Costituzione italiana commentata

 

 

 

Costituzione italiana commentata

 

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Lettura commentata

della Costituzione Italiana

 

INDICE

Premessa
PRINCIPI FONDAMENTALI  ART. 1 - 12.

PARTE  PRIMA

Titolo I.  Rapporti civili   art.  13 - 28.

Titolo II.  Rapporti etico - sociali  art.  29 - 34.

Titolo III.  Rapporti economici   art.  35 - 47.

Titolo IV.  Rapporti politici   art.  48 - 54.

PARTE  SECONDA
(Il commento alla parte seconda è stato ritirato
causa la continua modificazione degli articoli
e le prospettive di rinnovamento)

Titolo I.  Il Parlamento
Sezione I.  Le Camere  art.  55 - 69.
Sezione II.  La formazione delle leggi  art.  70 - 82.

Titolo II.
 Il Presidente della Repubblica  art.  83 - 91.

Titolo III.  Il governo
Sezione I.  Il Consiglio dei Ministri  art.  92 - 96.
Sezione II.  La Pubblica Amministrazione   art.  97 - 98.
Sezione III.  Gli organi ausiliari   art.  99 - 100.

Titolo IV.  La Magistratura
Sezione I.  Ordinamento giurisdizionale   art. 101 - 110.
Sezione II.  Norme sulla giurisdizione   art.  111 - 113.

Titolo V. 
 Le Regioni, le Province, i Comuni   art.  114 - 133.

Titolo VI.  Garanzie Costituzionali
                                                                                                           Sezione I.  La Corte Costituzionale   art.  134 - 137.
Sezione II.  Revisione della Costituzione   art.  138 - 139
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI   I - XVIII.

  
 P R E M E S S A
Il 25 giugno del 1944, a nove mesi dall'armistizio dell'8 settembre e a pochi mesi dalla entrata in Roma degli Alleati, veniva stabilito con decreto da Napoli del Luogotenente Generale del Regno: dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano, che a tal fine eleggerà, a suffragio universale, diretto e segreto, un'Assemblea Costituente per deliberare la nuova Costituzione dello Stato.
Quel decreto luogotenenziale costituì l'anello che assicurava la continuità ideale tra lo Stato unitario, sorto nel 1861 con la Costituzione del Regno d'Italia, e quello che stava faticosamente rinascendo su rinnovate basi democratiche, dalle rovine e dai lutti della seconda guerra mondiale.
In realtà, il vecchio patto tra la monarchia e il popolo, stretto un secolo prima con lo Statuto Albertino, e poi con i plebisciti di annessione, doveva essere riveduto alla luce dei profondi rivolgimenti intervenuti. E fu dimostrazione della saggezza e della maturità del popolo italiano proprio il fatto, non comune nella storia dei popoli, di un radicale mutamento istituzionale determinatosi e concreatosi nella forma più pacifica e democratica, pure in circostanze del tutto eccezionali.
Nella lenta e ardua opera iniziale di ricostruzione politica e materiale dello Stato condotta in quegli anni, primo organo, anche se indiretto, di rappresentanza popolare fu la Consulta Nazionale costituita nel 1945. Essa ebbe appunto, per principale compito, la elaborazione delle norme, non solo per la elezione dell'Assemblea Costituente e per la determinazione dei suoi poteri, ma anche e soprattutto per l'attuazione del Referendum, con cui il popolo sarebbe stato direttamente chiamato a decidere fra Monarchia e Repubblica.
In base a tali norme approvate con Decreto Legislativo Luogotenenziale del 16 marzo 1946 n. 48, la data per la duplice e contemporanea consultazione popolare per il Referendum e per la elezione dei deputati all'Assemblea Costituente, fu fissata al 2 giugno 1946; ed è noto che i maggiori suffragi del popolo italiano furono per la forma repubblicana.
A seguito dei risultati del Referendum, solennemente proclamati dalla Suprema Corte di Cassazione, Umberto di Savoia lasciò il territorio nazionale, mentre l'Assemblea Costituente si riunì il 25 giugno a Montecitorio per procedere anzitutto alla elezione del Capo provvisorio dello Stato repubblicano nella persona dell' On. Enrico De Nicola, già Presidente della Camera dei Deputati dal 1920 al 1924.
Nel frattempo, il compito specifico di predisporre il materiale occorrente per la elaborazione del nuovo testo costituzionale era stato affidato al Ministero per la Costituente, istituito con decreto luogotenenziale del 31 luglio 1945, n. 435.
L'Assemblea Costituente nominò nel suo seno una Commissione di 75 deputati, presieduta dall'On.le Meuccio Ruini, in cui erano rappresentati tutti i partiti e movimenti politici e che era incaricata di predisporre, attraverso la elaborazione di tre sottocommissioni e di un comitato di coordinamento e di redazione, il progetto di Costituzione da sottoporre all'Assemblea plenaria.
Numerosissimi furono i problemi di carattere pregiudiziale e di impostazione che la Commissione dei 75 dovette affrontare nelle 160 sedute e più tenute tra il 20 luglio 1946 e il 31 gennaio 1947: tali le questioni del preambolo, della rigidità o flessibilità della Costituzione, del richiamo o meno delle norme concordatarie, della monocamerabilità o bicamerabilità del sistema, dell'autonomia regionale.
La discussione in aula del progetto così redatto ebbe inizio il 4 marzo 1947 e si protrasse, attraverso l'esame di ben 1663 emendamenti, fino al 22 dicembre dello stesso anno, attraverso 170 sedute.
Fu, infatti, in questa data che l'assemblea approvò, con 453 voti su 515 presenti e votanti, il testo definitivo della Costituzione.
Questa, promulgata il 27 dicembre dall'On. Enrico De Nicola, che il quel momento assumeva il titolo e le funzioni di Presidente della Repubblica Italiana, e controfirmata dal Presidente dell'Assemblea Costituente On. Umberto Terracini e dal Presidente del Consiglio dei Ministri On. Alcide De Gasperi, entrava in vigore il 1° gennaio 1948.
La Costituzione del 1948 rappresenta, quindi, il frutto di una elaborazione di quasi un anno e mezzo da parte dei membri dell'Assemblea Costituente ispirati dalla comune volontà di emanare una Carta Costituzionale che segnasse un punto d'incontro e di convergenza tra le concezioni istituzionali e ideali delle varie parti politiche del Paese.
Non si può infatti dimenticare il clima storico, le esperienze politiche e costituzionali della Nazione, le condizioni concrete in cui la Costituzione stessa è nata, ed in particolare la presenza in Italia, appena uscita dal caos della seconda guerra mondiale, di numerosi partiti politici, apportatori ciascuno di proprie ideologie.
Ne è risultato un tipo di Costituzione che da una parte, delineando gli organi dello Stato e definendone i limiti invalicabili posti a garanzia delle libertà civili e politiche dei cittadini, configura il tradizionale sistema democratico - parlamentare, dall'altra prevede istituti, predispone diritti e doveri, tutela nuovi rapporti, pone allo Stato compiti nuovi e traccia le linee di tutta una legislazione avvenire.
Di qui il duplice volto della Costituzione italiana: intesa a ripristinare le libertà tradizionali, circondandole anzi di più rigorose, compiute garanzie, e al tempo stesso protesa a prefigurare il modello di un regime politicamente e socialmente più avanzato, ad opera delle forze politiche del domani.

    Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

IL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO Vista la deliberazione dell'Assemblea Costituente, che nella seduta del 22 dicembre 1947 ha approvato la costituzione della Repubblica Italiana:
Vista la XVIII disposizione finale della Costituzione:
Promulga la Costituzione della Repubblica Italiana nel seguente testo:

PRINCIPI  FONDAMENTALI

Art. 1.  L'Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro.
           La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

La specificazione: "fondata sul lavoro" esprime l' intenzione dei nostri legislatori di stabilire un valore etico preminente avente a fondamento la collaborazione sociale.  Come a dire: la vita pratica dello Stato è fondata sulla collaborazione di tutte le categorie del lavoro. Oppure anche: sullo Stato dei lavoratori. A seconda.
Siamo nel 1947 e la frase, ideologicamente felice, è in realtà un.'astrazione che non risparmiò al Paese  lotte di classe durissime infocate  dalla particolare situazione di guerra fredda esistente nel tempo e nella quale quasi tutti i partiti e movimenti politici ebbero parte. Non ci è stato mai detto, purtroppo, quanto l'approvazione della nostra carta costituzionale si dovette al placet  dell'Unione Sovietica, o a quello dello Stato Vaticano, o a quello delle potenze Occidentali.
A parere dei classici scelti da noi e già indicati nella prefazione,  ogni tipo di democrazia, sia repubblicana che monarchica, per poter essere definita tale dev'essere fondata sul popolo, ovvero sugli aventi diritto alla cittadinanza, tutti regolati da una Legge di Stato certa, ma sempre discutibile e modificabile. Ciò, sia che si intenda dar peso al significato etimologico del termine "democrazia", o meno.
Una democrazia evoluta trasformerà poi il popolo in persone capaci di esprimersi autonomamente.
Lo spirito del popolo, a sua volta, è evidenziato dal senso dello Stato (non importa se unitario o meno), mentre il senso dello Stato è rappresentato nella Legge scritta (ad iniziare da quella costituzionale), ovvero da ciò che Benjamin Constant definiva "la forma".
La forma costituzionale è quindi la pietra di paragone, la sezione aurea alla quale poi tutte le norme, pur nella loro grande capacità di modificazione, devono adeguarsi.

Art. 2.  La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3.  Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli  di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4.  La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

A rigore questo articolo, per risultare operativo, richiederebbe una legge obbligante al pieno impiego. Tale legge fu, di fatto, promulgata nei Paesi comunisti dell'Est, e lo sarebbe stata anche in Italia se il risultato delle elezioni del 18 aprile 1948 avesse dato la vittoria al Fronte Popolare.
In regime di libertà capitalista una tal legge sembra impensabile, sia con le destre che con le sinistre al governo, per cui l'articolo mantiene soltanto un suo potere di esortazione, pur essendo di fatto pleonastico ed attualmente inapplicabile.
Dovrebbe suggerire però, nello Stato, una tendenza costituzionalizzata allo welfare.

Art. 5.  La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.

Art. 6.  La Repubblica tutela, con apposite norme, le minoranze linguistiche .

Art. 7.  Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale.
Nota al secondo comma:
I Patti Lateranensi sono stati modificati dall’Accordo concordatario del 18 febbraio 1984, reso esecutivo con la legge 25 marzo 1985, n. 121 (G.U. 10 aprile 1985, n. 85, suppl.). (Presidenza del Consiglio dei Ministri).

Che lo Stato Italiano sia realmente "indipendente e sovrano" di fronte alla Chiesa, è ipotesi che sta diventando, di giorno in giorno, sempre più astratta, specialmente dopo il cedimento del pensiero democratico di don Sturzo e De Gasperi a quello ideologico e dichiaratamente antidemocratico ed espansionistico del "Pensiero Forte" cattolico.
Dopo gli avvenimenti politici che fortunatamente hanno posto fine alla guerra fredda, per i quali il maggior merito va a Papa Giovanni Paolo II ed all'uomo politico russo Gorbaciov, i rapporti italiani fra Stato e Chiesa si sono modificati in modo da rendere di fatto abrogati i vecchi patti lateranensi nel solo favore però, almeno così a me pare, dello Stato Vaticano, mondialmente e carismaticamente assai più importante.
Ciò ha incoraggiato tutte le forze separatiste che ormai, dal Nord al Sud (passando per il centro), in Italia si sono unite per disunire. 
Non che questo sia un male in sè (purchè il popolo sinceramente lo voglia), ma se ne dovrebbe parlare un po' più alla luce del sole, almeno per il Centro e il Sud, allo scopo di evitare che l'oscurità e la notte covino poi germi d'odio.

Art. 8.  Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Le confessioni religiose diverse da quella cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.
I loro rapporti con lo Stato sono regolati dalla legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.
Nota al secondo comma:
A regolare tali rapporti sono intervenute le leggi 11 agosto 1984, n. 449, 22 novembre 1988, n. 516, 22 novembre 1988, n. 517 e 8 marzo 1989, n. 101 (G.U. 13 agosto 1984, n. 222; 2 dicembre 1988, n. 283; 23 marzo 1989, n. 69), emesse sulla base di previe « intese» intercorse, rispettivamente, con la Tavola valdese, le Chiese cristiane avventiste, le Assemblee di Dio e le Comunità ebraiche, e più di recente le leggi 5 ottobre 1993, n. 409 (G.U. 11 ottobre 1993, n. 239), 12 aprile 1995, n. 116 (G.U. 22 aprile 1995, n. 94), 29 novembre 1995, n. 520 (G.U. 7 dicembre 1995, n. 286), 20 dicembre 1996, nn. 637 e 638 (G.U. 21 dicembre 1996, n. 299), per la regolamentazione dei rapporti con altre confessioni o per la modifica delle precedenti intese. (P.C.M.).

Questo articolo migliora (ma soltanto in teoria e secondo i punti di vista) il vecchio Statuto Albertino che poneva, nel suo primo articolo, la religione Cattolica, Apostolica e Romana, quale unica religione di Stato, tollerando, conformemente alle leggi, gli altri culti.
Quel punto del secondo comma che afferma: "le religioni diverse da quella cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti..." suona un po' ambiguo.

Art. 9.  La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Art. 10.  L'ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali.
Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.
Non è ammessa l'estradizione dello straniero per reati politici.
Nota al quarto comma:
A norma dell’articolo unico della legge costituzionale 21 giugno 1967, n. 1 « l’ultimo comma dell’art. 10 della Costituzione non si applica ai delitti di genocidio» . Cfr. art. 26. (P.C.M.).

Art. 11.  L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.

Questo articolo è assolutamente ideologico, e di conseguenza, astratto. E non soltanto  per i fatti recenti della guerra in atto al terrorismo internazionale (alla quale l'Italia partecipa, almeno ufficialmente, a pieno titolo e con alleati), o per la partecipazione armata dell'aviazione italiana nella guerra del Kossovo e in quella del Kuwait; ma anche nei tempi in cui  la Costituzione fu scritta, i partiti politici erano schierati nel campo dei potenziali belligeranti "Oriente - Occidente", al punto che non avrebbero potuto esimersi dal coinvolgere i propri iscritti, o i cittadini italiani, in caso di conflagrazione.
In concreto, la pacificazione internazionale è conseguente all'aut - aut: "o tutti, o nessuno", da raggiungersi per accordi e da consolidarsi per tempi lunghi. Quindi, già scrivere: "L'Italia si impegna in perpetuo ad adoperarsi per la pace nel mondo", o qualcosa di simile, sarebbe stato più rispondente.
Purtroppo, non sarà possibile ottenere la pace per intese di   gerarchie e aggiustamenti di canoni ideologici: la scienza e il sapere  uniscono, le dottrine dividono. 
Potrà esserlo, piuttosto,  attraverso la ricerca e scoperta di modi di convivenza fra le culture dei popoli, per quanto lungo e faticoso ciò possa apparire.

Art. 12.  La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

 

PARTE  PRIMA
Diritti e doveri dei cittadini

Titolo I.  Rapporti civili.  Art. 13 - 28.

Art. 13.  La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa alcuna forma di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, nè qualsiasi altra restrizione alla libertà personale, se non per atto motivato dalla autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge, l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e che, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto.
E' punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

Questo ottimo articolo mostra quanto sia pretestuoso, dannoso e anticostituzionale, in Italia, il conflitto ormai cronico fra magistratura e potere politico, dal quale certamente proviene, almeno in gran parte, la "malattia" che inevitabilmente si ripercuote sulla funzionalità dell'intero sistema "giustizia".
Come si potrà vedere continuando a leggere gli articoli di questo primo titolo, la Costituzione italiana è sufficientemente garantista, e qui, al contrario che nei principi generali, essa non è carente. Semmai lo è la interpretazione.
Le "grandi battaglie", condotte sia dal Centrodestra che dal Centrosinistra, tutte impostate intorno ad una più o meno giustificata volontà di ipergarantismo, congiunto ciò alla politicizzazione partitica che si ritrova nelle università, hanno alla fine prodotto i guasti che tutti universalmente lamentano.  
Il lettore può confrontare le costituzioni internazionali nel già citato sito:  www.uni-wuerzburg.de/law  
Una lettura della Costituzione federale  dell'Austria (Il Sistema politico dell'Austria) pubblicata in lingua italiana dal Servizio Stampa Federale di Vienna nel 1992, e richiedibile all'Ambasciata austriaca, alla pagina 8 informa:
"Il principio della separazione dei poteri significa che le tre funzioni statali della legislazione, dell'esecuzione e della giurisdizione sono rigorosamente separate l'una dall'altra. E' ovvio che queste funzioni sono legate l'una all'altra dal sistema del controllo reciproco".
In genere, è così dappertutto, ma sul tema ritorneremo nella lettura del titolo IV della seconda parte.

Art. 14.  Il domicilio è inviolabile.
Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e nei modi stabiliti dalla legge, secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale.
Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o ai fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.

Art. 15.  La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dall'autorità giudiziaria, con le garanzie stabilite dalla legge.

Art. 16.  Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche.
Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge (che sono: il servizio militare e il pagamento dei tributi. Nota nel testo - 1970).

Art. 17.  I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente senza armi.
Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso.
Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza e di incolumità pubblica.

Art. 18.  I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale.
Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

Si noti come la Costituzione attuale si rivolga ai cittadini, mentre ancora lo Statuto albertino, nel suo articolo 40 recitava: "Nessun Deputato può essere ammesso alla Camera, se non è suddito del Re, non ha compiuto l'età di trent'anni..."   etc., mentre nell'articolo 24 tutti i cittadini sono definiti "regnicoli". 
E' facile trovare lo statuto albertino su Internet, cliccando:  www.quirinale.it/costituzione/Preunitarie-testi.htm ed altre.

Art. 19.  Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato e in pubblico il culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume.

Purtroppo, le religioni ufficiali non riconoscono il diritto del cittadino alla religione personale, ovvero alla meditazione libera su Dio e l' insieme delle cose naturali, così come ebbe a fare, ad esempio, Spinoza, che per questo motivo fu perseguitato, e lo è ancora. 
Essendo gli uomini poco educati alla meditazione personale in fatto di religione, accade spesso che molte persone abituate al pensiero scientifico (e quindi, per questo, più vicine a Dio in virtù della miglior conoscenza delle leggi della natura) si ritengano atee senza esserlo.
Meglio tollerate le sette, i santoni, maghi, esorcisti e stregoni, e tutta la miracolistica. Si condanna il mago, ma poi si dirà..."non era vero mago..."

Art. 20.  Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, nè di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.

Art. 21.  Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni a censure.
Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l' indicazione dei responsabili.
In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.
La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.
Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume.
La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

E' difficile ai cittadini manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione quando tali mezzi non sono di loro proprietà.
Da un punto di vista liberale, è meglio che i grandi media appartengano un po' a questo, un po' a quello, piuttosto che ad uno solo (diciamo, lo Stato o un monopolio ideologico), anche se in questo caso i ricchi risultano favoriti rispetto ai poveri. Nei media liberi può succedere però che i cittadini rimedino andandoci a lavorare e apportando essi stessi, in tal modo, magari di sottobanco, un po' di sincerità nella società civile. Nei media ideologizzati fare ciò è assai più difficile, anzi impossibile.

Si noti che alcuni articoli del vecchio Statuto albertino sarebbero da preferirsi; per merito, penso, dei tempi, che sino allo inizio della prima guerra mondiale erano certamente positivisti e forse più intellettualmente liberi.
Art. 26. La libertà individuale è garantita...; Art. 27. Il domicilio è inviolabile...; Art. 28. La stampa sarà libera...; tutti articoli di un solo comma, e quindi privi di quei paragrafi successivi che spesso stemperano o annacquano i principali.
Era più facile, al tempo, a un editore, proporre alle librerie le proprie raccolte, e di norma ogni accorto libraio ci teneva a che nel proprio negozio il compratore  trovasse una  scelta di proprio gusto, nè gli attentati ai Re, di Passannante e Bresci provocarono limitazioni alla  libertà di stampa o di editoria. 
Se pure c'erano librerie politicizzate in modo monotematico, lo erano per volontà del proprietario, non per accordo contrattuale, e non erano molte, almeno sino allo inizio degli anni 'Venti.

E' interessante rileggere l'articolo  125 della vecchia Costituzione dell' U.R.S.S., che qui cito in una traduzione in lingua italiana stampata nell'Unione Sovietica nel 1944. 
L'articolo recita:  

"In conformità con gli interessi dei lavoratori e allo scopo di consolidare il regime socialista, ai cittadini dell' U.R.S.S. è garantita per legge: a) libertà di parola; b) libertà di stampa; c) libertà di riunione e di comizi; d) libertà di cortei e dimostrazioni di strada.
Questi diritti dei cittadini vengono assicurati mettendo a disposizione dei lavoratori e delle loro organizzazioni le tipografie, i depositi di carta, gli edifici pubblici, le strade, le poste, i telegrafi, i telefoni, e le altre condizioni materiali necessarie per il loro esercizio".

Bellissimo. 
Se però poi uno leggesse tutto per bene (e forse lo ricopieremo a suo tempo qui, in questa sezione), si accorgerebbe che la struttura dello Stato sovietico era gerarchizzata in modo così strettamente piramidale (dal popolo ai commissari... sino al Soviet Supremo... sino a Stalin... nel senso che l'uno dipendeva dall'altro) che nessuna delle cose necessarie a manifestare la libertà si sarebbe poi potuta ottenere dai lavoratori (o comunque dai cittadini), senza chiedere il preventivo permesso a qualcuno. "Permesso", non "istanza" o discussione.
Per confermare ciò, ecco l'articolo 131:

" Ogni cittadino dell'U.R.S.S. è tenuto a salvaguardare e a consolidare la proprietà sociale, socialista, base sacra e inviolabile del regime sovietico, fonte della ricchezza e della potenza della patria, fonte dell'agiatezza e della vita civile di tutti i lavoratori.
Coloro che attentano alla proprietà sociale, socialista, sono nemici del popolo."

La struttura piramidale dello Stato sovietico è stata poi la causa principale della decadenza del comunismo, già costituzionalmente avviato verso la sua trasformazione in monarchia assolutista (vedi Corea del Nord), o verso il suo annullamento (vedi Gorbaciov), o verso la sua apertura al capitalismo (vedi Cina attuale).

Oggi in Europa, il miglior modo che un cittadino non abbiente ha di esprimersi in proprio (ovvero di utilizzare la libertà, fatti salvi i doveri morali reciproci), è offerto da Internet, in virtù dei suoi relativamente bassi costi di esercizio.

Art. 22.  Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giudiziaria, della cittadinanza, del nome.

Art. 23.  Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta, se non in base alla legge.

Art. 24.  Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.
La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.
La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

Art. 25.  Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.

Art. 26.  L'estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali.
Non può, in alcun caso, essere ammessa per reati politici.
Nota al secondo comma.
A norma dell’articolo unico della legge costituzionale 21 giugno 1967, n. 1 « l’ultimo comma dell’art. 26 della Costituzione non si applica ai delitti di genocidio» . Cfr. art. 10. (P.C.M.).

Art. 27.  La responsabilità penale è personale.
L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.
Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.
Nota al quarto comma.
Cfr. Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali - "Protocollo n. 6 sull’abolizione della pena di morte" (adottato a Strasburgo il 28 aprile 1983), reso esecutivo con legge 2 gennaio 1989, n. 8 (G.U. 16 gennaio 1989, n. 12, suppl. ord.), nonché legge 13 ottobre 1994, n. 589 sull’"Abolizione della pena di morte nel codice penale militare di guerra" (G.U. 25 ottobre 1994, n. 250). (P.C.M.).

Art. 28.  I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.

 

Titolo II.  Rapporti etico - sociali.  Art. 29 - 34.

Art. 29.  La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.
Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.

Art. 30.  E' dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
Le legge detta el norme e i limiti per la ricerca della paternità.

Art. 31.  La Repubblica agevola, con misure economiche e altre provvidenze, la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.
Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

Art. 32.  La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Il secondo comma di questo articolo fu preso in considerazione non molto tempo fa, in merito alle polemiche che sopravvennero riguardo al metodo del dottor Di Bella nella cura del cancro. 
Non si fanno però qui, commenti sul caso.

Art. 33.  L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento.
La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi.
Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.
La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali.
E' prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione dell'esercizio professionale.
Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Sulla pedagogia ho un bel ricordo di scuola, sia per un bel trenta ricevuto a un esame, sia perchè me ne sono occupato durante la elaborazione della mia tesi su Nietzsche, che mi fruttò un 110 senza lode, nonostante io fossi uno studente anomalo, ovvero un anziano "lavoratore - studente" che per farcela dimezzava il numero degli esami stabiliti nell'anno.
In breve, su questo articolo la penso così: è giusto che non vi siano differenze fra scuola privata e scuola pubblica, in quanto entrambe debbono tendere a raggiungere i giusti fini della pedagogia, che nascono, prima ancora che dalla esigenza di formare un uomo sufficientemente acculturato, da quella di formare un uomo capace di non essere di danno alla società in cui vive e di amalgamarsi nel mondo, di capire quanto più è possibile di sè e degli altri.
I nomi importanti dicono tutti la stessa cosa: Pestalozzi, Cattaneo, Durkheim, Dewey, Whitehead, Ardigò, Suchodolski (non cito a caso, ma da autori di libri che ho in casa), seguono tutti lo stesso principio: prima l'uomo inteso come qualità di popolo, dalla libertà e potenza del quale devono provenire sia il cittadino che la persona (ma non dal loro addomesticamento a cittadino e persona), e poi il suo scopo, la sua natura sociale, non viceversa, anche se la natura sociale dell'uomo è importante, e non bisogna commettere l'errore di dimenticarsene.
Il problema non è poi neanche quello "degli oneri per lo Stato". Nel 1947 lo Stato era assai più povero, (anche se con meno debiti) e assai più laico di quanto sia oggi.
Il vero problema è: -  Tu, scuola privata, in cambio, cosa mi dai? 
In Svizzera, in Gran Bretagna, negli Stati Uniti, certo anche in molti altri Stati, le scuole private funzionano, anche se non sempre proporzionalmente al costo delle loro rette (lagnanze americane). Mi riferisco però soprattutto alle scuole medie, non escluse le elementari. Si può capire meglio che spetti  all'Università creare lo specialista. 
Tornando al nostro articolo 33, e al suo terzo comma, sembra evidente che, a rigore, ogni onere per lo Stato dovrebbe risultare non costituzionale, almeno finché la Costituzione non sia cambiata.
Ciò proviene forse da un errore di fondo, che ogni tanto ritroveremo: ogni costituzione rigida dovrebbe avere il buon senso di essere breve. Se invece fa entrare nei suoi commi norme che potrebbero essere interpretate "dopo", si troverà, nel tempo, a risolvere contraddizioni irresolubili, ovvero, a far desiderare la propria estinzione.
In ogni modo, il caso è intuitivo: lo Stato, qualsiasi provenienza esso abbia, non può sostenere la soluzione classista. Nel momento in cui la scuola statale accettasse di sbracare e diventare un ghetto (intendo, offrire un cattivo insegnamento, non "escludere i poveri"), tutta la nazione ne risentirebbe negativamente. Anzi, forse sprofonderebbe. 

Art. 34.  La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

Titolo III.  Rapporti economici.  Art. 35 - 47.

Art. 35.  La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni.
Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, a tutela del lavoro italiano all'estero.

Questo articolo fu scritto in un tempo in cui l'Unione Europea, quale l'abbiamo oggi, era desiderata, ma concretamente impensabile. 
Oggi invece esso è entrato a far parte della politica "estera" (ma "interna") dei rapporti fra Stati della stessa Unione. Che lo si voglia o no, spesso crea problemi esterni e polemiche interne.
Ciò fa parte, penso, delle inevitabili cause che dovrebbero condurre alle future modificazioni le quali, si spera, dovranno dare sempre più forza al carattere unitario dell'Unione, per l'avvenire della quale, personalmente, sostengo la forma federativa.
A meno che non si voglia fare una Unione Europea di piccole autarchie, e rischiare lo sballo.

Art. 36.  Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un' esistenza libera e dignitosa.
La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.
Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

I lettori lavoratori di almeno quarant'anni ricorderanno le impegnative lotte sul cottimo che il sindacato unitario compì, fra i trenta e i venti anni fa.
Secondo me l'ultimo comma di questo articolo è giusto.
Quanto allo "Statuto dei lavoratori", esso non è costituzionalizzato, e in fondo è un bene che sia così. Però la stessa Costituzione, almeno nei suoi articoli 3 e 4,  ed anche in coerenza a tutte le garanzie per la difesa della famiglia, difende la vita del sindacato stesso, che non può essere inteso come una istituzione di semplice emanazione politico - ideologica. 
Può esserlo, piuttosto, come una conseguenza pratica degli articoli fondamentali sui diritti dell'uomo e del cittadino ed essere collegato  con l'articolo 4 dei principi generali, quale garanzia della tendenza allo welfare (stato del benessere). 

Art. 37.  La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.
La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato (1).
La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.
(1)  Per tale limite di età l'Italia è vincolata dalle Convenzioni di Washington (1919) e di Ginevra (1937), che fissano, in linea di massima, nel quattrordicesimo anno di età il limite minimo per accedere al lavoro salariato. (Nota nel testo).

Art. 38.  Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale.
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L'assistenza privata è libera.

Questo articolo, che secondo me è ineccepibile, si lega al tema della nuova legislazione sulla liberalizzazione ospedaliera venuto recentemente in discussione alla Camera.
Non so adesso dove stia la ragione, o se una ragione vi sia, comunque il tema riporta al vecchio problema della Costituzione rigida, in virtù della quale se un articolo non può essere, di fatto, abrogato, può essere però ignorato.
Il problema della rigidità è stato automaticamente superato dalla introduzione del premio di maggioranza. Se ne era trattato sufficientemente nella parte seconda, nella quale, però, dopo l'approvazione della sua revisione, il nostro commento è stato tolto. 

Art. 39.  L'organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso gli uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
E' condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alla quali il contratto si riferisce.

Art. 40.  Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano. (1).
(1)  Tale diritto dovrà essere regolato dalla legge, la quale potrà limitarlo. Mentre viene sancito il diritto di sciopero, la Costituzione non contempla il diritto di serrata. (Nota nel testo).
Nota:
V. legge 12 giugno 1990, n. 146, recante "Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali" (G.U. 14 giugno 1990, n. 137). (P.C.M.).

Art. 41.  L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
Le legge determina i programmi e i controlli opportuni perchè l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Art. 42.  La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati.
La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti, allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale (1).
La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritto dello Stato sulle eredità.
(1)  Lo Statuto albertino affermava all'art. 29: "Tutte le proprietà, senza alcuna eccezione, sono inviolabili" e ammetteva l'esproprio solo per i casi di pubblica utilità; L'attuale Costituzione invece riconosce e garantisce la proprietà privata, ma rinvia alle leggi ordinarie la determinazione dei modi di acquisto, del godimento e dei limiti della proprietà, allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. (Nota nel testo).

Art. 43.  Ai fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale (1).
(1)  E' ammessa così la nazionalizzazione e la socializzazione di determinate imprese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali, a fonti di energia e a situazioni di monopolio, semprechè tali imprese abbiano una tale importanza da risultare essenziali all'economia nazionale. (Nota nel testo).

E' pensabile che oggi questo articolo sarebbe rifatto aggiungendo altri commi, opposti all'unico che qui esso presenta. Immagino, altri commi sulle privatizzazioni.

Art. 44.  Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa i limiti della sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove e impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà.
La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.

Questi erano, al tempo, gli argomenti forti del Fronte Popolare, e fa comunque onore ai vincitori del 1948 di averli rispettati e comunque risolti, (nonostante le lotte e i caduti) proprio in quanto costituzionalizzati.

Art. 45.  La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità.
La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato.

Art. 46.  Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.

Questo articolo è imbarazzante perchè, così com'è scritto, in un solo comma, sembrerebbe già pronto perchè se ne pretenda l'attuazione.
La cogestione, a mia memoria e senza pretendere di rifarne la storia, fu sostenuta da Benito Mussolini e dal sindacalista Bombacci, fra il 1944 e il 1945, nel tempo della Repubblica di Salò. In seguito fu attuata in Iugoslavia durante la dittatura del maresciallo Tito, e in Austria, con il governo democratico. In Italia fu riproposta dal Movimento Sociale Italiano vivente il segretario Almirante; non so bene se anche dalla Sinistra.
Si tratta di un esempio di sperimentazione sociale che può essere respinto o accettato con argomenti ugualmente razionali.
In questo caso però, al contrario che per l'art. 44, la costituzionalizzazione non ne è stata rispettata, e ciò si deve certamente al fatto che non ne fu mai approvata una legge obbligante.
Rimane, comunque, una contraddizione formale.

Art. 47.  La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina e coordina e controlla l'esercizio del credito.
Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.

Titolo IV.  Rapporti politici.  Art. 48 - 54.

Art. 48.  Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico.
Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile, o nei casi di indegnità morale indicati dalla legge. (1).
(1)  Oltre alle sopra citate cause che limitano il diritto di voto, la Costituzione ne aggiunge altre due, riportate dalle disposizioni transitorie XII e XIII. (Nota nel testo).
Nota al terzo comma:
Comma introdotto dalla legge costituzionale 17 gennaio 2000, n. 1. L'art. 3 della legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1, ha, inoltre, disposto, in via transitoria, quanto segue: "1. In sede di prima applicazione della presente legge costituzionale ai sensi del terzo comma dell'articolo 48 della Costituzione, la stessa legge che stabilisce le modalità di attribuzione dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero stabilisce, altresì, le modificazioni delle norme per l'elezione delle Camere conseguenti alla variazione del numero dei seggi assegnati alle circoscrizioni del territorio nazionale. 2. In caso di mancata approvazione della legge di cui al comma 1, si applica la disciplina costituzionale anteriore." (P.C.M.).

Art. 49.  Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. (1).
(1)  L'art. XII delle disposizioni transitorie proibisce però la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del partito fascista. (Nota nel testo).

Nessun commento. 
O meglio, bisognerebbe proporre il tema: una democrazia può convivere con partiti dichiaratamente antidemocratici al suo interno? Se ne può difendere? E in quale modo?
Poiché non esiste soltanto il partito fascista (dei fascisti). 
Secondo me, il miglior modo di difendersi (conservando la legalità democratica), consiste nel possedere una Costituzione valida che sappia ben distinguere fra gli interessi della sfera pubblica ed i diritti di quella privata.

Art. 50.  Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.

Art. 51.  Tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere ai pubblici uffici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. (1).
La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici ed alle cariche elettorali, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.
Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.
(1)  La legge può estendere tale diritto anche a coloro che etnicamente sono italiani, ma non cittadini della Repubblica Italiana.

Art. 52.  La difesa della patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio, nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici.
L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.

Il secondo comma del presente articolo è diventato contraddittorio, come si sa, da che il servizio di leva viene assolto dall'esercito professionale. Non risulta, tuttavia, che esso sia stato soppresso, non essendo mai stata ridiscussa la parte prima della Costituzione.
Lo Statuto albertino, su questo punto era più chiaro:  Art. 75.  La leva militare è regolata dalla legge.  Senz'altre aggiunte.

Art. 53.  Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

Art. 54.  Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi.
I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.

PARTE  SECONDA
Ordinamento della Repubblica

Presentazione degli articoli attuali del titolo 
e memoria storica.

Titolo I.  Il Parlamento.  
Sezione I. - Le Camere.  Art. 55 - 69.
Sezione II. - La formazione delle leggi.  Art. 70 - 82.

Art. 55.  Il Parlamento si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due Camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione.

Art. 56.  (1)  La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati è di seicentotrenta. Sono eleggibili a deputati tutti gli elettori che nel giorno delle elezioni hanno compiuto i venticinque anni di età. La ripartizione dei seggi fra le circoscrizioni si effettua dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per seicentotrenta e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base di quozienti interi e dei più alti resti.
(1)  Così emendato dalla legge costituzionale 9 febbraio 1963, n. 2, art. 1.(Nota nel testo).

Modificato:

In seguito, l'art. 1 della legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1, ha modificato l'art. 56. Il testo dell'articolo 56, come sostituito dalla legge costituzionale 9 febbraio 1963, n. 2, era il seguente: "La Camera dei deputati è eletta a suffragio universale e diretto. Il numero dei deputati è di seicentotrenta. Omissis...vedi sopra.

 L'art. 3 della legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1, ha, inoltre, disposto, in via transitoria, quanto segue: "1. In sede di prima applicazione della presente legge costituzionale ai sensi del terzo comma dell'articolo 48 della Costituzione, la stessa legge che stabilisce le modalità di attribuzione dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero stabilisce, altresì, le modificazioni delle norme per l'elezione delle Camere conseguenti alla variazione del numero dei seggi assegnati alle circoscrizioni del territorio nazionale. 2. In caso di mancata approvazione della legge di cui al comma 1, si applica la disciplina costituzionale anteriore."

Art. 57.  (1)  Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale. Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici. Nessuna regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno. La ripartizione dei seggi tra le regioni, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base di quozienti interi e dei più alti resti.
(1)  Così modificato dalla legge costituzionale 9 febbraio 1963, n. 2, art. 2, a sua volta emendata dalla legge costituzionale  27 dicembre 1963, n. 3, art. 2. (Nota nel testo).

Modificato:

Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale, salvi i seggi assegnati alla circoscrizione Estero.
Il numero dei senatori elettivi è di trecentoquindici, sei dei quali eletti nella circoscrizione Estero.
Nessuna Regione può avere un numero di senatori inferiore a sette; il Molise ne ha due, la Valle d'Aosta uno.
La ripartizione dei seggi fra le Regioni, fatto salvo il numero dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero, previa applicazione delle disposizioni del precedente comma, si effettua in proporzione alla popolazione delle Regioni, quale risulta dall'ultimo censimento generale, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

Nota:
Si segnala inoltre che con la legge costituzionale 9 marzo 1961, n. 1, si è provveduto all'assegnazione di tre senatori ai comuni di Trieste, Duino, Aurisina, Monrupino, Muggia, San Dorligo della Valle e Sgonico.  
Modificato una seconda volta dall'art. 2 della legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1.  
L'art. 3 della legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1, ha, inoltre, disposto, in via transitoria, quanto segue: "1. In sede di prima applicazione della presente legge costituzionale ai sensi del terzo comma dell'articolo 48 della Costituzione, la stessa legge che stabilisce le modalità di attribuzione dei seggi assegnati alla circoscrizione Estero stabilisce, altresì, le modificazioni delle norme per l'elezione delle Camere conseguenti alla variazione del numero dei seggi assegnati alle circoscrizioni del territorio nazionale. 2. In caso di mancata approvazione della legge di cui al comma 1, si applica la disciplina costituzionale anteriore."  (P.C.M.)

Art. 58.  I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori che hanno superato il venticinquesimo anno di età.

Art. 59.  E' senatore di diritto a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica. 
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita, cinque cittadini che hanno illustrato la patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.

Art. 60.  (1)  La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sono eletti per cinque anni. 
La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra.
(1)  Così emendato dalla legge costituzionale 9 febbraio 1963, n. 2, art. 3. (Nota nel testo).
Nota al primo comma.
Comma così sostituito con l’art. 3 della legge cost. 9 febbraio 1963, n. 2, recante « Modificazioni agli articoli 56, 57 e 60 della Costituzione» .
Il testo originario dell’art. 60 recitava:
"La Camera dei deputati è eletta per cinque anni, il Senato della Repubblica per sei.
La durata di ciascuna Camera non può essere prorogata se non per legge e soltanto in caso di guerra".  (P.C.M.).

Art. 61.  Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti. la prima riunione ha luogo non oltre il ventesimo giorno dalle elezioni.
Finché non siano riunite le nuove Camere sono prorogati i poteri delle precedenti.

Art. 62.  Le Camere si riuniscono di diritto il primo giorno non festivo di febbraio e di ottobre.
Ciascuna Camera può essere convocata in via straordinaria per iniziativa del suo Presidente o del Presidente della Repubblica o di un terzo dei suoi componenti.
Quando si riunisce in via straordinaria una Camera, è convocata di diritto anche l'altra.

Art. 63.  Ciascuna camera elegge fra i suoi componenti il Presidente e l'Ufficio di presidenza.
Quando il Parlamento si riunisce in seduta comune, il Presidente e l'Ufficio di presidenza sono quelli della Camera dei deputati. (1).
(1)  Il costituente ha ritenuto di affidare tale compito a quella Presidenza, non per fissare una precedenza della Camera dei deputati sul Senato, ma perchè al Presidente del Senato ha riservato l'altissimo incarico di sostituire il Presidente della Repubblica, nel caso in cui questi non possa adempiere alle sue funzioni (art. 86). (Nota nel testo).

Art. 64.  Ciascuna camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi componenti.
Le sedute sono pubbliche; tuttavia ciascuna delle due Camere e il Parlamento a Camere riunite possono deliberare di adunarsi in seduta segreta.
Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti, e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale.
I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.

Art. 65.  La legge determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di deputato o di senatore (1).
Nessuno può appartenere contemporaneamente alle due Camere.
(1)  Il Testo unico per le elezioni della Camera dei deputati 30 marzo 1957, n. 361, e la legge 13 febbraio 1953, n. 60, contemplano rispettivamente i casi di ineleggibilità o di incompatibilità. (Nota nel testo).

Art. 66.  Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità.

Art. 67.  Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato.

Art. 68.  I membri del Parlamento non possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camere alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a procedimento penale; nè può essere arrestato, o altrimenti privato della libertà personale, o sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, salvo che sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è obbligatorio il mandato o l'ordine di cattura.
Eguale autorizzazione è richiesta per trarre in arresto o mantenere in detenzione un membro del Parlamento in esecuzione di una sentenza anche irrevocabile.

Modificato:

I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza.
Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazione, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza.

Nota:
Articolo così sostituito con la legge cost. 29 ottobre 1993, n. 3 (G.U. 30 ottobre 1993, n. 256).
Per l’immunità dei giudici della Corte costituzionale, cfr. art. 3 della legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1.
Nota all’art. 75, quinto comma.
(Della legge cost. sopra citata. N.d.R.).
V. art. 2 della legge cost. 11 marzo 1953, n. 1 e Titolo II della legge 25 maggio 1970, n. 352.  

Art.  69.  I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge.

Sezione II.  La formazione delle leggi.

Art. 70.  La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.

Art. 71.  L'iniziativa delle leggi appartiene al Governo, a ciascun membro delle Camere ed agli organi ed enti ai quali sia conferita la legge costituzionale (1).
Il popolo esercita l'iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno cinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.
(1)  Ad esempio il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (art. 99) e la Regione (art. 121). (Nota nel testo).

Art. 72.  Ogni disegno di legge, presentato ad una Camera è, secondo le norme del suo regolamento, esaminato da una commissione e poi dalla Camera stessa, che l'approva articolo per articolo e con votazione finale.
Il regolamento stabilisce procedimenti abbreviati per i disegni di legge dei quali è dichiarata l'urgenza.
Può altresì stabilire in quali casi e forme l'esame e l'approvazione dei disegni di legge sono deferiti a commissioni, anche permanenti, composte in modo da rispecchiare le proporzioni dei gruppi parlamentari. Anche in tali casi, fino al momento della sua approvazione definitiva, il disegno di legge è rimesso alla Camera, se il Governo o un decimo dei componenti della Camera o un quinto della commissione richiedono che sia discusso o votato dalla Camera stessa oppure che sia sottoposto alla sua approvazione finale con sole dichiarazioni di voto. Il regolamento determina le forme di pubblicità dei lavori delle commissioni.
La procedura normale di esame e di approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale e per quelli di delegazione legislativa, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, di approvazioni di bilanci e consuntivi.

Art. 73.  Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione.
Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l'urgenza, la legge è promulgata nel termine da esso stabilito.
Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.

Art. 74.  Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con un messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.
Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.

Art. 75.  E' indetto referendum popolare per deliberare la abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge, quando lo richiedano cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali.
Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali.
Hanno diritto di partecipare al referendum tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei deputati.
La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.
La legge determina le modalità di attuazione del referendum.

Art. 76.  L'esercizio della funzione legislativa non può essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi, e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.

Art. 77.  Il Governo non può, senza delegazione delle Camere, emanare decreti che abbiano valore di legge ordinaria.
Quando in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni.
I decreti perdono efficacia sin dall'inizio se non sono convertiti in legge entro sessanta giorni dalla loro pubblicazione. Le Camere possono tuttavia regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

Art. 78.  Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari. (1).
(1)  La "dichiarazione di guerra" spetta invece al Presidente della Repubblica. (Art. 87). (Nota nel testo).

Art. 79.  L'amnistia e l'indulto sono concessi dal Presidente della Repubblica su legge di delegazione delle Camere. (1).
Non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla proposta di delegazione.
(1)  Il potere di grazia appartiene invece esclusivamente al Presidente della Repubblica. (Nota nel testo).

Modificato:

L’amnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale.
La legge che concede l’amnistia o l’indulto stabilisce il termine per la loro applicazione.
In ogni caso l’amnistia e l’indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge.

Nota:
Articolo così sostituito con la legge cost. 6 marzo 1992, n. 1 (G.U. 9 marzo 1992, n. 57).
(P.C.M.).
Art. 80.  Le Camere autorizzano  con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi.

Art. 81.  Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese.
Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte.

Art. 82.  Ciascuna Camera può disporre inchieste su materie di pubblico interesse.
A tale scopo  nomina fra i propri componenti una commissione formata in modo da rispecchiare la proporzione dei vari gruppi. La commissione d'inchiesta procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria.

Titolo II.  
Il Presidente della Repubblica.  Art. 83 - 91.

Art. 83.  Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri.
All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione, eletti dal Consiglio Regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato.
L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta.

Art. 84.  Può essere eletto Presidente della Repubblica ogni cittadino che abbia compiuto cinquanta anni d'età e goda dei diritti civili e politici.
L'Ufficio di Presidente della Repubblica è incompatibile con qualsiasi altra carica.
L'assegno e la dotazione del Presidente sono determinati per legge. (1).
(1)  La legge 9 agosto 1948, n. 10'77, stabiliva che la dotazione del Presidente della Repubblica comprendesse, oltre al Palazzo del Quirinale, la tenuta di Castel Porziano, oltre a una somma annua di 180 milioni. (Nota nel testo).

Art. 85.  Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni.
Trenta giorni prima che scada il termine, il Presidente della Camera dei deputati convoca in seduta comune il Parlamento e i delegati regionali, per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica.
Se le Camere sono sciolte. o manca meno di tre mesi alla loro cessazione, la elezione ha luogo entro quindici giorni dalla riunione delle Camere nuove. Nel frattempo sono prorogati i poteri del Presidente in carica.

Art. 86.  Le funzioni del Presidente della Repubblica, in ogni caso che egli non possa adempierle, sono esercitate dal Presidente del Senato.
In caso di inadempimento permanente o di morte, o di dimissioni del Presidente della Repubblica, Il Presidente della Camera dei deputati indice la elezione del nuovo Presidente della Repubblica entro quindici giorni, salvo il maggior termine previsto se le Camere sono sciolte o manca meno di tre mesi alla loro cessazione.

Art. 87. I.  Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l'unità nazionale.
II.  Può inviare messaggi alle Camere.
III.  Indice le elezioni delle nuove Camere e ne fissa la prima riunione.
IV.  Autorizza la presentazione alle Camere dei disegni di legge di iniziativa del Governo.
V.  Promulga le leggi ed emana i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.
VI.  Indice il referendum popolare nei casi previsti dalla Costituzione.
VII.  Nomina, nei casi indicati dalla legge, i funzionari dello Stato.
VIII.  Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici, ratifica i trattati internazionali, previa, quando occorra, l'autorizzazione delle Camere.
IX.  Ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio supremo di difesa, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere.
X.  Presiede il Consiglio Superiore della Magistratura.
XI.  Può concedere la grazia e commutare le pene.
XII.  Conferisce le onorificenze della Repubblica.

Art. 88.  Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato.

Modificato:

Il Presidente della Repubblica può, sentiti i loro Presidenti, sciogliere le Camere o anche una sola di esse.
Non può esercitare tale facoltà negli ultimi sei mesi del suo mandato, salvo che essi coincidano in tutto o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura.

Così sostituito con la legge cost. 4 novembre 1991, n. 1 (G.U. 8 novembre 1991, n. 262).  (P.C.M.).

Art. 89.  Nessun atto del Presidente della Repubblica è valido se non è controfirmato dai ministri proponenti, che ne assumono la responsabilità.
Gli atti che hanno valore legislativo e gli altri indicati dalla legge sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio dei ministri.

Art. 90.  Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.

Art. 91.  Il Presidente della Repubblica, prima di assumere le sue funzioni, presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune.

 

Titolo III.  Il Governo. Art. 92 - 100.

Art. 92.  Il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri.
Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri.

Art. 93.  Il Presidente del consiglio dei ministri e i ministri, prima di assumere le funzioni, prestano giuramento nelle mani del Presidente della Repubblica.

Art. 94.  Il Governo deve aver la fiducia delle due Camere.
Ciascuna Camera accorda o revoca la fiducia mediante mozione motivata e votata per appello nominale.
Entro dieci giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per ottenere la fiducia.
Il voto contrario di una o d'entrambe le Camere su una proposta del Governo non comporta obbligo di dimissioni.
La mozione di sfiducia deve essere firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera, e non può essere messa in discussione prima dei tre giorni dalla sua presentazione.

Art. 95.  Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo promovendo e coordinando l'attività dei ministri.
I ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri, e individualmente degli atti dei loro dicasteri.
La legge provvede all'ordinamento della Presidenza del Consiglio e determina il numero, le attribuzione e l'organizzazione dei ministeri.

Art. 96.  Il Presidente del Consiglio dei ministri e i ministri sono posti in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune per reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni.
(1)  Essi vengono giudicati dalla Corte Costituzionale (art. 134). Per i reati commessi non nell'esercizio delle loro funzioni essi cadono sotto la normale legge penale e civile, salva l'immunità parlamentare, quando siano membri del Parlamento. (Nota nel testo).

Modificato:

Il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale.

Nota:
Articolo così sostituito con l’art. 1 della legge cost. 16 gennaio 1989, n. 1. V., altresì, legge 5 giugno 1989, n. 219.

Sezione II.  La Pubblica Amministrazione.

Art. 97.  I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.
Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.

Art. 98.  I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione.
Se sono membri del Parlamento, non possono conseguire promozioni se non per anzianità.
Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero.

Sezione III.  Gli organi ausiliari.

Art. 99.  Il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa.
E' organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge.
Ha l'iniziativa legislativa e può contribuire alla elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge.

Art. 100.  Il Consiglio di Stato è organo di consulenza giuridico - amministrativa e di tutela della giustizia nell'amministrazione.
La Corte dei Conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo della gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito.
La legge assicura l'indipendenza dei due istituti e dei loro componenti di fronte al Governo.

 

Titolo IV.  La Magistratura.  
Sezione I. - Ordinamento giurisdizionale.  
Art. 101 - 110.
Sezione II. - Norme sulla giurisdizione.  Art. 111 - 113.

Art. 101.  La giustizia è amministrata in nome del popolo.
I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

Art. 102.  La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario.
Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi, presso gli organi giudiziari ordinari, sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.
La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.

Art. 103.  Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi.
La Corte dei Conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge.
I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle forze armate.

Art. 104.  La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. 
II. Il Consiglio superiore della Magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica. (1).
III.  Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione.
IV:  Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.
V:  Il Consiglio elegge un vicepresidente fra i componenti designati dal Parlamento.
VI:  I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.
VII.  Non possono, finchè sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.
(1)  La Costituzione e il funzionamento del Consiglio Superiore della Magistratura sono stabiliti dalla legge 24 marzo 1958, n. 195; le modifiche in materia sono state apportate con le leggi 13 luglio 1965, n. 838 e 18 dicembre 1967, n. 1198.  (Nota nel testo).

Art. 105.  Spettano al Consiglio Superiore della Magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.

Art. 106.  Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.
La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a singoli giudici.
Su designazione del Consiglio Superiore della Magistratura possono essere chiamati all'ufficio di Consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

Art. 107.  I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio, nè destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio Superiore della Magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario, o con il loro consenso.
Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare.
I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.
Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

Art. 108.  Le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge.
La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia.

Art. 109.  L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.

Art. 110.  Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.

Sezione II.  Norme sulla giurisdizione.

Art. 111.  Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.
Contro le decisioni del Consiglio di Stato o della Corte dei conti, il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Modificato:

La giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge.
Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.
Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suo carico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa nelle stesse condizioni dell’accusa e l’acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.
Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore.
La legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per consenso dell’imputato o per accertata impossibilità di natura oggettiva o per effetto di provata condotta illecita.
Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.
Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.
Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Nota:
I primi cinque commi sono stati introdotti con l’art. 1 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 (G.U. 23 dicembre 1999, n. 300).
All’art. 2, la stessa legge costituzionale così dispone:
"1. La legge regola l’applicazione dei princìpi contenuti nella presente legge costituzionale ai procedimenti penali in corso alla data della sua entrata in vigore". (P.C.M.).

Art. 112.  Il Pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.

Art. 113.  Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria e amministrativa.
Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

 

Titolo V.  Le Regioni, le Province, i Comuni.  
Con le modifiche introdotte dalla Legge Costituzionale 
n. 3 del 18 ottobre 2001.

Art. 114.  La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni.

Modificato:

La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione.
Roma è la capitale della Repubblica. La legge dello Stato disciplina il suo ordinamento.

Nota:
Sostituito dall'art. 1 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. (P.C.M.).
Art. 115.  Le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e funzioni, secondo i principi fissati nella Costituzione.

Modificato:   Abrogato.

Nota:  
Abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.   (P.C.M.).

Art. 116.  Alla Sicilia, alla Sardegna, al Trentino - Alto Adige, al Friuli - Venezia Giulia e alla Valle d'Aosta sono attribuite forme e condizioni particolari di autonomia, secondo statuti speciali adottati con leggi costituzionali.

Modificato:  

Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale. (*)
La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. 

La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata.
Nota:
Si riporta di seguito l'art. 10, recante disposizioni transitorie, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3: «1. Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite.»  (P.C.M.).

Art. 117.  La Regione emana, per le seguenti materie, norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, semprechè le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni;
ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione;
circoscrizioni comunali;
polizia locale urbana e rurale;
fiere e mercati;
beneficenza pubblica ed assistenza sanitaria ed ospedaliera;
istruzione artigiana e professionale e assistenza scolastica;
musei e biblioteche di enti locali;
urbanistica;
turismo ed industria alberghiera;
tranvie e linee automobilistiche d'interesse regionale;
navigazione e porti lacuali;
acque minerali e termali;
cave e torbiere;
caccia;
pesca nelle acque interne;
agricoltura e foreste;
artigianato;
Altre materie indicate da leggi costituzionali.
Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione.

Modificato:

La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.


Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale.
Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. (**)
Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di legislazione esclusiva, salva delega alle Regioni.
La potestà regolamentare spetta alle Regioni in ogni altra materia.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi dello Stato.

Nota:
Sostituito dall'art. 3 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.  (P.C.M.).
Si riporta di seguito l'art. 11, recante disposizioni transitorie, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3: «1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. 2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.»   (P.C.M.).

Art. 118.  Spettano alla Regione le funzioni amministrative per le materie elencate nel precedente articolo, salvo quelle di interesse esclusivamente locale, che possono essere attribuite dalle leggi della Repubblica alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali.
Lo Stato può con legge delegare alla Regione l'esercizio di altre funzioni amministrative.
La Regione esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali, o valendosi dei loro uffici.

Modificato:

Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

Nota:
Sostituito dall'art. 4 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.  (P.C.M.).
Art. 119.  Le Regioni hanno autonomia finanziaria nelle forme e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica, che la coordinano con la finanza dello Stato, delle Province e dei Comuni.
Alle Regioni sono attribuiti tributi propri e quote di tributi erariali, in relazione ai bisogni delle Regioni per le spese necessarie ad adempiere le loro funzioni normali.
Per provvedere a scopi determinati, e particolarmente per valorizzare il Mezzogiorno e le Isole, lo Stato assegna per legge a singole Regioni contributi speciali.
La Regione ha un proprio demanio e patrimonio, secondo le modalità stabilite con legge della Repubblica.

Modificato:

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.
La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante. Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento. E' esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti.

Nota:
L'art. 119 è stato sostituito dall'art. 5 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 
Si riporta di seguito l'art. 11, recante disposizioni transitorie, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3: «1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. 2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.»   (P.C.M.).

Art. 120.  La Regione non può istituire dazi d'importazione o esportazione o transito fra le Regioni.
Non può adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni.
Non può limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro.
Modificato:

La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, nè adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, nè limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

Nota:
Sostituito dall'art. 6 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 

Articolo 121.  Sono organi della Regione:  Il Consiglio Regionale, la Giunta e il suo presidente.
Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative e regolamentari attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitogli dalla Costituzione e dalle leggi (1). Può fare proposte di legge alle Camere.
La Giunta regionale è l'organo esecutivo delle Regioni.
Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; promulga le leggi ed i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo centrale.
(1)  La carta costituzionale, all'art. 83, demanda ai Consigli Regionali il diritto di designare i loro rappresentanti che debbono sedere accanto al Parlamento, riunito in assemblea comune, per la elezione del Presidente della Repubblica, e agli articoli 75 e 130 conferisce a cinque Consigli Regionali il diritto di richiedere il referendum popolare. (Nota nel testo).

Modificato:

Sono organi della Regione: il Consiglio regionale, la Giunta e il suo presidente.
Il Consiglio regionale esercita le potestà legislative attribuite alla Regione e le altre funzioni conferitegli dalla Costituzione e dalle leggi. Può fare proposte di legge alle Camere.
La Giunta regionale è l’organo esecutivo delle Regioni.
Il Presidente della Giunta rappresenta la Regione; dirige la politica della Giunta e ne è responsabile; promulga le leggi ed emana i regolamenti regionali; dirige le funzioni amministrative delegate dallo Stato alla Regione, conformandosi alle istruzioni del Governo della Repubblica.

Nota al secondo e quarto comma.
Articolo così modificato, nel secondo e quarto comma, con legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (G.U. 22 dicembre 1999, n. 299).   (P.C.M.).
Art. 122.  Il sistema d'elezione, il numero e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità dei consiglieri regionali sono stabiliti con legge della Repubblica (1)
Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio Regionale e ad una delle Camere del Parlamento o ad un altro Consiglio regionale,
Il Consiglio elegge nel suo seno un presidente e un ufficio di presidenza per i propri lavori.
I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni (2).
Il Presidente ed i membri della Giunta sono eletti dal Consiglio regionale tra i suoi componenti.
(1)  La legge 17 febbraio 1968, n. 108,  stabilisce le norme per la elezione dei Consigli Regionali delle Regioni a statuto normale.
(2)  Ai consiglieri regionali la Costituzione non riconosce però l'immunità parlamentare, e pertanto non compete loro la prerogativa di essere sottratti al giudizio, senza autorizzazione a procedere.  (Note nel testo).

Modificato:

Il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della Regione nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.
Nessuno può appartenere contemporaneamente a un Consiglio o a una Giunta regionale e ad una delle Camere del Parlamento, ad un altro Consiglio o ad altra Giunta regionale, ovvero al Parlamento europeo.
Il Consiglio elegge tra i suoi componenti un Presidente e un ufficio di presidenza.
I consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto. Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta.

Nota:
Articolo così sostituito con l’art. 2 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (G.U. 22 dicembre 1999, n. 299).
All’art. 5, recante "disposizioni transitorie", la stessa legge costituzionale ha così disposto:
"1. Fino alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti regionali e delle nuove leggi elettorali ai sensi del primo comma dell’articolo 122 della Costituzione, come sostituito dall’articolo 2 della presente legge costituzionale, l’elezione del Presidente della Giunta regionale è contestuale al rinnovo dei rispettivi Consigli regionali e si effettua con le modalità previste dalle disposizioni di legge ordinaria vigenti in materia di elezione dei Consigli regionali. Sono candidati alla Presidenza della Giunta regionale i capilista delle liste regionali. E’ proclamato eletto Presidente della Giunta regionale il candidato che ha conseguito il maggior numero di voti validi in ambito regionale. Il Presidente della Giunta regionale fa parte del Consiglio regionale. E’ eletto alla carica di consigliere il candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale che ha conseguito un numero di voti validi immediatamente inferiore a quello del candidato proclamato eletto Presidente. L’Ufficio centrale regionale riserva, a tal fine, l’ultimo dei seggi eventualmente spettanti alle liste circoscrizionali collegate con il capolista della lista regionale proclamato alla carica di consigliere, nell’ipotesi prevista al numero 3) del tredicesimo comma dell’articolo 15 della legge 17 febbraio 1968, n. 108, introdotto dal comma 2 dell’articolo 3 della legge 23 febbraio 1995, n. 43; o, altrimenti, il seggio attribuito con il resto o con la cifra elettorale minore, tra quelli delle stesse liste, in sede di collegio unico regionale per la ripartizione dei seggi circoscrizionali residui. Qualora tutti i seggi spettanti alle liste collegate siano stati assegnati con quoziente intero in sede circoscrizionale, l’Ufficio centrale regionale procede all’attribuzione di un seggio aggiuntivo, del quale si deve tenere conto per la determinazione della conseguente quota percentuale di seggi spettanti alle liste di maggioranza in seno al Consiglio regionale.
2. Fino alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti regionali si osservano le seguenti disposizioni:
a) entro dieci giorni dalla proclamazione, il Presidente della Giunta regionale nomina i componenti della Giunta, fra i quali un Vicepresidente, e può successivamente revocarli;
b) nel caso in cui il Consiglio regionale approvi a maggioranza assoluta una mozione motivata di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta regionale, presentata da almeno un quinto dei suoi componenti e messa in discussione non prima di tre giorni dalla presentazione, entro tre mesi si procede all’indizione di nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Giunta. Si procede parimenti a nuove elezioni del Consiglio e del Presidente della Giunta in caso di dimissioni volontarie, impedimento permanente o morte del Presidente".
 componenti".   (P.C.M.).

Art. 123.  Ogni Regione ha uno statuto il quale, in armonia con la Costituzione e con le leggi della Repubblica, stabilisce le norme relative alla organizzazione interna della Regione. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.

Lo statuto è deliberato dal Consiglio regionale a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ed è approvato con legge della Repubblica.

Modificato:

Ciascuna Regione ha uno statuto che, in armonia con la Costituzione, ne determina la forma di governo e i principi fondamentali di organizzazione e funzionamento. Lo statuto regola l'esercizio del diritto di iniziativa e del referendum su leggi e provvedimenti amministrativi della Regione e la pubblicazione delle leggi e dei regolamenti regionali.
Lo statuto è approvato e modificato dal Consiglio regionale con legge approvata a maggioranza assoluta dei suoi componenti, con due deliberazioni successive adottate ad intervallo non minore di due mesi. Per tale legge non è richiesta l'apposizione del visto da parte del Commissario del Governo. Il Governo della Repubblica può promuovere la questione di legittimità costituzionale sugli statuti regionali dinanzi alla Corte costituzionale entro trenta giorni dalla loro pubblicazione.
Lo statuto è sottoposto a referendum popolare qualora entro tre mesi dalla sua pubblicazione ne faccia richiesta un cinquantesimo degli elettori della Regione o un quinto dei componenti il Consiglio regionale. Lo statuto sottoposto a referendum non è promulgato se non è approvato dalla maggioranza dei voti validi.
In ogni Regione, lo statuto disciplina il Consiglio delle autonomie locali, quale
organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali.
Nota:
Articolo così sostituito con l’art. 3 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (G.U. 22 dicembre 1999, n. 299).
Ai sensi dello stesso articolo, secondo comma, gli statuti regionali sono stati approvati con leggi della Repubblica del 22 maggio 1971 (nn. 338, 339, 340, 341, 342, 343, 344, 345, 346, 347, 348, 349, 350), del 22 luglio 1971 (n. 480) e del 28 luglio 1971 (n. 519) (pubblicate in G.U. 14 giugno 1971, n. 148, suppl.; 28 luglio 1971, n. 190, suppl.; 3 agosto 1971, n. 195) e, successivamente, modificati con leggi 9 novembre 1990, n. 336 (G.U. 21 novembre 1990, n. 272, suppl. ord.), 31 maggio 1991, n. 180 (G.U. 18 giugno 1991, n. 141), 23 gennaio 1992, n. 44 (G.U. 1° febbraio 1992, n. 26, suppl. ord.).
In seguito, l'art. 7 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha aggiunto, in fine, un comma.   (P.C.M.).


Art. 124.  Un commissario del governo, residente nel capoluogo della Regione, sopraintende alle funzioni amministrative esercitate dallo Stato e le coordina con quelle esercitate dalla Regione. (1)
(1)  Il commissario del Governo deve anche, ai sensi dell'art. 127, vistare le leggi regionali. (Nota nel testo).

Modificato:  Abrogato.

Nota:
L'art. 124 è stato abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.   (P.C.M.).

Art. 125.  Il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione è esercitato, in forma decentrata, da un organo dello Stato, nei modi e nei limiti stabiliti da leggi della Repubblica. La legge può, in determinati casi ammettere il controllo di merito, al solo effetto di promuovere, con richiesta motivata, il riesame della deliberazione da parte del Consiglio regionale.
Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica.
Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione.

Modificato:

Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado, secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione.
Nota:
Il primo comma dell'art. 125 è stato abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.   (P.C.M.).

Art. 126.  Il Consiglio regionale può essere sciolto quando compia atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge, o non corrisponda all'invito del Governo di sostituire la Giunta o il Presidente, che abbiano compiuto analoghi atti o violazioni.
Può essere sciolto quando, per dimissioni o per impossibilità di formare una maggioranza, non sia in grado di funzionare.
Può essere altresì sciolto per ragioni di sicurezza nazionale.
Lo scioglimento è disposto con decreto motivato dal Presidente della Repubblica, sentita una commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica.
Col decreto di scioglimento è nominata una Commissione di tre cittadini eleggibili al Consiglio regionale, che indice le elezioni entro tre mesi e provvede all'ordinaria amministrazione di competenza della Giunta e agli atti improrogabili, da sottoporre alla ratifica del nuovo Consiglio.

Modificato:

Con decreto motivato del Presidente della Repubblica sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale e la rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento e la rimozione possono altresì essere disposti per ragioni di sicurezza nazionale. Il decreto è adottato sentita una Commissione di deputati e senatori costituita, per le questioni regionali, nei modi stabiliti con legge della Repubblica. 
Il Consiglio regionale può esprimere la sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza assoluta dei componenti. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni dalla presentazione.
L'approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio. In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio.

Nota:
Articolo così sostituito con l’art. 4 della legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1 (G.U. 22 dicembre 1999, n. 299).
Si riporta di seguito l'art. 11, recante disposizioni transitorie, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3: «1. Sino alla revisione delle norme del titolo I della parte seconda della Costituzione, i regolamenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono prevedere la partecipazione di rappresentanti delle Regioni, delle Province autonome e degli enti locali alla Commissione parlamentare per le questioni regionali. 2. Quando un progetto di legge riguardante le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e all'articolo 119 della Costituzione contenga disposizioni sulle quali la Commissione parlamentare per le questioni regionali, integrata ai sensi del comma 1, abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionato all'introduzione di modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, sulle corrispondenti parti del progetto di legge l'Assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi componenti.»   (P.C.M.).
Art. 127.  Con legge approvata dal Consiglio regionale è comunicata al commissario che, salvo il caso di opposizione da parte del Governo, deve vistarla nel termine di trenta giorni dalla comunicazione.
La legge è promulgata nei dieci giorni dalla apposizione del visto, ed entra in vigore non prima di quindici giorni dalla sua pubblicazione.  Se una legge è dichiarata urgente dal Consiglio regionale, e il Governo della Repubblica lo consente, la promulgazione e l'entrata in vigore non sono subordinate ai termini indicati.
Il Governo della Repubblica, quando ritenga che una legge approvata dal Consiglio regionale ecceda la competenza della regione o contrasti con gli interessi nazionali, o con quelli delle altre Regioni, la rinvia al Consiglio regionale nel termine fissato per l'apposizione del visto.
Ove il Consiglio regionale la approvi di nuovo a maggioranza assoluta dei suoi componenti, il Governo della Repubblica può, nei quindici giorni dalla comunicazione, promuovere la questione di legittimità davanti alla Corte costituzionale, o quella di merito per contrasto di interessi davanti alle Camere. In caso di dubbio, la Corte decide di chi sia la competenza.

Modificato:

Il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione. La Regione, quando ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un'altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente valore di legge. (***)
Nota:
L'art. 127 è stato sostituito dall'art. 8 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. 
Le norme sui giudizi di legittimità costituzionale sono state dettate dalla legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1.   (P.C.M.).

 

Art. 128.  Le Province e i Comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni.

Modificato:   Abrogato.

Nota:
L'art. 128 è stato abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.   (P.C.M.).

Art. 129.  Le Province e i Comuni sono anche circoscrizioni di decentramento statale e regionale.
Le circoscrizioni provinciali possono essere suddivise in circondari con funzioni esclusivamente amministrative per un ulteriore decentramento.

Modificato:   Abrogato.

Nota:
L'art. 129 è stato abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.   (P.C.M.)

Art. 130.  Un organo della Regione, costituito nei modi stabiliti da legge della Repubblica, esercita, anche in forma decentrata, il controllo di legittimità sugli atti delle Province, dei Comuni e degli altri enti locali.

Modificato:   Abrogato.

Nota:
L'art. 130 è stato abrogato dall'art. 9, secondo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.   (P.C.M.).

Art. 131.  Sono costituite le seguenti regioni:
Piemonte; Valle d'Aosta; Lombardia; Trentino - Alto Adige; Veneto; Friuli - Venezia Giulia; Liguria; Emilia - Romagna; Toscana; Umbria; Marche; Lazio; Abruzzi; Molise (1); Campania; Puglia; Basilicata; Calabria; Sicilia; Sardegna.
(1)  Con legge costituzionale n. 3 del 27 dicembre 1963 il Molise è divenuto regione a sè. Pertanto il numero delle Regioni è oggi di 20.  (Nota del testo).
Nota:
Così modificato con l’art. 1 della legge cost. 27 dicembre 1963, n. 3, che ha istituito la Regione "Molise". Cfr. art. 57 e XI delle disposizioni transitorie e finali.
Nella formulazione originaria, l’art. 131 sotto la dizione "Abruzzi e Molise" individuava un’unica regione.   (P.C.M.).
Art. 132.  Si può con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentano almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
Si può, con referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un'altra.

Modificato:

Si può, con legge costituzionale, sentiti i Consigli regionali, disporre la fusione di Regioni esistenti o la creazione di nuove Regioni con un minimo di un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta tanti Consigli comunali che rappresentino almeno un terzo delle popolazioni interessate, e la proposta sia approvata con referendum dalla maggioranza delle popolazioni stesse.
Si può, con l'approvazione della maggioranza delle popolazioni della Provincia o delle Province interessate e del Comune o dei Comuni interessati espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che Province e Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un'altra.

Nota:
L'art. 132 è stato modificato dall'articolo 9, primo comma, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.   (P.C.M.).

Art. 133.  Il mutamento delle circoscrizioni provinciali e la istituzione di nuove province nell'ambito d'una Regione sono stabiliti con leggi della Repubblica, su iniziative dei Comuni, sentita la stessa Regione.
La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni.

Non modificato.

 

Titolo VI.  
Garanzie costituzionali.  
Sezione I.  La Corte Costituzionale. 
Sezione II.  Revisione della Costituzione, Leggi costituzionali.

Art. 134.  La Corte costituzionale giudica:
sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni e tra le Regioni;
sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica ed i Ministri, a norma della Costituzione.

Modificato:

La Corte costituzionale giudica:
sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;
sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.

Nota:
L’ultimo capoverso è stato così modificato con l’art. 2 della legge cost. 16 gennaio 1989, n. 1. 
Art. 135.  (1)  La Corte costituzionale è composta di quindici giudici nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinarie ed amministrative.
I giudici della Corte costituzionale sono scelti fra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinarie ed amministrative, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio.
I giudici della corte costituzionale sono nominati per 9 anni, decorrenti per ciascuno di essi dal giorno del giuramento, e non possono essere nuovamente nominati.
Alla scadenza del termine, il giudice costituzionale cessa dalla carica e dall'esercizio delle sue funzioni.
La Corte elegge fra i suoi componenti, secondo le norme stabilite dalla legge, il Presidente, che rimane in carica per un triennio, ed è rieleggibile, fermi in ogni caso i termini di scadenza dall'ufficio di giudice.
L'ufficio di giudice della Corte è incompatibile con quello di membro del Parlamento, di un consiglio regionale, con l'esercizio della professione di avvocato e con ogni carica ed ufficio indicati dalla legge.
Nei giudizi d'accusa contro il Presidente della Repubblica e contro i Ministri intervengono, oltre i giudici ordinari della Corte, 16 membri tratti a sorte da un elenco di cittadini aventi i requisiti per l'eleggibilità a senatore, che il Parlamento compila ogni 9 anni mediante elezione, con le stesse modalità stabilite per la nomina dei giudici ordinari.
(1)  Questo articolo è stato così modificato con legge costituzionale n. 2 del 22 novembre 1967 (Gazzetta Ufficiale n, 294 del 25 novembre 1967). La stessa legge ha abrogato la disposizione transitoria VII, ultimo comma della Costituzione; l'art. 3, primo comma, della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; gli art. 3, 4, 10 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1; gli art. 3, primo e secondo comma, e 6, quarto comma della legge 11 marzo 1953, n. 87.  (Nota nel testo).
Note: 
quinto comma.
V., altresì, art. 6 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e art. 7 del regolamento generale della Corte costituzionale.
sesto comma.
Cfr. art. 7 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Per l’incompatibilità con la carica di consigliere regionale v. art. 4 della legge 23 aprile 1981, n. 154. L’articolo 11 della legge 11 aprile 1990, n. 74 stabilisce per i componenti del Consiglio superiore della magistratura l’incompatibilità con l’ufficio di Giudice costituzionale.
settimo comma.
Cfr. regolamento parlamentare 7-28 giugno 1989 e, inoltre, leggi cost. 22 novembre 1967, n. 2, 11 marzo 1953, n. 1, legge 11 marzo 1953, n. 87 e, in ispecie, legge 2 gennaio 1962, n. 20 e Norme integrative per i giudizi di accusa 27 novembre 1962.   (P.C.M.).

Art. 136.  Quando la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge, la norma cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
La decisione della Corte è pubblicata e comunicata alle Camere ed ai Consigli regionali interessati, affinché, ove lo ritengano necessario, provvedano nelle forme costituzionali.
Note:
secondo comma:
Cfr. art. 30 della legge 11 marzo 1953, n. 87.   (P.C.M.).

Art. 137.  Una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale, e le garanzie d'indipendenza dei giudici della Corte (1).
Con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte. 
Contro le decisioni della Corte costituzionale non è ammessa alcuna impugnazione.
(1)  Tale legge è stata approvata dall'Assemblea Costituente, ed è la legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1.  (Nota nel testo).
Note:
primo comma.
Cfr. legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e legge cost. 11 marzo 1953, n. 1.
secondo comma.
Vedi legge 11 marzo 1953, n. 87.   (P.C.M.).

Sezione II.  Revisione della Costituzione. Leggi costituzionali.

Art. 138.  Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione.
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.
Note:
Per la disciplina relativa al referendum previsto in questo articolo, v. Titolo I della legge 25 maggio 1970, n. 352.   (P.C.M.).

Art. 139.  La forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale.

 

DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI

I.  Con l'entrata in vigore della Costituzione il Capo provvisorio dello Stato esercita le attribuzioni di Presidente della Repubblica e ne assume il titolo. (1).
(1)  Infatti, il 1° gennaio 1948 l'on. Enrico De Nicola, Capo provvisorio dello Stato, assumeva il titolo e le attribuzioni di Presidente della Repubblica.  (Nota nel testo).

II,  Se alla data della elezione del Presidente della Repubblica non sono costituiti tutti i Consigli regionali, partecipano alla elezione soltanto i componenti delle due Camere.

III.  Per la prima composizione  del Senato della Repubblica sono nominati senatori e che:
sono stati presidenti del Consiglio dei ministri o di Assemblee legislative;
hanno fatto parte del disciolto Senato;
hanno avuto almeno tre elezioni, compresa quella dell'Assemblea Costituente;
sono stati dichiarati decaduti nella seduta della Camera dei deputati del 9 novembre 1926;
hanno scontato la pena della reclusione non inferiore a cinque anni, in seguito a condanna del tribunale speciale fascista per la difesa dello Stato. (1).
Sono nominati altresì senatori, con decreto del Presidente della Repubblica, i membri del disciolto Senato che hanno fatto parte della Consulta Nazionale.
Al diritto di essere nominati senatori si può rinunciare prima della firma del decreto di nomina. L'accettazione della candidatura alle elezioni politiche implica rinuncia al diritto di nomina a senatore.
(1)  In seguito a questo articolo sono entrati al primo Senato della Repubblica 107 senatori di diritto.  (Nota nel testo).

IV.  Per la prima elezione del Senato il Molise è considerato come Regione a sé stante, con il numero di senatori che gli compete in base alla sua popolazione.
Note:
Cfr. artt. 57 e 131, come modificati dalla legge cost. 27 dicembre 1963, n. 3.   (P.C.M.).

V.  La disposizione dell'art. 80 della Costituzione, per quanto concerne i trattati internazionali che importano oneri alle finanze o modificazioni di legge, ha effetto dalla data di convocazione delle Camere (1).
(1)  Le due Camere sono state convocate in prima seduta l'8 maggio 1948.   (Nota nel testo).

VI.  Entro cinque anni dall'entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione degli organi speciali di giurisdizione attualmente esistenti, salvo le giurisdizioni del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti e dei tribunali militari.
Entro un anno dalla stessa data si provvede con legge al riordinamento del Tribunale Supremo militare in relazione all'art. 111.

VII.  Fino a quando non sia emanata la nuova legge sull'ordinamento giudiziario in conformità con la Costituzione, continuano ad osservarsi le norme dell'ordinamento vigente.
Fino a quando non entri in funzione la Corte costituzionale, la decisione delle controversie indicate nell'art. 134 ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme preesistenti all'entrata in vigore della Costituzione. (1).
(1)  La legge costituzionale n. 2 del 22 novembre 1967 (citata in nota a pag. 43) ha abrogato l'ultimo comma di questa disposizione transitoria che così prescriveva:
"I giudici della Corte Costituzionale nominati nella prima composizione della Corte stessa, non sono soggetti alla parziale rinnovazione e durano in carica 12 anni.  (Nota nel testo).

VIII.  Le elezioni dei Consigli regionali e degli organi elettivi delle amministrazioni provinciali sono indette entro un anno dall'entrata in vigore della Costituzione.
Leggi della Repubblica regolano per ogni ramo della Pubblica Amministrazione il passaggio delle funzioni statali attribuite alle Regioni. Fino a quando non sia provveduto al riordinamento e alla distribuzione delle funzioni amministrative tra gli enti locali, restano alle Province ed ai Comuni le funzioni che esercitano attualmente e le altre di cui le Regioni deleghino loro l'esercizio.
Leggi della Repubblica regolano il passaggio alle Regioni di funzionari e di dipendenti dello Stato anche nelle Amministrazioni centrali, che sia reso necessario dal nuovo ordinamento. Per la formazione dei loro uffici le Regioni devono, tranne che in casi di necessità, trarre il proprio personale da quello dello Stato e degli enti locali.

IX.  La Repubblica, entro tre anni dall'entrata in vigore della Costituzione, adegua le sue leggi alle esigenze delle autonomie locali e alla competenza legislativa attribuita alle Regioni.

X.  Alla Regione Friuli - Venezia Giulia, di cui all'art. 116, si applicano provvisoriamente le norme generali del Titolo V della parte II, ferma restando la tutela delle minoranza linguistiche in conformità con l'art. 6.

XI.  Fino a cinque anni dall'entrata in vigore della Costituzione si possono, con leggi costituzionali, formare altre Regioni a modificazione dell'elenco di cui all'art. 131, anche senza il concorso delle condizioni richieste dal primo comma dell'art. 132, fermo restando tuttavia l'obbligo di sentire le popolazioni interessate.
Nota:
Il termine, previsto in questo articolo, è stato prorogato al 31 dicembre 1963, con legge costituzionale 18 marzo 1958, n. 1 (G.U. primo aprile 1958, n. 79), ed entro lo stesso termine è stata istituita la Regione Molise (cfr. art. 131).   (P.C.M.).

XII.  E' vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.
In deroga all'art. 48, sono stabilite, con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista.

XIII.  I membri e i discendenti di Casa Savoia non sono elettori e non possono ricoprire uffici pubblici né cariche elettive.
Agli ex re di Casa Savoia, alle loro consorti e ai loro discendenti maschi sono vietati l'ingresso e il soggiorno nel territorio nazionale.
I beni esistenti nel territorio nazionale degli ex re di Casa Savoia, delle loro consorti e dei loro discendenti maschi sono avocati allo Stato. I trasferimenti e le costituzioni di diritti reali sui beni stessi, che siano avvenuti dopo il 2 giugno 1946, sono nulli.

 

XIV.  I titoli nobiliari non sono riconosciuti.
I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome.
L'Ordine mauriziano è conservato come ente ospedaliero e funziona nei modi stabiliti dalla legge.
La legge regola la soppressione della Consulta araldica.

XV.  Con l'entrata in vigore della Costituzione si ha per convertito in legge il decreto legislativo luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, sull'ordinamento provvisorio dello Stato.
Nota:
Il decreto, emanato come « decreto legge luogotenenziale» , del 25 giugno 1944, n. 151 intitolato « Assemblea per la nuova Costituzione dello Stato, giuramento dei membri del Governo e facoltà del Governo di emanare norme giuridiche» (G.U. 8 luglio 1944, n. 39, serie speciale), conteneva le seguenti disposizioni:
Art. 1 - « Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali saranno scelte dal popolo italiano che a tal fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto, una Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato.
I modi e le procedure saranno stabiliti con successivo provvedimento".
Art. 2 - « E’ abrogata la disposizione concernente la elezione di una nuova Camera dei Deputati e la sua convocazione entro quattro mesi dalla cessazione dell’attuale stato di guerra, contenuta nel comma terzo dell’articolo unico del R. decreto-legge 2 agosto 1943, n. 175, con cui venne dichiarata chiusa la sessione parlamentare e sciolta la Camera dei fasci e delle corporazioni» .
Art. 3 - « I Ministri e Sottosegretari di Stato giurano sul loro onore di esercitare la loro funzione nell’interesse supremo della Nazione e di non compiere, fino alla convocazione dell’Assemblea Costituente, atti che comunque pregiudichino la soluzione della questione istituzionale» .
Art. 4 - « Finché non sarà entrato in funzione il nuovo Parlamento, i provvedimenti aventi forza di legge sono deliberati dal Consiglio dei Ministri.
Tali decreti legislativi preveduti nel comma precedente sono sanzionati e promulgati dal Luogotenente Generale del Regno con la formula:
« Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri;
« Sulla proposta di ...
« Abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: ...» .
Art. 5 - « Fino a quando resta in vigore la disposizione dell’art. 2, comma primo, del R. decreto-legge 30 ottobre 1943, n. 2/B, i decreti relativi alle materie indicate nell’art. 1 della legge 31 gennaio 1926, n. 100, sono emanati dal Luogotenente Generale del Regno con la formula:
« Sentito il Consiglio dei Ministri;
« Sulla proposta di ...
« Abbiamo decretato e decretiamo...» .
Art. 6 - « Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno - serie speciale - e sarà presentato alle Assemblee legislative per la conversione in legge.
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.
Ordiniamo, a chiunque spetti, di osservare il presente decreto e di farlo osservare come legge dello Stato» .   (P.C.M.).

XVI.  Entro un anno dall'entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione e al coordinamento con essa delle precedenti leggi costituzionali che non siano state finora esplicitamente o implicitamente abrogate.

XVII.  L'Assemblea Costituente sarà convocata dal suo Presidente per deliberare, entro il 31 gennaio 1948, sulla legge per la elezione del Senato della Repubblica, sugli Statuti Regionali speciali e sulla legge per la stampa.
Fino al giorno delle elezioni delle nuove Camere, l'Assemblea Costituente può essere convocata, quando vi sia necessità di deliberare nelle materie attribuite alla sua competenza degli articoli 2, primo e secondo comma, e 3, comma primo e secondo, del decreto legislativo 16 marzo 1946, n. 98.
In tale periodo le commissioni permanenti restano in funzione. Quelle legislative rinviano al Governo i disegni di legge ad esse trasmessi, con eventuali osservazioni e proposte di emendamenti.
I deputati possono presentare al Governo interrogazioni con richieste di risposta scritta.
L'Assemblea Costituente, agli effetti di cui al secondo comma del presente articolo, è convocata dal suo Presidente su richiesta motivata del Governo o di almeno duecento deputati.
Nota:
Il testo del decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946, n. 98, recante « Integrazioni e modifiche al decreto legislativo luogotenenziale 25 giugno 1944, n. 151, relativo all’Assemblea per la nuova costituzione dello Stato, al giuramento dei membri del Governo ed alla facoltà del Governo di emanare norme giuridiche» (G. U. 23 marzo 1946, n. 69), conteneva le seguenti disposizioni:
Art. 1 - « Contemporaneamente alle elezioni per l’Assemblea Costituente il popolo sarà chiamato a decidere mediante referendum sulla forma istituzionale dello Stato (Repubblica o Monarchia)» .
Art. 2 - « Qualora la maggioranza degli elettori votanti si pronunci in favore della Repubblica, l’Assemblea, dopo la sua costituzione, come suo primo atto, eleggerà il Capo provvisorio dello Stato, che eserciterà le sue funzioni, fino a quando sarà nominato il Capo dello Stato a norma della Costituzione deliberata dall’Assemblea.
Per l’elezione del Capo provvisorio dello Stato è richiesta la maggioranza dei tre quinti dei membri dell’Assemblea. Se al terzo scrutinio non sarà raggiunta tale maggioranza, basterà la maggioranza assoluta.
Avvenuta l’elezione del Capo provvisorio dello Stato il Governo in carica gli presenterà le sue dimissioni e il Capo provvisorio dello Stato darà l’incarico per la formazione del nuovo Governo.
Nella ipotesi prevista dal primo comma, dal giorno della proclamazione dei risultati del referendum e fino alla elezione del Capo provvisorio dello Stato, le relative funzioni saranno esercitate dal Presidente del Consiglio dei Ministri in carica nel giorno delle elezioni.
Qualora la maggioranza degli elettori votanti si pronunci in favore della Monarchia, continuerà l’attuale regime Luogotenenziale fino alla entrata in vigore delle deliberazioni dell’Assemblea sulla nuova Costituzione e sul Capo dello Stato» .
Art. 3 - « Durante il periodo della Costituente e fino alla convocazione del Parlamento a norma della nuova Costituzione il potere legislativo resta delegato, salva la materia costituzionale, al Governo, ad eccezione delle leggi elettorali e delle leggi di approvazione dei trattati internazionali, le quali saranno deliberate dall’Assemblea.
Il Governo potrà sottoporre all’esame dell’Assemblea qualunque altro argomento per il quale ritenga opportuna la deliberazione di essa.
Il Governo è responsabile verso l’Assemblea Costituente.
Il rigetto di una proposta governativa da parte dell’Assemblea non porta come conseguenza le dimissioni del Governo. Queste sono obbligatorie soltanto in seguito alla votazione di un’apposita mozione di sfiducia, intervenuta non prima di due giorni dalla sua presentazione e adottata a maggioranza assoluta dei Membri dell’Assemblea» .
Art. 4 - « L’Assemblea Costituente terrà la sua prima riunione in Roma, nel Palazzo di Montecitorio, il ventiduesimo giorno successivo a quello in cui si saranno svolte le elezioni.
L’Assemblea è sciolta di diritto il giorno dell’entrata in vigore della nuova Costituzione e comunque non oltre l’ottavo mese dalla sua prima riunione. Essa può prorogare questo termine per non più di quattro mesi.
Finché non avrà deliberato il proprio regolamento interno l’Assemblea Costituente applicherà il regolamento interno della Camera dei deputati in data primo luglio 1900 e successive modificazioni fino al 1922» .
Art. 5 - « Fino a quando non sia entrata in funzione la nuova Costituzione le attribuzioni del Capo dello Stato sono regolate dalle norme finora vigenti, in quanto applicabili» .
Art. 6 - « I provvedimenti legislativi che non siano di competenza dell’Assemblea Costituente ai sensi del primo comma dell’art. 3, deliberati nel periodo ivi indicato, devono essere sottoposti a ratifica del nuovo Parlamento entro un anno dalla sua entrata in funzione» .
Art. 7 - « Entro il termine di trenta giorni dalla data del decreto Luogotenenziale che indice le elezioni dell’Assemblea Costituente i dipendenti civili e militari dello Stato devono impegnarsi, sul loro onore, a rispettare e far rispettare nell’adempimento dei doveri del loro stato il risultato del referendum istituzionale e le relative decisioni dell’Assemblea Costituente.
Nessuno degli impegni da essi precedentemente assunti, anche con giuramento, limita la libertà di opinione e di voto dei dipendenti civili e militari dello Stato» .
Art. 8 - « Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio dei Ministri, saranno emanate le norme relative allo svolgimento del referendum, alla proclamazione dei risultati di esso e al giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste ed i reclami relativi alle operazioni del referendum, con facoltà di variare e integrare, a tali fini, le disposizioni del decreto legislativo Luogotenenziale 10 marzo 1946, n. 74, per l’elezione dei deputati all’Assemblea Costituente e di disporre che alla scheda di Stato, prevista dal decreto anzidetto, siano apportate le modificazioni eventualmente necessarie.
Per la risposta al referendum dovranno essere indicati due distinti contrassegni» .
Art. 9 - « Il presente decreto entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare come legge dello Stato» .   (P.C.M.).

XVIII.  La presente Costituzione è promulgata dal Capo Provvisorio dello Stato entro cinque giorni dalla sua approvazione da parte dell'Assemblea Costituente, ed entra in vigore il 1° gennaio 1948.
Il testo della Costituzione è depositato nella sala comunale di ciascun Comune della Repubblica per rimanervi esposto, durante tutto l'anno 1948, affinchè ogni cittadino possa prenderne cognizione.
La Costituzione, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei Decreti della Repubblica.
La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato.

Data a Roma, addì 27 dicembre 1947.

Enrico De Nicola

Controfirmano:
Il Presidente dell'Assemblea Costituente
Umberto Terracini
Il Presidente del Consiglio dei Ministri
Alcide De Gasperi
v.: il Guardasigilli
Grassi

Fonte: http://files.achillefolgieri.webnode.com/200000048-ad33fae2e0/Lettura%20commentata%20della%20Costituzione.doc

 

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