la Corte dice che tale atto era del 1° o del 3° pilastro, l’atto sarà dichiarato invalido.

Integrazione nel pilastro comunitario molto più veloce rispetto al 2° e 3° pilastro.

Amsterdam interviene soprattutto sul 3° pilastro. Cooperazione rafforzata, ma non nella PESC.

Nizza: ammette le cooperazioni rafforzate anche in ambito PESC.

Ci sono molte differenze tra PESC  e 1° pilastro: diverso ruolo delle istituzioni, diversità degli atti adottati, ecc.

 

Che cosa rientra nella PESC? Obiettivi della PESC?

Art. 11, post Amsterdam: l’UE ha competenza omnicomprensiva in ambito di PE e SC. Articolo molto ampio: si parla di tutela di diritti umani, promozione dello stato di diritto e della democrazia, ecc.

Tuttavia, anche nel 1° pilastro, le norme erano generali.

Pochi risultati concreti fino ad oggi. Si pensi alle divisioni europee per quanto riguarda la 2° guerra in Iraq. Tuttavia, anche per quanto riguarda il mercato unico, c’è voluto del tempo.

Molti stati membri non hanno interesse a gestire in comune la PE  e la SC. Ad esempio, avere un esercito europeo, sarebbe molto costoso.

Tuttavia l’ambito PESC è  molto più ampio.

Dal punto di vista della politica internazionale l’UE fino ad ora è stata poco incisiva.

Le missioni in ex Iugoslavia, che inizialmente erano tenute sotto l’egida dell’ONU e della NATO, sono state affidate all’UE. Intervento di PE dell’UE, ma fatta solo grazie all’appoggio NATO.

Alcuni paesi, e in particolare la GB, privilegiano il ruolo della NATO piuttosto che l’UE.

La PESC perciò è legata alla NATO.

L’UE potrebbe avere una PE svincolata da una politica militare. Sembra però che la politica militare sia importante.

Oggi manca una volontà politica per aumentare l’incisività della PESC.

 

Gli atti della PESC  e altre questioni:

Molta della attività PESC è un’attività prevalentemente politica, più che giuridica. Gli strumenti di carattere giuridico in ambito PESC  sono individuati dall’art. 12 TUE.

Diverse tipologie di atti, diversi da quelli del primo pilastro (direttive, regolamenti, ecc.).

 

1.- Principi e Orientamenti Generali:

atti che definiscono gli obiettivi della PESC e gli obiettivi dell’Europa in tali ambiti. Sono adottati dal Consiglio Europeo. Sono atti di natura politica.

Stabiliscono un quadro di riferimento per l’adozione di atti giuridici.

 

2.- Strategie comuni (art. 13):

Stabiliscono obiettivi, durata e mezzi delle azioni in ambito PESC.

Prese all’unanimità dal Consiglio Europeo (variazione rispetto al primo pilastro).

Atti Giuridici: sono perciò vincolanti.

 

Unanimità: diversità rispetto al primo pilastro. Prevale l’interesse intergovernativo. Tutti gli atti PESC sono pressi all’unanimità. Eccezione: atti di secondo grado.

 

3.- Posizioni comuni(art. 15):

Prese dal Consiglio, che definisce l’approccio dell’UE su una certa questione specifica (geografica o tematica). Gli stati devono adeguarsi.

Le PC sono state adottate soprattutto per l’adozione di sanzioni nei confronti degli stati terzi.

 

4.- Azioni comuni (art. 14):

Consiglio: affrontano specifiche questioni. Riguardano misure operative.

Es.: per stabilire l’intervento nella ex Iugoslavia.

Se sono prese dal Consiglio, sono perciò atti di natura politica?

 

Consiglio: non ha potere in ambito PESC. Eccezione vista in precedenza.

Commissione:

  • Non ha più l’esclusiva di proposta. Sia la Commissione che gli stati membri possono fare proposte.
  • La Commissione è “pienamente associata” ai lavori. Il ruolo decisivo è svolto dal Consiglio. La Commissione non ha quel ruolo di controllo e attuazione come nel primo pilastro.

 

Parlamento:

  • Consultato sulle linee politiche fondamentali della PESC.
  • Deve essere informato.
  • Non ha potere di intervento.

 

Rispetto al pilastro comunitario sono più forti le istituzioni che funzionano con metodo intergovernativo (Consiglio).

 

Atti di Secondo Grado: possono essere presi a maggioranza qualificata. Tuttavia, se gli stati sollevano importanti questioni di interesse nazionale, si vota anche qui all’unanimità.

Il ruolo del Parlamento è molto poco incisivo.

Le spese della PESC possono rientrare nel bilancio comunitario, materia dove il Parlamento ha un forte ruolo. Controllo indiretto.

 

Alto Rappresentante della PESC (c.d. “Mr. Pesc”, oggi Solanas):

Perché è stata istituita tale figura?

Tale figura è membro del Consiglio, non ha poteri autonomi, ma garantisce continuità alla politica dell’organo. Infatti, la rotazione semestrale della presidenza, ha problemi di continuità.

Scarsa incisività di tale figura.

Ministro degli Esteri dell’UE: previsto dalla Commissione.

È un membro sia del Consiglio Europeo, sia della Commissione (vice presidente).

Sostituisce l’Alto Rappresentante.

All’interno della PESC, si prevede che l’UE possa stipulare trattati internazionali, ma congiuntamente agli stati membri.

 

PESD: politica estera di sicurezza e di difesa.

Fa parte della PESC.

Il trattato afferma che l’UE può adottare degli atti che possono creare una difesa comune.

Ha rilevato in alcuni interventi di peace-keeping.

Prevede che l’UE venga provvista di una sorta di esercito di 50.000 uomini.

 

 

IL TERZO PILASTRO: GAI, COOPERAZIONE GIUDIZIARIA E DI POLIZIA IN MATERIA PENALE.

Vedremo il terzo pilastro + una parte del primo pilastro.

Il testo parla di Spazio di libertà, sicurezza e giustizia: dicitura molto ampia, presente anche nel Trattato. Si fa riferimento alla circolazione delle persone al di là del concetto economico visto nel 1° pilastro.

Inizialmente la libera circolazione delle persone era un diritto di tipo economico. Col tempo tale diritto si è esteso. Importante, per questo aspetto, è stata la creazione del terzo pilastro con Maastricht: GAI.

Dopo il ’92 si è visto che il terzo pilastro funzionava male. Era un pilastro di tipo intergovernativo (unanimità, ruolo marginale della Commissione e della Corte) che ne impediva il funzionamento. In alcuni ambiti funzionava meglio. Con Amsterdam si è perciò pensato di comunitarizzare alcuni elementi: “La cooperazione civile. Dopo Amsterdam, il terzo pilastro è rimasto in ambito di Cooperazione Giudiziaria e di Polizia in Materia Penale.”

Molte sovrapposizioni tra primo e terzo pilastro: rimangono ancora dei problemi.

La Costituzione toglierà la struttura a pilastri. Ciò non significa che le materie del secondo e terzo pilastro funzioneranno con metodo sopranazionale. Ci sarà però un’armonizzazione: prevede un’unica tipologia di atti adottabili.

Spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Dicitura che consente di collegare il primo e terzo pilastro.

Libera circolazione: in parte fa parte del primo pilastro (acquis Schengen), in parte fa parte del terzo pilastro (questioni penali, ecc.).

Ad esempio, in controllo delle frontiere esterne fa parte del primo pilastro per l’ispezione delle frontiere, fa parte del secondo pilastro per quanto riguarda le sanzioni.

In alcuni settori gli stati vogliono avere più controllo, in altre no. Tale questione comporta ovviamente molti problemi (diverso ruolo istituzioni, ecc.).

 

LA CITTADINANZA EUROPEA:

Introdotta con Maastricht, e confermata dai trattati successivi.

È una cittadinanza anomala. Vediamo cosa prevede:

In stati terzi, se manca la rappresentanza diplomatica del paese membro, si può chiedere protezione dall’ambasciata di un altro paese membro.

Voto per il Parlamento Europeo e le elezioni comunali, quando si risiede all’estero.

Si è cittadini dell’UE in quanto si è cittadini di uno stato membro.

Potere fare delle petizioni al Parlamento europeo e al Mediatore Europeo.

(Tutti questi elementi non sono molto significativi)

La cittadinanza europea ha però permesso di ottenere una serie di diritti nei vari stati membri. Tuttavia tali diritti sono figli del principio di non discriminazione, e sarebbero stati comunque ottenuti.

Oggi si dice che tutti questi diritti si hanno poiché si è cittadini europei.

La cittadinanza europea può creare un’identità europea?

Questione controversa.

Comunque la cittadinanza europea rimane un aspetto cruciale.

La cittadinanza europea ha sì una rilevanza giuridica, ma non solo.

 

 

Acquis Schengen o cooperazione penale.

Acquis: patrimonio di norme giuridiche che riguardano un certo settore.

Norme trattato + sentenze Corte + atti di diritto derivato, ecc.

In questo settore i primi passi sono avvenuti al di fuori della Comunità.

1985: Benelux + Francia + Germania, tramite accordo, aboliscono i controlli alle frontiere comuni e le rafforzano all’esterno.

Altri stati sono entrati nell’accordo fino a che, con Amsterdam, gli accordi di Schengen, sono stati accorpati al Trattato del CE.

Schengen: primo pilastro, ma con delle peculiarità.

Come avviene per l’UEM, alcuni stati non hanno partecipato: GB, Irlanda e in parte Danimarca.

Schengen: abolizione frontiere interne. Il controllo è spostato sulle frontiere esterne. È stato necessario avere un regime comune tra i paesi membri per l’accesso di cittadini extracomunitari: visa, lotta all’immigrazione clandestina, decreti di espulsione, scambi di informazione.

È stato necessario uniformare i controlli. Rete informativa tra le autorità doganali: creazione di una banca dati Schengen.

Molte di questi provvedimenti rientrano nell’ambito penale (traffico di droga, pornografia, ecc.) e perciò fanno parte del 3° pilastro, nonostante Schengen sia materia comunitaria.

Schengen è stato un tassello importante per la creazione di normative che in precedenza erano di esclusiva competenza nazionale. Ha perciò dato uno stimolo al processo di integrazione.

Collaborazione delle forze di polizia: nel 1995 è entrata in funzione l’EUROPOL, che consente di fare operazioni di investigazione congiunta tra le polizie degli stati membri.

 

EUROJUST: cooperazione in materia giudiziaria per le questioni di rilevanza comunitaria (2000).

 

 

COOPERAZIONE IN MATERIA CIVILE E PROCESSUALE.

La materia civile rientra nell’ambito comunitario: dell’art. 61 in poi.

1968: Convenzione di Bruxelles: primo intervento in materia.

Riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia civile e commerciale.

Più volte modificata. Nel 2001 è stata trasformata in regolamento.

Si è intervenuto anche in altri settori. Progressivamente si è arrivati a cooperare in ambito di diritto internazionale privato (e penale), che è un diritto nazionale. Ci possono essere conflitti tra normative di uno stato e l’altro. Si è perciò deciso di arrivare a cooperare in tale settore: cfr. art. 65.

Secondo l’art. 65, quando ci sono interessi sopranazionali in ambito civile e processuale, la Comunità ha competenze estese.

 

Mandato di cattura europeo:

Per tutta una serie di reati inserita in una lista, qualora ci sia un provvedimento legittimo di un giudice nazionale, gli altri paesi devono cooperare. Ad esempio devono arrestare il condannato che si trova sul loro paese.

In alcuni stati, in particolare in Italia, ci sono state molte polemiche.

Una condanna penale dovrebbe implicare che gli altri stati membri consegnino il condannato.

 

Il ruolo delle istituzioni nel 3° pilastro.

Terzo pilastro: per certi aspetti simile al primo. Ciò crea numerosi problemi.

Anche per questo la Costituzione eliminerà la struttura a pilastri. Verrà perciò unificato il sistema delle fonti, ma l’unificazione non sarà piena. A seconda del tipo di politica da adottare, cambierà il ruolo delle istituzioni.

Nel terzo pilastro prevalgono le delibere all’unanimità ad opera del Consiglio.

Diverse eccezioni, come le delibere per atti di secondo grado.

Il terzo pilastro è comunque meno intergovernativo rispetto al secondo.

Nel secondo pilastro la Corte non ha giurisdizione, tranne in un’eccezione di controllo di competenze (eccezione residuale). Nel terzo pilastro la Corte può intervenire, ma con una particolarità: gli stati membri possono decidere se la competenza di fare rinvii pregiudiziali spetta a tutti i giudici o solo ai giudici di ultima istanza.

Nel terzo pilastro c’è anche una diversità per quanto riguarda il potere di iniziativa. La Commissione e gli stati membri hanno potere di iniziativa (analogia con il secondo pilastro).

Il Parlamento:

Negli ambiti in cui sono adottabili atti vincolanti, il Parlamento deve essere consultato. Non può però opporsi all’adozione di un atto. Nel secondo pilastro il Parlamento doveva solo essere informato.

Possiamo perciò dire che in molti aspetti, il terzo pilastro si trova tra il primo e il secondo pilastro. Con la Costituzione le materie del terzo pilastro saranno avvicinate al primo.

 

 

IL SISTEMA DELLE FONTI NEL TERZO PILASTRO:

1.- Decisioni e Decisioni Quadro: atti vincolanti che grosso modo si avvicinano a Regolamenti e Direttive. Sono vincolanti per gli stati membri, ma non sono direttamente applicabili negli ordinamenti nazionali. È necessario il recepimento.

 

2.- Posizioni comuni: non sono vincolanti.

Espongono una posizione dell’UE.

 

3.- Convenzioni: Devono essere firmate e ratificate. Vengono adottate dall’UE, ma sono però atti di diritto internazionale.

In genere entrano in vigore se almeno la metà degli stati membri ratificano, salvo diversa indicazione nella convenzione.

Si è perciò voluto dare carattere obbligatorio ad alcuni atti, ma senza arrivare all’incisività del primo pilastro.

 

 

LA POLITICA AGRICOLA COMUNE (la PAC quelosrecontraremilparió!)

La PAC è trattata in maniera difforme rispetto ad oltre materie del mercato interno.

Esistono moltissimi atti sulla PAC, che sono molto dettagliati e tecnici.

La PA venne inserita fin da subito nel Trattato.

Aveva però un punto di partenza diverso rispetto ad altre materie del mercato unico. C’era la volontà di aprire i mercati nazionali, tenendo però dei controlli. Non si voleva qui creare un sistema concorrenziale pieno.

Le regole di concorrenza che vedremo si applicano solo parzialmente al mercato agricola.

 

Art. 32: il mercato comune riguarda l’agricoltura e i prodotti agricoli, compresi latte, carni, ecc.

 

Art. 33: incremento produttività, stabilizzare il mercato, assicurare un tenore di vita adeguato ai lavoratori del settore, grazie al miglioramento del reddito, ecc.

Il livello del reddito degli agricoltori è sostenuto in maniera diversa da interventi volti a tenere alto il prezzo del prodotto. È infatti un intervento discorsivo.

 

La PAC vuole gestire sia il mercato (interventi sull’offerta) sia sul reddito degli agricoltori.

 

Organizzazioni Comuni di Mercato (OCM):

Interventi:

1.-

  • Prezzi indicativi: il livello a cui si vuole stabilizzare il prezzo di mercato.
  • Prezzo di intervento: se il prezzo scende sotto i prezzi indicativi, le OCM intervengono sussidiando la produzione.

Questo ha aumentato fortemente la spesa nel settore PAC.

Atteggiamento non concorrenziale.

2.- Imposizione di dazi all’importazione. Sussidi all’esportazione.

Negli anni ’80 si è capito che tale linea di intervento era inefficiente. Si è riconosciuto il problema strutturale dell’agricoltura.

Diversi interventi per ridurre i surplus produttivi: riconversione, set aside, quote, sistema di fissazione dei prezzi.

 

Piano McSherry, 1992:

  • fissazione di quote, prodotto per prodotto.
  • Abbassare i prezzi di intervento, perché discorsivo.
  • Aumentare gli strumenti di sostegno al reddito.

Tale riforma non ha avuto molto successo.

 

2003, nuova riforma PAC. Non si può ancora valutare l’effetto.

I nuovi 10 membri dell’UE rendono necessaria una riforma della PAC.

Molti nuovi membri dell’UE hanno un settore agricolo assai esteso (es. Polonia). La cosa aumenterà i costi di gestione del settore.

La gestione della PAC ha effetti sociali molto ampi.

Con la nascita del WTO, gli interventi nella agricoltura stanno mutando. Si è prevista una progressiva riduzione dei sussidi nel settore. Il WTO vuole liberalizzare il settore.

Vincoli interni ed internazionali stanno spingendo verso un cambiamento della PAC.

 

LA POLITICA RELATIVA ALLA PESCA:

Una parte significativa della mancata adesione norvegese all’UE è proprio il dissenso sulla politica relativa alla pesca.

La PAC e la pesca sono politiche centralizzate ed inefficienti.

Originariamente non era previsto nulla per la pesca. Le cose sono cambiate con l’ingresso della GB e dell’Irlanda.

Vennero introdotte alcune regole come il divieto di discriminazione e la libera fruizione delle risorse ittiche. Si poteva pescare dove si voleva. La cosa creò molte polemiche. Si è perciò previsto un limite di 12 miglia dalla costa, dove solo i pescherecci nazionali possono operare.

Altri interventi sulla definizione del pescabile e sulle quantità.

Progressivamente la comunità sta cercando di porre dei limiti per limitare il sovrautilizzo delle risorse ittiche. Problemi di tutela ambientale. Negli anni a venire ci saranno cambiamenti radicali in questo settore.

 

 

LA POLITICA COMMERCIALE.

La CE ha competenza esclusiva per quanto riguarda la politica commerciale.

Questo proprio perché la CE  è nata come Unione Doganale.

La politica commerciale (PC) riguarda i rapporti commerciali tra CE e stati terzi.

La PC riguarda la rilevanza esterna del mercato interno.

La disciplina della PC è profondamente cambiata nel tempo. Ruolo importante della Corte.

Art. 131-134: articoli importanti.

L’UD è uno degli elementi su cui si fonda la PC.

La PC si fonda su principi comuni/uniformi per la sua gestione (art. 133). Il Consiglio in questo settore delibera a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione. Il Parlamento formalmente non deve essere consultato. Tuttavia oggi si tende a consultare il Parlamento.

L’evoluzione internazionale del settore (GATT, WTO) ha influito sull’andamento del settore.

Accordi WTO:

Le competenze sono esclusive della CE per tutti i settori GATT. Nei settori GATS e TRIPS le competenze sono ripartite. I trattati sono perciò firmati da CE  e stati membri. Per tale divisione di competenze è stato importante il ruolo della Corte.

Art. 133: riguarda la conclusione di accordi a livello internazionale.

È probabile che i settori GATS e TRIPS in futuro rientrerà nelle competenze esclusive.

 

STRUMENTI DI DIFESA COMMERCIALE:

Sono strumenti per proteggere le economie nazionali: dazi antidumping, misure antisussidio, misure di ritorsione. Per rispondere a pratiche sleali di stati terzi.  Misure di salvaguardia, per proteggere anomalie dell’economia europea.

 

 

That’s all, folks!

 

PAC

  • appartiene alla sfera di competenza esclusiva della Comunità
  • si prefigge (art. 33TCE): prezzi ragionevoli ed equa remunerazione mediante l'organizzazione comune dei mercati agricoli
  • costituisce una delle più importanti politiche dell'Unione europea (45% del bilancio)
  • procedura decisionale con maggioranza qualificata in sede di Consiglio e consultazione del Parlamento europeo
  • inizialmente ha permesso di raggiungere l'autosufficienza, poi il suo funzionamento è diventato sempre più costoso a causa della sovrapproduzione e dei prezzi eccessivi
  • prima riforma nel 1992: riduzione dei prezzi agricoli garantiti con misure compensative
  • seconda riforma nell’Agenda 2000: obiettivi prioritari nell’ambito della politica di mercato la sicurezza dei prodotti alimentari, difesa dell'ambiente, promozione di un'agricoltura sostenibile, semplificazione della legislazione agricola, rafforzamento della posizione dell'Unione nell'ambito dei negozianti in sede OMC e stabilizzazione della spesa tramite riduzione prezzi di intervento ed aiuti; il resto nell’ambito dello sviluppo rurale.

 

Concorrenza

  • art. 81-89 TCE, difficoltà nella contraddittorietà degli obiettivi di ricerca della concorrenza perfetta vs competitività delle imprese europee sul mercato mondiale
  • divieto di pratiche concordate/accordi/associazioni tra imprese che possano pregiudicare il commercio tra gli Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune. Esenzioni: accordo che migliora produzione/distribuzione dei prodotti o progresso tecnico. EC ha il potere di infliggere ammende
  • divieto, se pregiudica il commercio tra Stati membri, dello sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato comune
  • controllo preventivo sulle operazioni di concentrazione di dimensioni europee, autorizzando o vietando le previste alleanze
  • liberalizzazione di alcuni settori in situazione di monopolio, quali il mercato delle telecomunicazioni e quello dei trasporti o dell'energia. Eccezione ai monopoli è costituita dai servizi che per loro natura non sono redditizi, ma possono essere considerati un diritto fondamentale: si pensi al recapito della posta nelle zone rurali. Procedura di selezione per monopolio della fornitura di un servizio pubblico deve essere trasparente. Se monopolio naturale stesse condizioni per utilizzo da parte di tutti
  • controllo sugli aiuti concessi dagli Stati membri, a mezzo di risorse statuali, sotto qualsiasi forma, che possano falsare la concorrenza favorendo determinate imprese o produzioni:
      • Incompatibili con il mercato interno gli aiuti concessi dagli Stati o qualsiasi forma di risorsa statale che conferisce vantaggio economico, incide sugli scambi tra Stati membri, è selettivo e favorisce talune imprese/produzioni, falsa o minaccia di falsare la concorrenza. (art. 87)
      • EC e CEG hanno dato un'interpretazione molto ampia del concetto di "aiuto" anche dal p.d.v. del soggetto erogante
      • Il divieto colpisce moltissime forme di aiuto, dirette (sovvenzioni) o indirette (es. misure volte ad alleviare gli oneri finanziari), indipendentemente dalla loro giustificazione e dalla loro finalità.
      • Qualunque aiuto o regime di aiuti deve essere notificato a EC per essere approvato prima della sua attuazione.
      • Aiuti compatibili sono a carattere sociale concessi ai singoli, per danni da calamità, per economia di det. regioni, interessi comuni, cultura (sviluppo regionale, ambiente, ricerca)

 

PESC

Il CPS ha il compito di controllare la situazione internazionale nei settori PESC, contribuire alla definizione di politiche, gestione crisi. E’ assistito da un comitato sugli aspetti civili della gestione delle crisi e da un comitato militare (CM)

Le missioni di Petersburg (1992), art.17 TUE, fanno parte della PESD e sono varie missioni militari condotte sotto l'autorità dell'UEO per difesa collettiva, missioni umanitarie, missioni di mantenimento della pace, gestione delle crisi.

 

Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale

  • Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale connesso all’obiettivo di creazione di uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. Tale spazio offre ai cittadini protezione grazie alla prevenzione e lotta vs razzismo e criminalità nelle forme di terrorismo; la tratta di esseri umani e i reati contro i minori; stupefacenti; il traffico di armi la corruzione.
  • cooperazione tra le forze di polizia e le autorità doganali tramite l'Ufficio europeo di polizia (Europol)
  • cooperazione tra le autorità giudiziarie tramite l'Unità europea di cooperazione giudiziaria (Eurojust)
  • ravvicinamento delle disposizioni del diritto penale degli Stati membri.
  • Acquis di Schengen integrato con Amsterdam
  • Mandato d’arresto europeo: strumento per rafforzare la cooperazione tra le autorità giudiziarie, sopprime il sistema dell'estradizione, si basa sul principio del mutuo riconoscimento delle decisioni in materia penale, deriva da una decisione-quadro del 2002 del Cons., applicato dal 2004.

 

 

UEM

  • L'UEM è il processo volto ad armonizzare le politiche economiche e monetarie degli Stati membri dell'UE con l'obiettivo ultimo della creazione di una moneta unica, l'euro. Il trattato ha previsto tre fasi in cui c’è stata libera circolazione dei capitali tra gli Stati membri, coordinamento delle politiche e cooperazione tra banche centrali; convergenza delle politiche economiche per la stabilità ed IME; moneta unica e fissazione di tassi di cambio fissi
  • 5 criteri di convergenza che devono essere rispettati per la terza fase dell'UEM e quindi per introdurre l'euro (disavanzo pubblico/PIL < 3%; debito pubblico/ PIL < 60%, stabilità dei prezzi e un tasso medio d'inflazione, tasso d'interesse nominale medio a lungo termine che non abbia ecceduto di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri migliori, margini normali di fluttuazione.
  • Il patto di stabilità e di crescita si inserisce nella 3° fase dell’UEM (1999). Costituito da un pacchetto di provvedimenti che precisano le modalità tecniche (sorveglianza delle voci di bilancio e del coordinamento delle politiche economiche; avvio della procedura relativa ai disavanzi eccessivi). Conferisce al Consiglio la facoltà di sanzionare lo Stato membro che si astenga dal prendere i provvedimenti necessari per risanare una situazione di deficit eccessivo.
  • Organi: BCE dal 1999 ha il compito di dare attuazione alla politica monetaria europea definita dal Sistema europeo di banche centrali (SEBC). Sono gli organi decisionali della BCE (consiglio direttivo e comitato esecutivo) che dirigono il SEBC, il cui compito è di gestire la massa monetaria, di effettuare operazioni di cambio, di detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta degli Stati membri e di assicurare il corretto funzionamento dei sistemi di pagamento. La BCE è succeduta all'Istituto monetario europeo (IME). La BEI ha il compito di contribuire allo sviluppo equilibrato dell'Unione attraverso l'integrazione economica e la coesione sociale.

 

Libera circolazione delle persone

Amsterdam ha comunitarizzato questi settori:

  • libera circolazione delle persone
  • controllo delle frontiere esterne
  • asilo, immigrazione e protezione dei diritti dei cittadini di paesi terzi
  • cooperazione giudiziaria in materia civile

Prevista fase di transizione di 5 anni con procedure simili a 3° ed unanimità, con Nizza qualificata

 

Politica commerciale comune

  • Ad essa si deve l'instaurazione dell'Unione doganale, poggia su principi uniformi con riguardo alle modificazioni tariffarie, alla conclusione di accordi tariffari e commerciali con Stati terzi, alla politica di esportazione e di importazione, ecc.
  • procedura decisionale a maggioranza qualificata.
  • eccezioni per accordi in cui c’è competenza condivisa (servizi culturali, audiovisivi, istruzione)

 

Schengen

L'accordo e la convenzione, le regole adottate sulla base dei due testi e gli accordi connessi formano quello che viene definito "l'acquis di Schengen". Le disposizioni da esso previste sono state inserite mediante un Protocollo nel 1° pilastro (visti, asilo, immigrazione, politiche connesse con la libera circolazione delle persone) e nel 3° pilastro (Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale"). L'integrazione delle norme di Schengen nell'ordinamento dell'Unione europea è stata inoltre accompagnata da un'integrazione a livello istituzionale, attraverso la quale il Consiglio dell'Unione si è sostituito al comitato esecutivo di Schengen ed il segretariato generale del Consiglio al segretariato di Schengen.

 

Unione doganale

L'unione doganale è l'elemento essenziale del mercato comune.

Consta di:

  • l'eliminazione di tutti i dazi doganali e di tutte le restrizioni all’interno
  • tariffa doganale comune (TDC) applicabile alle merci provenienti dai paesi terzi
  • la politica commerciale comune come componente esterna dell'Unione doganale

SENTENZE

 

  • Restrizioni e misure di effetto equivalente: Birra, Keck/Mithourand, Sandoz, EC vs Belgio, Dassonville, Cassis, Cinetheque
  • Tutela proprietà industriale intellettuale: /
  • Libera circolazione: Van Duyn, Heylens, Alluè, Bosman
  • Prestazione servizi: Van Binsbergen
  • Libertà di stabilimento: Reyners

 

Dassonville: misura di effetto equivalente è "ogni normativa commerciale atta ad ostacolare, direttamente o indirettamente, attualmente o potenzialmente, gli scambi intracomunitari".

Requisiti: deve essere imputabile allo Stato; deve avere effetti restrittivi sugli scambi

Effetti: della sufficiente che essi abbiano un effetto potenziale sulle importazioni

Deroghe: tassative non estensive, “esigenze imperative”

 

Cassis de Dijon: ambiente inserito in esigenze imperative, in mancanza di normativa comune gli stati applicano la tutela di ambiente e quindi le restrizioni purché esse siano applicate a tutti i prodotti senza discriminazione ed in modo proporzionale.

 

Ratti: lo Stato membro che non abbia adottato entro i termini i provvedimenti d’attuazione imposti dalla direttiva non può opporre ai singoli l’inadempimento, da parte sua, degli obblighi derivanti dalla direttiva stessa".

 

Van Duyn: "nei casi in cui le autorità comunitarie abbiano obbligato gli Stati membri a adottare un determinato comportamento, la portata dell’atto sarebbe ristretta se i singoli non potessero far valere in giudizio la sua efficacia e se i giudici nazionali non potessero prenderlo in considerazione come norma di diritto comunitario". Lei olandese voleva entrare in UK per lavorare.

 

Bosman: indennizzi a società e numero di stranieri sono lesivi.

 

Van Binsbergen: sancire esplicitamente l’applicabilità diretta del diritto alla libera prestazione di servizi. Norma di diritto olandese, in virtù della quale poteva intervenire in un processo d’appello come procuratore ad litem solo una persona residente nei Paesi Bassi è violante art.49.

 

Reyners: non poteva sussistere una differenza di trattamento fra cittadini nazionali e stranieri per quanto riguarda il diritto di stabilimento, in quanto l’articolo 43 del trattato CE è applicabile direttamente. L’avvocato olandese voleva esercitare in Belgio e aveva superato gli esami ma gli era stato negato per la sua nazionalità.


Acquis comunitario

L'"acquis comunitario" corrisponde alla piattaforma comune di diritti ed obblighi che vincolano l'insieme degli Stati membri nel contesto dell'Unione europea. Esso è in costante evoluzione ed è costituito da atti 2°, 3°,accordi int., trattati, corte di Giustizia

 

Agenda 2000

  • riforma della politica agricola comune;
  • riforma della politica strutturale;
  • strumenti di preadesione;
  • quadro finanziario

L'azione comune è stata soppressa dal trattato di Amsterdam e sostituita dalle "decisioni" e "decisioni quadro" nell’ ambito GAI mentre nell’ambito PESC designa azione coordinata di stati per conseguire concreti obiettivi fatti propri dal Consiglio sulla base degli orientamenti generali formulati dal Consiglio europeo.

 

Cittadinanza europea

Si aggiunge e presuppone quella di stati membri. Dà diritto soprattutto di circolare e soggiornare sul territorio di Unione.

 

 

  

 

Fonte:

http://www.glocaltrento.com/int_affairs/ia_documents/05a_appunti_diritto_ue_istituzionale.doc

http://www.glocaltrento.com/int_affairs/ia_documents/05a_Diritto_UE_Istituzionale.doc

Sito web: http://www.glocaltrento.com/int_affairs/ia_main.html

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