Diritto privato

 

 

 

Diritto privato

 

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testo di riferimento “Appunti di diritto privato”di Alcaro

CAPITOLO 1

INTRODUZIONE AL DIRITTO PRIVATO

LA FUNZIONE DEL DIRITTO IN GENERALE. I PROFILI TIPICI DEL DIRITTO PRIVATO
Bisogna stabilire il ruolo del diritto privato nell’ordinamento giuridico. Il diritto guarda alle relazioni interindividuali nelle loro manifestazioni esteriori, non in quelle interiori. Il diritto valuta un fatto, un comportamento, e ne predispone determinate sanzioni se vengono trasgrediti precetti legali. Il diritto è valido per un determinato ordinamento, cui è relativo, perché ci sono più ordinamenti giuridici. Diritto e giustizia non sono sinonimi. Esistono più ordinamenti giuridici, ciascuno con propri principi ispiratori. La funzione del diritto è stabilire le regole nei rapporti sociali per garantire l’equilibrio. Per Kant è il diritto che dà l’arbitrio minimo a ognuno per coesistere con quello degli altri. Le regole che pone il diritto per gli interessi degli individui sono sia patrimoniali che personali. Nel diritto privato lo Stato è in posizione di parità nei confronti dei cittadini, uguali tra loro. Nel diritto pubblico lo Stato impone il suo potere sovrano. Lo Stato può talvolta agire come soggetto di diritto privato es. mercato, ma si troverà alla pari con tutti gli altri soggetti. Il diritto privato è generale, senza qualifiche specificanti. Ma nella realtà moderna privato e pubblico te4ndono a sconfinare l’uno verso l’altro. L’art.3 della costituzione dice che: “Lo Stato cerca di eliminare gli ostacoli che impediscono l’eguaglianza di fatto, politica, economica e sociale. In economia vige  il principio della libera concorrenza, che il diritto tutela come “trasparenza”, e i soggetti possono fare scelte senza essere influenzati; però in concorrenza economica esistono anche qui regole di mercato. Il diritto nasce anche dalla consuetudine. Il diritto deve essere stabile e certo, per non essere inefficiente, anche se la realtà sociale. Il legislatore deve adeguare le formule giuridiche all’evoluzioni culturali, economiche e sociali. Ogni legge è superata dai progressi della vita, e più veloce cambiano la scienza, l’economia e la società, più brevi sono le norme giuridiche. Bisogna che il diritto si adegui a queste evoluzioni senza però perdere i caratteri di certezza e stabilità. Ci sono fattori nuovi oggi (es. fecondazione artificiale) che prima non trovavano giurisdizione, ma il giudice, anche per questi casi deve fare giustizia o per analogia ma non per equità. Il giudice applica le norme esistenti adattate alle nuove manifestazioni della vita. Il giudice prende in considerazione sia i modelli storici che quelli attuali. Il fine di tutto questo è che il vecchio e il nuovo vadano d’accordo. I caratteri classici del diritto privato, es. soggetto di diritto, persona giuridica, proprietà, contratto, responsabilità, impresa non sono immutabili nella loro struttura. Adeguare il diritto privato, vuole dire in concreto interpretarlo. Interpretare la norma vuole dire non solo dal punto di vista letterale, ma guardare alle circostanze di quel momento. Certo il giudice non può ignorare il diritto positivo, cioè le regole scritte, può solo attenuarlo.

IL PRINCIPIO DI AUTONOMIA E I SUOI LIMITI. L’AUTONOMIA CONTRATTUALE
AUTONOMIA: potere dei soggetti di soddisfare i propri interessi. E’un’autonomia però sempre nel rispetto del lecito e degli altri soggetti, perché l’autonomia che cerca il dialogo collo Stato è tutelata, quella assoluta no. Quindi l’autonomia dei privati deve sottostare alle regole  dello Stato, se no non è tutelata e non si può far valere verso i terzi. Lo Stato non crea i rapporti ma pone le condizioni di rilevanza. Per ottenere l’autonomia bisogna sceglier i fini e i mezzi:
- fini: devono essere leciti in quel contesto sociale. Esempi di contratto lecito: eredità dei beni. Esempi di contratto illecito: pagamento di organi, pagare un giornalista, patto successorio (quest’ultimo ammesso in altri sistemi es. Svizzera).
- mezzi: costituiscono i limiti esterni; es. in Italia non è ammesso il patto successorio: c’è l’eredità ma si ha tramite testamento e non contratto.

I limiti interni dell’autonomia sono invece il modo in cui il privato deve agire per ottenere una tutela; es. per vendere una casa ci vuole l’atto scritto, quindi non si guarda la liceità ma una modalità, questo è un limite interno. Dunque l’autonomia è condizionata nei fini e nei mezzi. Le tecniche dell’autonomia devono essere comunicate agli altri. L’autonomia non è quindi illimitata. L’autonomia rientra nei limiti dei mezzi e dei fini.ESEMPIO ART.1322cc: i contratti dei privati possono essere:
- tipici, cioè rispettanti i limiti imposti dalla legge.   
- atipici, cioè non disciplinati dalla legge, ma solo per interessi meritevoli. Quindi da una parte la legge individua quei contratti “nominati”, consolidati nel paese, “formalizzati” dal legislatore; ma prevede contratti atipici che non erano stati disciplinati dalla legge perché a quel tempo non “avvertiti”. Il principio di autonomia “assorbe” l’evoluzione della realtà. L’art.1322cc. ammette che le norme sono superate da esigenze storiche, e ammette e vuole evitare che diventino mere enunciazioni, perché applicare un principio garantisce certezza  ma anche inadeguatezza. Cosa accadrebbe se si usassero solo gli schemi del Codice civile? La paralisi. Ecco perché ci vogliono le innovazioni. L’“atipico” è lo strumento di raccordo tra il vecchio e il nuovo, il “tipico” è il modello, e l’atipico sarà il tipico del domani. Nel diritto penale,invece vige la tipicità per cui ogni cittadino sa di prima quali comportamenti sono vietati e quali no. Se tutti osservano il diritto, questo non è necessario, ma se nessuno l’osservano il diritto, questo non è necessario, ma se nessuno l’osserva questo declina. Il diritto deve dunque essere parzialmente osservato. L’autonomia che garantisce lo Stato è inserita nel contesto in cui essa opera, comunque quando l’Art.1322 parla di interessi meritevoli non intende solo quelli dell’epoca: poiché “vecchio” e “nuovo” devono coesistere, è necessario però che le novità introdotte siano sottoposte a un vaglio prima di essere introdotte a un vaglio prima di essere introdotte nel diritto. La certezza del diritto garantisce che i limiti non vengono aggirati. Comunque anche l’atipicità richiede requisiti e oneri da parte dell’ordinamento giuridico. La “meritevolezza” di cui parla l’Art.1322 dipende dal contesto storico nel quale si erige il rapporto: in un contratto, quindi, si valuteranno valori e principi di quell’ordinamento. “Meritevolezza” vuol dire anche rispettare gli artt.41 e 42 della costituzione che tutelano il diritto di iniziativa economica e la proprietà. Il termine “meritevolezza” ha 2 significati:
1 utilità
2 liceità
Anche l’Art.1343 parla di meritevolezza, ma esso vi associa il concetto di buon costume. Altre concezioni guardano alla meritevolezza secondo gli interessi da perseguire. In generale si può dire che hanno più ragione quelli del buon costume, perché la meritevolezza  non deve minacciare l’integrità del diritto positivizzato. Spesso poi le illiceità si ritrovano proprio nei contratti tipici, perché strumentalizzati. Esempi di illiceità: art.1500cc. sul patto di riscatto: se il venditore non paga tutto il suo debito, la proprietà del bene passa all’acquirente. Essa è sia non lecita sia non meritevole, perché in contrasto con l’art.2744cc. sui patti commissari, e il debitore è svilito e prevaricato. Diciamo che si guarda prima se la norma è lecita e solo dopo se è utile: ma comunque entrambi i controlli devono essere effettuati. Poi c’è l’art.1933cc. sul debito di gioco: qui non interessa se il gioco sia lecito o meno, perché non è produttivo per la società, quindi è non meritevole, ma ciò non toglie, che al di fuori dell’ordinamento statuale, il debito sia da pagare (art.2034c.c. sull’ “obbligazione naturale”). I contratti tipici hanno una propria disciplina legale, per quelli atipici si guarda le norme generali, o per analogia. Solo in campi particolari bisogna usare per forza la tipicità; es. art.2249 sulla società. Un esempio sono i rapporti familiari (per proteggere i più deboli); lo stesso vale per i “diritti reali” che sono un numero chiuso. Infine, sono vietati i patti successori: cioè si può fare il testamento dei propri beni, ma non un contratto, perché poi il testatario non potrebbe modificarlo se non facendone un altro. In altri paesi si fa.

 

CAPITOLO 2

IL SOGGETTO DI DIRITTO

SOGGETTIVITA’  E  PERSONALITA’ GIURIDICA
Ogni relazione giuridica implica un soggetto. Ma chi è il soggetto di diritto? Egli non è un’identità assoluta e ontologica ma relativa ai valori del sistema di rapporto giuridico. Soggetti umani e soggetti di diritto non sempre coincidono. Il soggetto di diritto è categoria creata dal diritto rilevante per l’ordinamento giuridico. Esso comprende le persone fisiche e le persone giuridiche, “organizzazioni” non esistenti nel mondo naturale. Sono 3 le caratteristiche del soggetto di diritto:
A potenzialità (statico): titolare situazioni giuridiche e destinatario di diritti e obblighi.
B potere svolgere e rimanere titolare della propria attività anche nel caso dell’incapace d’agire.
C essere rilevante per il diritto.
La persona fisica ha capacità giuridica che è attribuita a tutti sin dalla nascita, tranne le discriminazioni in passato, ora si perde solo per morteàArt.3 Costituzione sull’eguaglianza.           La persona giuridica è un insieme di persone con soggettività autonoma indipendente con obblighi e diritti. Gli enti devono essere riconosciuti dall’autorità amministrativa e iscritti in particolari
registri, perché è lo Stato che attribuisce personalità.
Le associazioni non riconosciute, non hanno qualifica perché non interessate o non rilevanti, e un tempo esse venivano considerate solo per le persone fisiche. Nel Codice del ’42 erano creditori, debitori, proprietari di beni mobili, poi con l’art.2659 anche proprietari di beni immobili. Oggi, pur mancando di personalità queste associazioni hanno un’autonoma soggettività, hanno diritti e obblighi, qualche limite (600 e 786) testamenti e donazioni. Questo perché non hanno autonomia patrimoniale imperfetta e non vengono scisse del tutto responsabilità singole e collettive. Infatti se il “fondo comune” è dell’associazione generale l’art.38 codice civile dice che rispondono anche dei patrimoni personali.
La soggettività proviene dalla pubblica amministrazione, l’autonomia patrimoniale è garantita ma la soggettività giuridica proviene solo dallo Stato, e quella non ce l’hanno.
Quindi sono 3:
1 persone fisiche
2 persone giuridiche
3 entità soggettive senza personalità
Paradossalmente inoltre le associazioni senza personalità giuridica godono di più vantaggi, perché es. art.17. Codice civile la persona giuridica non può acquistare beni immobili o donazioni e eredità senza autorizzazione governativa. Esse sono portatrici di più interessi, anche se sono in atto riforme.

CAPACITA’ GIURIDICA E CAPACITA’ DI AGIRE
Capacità giuridica: essere titolare di un rapporto giuridico, condizione statica e astratta. Titolare di situazioni può essere anche sostituito da altri es. “incapaci”
Capacità di agire: gestione diretta della propria attività giuridica, nozione legale attribuita a 18 anni.
Ma poi può darsi che il soggetto sia maturo prima e dopo i 18 anni, cioè non coincidono capacità d’agire e capacità di intendere e di volere. La distinzione tra capacità giuridica e di agire vale principalmente per gli atti di natura patrimoniale. Secondo l’art.2 l’incapacità di agire non vale per le questioni personali del soggetto. Colla riforma del diritto di famiglia del 1975, il minore è incapace solo per gli atti patrimoniali, ma può curare i propri interessi culturali, sociali, religiosi, ameno che i genitori dimostrino che non è maturo.
Gli atti personalissimi poi può farli solo il diretto interessato, anche se minore, e se per assurdo non potesse farlo sarebbe non solo incapace di agire, ma anche incapace giuridicamente. Per cui si parla di incapacità giuridica speciale, solo per gli atti personalissimi, cioè essere titolare di situazioni giuridiche anche se poi non può farli davvero.                                                                                                                                                      

CAPITOLO 3

PROPRIETA’ E POSSESSO

IL DIRITTO DI PROPRIETA’. VARIETA’ DI STATUTI PROPRIETARI
Il diritto di proprietà ha assunto il modello del diritto soggettivo, che è il potere attribuito per il soddisfacimento di un proprio interesse. La proprietà privata fu introdotta colla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, votata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948, cui l’art.17 sulla “proprietà personale o in comune cogli altri”. Oggi l’art.832cc. Ammette la superiorità della proprietà senza indicarne condizioni, scopi o confini. I limiti e gli obblighi sono nella seconda parte dell’articolo, che fa si che la norma si adegui ai mutamenti temporali, perché il fine deve essere “la funzione sociale” espressa dall’art.42 del 1948. Ma la proprietà non è solo una funzione sociale, è essenzialmente un diritto, un potere riconosciuto su una cosa. I limiti sono necessari come gli obblighi perché non sia illimitata, per trovare un punto di equilibrio tra individuo e collettività. Da un lato, se non ci sono norme speciali, la proprietà è illimitata, dall’altro si vede come il proprietario può fare quel che vuole purché non sia espressamente vietato. Non occorrono cioè norme specifiche su cosa il proprietario può fare. Poi il concetto di proprietà espresso dall’art.832cc. Divide la proprietà per certe categorie di beni. Ci sono vari “statuti”proprietari, perché non tutti i beni vengono apprezzati allo stesso modo. Ma non se ne occupa l’art.832cc., che espone un concetto indipendente dalla natura dei beni. Certo, i beni sono di diverso valore, ma si tratta di settori specifici. Le norme di legge ordinarie che impongono limiti alla proprietà, è una norma di attuazione del diritto stesso, se no la pienezza dell’art.832cc. Sarebbe superata. “Pienezza” si intende il massimo che la legge può concedere (in determinate circostanze). E’ la stessa natura del bene, che restringe o allarga il concetto di pienezza. E’ l’art.810cc. che esprime il concetto di “bene giuridico”, a distinguere  le varie classificazioni nella realtà (abitazione, lavoro, traffico, igiene, estetica, ambiente, ecc…). Il diritto di proprietà su un bene comporta anche un obbligo; es. art.44 Cost. sui "vincoli sulla proprietà terriera privata, perché sia sfruttata al meglio". Ci sono sanzioni e addirittura l’espropriazione, se il proprietario abbandona il posto (Art.42 cost. e 838 Codice civile). Oggi sono più importanti privati (distanza tra le costruzioni, rapporti di vicinato). L’Art.845cc. parla di “regole particolari per la proprietà fondiaria stabilite da norma speciali”. Pienezza dunque relativa alla natura del bene e alla sua funzione sociale; es. lo Stato e la p.a. possono porre dei vincoli per interesse pubblico. Caratteri e disposizioni diverse invece per la comproprietà delle associazioni non riconosciute, società di persone e persone giuridiche. Qui, per la comproprietà dei beni, si guarda lo scopo.

IL POSSESSO. IL RAPPORTO FRA “FATTO” E “DIRITTO”
E’ l’art.1140cc. che definisce il possesso, concentrandosi sull’“attività reale su una cosa”, cioè la condotta del proprietario su un diritto reale minore, o di un proprietario dunque o un diritti reale minore, o di un proprietario dunque o un titolare di diritti reali di godimento su cosa altrui. Non c’è il minimo elemento di presenza di un titolo giuridico, in questa definizione. Il possesso cioè non è un diritto astratto, conta la condotta effettiva del possessore indifferentemente se c’è un titolo o no. Esso non è né lecito né illecito, si impone come agire oggettivo. E’ tutelato come se fosse un diritto giuridico. E’ nella proprietà, invece, che si valorizza il titolo, e qui invece la condotta al contrario non conta. Il possesso, comunque, indica necessariamente il comportamento di un diritto reale, sia esso di proprietà o di godimento su cosa altrui. Conta il comportamento, e nemmeno il tempo (1 anno o 1 giorno), e vale anche se il bene è di altri. Inoltre si deve vedere ai terzi che si sta “possedendo”, non contano cioè le convenzioni interiori del soggetto, ma la sua condotta soggettiva. Il titolo non centra. La detenzione, invece guarda il contratto, il titolo (es. il detentore può dare una casa in locazione), il possesso guarda all’attività fuori dal contesto regolante. Infine, secondo

l’art.1144cc. non si può parlare di possesso nei confronti di un’attività di un soggetto che saltuariamente e occasionalmente venga a godere di un bene.

GLI EFFETTI DEL POSSESSO
Il possesso è una situazione di effettività, che scaturisce dalla condotta del soggetto. Ora vediamo gli effetti del possesso. Sono classificabili secondo 2 ordini:
A protezione del possesso effettivo da turbative esterne (spoliazioni).
B usucapione, cioè il possesso che diventa proprietà.
Si può ripristinare una di queste 2 situazioni se infranta, mediante azioni possessorie (art.1168cc.) e azioni petitorie.
I motivi sono:
1) pacifica convivenza, niente giustizia personale.                
2) non interrompere il titolare nel godimento del suo bene.
3) non intaccare questo stato di cose.
Se oltre al possesso c’è il titolo, più successo ha un’eventuale azione petitoria, che avvia una ricerca fino al titolo originario, trasmettendolo infine all’avente causa in giudizio petitorio. Per la tutela possessoria si guarderà invece l’esistenza del possesso, per l’eventuale ripristino della situazione. Il possessore è tutelato anche contro chi eventualmente ha il titolo, ma in un giudizio separato, (ovvio, il possesso prevale sul diritto solo in un primo tempo, dopo prevarrà il proprietario). Le azioni possessorie tutelano l’effettività del possesso, quelle petitorie  la titolarità.

USUCAPIONE
L’usucapione è il protrarsi di una situazione di possesso nel tempo, che il legislatore trasforma in proprietà, con tanto di titolo (a titolo originario si dice). La proprietà è un diritto eterno, che non decade mai, A meno che non ci sia la contemporanea inattività del proprietario, e l’attività possessoria di un terzo, non si ha l’usucapione (da considerarsi anche il tempo). L’inerzia del proprietario è elemento necessario ma non sufficiente per l’usucapione.
Queste sono le esigenze generali di fronte cui cade il diritto di proprietà:
1) garantire rapporti giuridici certi consolidatisi nel tempo. 
2) libera circolazione ricchezza.                   
3) massimo sfruttamento della ricchezza.                
Requisiti per l’usucapione:
1) Pacifico, cioè senza violenza deve essere avvenuto il possesso.                   
2) Pubblico, non clandestino.                           
3) Continuo, non in senso cronologico ma secondo la natura del bene.                    
4) Non interrotto, non deve cioè mettersi in mezzo il proprietario.             
Non conta la buona fede del possessore.
Poi c’è l’ “usucapione abbreviata”, regolata dall’art.1159cc.
Beni immobili: i 4 requisiti per 20 anni, questa è usucapione ordinaria.
: i 4 requisiti più la buona fede, bastano 10 anni: usucapione abbreviata.
Beni mobili registrati: i 4 requisiti, 10 anni (con buona fede) per abbreviata.
Beni mobili: i 4 requisiti, 20 per ordinaria, 10 anni (con buona fede) per abbreviata.
L’art. 1153 costituisce un’eccezione, per i beni mobili, che genera l’acquisto immediato della proprietà, e non a seguito del protrarsi nel tempo (colui a cui sono alienati i beni da chi non è proprietario mediante possesso, se in buona fede, e se alla consegna c’è un titolo di trasferimento della proprietà). L’usucapione vale anche per i diritti reali; es. si ha possesso a titolo di servitù valido per l’usucapione, solo se è servitù apparente (art.1061cc.). Se è una servitù non apparente, si può ottenere l’azione possessoria ma non l’usucapione.

 

CAPITOLO 4

I BENI GIURIDICI

IL CONCETTO DI BENE GIURIDICO. NUOVI BENI
L’art.810 dice che “sono beni le cose che possono formare oggetto di diritti”, sia materiali che immateriali, ma che soddisfino un bisogno di soggetti e suscettibili di godimento e appropriazione, per trarne utilità. Il termine “cosa” guarda alla sfera della natura, il “bene” comprende la valutazione giuridica. I beni sono poi classificati in base alla loro funzione nel sistema giuridico. L’art.832 parlava di classificati in base alla loro funzione nel sistema giuridico. I beni sono poi classificati in base alla loro funzione nel sistema giuridico. L’art.832 parlava di proprietà in generale, leggi speciali hanno creato “statuti” proprietari in riferimento alle varie proprietà. Il rinnovamento continuo del diritto crea inoltre “nuovi” beni da inserirsi nelle categorie già esistenti, ma bisogna valutare bene i rapporti stando attenti a non allargare forzatamente il concetto di proprietà.

PARTI DEL CORPO UMANO E ATTI DI DISPOSIZIONE
Il corpo umano è tutelato dall’ordinamento giuridico perché ritenuto indispensabile per l’essenza della persona stessa. Perciò sono garantiti il diritto all’integrità, all’incolumità della persona stessa. Perciò sono garantiti il diritto all’integrità, all’incolumità della persona, all’inviolabilità psico-fisica e la protezione da interventi esterni. Si tratta di diritti inalienabili, imprescrittibili e irrinunciabili. Ma è obbligatorio mantenersi integri o si può godere e disporre di tutto il corpo? L’art.642 c.p. prevede pene e multe per chi si mutila per truffare es. assicurazioni, militare. L’art.5c.c. inoltre vieta le mutilazioni contrarie alla legge, al buon costume, ordine pubblico. Un tempo il dovere all’integrità era importante per motivi come es. sessualità nel matrimonio, idoneità al servizio militare. Oggi sono comunque importanti per lo sviluppo della personalità e si può disporre del proprio corpo con 2 limiti:
1 riportare nessun danno permanente
2 non in contrasto con legge / ordine pubblico / buon costume.
La medicina può invece portare diminuzioni del proprio corpo, ma solo per fini utili. Con la L.14 aprile 1982 n.164 si può modificare il proprio sesso, si può disporre liberamente di una parte già staccata dal corpo; anche se la parte staccata diviene bene giuridico a sé stante, ma la questione non è del tutto risolta, oggi ci sono dei contrasti a causa dell’evolversi continuo della scienza; es. caso “Moore”: si scoprì che la milza del sig. Moore, una volta spiantata, aveva proprietà particolari, che se immesse sul mercato avrebbero fruttato milioni di dollari. Ora, la milza era sempre del sig. Moore, o avrebbe dovuto essere espropriata per interesse pubblico? Quindi una deroga all’art.5 è ammessa, ma solo per superiori valori morali, che non prevedono però né una remunerazione né un contratto; es. nel 1993 la Corte di Cassazione tedesca si trovò un caso di un uomo, che dovendo subire un’operazione che lo avrebbe reso sterile, depositò il proprio seme per procedere in futuro alla procreazione assistita. Poi dopo 2 anni, scoprì che il seme era stato distrutto. Ora doveva essere risarcito, ma dal punto di vista economico o morale? (perché non avrebbe potuto più procedere alla procreazione). La Corte decise per entrambi i risarcimenti, ma il primo danno, quello morale, era più importante del danno economico. Oltre a un discorso giuridico ci sono poi implicazioni religiose; es. il feto è parte della donna, in una visione laica, ma dal punto di vista giuridico appartiene a entrambi i genitori? Per ottenerne una tutela bisognerebbe arrivare a implicazioni troppo ampie, al di là della laicità del diritto. Il diritto attuale dunque non ha ancora dato una risposta a molte di queste domande, in futuro, con l’evolversi della scienza, serviranno altri interventi legislativi.

 

IL MARCHIO QUALE BENE GIURIDICO

Il marchio, segno distintivo dei prodotti di un’impresa, è oggi al centro di numerosi dibattiti: va considerato solo come entità collegata all’azienda che rappresenta o come bene giuridico a sé stante? Prima della riforma del 1993 si collegava solo alla sua azienda, e pertanto poteva circolare solo colla cessione dell’azienda stessa, non avendo ragione d’esistere se non legato alla sua impresa. Ma con la Riforma del 1993 sono stati conseguiti 4 risultati:
1 ogni soggetto è legittimato, a prescindere dalla sua impresa, a registrare il marchio.
2 eliminazione della sua circolazione vincolata alla sua azienda.
3 non decade più il marchio se cessa l’impresa.
4 protezione del marchio a prescindere dal suo legame con un’azienda
Oggi dunque il marchio viene riconosciuto anche per la sua funzione attrattiva, pubblicitaria, è dunque inserito nei beni giuridici autonomi.
C’è una parte della dottrina che però nega al marchio l’ingresso nella disciplina proprietaria, in considerazione della natura immateriale del marchio stesso (non il simbolo sul prodotto, ma l’idea del segno). Questa è la dottrina tedesca che riconosce nella proprietà solo la cosa materiale, in particolare il potere di esclusione. Questo non vale per il nostro ordinamento, ma 3 aspetti separano il marchio dalla proprietà:
- prescrittibilità del diritto al marchio per non uso quinquennale (la proprietà è imprescrittibile)
- impossibilità di far valere una relazione possessoria tipica.
- il fatto che il proprietario non può impedire che venga fatto un immobile uguale al suo, mentre il titolare del marchio ha l’esclusiva di quel segno.    
Quindi se il bene marchio è l’idea, e il segno la sua materializzazione, precludere però l’idea significa però non potere attuare la sua concretizzazione stessa.

L’AMBIENTE: INDIVIDUAZIONE DEL CONCETTO
L’ambiente è tutto ciò che è esterno all’uomo: aria, acqua, forma, flora e paesaggio (pur modificato dall’uomo). Esso si compone di beni fisici, materiali, alcuni di proprietà privata. L’ambiente nella sua unitarietà è però immateriale. Tutti gli individui necessitano dell’ambiente, che è di tutti, cioè non è di proprietà individuale. Non si può nemmeno parlare di comunione, con “contitolarità” di diritti (art. 110cc.), perché questa comporterebbe la divisione in quote. Trattasi allora di comunità in senso unitario, un’entità non frazionabile, anche se in questo modo non si soddisfano completamente le esigenze individuali. Garante assoluto dell’ambiente è lo Stato. La L.8 luglio 1986 n°349 del Ministero dell’Ambiente, all’art.18, introduce il risarcimento allo Stato e agli enti pubblici per danni verso l’ambiente, conseguenze di violazioni di leggi o disposizioni di leggi.
L’art.32 della Costituzione tutela lo stato di salute, ma non può chiedere un risarcimento all’ambiente. Egli ha diritto a un ambiente salubre come prevede l’art.2043, e se questo non c’è, può ricorrere ad un’azione inibitoria.  

 

 

 

CAPITOLO 5

IL CONTRATTO

IL CONTRATTO IN GENERALE
Il contratto è lo strumento previsto dall’ordinamento per la mediazione di interessi e per la creazione di rapporti giuridici. Esso è l’espressione fondamentale dell’autonomia che si manifesta nelle contrattazioni intersoggettive. L’autonomia che scaturisce dal contratto è espressione di con sensualità, perché entrambe le parti in causa vogliono soddisfare i propri interessi. L’art.1321cc. definisce il contratto come l’accordo di 2 o più parti che regolano un rapporto giuridico patrimoniale, ma si parla di contratto solo se ha carattere patrimoniale (art.1174cc.) (in teoria anche l’acquisto di un biglietto teatrale è un contratto, perché valutato economicamente, pur col fine di svago). Oltre ai contratti tipici, sono previsti dall’art.1322cc. i contratti atipici, ma solo per interessi meritevoli, già esaminati in precedenza. Quindi autonomia vuole di libertà ai soggetti di determinare il contenuto delle obbligazioni e combinarne con altre obbligazioni. Oggi la figura del contratto atipico non presenta più niente di strano, ma nel Codice del 1942 non erano ben definite le tecniche giuridiche. Oggi ci sono condizioni diverse, si ha una pluralità di contratti per più statuti dei singoli soggetti, il Codice è astratto e generale, infatti la disciplina si chiama “I Contratti in generale”, ma non si può prescindere dalla specificità dei casi concreti. Si sente l’influenza del modello francese e napoleonico, per cui il contratto è l’atto di autonomia per eccellenza. I contratti atipici trovano la stessa tutela di quelli tipici. Per l’art.1372 il contratto genera una norma che vincola solo i contraenti, diversamente dalla legge dello Stato che genera doveri assoluti rivolti a tutti. I terzi sono estranei al contratto, ma se intervengono e lo turbano sono tenuti al risarcimento (art.2043cc.). Sono 4 i requisiti del contratto per art. 1321 e 1325 presentano i caratteri di generalità e astrattezza. Prima di parlare di contratto, un’altra figura importante è quella di “negozio giuridico”. Il Codice civile tedesco dedica al negozio giuridico tutta una sua parte fondamentale. Anche alcuni manuali di diritto privato italiani fanno così, altri no. Il Trabucchi definisce il negozio come espressione dell’autonomia, dopo passa ad esaminare il contratto, senza distinguere chiaramente. In Italia, il negozio è dunque solo una chiave di lettura per studiare il contratto, in Germania c’è tutta una disciplina particolare invece, in Francia è come in Italia. Conseguenza: la dottrina guarda alla Germania, il Codice all’Italia e alla Francia. Quindi il negozio è una manifestazione di volontà, il contratto è la sua specificazione concreta. Mentre in Germania la figura del negozio prevale su quella del contratto, in Italia e in Francia il contratto ha la priorità, in quanto figura concreta, che soddisfa i bisogni e gli interessi umani. L’art.1324cc., estende poi la disciplina del contratto anche agli atti unilaterali, ma con tale estensione non si può dire che la norma si richiama all’ideologia del negozio, perché prevede sì l’applicazione di alcune regole del contratto agli altri atti, ma si tratta dell’applicazione di una figura normativa come il contratto, relativamente agli atti unilaterali aventi contenuto patrimoniale, poiché compatibili. Non è dunque una riesumazione del negozio giuridico. Il riferimento vale anche per gli atti negoziali, che non hanno cioè un contenuto volitivo e dispositivo. C’è un dibattito in proposito, perché se le norme del contratto si riferiscono ad atti unilaterali di varia natura, viene meno l’assunto che in tal modo si estende il valore del negozio come schema generale, perché tale valore in tanto si esprime in quanto la disciplina del negozio si applichi ad atti solo negoziali. La figure del contratto nel Codice italiano offre all’interprete uno strumento di integrazione normativa per altre tipologie di atti. Esempio: la volontà, nel contratto è intesa come l’accordo, ma l’accordo è per definizione un atto di manifestazione individuale di volontà, non prevede un atto unilaterale. Concludendo, la figura del negozio nel codice italiano non esiste, è una categoria di analisi e di studio, ed è utile in quanto il Codice avverte l’esigenza di offrire una disciplina integrativa per le ipotesi in cui i singoli atti non fossero adeguatamente regolati. 

 

I REQUISITI DEL CONTRATTO

a) l’accordo. La formazione dell’accordo.
L’accordo è il quid essenziale che dà vita al contratto, che considera la capacità di negoziazione degli individui. L’art.1321 dà la definizione di contratto, il 1325 individua i 4 requisiti fondamentali (accordo; causa; oggetto; forma). Il 1321 parla di possibilità di “modificare, estinguere” un rapporto giuridico. L’accordo è la volontà di 2 o più soggetti, è il motore del contratto, ma anche gli altri 3 elementi sono essenziali. Ovvio che non si può immaginare l’accordo senza l’oggetto. Inoltre l’accordo deve essere “concretizzato” da una forma determinata. Il consenso è invece un elemento a parte; è la volontà delle parti e non vale solo come fenomeno psichico - spirituale, vale come “accordo normativo”, e produce conseguenze giuridiche. La volontà poi devono essere manifestata oralmente, per iscritto, o tacitamente (si desume da un comportamento). Non vale il “Mero Silenzio” se non quando glielo attribuisce una legge; es.: art.1333cc. sui contratti con obbligazione del solo proponente, o perché così stabilito da accordi precedenti. L’art.1333cc. sui contratti con obbligazione del solo proponente, o perché così stabilito da accordi precedenti. L’art.1326 dice che “il contratto è concluso con l’accettazione dell’altra parte”, il 1376 parla anch’esso di “consenso tra le parti” per trasmettere la proprietà. Nel momento in cui l’accordo è raggiunto, il contratto è concluso. Questo vale per i “contratti consensuali”, ove il consenso è elemento sufficiente per la conclusione del contratto, e iniziano così a far decorrere gli effetti del contratto stesso.

CONTRATTI REALI E CONTRATTI CONSENSUALI
Nei “contratti reali” non basta il consenso, ci vuole la “consegna della cosa”. Sono 3: “comodato” (art.1803) consegna di una cosa; “mutuo” (art.1813) consegna di denaro o simili; “deposito” (art.1776) ricevimento di una cosa. Sono questi i principali, ma non gli unici. Nei “contratti consensuali” la consegna invece avviene dopo la conclusione del contratto, e non si può parlare di inadempienza in quanto senza di essa il contratto non è nemmeno esistito. L’effetto della consegna, nel consensuale avviene immediatamente, a prescindere da un eventuale pagamento. Se il bene perisce, senza colpa, prima della consegna, in un contratto consensuale, il danno verrà sopportato dall’acquirente (perché l’alienante non ha colpa). L’affidamento delle parti ed eventualmente dei terzi, merita anch’esso tutela dall’ordinamento. Ma perché mutuo e apertura di credito, pur avendo la stessa causa, sono regolate da tecniche diverse? Perché il mutuo è un contratto reale (consegna di somma di denaro) l’apertura di credito serve per depositare in banca una somma, è un contratto consensuale che prescinde dalla consegna (conta l’impegno). Nel comodato, invece, prestito gratuito, l’impegno non conta, conta la consegna materiale dell’oggetto. Nell’apertura di credito l’obbligazione proviene dalla banca, qui la consegna non è necessaria per la certezza, nel mutuo, potendosi obbligare anche un soggetto diverso, la consegna appare necessaria per riscontro concreto. Nei contratti a titolo gratuito, la consegna è necessaria per la credibilità, nei contratti onerosi, contano le obbligazioni per l’attuazione del contratto. Il prestito gratuito, dunque, appartiene alla sfera della cortesia, e siccome non c’è corrispettivo. Concludendo, i contratti gratuiti esigono la consegna, dove c’è un corrispettivo invece non ce n’è bisogno (Contratti reali = gratis, Contratti Consensuali = soldi). Comunque per l’art.1813, il mutuo non è solo reale.
Esempio: di mutuo consensuale mi accordo con un amico per un prestito, poi non me li dà e il mio affare va a monte. Non ho diritto a risarcimento perché è un contratto di mutuo gratuito. Altro es. di mutuo oneroso: mi impegno in un prestito, avrò un interesse, poi non do i soldi, l’altro mi cita: anche qui niente risarcimento perché non c’è la consegna. Se da una parte il mutuatario potrebbe dire che il contratto se oneroso è valido senza bisogno di consegna, dall’altra il giudice potrebbe attenersi al Codice che vuole la forma reale di mutuo e vieta quella consensuale ( art. 1822). Ma allora se lo si stipula, il mutuo oneroso, sarà forse atipico? O invalido? Sarà comunque un contratto valido, benché atipico, perché modificante un tratto consacrato dal Codice. Il mutuo tipico è quello reale.

Però è ammessa la forma consensuale, seppur atipica, e deve essere tutelata perché rappresenta gli interessi delle parti. E’una variante. L’art.1155 parla dell’alienazione di uno stesso bene a più persone: “conta la buona fede, per i beni mobili”. L’art.2644cc.fa lo stesso per i beni immobili: “qui conta il tempo”: “qui conta il tempo”. L’art.1376 è in contraddizione con questi 2 articoli:”qui conta il tempo”. L’art.1376 è in contraddizione con questi 2 articoli: “per lui la proprietà si acquista per il solo effetto del consenso. Diciamo che dei 3 il tempo è l’elemento o il principio troppo incerto (non si potrebbe ammettere il consensuale): Quindi bisogna più tenere conto dell’art.1376 che valorizza il consenso, per cui il possesso è l’elemento posteriore, e la trascrizione non è elemento costitutivo ma solo dichiarativo dell’atto.

PROPOSTA E ACCETTAZIONE
La proposta è l’inizio del contratto, l’accettazione è il consenso. L’accordo è raggiunto quando proposta e accettazione convergono. A volte sono simultanee, a volte no. Serve per stabilire quando il contratto è concluso. Un’offerta con tutti gli elementi del contratto compresa la volontà, è una proposta, che genera l’accettazione dall’altra parte, il consenso. L’art.1335 dice che il “contratto è concluso con la conoscenza dell’accettazione” (se scritto) deve arrivare al destinatario, a meno che egli non provi di non averla ricevuta senza colpe. L’accettazione deve essere uguale alla proposta e deve giungere entro un termine adeguato alla natura dell’affare. Ci sono altre 3 teorie, oltre a questo principio di cognizione: sono di 1Emissione (accettazione emessa) 2 Spedizione (invio accettazione) 3 Cognizione (conoscenza dell’accettazione del destinatario). Ma quando il destinatario ne ha conoscenza? Di solito quando arriva al suo indirizzo. In Francia invece il giudice valuta di volta le circostanze e dice quando il controllo è concluso. Il Codice tace. Inoltre l’art.1335 parla “non di conoscenza effettiva ma di possibile conoscibilità”. Anche l’art.1341, sui contratti standardizzati grandi imprese batte sulla possibile conoscibilità. Ma l’art.1335 ammette eccezioni es. se il destinatario prova di non aver potuto ricevere  le notizie. Quali sono queste eccezioni? Sono però quelle in senso oggettivo; es. incendio, non quelle in senso soggettivo del destinatario; es. malattia perché di queste non potremmo esserne certi. Finché il contratto non è concluso, proposta e accettazione possono essere revocate. Col patto d’opzione art.1331cc., le parti, decidono che una di esse rimanga vincolata alla proposta. L’altra no. La proposta ferma invece è un impegno unilaterale che genera l’effetto di rendere inefficace la successiva revoca (iniziativa del proponente). Se la revoca c’è, ma il bene oggetto passa a un terzo, la revoca è comunque valida, anche se comporterà risarcimento e conseguenze. Nella proposta irrevocabile, la morte o l’incapacità sopravvenuta del proponente non toglie efficacia alla proposta. Lo stesso vale, al di fuori dell’irrevocabilità per un imprenditore (passa all’impresa).Art.1330cc..Queste regole però, registrano limiti o deroghe. Spesso non c’è bisogno di bilateralità (proposta e accettazione) e neanche di consenso. L’art.1333 parla di un’ipotesi di una proposta da cui scaturiscono obbligazioni solo per il proponente per concludere un contratto per cui una volta arrivata a conoscenza è irrevocabile, almeno di un rifiuto subito. Addirittura il silenzio vale come accettazione della proposta, e conclude il contratto (silenzio che di per sé non conta nulla, a meno che non lo dica una norma). Il principio con sensualistico vale dunque solo per i contratti con obbligazioni reciproche, cioè a prestazioni corrispettive. Se si impegnano ambo le parti, la legge vuole la volontà di entrambi, poiché se a obbligarsi è solo il proponente, per la conclusione del contratto, sarà sufficiente che il destinatario non la rifiuti. Ma se il silenzio fosse causato dall’impedimento?Non si sa. Sembra che l’art.1333(ex) si riferisca ad atti unilaterali più che dei contratti. Se così fosse, non sarebbe una deroga (riguardo al silenzio assenso). L’art.1236 sulla remissione del debito, subordina la rinuncia del credito alla mancata dichiarazione del debitore di volerne approfittare. E’ solo un atto unilaterale, basato esclusivamente sulla volontà del creditore. Altro es. art.785 donazione obnuziale senza bisogno di accettazione: qual’è la differenza tra contratto (1333) e promessa unilaterale (1989). Sembra che qui il contratto sia una promessa unilaterale. In questo caso se formalmente è contratto ma di fatto atto unilaterale, il silenzio sarebbe lecito.

IL COMPORTAMENTO CONCLUDENTE
Non sempre il consenso nasce dall’incontro di proposta e accettazione: art.1327 es: di un commerciante che ordina a un fornitore la merce. Qui si ha la proposta e subito dopo l’esecuzione, che è l’attuazione del programma concordato. Con l’esecuzione si ha la conclusione del contratto: viene meno la fase dell’accettazione. Ovvio che l’accettante deve avvertire il proponente dell’iniziata esecuzione. La volontà espressa può essere per legge espressa o tacita. Allora il caso del 1327 è da inserirsi nella seconda. Un altro es: accettazione del testamento: essa può essere fatta o entro 10 anni, oppure può essere tacita (comincio senza dir nulla a disporre dei beni). Altro es: società di fatto: anche qui la condotta sostituisce la dichiarazione, perché le parti non si dichiarano ma si comportano come se fossero soci; e questo vincola i terzi. Possiamo dire che i segmenti del contratto presi da soli non contano; un atto unilaterale, sia con accettazione o meno, questa è “esterna” perché ne subordina l’esecuzione, non la formazione e l’esistenza. Quindi il contratto è già concluso senza bisogno dell’accettazione. Questo vale per l’accettazione nella remissione del debito, meno per l’art.1333, dove il silenzio “perfeziona” il contratto.

b) La causa
Il Codice dice che è la ragione del contratto. Il perché si segue un determinato vincolo contrattuale. Specifica i bisogni degli interessati e da essa deriva la funzione del contratto (spostamento di una situazione giuridica patrimoniale del contraente). Per l’art.1372 perché il contratto meriti la forza di legge è necessario che la causa superi il controllo di meritevolezza: lecita e socialmente apprezzabile. Si valutano ovviamente anche i sacrifici e gli interessi e i vantaggi ottenuti. Quando il contratto è tipico, la meritevolezza è sempre in astratto, perché il modello è quello previsto. Si parla di funzione costante della causa, se coincide con il contratto tipico. La causa in astratto sarà sempre lecita. In concreto, specie nei contratti tipici, la causa può essere illecita. Non c’entra se il contratto è atipico o tipico: bisogna guardare alla meritevolezza della causa in concreto. Lo strumento di indagine sarà sempre tipico e lecito, per esaminare la causa in concreto. Un es.: art.1344cc. sui contratti in frode alla legge”: apparentemente si esegue un contratto valido, ma si arriva ad un risultato proibito; es.: il patto di riscatto, lecito, diventa patto commissorio, vietato. Art.1500 patto di riscatto, cioè il venditore potrebbe “riavere” il bene venduto per la clausola di riscatto. Così è lecito, ma può essere utilizzato per perseguire finalità tipo patto commissorio, in questo caso è nullo. L’art.2744cc. cerca di impedire di «distorcere» la legge. Col patto commissorio si vorrebbe ottenere dal debitore una garanzia in via indiretta, abusivamente, sfruttando una forma giuridica tipica che è quella compravendita e distorcendo le sue finalità specifiche verso scopi incompatibili con la vendita. Non si vuole il trasferimento di un bene, ma lo si subordina all’esito di una diversa vicenda di prestito, abusando delle figure giuridiche. Quindi non potremo mai dire che il problema della ricerca della causa non si pone nei contratti tipici, perché prevista in astratto. Lo stesso vale per i contratti “tipici”, perché prevista in astratto. Lo stesso vale per i contratti “atipici”dove comunque bisogna cercare la ragione della causa. Si distinguono “tipo”e “causa”:
- tipo = è lo schema organizzativo del contratto.                                  
- causa = è l’elemento di valutazione della funzione (va visto se è lecita o meno).
Mentre il tipo indica il modello costante in astratto, la causa non si costituisce mai in astratto: si guarda caso per caso all’interesse perseguito in concreto. Questo nei contratti tipici. Nei contratti atipici, non c’è confronto fra tipo e interesse concreto perché il tipo non c’è), allora si valuta complessivamente l’assetto realizzato dai contraenti. I motivi sono invece le ragioni individuali o personali  che portano al contratto, non sono irrilevanti per il diritto ma sicuramente poco controllabili (logicamente).L’art.1345 dice che i motivi se “esteriorizzati”, provocano la nullità del contratto, se illeciti e comuni alle parti. L’art.1362 fornisce regole per interpretare i contratti, che desumono dal comportamento delle parti, specie per i contratti con aspettative impliciti. I motivi, dunque, sono rilevanti solo per valutare l’illiceità quando sono comuni a entrambe le parti.

c) La forma     
La forma, è assieme agli altri, requisito essenziale per il contratto. Non esiste contratto senza forma. La regola generale è quella della libera scelta della forma, purché socialmente utile e volontà univoca. Sono 5 forme: scritto, orale, gesto, comportamento concludente e silenzio. Però ci sono disposizioni che impongono determinate forme. Esempio: forma scritta per negozi solenni. L’art.1350cc. elenca i casi di forma scritta: proprietà e diritti reali, godimento ultranovennale su immobili, donazioni, società di capitali, matrimonio, testamento, ecc… Inoltre il contratto preliminare deve avere la stessa forma di quelli successivi. In alcuni casi, la forma scritta, pena la nullità, serve ad aiutare il contraente più debole (contratti d’investimento); in altri è richiesta solo per la prova (contratto d’assicurazione). C’è poi la forma convenzionale, che è quella concordata tra le parti. Anche questa, se non è corretta può provocare nullità. Integrazioni più gravose possono essere ridotte dalle parti, ma mai possono sminuire quello che prevede la legge Esempio: una forma orale per una vendita immobiliare, sarebbe un atto nullo. La pattuazione delle parti, sulla forma, può esigere qualcosa in più ma mai in meno di ciò che è richiesto dalla legge.
d)L’oggetto
l’art.1470cc. definisce l’oggetto in base a 1) contenuto 2) effetto giuridico 3) bene materiale. L’art. 1346cc. Definisce i requisiti dell’oggetto: 1) possibile (al momento degli effetti) 2) lecito (non contrario a ordine pubblico o costume) 3)determinato (fissati dei criteri fissi). Esempio: le parti possono stabilire, se sono d’accordo entrambe, forme particolari di determinazione del prezzo. Per l’art.1474, se le parti non lo hanno stabilito, si può stabilire con vari criteri; es.: stabilito dal Presidente del Tribunale. 

GLI EFFETTI DEL CONTRATTO
Ci sono 2 categorie di effetti del contratto:
- effetti reali: di trasferimento della proprietà, art. 922cc. “contratto come strumento idoneo al trasferimento dei diritti reali”, senza bisogno intervento esterno. Nel codice Napoleonico c’erano solo questi.
- effetti obbligatori: art.1173cc.: creano vincoli personali tra i contraenti, diritti e obblighi, mentre gli effetti reali sono sulle cose gli effetti obbligatori sono sulle persone. I reali non riguardano persone, negli obbligatori c’è una relazione intersoggettiva tra debitore e creditore. Reali e obbligatori possono coesistere (trasferimento, consegna e pagamento). Le tecniche di formazione del contratto ne producono i relativi effetti ( se, come, quando tali effetti si producono). Il Codice civile stabilisce le 2 funzioni fondamentali del contratto:
- trasferimento diritti e circolazione beni.
- costituzione obblighi e impegni.

VALIDITA’ ED EFFICACIA DEL CONTRATTO
Un atto è valido quando è conforme ai requisiti previsti dalla legge. L’invalidità indica un difetto originario, genetico dell’atto privato. La nullità è quella forma sanatoria che non ammette rimedio; l’annullabilità è meno grave e consente rimedio per la conservazione dell’atto. L’invalidità può aversi o per deficienza strutturale (contro principi ordinamento) o per scopi illeciti (scopi non tutelati). Ci sono sanzioni per questi abusi (es. urbanizzazione, comandi superiori, parcheggi, ecc… e sulle “clausole”. La Comunità europea prevede nullità e inefficacia per gli atti che ledono il consumatore, quale soggetto debole della contrattazione. Così anche nel nostro ordinamento si sono introdotte norme che dichiarano invalidità e inefficacia del “contratto sperequato”. L’inefficacia è la non produzione di effetti giuridici. Il contratto “nullo”, per carenze strutturali originarie, è sicuramente inefficace. Invece quello annullabile può essere efficace all’inizio fino a quando e se verrà annullato. L’art.1353 dice che un atto valido può essere inefficace se le parti lo hanno sospeso (gli effetti) in attesa del verificarsi di una condizione. Un atto poi può essere inefficace per alcuni

soggetti es. contratti di alienazione in frode ai creditori art.2901cc. Inefficacia e invalidità dunque non sempre coincidono. L’“inesistenza” è solo a livello dottrinale, manca il requisito essenziale alla logicità del contratto, non è neppure riconoscibile. Esempio: quando non c’è accordo logico tra proposta e accettazione, oppure non è neppure riconoscibile. Esempio: quando non c’è accordo logico tra proposta e accettazione, oppure non è indicato l’oggetto: non è riconoscibile né dall’ ordinamento né dalle parti. Con l’inesistenza l’ordinamento non può nemmeno dare una valutazione, in quanto l’atto non è individuabile. La nullità invece designa comunque un giudizio giuridico: es. la vendita di un immobile in forma orale è nulla, ma non inesistente perché potrebbe essere riconosciuta dai contraenti. L’inesistenza non consente poi recupero. Qualche eccezione per l’atto nullo es. testamento orale: è nullo perché ci vuole la forma scritta, ma per l’art.590, se colui che può far valere la nullità non lo fa, il testamento è convalidato. Stesso discorso per il testamento falso. Per vedere se questi testamenti fossero non solo nulli ma anche inesistenti, ci vorrebbe un testimone, perché i requisiti fondamentali sono la certezza e la controllabilità. Esempio: testamento olografo (scritto in parte a macchina): è nullo, perché dovrebbe essere scritto, ma non inesistente (c’è la volontà del testatore). Nella dichiarazione orale non si può controllare la volontà del testatore: qui, mentre la dottrina non la ritiene recuperabile (mancano i requisiti essenziali); la giurisprudenza (Corte di Cassazione) cerca di recuperarla affinché la volontà del testatore non sia perduta per sempre (ci vuole comunque un elemento minimo di sostegno). Il testamento falso è inesistente perché il soggetto non ha espresso alcunché, la dichiarazione orale non è inesistente, ma manca la controllabilità della sua esistenza. Allora la giurisprudenza ritiene che se la dichiarazione orale si può provare, è recuperabile (ex art.590).

NULLITA’
L’art. 1418 c.c. parla di nullità « quando viene violata una norma imperativa », senza guardare caso per caso. La nullità è “virtuale”, l’annullabilità è “testuale”. Gli interpreti guardano poi caso per caso le nullità. C’è un doppio limite:
- contenuto contratto contrario a disposizioni di interesse generale;
- che tali disposizioni incidono sul potere contrattuale privato.
Il 2° comma art.1418 prevede nullità per:
- manca uno dei requisiti previsti dall’art. 1325 (accordo, causa, oggetto, forma, se prescritta dalla legge);
- illiceità causa  e illiceità motivi previsti dall’art. 1345;
- oggetto impossibile, illecito, indeterminato, art. 1346.
Un atto nullo è geneticamente inefficace, perché ha struttura che non rispetta i canoni previsti dall’ordinamento.
L’atto nullo è incompatibile con la tutela dei valori collettivi, solo dopo dei singoli contraenti
7 motivi della nullità dell’atto:
1) nullità = inefficacia             2) Chiunque legittimato può chiederla  
3) no convalida                             4) non si prescrive 10 anni usucapione e ripetizione 
5) no rinuncia                                           6) retroattività e vale anche per terzi.
La nullità prevede una sanzione definitiva. La sentenza del giudice è solo dichiarativa, non costitutiva.
6 eccezioni in cui la nullità produce effetti:
1)contratti di lavoro, violanti la legge, valgono le prestazioni già eseguite;
2)se si accetta donazione (testamento) poi non vi può rinunciare con nullità;
3)neanche chi non è vero erede;
4)se l’impresa è registrata, la nullità della società vale solo in pochi casi e sono comunque validi gli    
atti dopo la registrazione;
5)la trascrizione è obbligatoria, se avviene  dopo 5 anni dall’atto impugnato, non pregiudica i diritti
dei terzi in buona fede acquistati con atto trascritto anteriore;
6)matrimonio nullo, effetti validi fino alla sentenza, buona fede o eccezionale timore, effetti validi
anche per i figli prima e dopo il matrimonio. Quindi l’ordinamento dispone limiti per la nullità e 
vi collega alcune conseguenze, perché la nullità troppo rigida talvolta sacrifica gli interessi delle  
parti (ci vogliono i requisiti minimi di riconoscibilità sociale).

ANNULLABILITA’
E’ meno grave. Ci sono requisiti fondamentali ma con alterazioni che li “viziano”. L’annullabilità è “testuale”, ci sono previsioni normative delle situazioni che le generano.
Gli atti sono annullabili:
1- art 1425, 428 incapacità di un contraente;
2 - ex art 1427 vizi del volere;
3 - art 1892 dichiarazione inesatta, dolo, colpa grave nei contratti ad es. assicurazione;
1 - altri casi art 1394,1395, 184. La differenza tra nullità e annullabilità è sconosciuta nel Codice ’42 e in Francia. Nell’annullabilità contano più gli interessi delle parti, e mantenere l’atto. Quindi: 1)annullabile è efficace fino alla sentenza;  2)annullamento chiesto solo dal leso, eccezione per interdetto legale, allora chiesto da chiunque;  3)convalidato dal contraente;  4)prescrizione in cinque anni, ma la pretesa avversaria è perpetua (se la controparte lo chiamasse in giudizio) es. contratti annullabili non ancora eseguiti. Ma il vizio dell’atto, l’invalidità, resta comunque;  5)art 1462 non si può rinunciare preventivamente all’annullabilità (per tutela interessi generali). 6) i diritti dei terzi in buona fede sono slavi eccetto se si tratta di un incapace legale. Inficiati i diritti dunque di:
a) chi contratta con incapace legale (troppo debole e troppo facile accertarsi)
b) terzi in mala fede (non tutelati)
c) coloro che hanno acquistato a titolo gratuito (meno bisognosi di tutela)
d) chi ha trascritto l’acquisto dopo la trascrizione dell’atto di annullamento.

LA SIMULAZIONE
Nel diritto privato non bisogna arrestarsi di fronte alla scelta apparente del modello di contratto, ma guardare in concreto ciò che le parti hanno prospettato ed inteso perseguire. In questo quadro si inserisce la figura della simulazione. La simulazione è regolata dall’art. 1414. Simulare significa creare una situazione apparente che non corrisponde all’effettiva intenzione delle parti. Esempio: le parti stipulano una vendita, ma non ne vogliono gli effetti (trasferimento, pagamento e consegna). Non significa non creare nessuno effetto, ma un effetto diverso. Si ha simulazione assoluta es. ho creditori che vogliono i miei beni, allora io li vendo ma sono d’accordo con l’acquirente che è una vendita simulata. La simulazione relativa è es. voglio fare una donazione ma uso la forma della vendita (qui realmente non si vuole nulla di diverso dall’apparenza creata). La simulazione di persona è es. voglio fare realmente una vendita, ma voglio che appaia acquirente un diverso soggetto (interposizione di persona). Tre casi: a) stipula contratto senza effetti; b)stipula contratto ed effetti diversi; c) simulazione solo alcuni elementi del contratto. Il contratto simulato vale di fronte ai terzi. L’art. 1414 ritiene la simulazione illecita solo se è a scopo di elusione di eventuali norma imperative. Effetto ai terzi: es. io vendo simulatamene la casa per sfuggire ai creditori. I creditori del simulato acquirente dicono che la vendita è effettiva così il loro debitore ha più soldi, i creditori del simulato alienante dicono che è vendita simulata per non perderne la garanzia. Altro es. vendo simulatamene la casa a Tizio. Poi tizio la dà ad un terzo. Può il simulato alienante rivendicare la casa? La legge deciderà in base alle circostanze ed ai terzi. Per l’art. 1415, i diritti del terzo sono validi se acquistati in buona fede, non sapendo cioè dell’apparenza. Il Codice civile italiano tutela i terzi, la sicurezza dei traffici e circolazione dei beni c’è chi sostiene la tesi della nullità della simulazione, perché manca il requisito di volontà (art.1325). Ma hanno torto. E’ vero che c’è sovrapposizione tra causa in astratto e causa in concreto; ma le parti potrebbero fare un contratto senza intenzione di simulazione e solo dopo non eseguirlo (per negligenza o per motivazioni sopravvenute). Nella simulazione invece era proprio la non esecuzione del con tratto. Alcuni autori addirittura sostenevano che nella simulazione manca il requisito della causa, ma anche qui hanno torto per la stessa ragione. Nella simulazione, c’è un accordo “privato” riconoscibile solo tra i contraenti, e allo stato ed ai terzi si fa vedere solo il contratto concluso. Inoltre, se mancasse veramente la volontà, e la simulazione fosse nulla, non ci sarebbe nessun effetto verso i terzi. Invece la simulazione genera effetti verso i terzi. Esempio: terzo che basandosi sull’apparenza formale del contratto può diventare acquirente di un bene. Ci sono due volontà invece: quella di stipulare un regolare contratto, formale, e quella che sia inefficace, per volontà delle parti. Se poi dopo aver stipulato una vendita simulata, i contraenti ne volessero gli effetti potrebbero farlo liberamente, senza un nuovo contratto come nel caso della simulazione nulla. Dunque il contratto è realmente stipulato e formalmente valido: solo gli effetti non sono voluti. Quindi due volontà: 1) stipula del contratto 2) inefficacia di esso stabilito preordinatamene.
La simulazione non è nulla. Il codice dice “non produce effetto tra le parti”. Questo però è il caso della simulazione assoluta. Nella simulazione relativa le parti stipulano un contratto, ma volgono gli effetti di un contratto diverso. Esempio: si stipula un compravendita, ma si vogliono gli effetti di una donazione, ed è quest’ultima a valere tra le parti. Questo si chiamerà contratto dissimulato e dovrà (per l’art.1414) presentare i requisiti di sostanza e di forma. Sostanza significa che deve essere valido. Ma la forma? Se venisse fuori la forma della donazione, non ci sarebbe più nessuna simulazione. Verrebbero fuori due forme, incompatibili tra loro, due contratti diversi. Quale deve prevalere?Allora nella simulazione relativa, non si guarda solo quali contratti hanno voluto                                              le parti, ma anche quelli effettivi che hanno voluto tenere nascosti. Il requisito di sostanza è chiaro, devono essere leciti gli scopi. Art.1472: è possibile la vendita di una cosa futura, ma non la donazione. Se si volesse far passare questa vendita per donazione sarebbe illecita. Il problema riguarda la forma: la donazione esige la forma pubblica. Quale uso? Quella “assunta” dal contratto simulato o quella “assunta” dal contratto dissimulato? La forma è assunta dal contratto simulato(vendita) perché ha funzione di atto pubblico necessario per la donazione. Esempio: stipulo una compravendita, ma voglio una donazione. E’ previsto corrispettivo, ma poi non lo ricevo. Allora viene fuori il reale intento delle parti che è quello della donazione.
Concludendo quindi, nella SIMULAZIONE RELATIVA il contratto dissimulato non esiste formalmente: la forma che assumerà sarà quella richiesta dalla legge, attinta dal contratto simulato.
Poi c’è la SIMULAZIONE DI PERSONA: non riguarda la natura del contratto, ma la persona; voglio per es. vendere un bene ma l’effettivo destinatario non vuole apparire, si ricorre all’interposizione dell’uomo di paglia, formalmente acquirente. Diritti ed obblighi ricadono sul contraente effettivo, ma formalmente sul contraente apparente. Interposizione “fittizia”: fittizia  vuol dire che “è come se non esistesse”, ma non in senso letterale: formalmente l’interposizione dell’uomo di paglia è perfetta, sostanzialmente non sarà lui a risentire degli effetti del contratto. Comunque perché sia simulazione di persona l’accordo deve essere fra tutti e tre i soggetti. Se fossero solo due, la simulazione sarebbe una vicenda interna tra contraente e terzo. Poi sarà accertata la verità (se ci sono tutti e tre).

RAPPRESENTANZA E MANDATO
Di solito coincidono soggetto che agisce e soggetto titolare dell’interesse. Se così non fosse ci sono due diverse soluzioni:
- rappresentanza = non è un abuso, è il titolare che fa agire un altro “per nome e per conto suo” e tale investitura sarà dichiarata nel contratto.
- mandato = un soggetto si obbliga a stipulare un contratto con un  altro senza dire che agisce in nome e per conto di un altro, poi in via interna ritrasferirà a questo ciò che ha stipulato per suo conto ma in nome proprio.
Il rappresentante è colui che agisce in nome e per conto di altri e gli effetti giuridici ricadono direttamente nella sfera del rappresentato. Se stipulo un contratto ma non dichiaro che lo faccio per conto di un altro, gli effetti giuridici ricadono su di me, poi, con un altro atto li riverserò sul terzo. L’art. 1338 dice che nella rappresentanza gli atti del rappresentante hanno stesso valore ed efficacia di quelli del rappresentato. Quindi non è che l’atto sia imputato al rappresentante e le conseguenze al rappresentato, sia l’atto integrale che le conseguenze sono imputabile al rappresentato. L’atto di autorizzazione ad agire in mone e per conto del dominus si chiama procura. La procura non è un contratto, ma un atto unilaterale con cui il dominus investe il rappresentante del potere di agire e ne individua i limiti. La procura non richiede l’accettazione del procuratore: ma è un potere ed anche un dovere? Se non adempie l’obbligo, può essere citato dal dominus? Non è un dovere: non c’è obbligo tra rappresentato e rappresentante, ma una responsabilità (il procuratore sarà responsabile non per l’inadempimento dell’obbligo ma per la violazione dell’altrui affidamento, perché aveva creato un’aspettativa). La procura comunque non regola i rapporti interni tra dominus e rappresentante, ma solo il rapporto con i terzi. E’ il mandato che costituisce lo schema per la gestione degli affari altrui. Art.1703: definizione mandato, come impegno obbligatorio; art.1704 rapporti con rappresentanza. Se al mandato viene aggiunta la procura si ha rappresentanza. Il mandato regola solo i rapporti interni, la procura quelli con i terzi. Il mandatario acquista un bene, per nome suo e solo dopo lo trasferirà al mandante art.1706; nella procura agisce per nome e per conto del dominus, su cui ricadono direttamente gli effetti. I casi sono tre:

  1. procura senza mandato: soggetto agisce in nome e per conto di altri, senza obbligo, effetti diretti sul domins;
  2. mandato senza procura: soggetto agisce in  mone proprio, con obbligo, o dopo ritrasferirà gli effetti sul dominus;
  3. mandato più procura: soggetto agisce in nome e per conto del dominus, con obbligo, effetti diretti sul dominus.

L’ipotesi C è quella più sicura per il rappresentante, nella B il mandatario potrebbe rifiutarsi di trasferire gli effetti, ma l’art.1706 poi glielo imporrà. L’art. 2932 dice che il contratto preliminare obbliga le parti a stabilire poi il contratto definitivo, altrimenti interverrà la legge a renderlo obbligatorio. Stessa tutela vale per il mandato, cioè la sentenza può dichiararlo concluso lo stesso (è il titolo che si sostituisce al contratto definitivo o al consenso del mandatario). C’è poi il caso in cui il rappresentante agisce senza potere o ecceda i limiti: da un lato il dominus non ha conseguenza, perché non lo aveva investito di poteri; d’altro va considerato il terzo che ha stipulato un contratto col “falso rappresentante”: pur essendo in buona fede, ha stipulato un atto inefficace. Il dominus non è a conoscenza e non subisce conseguenze. La procura poteva essere scaduta o si può averne ecceduto i limiti, oppure è stata revocata. Il dominus non subisce conseguenze, anche se il contratto è a nome suo. Il terzo non può nemmeno pretendere che il falso rappresentante esegua il contratto perché lo ha fatto in mone del dominus. Semmai il terzo può chiedere il risarcimento dei danni al falso procuratore (art.1398) non si tratterà di un responsabilità contrattuale (mancato adempimento contratto), ma extra contrattuale per violazione della libertà contrattuale. L’art.1338cc parla di interesse negativo inteso come occasioni perdute, spese affrontate ecc… inoltre il terzo non deve essere solo in buona fede (ignora che il procuratore fosse falso), ma anche diligente (deve aver chiesto al procuratore chi fosse). Solo se ci sono queste due condizioni l’art.1338cc prevede risarcimento.
L’art.1399, poi prevede la ratifica, quando il dominus, scoperto tutto, accetti quanto compiuto in suo nome senza procura: è una procura con efficacia retroattiva perché conferita dopo mentre la procura normale è attribuita in via preventiva. Poi l’art.1396 prevede il principio di apparenza: se il dominus scopre il falso procuratore, ma non lo dice ai terzi, i terzi possono chiedere a lui l’adempimento degli obblighi del contratto: apparenza in quanto la legge considera esistente ciò che nella realtà non sussiste. Negli altri casi ( quelli visti prima) non poteva valersi il principio di apparenza. Laddove la carenza è originaria, comporta solo il risarcimento del danno del falso procuratore, se invece il dominus era in mala fede il contratto è reso operativo dal codice. Il fine di tutto questo è quello di tutelare i terzi. Il principio di apparenza può essere fatto valere solo in specifiche situazioni. L’art.1189 prevede la figura del creditore apparente, colui che appariva al debitore legittimato a ricevere la prestazione: se il debitore salda, in buona fede, sarà liberato. C’è infine l’erede apparente, che appare tale in base ad un testamento, poi revocato da un testamento successivo (quanti uno ne vuole, ma l’ultimo è vincolante).

VIZI DELLA VOLONTA’
L’accordo deve formarsi liberamente, senza interferenze esterne, che vizierebbero l’atto e lo
renderebbero annullabile. I vizi sono per errore, dolo e estorto con violenza.

  • l’errore

Qui l’accordo si è formato con la visione distorta di alcuni elementi, la rappresentazione non coincide con la realtà oggettiva. Va giudicato ciò che è stato e ciò che si sarebbe voluto. C’è l’effettiva volontà dell’uno e l’affidamento dell’altro alle validità del contratto in buona fede e diligente. L’errore deve essersi formato spontaneamente nella mente di uno, senza interventi esterni. Art.1429: non tutti gli errori danno luogo all’annullabilità: errore essenziale se: 1) natura o oggetto contratto 2) qualità oggetto 3) natura o qualità di una persona determinante al consenso 4) se, errore di diritto, era l’unica ragione del contratto. Se non rientra in questi casi l’errore l’atto non è annullabile es. valore di un bene non genera errore rilevante, nemmeno se si era fatto il contratto solo sulla base di quello. E’ prevista una misura media di diligenza e co0mpetenza dei contraenti: se si tutelasse anche l’imprudenza, si andrebbe contro il principio di libertà di contrarre (valutazioni soggettive di convenienza su cui l’ordinamento non interviene). L’art.1341 annulla l’atto per errore con diligenza. Se poi l’errore non fosse rilevabile valgo9no la buona fede e la diligenza e chi cade in errore si sacrifica.

  • violenza

Quella fisica implica totale mancanza di consenso quindi nullità (alzo il braccio di un altro ad un’asta). Quella morale è quando si stipula un contratto sotto il timore di una minaccia, ed è annullabile. Per l’art.1435 la violenza morale ai danni della persona riguarda la sua integrità fisica, il mone o i beni. Il male deve essere ingiusto in sostanza e scopi. Esempio: minaccia far valere un diritto chiedendo fallimento debitore, diventa violenza se si vuole un vantaggio ingiusto. Esempio: compravendita. Così interviene l’ordinamento annullando l’atto (art.1438). Il male deve essere notevole, secondo criteri medi. Esempio: non vale “timore reverenziale”, perché non c’è vera minaccia, è una sensazione interna. La violenza è negoziale: l’alternativa a non stipulare il contratto è la violenza. L’altro contraente non viene tutelato, vista la gravità dell’atto violento. Art.1434 è annullabile anche l’atto con violenza ese4rcitata da un terzo a beneficio di un altro che pur non ne era a conoscenza.

  • dolo

Il dolo si ha quando l’inganno di un contraente provochi l’errore dell’altro, cui è strappato il consenso (guidato male). E’ un vizio del volere e non solo una manifestazione psicologica. Non importa che il dolo sia essenziale, ma deve essere determinante Al consenso per generare annullabilità. Se il dolo non è determinante per il consenso genera solo obbligo per il risarcimento, e non annullabilità. Il dolo deve essere “serio”, es. non vale una pubblicità che esalta un prodotto, ed influenza una persona credulona. La pubblicità “dolus bonus” solo talvolta può diventare ingannevole, per questo la direttiva CEE 84/450 (d. lgs. 25/01/1992 n.74) ha previsto un’Autorità garante che la rende più utilizzabile (la pubblicità) a associazioni imprenditori e consumatori. Il dolo esercitato dal terzo è annullabile solo se il contraente sapeva che ne avrebbe esercitato vantaggio. IL contraente, vittima dell’inganno, non potrà far valere il dolo del terzo ai fini dell’annullamento: egli potrà chiedere il risarcimento, ma il contratto resterà valido a meno di un errore essenziale de3l terzo riconoscibile dalla controparte: in questo caso sarà annullamento sulla base dell’errore, non del dolo.

INVALIDITA’ E RISOLUZIONE DEL CONTRATTO
Es. io acquisto un quadro di famoso pittore poi scopro che è falso e lo contesto al venditore. Può darsi che io mi sia sbagliato sul valore del quadro; oppure il venditore si fosse sbagliato, oppure ancora il venditore mi ha consegnato falsamente un quadro famoso senza promettermi la qualità. Se l’errore è l’autenticità è un vizio del consenso; se è inadempienza del venditore, per la qualità promessa, allora c’è la risoluzione del contratto. Se il rimedio sarà annullabilità, allora sarà vizio del volere, se sarà l’inadempienza, il contratto sarà valido. Quindi sono diverse risoluzione ed invalidità. Se il difetto è nella fase della rappresentazione dell’oggetto, è vizio del volere. Se invece la rappresentazione del venditore non è stata alterata e dopo scoprirà il patto allora sarà colpa, inadempienza del venditore. In definitiva se è stato consegnato ciò pattuito, e non corrisponde all’interesse del compratore, il difetto sta nella rappresentazione; se è consegnata una cosa diversa da quella pattuita, il difetto sta nell’esecuzione del contratto, ma inadempienza vuol dire risoluzione del contratto, scioglimento e inefficacia sopravvenuta degli effetti giuridici. La nullità è invece inefficacia originaria per struttura, nella risoluzione si guarda lo svolgimento, l’esecuzione. Quindi invalidità = inidoneità genetica contratto produrre effetti. Risoluzione = inefficacia non per insufficienza strutturale, ma interviene qualcosa che incide sulla vicenda del contratto, e ne determina lo scioglimento. Assolutamente poi non si può dire che invalidità ed inefficacia coincidano. Inefficacia può essere per determinati motivi (nullità, condizione simulato o in frode ai creditori): noi guardiamo solo il risultato: è inefficace. L’invalidità o è originaria o non è invalidità.

  • Risoluzione per inadempimento

E’ l’art. 1453: uno dei contraenti non rispetta gli accordi si chiede la risoluzione o il risarcimento. Il contratto è valido, sarà il comportamento di una delle parti a portare allo scioglimento (se il contratto fosse nullo non avrebbe senso né risoluzione né risarcimento).

  • Risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione

E’ l’art. 1463 es. pattuisco mi arrivi petrolio, poi scoppia la guerra in medio oriente ed il mio contraente non me la da più: è una risoluzione per impossibilità sopraggiunta. Con essa si estingue il vincolo obbligatorio, con eventuali obblighi restitutori. Se il bene era impossibile fin dall’inizio, si aveva la nullità.

  • Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione

E’ l’art. 1467 es. pattuisco petrolio, poi il prezzo del petrolio sale troppo e non lo può più dare. E’ un evento straordinario sopravvenuto, che determina la risoluzione del contratto. Ma l’onerosità deve essere straordinaria cioè il prezzo deve essere veramente alto.
In tutti e tre questi casi c’è un elemento comune: sono comportamenti successivi che intervengono a modificare il rapporto come era stato stabilito in origine. In tutti e tre i casi l’invalidità è estranea.

RESCISSIONE DEL CONTRATTO
Sono gli artt.1447 e 1448: è stipulato un contratto in uno stato di bisogno o pericolo proprio o altrui, e il contraente ne approfitta; es. ho bisogno di soldi, chiedo 1000 ad uno, che me ne offre solo 300. Contratto concluso su sproporzione originaria. Nel caso dell’eccessiva onerosità, invece la sproporzione era sopravvenuta. Il Codice prevede la possibilità di esercitare la rescissione entro un solo anno dalla conclusione del contratto, purché  la lesione perduri, e così si differenzia dai vizi del volere (invalidità). Però il rimedio reagisce ad un vizio originario, e questo è tipico dell’invalidità stessa. Riguardo ai terzi, il contratto nullo fa valere la nullità anche rispetto ai terzi. Invece nell’annullabilità vale ai terzi solo se dipende da incapacità legale, vizi consenso, in titolo onerosi e buona fede.
Art.1452: nella rescissione restano validi i diritti dei terzi. Art.1458: validi anche per la risoluzione. Art.1449: non rescindibilità in azione prescritta. Art.1442: nel caso della annullabilità è sempre opponibile. Art.1451: rescindibile non può essere convalidato. Art.1444: convalida per annullabilità. Artt.1447 e 1448: ammessa la sanatoria. Art.1450: ammessa l’equità.
Alcuni elementi emergono: 1) prescrizione breve concluso contratto.   2) poca opponibilità rescindibilità.   3) non convalida rescindibile.   4) salvi diritti terzi. 
Sembrerebbe che siamo in presenza di invalidità. La legge fa decorrere l’anno per svincolarsi dalla situazione psicologica subita dal contraente, si distacca dai vizi del volere. Sarebbe in giusto iniziare la prescrizione quando il contraente è sotto errore o violenza. Se la prescrizione decorresse dalla conclusione del contratto, verrebbe vanificata la tutela del concetto di “vizi del consenso”. Nella rescissione, si guarda l’effetto lesivo, prescindendo dalla condizione psicologica del contraente. Nei vizi del volere il soggetto non deve dimostrare di aver subito pregiudizio, il contratto sarà annullato. Quindi la rescissione si colloca più nell’area della risoluzione che l’invalidità, pur essendoci il vizio originario. Ma per le varie incertezze, è poca diffusa.                

LE CLAUSOLE VESSATORIE NEI CONTRATTI CON I CONSUMATORI
E’ l’art. 25 L. 6/02/1996 n° 52 che ha introdotto la direttiva comunitaria 93/13 sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori. E’ una disciplina caratterizzata da regole peculiari che non intacca la teoria unitaria del contratto. Lo stesso codice ’42 protegge gli interessi delle categorie deboli. Oggi la contrattazione individuale è stata soppiantata da quella di massa,  dove o si accetta la regola pattuita o non si stipula il contratto. Il consenso dell’aderente nei confronti del proponenti deve essere “libero” e “consapevole”. L’art.1341cc. subordina l’efficacia delle clausole vessatorie (che aggravano di più rispetto al contratto alla loro approvazione per scritto). L’art.1469 bis definisce clausola vessatoria quella “che malgrado la buona fede del consumatore crea squilibri su obblighi e diritti del contratto”. Con gli artt.1341 e 1342 la legge vuole precludere comportamenti prevaricatori da parte del “professionista” sul consumatore. Già l’istituto della rescissione del contratto (artt.1447 e 1448cc) cerca il principio di e      quità. Esso è un principio generale del sistema, che deve impedire che queste clausole alterino il valore dell’equilibrio dei diritti e degli obblighi, per questo questa normativa è stata inserita dal legislatore nel contesto del diritto dei contratti. C’è una doppia elencazione: art.1469 3° comma (vessatorie fino a prova contraria), art.1468 1° e 2° comma (inefficaci clausole oggetto trattativa) (vessatorietà in natura bene, circostanze). Da una parte si guarda la qualifica soggettiva del contraente (solo tra imprenditori e privati estranei), dall’altra, niente oggetto di trattativa individuale, se risulta da prova scritta. Ma come si fa a vedere che il soggetto non è imprenditoriale? E’ difficile accertarne i motivi. Poi per essere inoperativa non deve essere stata oggetto di trattativa. Una volta escluso il carattere prevaricatore delle clausole il professionista non è più sotto accusa. L’art.1469 quinques introduce l’inefficacia parziale della clausola vessatoria (il resto del contratto rimane valido). L’art.1419 prevede la nullità (viene meno l’intero contratto) se senza la parte colpita da nullità le parti non avrebbero stipulato quel contratto. Inoltre la sanzione è relativa (solo a vantaggio del consumatore rilevata d’ufficio). Va visto dunque in quali casi si tratta di inefficacia ed in quali di nullità per “epurare” i contratti con i consumatori ci sono poi le azioni inibitorie e l’art.1469 sexies prevede le singole ipotesi. Tutto ciò per tutelare il debole e singolo consumatore e completare un giudizio di controllo di per sé non valido nella sua interezza.

LA RESPONSABILITA’ CONTRATTUALE
Contro l’inadempimento dell’obbligazione si ha il rimedio di carattere generale: risarcimento. Esso è estraneo al diritto privato, perché ha più natura economica. Se ne occupa l’art.1218: quando poi il creditore è anche uno dei contraenti dei contratti si ha risoluzione.
Art.1218 = responsabilità da inadempimento.   Art.1453 = inadempimento in un contratto a prestazioni corrispettive.   Entrambi hanno a loro presupposto la responsabilità del debitore. L’art.1218 guarda al risarcimento, conseguenza di inadempienza, in generale, cioè non concentrandosi sull’inadempiente (come fa il 1453), ma sul “debitore”.
Esempio: danno di parcheggio di automobile à comporta solo il risarcimento, non ci sono prestazioni corrispettive, quindi art.1218.
Esempio: non pago una somma per l’acquisto di un bene à qui c’era un contratto, e si può chiedere la risoluzione, quindi art.1453. Ci sono prestazioni corrispettive. Ma è meglio il risarcimento o la risoluzione? Per l’art.1453 è “possibile chiedere di essere liberati dal vincolo senza risarcimento”, oppure il contrario (risarcimento senza risoluzione). E’ chiaro che se il risarcimento basta, è inutile procedere alla risoluzione. Il risarcimento si può far valere verso qualsiasi forma di inadempimento, per la risoluzione occorre che l’inadempimento non sia di scarsa importanza.
Esempio 1: contratto locazione: inquilino non paga canone = inadempimento importante.
Esempio 2: danno finestra: risarcimento = ma inadempimento non rilevante per risoluzione.
Esempio 3: paga canone ma non riscaldamento = risoluzione discutibile.
L’inadempimento deve essere essenziale ai fini del contratto, è il giudice che lo valuta. Per l’art.1218 il debitore può scagionarsi se prova che la sua inadempienza è dovuta a cause a lui non imputabili (colpa del debitore). Nel 1453 si parla di inadempimento ma non di colpa. Nell’1176 si dice che per scagionarsi, il debitore deve avere la diligenza del “buon padre di famiglia”. Esaminiamo comparativamente il 1218 e l’1176.
Esempio 1: consegna di un documento in ritardo causa incidente: io mi giustifico provando.
Esempio 2: telefonata per effettuato pagamento in ritardo per non funzionamento telefoni: mi 
rigiustifico.
Supponiamo che in entrambi gli esempi sia accreditata la diligenza. La differenza è che secondo l’1176 non c’è inadempimento perché diligente; il 1218 vuole la prova della diligenza, ove cioè non c’è prestazione, è il debitore che deve allegare la prova contraria e non già il creditore a dover dimostrare la responsabilità del debitore. Sia dottrina che giurisprudenza si sono interessate al problema. Ci sono due concezioni:

  • oggettiva dove non è sufficiente dimostrare di essere diligente, ci vuole la prova fornita dal 1218 (cause oggettive) mentre l’1176 indica solo le modalità dell’adempimento;
  • diligente vale la diligenza assoluta, desumibile dal contesto obbligatorio.

Prevale la seconda tesi, ma anche la prima non è che costituisca solo un’eccezione. Il concetto di inadempimento è un concetto unitario: sia per risoluzione e inadempimento si fa riferimento a colpe oggettive. Ma la risoluzione deve essere quando l’inadempimento è importante per il creditore, il risarcimento vale qualsiasi inadempimento. Si possono poi avere tutti e due rimedi congiuntamente, se ci sono i presupposti, oppure autonomi. Il risarcimento comporta comunque una reintegrazione patrimoniale, ma occorre distinguere contenuto e disciplina del risarcimento del danno, se provengono dall’inadempimento di un obbligo, da una violazione di una norma generale, quindi illecito extracontrattuale. Però oltre alla somma in denaro la legge ammette un’altra forma di risarcimento, specifica, che consiste nel ripristino della situazione originaria.

 

 

 

 

 

CAPITOLO 6

LA RESPONSABILITA’ CIVILE
E’ l’art.2043cc che regola la responsabilità da fatto illecito extracontrattuale: qualunque fatto (non sono fatti espressamente previsti come invece nel penale) doloso (volontà di far male) o colposo (no diligenza, perizia, prudenza) che cagiona ad altri un danno (intacca la sfera soggettiva degli interessi) ingiusto (viola interesse tutelato dall’ordinamento giuridico) obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno (danno sono perdite, privazioni e conseguenze negative; consequenzialità logica tra comportamento e danno).
La responsabilità extracontrattuale nasce dalla violazione di una norma generale a tutela di tutti i consociati e se invece c’è un precedente rapporto tra danneggiato e danneggiante, cioè è violata una regola di rapporto relativa a soggetti determinati si ha responsabilità contrattuale che non presuppone per forza un contratto. Esempio art.433cc: obbligo alimenti dove ci sono due soggetti di cui uno è titolare del diritto, l’altro è obbligato. La responsabilità extracontrattuale è detta anche aquiliana. Rispetto al Codice del ’42 il concetto di “danno ingiusto” si è ampliato: da tutela di diritti assoluti (proprietà, personalità) a diritti relativi (credito, possesso, o addirittura se4mplici aspettative). Prima inoltre i terzi non rispondevano degli atti illeciti, perché si sosteneva che il terzo fosse estraneo ai rapporti contrattuali: non comportava risarcimento anche se la sua interferenza impediva al debitore di pagare la sua obbligazione. Ammettere la responsabilità di terzi riguardo a diritti relativi (invece sì per quelli assoluti) avrebbe contrastato l’art.1372 2°comma su “il contratto non produce effetti rispetto ai terzi”; es. 4/05/1949, cadde l’aereo a Superga con squadra Torino: il Torino chiese il risarcimento per aver perso i suoi “dipendenti”, ma la Corte di Cassazione lo respinse perché era stato leso solo un diritto assoluto e non di credito. Altro es.: uccisione calciatori Meroni del Torino da un  minorenne (Romero). La Corte qui riconobbe invece il danno subito dal creditore “fatto doloso o colposo che cagiona morte debitore obbliga a risarcire creditore”. Vale sempre comunque il principio che il “contratto non produce effetti rispetto ai terzi”, ma si tratta di effetti tipici, ora i terzi partecipano al contratto se ingeriscono illecitamente. Poi la giurisprudenza ha aperto nuovi casi di risarcibilità estranee alla lesione di diritti assoluti:

  • lesione terzo che interrompe rapporto lavoro (uccisione lavoratore);
  • crediti alimentari;
  • interruzione crescita figlio (che poi avrebbe dovuto lui mantenere); 
  • interruzione possesso;
  • interruzione rapporto costante di contribuzione.

Certo non si può allargare troppo il campo delle ipotesi di risarcibilità, da un alto va bene l’evoluzione in maggior tutela del danneggiato, d’altro bisogna fare una selezione per non gravare troppo la responsabilità del danneggiante. L’art.2056 dice che se “il ritardo o l’inadempimento non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è solo del danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione”. Non viene distinto tra prevedibilità e non, come nella responsabilità contrattuale, a meno che risarcimento e danno coincidano nel tempo. Qui il fatto che genera l’obbligazione risarcitoria non è interpretabile in relazione ad un futuro adempimento, secondo la prospettiva del contratto. Qui il debitore può valutare oneri, perché assume volontariamente un vincolo. Questo è il motivo per cui il debitore doloso è più gravato del non doloso: esso no può far valere la delimitazione dei danni. Art.1225. Nel fatto illecito questo non vale: chi fa un danno viola una norma generale di comportamento. Né si può limitare il risarcimento ai danni prevedibili. Così in campo civile non c’è netta distinzione tra doloso e colposo, mentre sì in quello penale.

LA RESPONSABILITA’ OGGETTIVA
E’ l’art.2043: non contano dolo e colpa. Vale il principio “nessuna responsabilità senza colpa”. La responsabilità oggettiva è quella dei padroni e committenti. Art.2049, per danni di domestici e commessi nelle loro funzioni. Qui non vale la diligenza. Quindi si prescinde da colpa e dolo, e si può trattare di culpa in eligendo (scelta persona) o culpa in vigilando (vigilanza). Ma conta solo il fatto dannoso. Poi ci sono vari casi secondo l’utilità dei tipi di lavoro. Esempio: art.2047 incapace di intendere e di volere: secondo alcuni è responsabilità indiretta, ma è diretta (culpa in vigilando) a meno di provare di non aver potuto impedire il fatto (pur con diligenza, sorveglianza ed educazione impartita). Poi c’è l’attività pericolosa (a meno di non dimostrare avere adottato tutte le precauzioni). Qui vale anche la minima responsabilità e la diligenza consiste nell’aver preso tutte le misure idonee ad evitare il fatto. Poi c’è l’art.2051, sull’oggetto in custodia: anche qui vale la responsabilità oggettiva a meno del caso fortuito. Stesso discorso per l’art.2052 sul danno cagionato da animali.

IL RISARCIMENTO DEL DANNO
Non deve essere avvenuto genericamente un fatto illecito, ma un danno specifico per aversi il risarcimento. Il danno va verificato. Altrimenti non ci sono conseguenze in campo civile (sì in quello penale). Il risarcimento consiste in una reintegrazione monetaria. La valutazione economica del danno è necessariamente fatta in termini monetari, ma è previsto anche il risarcimento in forma specifica, cioè il ripristino della situazione precedente: se questo è possibile giuridicamente non lo è sempre materialmente (troppo gravoso per il debitore) allora si può avere il risarcimento solo per equivalente (soldi) art.2058. Spesso il ripristino originario non è possibile o è troppo gravoso per il debitore. Poi ci sono risarcimenti non valutabili. Esempio: danno morale: vi si attribuisce un’indennità che più che altro è simbolica, non una riparazione vera e propria. Il risarcimento ha finalità reintegrativa, non di sanzione. Sulla scia della common law c’è un dibattito anche in Italia se considerarlo o meno ammonimento, ma per ora siamo sul no perché questa “eventuale punizione” potrebbe arricchire il danneggiato. Il danneggiato va risarcito secondo quanto ha subito, se oltre il danno morale anche quello biologico, alla salute, ma no di più, se no ci sarebbe disparità di trattamento tra vittime di un medesimo fatto. Caso mai, quello che prende più del previsto è meglio darlo allo Stato o a qualche associazione benefica.

DANNO MORALE E ALLA SALUTE    
Il risarcimento comprende sia danno patrimoniale sia non patrimoniale (non suscettibili di valutazione economica). Prima i danni non patrimoniali si intendevano solo i danni morali. Ma in realtà non tutti i danni non patrimoniali sono danni morali. L’art.2043 prevede il danno ingiusto in generale, l’art.2059 i danni morali che sono una sottospecie dei danni non patrimoniali. Prima il danno alla salute era danno patrimoniale se incideva sull’attività lavorativa o danno morale risarcibile solo se il fatto illecito costituisse reato. Oppure si inseriva il danno alla salute tra danni patrimoniali e danni morali. Oggi, la Corte Costituzionale (1995) sempre art.2043 lo giudica danno non patrimoniale: sono distinti danni alla salute, all’integrità psico-fisica e morale, tutti e tre costituzionalmente protetti. Art.32 cost.: “salute in senso individuale e della comunità”. E inoltre ora è tutelato a prescindere dalla lesione patrimoniale (da parte di un  terzo).
Il danno morale indica invece la sofferenza psichica, causata dall’atto di un terzo es. morte persona cara. C’è un limite, per cui, secondo la scienza medica diventa patologia. Anche i pregiudizi sulla persona, sono risarcibili, non per diminuzione capacità lavorativa, ma più perché minacciano all’immagine della persona stessa. Ora la distinzione è netta: danno alla persona, al patrimonio, e morale. L’art.2043 parla di danno in giusto, e poi ci sono le varie specificazioni. Certo, civilmente, il risarcimento economico vale sempre, più arduo è qualificare il danno alla persona, non economicamente, ma in generale. Il danno si valuta nella specie sua e secondo la natura dell’interesse violato. L’art.2043 detta la disciplina generale di danno, poi sarà integrata di volta in volta da una disciplina specifica. Viene tutelata così dall’ordinamento prima la persona, poi il patrimonio.

 

CAPITOLO 7

IL DIRITTO DI FAMIGLIA

FAMIGLIA E DIRITTO. AUTONOMIA E LIMITI
Il diritto tende a disciplinare i rapporti fissandoli in modelli standardizzati, la famiglia, incontro di affetti e libertà, influenzata da costumi e tradizioni, è insofferente verso qualsiasi forma di coercizione. Il diritto vuole ridurre in schemi formali rapporti di affetto che per natura sono mutevoli nel tempo. Il principio di tipicità, che pur caratterizza le relazioni familiari, tradizionalmente, applicato rigidamente porterebbe tuttavia alla cristallizzazione di questo rapporto. Mai come nel diritto di famiglia si avverte la necessità di adeguare le formule tecnico-giuridiche al mutare della vita sociale. Poi c’è stata la Riforma del diritto di famiglia, attuata nel 1975. Il diritto positivo non può essere applicato rigidamente perché non può prescindere dal sentire della società civile; es.: i coniugi possono vivere il rapporto di coppia in base alla loro personalità, all’evoluzione dei tempi, anche se l’art.143cc elenca diritti e doveri scaturenti dal matrimonio “fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione, coabitazione, contribuzione con professione”. Il Codice nomina i doveri; ma rinvia ai coniugi stessi le modalità di adempimento concreto degli obblighi. Nell’esempio del matrimonio le parti possono prendere accordi in precedenza, aderendo alle esigenze particolari di ogni famiglia. Ciò non vuol dire derogare agli obblighi previsti ma in realtà un interpretazione autentica dei doveri da parte del legislatore da imporre alle parti sarebbe impossibile. I doveri sono inderogabili ed intangibili nel senso che devono garantire l’identità della comunità familiare e dei singoli individui, ma è garantita la libertà e l’autonomia, per non arrivare all’esasperazione. Il carattere di inderogabilità esalta, non comprime, la libertà dei soggetti.

LA FAMIGLIA DI FATTO
La famiglia di fatto, che si basa sulla semplice convivenza, presenta ovvii limiti rispetto al matrimonio art.29 cost. ma anche da unioni di fatto possono sorgere situazioni giuridicamente rilevanti e costituzionalmente protette. La convivenza non formalizzata nel matrimonio non è considerata irrilevante dal diritto,e meno che mai antigiuridica. Certo non si può equiparare la famiglia di fatto alla famiglia legittima. Un tempo c’era un atteggiamento di indifferenza, perché l’alternativa era tra rapporto di fatto o rapporto di diritto e poi c’era la riprovazione etica e religiosa. Secondo i dati ISTAT in Italia nel 1987 erano 1,3 %, ancor di più le convivenze in Europa, che raggiungevano il 20 %. Bisogna tutelare la persona nella famiglia me anche nella convivenza. Ma possono le regole del matrimonio applicarsi anche alla convivenza? Bisogna però impedire che in questi rapporti, vi sia una totale mancanza di regole che nuoccia ai soggetti più deboli del rapporto. Non va equiparata alla famiglia legittima, ma attribuirle quel tanto di rilevanza giuridica necessaria a tutelare gli interessi ed i bisogni individuali, garantiti anche verso i terzi. E’ una delle formazioni sociali nelle quali si svolge la personalità umana. Non si tratta di regolare l’intero rapporto, rimangono protezioni parziali, perché si tratta di un complesso tenuto al di fuori degli schemi tipici, previsti dalla legge. Si estendono alla famiglia di fatto solo alcune norme del matrimonio che non facciano riferimento espresso ad esso, perché i caratteri della famiglia di fatto sono libertà, effettività ed attualità. Alcuni esempi sono: 1) pensione per vedova o convivente il cui militare deceduto avesse portato tre mesi prima dichiarazione matrimonio; 2) permesso uscita detenuto per familiare o convivente in pericolo di vita; 3) ambiente inidoneo, temporaneo affidamento minore a famiglia legittima o di fatto, mentre per l’adozione è richiesto il matrimonio, in futuro forse no. Un esempio fu una nota attrice che nel 1967 chiese l’adozione anche se non coniugata. In primo grado fu dichiarata inammissibile. In secondo grado, nel 1993 la Corte costituzionale si pronunciò per la “non contrarietà”. La Cassazione è ancora contraria. Si attendono nuovi sviluppi.
In generale, oggi è riconosciuta: 1) risarcimento in caso di uccisione da u terzo se viene meno al convivente l’assistenza materiale; 2) successione locazione al convivente; 3) perdita o diminuzione alimenti per divorziato con nuovo convivente; 4) astensione dal deporre al convivente; 5) art.681cp grazia anche per il convivente; 6) tutela maltrattamenti anche per il convivente art.572cp. Qual è il modello di famiglia di fatto? Innanzitutto ci deve essere una convivenza stabile e duratura, comunione vita ed affetti. Non varrebbe es. amici conviventi per ragioni di studio. Sono elementi indispensabili. Non è indispensabile la nascita di figli (vale anche per il matrimonio) e i rapporti sessuali (anche per il matrimonio, valido ma può essere sciolto). Gli obblighi giuridici della famiglia di fatto art.143cc (fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione, coabitazione) valgono per farla riconoscere. Sono fuori da vincoli giuridici sanzionabili. La tipicità, paradossalmente, produce più effetti incisivi nella famiglia di fatto che in quella legittima. Una famiglia di fatto si rifà al modello del matrimonio, l’adempimento dei doveri coniugali, è elemento costitutivo anche della famiglia di fatto. Nelle famiglie legittime, la loro violazione può portare a separazione, a patto che queste violazioni vengano denunciate, se no non succede niente. Le famiglie legittime sono tali fino al momento del divorzio, le famiglie di fatto si atteggiano come quelle, e viene a crearsi un’apparenza di dover essere, e traggono la loro sostanza da questi rapporti pena la loro irriconoscibilità.

LA FILIAZIONE IN GENERALE
Tradizionalmente è il legame di sangue, ma si è aggiunto l’elemento civile dell’ “adozione”: se un  minore è in stato di abbandono morale e materiale, c’è un provvedimento giudiziale. Infine c’è la procreazione artificiale, procedimento medico strumentale. Le forme di filiazione sono quella: 1)legittima (genitori coniugati o adottati) 2)naturale (genitori non coniugati) 3)adottiva (niente legame biologico ad eccezione figlio maggiorenne o casi particolari). Sono gli art.30cost e artt.147 e 148cc.

LA PROCREAZIONE ARTIFICIALE
Sono 3:

  • procreazione omologa: materiale genetico di entrambi i partners, intervento operatore sanitario, come figlio naturale;
  • procreazione eterologa: fecondazione donna e terzo donatore. Può il marito disconoscere la paternità, anche se all’inizio ha dato il suo consenso, per “impotentia generandi”, tra trecentesimo e centottantesimo giorno prima della nascita del disconoscendo (art.235 sub 2cc). Ci vorrebbe una disciplina apposita per ora assente nel nostro ordinamento. Il consenso del marito genera effetti concreti di enorme importanza. Con il consenso tutti gli effetti della filiazione sono conseguenti (mantenimento, educazione, istruzione) e l‘eventuale violazione comporta risarcimento del danno, art.144cc. Il terzo, che generalmente è un anonimo donatore, non ha nessun vincolo; il figlio è di chi lo ha voluto, ed il consenso è irrevocabile. Il “figlio della scienza” ha la stessa posizione del nato normale;
  • surrogazione di maternità: i casi sono 2:            
    • totale impossibilità della donna di procreare, donna estranea alla coppia presta l’intero apparato procreativo;
    • parziale impossibilità, o grave pericolo per donna, allora “prestatrice di solo utero”.

            Per l’art.269 2° comma madre è la donna che ha partorito. Manca una disciplina delle nuove 
situazioni, per decidere su validità ed efficacia accordi, e possibile “diritto di pentimento”. Il      
futuro è l’ectogenesi, la creazione di uteri artificiali, e la procreazione della machina che si                   
sostituisce completamente alla donna in gestazione e parto. Il diritto dovrà dare il suo
apporto.

 

                        
CAPITOLO 8

L’IMPRESA

I REQUISITI DELL’IMPRENDITORE. IL RILIEVO DELL’ATTIVITA’
L’organizzazione imprenditoriale è il centro del sistema economico: la ricchezza non è più uno statico godimento di beni, prevale l’aspetto dinamico, la circolazione di essi. Addirittura l’impresa (fare) ha più rilievo della proprietà (avere). L’art.41cost. garantisce la libertà di iniziativa economica privata. L’art.2082cc definisce imprenditore “non per titolo, ma attività economica per produzione e scambio di beni o servizi”. L’impresa non vale se non c’è imprenditore, non è oggetto di trasmissione, si può cedere l’azienda (complesso beni organizzati art.2555) ma mai l’impresa: il cessionario eserciterà una nuova impresa con l’azienda ceduta. Il proprietario invece gode del bene per il suo titolo, a prescindere dal comportamento attivo, l’imprenditore richiede un comportamento dinamico: se no non può essere considerato tale (invece il proprietario non perde la sua titolarità se non esercita il diritto). Anche l’iscrizione obbligatoria nel registro delle imprese ha solo valore fiscale e di pubblicità verso i terzi: elemento costitutivo è solo l’attività. Ma come si fa ad individuare con chiarezza i confini di tale attività? E’ indispensabile il carattere continuo ed effettivo dell’attività, pur con segmenti di azione, ma con un fine unitario ( produzione e scambio). Dopo se ne valuteranno gli effetti. Però è difficile individuare chiaramente l’attività proprio per il suo carattere dinamico: gli atti tipici e statici sono più facilmente soggetti a classificazione giuridica. L’art.2082 dice che l’attività di impresa deve essere:

  • professionale, stabile, non occasionale, non solo in senso cronologico (es. attività stagionale);
  • economica, sono i criteri economici, coprire costi con ricavi, almeno in via potenziale (non a posteriori). Non è determinante invece il lucro (come è invece nel contratto di società) questione posta con la creazione di enti pubblici (è sufficiente l’ “obiettiva economicità della gestione”);
  • organizzata, combinata in modo efficiente e coordinata con altri fattori produttivi;
  • al fine della produzione e dello scambio di beni o servizi, circolazione beni e prestazioni attività.

E’ importante la produzione dell’impresa. Non è impresa es. professione medico o avvocato a meno di es. Casa di cura, cioè attività economica dove l’opera per gli altri è più importante dello stipendio. Sono poi prescritte norme che deviano dai principi ordinari, es. art.1330 “non perde efficacia la proposta per morte o incapacità imprenditore eccetto piccolo imprenditore o natura affare o per altre circostanze”. Poi art.1722 “mandato si estingue 1)morte, 2)interdizione, 3)inabilitazione mandante o mandatario. Ma nell’impresa non si estingue se continuano gli eredi”. Quindi l’impresa ha vita propria rispetto all’imprenditore per un certo periodo dopo morte o incapacità. Art.1368 2°comma: “clausole ambigue da interpretarsi nella sede dell’impresa”. Art.1510 1°comma: “consegna cosa mobile, nel luogo al tempo della vendita, se le parti ne erano a conoscenza, dov’era il domicilio dell’imprenditore”. Infine “imprenditore commerciale” art.2195cc e “agricolo” art.2135cc; sono integrazioni dello statuto fondamentale posto dall’art.2082, modello di impresa per eccellenza. 

Fonte:   http://dirittoalpunto.altervista.org/wp-content/uploads/2010/09/Alcaro-Appunti-di-diritto-privato.doc                                                                   

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Diritto privato

Opzione, Contratto Preliminare e Patto di Prelazione
Atti Preliminari: Proposta + Accettazione
Negozi Giuridici
1) OPZIONE (art. 1331 cc.) à Frutto di un accordo che per un certo periodo vincola una parte alla
propria dichiarazione. L’altra parte ha facoltà di accettare o no. Oblato è arbitro della conclusione, il proponente versa in condizione di soggezione.
Termine x opzione: fissato dalle parti o dal giudice;
Cedibile a titolo oneroso.

2) CONTRATTO PRELIMINARE (art. 1351 cc) à Contratto ad effetti obbligatori. Funzionale per 
la conclusione di contratto futuro “definitivo”.
Il diritto di opzione ha natura potestativa, vi è conclusione con sola manifestazione di volontà di una parte.
Per il contratto preliminare vi è cooperazione. Se una parte non procede con la stipula del contratto definitivo, per l’altra parte vi sono rimedi risarcitori per inadempimento (art. 1218 cc.). Mezzo particolare è l’esecuzione forzata (art. 2932 cc.) con sentenza costitutiva.
Tutela particolare (art. 12 D. Lgs. 122/2005) per il promissorio acquirente di un immobile da
costruire, che abbia subito la perdita di $ o beni, senza conseguire diritto di proprietà o reale.
3) PATTO DI PRELAZIONE à CONVENZIONALE: Attribuisce al titolare della prelazione un
diritto ad essere preferito a parità di condizioni, nel caso in cui l’altra parte decida di addivenire, in futuro, alla stipula di un contratto.
Violazione del patto: L’inadempiente deve risarcire il danno.
L’accordo vincola solo le parti.
LEGALE: Costruisce in capo al titolare un diritto reale opponibile erga omnes. Può essere fatto valere con diritto di riscatto.

Trattative e responsabilità precontrattuali
Fase di formazione del contratto: orientata al perfezionamento di un accordo, tramite atti
Impegnativi
Trattativa à momento preparatorio preliminare, con l’accertamento dell’idoneità o meno 
dell’ipotetico accordo di soddisfare le esigenze delle parti. Il contratto è ancora futuro, ipotetico ed eventuale.
Art. 1337 cc: distingue tra “Svolgimento delle trattative” e “Formazione del contratto”; inoltre l’art.
richiede un comportamento improntato a buona fede.
Buona fede oggettiva: Lealtà e correttezza dell’agire.
Violazione è fonte di responsabilità precontrattuali: obbligo di risarcimento del danno.
Per garantire una sufficiente e corretta conoscenza.
Ipotesi di responsabilità precontrattuali:

  • Mancata rivelazione dell’esistenza di una causa d’invalidità nota;
  • Conclusione del contratto all’esito della fase predetta;
  • Successiva invalidazione del negozio.

Art. 1338 cc: Per contratto invalido, vi è risarcimento del danno, dopo accertamento. Esso va
commisurato al pregiudizio subito in dipendenza della trattativa.
Contratto standard e condizioni generali di contratto. I contratti del
consumatore.
I contratti relativi a beni e servizi di largo consumo, denominati “di massa”, sono contratti standardizzati. Affinché vi sia parità di trattamento.

  • Il fornitore può definire unilateralmente il contenuto del contratto (PARTE FORTE);
  • Il consumatore (PARTE DEBOLE) può accettare o rivolgersi alla concorrenza.

Art.: 1341 cc: Efficacia delle clausole è condizionata dalla loro conoscibilità. Per le clausole
penalizzanti deve esservi l’effettiva conoscenza del contraente, essa è implicata nell’approvazione per iscritto con 2 sottoscrizioni (co. 2).

Art 1342 cc: Disciplina delle clausole vessatorie, anche per sottoscrizione di moduli e formulari
standard, i quali possono essere formulati da terzi. Vi è la possibilità del contraente di
aggiungere clausole, le quali prevalgono su quelle prestampate
Art. 33 “Codice del Consumo”: tratta i contratti tra il consumatore ed il professionista, elencando
alcune clausole vessatorie fino a prova contraria.
Art. 36 cod. cons.: Clausole vessatorie sono nulle, mentre il contratto resta valido per il resto,
nullità rilevabile anche d’ufficio dal giudice, a favore del consumatore.
Clausola Vessatoria: Ogni clausola che malgrado buona fede determini a carico del consumatore
squilibrio giuridico (non economico) di diritti/obblighi derivanti dal contratto.
Art. 34 cod. cons.: Criteri d’identificazione della vessatorietà del contratto, tenendo conto della
natura del bene/servizio, delle circostanze al momento della conclusione e delle
altre clausole.
Art. 37 cod. cons.: Tutela di natura collettiva, che legittima le associazioni rappresentative a
richiedere al giudice d’inibire l’uso di condizioni generali vessatorie.

Il contratto imposto
Art. 2597 cc.: Impone a chi esercita un’impresa in condizioni di monopolio legale, l’obbligo di
contrattare con chiunque richieda la prestazioni che formano oggetto dell’impresa,
osservando la parità di trattamento.
2) La causa

  • Connotazione oggettiva: interesse obiettivo che il negozio è diretto a soddisfare, giustificazione

giuridica dell’atto e dell’attribuzione patrimoniale che ne consegue.
L’illiceità della causa rende nullo il contratto, la misura invalidatoria consegue all’illiceità del motivo, solo se comune ad entrambe le parti.
La causa è necessaria per giustificare gli spostamenti patrimoniali, le operazioni che non palesino la
loro funzione economico-sociale non godono di protezione, sono nulle.
Si guarda al profilo causale per la classificazione dei contratti.

  • Contratto a titolo oneroso: Distribuzione di Sacrifici e Vantaggi tra le parti;
  • Contratti a titolo gratuito: è solo una parte a farsi carico dei sacrifici e solo una parte dei

    vantaggi;

  • Contratti a causa liberale: intento disinteressato ed altruistico di arricchire la controparte;
  • Contratti a prestazioni corrispettive: è contratto oneroso e qualifica il nesso sinallagmatico tra

           le parti;

  • Contratti unilaterali: le obbligazioni sono a carico di una sola parte

Tra i contratti a prestazioni corrispettive:

  • Contratti commutativi: fonte di vantaggi e svantaggi, alla conclusione è a priori determinata la

           distribuzione tra le parti;

  • Contratti aleatori: scambio aleatorio, non è certo su chi graverà lo svantaggio e su chi il

   vantaggio. I contratti sono aleatori: - Per natura, l’alea che incide sulla     
causa è elemento indispensabile – Per volontà delle parti.

Tipicità ed atipicità contrattuale. Contratti misti, complessi e collegati.
Il negozio indiretto.
L’ordinamento tramite la causa controlla che gli interessi siano meritevoli di tutela, tramite il tipo
appresta modelli di disciplina per conseguire l’obiettivo.
Tipo contrattuale: è uno schema con un nomen iuris, all’esito della tipizzazione legale, le parti
sono  soggette agli effetti naturali previsti per il tipo di contratto.
Art. 1322 cc.: se le parti hanno obiettivi diversi, perseguibili tramite un certo tipo contrattuale, è
concesso concludere contratti atipici, con combinazione di schemi esistenti.
Problema del controllo del contratto atipico, il quale deve avere le caratteristiche art. 1325 cc., importante diviene il giudizio di meritevolezza. A questo punto è necessaria la tipizzazione, tramite la riconduzione della fattispecie atipica ad un modello legale.
Criterio della prevalenza: per evidenziare la prossimità ad uno schema piuttosto che ad un altro;
Criterio dell’analogia: applicazione al contratto atipico delle disposizioni di contratti tipici simili.
Qualora vi sia contatto con più tipi contrattuali, si parla di: Contratto complesso e contratto misto, assoggettati alle regole del tipo contrattuale prevalente e ricondotti tramite la regole della
prevalenza a contratto tipico.

Casi d’inapplicabilità del criterio di prevalenza:

  • Criterio della combinazione: previa scombinazione del contratto misto/complesso, si è

     ricondotto ciascuno dei frammenti dell’operazione contrattuale al   
regime proprio del contratto tipico ad essi pertinente.
Collegamento negoziale: il collegamento tra contratti può essere fissato dall’ordinamento e quindi
tipizzato, ma se il collegamento è operato dalle parti, vi  atipicità.
Dal collegamento non nasce un nuovo contratto, in quanto vi è rapporto 
d’interdipendenza, ma ciascuno conserva la propria autonomia. Ciò che è  
comune è la causa dell’operazione.
Elasticità e polivalenza funzionale: alcuni tipi contrattuali, vengono utilizzati per conseguire scopi
diversi da quelli previsti.
Negozio indiretto: un tipo contrattuale utilizzato per realizzare la funzione propria di un tipo  
Diverso (alcuni vedono nel negozio fiduciario, un negozio indiretto).

Giudizio di liceità e di meritevolezza
La libertà di contenuto, incontra (art. 1322 cc.) i “limiti imposti dalla legge” ed il giudizio di
meritevolezza degli interessi implicati in contratti atipici.
Controllo di liceità: valutazione del profilo causale, secondo gli artt. 1418 e 1343 cc, non è valido
il contratto che presenti causa illecita, contraria all’ordine pubblico ed al buon 
costume.
Giudizio di meritevolezza: art. 1322 cc riferisce il giudizio ai soli contratti atipici, ma ormai questo
viene esteso a tutti i contratti.
3) L’oggetto
Art. 1346 cc.: L’oggetto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile.
Oggetto del contratto è il bene o l’utilità che mediante il contratto le parti aspirano a conseguire. La possibilità dell’oggetto in senso naturalistico o giuridico.
La prestazione potrebbe essere impossibile ab origine, ma potrebbe divenirlo.
Art. 1347 cc.: il contratto sottoposto a condizione sospensiva o a termine è valido se la prestazione
inizialmente impossibile, lo diventa.
Concetto di illiceità: contrarietà a norme imperative, all’ordine pubblico, al buon costume.
L’oggetto deve essere determinato o determinabile, i beni e le utilità devono essere individuati esattamente  o devono essere individuati i criteri d’individuazione.
Solitamente sono le parti ad individuare, ma si può anche dare il compito al terzo (arbitratore) e secondo l’art.1349 cc. deve risultare da contratto che le parti si rimettono a lui.
L’impugnazione contro l’arbitratore è possibile solo se si prova mala fede

La forma. Atto pubblico e scrittura privata
La forma non è di regola elemento essenziale, ma lo diventa qualora sia la legge a stabilirlo sotto pena di nullità. La forma assolve un ruolo decisivo ad probationem.

Art.1350 cc.: Elencazione degli atti che a pena di nullità devono farsi in forma scritta.
Tra le prove documentali, abbiamo atto pubblico e scrittura privata, ma l’adozione dell’uno o
dell’atro non è indifferente.

  • Atto pubblico: redatto con le richieste formalità da notaio o pubblico ufficiale, fa prova fino a

      querela di falso della provenienza dal pubblico ufficiale, nonché dalla     
dichiarazione delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti    
d’avanti a lui;

  • Scrittura privata: fa prova fino a querela di falso, della sola provenienza delle dichiarazioni di

          chi l’ha sottoscritta, semprechè questa non venga disconosciuta.
E’ richiesta forma scritta ad substantiam per:

  • Contratti che trasferiscono la proprietà di beni immobili;
  • Contratti che costituiscono, modificano o trasferiscono diritti reali su beni immobili e atti di rinunzia a tali diritti;
  • Contratti di locazione di beni immobili con durata ultranovennale;
  • Atti di divisione di beni immobili ed altri diritti reali immobiliari.

Gli atti elencati nell’art.1350 sono quelli che necessitano di trascrizione art. 2643 cc.
Chi domanda la trascrizione deve presentare al conservatore dei registri immobiliari una nota di trascrizione recante le indicazioni art. 2659cc e la copia del titolo (copia autenticata dell’atto
pubblico o scrittura privata).
Art. 1351 cc.: il contratto preliminare è nullo se non presenta la forma del contratto definitivo, ciò
vale anche per la rappresentanza
La rigidità sulla forma si ha per protezione del consumatore come parte debole.

Il documento informatico
Disciplina del documento informatico D. Lgs. 7 marzo 2005 n. 82 recante il “Codice dell’amministrazione digitale”. Il documento informatico:

  • Da chiunque formato, è rilevante e valido a tutti gli effetti se conforme alle disposizioni del codice ed alle regole tecniche;
  • Se sottoscritto don firma elettronica qualificata o digitale, ha la stessa efficacia della scrittura privata;
  • Se sottoscritto con firma elettronica, è valutabile in giudizio tenuto conto delle caratteristiche di

qualità e sicurezza.
Firma elettronica ed altri dati in forma elettronica, sono utilizzati quali metodi d’identificazione informatica. E’ qualificata, la firma elettronica ottenuta tramite procedura informatica che garantisce connessione univoca al firmatario, creata con mezzi di cui ha controllo esclusivo.
Firma digitale è firma elettronica qualificata che consente al titolare di rendere manifesta e di
verificare provenienza di un documento informatico.

Il contenuto del contratto. Gli elementi accidentali del contratto
Art. 1322 cc.: Le parti possono autonomamente determinare il contenuto, il quale riflette gli
interessi che le parti vogliono soddisfare. Il contenuto, si articola in parti, clausole.
Le clausole sono parti accidentali (non necessarie) del contratto, le quali identificano la condizione, il termine e l’onere. Esse se inserite sono parti essenziali.

La condizione
Art. 1353 cc.: La condizione è evento futuro ed incerto al verificarsi del quale i contraenti
subordinano l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un patto.
Art. 1354 cc.c1 co.:

  • Condizione sospensiva: il contratto è ab origine inefficace i suoi effetti iniziano a prodursi se l’evento dedotto in condizione si verificherà;
  • Condizione risolutiva: il contratto è immediatamente produttivo di effetti.

Art.: 1354 cc. 2 co.:
Condizioni illecite rendono nullo il contratto. Per condizione impossibile è necessario stabilire se:

  • Condizione sospensiva: il contratto è nullo;
  • Condizione risolutiva: il contratto resta valido e produttivo di effetti.

Art.: 1354 cc. 3 co.: Disposizioni valide anche riguardo ad una sola parte del contratto, invalidità
solo se la parte in questione è essenziale alla stipula del contratto stesso.
La condizione è:

  • Casuale: se legata ad un accadimento estraneo alle parti;
  • Potestativa: se l’evento dipende da una parte;
  • Mista: se per l’avvenimento concorrono i due fattori.

Art. 1355 cc.: Nullità solo per condizione potestativa sospensiva dal lato del debitore (quella
rimessa all’arbitrio di colui il quale, sotto detta condizione, aliena un diritto o assume
un obbligo – “se vorrò”, “se mi sembrerà conveniente”).
La condizione risolutiva meramente potestativa:

  • Chi la ritiene nulla ed inefficace;
  • Chi, facendovi discendere un potere di recesso la ritiene ammissibile nei limiti dell’art. 1373 cc.

Art. 1356 cc.: In attesa che l’evento si verifichi, finché perdura l’incertezza, le parti vertono in una
situazione di pendenza.
Art. 1357 cc.: Chi ha un diritto subordinato a condizione, può disporne in pendenza, ma gli effetti
di ogni atto sono subordinati alla condizione stessa. Abbiamo però una tutela reale,
esercitatile nei confronti di terzi.
Art. 1356 co.1: Se la condizione è sospensiva, il soggetto che ha acquistato il diritto, pur non
potendo vantarne la titolarità, ha un’aspettativa di diritto che lo legittima al 
compimento di atti conservativi.
Co.2: Se la condizione è risolutiva, l’acquirente del diritto è titolare dello stesso, potendo
Esercitarlo.
Art. 1361 cc.: L’esercizio del diritto, compete in pendenza della condizione a chi ne è titolare.
Art. 1358 cc.: Nella fase di pendenza, chi si è obbligato o ha alienato un diritto sotto condizione
deve comportarsi secondo buona fede (in senso oggettivo).
La violazione dell’obbligo di comportarsi secondo buona fede, porta all’obbligo di risarcimento del danno, ma se i comportamento è grave (doloso), le ragioni del contraente deluso sono tutelate in via specifica : Art. 1359 cc. “la condizione si considera avverata se mancata per causa imputabile alla
parte con interesse contrario all’avveramento”.
Art. 1360 cc.: Retroattività della condizione, la condizione creatasi, si considera esistente sin dal
momento della conclusione del contratto. Tranne:

  • Se le parti o il contratto stabiliscano che gli effetti del contratto o della sia risoluzione debbano riportarsi ad altro momento;
  • In caso di avveramento di soluzione risolutiva apposta a contratto ad esecuzione periodica o continuata, l’avveramento non ha effetto riguardo le prestazioni già eseguite;
  • Con riguardo ai frutti separati o maturati prima del verificarsi della condizione, che non devono essere restituiti, salvo diversa disposizione (art . 1361 co.1).
  

 


                                 

Oltre alla condizione espressione dell’autonomia contrattuale, vi è la condizione legale, la dove è la legge a subordinare l’efficacia di un contratto al determinarsi di un evento, essa però soddisfa interessi pubblici. La condizione legale è governata dalla regola di retroattività (art. 1360 cc.).

Il termine e l’onere
Le parti possono inerire nel contratto l’indicazione del momento in cui esso produrrà effetti o cesserà di produrli. Termine può essere individuato con una data o un evento.
Per termine iniziale, il contratto vincola le parti subito, ma esso è inefficace prima del termine indicato. Per termine finale, inefficacia dopo la scadenza del termine.
Vi è il termine legale del contratto, da sostituirsi alla previsione qualora il termine legale sia inderogabile ed imperativo.
Qualora le parti non abbiano previsto un termine è dalla a ciascuna di esse la possibilità di recedere.
L’onere è modo o clausola modale, da apporsi ai soli negozi con causa liberale o a titolo gratuito.
Art. 793 cc.: Donazione modale, il donante può imporre al beneficiario di una donazione, un peso
che assorbe parte delle risorse trasferite, effettuando una prestazione a favore di un
terzo. L’inadempimento può portare alla risoluzione del contratto, se previsto.
L’efficacia del contratto non dipende dall’adempimento dell’onere.
Art. 794 cc.: L’onere illecito o impossibile si dice non apposto, rendendo nulla la donazione, se
motivo determinante di questa.
La rappresentanza
Solitamente il contraente è colui sul quale ricadono gli effetti del contratto, ma può essere che questa coincidenza non vi sia.
Chi è incapace di agire, non può essere parte di un contratto in senso formale, sono i soggetti cui la legge attribuisce la rappresentanza ad agire in nome e per conto dell’incapace. Gli effetti degli atti
compiuti ricadono direttamente sull’incapace.
Rappresentanza legale: trova fonte nella legge, quando il rappresentante spende il nome del
Rappresentato, solo così gli effetti ricadono direttamente su questo. Nasce
automaticamente, essa è una potestà.
Rappresentanza organica: riferimento agli amministratori di un ente.
Potrebbe notarsi contraddizione, infatti, la rappresentanza legale prevede che i due soggetti siano distinti, l’organo è invece parte integrante dell’ente, quindi l’amministratore configura l’ente
medesimo.
Art. 1387 cc.: Può essere l’autonomia del privato a stabilire l’effetto sostituzione, abbiamo la
“rappresentanza volontaria”.
C’è differenza tra rappresentanza diretta ed indiretta. Solo nella prima c’è effetto sostituzione.
Art. 1703 cc.: Il mandato
Art. 1704 cc.: Il mandato con rappresentanza, vi è spendita del nome, divaricazione tra parte in
senso formale e sostanziale, la rappresentanza si proietta all’esterno.
Art. 1705 cc.: Mandato senza rappresentanza, tutti gli effetti ricadono sul rappresentante, fenomeno
d’interposizione gestoria. La rappresentanza ha valore solo sul piano interno.
Artt. 1388 ss.: Rappresentanza volontaria (tranne per i negozi personalissimi), con spendita del
Nome. Il potere deriva dalla volontà dell’interessato, espressa con atto unilaterale  
detto procura.
Procura speciale o generale, per una o più operazioni singolarmente determinate o alla totalità degli affari dell’interessato. Essa è atto rivolto a terzi, i quali possono chiedere di esibirla o rilasciarne
copia (art. 1393 cc.). Anche le modifiche o la revoca devono essere rese note (art. 1396 cc.).
Art. 1388 cc.: Il soggetto munito di procura, definisce i limiti dell’agire del rappresentante.
Art. 1398 cc.: La rappresentanza che ecceda i limiti, è equiparata al rappresentante che concluda
contratti senza averne il potere.
Il contratto concluso è inefficace.
Art. 1399 cc.: Se il contratto vada però bene al rappresentato, questo può ratificare. La ratifica, ha
effetto retroattivo, il contratto produrrà i suoi effetti dalla stipulazione. Il terzo che in buona fede abbia concluso il contratto con il falsus procurator, può accordarsi con i rappresentante per sciogliere il contratto, oppure può invitare il rappresentato a
ratificare il contratto assegnando un termine, scaduto il quale la ratifica è negata.
Art. 1398 cc.: Risarcimento del danno sofferto per aver confidato nella validità del contratto per il
terzo, da parte del falso procurator.
Falsus procurator è anche il rappresentante il quale in conflitto d’interessi, curi l’interesse proprio o
quello di terzi.
Art. 1394 cc.: Prevalenza dell’interesse del rappresentato (rispetto al terzo), il contratto diviene
nullo se il terzo era a conoscenza del dolo del rappresentante.
Se il terzo verte invece in buona fede, allora, il contratto resta valido.
Art. 1395 cc.: Quando il rappresentante operi non solo per gli interessi del rappresentato, ma anche
per i propri e per terzi. E’ quindi annullabile il contratto su impugnazione del rappresentato, il contratto che il rappresentante conclude con sé stesso. Tranne:

  • Se il rappresentato consente a contrarre con sé stesso;
  • Se il conflitto d’interessi si può escludere per disciplina dettagliata.
  

 


Il rappresentante è parte del rapporto in senso formale, egli esprime dichiarazioni a lui imputabili. Il rappresentato, indirizza l’agire del rappresentante, specificando i contenuti del contratto. Se ciò non
avviene può essere il rappresentante a specificare.
Art. 1390 cc.: Rilevanti per l’annullamento del contratto, i vizi di volontà del rappresentante. Per
elementi predeterminati dal rappresentato, il contratto è annullabile per volontà
viziata di quest’ultimo.
Art. 1391 cc.: Ipotesi in cui, ai fini della validità, rilevi la buona/mala fede di scienza o ignoranza di
determinate circostanze, limite, la buona fede del rappresentante non sana la mala
fede del rappresentato.
Il contratto concluso dal rappresentante, se il rappresentato ha capacità d’agire, si ripercuote su questo. Il rappresentante è necessario che sia capace d’intendere e di volere.
Per cause d’estinzione del rapporto di rappresentanza s’intendono:
Art. 1396 2 co.: casi in cui venga meno il rapporto interno ed altre cause (art. 1722 cc.), le quali
non sono opponibili a terzi che le abbiano ignorate.
Per la revoca della procura, si applicano per analogia le disposizioni sulla revoca del mandato. La procura irrevocabile è quella conferita nell’interesse del mandatario e di terzi.

Il contratto per persona da nominare
Art. 1401 cc.: Chi conclude un contratto può anche solo in un secondo momento nominare il
destinatario degli effetti.
Art. 1402 cc.: La nomina deve pervenire all’altra parte entro 3 giorni dalla stipula (tranne se
stabilito diversamente) ed è inefficace se non accompagnata dall’accettazione del
nominato o se non vi è procura anteriore.
Art. 1403 cc.: Forma vincolata, a pena di nullità, per la dichiarazione di nomina e per gli altri atti,
per i quali è imposta la forma di pubblicità.
Art. 1404 cc.: Per dichiarazione di nomina valida, il soggetto acquista diritti ed assume obblighi del
contratto dal momento della stipula.
Art. 1405 cc.: Se non vi è dichiarazione di nomina o questa sia irregolare, il contratto vede come
parti i contraenti originari.

La cessione del contratto
La cessione comporta il subentro del cessionario nella posizione del cedente dal momento della
cessione.
Art. 1406 cc.: Ciascuna parte può sostituire a sé un terzo in contratto a prestazioni corrispettive, se
queste non siano state ancora eseguite, purché l’altra vi consenta.
La cessione può essere onerosa o gratuita. Oggetto della cessione è l’intera posizione contrattuale, per questo è necessario che vi sia accordo delle 3 parti (non vale per la cessione del credito).
Il consenso del contraente ceduto può seguire l’accordo tra cedente e cessionario o può essere preventivo: art. 1407 cc. “la sostituzione è efficace nei suoi confronti dal momento in cui le è stata notificata o accettata”. In presenza di una clausola “all’ordine” o altra equivalente, la cessione del contratto è più agevole facendosi a meno della notifica/accettazione.
La forma della cessione è libera, altri ritengono che essa debba avere stessa forma del contratto.
Art. 1408 cc.:  Regola i rapporti tra cedente e cessionario. Quando la sostituzione diviene efficace,
il primo è liberato dall’obbligo, almenoché non sia diversamente stabilito.
Art. 1409 cc.: Al cessionario, il contraente può opporre tutte le eccezioni derivanti dal contratto, ma
non quelle derivanti da altri rapporti (t.d.p.).
Art. 1410 cc.: Verso il cessionario, il cedente è tenuto a garantire la validità del contratto e non
deve intervenire per inadempimento del contraente ceduto, salvo che non abbia
assunto garanzia.
Abbiamo cessione volontaria e legale.

L’interpretazione del contratto
Il contenuto del contratto si evince tramite interpretazione, la quale identifica anche il tipo al quale il contratto va ricondotto, quest’opera è detta “qualificazione”.
I canoni sono stabiliti dalla legge e si differenziano in:

  • Soggettivi: miranti alla ricerca della reale volontà delle parti;
  • Oggettivi: diretti a cogliere il significato oggettivo della volontà.

Innanzitutto si ricorre ai criteri soggettivi, solo in un secondo momento a quelli oggettivi, in quanto
questi snaturano la volontà delle parti stesse.
Art. 1362 cc.: Il significato del contratto è quello conforme alla comune intenzione delle parti.
Bisogna rifarsi al senso letterale nonché all’elemento logico.
Co.2: Fa riferimento alla valutazione del comportamento delle parti.
Art. 1363 cc.: Le clausole del contratto devono interpretarsi le une per mezzo delle altre,
attribuendo ad ognuna il senso che emerge dal complesso dell’atto.
Art. 1364 cc.: Se il contratto contiene espressioni generali, si presume che la portata del contratto
sia limitata agli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare.
Art. 1365 cc.: Richiama le espressioni esemplificative, al fine di spiegare un patto.
Art. 1366 cc.: Impone d’interpretare secondo buona fede. Sono posti in connessione buona fede ed
affidamento, data una dichiarazione che l’altra parte ha ragione d’intendere con un
certo significato, sarà questo il significato secondo buona fede.
Art. 1367 cc.: Principio di conservazione del contratto, imponendo d’interpretare le clausole nel
senso in cui possono avere effetto. Il principio entra in gioco quando non siano stati
sufficienti i criteri soggettivi.
Art. 1368 cc.: Il criterio ha portata sussidiaria, rinviando agli usi interpretativi.
Art. 1369 cc.: Il criterio ha portata sussidiaria, viene preferito il “senso più conveniente alla natura
(tipo di contratto) e all’oggetto del contratto”.
Art. 1370 cc.: Per l’esigenza di tutelare il contraente, le clausole, nel dubbio sono interretate a
favore di questo, contro chi le ha unilateralmente poste (criterio prioritario).
Art. 1371 cc.: Contiene 2 criteri da utilizzare qualora il contratto sia ancora oscuro.

Qualora ancora non si possa intervenire ad interpretazione, bisogna guardare all’economia del contratto:

  • Contratto a titolo gratuito: interpretazione meno gravosa per l’obbligato;
  • Contratto a titolo oneroso: interpretarlo in modo che realizzi un equo contemperamento degli

  interessi delle parti.
Se il contratto è assolutamente intelligibile, sarà dichiarato nullo.

Le fonti di integrazione del contratto. Equità e buona fede
Tramite l’interpretazione, si tenta di supplire alle lacune dell’autonomia privata. Sono le pari a
stabilire il contenuto del contratto, ma è concesso che possano concorrere delle fonti eteronome.
Art. 1374 cc.: Il contratto obbliga le parti a quanto è espresso e a tutte le conseguenze che ne
derivano secondo la legge/usi/equità.
Art. 1418 cc.: La norma imperativa afferma un interesse pubblico, il contratto che violi data norma
è nullo. Anche se la violazione sia circoscritta ad una parte o a clausole, se risulti che altrimenti le parti non avrebbero concluso il contratto. In caso contrario, la nullità è
parziale.
Art. 1419 cc.: Nullità parziale nel caso in cui le clausole nulle siano sostituite di diritto da norme
imperative (art. 1339 cc. identifica i casi).
Altra fonte integrativa del contratto è costituita dagli usi (in mancanza di legge), art .8 preleggi. Abbiamo distinzione tra usi normativi (art. 8 prel.) e usi negoziali, art. 1340 cc.
Questi sono identificabili nelle prassi contrattuali consolidate, esse hanno portata integrativa del contratto, in quanto vengono inserite solo se non contrarie alla volontà delle parti.
Esiste una “presunzione di vigenza”, le clausole d’uso pur se non espressamente contemplate,
integrano il regolamento contrattuale, presumendo che le parti abbiano inteso adeguarsi.
L’equità è fonte giudiziale, assolvendo ad una funzione correttiva del regolamento contrattuale (art. 1384 cc), l’art. 1374 cc., da invece al giudice la possibilità di integrare il contenuto del contratto se esso presenti lacune. E’ quindi necessaria incompletezza, per ricorrere all’equità.
Il giudice può pronunciarsi i via equitativa, per completare il contratto senza contrastare la volontà
delle parti.
Importante è la buona fede, per i comportamenti accessori alla prestazione (dovere di avviso, di protezione della persona…). Tramite la buona fede, al giudice è dato di modificare il contratto, dovendosi comunque raccordare ai principi costituzionali.
La buona fede opera anche quale limite delle pretese di adempimento, esplicandosi tramite il controllo giudiziale sull’agire dei soggetti, di modo da evitare abusi.

Gli effetti del contratto
Art. 1372 cc.: Il contratto ha la stessa forza della legge tra le parti. Il contratto può essere sciolto
solo per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge.
Esso ha quindi efficacia vincolante, nessuna delle parti può unilateralmente scioglierlo o imporre modifiche del contenuto.
Il contratto è irrevocabile, salvo che le parti vogliano estinguerlo.
Art. 1321 cc.: Sul contratto estintivo basato sul mutuo consenso.
Al recesso si connette lo scioglimento unilaterale del vincolo contrattuale, solo se vi sia una previsione di legge: “recesso legale”.
Il recesso convenzionale. La caparra
Art. 1373 cc.: Se ad una delle parti è data la facoltà di recedere dal contratto, questa può essere
sempre esercitata finché il contratto non abbia avuto un principio d’esecuzione.
Le parti possono già nel contratto decidere l’ammontare della caparra.
Per i contratti ad esecuzione continuata o periodica, il recesso può essere esercitato anche dopo che il contratto abbia avuto esecuzione, ma non vale per le prestazioni già eseguite o in corso.
Se il recesso è esercitato, ha valenza ex nunc. A volte la previsione pattizia di un preavviso di
recesso e lo scioglimento conseguirà alla scadenza del termine fissato nel preavviso.
Art. 1386 cc.: Le parti che stabiliscano di recedere possono associare alla previsione una caparra
penitenziale, la quale ha la funzione di corrispettivo del recesso. Se la somma è versata dal recedente, resterà incamerata da ci l’ha ricevuta, se sarà questo ad esercitare il recesso, scatterà per lui l’obbligo di restituire il doppio dell’importo
percepito.
Diversa è la caparra “confirmatoria”, che presuppone l’inadempimento del contraente.
Art. 1385 cc.: La caparra ha anche funzione solutoria, se al momento della conclusione del
contratto una parte da all’altra una somma di denaro o cose fungibili, la caparra in caso di adempimento deve essere restituita.
              Co.2: Ipotesi d’inadempimento: se inadempiente è chi ha versato la caparra, l’altra parte
può recedere dal contratto ritenendola acquisita; in caso contrario, l’altra parte può recedere esigendo il doppio della caparra.
La parte non inadempiente potrebbe non voler recedere, ma ottenere la prestazione (dovendo in caso dare all’inadempiente la caparra o tenerla come garanzia).

Il recesso legale
Molti i contratti per cui la legge da alle parti il diritto di recesso:

  • Contratti a tempo indeterminato: es. se per la somministrazione non è stabilita la durata, contratti di lavoro…;
  • Per contratti a durata determinata: es. vendita d’immobili, locazione…

Recesso e ius poenitendi
E’ previsto un diritto di recesso unilaterale a portata generale, risultante dalle norme individuati i casi in cui il recesso è inoperante.

  • Libertà e discrezionalità dell’esercizio:

Il mero ravvedimento maturato dopo la conclusione del contratto basta a porre il consumatore nella condizione di provocare lo scioglimento. E’ sufficiente mandare all’operatore commerciale, una lettera tramite raccomandata, della comunicazione di voler recedere (nel caso con riconsegna della merce).

  • Termine di decadenza breve:

Art. 64 – 73 cod. cons.: E’ di 10 giorni lavorativi.

  • Irrinunciabilità al diritto di recesso, salvo diversa regolamentazione nel senso più favorevole al consumatore.
  • Il diritto di recesso non è connesso al pagamento di penalità. Fino alla scadenza del termine per

lo ius poenitendi, vi è il divieto di ricevere acconti.
Art. 47 cod. cons.: Disciplina in via generale, contratti e proposte fuori dai locali commerciali,
l’informazione sul recesso.

  • Un’informazione precontrattuale;
  • La conferma delle informazioni rese nella fase precontrattuali, da effettuarsi per iscritto o su altro supporto duraturo.
 Art. 52 - 53 cod. cons.: Attengono ai contratti a distanza e prevedono:

 

In caso di mancata, inesatta o incompleta informazione, vi è la dilatazione del tempo per l’esercizio del recesso, fino a 60 – 90 giorni.

Lo ius poenitendi tra tutela del consumatore e razionalità del mercato
La negoziazione a distanza interessa soggetti “assenti”. Nella velocità con cui questo genere di contrattazioni si realizzano, è facile prendere decisioni non sufficientemente ponderate. Lo ius poenitendi è concesso sia al consumatore il quale utilizzi mezzi telematici per la conclusione dei contratti, nonché al consumatore preso alla sprovvista.

Lo ius variandi
Modifiche ed integrazioni al contratto possono essere apportate solo tramite un nuovo accordo.
Ma vi sono delle eccezioni:
Art. 1661 cc.: Autorizza il committente dell’opera appaltata ad operare variazioni al progetto, di
ammontare limitato;
Art 117 – D. Lgs. 1993/385: Variare in senso sfavorevole al cliente il tasso d’interesse, solo se ciò
è espresso nella clausola del contratto.

Il principio di relatività del contratto. Il contratto a favore di terzi
Art. 1372 cc.: Il contratto ha forza di legge tra le parti, ma non produce effetto rispetto ai terzi, che
nei casi previsti dalla legge.
La deroga al principio di relatività (il contratto è relativo solo alle parti contraenti), può concepirsi
solo dove gli effetti siano favorevoli per il terzo, salva la facoltà per questo di rifiutare il beneficio.
Può accadere che due parti perfezionino un contratto attributivo di un diritto in capo ad un terzo. Abbiamo lo stipulante ed il promettente (padre che dice ad un insegnante di fare lezioni al figlio).
Art. 1411 cc.: Affinché il contratto sia valido, è necessario che lo stipulante abbia un interesse
nell’attribuzione di un diritto ad terzo. Questo acquista il diritto contro il promettente
per effetto della stipulazione. Il terzo non è parte del contratto, ma quale titolare del  
diritto, può esercitarlo e in caso d’inadempimento del promettente, può agire nei suoi 
confronti. Dell’accettazione del terzo si può fare a meno, ma qualora questo profitti si
deduce un’adesione (questo per evitare che lo stipulante si ritiri). Il terzo può sempre
rinunciare, la prestazione rimane in capo allo stipulante (s.p.c.).
Art. 1412 cc.: In caso prestazione a favore di terzo a seguito della morte dello stipulante, questo
può revocare con disposizione testamentaria.
Se il terzo premuore alo stipulante, il beneficio va a favore dei suoi eredi.
Art. 1413 cc.: Il promettente può opporre al terzo tutte le eccezioni fondate sul contratto, ma non
quelle che sorgano da altri rapporti.

 

Contratti consensuali e reali. Contratto ad effetti reali e principio
consensualistico

  • Contratti consensuali: vi è accordo tra le parti che vale a perfezionare il contratto;
  • Contratti reali: si perfezionano tramite consegna della cosa che ne costituisce l’oggetto.

Art. 1376 cc.: Il contratto ad effetti reali, produce come effetto, la traslazione di beni o diritti.
Proprietà e diritto si acquisiscono tramite il consenso delle parti. Tramite il contratto ad effetti reali,
si ha il trasferimento di beni e diritti (o tramite usucapione, regola “possesso vale titolo”).
Art. 1378 cc.: Qualora si tratti di cosa generica o determinata solo nel genere, la proprietà si
trasmette con l’individuazione fatta d’accordo tra le parti o nei modi da esse stabiliti.    La cosa deve essere determinata e solo dopo ciò si può procedere.

Il sistema tavolare e la trascrizione
Il sistema tavolare riguarda gli immobili ed è alternativo al quello della trascrizione. Il sistema tavolare è ordinato in relazione ai beni e non in considerazione dei soggetti titolari dei diritti. Ogni immobile è censito nei libri fondiari e nella pagina relativa all’immobile, vengono annotati tutti gli atti di trasferimento, a seguito di un decreto del giudice tavolare.
L’intavolazione (valenza costitutiva) trae titolo dalla conclusione del contratto di trasferimento.
La trascrizione è un atto di pubblicità dichiarativa, che rende l’atto opponibile erga omnes.
Art. 2643 cc.: La trascrizione ha riguardo alle vicende costitutive, traslative o modificative del
diritto di proprietà di beni immobili o di altri diritti reali su di essi. La trascrizione è,
inoltre, un onere.
Art. 2660 cc.: La trascrizione riguarda anche gli acquisti a causa di morte di diritti reali immobiliari
Art. 2652 cc.: L’onere di trascrizione si estende alle domande giudiziali, se si riferiscono ai diritti
di cui l’art. 2643 cc. o alle sentenze rese all’esito dei giudizi così promossi.
La trascrizione deve essere richiesta al conservatore dei registri immobiliari , secondo le modalità di
cui gli artt. 2657 ss. I registri immobiliari sono ordinati su base personale.
Art. 2644 cc.: Gli atti di acquisto inter vivos, non hanno effetto riguardo ai terzi che a qualunque
titolo hanno acquisito diritti sugli immobili in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente agli atti medesimi. In caso di conflitto tra più acquirenti, prevale il titolo che sia stato prima trascritto.
2 co.:  La trascrizione non può avere effetto contro colui che ha trascritto alcuna
trascrizione o iscrizione di diritti acquistati verso il suo autore, qualora l’acquisto
risalga a data anteriore.
Art. 2650 cc.: Continuità delle trascrizioni – premessa l’esistenza di un atto di acquisto soggetto a
trascrizione, le successive trascrizioni o iscrizioni a carico dell’acquirente non producono effetto se non è stato trascritto l’atto anteriore di acquisto. Le trascrizioni
poi producono effetto secondo il loro ordine rispettivo.

  • Trascrizione delle domande giudiziali

Art. 2655 cc.: Annotata la sentenza di risoluzione, questa prevarrà su tutte le trascrizioni anteriori,
sempreché successive alla trascrizione della domanda giudiziale, si determina una
retroazione sugli effetti della sentenza.

  • Trascrizione dei contratti con effetti traslativi.
  • Trascrizione dei contratti preliminari (art. 2645 cc.), volti alla conclusione di contratti definitivi

   sul conferimento della proprietà di beni immobili o alla costituzione di diritti reali immobiliari.
Art. 2645 co.2: Prevalenza della trascrizione del contratto definitivo o della sentenza di
accoglimento della domanda art. 2932 cc. sulle trascrizioni ed iscrizioni eseguite
contro il promettente alienante dopo la trascrizione del contratto preliminare.
Si connette alla trascrizione del preliminare un effetto di prenotazione simile a quello registrato, con riferimento alla trascrizione delle domande giudiziali.
L’effetto, cessa di operare se entro un anno dalla data convenuta per la stipula del definitivo, ed entro 3 anni dalla stipula del preliminare, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o
di altro che costituisca esecuzione.
Art. 2645 cc.: Gli atti che possono essere trascritti, secondo l’art., sono quelli redatti in forma
pubblica on i quali beni immobili o mobili registrati, vengono destinati, per un   periodo non superiore a 90 giorni o per la durata della del beneficiario, alla realizzazione d’interessi meritevoli di tutela. Di modo che:

  • Per la realizzazione dello scopo possa agire qualsiasi interessato;
  • I beni conferiti e i loro frutti, non possano essere impiegati per scopi diversi, né assoggettati ad esecuzione forzata.
  

 


Principio consensualistico e regole di soluzione dei conflitti
Art. 2644 cc.: Tra più acquirenti dello stesso dante causa, prevale colui che per primo abbia
trascritto.
La regola vale ove ci si trovi di fronte a trasferimento di proprietà o diritti reali su beni immobili o
mobili registrati.
Art. 1155 cc.: Nell’ipotesi in cui taluno con successivi contratti alieni a più persone un bene
immobile, è accordata prevalenza a quella che ne abbia acquistato in buona fede il
possesso anche se il titolo risale a data posteriore.
Art. 1380 cc.: Conflitto tra più diritti reali di godimento – a favore di colui che per primo abbia
conseguito il godimento del bene e se nessuno l’abbia conseguito, a quello che disponga del titolo di data certa anteriore.

La simulazione
Art. 1414 cc.: Il contratto simulato, volto  determinare una situazione fittizia, non produce effetto
tra le parti.
La simulazione:

  • Può esaurirsi nella conclusione di un contratto simulato che le parti vogliono improduttivo di effetti e che cela la conservazione dello status quo ante – SIMULAZIONE ASSOLUTA;
  • Può consistere nella stipulazione di un contratto simulato destinato ad occultare la conclusione di un distinto contratto avente natura diversa e destinato a produrre effetti tra le parti –

SIMULAZIONE RELATIVA.
Art. 1414 cc.: Per simulazione relativa, è inefficace il contratto simulato, ma per il contratto
dissimulato, bisogna guardare ai requisiti di sostanza e forma. Ove il contratto violi una norma imperativa o presenti causa illecita sarà nullo ed inefficace; Ma se una locazione (contr. Simulato) occulta una compravendita (contr. Dissimulato), quest’ultima avrà effetto, se le parti lo stabiliscano in un testo scritto.

Ove uno dei contraenti intenda far valere il contratto simulato, l’altro potrà dare prova documentale
della simulazione.
Art. 1417 cc.: Non è consentito alle parti di avvalersi della prova testimoniale, a meno che non sia
diretta a far emergere l’illiceità del contratto dissimulato.
Dissimulazione rispetto a terzi: i terzi cui la simulazione abbia arrecato pregiudizio, possono impiegare qualsiasi mezzo per dare prova della simulazione, compresa la prova testimoniale.
I terzi che hanno tratto vantaggio dal contratto. Per questi vi è protezione:

  • La simulazione può riferirsi all’intero contratto o alla singola clausola;
  • Interposizione fittizia di persona: è simulazione reale soggettiva. Sulla base di un accordo simulato, vi è un soggetto il quale assume fittiziamente la posizione contrattuale di un altro soggetto.

La patologia del contratto. Generalità
Artt. 1218 ss.: Ove uno dei contraenti venga meno all’esatta attuazione del regolamento
contrattuale, scatta la regola della responsabilità.

  • La regola della responsabilità, vale a sanzionare il comportamento assunto in violazione del contratto.
  • La regola d’invalidità ha diretta incidenza sull’atto negoziale, inoltre, se il contratto evidenzia contrasto con norme inderogabili, la regola interviene per ripristinare la legalità
  • La regola d’inefficacia, contratti nulli solo in taluni casi possono generare effetti.

La responsabilità contrattuale
Gli impegni volontariamente assunti da contratto, se violati, portano a responsabilità.

  • Responsabilità contrattuale: chi contravviene ad un obbligo che lo lega ad un altro soggetto;
  • Responsabilità extra-contrattuale: chi contravviene ad un dovere generico di rispettare la sfera

giuridica altrui.
Onere della prova:

  • Chi fa valere la responsabilità contrattuale deve solo dimostrare l’esistenza del titolo da cui deriva la sua pretesa, essendo l’altra parte a dover dimostrare di aver eseguito o di non aver potuto adempiere;
  • Chi agisce in via extracontrattuale deve provare l’esistenza dell’illecito, il fatto dannoso.

Termine di prescrizione del risarcimento:

  1. Termine decennale;
  2. Termine di 5 anni, potendosi estendere per danni morali.

E’ possibili un concorso tra le 2 forme di responsabilità. Si discute sul cumulo dei risarcimenti.

Risarcimento del danno ed adempimento in natura
Il risarcimento del danno copre l’interesse positivo, la misura risarcitoria assicura all’avente diritto il valore in termini pecuniari della prestazione ineseguita, ponendo l’inadempiente in una condizione economica equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se gli impegni contrattuali fossero stati onorati.
Al contraente non inadempiente è data la possibilità di ottenere l’adempimento coattivo o in natura della prestazione inadempiuta.
Può ipotizzarsi che i due adempimenti concorrano.
All’adempimento in natura, fa riferimento l’art. 1453 cc., il quale riserva al contraente non inadempiente la facoltà di scegliere tra la domanda d’inadempimento o la risoluzione del contratto. Si può richiedere l’esatta esecuzione.

 

La risoluzione del contratto per inadempimento. Risoluzione giuridica
e risoluzione di diritto
La risoluzione del contratto è operativa solo per contratti a prestazioni corrispettive. La risoluzione viene utilizzata qualora a causa di eventi sopraggiunti l’obbiettivo del contratto sia irraggiungibile. La risoluzione è prevista in tre casi:

  • Art. 1453 – 1462 cc.: Risoluzione per inadempimento;
  • Art. 1463 – 1466 cc.: Risoluzione per impossibilità sopravvenuta;
  • Art. 1467 – 1469 cc.: Risoluzione per eccessiva onerosità.

La risoluzione per inadempimento (in alternativa all’adempimento in natura). La parte convenuta nel giudizio di risoluzione, stante il venir meno dell’interesse dell’altra ad ottenere l’adempimento, può disporre diversamente della prestazione dovuta e non può più adempiere alla propria obbligazione. L’azione di risoluzione può concorrere con il risarcimento del danno.
La risoluzione è effetto di una sentenza costitutiva che retroagisce al momento della conclusione del contratto, prevedendo l’obbligo di provvedere alla restituzione delle prestazioni eseguite. La
risoluzione non ha effetti nei confronti di terzi, tranne per la trascrizione della domanda risolutiva.
Art. 1459 cc.: Risoluzione per inadempimento dei contratti plurilaterali con comunione di scopo, si
può pervenire allo scioglimento del patto interessato, ma non dell’intero contratto,
tranne che la prestazione fosse essenziale.
La risoluzione di diritto (senza l’intervento del giudice) in tre casi:

  • Art. 1457 cc.: Infruttuoso decorso del termine, se la parte è ancora interessata alla prestazione, deve darne notizia, altrimenti il contratto si ritiene risolto;
  • Art. 1454 cc.: La parte non inadempiente intima alla controparte di adempiere in un congruo termine, dichiarando che decorso inutilmente il termine, il contratto sarà risoluto. Il termine non può essere inferiore a 15 giorni (sdp).
  • Art. 1456 cc.: Inadempimento dell’obbligazione oggetto di una clausola risolutiva espressa. I contraenti stabiliscono che il contratto è risolto, qualora vi sia mancato o inesatto adempimento di una o più obbligazioni determinate. Nel caso, la parte deve avvisare di voler attuare la

clausola risolutiva.
Nonostante la stragiudizialità, è possibile che vi sia in un secondo momento il controllo del giudice,
sulla legittimità del potere di autotutela (risoluzione di diritto).
Altri 2 metodi di autotutela attivabili, di fronte al rischio d’inadempimento:

  1. Eccezione d’inadempimento;
  2. Sospensione dell’esecuzione della prestazione.
  1. Art. 1460 cc.: Ciascuna parte, di un contratto a prestazioni corrispettive, può rifiutarsi di adempiere se l’altro non adempie. L’eccezione d’inadempimento è preclusa se nel contratto sia stata inserita una clausola d’inopponibilità delle eccezioni volte ad evitare o ritardare l’effettuazione della prestazione, la clausola non ha effetto per eccezioni di nullità, annullabilità ed inadempimento è preclusa ove il rifiuto di adempiere sia legato a mala fede
  2. Art. 1461 cc.: La sospensione dell’esecuzione qualora le condizioni economiche dell’altro siano tali da porre in pericolo il conseguimento della prestazione.

 

Sopravvenienze e rischio contrattuale. La risoluzione del contratto per
impossibilità sopravvenuta
L’idea del rischio contrattuale si connette all’eventualità della frustrazione dell’interesse che le parti mediante il contratto volevano realizzare, in conseguenza dell’intervento sopravvenuto di eventi
esterni.
Art. 1256 cc.: Ove l’impossibilità non sia imputabile al contraente, l’obbligazione si estingue. Per
contratto a prestazioni corrispettive, entrambe le parti sono liberate.
La risoluzione non opera se l’impossibilità è solo parziale, ma l’altra parte ha diritto ad una
corrispondente riduzione della prestazione, ferma restando, la possibilità di recesso.
Art. 1465 cc.: Nei contratti con effetti reali, il perimento della cosa per causa non imputabile,
all’alienante, non libera l’acquirente dall’obbligo di eseguire la controprestazione.
La disposizione estesa al caso in cui l’effetto traslativo/costitutivo, sia differito fino allo scadere di un termine. L’acquirente a termine iniziale sopporta il rischio del perimento e resta obbligato (il termine è futuro, ma certo). Diverso il caso di trasferimento con condizione sospensiva: essendo l’effetto traslativo incerto, l’acquirente non è tenuto a porre in essere la prestazione.

La risoluzione del contratto per eccessiva onerosità. La
presupposizione
Eventi sopravvenuti possono rendere più onerosa la prestazione.
Nulla questio per contratti aleatori (è nella possibilità che ciò accada), e là dove gli eventi in
questione rientrino nella normale alea contrattuale.
Art. 1467 cc.: Risoluzione per via giudiziale e con sentenza costitutiva, dei contratti ad esecuzione
continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita, ove la prestazione di una delle parti sia divenuta eccessivamente onerosa è concesso alla parte contro la quale la risoluzione è domandata , di evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni
del contratto.
Se il contratto rientra nello schema art. 1333 cc., prevedendo obbligazioni a carico di una sola delle parti, non trova applicazione il rimedio risolutorio, ma la parte obbligata può chiedere una riduzione della prestazione o modifica delle modalità d’adempimento.
Abbiamo due metodi di soluzione:

  • Scioglimento del vincolo;
  • Metodo conservatorio, con revisione (metodo ottimale).

La presupposizione è volta a salvaguardare l’equilibrio contrattuale originario, la giurisprudenza ne identifica la ricorrenza, quando una situazione può essere ritenuta presente dai contraenti, nella formazione del consenso, come presupposto comune con valore determinante ai fini dell’esistenza del vincolo contrattuale.
Oltre a casi di sopravvenienza delle circostanze , vi sono casi connotati dalla mancanza originaria di una situazione erroneamente data per esistente.

L’invalidità del contratto. La dialettica nullità-annullamento e il regime delle relative azioni

Nullità ed annullamento sono autonomi e distinti, in quanto il rimedio è generale per la nullità, particolare per l’annullamento.
Artt. 1420 – 1446 cc.: Il contratto plurilaterale, non risente dell’annullamento o della nullità che
colpisca il vincolo di una sola delle parti (salvo che questa non sia essenziale).
Differenze ci sono


Annullabilità

Nullità

  • Le sentenze di annullabilità sono pronunce di natura costitutiva (valide in senso retroattivo);
  • L’agire in annullamento è attribuito solo alla parte nel cui interesse l’annullamento è dato dalla legge (art. 1441 cc.), ma regime analogo alla nullità, si ha per l’incapacità del condannato.
  • Per l’annullabilità non vi è rilevabilità d’ufficio (art. 1441 cc.);
  • Azione di annullamento ha prescrizione quinquennale ed il giorno da cui parte la decorrenza è individuato in momenti diversi (art. 1442 cc.);
  • Art. 1445 cc. ove l’annullamento del contratto non dipenda dall’incapacità legale, non pregiudica i diritti acquistati a titolo oneroso ed in buona fede, se la trascrizione del titolo è anteriore alla data della trascrizione della domanda d’annullamento;
  • Art. 1444 cc., la convalidabilità è ammessa  per 2 specie: espressa e tacita – è implicata una sanatoria del vizio;
  • Si definisce annullabile l’atto che non mancando degli elementi essenziali del tipo, presenta vizi non gravi.

 

  • Le sentenze di nullità sono di mero accertamento;
  • La nullità può essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse (art. 1421 cc.);
  • Per la nullità, art. 1421 cc., vi è rilevabilità d’ufficio;
  • Art. 1442 cc. imprescrittibilità dell’azione di nullità;
  • La nullità è sempre opponibile a terzi tranne per due casi: acquisto a titolo originario del terzo, che non risente del vizio nel titolo precedente; Meccanismo della trascrizione sanante, se la domanda diretta a far dichiarare la nullità è trascritta dopo 5 anni dalla trascrizione dell’atto impugnato, la sentenza che l’accoglie non pregiudica i diritti acquisiti in buona fede dai terzi;
  • Convalidabilità è negata per il contratto nullo – non si può sanare il vizio;
  • Il contratto nullo, può essere rinnovato, tramite la trasfusione in un nuovo contratto;
  • Il contratto nullo può essere convertito;
  • La nullità delle clausole vessatorie, non si estende al contratto, il quale rimane per il resto valido ed efficace;
  • Si considera nullo l’atto viziato gravemente in una sua parte costitutiva.

 

Le cause di nullità del contratto
Il giudizio di nullità, presuppone che il contratto sia identificabile, in caso contrario il contratto si
dice inesistente.
Art. 1418 cc.: Sono elencate tutte le cause di nullità, la prima è la violazione di norme imperative
(norme inderogabili le quali impongono specifici divieti, presidiando la conformità dell’agire dei privati a valori, obiettivi ed interessi inalienabili). Seconda causa di
nullità è la mancanza di uno dei requisiti nell’art. 1325 cc.
Importante è definire quando una causa del contratto sia da definire illecita, ci si rifà all’art. 1343 cc. il quale rinvia alla contrarietà:

  • A norme imperative – contratti leciti, ma conclusi per eludere l’applicazione di una norma imperativa;
  • All’ordine pubblico – insieme di principi, valori e regole che informano l’organizzazione sociale, politica ed economica della società in una fase storica. Essi sono contenuti in leggi o altre fonti, ma spesso sono nella costituzione. Diverso è il concetto di ordine pubblico economico, diretto ad assicurare protezione a determinati gruppi sociali;
  • Al buon costume – regole di comportamento inespresse in norme, la sui osservanza s’impone corrispondenti alla coscienza etica e morale diffusa. Sono cambiati con il tempo i parametri

      relativi all’individuazione
Altra circostanza che provoca nullità del contratto è la presenza di un motivo illecito:
Art. 1345 cc.: Sancisce l’illiceità del contratto qualora le parti si siano determinate a concluderlo
solo per un motivo illecito comune ad ambedue le parti.
Art. 1418 cc.: Causa di nullità del contratto è la mancanza nell’oggetto dei requisiti di possibilità,
liceità, determinatezza o determinabilità stabiliti dall’art. 1346 cc. Inoltre, altri casi  
di nullità possono essere stabiliti dalla legge.

Le cause di annullamento del contratto

  • Incapacità legale di una delle parti;
  • Incapacità naturale/d’intendere e di volere ;
  • Errore;
  • Dolo;
  • Violenza.
 Artt. 1425 – 1427 cc.: Individuano 5 cause di annullamento:

 

L’errore
L’errore è falsa o distorta rappresentazione della realtà di fatto o di diritto che fa da sfondo alla determinazione contrattuale. Può cadere:

  • Sulla trasmissione à Errore ostativo;
  • Sul processo di formazione del consenso à Vizio.

L’errore è invalidante se essenziale e riconoscibile.

  1. Errore che cada sulla natura o sull’oggetto del contratto, esso ha a riguardo la natura del contratto, risolvendosi in un errore sull’identità della prestazione ivi dedotta o in un errore sulle qualità e/o sul contenuto “essenziali” della prestazione;
  2. Le qualità che possono definirsi determinanti sono: Uno di natura oggettiva che rinvia alle qualità normalmente proprie dell’oggetto della prestazione; L’altro, in senso soggettivo, rimanda alla considerazione di caratteristiche “secondarie” dell’oggetto, ma determinanti per il consenso;
  3. L’errore è essenziale “quando cade sull’identità o sulle qualità personali del contraente, sempre che determinanti per il consenso.
 Art. 1429 cc.: Il requisito dell’essenzialità è valutato sulla base di criteri oggettivi

 

 

 

Essenziale è anche l’errore di diritto, ingenerato da falsa/distorta rappresentazione circa l’esistenza,
l’interpretazione e/o l’applicazione di norme giuridiche.
L’errore di diritto non sussiste per:

  • La scusa dell’ignoranza “Ignorantia legis non excusat”;
  • A colui il quale ha acquistato cosa generica, non è dato ottenere l’annullamento del contratto concluso nell’erroneo convincimento che egli potesse dirsi proprietario;
  • L’errore sui motivi, per cui è posto in essere un acquisto, tranne nei casi di donazione o testamento;
  • Errore di previsione economica;
  • Errore sul valore e/o sul prezzo della prestazione, salve le ipotesi in cui esso sia effetto di un errore su qualità essenziale dell’oggetto della prestazione;
  • Non da luogo ad annullamento, ma a rettifica, l’errore di calcolo che cade sull’operazione matematica; Nel caso in cui, però, il computo sia determinante al consenso, il contratto è annullabile.

Si evita l’annullamento qualora il contraente, accetti l’esecuzione delle prestazioni secondo le
modalità del contratto che l’errante voleva concludere.
Art. 1431 cc.: L’errore è riconoscibile quando, in relazione al contenuto, alle circostanze del
contratto o alla qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe  
potuto rilevarlo.
Si ritiene che l’errore renda annullabile il contratto a prescindere da qualsiasi valutazione sulla sua riconoscibilità, non essendovi alcun affidamento da proteggere. Meno problemi vi sono per l’errore bilaterale.

Il dolo
Il dolo è causa di annullamento del consenso, qualora determinante ai fini del consenso; esso si sostanzia nel ricorso a raggiri maliziosi, astuzie, artifizi realizzati tramite contegni
commissivi/omissivi, posti intenzionalmente in essere.
Art. 1440 cc.: Ove il dolo abbia influenzato un consenso che comunque sarebbe stato espresso,
siamo in presenza di dolo incidente. Non gioca la regola d’invalidità, bensì quella di
responsabilità, chi ha agito dolosamente, è tenuto al risarcimento del danno.
Il dolus bonus, rimanda ai comportanti tesi ad esaltare le qualità di un prodotto. Ove il bene acquistato non presenti le qualità pubblicamente divulgate, il consumatore è legittimato ad ottenere tutela.
Non è invalidante il contratto, il silenzio.

Artt. 1892 – 1893 cc.: Reticenza ed informazioni inesatte nel contratto di assicurazione. Non sono
necessari artifici o altri mezzi fraudolenti, ma è sufficiente la volontarietà delle dichiarazioni o della reticenza, riguardo a circostanze determinanti il
consenso.
Ove il dolo sia reciproca o bilaterale, il contratto è annullabile su istanza delle parti.
La tutela risarcitoria può concorrere con quella d’annullamento.
Se l’inganno proviene da terzo, occorre valutare se la controparte del raggirato, abbia tratto da ciò vantaggio e se ne fosse a conoscenza. In caso positivo, il contratto è annullabile, altrimenti il contratto è valido, restando per il terzo il risarcimento del danno causato.

La violenza
La violenza quale vizio del consenso è solo quella morale, quella fisica renderebbe il contratto nullo:

  • Violenza relativa: limita e comprime la libertà;
  • Violenza assoluta: elimina in toto la libertà della determinazione della volontà.

Art. 1435 cc.: La vittima è a conoscenza dei termini della situazione, ma non desiderando di
concludere il contratto, vi è costretto dalla minaccia di un male futuro.
Art. 1436 cc.: L’annullamento del contratto è rimesso alla valutazione delle circostanze da parte del
Giudice.
Per identificare cosa s’intenda per “ingiustizia del male”, ci si rifà ai parametri del danno ingiusto
art. 2043 cc. La violenza può essere non esplicita, indeterminata ed indiretta.
Art. 1437 cc.: Non è annullabile il contratto concluso in presenza di timore reverenziale.
Anche la violenza putativa (solo presunta, da chi se ne crede vittima), non da luogo ad annullamento, almeno che questa non sia rilevabile anche da persona sensata.
Oltre all’annullamento si perviene al risarcimento del danno, da parte di chi ha esercitato la violenza.
La rescissione del contratto
La rescissione è consentita in presenza:

  • Di un contratto concluso in stato di pericolo;
  • Di un contratto concluso in stato di bisogno.

Lo squilibrio economico originario tra le prestazioni, non è indice di patologia del contratto, ciò che conta è il risultato dell’incontro tra i consensi integri e liberamente raggiunti ed espressi.
La rescissione interviene, in presenza di prestazioni talmente squilibrate da rendere iniqua ed irragionevole la conservazione dell’operazione realizzata. L’eliminazione si ha con sentenza costitutiva del giudice avente effetto retroattivo e si sostanzia nell’invalidazione del contratto:

  • Prescrizione dell’azione, il termine è solitamente di un anno, con impossibilità, dopo, di operare la rescissione;
  • Negazione della convalidabilità del contratto rescindibile;
  • Inopponibilità della rescissione in pregiudizio dei diritti acquisiti dai terzi.

Abbiamo due fattispecie di rescissione:

  • Il contratto con cui una parte abbia assunto obbligazioni a condizioni inique, per salvare sé o altri dal pericolo di danno grave, può essere rescisso dalla parte che si è obbligata (art. 1447 cc.);
  • Art. 1448 cc., presuppone lo stato di bisogno di una delle parti. In condizione di grave disagio, per scongiurare un pericolo maggiore, la parte assume decisioni penalizzanti, concludendo un contratto a prestazioni sproporzionate. La lesione deve perdurare fino al tempo in cui la

domanda è proposta.
Art. 1450 cc.: E’ concesso al contraente contro il quale è proposta la rescissione, di evitarla
offrendo una modificazione del contratto atta ad eliminare la sproporzione tra le prestazioni.

I singoli contratti tipici

Premessa
Art. 1322 cc.: Tra le libertà date ai privati, vi è quella di regolare i propri interessi avvalendosi dei
modelli tipizzati al legislatore o per via della conclusione di contratti che non
appartengono ai tipi aventi disciplina particolare.
La compravendita
La compravendita comporta il trasferimento della proprietà di un bene o di un altro diritto. E’ un contratto ad effetti reali, a natura onerosa.

  • Consegnare la cosa al compratore;
  • Fargli acquistare la proprietà della cosa o il diritto trasferito;
  • Garantire il compratore dai vizi della cosa.
 Il prezzo può essere indicato nel contratto, affidato alla determinazione delle parti o ad un terzo.
Art. 1476 cc.: Elenca le obbligazioni del venditore:

 

Art. 1498 cc.: Il compratore è tenuto a pagare il prezzo nel termine e nel luogo fissati dal contratto.
Art. 1499 cc.: Qualora la cosa produca frutti o altri proventi, è tenuto a corrispondere gli interessi
sul prezzo.
Art. 1475 cc.: Sono poste a suo carico le spese del contratto e le altre accessorie.
In caso di evizione, si può avere la risoluzione del contratto con restituzione all’acquirente del prezzo e del rimborso per le spese effettuate.
Artt. 1484 – 1480 cc.: Analoga tutela per l’evizione parziale, qualora le parti oggetto di evizioni
siano da ritenersi necessarie per la conclusione del contratto. In caso contrario
può solo ottenersi la riduzione del prezzo, oltre al risarcimento del danno.
Art. 1489 cc.: Agli stessi rimedi si perviene qualora la cosa venduta sia gravata da oneri o da diritti
reali/personali che ne diminuiscano il libero godimento.
Art. 1487 cc.: Alle parti è dato di attuare, rinforzare o escludere la garanzia, ma in questo caso il
venditore è sempre tenuto per l’evizione derivante da fatto suo proprio.
Art. 1488cc.: Qualora l’evizione si verifichi il venditore deve restituire il prezzo e rimborsare.
Art. 1490 cc.: Con la garanzia per i vizi, il venditore assicura che la cosa alienata non ha difetti che
la rendano inidonea all’uso previsto o che ne diminuiscano il valore.
La garanzia opera per i vizi, sconosciuti o occulti al venditore, al momento della conclusione del contratto, salvo che egli abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi.
Il contratto può essere risolto o può ottenersi una riduzione del prezzo. Spetta al venditore di risarcire, tranne che questo non provi di avere ignorato i vizi. Sono da risarcire anche i danni
derivanti dai vizi della cosa.
Art. 1493 cc.: La risoluzione del contratto comporta la restituzione della cosa, del prezzo, il
rimborso delle spese e dei pagamenti fatti per la vendita.
Art. 1495 cc.: Per far valere la garanzie dei vizi, occorre denunziare i difetti entro 8 giorni dalla
scoperta, si presume che essa risalga alla data di acquisto della cosa. Della denunzia può farsi a meno solo se il venditore ammetta il difetto.
Dopo la denunzia il compratore, può agire in giudizio entro un anno dalla consegna,
pena la prescrizione.
Art. 1497 cc.: Stesso regime, per mancanza di qualità promesse ed essenziali per l’uso.

La vendita con patto di riscatto
Art. 1500 cc.: Tale patto è accessorio al contratto di compravendita, con esso, il venditore si riserva
il diritto di riscattare la cosa alienata mediante la restituzione dello stesso prezzo
pagato ed i rimborsi delle spese relative al contratto sostenute dall’acquirente.
Art. 1501 cc.: Il termine del riscatto non può essere superiore di 2 anni dalla vendita di beni mobili
e 5 anni di beni immobili.
Il contratto pare sottoposto a condizione risolutiva potestativa.
Art. 1504 cc.: Il venditore può ottenere la restituzione della cosa anche dai successivi acquirenti, se
il patto sia ad essi opponibile.
Lo schema ha funzione, per il venditore che necessiti immediatamente di denaro liquido.

 

Le disposizioni sulla vendita di cose mobili
Art. 1515 cc.: Nel caso in cui il compratore non paghi il corrispettivo della vendita, il venditore può
far vendere senza ritardo la cosa all’incanto, per conto e a spese di lui.
Art. 1516 cc.: Se è il venditore a non adempiere e la vendita riguardi cose fungibili, il compratore
può far acquistare le cose a spese del primo.
Art. 1517 cc.: Risoluzione di diritto del contratto a favore del contraente che, prima del termine
abbia offerto all’altro, la consegna della cosa o il pagamento del prezzo, se l’altra
parte non adempie all’obbligazione.
Art. 1519 cc.: La restituzione delle cose non pagate, può essere richiesta dal venditore entro 15
giorni dalla consegna.
Art. 1512 cc.: Garanzia per buon funzionamento – Solo qualora il venditore abbia espressamente
garantito per un tempo determinato, o là dove siano gli usi ad imporlo. Il compratore deve denunziare il difetto entro 30 giorni dalla scoperta a pena di decadenza. Il giudice può assegnare un tempo entro il quale riparare/sostituire la cosa, salvo
risarcimento del danno.
Art. 130 cod. cons.: Sancisce la riparazione/sostituzione per il bene che sia di consumo.

  • Quando i beni sono idonei all’uso al quale servono abitualmente cose si = tipo;
  • Quando vi è corrispondenza tra il bene venduto e la descrizione fatta dal venditore;
  • Quando il bene presenti le caratteristiche proprie che il consumatore poteva attendersi;
  • Quando il bene è idoneo all’uso particolare voluto dal consumatore e reso noto al venditore alla stipula del contratto.
 Art. 129 cod. cons.: Il venditore ha l’obbligo di consegnare al compratore beni conformi al contratto, la conformità si desume da:

 

 

Il difetto può anche derivare dall’imperfetta installazione del bene.
Art. 129 - 132 cod. cons.: Il venditore di un bene di consumo è responsabile di fronte al
consumatore per tutti i difetti esistenti al momento della consegna, manifestatisi entro 2   anni. Il consumatore deve denunziare il vizio entro 2 mesi dalla consegna. Ma l’azione diretta a far valere i difetti non
dolosamente occultati, si prescrive in 26 mesi.
Art. 130 cod. cons.: La tutela attivabile – oltre alla riparazione/sostituzione della cosa, ove questa
sia troppo onerosa, il consumatore può ottenere una riduzione del prezzo o la
risoluzione del contratto (no per difetto di lieve entità).
Art. 134 cod. cons.: Le norma hanno carattere imperativo, sancendo la nullità di ogni patto
anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, volto a
limitare i diritti.
Vi sono alcune disposizioni del codice civile, volte a disciplinare la vendita di cose mobili:

  • Art. 1520 cc.: Vendita con riserva di godimento;
  • Art. 1521 cc.: Vendita a prova;
  • Art. 1522 cc.: Vendita su campione – Vendita su tipo di campione;
  • Artt. 1523 – 1526 cc.: Vendita con riserva della proprietà (vendita a rate, il compratore acquista subito il godimento della cosa, ma il trasferimento di proprietà si realizza con il pagamento dell’ultima rata. I rischi del perimento gravano sul compratore. Il mancato pagamento, può portare alla risoluzione del contratto e alla restituzione della cosa);
  • Artt. 1527 – 1530 cc.: Vendita su documenti e con pagamento contro documenti (La consegna del titolo è sostitutiva della consegna delle merci, il pagamento deve avvenire alla consegna);
  • Artt. 1531 – 1536 cc.: Vendita a termine di titoli di credito.

 

 

  • Vendita a misura: qualora un immobile è alienato con l’indicazione della sua misura e con il prezzo stabilito un tanto per ogni unità;
  • Vendita a corpo: quando il prezzo è determinato in base alla consistenza globale del bene.
 Le disposizioni sulla vendita di immobili
Artt. 1537 – 1538 cc.: Differenza tra

 

Art. 1540 cc.: Vendita con stesso contratto e per un unico prezzo, di due o più immobili, di
ciascuno dei quali sia indicata la misura, stabilendo che ove si accerti che la quantità è
minore nell’uno e maggiore nell’altro se ne fa la compensazione fino alla debita concorrenza.
Art. 1541 cc.: Il diritto alla rettifica del prezzo o al recesso si prescrive entro un anno.

La vendita di eredità
La totalità di beni che compone l’eredità può essere oggetto di contratto, qualora la successione si
sia aperta e l’eredità sia stata accettata dal venditore.
Art. 1543 cc.: La vendita di eredità deve farsi per iscritto, a pena di nullità, dovendo solo garantire,
il venditore, la propria qualità di erede.
Art. 1544 cc.: Il venditore che abbia percepito i frutti o riscosso crediti è tenuto a rimborsare il
compratore.
Art. 1545 cc.: Il compratore deve reintegrare quanto pagato dal venditore per il pagamento di debiti.
Art. 1546 cc.: Alienante e compratore rispondono in solido dei debiti del defunto.
Art. 1547 cc.: Altre forme di alienazione dell’eredità a titolo oneroso (permuta, transazione,
conferimento in società), l’alienazione gratuita ricorre là dove il sacrificio dell’alienante sia superiore a quello che deve sopportare il compratore.

La permuta
Art. 1552 cc.: La permuta realizza lo scambio reciproco della proprietà di cose o di altri diritti da
un contraente all’altro.
Art. 1554 cc.: Ciò giustifica il fatto che le spese siano ripartite tra i contraenti in parti uguali.
Art. 1553 cc.: Al permutante che abbia sofferto l’evizione è dato pretendere che la cosa data in
permuta, gli sia restituita o di vedersi corrisposto il valore della cosa.

La donazione
Elemento caratterizzante la donazione è lo spirito liberale, che muove una arte ad arricchire l’altra,  senza essere giuridicamente tenuto e senza richiesta si corrispettivo (la ragione è oggettiva).
Si può differire tra donazione diretta e donazione indiretta (contratto a favore di terzi, adempimento
di obbligazione altrui…).
Art. 809 cc.: In riferimento a tali atti, trova applicazione la revoca per ingratitudine e per
sopravvenienza di figli, riduzione ai fini di reintegrazione della quota di legittima…
Art. 770 cc.: La donazione rimuneratoria è da considerare donazione in connessione – alla
riconoscenza, alla considerazione dei meriti del donatario, a ragioni di speciale
remunerazione.

La donazione è un contratto consensuale ad effetti reali.
Art. 774 cc.: La donazione presuppone la capacità di agire del donante, ma è valida la donazione
fatta dal minore ammesso a contrarre matrimonio e dall’inabilitato.
Art. 776 cc.: Le donazioni fatte da interdetti ed inabilitati sono annullabili, come: quelle effettuate
dopo la proposizione della domanda d’inabilitazione, quelle fatte dall’inabilitato fatte 6
mesi prima del processo d’inabilitazione.
Art. 777 cc.: Al padre del tutore è negata la possibilità di fare donazioni per l’incapace, ma al tutore
dell’interdetto/inabilitato è dato compierle se a beneficiarne sono i discendenti in
occasione delle nozze.
Art. 784 cc.: La capacità di ricevere per donazione è riconosciuta al concepito e al nascituro.
Art. 320 – 321 cc.: Regolano l’accettazione – prima della nascita del donatario, il donante conserva
la proprietà, spettando a lui o ai suoi eredi amministrare i beni (sdd).
Art. 779 cc.: Soggetti incapaci di ricevere per donazione – Il tutore o il protutore del donante.
Art. 778 cc.: E’ inammissibile la rappresentanza, essendo la donazione atto personalissimo; E’ solo
possibile dar mandato al terzo di designare il donatario o scegliere l’oggetto, solo tra le
opzioni identificate dal donante.
Art. 771 cc.: Oggetto di donazione possono essere: mobili, immobili, universalità di mobili, frutti
non ancora separati.
Art. 796 cc.: Il donante può conservare per sé o per altri l’usufrutto del bene.
Art. 773 cc.: Ove più siano i donatari, la donazione si ritiene eseguita in parti uguali, potendo il
donante disporre che il rifiuto di un donatario, accresca la parte degli altri.
Art. 782 cc.: La validità della donazione è subordinata al rispetto della forma scritta dell’atto
pubblico, con indicazione del bene donato e del suo valore, al cospetto di 2 testimoni.
Co.2: Si può avere accettazione contenuta in atto pubblico, la donazione è perfetta a notifica
dell’accettazione al donante, fino a questo momento le parti possono recedere.
Art. 1333 cc.: Il donatario deve dare accettazione espressa.
E’ ipotizzabile una donazione rivolta a più persone, con la clausola secondo cui se il primo
destinatario non accetti, si passi al secondo.
Art. 793 cc.: La donazione che imponga un onere al donatario è detta modale.
Art. 791 cc.: Condizione risolutiva di reversibilità delle cose donate, vale sia in premorienza del
donante che del donatario.
Con la premorienza del donatario, i beni tornano liberi da vincolo al donatario.
Il motivo della donazione è solitamente irrilevante, tranne per i casi stabiliti dalla legge e qualora
questo sia illecito.
Art. 789 cc.: Il donante è tenuto ad adempiere le obbligazioni derivanti dal contratto, ma la natura
liberale fa sì che la responsabilità per inadempimento siano limiti a colpa grave.
La garanzia per evizione è dovuta al donatario solo per i casi previsti dall’art. 797 cc.
Art. 799 cc.: La nullità del contratto può essere sempre oggetto di sanatoria, tranne se fatta valere
dagli eredi del donante che abbiano dopo la sua morte confermato la donazione.
Art. 787 cc.: Annullamento – Importante è il motivo quando sia stabilito nell’atto e sia stato
determinante la decisione di compiere la liberalità.
La donazione non è soggetta a risoluzione, a trascrizione e non è prevista la revocazione (tranne per donazione rimuneratoria/obnuziale).
La revoca pronunciata dal giudice su domanda dei soggetti legittimati, priva di efficacia il contratto, obbligando alla restituzione dei beni e dei frutti. In caso di alienazione, il donante ha diritto ad ottenere il valore al momento della domanda. Il terzo, non vede pregiudicato il suo diritto (salva

  1. Che abbia commesso contro il donante o i familiari uno dei fatti che cagionano indegnità a succedere;
  2. Si sia reso colpevole di ingiuria grave verso il donante;
  3. Abbia arrecato con dolo pregiudizio al patrimonio del donante;
  4. Abbia rifiutato al donante la prestazione degli alimenti.
 trascrizione).

  • Revoca per Ingratitudine del donatario:

 

L’azione a proposta entro un anno a partire dal termine indicato nell’art. 802 cc.

  • Revoca per sopravvenienza dei figli del donante: si può intentare se non siano trascorsi 5 anni dalla nascita dell’ultimo figlio legittimo o dalla notizia dell’esistenza. La revoca è possibile qualora il donante abbia riconosciuto entro 2 anni un figlio naturale. Nulla la rinuncia preventiva alla revoca.

Il riporto
Art. 1548 cc.: Il riportato trasferisce al riportatore la proprietà di titoli di credito, ricevendo un
determinato corrispettivo, questo s’impegna a trasferire al riportato, alla scadenza del termine stabilito, la proprietà di altrettanti titoli della stessa specie, verso il rimborso
del prezzo pari/aumentato/diminuito, rispetto a quello già pagato.
La tesi prevalente sulla natura del negozio, lo vede come negozio tipico autonomo. Il riporto è
contratto reale che assolve a funzione creditizia. In caso d’inadempimento di una delle parti:
Art. 1515 cc.: Esecuzione coattiva in danno dell’inadempiente; Se entrambi le parti sono
inadempienti, il riporto cessa di avere effetto, e ciascuna parte ritiene ciò che aveva ricevuto.

Il contratto estimatorio
Art. 1556 cc.: Se una parte consegna una o più cose ad un’altra e questa si obbliga a pagare il
prezzo o a restituire le cose nel termine stabilito, si ha contratto estimatorio.
Il contratto è reale, ma la proprietà resta in capo al tradens, finché l’accipiens non abbia pagato il
prezzo.
Art. 1558 cc.: Preclude ai creditori dell’accipiens di sottoporre i beni a pignoramento/sequestro
finché non sia avvenuto il pagamento del prezzo. Il tradens perde, comunque, i poteri sulla cosa avendola trasferita.

Art. 1557 cc.: L’impossibilità alla restituzione per causa non imputabile all’accipiens non lo libera
dall’obbligo di pagare il prezzo delle cose ricevute.

La somministrazione
Art. 1559 cc.: Una parte si obbliga, verso il corrispettivo di un prezzo, a seguire a favore dell’altra,
prestazioni periodiche o continuative di cose.
Art. 1562 cc.: Il contratto è di durata. Il prezzo va corrisposto all’atto delle singole prestazioni ed in
proporzione ad esse.
Artt. 1567 – 1568 cc.: Clausola di esclusiva, a favore del somministrante o dell’avente diritto alla
somministrazione.
Art. 1564 cc.: L’inadempimento deve essere di notevole importanza e tale da menomare la fiducia
nei prossimi adempimenti, perché si possa ottenere la risoluzione del contratto.
Art. 1569.: Ove stabilita la durata della somministrazione, ciascuna parte può recedere dal contratto,
salvo preavviso.

La locazione
Art. 1571 cc.: La locazione comporta il godimento di una cosa mobile o immobile per un dato
tempo, sotto pagamento di un determinato corrispettivo.

  • A consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione;
  • A mantenerla in stato da servire all’uso convenuto;
  • A garantire il pacifico godimento durante la locazione.
 La locazione, è sottoposta a diversa regolamentazione a seconda dei tipi.
Art. 1575 cc.: Il locatore è tenuto:

 

 

  • Riprendere in consegna la cosa e di osservare la diligenza del buon  padre di famiglia nel servirsene per l’uso determinato dal contratto;
  • Di versare nei termini convenuti il corrispettivo.
 
Art. 1587 cc.: Le obbligazioni del conduttore:

 

Art. 1590 cc.: Obbligo per il conduttore, ove il rapporto cessi, di restituire la cosa al locatore nel
medesimo stato in cui l’ha ricevuta, salvo il deterioramento dell’uso in conformità al
contratto.
Art. 1578 cc.: Possibilità data al conduttore di risolvere il contratto o ottenere una riduzione del
corrispettivo oltre al risarcimento, qualora la cosa locata abbia vizi.
Art. 1582 cc.: Divieto per il locatore di compiere sulla cosa innovazioni che diminuiscano il
godimento del conduttore.
Artt. 1583 – 1584 cc.: Disciplina delle ripartizioni indifferibili da apportare durante la locazione.
Art. 1594 cc.: Divieto (spc) di sublocazione da parte del conduttore.
Artt. 1599 – 1602 cc.: Opponibilità del contratto di locazione al terzo acquirente.

La locazione di beni immobili urbani
L. 27 luglio 1978 n. 392 – Legge sull’equo canone.
Art. 1: Durata minima legale dei contratti pari a 4 anni.
Art. 12 ss.: L’entità del canone veniva calcolata vincolando le parti alla determinazione di un
canone equo risultante dall’adozione di criteri che la legge identificava.
Art. 58: Protrazione per altri 4 anni per i contratti in corso soggetti a proroga.

Art. 65: Contratti non soggetti a proroga, si estendeva ad altri 4 anni dovendosi detrarre il tempo
già trascorso dall’inizio della locazione o del rinnovo.
Il sacrificio imposto ai locatari, portò ad una disincentivante crescita del mercato “ufficiale”.
L. 9 dicembre 1998 n. 431 – non applicabile ai contratti in corso dal 30/12/1998.

  1. Il canone è determinato dalle parti;
  2. La durata non deve essere inferiore a 4 anni, decorsi i quali vi è un automatico rinnovo di 4 anni, salve disdetta del locatore per i motivi di cui l’art. 3, fermo il diritto di prelazione;
  3. Il locatore che abbia riacquistato la disponibilità dell’alloggio deve adibirlo, nel termine di 12 mesi, agli usi dichiarati, se ciò non si verifica, il conduttore ha diritto al ripristino della locazione/risarcimento non inferiore a 36 mensilità;
  4. Alla seconda scadenza – rinegoziazione o rinuncia al rinnovo.
 Per i nuovi contratti si può scegliere tra:

  • Contratti liberi di locazione:

 

 

 

  1. Canone, durata ed altri elementi sono stabiliti in accordi tra le organizzazioni della proprietà edilizia e quelle dei conduttori;
  2. Durata minima 3 anni, prorogata di diritto per 2 anni alla prima scadenza ove le parti non concordino al rinnovo del contratto, fatta salva la facoltà di disdetta del locatore;
  3. Dopo il periodo di proroga, rinegoziazione/rinuncia.
  

  • Contratti a regime vincolato:

 

 

Art. 1: Importantissima è la forma scritta per la stipula di contratti validi ad uso abitativo.
L. 27 luglio 1978 n. 392Legge sull’equo canone. Per immobili con destinazione non abitativa.
Art. 27: Durata minima di 6 anni, aumentata a 9 per immobili alberghieri. Il contratto può recedere
in qualsiasi momento con obbligo di preavviso di almeno 6 mesi.
Art. 28: Il contratto si rinnova tacitamente alla scadenza, salva disdetta del locatore motivata (art.29)
Art. 34: In caso di cessazione del rapporto per casi specifici, il conduttore ha diritto ad un’indennità.
Art. 32: Il canone stabilito, può essere aggiornato.
Art. 36: Al conduttore è concesso di sublocare o cedere il contratto senza consenso del locatore.
Art. 38: Nel caso il locatore voglia trasferire a terzi, a titolo oneroso l’immobile, il conduttore ha
diritto di prelazione.

 

L’affitto. I contratti agrari
Art. 1615 cc.: Autonoma configurazione per la natura produttiva della cosa, concessa in godimento.
Art. 1618 cc.: All’affittuario è imposto di curare la gestione della cosa, obbligato a destinare al
servizio del bene i mezzi necessari per la gestione, a non mutarne la destinazione
economica e ad osservare le regole della buona tecnica, pena la risoluzione del contratto.
Art. 1617 cc.: Il locatore è tenuto a consegnare la cosa, con accessori e pertinenze e provvedere alle
riparazioni straordinarie (art. 1621 cc.).
Artt. 1628 – 1646 cc.: Affitto dei fondi rustici.
L’art. 1628 è stato soppiantato dalla normativa L. 203/1982
Art. 1: Durata minima del contratto di 15 anni
Art. 4: Rinnovazione tacita del contratto in mancanza di disdetta da comunicarsi entro 1 anno.
Art. 5: Recesso sempre concesso all’affittuario, previo preavviso. Risoluzione del contratto
ammessa, solo per inadempimento grave, sempreché non sani prima della promozione del
giudizio.
Art. 6: Affittuari coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo con il lavoro proprio/della famiglia.
Per l’esecuzione di opere, deve esservi l’accordo dei contraenti, previo parere favorevole dell’ispettorato provinciale dell’agricoltura. Al locatore che abbia effettuato queste opere è dato
richiedere un aumento del canone.
Art. 21: La nullità del subaffitto e di subconcessioni può essere fatta valere dal locatore entro 4
  mesi dal momento in cui è venuto a conoscenza.
L. 590/1965 àAll’affittuario coltivatore diretto, il diritto di prelazione per vendita/affitto.
L. 203/1982 à Conversione in affitto per mezzadria, colonia parziaria, compartecipazione agraria,
  soccida per pascolo. E’ concesso alle parti assistite dalle organizzazioni di addivenire a contratti in deroga alla legge. E’ vietato stipulare contratti di mezzadria, colonia parziaria e compartecipazione agraria e di corrispondere somme per buona
entrata.
Art. 2170 cc.: Soccidante è soccidario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di bestiame
e per l’esercizio delle attività connesse. 3 schemi di soccida:

  • Semplice: il bestiame è conferito al soccidante che dirige l’impresa, il soccidario deve prestare il lavoro occorrente per la custodia e l’allevamento/lavorazione dei prodotti, con divisione degli accrescimenti;
  • Parziaria: Il bestiame è conferito da entrambi i contraenti;
  • Con conferimento di pascolo: il bestiame ed il lavoro sono conferiti al soccidario, mentre l’apporto del soccidante si limita alla fornitura di terreno e pascolo.

Il comodato
Art. 1803cc.: Attribuzione gratuita, del diritto di godimento su una cosa. Il contratto ha natura reale
(perfezionamento, con accordo e consegna).
Il comodatario può servirsene per un tempo ed un uso determinati e al termine del rapporto è tenuto a restituire la stessa cosa. Ma la restituzione può essere pretesa:

  • Non appena il comodante la richieda, se non vi è durata stabilita;
  • Prima della scadenza del termine, per bisogno urgente del comodante.

 

  1. Custodire e conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia;
  2. Non adibire la cosa ad uso diverso;
  3. Non concedere a terzi il godimento;
  4. L’inadempimento legittima il comodante a chiedere restituzione e risarcimento.
 
Art. 1804 cc.: Obbligazioni del comodatario:

 

Il comodante deve rimborsare le spese straordinarie, sostenute dal comodatario. Il comodante non
risponde per i vizi della cosa, egli deve risarcire il danno solo se abbia mancato di darne avviso.
Artt. 1805 – 1806 cc.: Il rischio del perimento per caso fortuito grava sul comodatario se stimato il
valore della cosa e qualora avrebbe potuto sottrarla.

 

Il mutuo
Art. 1813 cc.: Prestito di consumo con consegna di quantità di denaro o altro bene fungibile, con
restituzione di altrettante cose della stessa specie e qualità.
Art. 1814 cc.: Il mutuatario diviene proprietario della cosa, potendone disporre come meglio crede.
Art. 1817 cc.: Il mutuatario, deve alla scadenza del termine, restituire la cosa.
Art. 1824 cc.: Il mutuante riceverà inoltre, gli interessi determinati da questa disposizione.
Art. 1820 cc.: Il mancato pagamento degli interessi, può portare alla risoluzione del contratto.
Art. 1815 cc.: Ove l’interesse pattuita sia usurario, la clausola è nulla.
Art. 1819 cc.: Il tantundem può essere restituito in unica soluzione o ratealmente, in questo caso, il
mancato versamento di una sola rata, autorizza il mutuante alla restituzione
dell’intero.
Art. 1822 cc.: La promessa di mutuo ha effetto obbligatorio e chi la effettua, può chiedere
l’adempimento là dove le condizioni patrimoniali dell’altro siano instabili.
Mutuo di scopo: erogazione di una somma associata ad un vincolo di destinazione per la
realizzazione di un certo scopo. Questo è solitamente determinato dalla legge, ma a volte sono le parti a stabilire.

Il leasing. I contratti d’impresa
Funzione di attribuzione di godimento di un bene – leasing di godimento; Funzione di trasferimento
di proprietà – Leasing traslativo.
3 tipologie:

  • Leasing finanziario: riguarda beni mobili/immobili acquistati o fatti costruire dal locatore, su scelta ed indicazione del conduttore, che ne assume i rischi e con facoltà per questo di divenirne proprietario a termine della locazione, dietro versamento di un prezzo.
  • Leasing operativo: E’ il fornitore stesso a concedere il bene in godimento all’utilizzatore, senza l’intermediazione del concedente.
  • Leasing sale and lease back: Il proprietario di un bene lo aliena ad una società di leasing, la quale lo concede (in leasing) allo stesso venditore assicurandogli il godimento dietro versamento di un canone. Vi è finanziamento per l’alienante, l’acquisto della proprietà per la

società.
Il leasing è utilizzato per esigenze di finanziamento di soggetti svolgenti attività imprenditoriale come pure:

  • Il franchising: regolato con L. 129/2004 affiancato all’affiliazione commerciale. E’ affiliazione

commerciale il contratto tra due soggetti indipendenti, in base al quale, una parte concede all’altra, verso corrispettivo, la disponibilità di diritti di proprietà industriale/intellettuale/marchi…Il contratto va redatto in forma scritta (pena di nullità), garantendo all’affiliato una durata sufficiente all’ammortamento dell’investimento, non inferiore a 3 anni. Ove sia indicata la sede, l’affiliato non può trasferirla senza il consenso dell’affiliante;

  • Joint venture: Due o più imprese si accordano per la realizzazione di un’opera o attività,

       conservando piena autonomia;

  • Engineering: Un soggetto committente si assicura la fornitura di servizi, da parte di un impresa,

     dietro pagamento di corrispettivo;

  • Merchandising: Concessione d’uso di un marchio celebre.

Il deposito
Art. 1766 cc.: Contratto con il quale una parte (depositario), riceve dall’altra (depositante) una cosa
mobile con obbligo di custodirla e di restituirla in natura.
Il contratto reale, si perfeziona con la ricezione della cosa.
Art. 1767 cc.: La presunzione di gratuità è superabile se le qualità professionali del depositario o
diversa volontà delle parti.
Art. 1781 cc.: Il depositante deve rimborsare le spese per la conservazione della cosa.
Art. 1768 cc.: Impone al depositario di usare nella custodia la diligenza del buon padre. Se il
deposito è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore.
Art. 1800 cc.: Specifica ciò che il depositario non può fare senza consenso descrivendo i limiti
entro i quali la regola agisce.
Art. 1771 cc.: Il depositario deve restituire la cosa quando il depositante la richieda o alla scadenza
del termine convenuto.
Art. 1772 cc.: Se più sono i depositanti ed essi non si accordano circa la restituzione, questa va fatta
secondo quanto stabilito dal giudice.
Art. 1775 cc.: Restituzione si estende anche ai frutti della cosa.
Art. 1774 cc.: Le spese gravano sul depositante.
Art. 1780 cc.: Il depositante perde il diritto alla restituzione per perimento o distruzione, anche se la
res sia stata tolta al depositario per causa a lui non imputabile. Se il depositario non denuncia immediatamente, è tenuto al risarcimento del danno.

Il deposito in funzione di garanzia
Il deposito può anche avere funzione di garanzia. Vi sono due modelli:

  • Deposito nell’interesse del terzo – art. 1773 cc.- Il debitore deposita una cosa e il terzo comunica al depositante ed al depositario la sua adesione. Il potere ruota attorno al potere del terzo-creditore di precludere al depositario la restituzione della cosa al depositante-debitore sino all’avverarsi di un determinato evento. Il creditore ottiene solo la materiale sottrazione del bene

al debitore.

  • Deposito a favore di terzo – artt. 1411/1413 cc.- Legittima il terzo-creditore a richiedere dal depositario la restituzione della cosa consegnatagli depositante-debitore.

Il deposito irregolare
Art. 1782 cc.: Il deposito irregolare, avendo per oggetto denaro o altri beni fungibili, è traslativo
della proprietà. Con obbligo del depositario di restituire l’equivalente in specie e qualità di quanto ricevuto.

I depositi bancari di denaro. Gli altri contratti bancari
L’attività delle banche è regolata dal D. Lgs. 385/1993 recante il T.U. in materia bancaria e creditizia.
Art. 10: Oltre all’attività bancaria con carattere d’impresa, le banche possono svolgere ogni altra
attività finanziaria.
Artt. 115 – 128: Deve essere assicurata trasparenza delle condizioni.
Le operazioni bancarie possono essere: attive, passive, accessorie.
Il deposito bancario è operazione passiva, con oggetto una somma di denaro che quando depositata diviene proprietà della banca, la quale deve restituirla alla scadenza del termine
convenuto/a richiesta del depositante, con preavviso.
Art. 1835 cc: Ove richiesto, la banca rilascia un libretto sul quale è annotata la lista movimenti. Il
libretto è di norma nominativo, ma può anche essere al portatore (la banca che senza
dolo adempi la prestazione nei confronti di un portatore, è liberata).
Art. 1883 cc.: Deposito titoli in amministrazione, deposito regolare in quanto i titoli sono
identificati da una distinta. La banca assume la custodia e la gestione ricevendo un compenso stabilito da convenzione/usi. Al termine al depositante devono essere
restituiti gli stessi titoli.
Il servizio relativo alle cassette di sicurezza è accessorio. Con il contratto, il cliente acquista la
disponibilità di una cassetta ove può riporre ciò che crede, la banca garantisce la conservazione.
L’apertura di credito bancario, l’anticipazione e lo sconto, sono operazioni attive mediante le quali
la banca accorda finanziamenti.
Art. 1842 cc.: La banca che apre un credito a beneficio del cliente, si obbliga a tenere a sua
disposizione una somma di denaro per un periodo di tempo o a tempo indeterminato.
Art. 1843 cc.: L’accreditato può operare anche versamenti per ripristinare la riserva.
L’anticipazione bancaria prevede l’anticipazione del beneficiario, di una garanzia costituita da pegno su titoli o merci. Se tali beni sono individuati, il cliente anche prima della scadenza del
contratto, può ritirare in parte titoli e merci in pegni, previo rimborso.
Art. 1831 cc.: La banca che abbia acquistato la proprietà dei beni oggetto della garanzia, deve
restituire solo la soma o la parte che ecceda l’ammontare dei crediti garantiti.
Art. 1858 cc.: Con il contratto di sconto, la banca, previa deduzione di un interesse, anticipa al
cliente l’importo di un credito non ancora scaduto, da questi vantato verso terzi, mediate la cessione del credito. L’interesse è maggiore quanto più lontana è la
scadenza del credito.
Art. 1852 cc.: Deposito, apertura di credito ed altre operazioni, possono essere regolate in conto
corrente, potendo in ogni momento il cliente disporre delle somme.
Artt. 1823 – 1833cc.: Contratto di conto corrente ordinario, le parti si obbligano ad annotare in un
conto i crediti derivanti da reciproche rimesse, inesigibili ed indisponibili fino
alla chiusura dello stesso.

Il deposito in albergo
L. 316/1978
La responsabilità dell’albergatore trova fondamento nella violazione della normale diligenza, non
necessitando di colpa grave del cliente per escludere la responsabilità.
Art. 1783 cc.: Elenca le cose da considerare “portate in albergo” ed in ipotesi di deterioramento,
distruzione o sottrazione, gli albergatori sono responsabili nel limite del valore di quanto sia deteriorato/distrutto/sottratto, fino a 100 volte il prezzo di allocazione per
giornata, tranne quando non vi sia colpa.
Art. 1784 cc.: Se le cose sono state consegnate in custodia all’albergatore o questo abbia rifiutato
cose che avrebbe dovuto accettare, la responsabilità dell’albergatore è illimitata.
Art. 1785 cc.: Il cliente ha l’onere di denunciare; L’albergatore non è responsabile quando il danno
sia - imputabile al cliente/a chi l’accompagna, a forza maggiore, alla natura della cosa.
Sono soggetti a queste disposizioni anche: Imprenditori di case di cura, stabilimenti pubblici , carrozze letto…non si applicano a veicoli ed animali.

Il deposito nei magazzini generali
Art. 1787 cc.: I magazzini generali sono locali di deposito, il gestore è responsabile della
conservazione a meno che non provi che la perdita, il calo o l’avaria siano
conseguenza di caso fortuito o dipendano dalla natura delle merci o da vizi.
Art. 1788 cc.: Chi effettua il deposito ha diritto d’ispezionare le merci e ritirare i campioni d’uso.
Art. 1789 cc.: Decorso il termine del contratto, se questo non è rinnovato e le merci sono ritirate, il
depositario, previo avviso, può procedere alla vendita, incamerando le spese.
Su richiesta i magazzini rilasciano titoli rappresentativi delle merci: fede di deposito e nota di pegno.
Art. 1996 cc.: I titoli attribuiscono al possessore il diritto alla consegna delle merci specificate,
possesso e disposizione mediante trasferimento di titolo.
Art. 1792 cc.: Il trasferimento si attua mediante girata potendo riguardare entrambi i titoli o uno.
Art. 1793 cc.: Il possessore della fede di deposito, unita alla nota di pegno ha diritto alla consegna
delle cose depositate; chi possiede solo la nota di pegno dispone di diritto di pegno su
di esse; ci dispone della sola fede di deposito ha solo diritto al ritiro.
Il deposito è detto alla rinfusa, qualora abbia a riguardo merci omogenee e fungibili.
Il sequestro convenzionale
E’ legittimato l’impiego in caso di controversia tra due o più persone, relativa ad una o più cose in possesso delle parti in lite o di una di esse. In funziona cautelare, la cosa può essere affidata ad un
terzo perché la custodisca  e la restituisca a chi risulterà averne diritto.
Art. 1802 cc.: Contratto reale a titolo oneroso.
Art. 1799 cc.: E’ il contratto a determinare diritti/poteri del sequestratario, altrimenti Art. 1800 cc.:
è sottoposto alle norme sul deposito.
In caso di rischio di perimento, la cosa può essere alienata, le spese da sostenute, vanno rimborsate.
Il mandato
Art. 1709 cc.: Il mandato è contratto ad effetti obbligatori che si presume oneroso.
Art. 1703 cc.: Una parte s’impegna a compiere uno o più atti giuridici per conto e nell’interesse di
un’altra persona.
Gli atti compiuti dal mandatario senza rappresentanza, ricadono nella sfera giuridica di quest’ultimo, vi è deroga solo qualora, siano emersi diritti di credito nei confronti di terzi o siano state acquistate cose mobili.
Il mandato congiuntivo ha effetto solo se da tutti accettato. Se nel mandato la natura congiunta non è chiara, ognuno può agire disgiuntamente e concludere l’affare (art. 1716 cc.).
Collettivo è il mandato conferito da più mandanti con un unico atto e per un affare d’interesse
comune.
Art. 1717 cc.: La sostituzione del mandatario – Se essa non è autorizzata dal mandante, il
mandatario sostituto risponde dell’operato della persona che ha eseguito il mandato; ove sussista autorizzazione ma non sia identificato il sostituto mandatario è
responsabile per istruzioni impartite al sostituto.
Art. 1710 cc.: Mandatario deve eseguire il mandato con diligenza, se a titolo gratuito la
responsabilità è valutata con minor rigore.
Art. 1712 cc.: Eseguito il mandato, il mandatario è tenuto a darne immediatamente comunicazione.
Art. 1713 cc.: Il mandatario deve rendere conto al mandante del suo operato rimettendogli tutto ciò
che ha ricevuto in relazione all’incarico svolto.
Art. 1719 cc.: Il mandante deve dare al mandatario tutti i mezzi necessari per l’incarico.
Art. 1720 cc.: Il mandante deve corrispondere al mandatario il compenso contrattualmente stabilito
e rimborsare le spese; per danni subiti dal mandatario, il mandante deve risarcirli.

  1. Scadenza del termine;
  2. Esecuzione dell’incarico affidato;
  3. Revoca espressa del mandante;
  4. Revoca tacita del mandante;
  5. Rinuncia del mandatario;
  6. Morte o incapacità sopravvenuta di una delle parti.
 Art. 1721 cc.: Il mandatario ha diritto di prelazione sui crediti degli affari conclusi.
Artt. 1722 – 1730 cc. – L’estinzione del mandato:

 

La commissione e la spedizione
Art. 1734 cc.: La commissione è mandato che ha per oggetto l’acquisto/vendita di beni per conto
del committente ed in nome del commissionario. Il mandante-committente può
revocare qualora l’affare non sia concluso.
Art. 1735 cc.: Il mandatario-commissionario può contrarre con sé stesso se la commissione
riguarda compera/vendita di titoli, divise, merci (sdd). Ha comunque diritto alla provvigione.
Art. 1733 cc.: Il mandatario-commissionario ha diritto ad una provvigione.
Art. 1734 cc.: Ove la revoca sia intervenuta prima della conclusione dell’affare, la provvigione
deve essere corrisposta in parte.
Art. 1736 cc.: Il commissionario non è responsabile per la mancata esecuzione di terzi dei contratti
stipulati per conto del committente, così non è se si riveste da garante.
Art. 1737 cc.: Il contratto di spedizione è un mandato col quale lo spedizioniere assume l’obbligo
di concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e
di compiere le operazioni accessorie.
Art. 1738 cc.: Solo se non vi è conclusione del contratto di trasporto, il mandante può revocare
l’ordine di spedizione, salvo il rimborso ed il compenso.
Art. 1739 cc.: Lo spedizioniere deve osservare le istruzioni del mandante.
Art. 1740 cc.: La retribuzione può essere pattuita o stabilita dalle tariffe professionali o degli usi.
Art. 1741 cc.: Lo stesso spedizioniere può farsi vettore ed assumere obblighi e diritti che a questo
fanno capo.
Agenzia e mediazione
Art. 1742 cc.: Una parte (agente) assume stabilmente l’incarico di promuovere, verso retribuzione,
per conto dell’altra (preponente), la conclusione di contratti. Il contratto d’agenzia
deve essere provato per iscritto e ciascuna delle parti dee avere una copia.
Art. 1745 cc.: Solitamente l’agente ha la sola rappresentanza commerciale disciplinata da detto art.
Art. 1746 cc.: L’agente deve tutelare gli interessi del preponente, dovendo agire con lealtà e buona
fede, dovendosi attenere alle istruzioni ricevute
Anche il preponente deve comportarsi lealmente e con buona fede, mettendo a disposizione dell’agente la documentazione relativa a beni e servizi avvertendolo qualora diminuiscano le
operazioni commerciali che l’agente avrebbe potuto attendersi.
Art. 1478 cc.: L’agente sopporta il carico delle spese di agenzia, ed ha diritto ad una provvigione
per gli affari conclusi.
L’agente non risponde dell’inadempimento di terzi. Inoltre uno stesso agente non può operare per conto di più imprese in concorrenza ed il proponente non può servirsi di più agenti nello stesso
settore. Il contratto d’agenzia può essere a tempo determinato/indeterminato.
Art. 1750 cc.: Nel contratto a tempo indeterminato, il diritto di recesso è esercitatile, previo
preavviso, da ciascuna delle parti.
Art. 1751 cc.: Per i casi previsti, alla cessazione del rapporto, il preponente deve corrispondere
all’agente un’indennità.
Art. 1754 cc.: Il mediatore (a differenza dell’agente) non è legato alle parti nella sua attività di
mediazione nella conclusione di un affare.
Art. 1755 cc.: Messe in relazione le parti, qualora queste concludano l’affare, il mediatore ha diritto
ad una provvigione oltre al rimborso delle spese (questo anche se l’affare non è
concluso art. 1756).
Art. 1758 cc.: Per l’intervento di più mediatori, a ciascuno spetta una quota della provvigione.
Art. 1759 cc.: Il mediatore deve comunicare alle parti, le circostanze a lui note, riguardo alla
sicurezza dell’affare…dall’inadempimento discende l’obbligo di risarcimento.
Art. 1762 cc.: Il mediatore che non manifesta ad un contraente l’identità dell’altro risponde
dell’esecuzione del contratto subentrando; Se alla fine della conclusione il mediatore
comunica l’identità, ognuna delle parti, può agire direttamente.
L. 39/1989 disciplina la professione di mediatore e solo gli iscritti a questo ruolo possono esercitarla, altrimenti vi è sanzione.

Lavoro autonomo e lavoro subordinato
Titolo III del Libro V “Del lavoro autonomo”
Art. 2222 cc.: Il contratto d’opera ha per oggetto l’obbligo, assunto da una persona dietro
corrispettivo, di effettuare un’opera/servizio di natura materiale a beneficio di un’altra.
Il prestatore d’opera deve impiegare il lavoro proprio (differenza con l’appalto) e non dee sussistere
subordinazione tra prestatore d’opera e committente.
Art. 2223 cc.: E’ regolato come contratto d’opera anche il caso in cui la materia necessaria per la
realizzazione dell’opera sia fornita dallo stesso prestatore.
Art. 2224 cc.: Il prestatore d’opera deve procedere nel rispetto delle condizioni stabilite, delle
regole dell’arte e in caso d’inosservanza, il committente può fissare un termine per ristabilire
la conformità, alla scadenza egli può recedere dal contratto, salvo risarcimento del danno.

Art. 2227 cc.: Il recesso unilaterale del committente è sempre consentito, ma il prestatore deve
essere indennizzato di spese/lavoro/mancato guadagno.
Art. 2226 cc.: Se il committente accetta la prestazione, il prestatore non va incontro a responsabilità
per vizi/difformità se questi non erano noti o facilmente riconoscibili. Per vizi occulti il committente può richiedere – l’eliminazione a spese del prestatore dell’opera, pretendere la riduzione del prezzo, o la risoluzione del contratto salvo risarcimento
del danno. Denuncia dei vizi: 8 giorni dalla scoperta, entro 1 anno dalla consegna.
Art. 2225 cc.: Il corrispettivo è determinato nel contratto/tariffe professionali/usi/dal giudice.
Art. 2228 cc.: Se la prestazione diviene impossibile per causa non imputabile alle parti, al
prestatore spetta un compenso in relazione all’utilità dell’opera compiuta.
Artt. 2229 – 2230 cc.: Prestazione d’opera intellettuale, prestazione da parte di professionisti
intellettuali iscritti in appositi albi.
Art. 2231 cc.: La mancata iscrizione comporta diniego del pagamento della retribuzione.
Art. 2233 cc.: Nullità del patto di quota lite, professionisti legali, non possono fare accordi con i
loro clienti riguardo a beni oggetto delle controversie giudiziali.
Art. 2237 cc.: Ciascuna delle parti può recedere dal contratto, il recesso del professionista solo per
giusta causa.
Il prestatore d’opera incorre in responsabilità se non adopera la giusta diligenza.
La subordinazione o il lavoro indipendente, sussistono là dove il lavoratore, inserito nell’organizzazione del committente (datore di lavoro), espleti la sua prestazione sotto
direzione/vigilanza di questo.
L’assunzione del lavoratore subordinato consegue alla stipula di un contratto di lavoro con la parte datoriale, con indicazione specifica delle mansioni da svolgere. L’attività dovrà essere espletata con diligenza e nel rispetto delle direttive. Tutelata è la posizione del lavoratore dipendete, dalle
disposizioni della Costituzione e dallo “Statuto dei lavoratori” L. 300/1970.
Ultimamente si è liberalizzato il mercato del lavoro, elevando l’esigenza di flessibilità nell’accesso. Hanno acquistato terreno il lavori a termine e part-time, è cresciuto l’impiego di nuovi schemi
contrattuali connotati da precarietà e tutela debole.
L. 30/2003 e D. Lgs. 276/2003 sono state introdotte delle novità:

  • Limitata ad alcuni casi l’uso delle collaborazioni coordinate e continuative, prevedendo al loro posto, i contratti di lavoro a progetto: riconducibili a uno o più progetti specifici o fasi di lavoro determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione al risultato;
  • La prestazioni occasionali e quelle accessorie, sono rese da soggetti a rischio di esclusione sociale, non ancora entrati nel mercato del lavoro, in procinto di uscirne;
  • Nuove tipologie contrattuali: somministrazione del lavoro, distacco, lavoro intermittente…;
  • Attenzione alla formazione ed alla qualificazione professionale;
  • Inserimento/reinserimento di alcune categorie di persone.

 

Appalto
Art. 1655 cc.: Una parte (appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con
gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera/servizio affidandogli ad altro
soggetto (committente) verso un corrispettivo in denaro.
L’appaltatore è visto come un imprenditore e l’appalto è fatto rientrare nei contratti d’impresa.
Art. 1674 cc.: Il contratto non si scioglie per la morte dell’appaltatore, ferma la possibilità per il
committente di recedere se gli eredi dell’appaltatore non diano affidamento.
Art. 1656 cc.: Vieta il subappalto, tranne per autorizzazione del committente.
Art. 1674 cc.: Ove risulti che alla persona dell’appaltatore sia affidato valore determinante ai fini
della conclusione del contratto, quest’ultimo si scioglie per morte.
Art. 1658 cc.: Spetta all’appaltatore fornire il materiale per il compimento della prestazione,
diversamente può essere stabilito, solo da usi/convenzioni.
Art. 1659 cc.: L’appaltatore non può apportare variazioni senza autorizzazione del committente.
Art. 1661 cc.: Solo al committente è dato di variare il progetto, nel limite del sesto del prezzo
convenuto.
Art. 1660 cc.: Se le parti non si accordano, spetta al giudice introdurre delle varianti; per variazioni
di notevole entità, si può recedere dal contratto.
Art. 1664 cc.: Aumenti o diminuzioni del costo possono aversi, la gestione di tali sopravvenienze
può autorizzare una revisione del prezzo per la differenza (non più di 1/10 del prezzo). Ove la prestazione divenga notevolmente più onerosa, l’appaltatore ha
diritto ad un equo compenso aggiuntivo.
Art. 1662 cc.: Il committente ha diritto di controllare i lavori e controllare a proprie spese; Per
l’ipotesi di mancato rispetto da parte dell’appaltatore, delle condizioni stabilite, si ha
la risoluzione del contratto.
Art. 1665 cc.: Il committente ha diritto di effettuare il collaudo, quando questa sia realizzata e se
omette di verificare, l’opera si considera accettata. La presa in consegna, implica
accettazione.
Art. 1673 cc.: Il rischio di perimento della cosa non imputabile ad alcuna delle parti, grava
sull’appaltatore ove dette circostanze si verifichino prima dell’accettazione da parte del committente o quando sia in mora. Ove la materia sia fornita dal committente,  il
rischio è addossato su questo.
Art. 1667 cc.: Se l’opera è accettata e presenta vizi/difformità noti al committente o riconoscibili e
non in mala fede taciuti dall’appaltatore, è inoperante la garanzia dell’appaltatore. Garanzia
fatta valere per denuncia del committente entro 60 giorni se non sono decorsi 2 anni.
Art. 1669 cc.: Ipotesi di responsabilità dell’appaltatore – rovina totale/parziale o pericolo o
presenza di evidenti difetti. La denuncia per essere valida deve essere posta un anno
dalla scoperta.
Recesso unilaterale del committente e scioglimento del contratto sono disciplinati  in ugual modo nel contratto d’opera e nell’appalto.

 

Il trasporto
Art. 1678 cc.: Obbligo assunto dal trasportatore (vettore) verso corrispettivo, di trasferire
persone/cose da un luogo all’altro (per mezzo di un veicolo).
Art. 1678 cc.: Onerosità del contratto, non esclude che il trasporto possa essere gratuito.
Art. 1681 cc.: Disciplina omogenea per la responsabilità del vettore per trasporto oneroso/gratuito.
Nel trasporto di persone il vettore oltre per inadempimento e ritardo, risponde anche dei sinistri che colpiscono il viaggiatore durante il viaggio e della perdita/avaria delle
cose che il viaggiatore porta con sé, se non prova di aver utilizzato tutte le misure necessarie.
Art. 1682 cc.: Se il trasporto è cumulativo, ciascun vettore risponde nell’ambito del proprio percorso.
Art. 1693 cc.: Nel trasporto di cose il vettore è responsabile di perdita/avaria di cose dal momento
in cui le riceve a quello in cui le riconsegna, se non prova il caso fortuito/natura/vizi.
Art. 1968 cc.: Sempreché non abbia accettato con riserva il trasporto e ricevuto il pagamento, in
tale evenienza, le azioni nei suoi confronti si estinguono, tranne per dolo/colpa grave.
Art. 1700 cc.: Il trasporto cumulativo determina responsabilità solidale.
Art. 1863 cc.: Il mittente deve indicare con esattezza nome/luogo/dati di destinazione.
Art. 1864 cc.: Tali dati sono contenuti nella lettera di vettura che sottoscritta dal mittente va
rilasciata al vettore. Questo può rilasciare una copia sottoscritta al mittente. Se sono
emessi con clausola d’ordine, assumono qualità di titolo rappresentativo delle merci.
Art. 1680 cc.: Le regole hanno portata generale, valendo anche per trasporti via mare/ aria/ferrovia.

 

Il contratto di viaggio. La vendita di pacchetti turistici
L. 1084/1977 distingue tra:

  • Contratto di organizzazione di viaggio – una persona s’impegna a suo nome a procurare ad un’altra per un prezzo globale, una serie di prestazioni: trasporto, soggiorno, altri servizi;
  • Contratto d’intermediario di viaggio – impegno a procurare un contratto di organizzazione di

viaggio o uno dei servizi che permettono di effettuare viaggio/soggiorno.
Si ha pacchetto turistico, per combinazione di almeno due elementi tra: trasporto, alloggio, servizi. I pacchetti sono venduti per prezzo forfetario e prevedere una durata superiore a 24 ore,
comprendendo una notte. A provvedere alla combinazione è l’organizzazione di viaggio.
Art. 85 cod. cons.: Il contenuto del pacchetto è redatto in forma scritta in termini chiari e precisi,
inoltre, una copia deve essere rilasciata al consumatore.
Art. 88 cod. cons.: Le informazioni sono fornite tramite opuscolo.
Variazioni si impongono nel rispetto del consumatore, solo se a questi comunicate per iscritto prima della stipulazione. Nella fase precontrattuale, venditore/organizzatore, devono informare il consumatore per iscritto, sulle condizioni applicabili ai cittadini dello Stato membro U.E. in materia
di passaporto, libretto…Vi è il divieto di fornire informazioni ingannevoli.
Art. 93 cod. cons.: Organizzazione/venditore, rispondono con il risarcimento del danno per
mancato/inesatto adempimento delle obbligazioni assunte, salva prova liberatoria.
Art. 94 cod. cons.: Il danno è risarcibile nei limiti delle convenzioni internazionali, nullità di ogni
accordo con previsione di limiti di risarcimento inferiori. Il termine di prescrizione è di 3 anni.

Art. 97 cod. cons.: Organizzatore/venditore che abbiano risarcito il danno, sono surrogati nei
diritti/azioni verso terzi.
Art. 98 cod. cons.: Ogni mancanza nell’esecuzione del contratto deve essere contestata senza
ritardo con invio di raccomandata con ricevuta di ritorno.

I contratti aleatori. La rendita vitalizia
Nello schema contrattuale della rendita c’è quella vitalizia e quella perpetua (non aleatoria).
Art. 1861 cc.: Con il contratto di rendita perpetua, una parte, quale corrispettivo dell’alienazione di
un immobile/cessione di un capitale, conferisce all’altra il diritto di esigere in
perpetuo la prestazione periodica di denaro/cose fungibili.
Art. 1866 cc.: Il beneficiario di una rendita perpetua è titolare di un diritto di credito, la rendita è
redimibile tramite riscatto volontario. Il riscatto libera il debitore dall’obbligazione e si effettua tramite il pagamento della somma risultante dalla capitalizzazione della
rendita annua sulla base dell’interesse legale.
La rendita vitalizia è legata ad un termine finale incerto.
Art. 1872 cc.: Il vitalizzante si obbliga a corrispondere periodicamente al vitaliziato una somma di
denaro/quantità di cose fungibili, per la durata  fissata in cambio del trasferimento di
un bene/cessione di un capitale/donazione per testamento.
L’aleatorietà si manifesta in relazione all’incerta durata del rapporto, l’entità della prestazione del vitaliziante non risulti a priori determinata.
La risoluzione del contratto costitutivo di rendita vitalizia a titolo oneroso è ammissibile se il
debitore non dia al creditore garanzie pattuite o le diminuisca.

Il gioco e la scommessa
C’è l’elemento della sfida, della competizione tra più soggetti, l’impegno di chi risulterà perdente di
compiere a favore del vincente una certa prestazione.
Art. 1933 cc.: Non compete azione per il pagamento da essi derivanti. Al perdente che all’esito di
un gioco/scommessa senza frode, abbia provveduto spontaneamente a saldare il
debito, non sia dato richiedere la restituzione del pagamento.
Art. 1934 cc.: Non sono soggetti a questo disposto i giochi che addestrano al maneggio delle armi,
le corse e ogni altra competizione sportiva; In questi casi il vincitore ha diritto ad
incamerare la posta.
Art. 1935 cc.: Le lotterie danno luogo ad azione in giudizio  solo se legalmente autorizzate.
Vi sono giochi vietati, penalmente puniti e giochi leciti e tutelati.

Il contratto di assicurazione
Art. 1882 cc.: Assicurazione contro i danni e quella sulla vita. L’assicuratore, dietro pagamento di
corrispettivo (premio), si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno prodotto da sinistro o a pagare un capitale/rendita vitalizia al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.

 

D. Lgs. 209/2005 – “Codice delle assicurazioni private”
L’assicurazione è contratto d’impresa; Le assicurazioni danni/vita possono essere esercitate solo da società per azioni/cooperativa a responsabilità limitata/di mutua assicurazione avente un capitale totale di un certo ammontare.
L’assicuratore inizialmente incassa il premio, solo in un secondo momento da attuazione all’obbligo.
Art. 1888 cc.: Il contratto d’assicurazione ve provato per iscritto, la sua conclusione è attestata dal
rilascio della polizza sottoscritta dall’assicurato.
Art. 1889 cc.: Se la polizza è al portatore o all’ordine il suo trasferimento importa trasferimento del
credito verso l’assicuratore, effetti della cessione.
Artt. 1892 – 1893 cc.: Dichiarazioni inesatte e reticenze, se determinanti alla conclusione del
contratto o sul contenuto, determinano l’annullamento o consentono il recesso
dell’assicuratore.
Art. 1895 cc.: Il contratto è nullo ove sia inesistente il rischio al momento della sua conclusione ed
è causa di scioglimento la cessazione del rischio (art. 1896 cc.).
Art. 1898 cc.: Il sopravvenire di circostanze determinanti l’aggravamento del rischio, va
comunicato e l’assicuratore può recedere dal contratto.
Art. 1897 cc.: Analoga informazione per riduzione del rischio con una riduzione del premio o
recesso dell’assicuratore.
Art. 1900 cc.: L’assicuratore non è tenuto alla copertura dei sinistri per dolo/colpa grave del
contraente, ma è obbligato per il sinistro cagionato da dolo/colpa grave delle persone
del fatto della quali l’assicurato deve rispondere.
Art. 1899 cc.: Il contratto non ha efficacia retroattiva e può essere tacitamente prorogato.
Art. 1901 cc.: Per il mancato pagamento del premio/della prima rata, l’assicurazione è sospesa fino
alle 24 del giorno in cui viene pagata. Se l’omesso pagamento riguarda premi    
successivi la sospensione opera dalle 24 del quindicesimo giorno dopo la scadenza. Il  
contratto si risolve di diritto se l’assicuratore non agisce per la riscossione entro 6 mesi.
Artt. 1904 – 1918 cc.: Disciplinano l’assicurazione per danni. Può riguardare l’intero patrimonio o
parte, la salute del contraente, in relazione al verificarsi di eventi dannosi o
circostanze generatrici di responsabilità dell’assicurato.
Art. 1904 cc.: L’interesse al risarcimento è essenziale, se non sussiste è nullo il contratto.
Art. 1905 cc.: Nel definire i limiti del risarcimento – Principio indennitario, l’assicuratore deve
pagare nei modi/limiti previsti una somma equivalente alla perdita subita.
Art. 1909 cc.: L’assicurazione per somma maggiore al reale valore delle cose è invalida ed è nulla
se vi è stato dolo dell’assicurato.
Art. 1908 cc.: Non si può assegnare alle cose perite/danneggiate un valore superiore a quello al
tempo del sinistro.
Art. 1907 cc.: Per l’assicurazione parziale, vale la regola proporzionale, l’assicuratore deve
un’indennità ridotta in proporzione al rapporto fra valore assicurato e valore assicurabile.
Art. 1913 cc.: Il sinistro va denunciato entro 3 giorni.
Art. 1914 cc.: L’assicurato deve fare tutto il possibile per evitare/diminuire il danno.
Art. 1915 cc.: L’inadempimento doloso fa venir meno il diritto all’indennità, questa è ridotta in
ragione del pregiudizio sofferto dall’assicuratore per inadempimento colposo.
Art. 1916 cc.: L’assicuratore che abbia indennizzato l’assicurato è surrogato nei diritti di questo
verso i terzi responsabili del sinistro.

Art. 1918 cc.: L’assicurato che non comunichi l’alienazione dell’assicurazione resta obbligato a
pagare i premi. L’acquirente può dichiarare all’assicuratore di non voler subentrare nel contratto, mentre l’assicuratore può recedere con preavviso di 15 giorni.

Art. 1917 cc.: Assicurazione per responsabilità civile – obbligo dell’assicuratore di tenere indenne
l’assicurato di quanto questi deve pagare ad un terzo per responsabilità extracontrattuale/contrattuale. Esclusi i danni con dolo, sono compresi quella per
colpa grave. L’assicuratore deve indennizzare direttamente il terzo, se richiesto.
L. 990/2969 ha reso obbligatoria l’assicurazione per responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli. Per danni ai veicoli/conducenti la richiesta di risarcimento del danneggiato
va rivolta alla propria compagnia assicuratrice, obbligata a provvedere alla liquidazione.
Artt. 1919 – 1927 cc.: Assicurazione sulla vita – L’assicuratore s’impegna a versare una somma
capitale o una rendita alla morte dell’assicurato.
Art. 1919 cc.: L’assicurazione può essere stipulata sulla vita di un terzo, se questo ha acconsentito.
Non comune è l’assicurazione per caso di vita. L’assicuratore si obbliga a corrispondere   
un capitale alla consorte dell’assicurato ove questo muoia prima di una determinata età.
Art. 1920 cc.: L’assicurazione può essere stipulata a favore dell’assicurato o di un terzo, l’acquisto
in capo al terzo, si determina con la designazione per iscritto o per testamento.
Art. 1921 cc.: La designazione è revocabile dall’assicurato con l’adozione delle stesse forme, è
ammessa la rinunzia scritta al potere di revoca.
Art. 1922 cc.: La decadenza del beneficiario del diritto si ha ove questo attenti alla vita
dell’assicurato.
Art. 1924 cc.:  Il riscatto rimanda al diritto dell’assicurato a risolvere il contratto ottenendo il
pagamento del valore di riscatto, la riduzione della somma assicurata si ha per
mancato pagamento dei premi.
Art. 1927 cc.: Il suicidio dell’assicurato prima dei 2 anni dalla stipula, fa venir meno l’obbligo
dell’assicuratore di pagare.
Art. 1929 cc.: La riassicurazione – L’assicurato non ha azione diretta verso il riassicuratore, ma egli
può far valere l’azione surrogatoria.

 

 

 

 

La responsabilità extracontrattuale

Generalità
Art. 1173 cc.: Il fatto illecito è causa di obbligazione.
In presenza di violazioni del diritto della persona, il risarcimento del danno concorre con la tutela inibitoria o con quella restitutoria.
La responsabilità extracontrattuale è conosciuta come resp. Civile o aquiliana. La presenza di fatto illecito, impone all’ordinamento di riparare le conseguenze negative tramite compensazione.
Nel sistema di responsabilità civile, rientrano anche la funzione preventiva e quella punitiva/sanzionatoria.

La struttura del fatto illecito, fonte di responsabilità extracontrattuale.
Imputabilità e causalità materiale
Art. 2043 cc.: Sono identificati gli elementi costitutivi dell’illecito extracontrattuale e la
conseguenza giuridica che da esso discende – ove un fatto doloso/colposo cagioni
danno ingiusto, chi ha commesso il fatto è obbligato a risarcire il danno.

  1. Sia doloso o colposo;
  2. Sia legato al verificarsi del danno da un nesso causale.
 Il fatto illecito può essere “commissivo” o “omissivo”. Ma l’illiceità del fatto è configurabile là dove esso:

 

Art. 43 c.p.: Il delitto – E’ doloso, o secondo l’intenzione quando l’evento dannoso risultato
dell’azione od omissione è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza del proprio
comportamento; - E’ colposo, o contro l’intenzione,  quando l’evento non è voluto dall’agente.
La colpa assume in sede civile, valenza oggettiva ed astratta ed ha come riferimento il comportamento del danneggiante. L’accertamento della colpa civile, implica il raffronto del
comportamento con un parametro oggettivo.
Per la considerazione del dolo, è oggetto di valutazione la condizione psicologica dell’agente, là dove l’intenzione riguardi sia il comportamento che la conseguenza.
A volte è richiesto l’accertamento di colpa grave.
Artt. 40 – 41 c.p.: Per identificare la sussistenza o meno del rapporto di causalità materiale.
Art. 1223 cc.: Risolve il problema della causalità giuridica.
Solo la causalità materiale configura il fatto illecito, è necessario selezionare tra tutte le cause, quella che si può affermare lo abbia realmente determinato.

La non imputabilità dell’incapace naturale. Incapacità legale e
responsabilità
Art. 2046 cc.: Ai fini dell’affermazione di responsabilità, non si può prescindere dalla capacità
d’intendere e di volere, quindi l’illiceità dell’azione vi è solo se posta con consapevolezza.
Solo se l’incapace agisce con consapevolezza, gli si può imputare la responsabilità.
Non è responsabile l’autore del comportamento il quale in quel momento si trovasse in stato d’incapacità naturale. Spetta al giudice valutare la sussistenza o meno di detto stato: non imputabile è il maggiorenne che abbia posto il fatto quando incapace d’intendere e di volere, lo stesso non può
dirsi per il soggetto legalmente incapace, che anche se minore ha piena capacità naturale.
Art. 2047 cc.: La legge fa ricadere la responsabilità su chi è tenuto a sorvegliare l’incapace naturale, fornendogli quale unica prova liberatoria, di non aver potuto evitare il fatto.
Se il sorvegliante dia prova/anchi il sorvegliante, il giudice può condannare l’incapace naturale a
indennizzare il danneggiato (non è un risarcimento). Il sorvegliante, non risponde di fatto illecito altrui.
Si discute se la responsabilità del sorvegliante sia diretta o indiretta, si propende per la prima ipotesi.
Art. 2048 cc.: Padre/madre/tutore sono responsabili del danno cagionato da figli minori non
emancipati/persone soggette a tutela. Sempre che non si provi non aver potuto
impedire il fatto.
Il minore può aver cagionato il danno, ma a risarcirlo sarà un altro soggetto (genitore/tutore). Alcuni parlano di responsabilità diretta, inoltre, l’onere della prova s’inverte a vantaggio di chi il danno l’ha subito. Altri parlano di responsabilità vicaria, e danno la possibilità al genitore/tutore che abbia risarcito il danno al terzo, di poter porre un azione di regresso, contro il minore.
L’art. 2048 cc., sembra più propenso alla seconda interpretazione.
Art. 2048 co.2 cc.: Precettori/maestri d’arte devono rispondere del danno cagionato dal fatto illecito
degli allievi/apprendisti sotto la loro vigilanza.
     Co.3: Liberazione di responsabilità, solo se provano di non aver potuto impedire il danno.
Precettore è anche l’insegnante, l’illecito deve svolgersi durante un’attività didattica o in occasione ad essa connessa. L’insegnante risponde di danni a terzi e di quelli che l’allievo ha provocato a sé stesso. Se il fatto dannoso è commesso da allievo di scuola pubblica, la responsabilità si estende alla
P.A.
Essenziale alla responsabilità del genitore è la coabitazione, dato elemento va inteso come consuetudine di vita comune, se l’illecito è compiuto dal minore in un periodo di temporanea assenza, il genitore è comunque responsabile (art. 2048 cc.). Per responsabilità dei maestri, è necessario che il fatto si verifichi quando l’allievo era sotto loro direzione/controllo.
Tutti i soggetti di cui l’art. 2048 cc., sembrano richiamati in via indiretta.

Regole speciali di responsabilità
Art. 2049 cc.: Padroni/committenti sono responsabili per danni arrecati dal fatto illecito dei loro
domestici/commessi nell’esercizio delle incombenze cui sono adibiti. Padroni e committenti non hanno prova liberatoria, essi rispondono sempre e comunque. La
regola di responsabilità è oggettiva, non vi è imputazione soggettiva di dolo/colpa.
I termini oggi utilizzati sono: l’autore del fatto illecito (preposto), chi è chiamato a rispondere (preponente). Per aversi preposizione, è necessario un atto d’investitura del preponente che determini un vincolo (solitamente di subordinazione). Questo regime si applica quindi:

  • Rapporto di lavoro subordinato/dipendente;
  • Mandato con rappresentanza.

E’ necessario che l’evento dannoso sia legato alle incombenze cui il preposto è adibito.

Art. 2055 cc.: Rispondente in via indiretta, il preponente può poi rifarsi sul preposto con azione di
regresso, con integrale rimborso per comportamento colposo/doloso.
Art. 2050 cc.: Danni provocati nello svolgimento di un’attività che per sua natura/per i mezzi
adoperati sia pericolosa (sono i casi concreti o la legge a determinare se un’attività è pericolosa). L’esercente l’attività pericolosa, è obbligato a risarcire il danno cagionato, a meno che non provi di aver adottato tutte le misure idonee ad evitarlo. Questa responsabilità
è oggettiva, infatti deve rispondere del danno, colui il quale trae profitto dall’attività.
Alcune attività pericolose, sono disciplinate autonomamente:

 

Art. 2051 cc.: Danno cagionato da cose in custodia, il danno è imputabile a colui il quale custodisce
le cose. Il custode risponde anche là dove la causa resti ignota/inspiegabile. E’ cosa in custodia, qualsiasi cosa mobile/immobile, pericolosa/innocua, che riveli attitudine a nuocere. Non è importante che vi sia contratto, ma necessario è il rapporto tra il
soggetto e la cosa.
Art. 2052 cc.: Danno cagionato a terzi da animali – La responsabilità prescinde dalla custodia, essa
è fatta gravare sul proprietario o su chi se ne serve, sia per animale custodito, che
fuggito, smarrito. La prova liberatoria è connessa al caso fortuito.
L. 157/1992: Gli animali selvatici costituiscono beni patrimoniali indisponibili dello Stato ed alle
regioni ne è affidato il controllo e la tutela; per il randagismo vi è l’obbligo delle A.S.L.  di adottare misure di contenimento del fenomeno ed il potere-dovere di
vigilanza sull’operato assegnato ai comuni.
Art. 2053 cc.: La responsabilità per danni provocati dalla rovina di edificio/altra costruzione – Ogni
opera dell’uomo saldamente unita al suolo, vi è responsabilità per i danni causati al proprietario tranne per prova che non vi sia stato difetto di manutenzione/vizio di
costruzione.
Art. 2054 cc.: Veicoli senza guida di rotaie e qualsiasi macchina condotta dall’uomo funzionale alla
locomozione (anche per veicoli natanti). E’ importante l’assicurazione di
responsabilità civile.
             Co.1: A carico del conducente vi è la responsabilità per danno prodotto dalla circolazione,
la prova liberatoria consiste nella dimostrazione di aver fatto il possibile.
Co.2: Per scontro di veicoli, vi è il concorso alla produzione del danno, ma è ammessa prova
contraria per inevitabilità dell’evento/per colpa esclusiva di un conducente. Tamponamento a catena, vi è responsabilità a carico di ciascuno per la macchina che precede.
Co.3: Se il conducente è soggetto diverso dal proprietario, vi è responsabilità in solido. Non
c’è prova liberatoria.

Il danno ambientale. La responsabilità da prodotto difettoso
L. 349/1986
Art. 18: Il verificarsi di fatto doloso/colposo in violazione di disposizioni di legge/provvedimenti
adottati in base a legge, che comprometta l’ambiente con alterazione/danno/distruzione, obbliga l’autore del fatto a sopportare le spese per il ripristino, se ciò è impossibile, si passa al rimedio risarcitorio. Destinatario del risarcimento è lo Stato che deve convogliare la
somma ad interventi su opere di bonifica/ripristino ambientale.
La legittimazione attiva è data allo Stato, agli enti territoriali sui quali incidono i beni interessati dai fatti lesivi, ma non alle associazioni ambientaliste/cittadini i quali possono solo denunciare.
Art. 18 co. 6: Se non è possibile operare una precisa quantificazione del danno, si deve tener conto
del costo per il ripristino, della colpa individuale e del profitto conseguito dal trasgressore.
L. 308/2004 à Ha conferito al Governo riordino/coordinamento/integrazione delle disposizioni in
materia ambientale, con affermazione dei principi comunitari di
prevenzione/precauzione…
L. 266/2005 à Previsione di alcune regole sul danno ambientale.
Art. 1 co. 439: Qualora i soggetti/organi pubblici preposti alla tutela dell’ambiente accertino un
fatto che abbia provocato un danno ambientale, il Ministro dell’ambiente, ingiunge al responsabile il ripristino della situazione ambientale a titolo di risarcimento in forma specifica entro un termine. Se questo decorre ed il ripristino sia impossibile/eccessivamente oneroso, viene emessa una seconda istanza con ingiunzione del pagamento entro 60 giorni di una somma pari al valore del danno.
Co. 440: La quantificazione si effettua sulla base del pregiudizio arrecato e del costo
necessario al ripristino.
         Co. 449: Devoluzione delle somme incamerate dallo Stato ad un fondo istituito per finanziare
interventi urgenti in materia ambientale.
D. Lgs. 206/2005 – Codice del Consumo – Danni cagionati da prodotti difettosi
Chi acquista un prodotto viziato, può far valere nei confronti del venditore, la garanzia e ove il bene
presenti difetto di conformità artt. 128 ss. Cod. cons.
Art. 114 cod. cons.: Ipotesi di responsabilità oggettiva del produttore per il danno del difetto del
prodotto.

  • Importatore del bene/servizio nel territorio dell’U.E. o a qualsiasi altra persona fisica/giuridica si presenti come produttore;
  • Al fornitore che abbia distribuito il prodotto nell’esercizio di un’attività commerciale se importatore/produttore non siano individuati e sempreché il fornitore abbia omesso di dare positivo riscontro alla richiesta entro 3 mesi.
 Art. 124 cod. cons.: Nullità di qualsiasi patto volto ad escludere/limitare la responsabilità del
          produttore.
La responsabilità del produttore si estende:

 

 

 

  • Che egli non abbia messo in circolazione il prodotto;
  • Che il difetto non esisteva al momento della messa in circolazione;
  • Che il prodotto non sia stato fabbricato per la vendita/distribuzione onerosa;
  • Che il difetto risulti dovuto alla conformità ad una norma giuridica imperativa/provvedimento vincolante;
  • Che lo stato delle conoscenze scientifiche/tecniche, non permetteva allora di considerarlo difettoso;
  • Là dove il difetto sia dovuto alla concezione del prodotto in cui la parte/materia sia stata prima incorporata o alla conformità di questa alle istruzioni date dal produttore.
 Il produttore per essere esente da responsabilità, deve dimostrare la ricorrenza di uno dei casi di cui l’art. 118 cod. cons.:

 

 

 

Spetta al danneggiato provare: il danno, il difetto, il nesso causale.
Art. 123 cod. cons.: E’ oggetto di risarcimento il pregiudizio legato alla morte o a lesioni personali
o al deterioramento/distruzione di cosa., per danno di cose la somma di
risarcimento è 387 Euro.
Il danneggiato non può ricevere l’importo corrispondente al prezzo d’acquisto. Il diritto di risarcimento si prescrive in 3 anni dal momento della conoscenza. Dopo 10 anni dalla messa in
circolazione del prodotto, il diritto si estingue per decadenza.
Art. 117 cod. cons.: E’ prodotto difettoso, quello che manchi degli attributi di sicurezza.
Art. 102 cod. cons.: Garantisce che i prodotti sul mercato siano sicuri.

Il danno ingiusto
Esistono danni che è lecito provocare, danni legati al legittimo esercizio di un diritto.
Art. 2043 cc.: Irrisarcibilità del danno che trova causa in un comportamento secundum ius. Il danno
non provoca il risarcimento in quanto non è danno ingiusto.
Ingiusto è ciò che viola il diritto, un comportamento contrario alla norma del comportamento che lo
ha causato, il danno che deriva da lesione personale è ingiusto.
Art. 2043 cc.: I comportamenti che importano lesione di diritti ed i danni derivanti sono risarcibili.
Per darsi ingresso alla tutela aquiliana del credito è necessario:

  • Che la morte del debitore determini, l’estinzione dell’obbligazione, senza possibilità di trasmissione del debito agli eredi;
  • Che la perdita del creditore sia definitiva ed irreparabile.

Importante è anche l’inadempimento provocata dal terzo:la responsabilità del terzo che istighi o cooperi all’inadempimento non può prescindere dal dolo dell’agente.
Non sono tutelati dall’art. 2043 cc. gli interessi non assurti a diritti soggettivi. Vi è però tendenza ad ammettere a tutele le aspettative:

  • Quella nei confronti della vittima di un incidente cagionato da terzi, dai suoi congiunti che prima del verificarsi del danno, beneficiavano di elargizioni di somme/sovvenzioni dal defunto;
  • Danno subito da chi eserciti sulla cosa un potere materiale o possessore in buona fede vittima di spoglio;
  • Risarcibilità del danno  ambientale (danno diffuso);
  • Risarcibilità del danno legato alla lesione d’interessi legittimi, per responsabilità extracontratt.

Ogni situazione giuridica soggettiva, ogni interesse giuridicamente protetto in caso di lesione ad opera di terzi, può ricevere tutela.

Il danno non patrimoniale
Art. 2043 cc.: Richiama senza distinzioni il danno ingiusto patrimoniale/non patrimoniale.
E’ danno non patrimoniale il danno morale soggettivo: dolore, sofferenza, causati da fatto illecito. La valutazione del risarcimento sarà apprezzata dal giudice che stabilirà in via equitativa a quanto ammonta il compenso.
Art. 2059 cc.: Si riferisce esclusivamente al danno non patrimoniale, limitando la risarcibilità ai
soli casi previsti dalla legge.
Art. 185 c.p.: Ogni reato che abbia cagionato un danno patrimoniale/non patrimoniale obbliga al
risarcimento del danno il colpevole e le persone che devono rispondere del fatto di lui (fuori da questi reati sono risarcibili i danni morali conseguenza di una condotta
penalmente qualificata).
Il danno biologico è danno non patrimoniale, ove causato da sinistri stradali, da infortuni sul lavoro e malattie professionali. Questo danno investe unicamente la sfera biologica della persona e la sua integrità psico-fisica.
1.
Il danno biologico viene attratto nella sfera dell’art. 2043 – la Corte di Cassazione invita a non con fondere “l’evento materiale naturalistico che è momento costitutivo del fatto” con le “conseguenze dannose di quest’ultimo, legate all’intero fatto illecito da un nesso di causalità; il danno-evento è
interno all’atto costitutivo, mentre il danno-conseguenza attiene alle ripercussioni.
Art. 32 Cost.: La salute come diritto fondamentale dell’uomo, se violata deve essere risarcita.
2.
Ogni ipotesi in cui viene leso un valore inerente alla persona è danno non patrimoniale. E’ la garanzia costituzionale della persona ad imporre il risarcimento. Il risarcimento è dovuto per l’art.
2059 senza che rilevi il fatto illecito, ma devono sussistere le caratteristiche dell’art. 2043 cc.
L’illecito può anche essere fonte di danno esistenziale:compromissione delle attività realizzatrici della persona umana. Questo danno, diviene percepibile, là dove, l’illecito che colpisce la persona determini lo sconvolgimento delle sue abitudini, causi stress, disagi, turbamenti psichici/emotivi duraturi non riscontrabili da accertamenti sanitari.
Se il danno morale è un “sentire”, il danno esistenziale è “fare”. La Corte Costituzionale, fece rientrare nel danno biologico, tutti i danni che ostacolano le attività realizzatrici della persona umana. Danni esistenziali risarcibili sono:

  • Peggioramento della qualità della vita risentito dal paziente per la ritardata diagnosi di un tumore;
  • Incidenza negativa di molestie subite da una coppia e poste in essere dall’ex convivente della donna;
  • Pregiudizio per la compromissione dei rapporti familiari seguita al decesso di un congiunto in ad incidente stradale, errore medico, violenza sessuale, nascita indesiderata;
  • Nelle sofferenze psico-emotive tra coniugi e nei confronti dei figli;
  • Pressioni e vessazioni sul posto di lavoro;
  • Ingiusta detenzione;
  • Sofferenza del padrone per la morte della sua bestiola causata dall’aggressione di altri animali;
  • Danno per inadempimento contrattuale.

Vi è chi invita a ricercare il fondamento normativo di dato danno, si potrebbe dover indennizzare ogni frivolezza.

La causalità giuridica e il danno risarcibile
La causalità giuridica si pone solo in esito all’accertamento del nesso di causalità, appurato che
l’evento è conseguenza del fatto imputabile ad un soggetto.
Art. 2056 cc.: Risarcibile il danno patrimoniale, connesso alla perdita di utilità economicamente
apprezzabili e rapportabili a valori di mercato. L’art rimanda alle disposizioni sul
risarcimento in ambito contrattuale.
La determinazione del risarcimento va operata dal giudice:

  • Avendo in considerazione il danno emergente ed il lucro cessante;
  • Per via di una valutazione equitativa, là dove il danno da liquidare non possa essere provato nel preciso ammontare;
  • Considerando l’incidenza che la condotta del danneggiato avrebbe potuto evitare con ordinaria

diligenza, il risarcimento non è dovuto.
Il danno non patrimoniale, è risarcito a mo’ di compensazione/ristoro.

Il danno imputabile a più persone
Art. 2055 cc.: Se a più soggetti è imputabile un evento dannoso, essi sono tenuti solidalmente al
risarcimento.
Co. 2: Chi ha risarcito per intero il danno, ha azione di regresso contro gli altri responsabili.
Nei rapporti interni, ognuno risponde in base all’entità delle conseguenze del suo
comportamento. Solo nel dubbio le colpe si presumono uguali.
La disciplina si applica solo per concorso di persone nella produzione del medesimo evento lesivo.
Per il danno ambientale, ognuno risponde individualmente della propria responsabilità.

Il risarcimento del danno, per equivalente e in forma specifica
Solitamente il risarcimento si ha per equivalente in termini monetari.
Art. 2057 cc.: Per i danni permanenti alla persona, il giudice può disporre una rendita  vitalizia.
Art. 2058 cc.: E’ consentito al danneggiato, di chiedere che il giudice reintegri in forma specifica il
patrimonio leso, se ciò sia possibile. E’ questo un risarcimento diverso da quello per equivalente.
Co. 2: Limite per eccessiva onerosità. Le due modalità di risarcimento possono concorrere.
Risarcire in forma specifica il danno, significa ripararlo in natura:

  • Tramite la ricostruzione del bene;
  • Per via della sostituzione.

Il limite della possibilità è in senso naturalistico. Non è consentito che il danneggiato tragga arricchimento dal risarcimento, né è consentito che il costo del danneggiante per la riparazione, superiore a quello del risarcimento per equivalente.
Risarcimento in forma specifica è, per esempio:

  • Pubblicazione della sentenza di condanna.

C’è anche rimedio in forma specifica per inadempimento contrattuale.

Le cause di giustificazione
Esclude la punibilità di un fatto astrattamente qualificabile come reato. Una condotta che ha caratteri dell’illecito, non dà adito al sorgere di responsabilità.

  • Art. 52 cp – Art. 2044 cc.: Legittima difesa;
  • Art. 54 cp – Art. 2045 cc.: Stato di necessità.
  • Consenso di un avente diritto, Esercizio di un diritto/adempimento di un dovere, uso legittimo

di armi da parte del pubblico ufficiale.
Art. 52 cp.: Agisce in stato di legittima difesa chi pone in essere il fatto dannoso per esservi stato
costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro pericolo attuale di
un’offesa ingiusta e sempreché la difesa sia proporzionata all’offesa.
Non qualsiasi reazione è legittima: spetta al giudice valutare le circostanze del caso, in presenza delle riserve previste, può concepirsi il sacrificio della vita altrui in attuazione dell’autotutela in un privato domicilio.
La regola è nella L. 59/2006:
Ove la reazione sia eccessiva, valicando i limiti imposti, l’agente sarà chiamato a rispondere integralmente delle conseguenze penali/civili del suo comportamento.
Per eccesso colposo di legittima difesa, si attenua la responsabilità, con risarcimento riferibile solo all’eccesso.
Le conseguenze pregiudizievoli arrecate, nell’erronea ed incolpevole supposizione di agire in
legittima difesa, vanno risarcite dall’agente.
Se vittima della reazione dell’aggredito è un terzo, la causa di giustificazione non opera:

  • Se il pericolo non è stato volontariamente causato, né era evitabile, al danneggiato spetta un’indennità.

 

Il diritto di famiglia

La famiglia legittima e le “famiglie di fatto”
Art. 29 Cost.: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia, come società naturale fondata sul
matrimonio”
Il concetto di famiglia nasce intorno al rapporto di coniugio ed al rapporto di filiazione.
La famiglia di fatto, è un problema attuale, non risolto.

Coniugio, parentela, affinità
La qualità di coniugio si acquista con il matrimonio, ne discende il vincolo coniugale.
Art. 74 cc.: La parentela è vincolo che lega i discendenti da uno stesso stipite.
Art. 75 cc.: Si ha parentela in linea retta tra le persone di cui una discende dall’altra (genitori-figli,
nonni-nipoti) – Si ha parentela collaterale tra soggetti con stipite comune, ma non
discendenti l’una dall’altra (zii-nipoti, fratelli, cugini).
Art. 76 cc.: Il calcolo del grado di parentela – Per computare in linea retta, si deve tener conto delle
generazioni sino allo stipite, escludendo questo. Per il computo collaterale, si
ricostruiscono i passaggi generazionali, fino allo stipite comune.
Art. 77 cc.: La rilevanza giuridica non si estende oltre il senso grado.
Art. 78 cc.: L’affinità lega un coniuge ai parenti dell’altro coniuge, stessa linea, stesso grado.
L’affinità non viene meno per la morte del coniuge, ma cessa se l matrimonio è dichiarato nullo.

La filiazione, legittima e naturale
Tra genitori e figli, parenti in linea retta di primo grado, sussiste vincolo di sangue.
L. 40/2004 – Procreazione assistita
Ai soggetti nati da fecondazione omologa è riconosciuto lo stato di figli legittimi/figli riconosciuti della coppia. Il nato in violazione del divieto di fecondazione eterologa, il donatore di gameti, non acquisisce alcuna relazione parentale.

La filiazione legittima è per i coniugi uniti in matrimonio
La filiazione si dice naturale per la procreazione fuori dal matrimonio

  

 


La filiazione legittima è ancorata ai presupposti di:

  • Presunzione di paternità – Art. 231 cc.: Il marito è padre del figlio concepito durante il matrimonio;
  • Presunzione di concepimento in costanza di matrimonio – Art. 232 cc.: Si presume concepito durante il matrimonio il figlio nato quando siano trascorsi 180 giorni dalla celebrazione del matrimonio e non ne siano trascorsi 300 dalla data di annullamento/scioglimento del vincolo.

L’azione di disconoscimento del figlio può essere intentata dal padre:

  • Per mancata coabitazione dei coniugi tra i 180 ed i 300 giorni dalla nascita;
  • Per impotenza del marito nel predetto periodo;
  • Per adulterio della moglie.

Il coniuge/convivente che abbia fatto ricorso alla procreazione assistita eterologa non può disconoscere il figlio.
La filiazione legittima si prova:
Art. 236 cc.: Con l’atto di nascita iscritto nei registri dello stato civile e continuo possesso dello
stato di figlio legittimo;
Art. 237 cc.: Il possesso risulta da una serie di fatti che valgono a dimostrare le relazioni di
filiazione e parentela.
Quando difettino sia l’atto di nascita che il possesso di stato o quando il figlio sia iscritto sotto falsi nomi o nato da ignoti, lo stato di figlio è sempre reclamabile:

  • La prova può essere data con testimoni, se vi sia prova per iscritto o vi sia indizi gravi.

Art. 243 cc.: La prova contrario può essere data con ogni mezzo.
Art. 248 cc.: A chi risulti genitore del figlio legittimo e chiunque abbia interesse, è data l’azione di
contestazione della legittimità. L’azione è imprescrittibile.
Lo stato di figlio naturale, per figli nati fuori dal matrimonio.
Art. 253 cc.: Riconoscimento di figlio naturale è fatto nell’atto di nascita;
Art. 254 cc.: Dopo con dichiarazione o può essere contenuta in un atto pubblico/testamento.
Art. 250 cc.: Occorre il consenso del figlio ove questo abbia compiuto 16 anni . Per il
riconoscimento del figlio infrasedicenne non può avvenire senza il consenso dell’altro genitore. Consenso che non può essere rifiutato, se nell’interesse del figlio,
spettando al tribunale decidere in caso di opposizione.
Art. 256 cc.: Il riconoscimento è irrevocabile e può essere impugnato

    • Per difetto di veridicità, con azione imprescrittibile data a colui che è stato riconosciuto o a    chi ne abbia interesse;
    • Per violenza da parte dell’autore del riconoscimento;
    • Per incapacità derivante da interdizione giudiziale chi lo ha effettuato.

Art. 269 cc.: In mancanza di riconoscimento dei genitori, il figlio può promuovere un’azione per
ottenere, che la paternità/maternità naturale, sia giudizialmente accertata (art. 270).
Art. 274 cc.: L’esercizio dell’azione era subordinato alla previa valutazione di ammissibilità da
parte del giudice
Art. 251 cc.: I figli incestuosi non possono essere riconosciuti dai loro genitori e si è ritenuto che ai
figli fosse preclusa l’azione per la dichiarazione giudiziale di maternità/paternità. Unico varco per il riconoscimento è l’ignoranza dei genitori al tempo del
concepimento; resta salvo il riconoscimento del giudice.
I figli incestuosi, possono solo contare sull’art. 279 cc., per ottenere il mantenimento, l’istruzione, l’educazione e gli alimenti.
E’ difficile comprendere come a scontare le “colpe” dei genitori, siano i figli…ecco il contrasto con il principio di uguaglianza che impone di assicurare a tutti i figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela sociale e giuridica.
La Corte Costituzionale, ha dichiarato esperibile l’azione per la dichiarazione giudiziale, nel caso in
cui il riconoscimento sia ammesso, maternità/paternità naturali, si possono dichiarare.
Art. 277 cc.: La dichiarazione giudiziale, produce gli stessi effetti, del riconoscimento, con
l’assunzione di tutti gli obblighi del genitore verso il figlio.
Art. 280 cc.: Legittimazione dei figli prevista per susseguente matrimonio dei genitori o per
provvedimento del giudice.
Se un genitore ha chiesto per testamento di legittimare un figlio naturale, questo può dopo la morte chiedere la legittimazione.

La filiazione adottiva
L’adozione determina un rapporto di filiazione.
L. 184/1983 – Legge sul diritto del minore ad una famiglia con 4 tipi di adozione:

  1.  

L. 184/1983 – riguarda soggetti di età minore in condizione di abbandono morale e materiale, gli istituti si applicano quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all’educazione.
Viene reciso ogni rapporto con la famiglia d’origine, eccezione per divieti matrimoniali. Il minore (art. 27) acquista lo stato di figlio legittimo, assumendo il cognome degli adottanti.

  • Coniugi devono essere sposati da almeno 3 anni;
  • Devono essere idonei all’educazione dei figli;
  • L’età degli adottanti deve superare di almeno 18  e di non più di 45 gli anni dell’adottato, può derogarsi a tali limiti, qualora il tribunale provi che il minore avrebbe danno dalla mancata adozione;
  • Sono adottabili i minori per i quali sia intervenuta la dichiarazione di adattabilità (che presuppone l’abbandono, difetto di assistenza morale e materiale) chiunque può segnalare

l’abbandono di un minore.
La sentenza di adattabilità, se non impugnata acquista valore definitivo ed è trascritta. I genitori (art. 19) vedono sospeso l’esercizio delle potestà sul minore; Il tribunale nomina un tutore. Lo stato di adattabilità cessa per adozione o per raggiungimento della maggiore età, per revoca per
venir meno delle condizioni che lo avevano legittimato.
A questa fase segue l’affidamento preadottivo, il minore quattordicenne deve manifestare il consenso.
Il tribunale vigila sul buon andamento dell’affidamento (art. 22) e ove accerti difficoltà insuperabili, provvede alla revoca (art. 23).
Decorso un anno, accertate le condizioni, il tribunale provvede all’adozione con sentenza (art. 25) impugnabile entro 30 giorni dalla notifica.
L’identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi, previa autorizzazione
solo se sussistono gravi motivi, l’adottato può attingere i dati solo dopo i 25 anni.

  1.  

L. 184/1983 – Minori adottabili a prescindere dalla dichiarazione di adattabilità, quando:

    • Il minore sia orfano di padre e di madre e gli adottanti siano persone unite a lui da vincolo di parentela entro il 6 grado o da persistente rapporto;
    • Il minore adottato da un coniuge sia figlio, anche adottivo dell’altro coniuge;
    • Il minore, orfano, sia portatore di handicap;
    • Sia accertata l’impossibilità di procedere ad affidamento preadottivo, sempreché

l’età dell’adottante superi di 18.
Alle particolari adozioni si può pervenire solo con consenso dell’adottato (se ha 14 anni) o sentito il suo rappresentante. E’ necessario l’assenso dei genitori e del coniuge dell’adottando che:

  • Se negato senza giustificazione o in contrasto con l’interesse dell’adottando non è impedimento;
  • E’ imprescindibile se i genitori esercitino la potestà o il coniuge sia convivente.

In questi casi, i legami con la famiglia d’origine permangono, il cognome dell’adottante è anteposto
a quello proprio dell’adottato. In capo all’adottante i vari obblighi.

  1.  

L’adozione di maggiorenni è stata dichiarata illegittima, dove preclude l’adozione a persone che abbiano discendenti legittimi o legittimati maggiorenni e consenzienti.
Art. 291 cc.: Gli adottanti devono avere minimo 35 anni ed essere 18 anni più grandi dell’adottato,
ma il tribunale può disporre che chi abbia 30 anni adotti.
Art. 296 cc.: L’adozione solo con consenso di entrambe le parti.
Art. 311 cc.: Consenso che va manifestato personalmente o da soggetto con procura;
Art. 297 cc.: Assenso dei genitori dell’adottando e del coniuge dell’adottante/adottando, ma se non
vi è assenso, si può comunque procedere all’adozione.
Art. 298 cc.: L’adozione è disposta dal tribunale, finché non è emanato il provvedimento, si può
revocare il consenso.
Artt. 306 – 307 cc.: Alla revoca si può pervenire solo per indegnità dell’adottando/adottante.

  • Assunzione del cognome dell’adottante anteposto al proprio;
  • Conservazione di diritti/doveri verso la famiglia d’origine;
  • Spettanza all’adottato dei diritti riconosciuti ai figli legittimi nella successione, tranne i diritti di successione.
 Caratteri non legittimanti dell’adozione:

 

  1.  

Adozione internazionale riguardante minori stranieri

  • Dichiarazione di disponibilità all’adozione presentata al Tribunale dei minori dai coniugi residenti in Italia.
  • La domanda è devoluta a strutture socio-assistenziali che preparano gli aspiranti adottanti;
  • I servizi trasmettono una relazione al tribunale, il quale pronuncia un decreto d’idoneità;
  • Gli adottanti conferiscono l’incarico di curare gli affari ad un ente specializzato;

La dichiarazione non è ammessa se: Non emerge lo stato di abbandono dell’adottando o l’impossibilità di adozione; Nel paese straniero l’adozione non determini l’acquisto dello stato di figlio legittimo e la cessazione dei rapporti con la famiglia d’origine.

 L’ente trasmette i dati alla Commissione per le adozioni internazionali, la quale autorizza ingresso e permanenza in Italia.

 

L’adozione pronunciata all’estero produce gli effetti nell’ordinamento italiano, l’adottato diviene cittadino italiano.

L’affidamento
L. 184/1983 – Disciplina l’affidamento.
L’affidamento è risposta ad una condizione grave ma non permanente di difficoltà familiare. Il minore privo temporaneamente di ambiente familiare idoneo, è affidato ad una famiglia/una singola persona che lo mantenga; in alternativa all’affido, vi è la possibilità dell’inserimento del minore in un istituto di assistenza.
A disporre l’affidamento è il servizio sanitario sociale locale, previo consenso dei genitori/tutore sentito il minore (che abbia 12 anni o capacità di discernimento).
La decisione può essere anche presa dal tribunale. Il provvedimento disciplina modalità e durata, vi è cessazione con il venir meno delle cause dell’affidamento.
L’affidatario deve sempre tenere conto delle indicazioni date dai genitori/tutore.

Il matrimonio
Tre tipi di matrimonio: Civile, Concordatario e religioso
1) Matrimonio concordatario – L. 847/1929
Art. 8: Gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico, a condizione
che l’atto sia trascritto nei registri civili, previa pubblicazione nella casa comunale.
Dopo la celebrazione, il parroco legge agli sposi gli articoli del codice civile su diritti/doveri dei
coniugi e redige in duplice copia originale, l’atto di matrimonio.
Art. 4: Accordo modificativo del concordato: Il parroco entro 5 giorni demanda all’ufficiale di stato
civile la trascrizione, la quale in casi particolari la effettua entro 24 ore. La trascrizione
tardiva non ostacola gli effetti del matrimonio.
Art. 84 cc.: La trascrizione non può avere luogo:

  • Quando gli sposi non rispondano ai requisiti della legge civile circa l’età;
  • Allorché sussista un impedimento inderogabile previsto per legge.

Chi ha contratto matrimonio concordatario, dopo la cessazione degli effetti civili non potrà procedere a celebrazione religiosa. Dopo il nuovo matrimonio, sarà di fronte alla legge coniuge di un’altra persona rispetto alla Chiesa.
L’art. 8 dell’Accordo: prevede on riguardo alle sentenze di nullità dei tribunali ecclesiastici e
munite di decreto di esecutività superiore organo ecclesiastico di controllo, che esse possono avere efficacia civile nella Repubblica Italiana. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice italiano può giudicare della validità dei matrimoni concordatari.

Il matrimonio civile come atto. La pubblicazione
Il matrimonio è diretto alla costituzione di un rapporto giuridico basato sulla comunione di affetto.
Art. 79 cc.: La promessa di matrimonio “non obbliga a contrarlo né ad eseguire ciò che si fosse
convenuto per il caso di non adempimento”.
Art. 80 cc.: Nella promessa può trovare giustificazione lo scambio di doni, che se il matrimonio
non si celebra, il promettente può richiedere indietro entro un anno dal giorno del
rifiuto di celebrare il matrimonio/della morte di uno dei promettenti.
Art. 81 cc.: Se la promessa è formale, se il promettente omette di eseguirla è tenuto al risarcimento.
La domanda va proposta entro un anno dal rifiuto ed il danno è da risarcire entro i limiti
in cui corrispondono alle parti.
Artt. 93 – 96 cc.: Onere della pubblicazione nei comuni ove risiedono a cura dell’ufficiale di stato
civile.
Art. 98 cc.: Il rifiuto di procedere a pubblicazione deve essere motivato e contro di esso è dato
ricorrere in tribunale.
Art. 99 cc.: L’atto di pubblicazione resta affisso nella casa comunale almeno per 8 giorni ed il
matrimonio non può essere celebrato prima del 4 giorno. Se la celebrazione non
avviene entro 180 giorni dopo la pubblicazione, questa si considera come mai avvenuta.
Art. 100 cc.: Per gravi motivi, il tribunale può abbreviare i tempi di pubblicazione.
L’effetto notizia è necessario, per chi abbia interesse per conoscenza di cause che impediscono il matrimonio. Dopo 3 giorni dalla pubblicazione, senza alcuna opposizione, l’ufficiale di stato civile, può procedere alla celebrazione. E’ il tribunale a decidere della valenza dell’opposizione, se il matrimonio è lo stesso celebrato, ad essere sospesa è la trascrizione.

Requisiti ed impedimenti matrimoniali. Il matrimonio invalido. Il
matrimonio putativo
Il matrimonio celebrato nonostante l’impedimento, risulta invalido; Il coniuge che a conoscenza di
una causa d’impedimento, egualmente contragga il matrimonio, è punito con l’ammenda.

  • Maggiore età degli sposi: art. 84, solo al sedicenne autorizzato dal tribunale è concesso di

contrarre matrimonio. Il matrimonio di minore non autorizzato, può essere impugnato dal coniuge, dai genitori e dal pubblico ministero. La domanda va respinta se abbia compiuto la maggiore età o se vi sia stato concepimento.

  • Assenza di una condizione di interdizione giudiziale per infermità mentale: art. 85, L’inabilitato, l’interdetto no. L’impugnazione (art. 119) spetta al tutore/pubblico ministero/chi abbia interesse. L’interdetto, revocata l’interdizione, può impugnare. L’impugnazione è valida anche se pronunciata dopo la celebrazione, ma già esistente. Dopo un anno di coabitazione, decadenza.
  • Libertà di stato: art. 86, Inesistenza di matrimonio precedentemente contratto. Impugnazione

dei soggetti dell’art. 117. Il coniuge dell’assente non gode di stato libero non potendo sposarsi.

  • Insussistenza di vincoli di parentela/affinità nelle linee e nei gradi nell’art. 87, assenza di vincoli di adozione/affinazione.

 

  • Assenza di sentenze di condanna dell’un coniuge per omicidio tentato o consumato sul coniuge dell’altro: art. 88
  • Divieto temporaneo di nuove nozze previsto dall’art. 89 cc. per la donna in caso di vedovanza/divorzio/annullamento del matrimonio precedente: devono trascorrere almeno 300 giorni dallo scioglimento del vincolo per evitare incertezze sulla paternità; esclusione dal divieto dei casi in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del preesistente matrimonio, sia pronunciato ai sensi dell’art. 3 n.2 lettere b-f.
  • Capacità naturale al momento della celebrazione: art. 120 cc., il matrimonio può essere impugnato dal coniuge che dimostri di averlo celebrato in stato d’incapacità d’intendere o di volere transitoria. No se vi è stato un anno di coabitazione.
  • Insussistenza di vizi della volontà: Il consenso è valido se libero ed integro. I vizi della volontà,

violenza, errore danno accesso all’impugnazione. L’azione è proponibile dal coniuge che abbia subito violenza, non fosse a conoscenza. E’ causa di decadenza il termine di un anno di coabitazione dalla cessazione della violenza, dalla scoperta dell’errore. La violenza s’identifica art. 1435 (violenza nel contratto), è uguale a violenza, il timore di gravità. L’art. 122 cc., giudica rilevanti errori sull’identità e le qualità.

  • L’assenza di simulazione: art. 123 cc., il matrimonio si dice simulato quando gli sposi

“abbiano convenuto di non adempiere agli obblighi e non esercitare i diritti”, l’impugnazione è data a ciascuno dei coniugi entro un anno
dalla celebrazione o convivenza più breve.
Il regime di nullità del matrimonio non ricalca fedelmente quello del contratto, l’impugnazione è data solo ad alcuni soggetti e la nullità è sanabile.
Gli effetti della sentenza che pronunci l’invalidità del matrimonio, retroagiscono al momento della celebrazione. L’efficacia retroattiva, non travolge le prestazioni eseguite dagli sposi in costanza di
matrimonio, salvo quelle soggette a rimedi restitutori.
Art. 128 cc.: Gli effetti del matrimonio valido, si producono in favore dei coniugi fino alla sentenza
di nulli, se contratto in buona fede o se il consenso sia stato estorto con violenza/determinato da timore. Se le previsioni sussistono solo per un coniuge, sarà solo lui a beneficiarne. Gli effetti del matrimonio valido, valgono anche per i figli nati/concepiti durante il matrimonio o nati e riconosciuti prima della declaratoria di nullità. I figli sono legittimi anche nel matrimonio contratto in mala fede (fatto salvo
per bigamia/incesto).
Art. 129 cc.: Se il matrimonio putativo è contratto in buona fede, il giudice può disporre a carico di
uno di essi e per una durata non eccedente i 3 anni, l’obbligo di corresponsione di somme periodiche di denaro. Nell’ipotesi d’imputabilità della nullità ad uno solo dei coniugi, l’altro ha diritto ad un’indennità in misura almeno pari al mantenimento per 3
anni oltre gli alimenti. Può essere disposta l’indennità in solido tra coniuge e terzo.

La celebrazione del matrimonio
La validità del matrimonio è connessa ad alcune formalità.
Art. 106 cc.: La celebrazione pubblica, avviene nella casa comunale davanti all’ufficiale di stato
civile, che ha ricevuto richiesta di pubblicazione.
Art. 110 cc.: Per impossibilità di uno degli sposi, sono il sindaco e l’ufficiale a trasferirsi.
Art. 109 cc.: Il matrimonio può celebrarsi in luogo diverso, ed è l’ufficiale di stato civile a chiedere
all’ufficiale del luogo.
Art. 107 cc.: Forma di celebrazione – Presenza di 2 testimoni/4 fuori dal comune. L’ufficiale legge
agli sposi gli artt. 143 – 144 – 147 e riceve da ciascuno le dichiarazioni di volontà.
La celebrazioni per procura solo in casi eccezionali e nel rispetto delle regole dell’art. 111 cc.
Art. 107 co. 2: La compilazione dell’atto di matrimonio, è atto pubblico sottoscritto dagli sposi e
dai testimoni.
Art. 130 cc.: L’atto di matrimonio è l’unica prova dell’avvenuta celebrazione e solo la sua
esibizione consente di reclamare il titolo di coniuge.
Art. 133 cc.: Se la prova risulta da sentenza penale, l’iscrizione nel registro di stato civile assicura
effetti riguardo ai coniugi e ai figli.
Art. 132 cc.: Solo per distruzione/smarrimento l’esistenza del matrimonio può essere provata con
ogni mezzo. Se vi siano indizi che l’ufficiale di stato abbia mancato d’inserire l’atto di  matrimonio nei registri, la prova è consentita con ogni mezzo sempreché non possa
revocarsi in dubbio il possesso di stato.
Si ha possesso di stato:

  • Di coniuge: Soggetto chiamato per un lasso di tempo marito/moglie, ha goduto di tale considerazione da altri, ha agito osservando i doveri.

Il matrimonio civile come rapporto. I diritti ed i doveri nascenti dal
matrimonio
Art. 143 cc.: Con il matrimonio, marito e moglie acquistano stessi diritti e stessi doveri; Vi è il
Principio di Solidarietà coniugale che impone ad entrambi gli sposi di contribuire ai bisogni della famiglia.
Vi sono poi altri obblighi:

  • Fedeltà;
  • Assistenza morale e materiale;
  • Collaborazione nell’interesse della famiglia;
  • Coabitazione.

Il mancato rispetto non da vita all’ordinaria tutela per inadempimento di obbligazione ma rileverebbe solo nel giudizio di separazione per legittimare l’addebito della stessa al coniuge il cui
comportamento sia contrario ai doveri.
Art. 144 cc.: Accordo come momento fondante delle decisioni riguardanti l’indirizzo della vita
familiare e la fissazione della residenza.
Art. 145 cc.: Questa va operata secondo le esigenze, se non si pervenga ad un accordo, si adisce al
giudice, il quale si adopera affinché i coniugi pervengano ad un accordo, se non si
perviene a questo scopo, il giudice adotta un provvedimento non impugnabile.
Art. 146 cc.: L’allontanamento ingiustificato di un coniuge, ed il rifiuto di tornare, sono sanzionati
con sospensione del diritto all’assistenza morale e materiale e del diritto agli alimenti, potendosi sequestrare i beni. E’ vista come giusta causa la proposizione di separazione/annullamento del matrimonio. L’allontanamento è misura per la
protezione del coniuge da abusi.

  • Possibilità che al coniuge/convivente  responsabile degli abusi, sia prescritto di non avvicinarsi ai luoghi frequentati dall’istante;
  • Eventualità che ci si rifaccia ai servizi sociali/centro di mediazione familiare;
  • La condanna del responsabile al pagamento periodico di un assegno a favore dei conviventi, che

a causa dell’allontanamento sono prive di mezzi adeguati.
Art. 143 cc.: La moglie non assume più il cognome del marito, la lo aggiunge.
Art. 147 cc.: Il matrimonio impone l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole tenendo
conto delle capacità, dell’inclinazione naturale.
Artt. 316 – 317 cc.: Sui figli minori, i genitori hanno pari potestà. In caso di filiazione naturale, la
potestà spetta al genitore che abbia riconosciuto il figlio.
Art. 324 cc.: I genitori con potestà hanno diritto di usufrutto sui beni del figlio.
Art. 330 cc.: Gli obblighi dei genitori verso i figli permangono anche in decadenza della potestà

  • Obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non autonomo economicamente;
  • Devono intervenire in ordine agli altri ascendenti legittimi.

Art. 148 cc.: Se i genitori vengono meno agli obblighi, il tribunale può ordinare che una quota del
reddito sia versata all’altro coniuge o a chi sopporta le spese.
Art. 315 cc.: I figli sono tenuti a prestare rispetto e a contribuire al mantenimento della famiglia.
Art. 318 cc.: E’ vietato ai figli di lasciare la casa dei genitori, in questo caso questi possono
ricorrere al giudice.

I rapporti patrimoniali tra i coniugi. Le convenzioni matrimoniali
Art. 159 cc.: Il regime patrimoniale della famiglia, in mancanza di diversa convenzione è la
comunione dei beni.
Art. 160 cc.: E’ consentito autonomamente dar regola ai propri rapporti patrimoniali.
Art. 162 cc.: Accordi devono essere stipulati per atto pubblico a pena di nullità. L’accordo può
aversi in sede di celebrazione, potendo anche scegliere il regime della separazione.
E’ consentito alle parti di adottare un diverso regime di beni, modificare o integrare la comunione o
provvedere ad uno specifico regime, per un bene in particolare, nel rispetto delle leggi.
Art. 165 cc.: Le convenzioni sono valide se stipulate da sposi maggiorenni, se sedicenni emancipati
con l’assistenza dei genitori/tutore/curatore.
Art. 162 cc.: La convenzione può essere stipulata sia prima che dopo le nozze.
Art. 163 cc.: Le modifiche possono essere apposte in qualsiasi momento, con atto pubblico e la
partecipazione delle parti che dettero vita alla convenzione da modificare o con gli eredi.
Le convenzioni vanno appuntate a margine dell’atto di matrimonio, pena l’inopponibilità, le convenzioni con oggetto beni immobili, devono essere trascritte presso registri dei beni immobiliari
e a margine della trascrizione vanno fatte le modifiche.
Art. 164 cc.: Le regole per la simulazione contrattuale, valgono anche per l’accordo simulatorio.
Terzi possono far valere la simulazione e darne prova con ogni mezzo. Mentre le parti possono provare tramite esibizione delle controdichiarazioni scritte “fatte con la presenza ed il consenso di tutte le persone che hanno preso parte alla convenzione matrimoniale”.

I regimi patrimoniali della famiglia. La comunione legale
Sono soggetti a comunione i beni acquistati dopo la celebrazione, rimangono a titolarità esclusiva, i
beni di cui il coniuge era proprietario prima di tale momento.
Art. 177 cc. sub a) e d): Identifica i beni che automaticamente rientrano nella comunione.

  • Acquisti compiuti dai coniugi in costanza di matrimonio;
  • Aziende costituite dopo il matrimonio e gestite da entrambi;
  • Degli utili ed incrementi prodotti dalle aziende costituite prima del

matrimonio ed appartenenti ad uno dei coniugi, ma gestite da entrambi.
Art. 177 cc. sub b) e c): Identifica i beni costituenti comunione legale de residuo, sono beni
personali, ricade nella comunione solo ciò che residua:

  • Frutti naturali e civili dei beni di ciascun coniuge che siano stati percepiti;
  • Proventi dell’attività separata;
  • Beni destinati all’esercizio dell’impresa di uno dei coniugi istituita dopo il matrimonio;
  • Incrementi dell’impresa di uno dei coniugi anche precedente.

Art. 179 cc.: Beni personali che non cadono in comunione:

  • Beni di cui uno dei coniugi, prima del matrimonio, era proprietario o titolare di un diritto reale di godimento;
  • Beni acquistati dopo il matrimonio per donazione/successione;
  • Beni di uso strettamente personale e dei loro accessori;
  • Beni per l’esercizio della professione, tranne quelli per la conduzione dell’azienda familiare;
  • Beni che ciascun coniuge abbia ottenuto a titolo di risarcimento per perdita di capacità lavorativa.

Art. 180 cc.: L’amministrazione dei beni in comunione compete ad entrambi i coniugi
disgiuntamente (ord. Amm.) e congiuntamente (straord. Amm.).
Art. 183 cc.: Il coniuge interdetto è escluso dall’amministrazione, l’esclusione può essere disposta
con provvedimento del giudice. L’interdetto, venute meno le cause d’interdizione
può essere reintegrato.
Ove non sia richiesta l’esclusione, è dato ad un coniuge/rappresentante di adire al giudice per
ottenere una pronuncia di separazione.
Art. 181 cc.: Per l’amministrazione straordinaria è necessaria la stipulazione di entrambi i coniugi.
Se il coniuge rifiuti il consenso, l’altro può rivolgersi al giudice.
Art. 182 cc.: L’autorizzazione giudiziale è prevista anche per impedimento alla stipulazione per
lontananza, quando il coniuge non abbia la procura.
Gli atti di straordinaria amministrazione che possono essere compiuti da un coniuge senza consenso:

  • Possono essere annullati su domanda proposta entro un anno, per beni immobili o mobili registrati;
  • Sono validi se hanno ad oggetto comuni beni mobili, vi è però l’obbligo per l’autore di restituire

il valore del bene per la costituzione della comunione.
L’autonomia tra patrimonio comune e personale non è piena:

  • I creditori della comunione possono agire in via sussidiaria sui beni personali per la metà del credito;
  • I creditori particolari di uno dei coniugi possono soddisfarsi in via sussidiaria sui beni comuni, fino alla quota del coniuge obbligato

Art. 186 cc.: I beni della comunione  rispondono:

  • Dei pesi gravanti al momento dell’acquisto;
  • Dei carichi dell’amministrazione;
  • Delle spese per il mantenimento della famiglia, istruzione della prole;
  • Di ogni obbligazione contratta congiuntamente.

Art. 187 cc.: Per le obbligazioni non ricomprese nell’elenco e contratte prima del matrimonio e per
quelle da cui sono gravate le donazioni, non risponde la comunione.
Art. 189 cc.: I beni della comunione, fino al valore corrispondente alla quota del coniuge obbligato,
rispondono delle obbligazioni contratte dopo il matrimonio per atti di straordinaria.
Art. 191 cc.: Casi di scioglimento della comunione: Mutamento convenzionale del regime,
separazione dei coniugi, annullamento, scioglimento, cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Art. 194 cc.: Lo scioglimento della comunione determina il venir meno del regime patrimoniale ed
il subentro della normale comunione, permane la con titolarità fino alla divisione dei beni.
Art. 192 cc.: I rimborsi, le restituzioni.
Art. 195 cc.: La divisione trova titolo in un contratto/sentenza. Coniugi o eredi hanno diritto di
prelevare i beni mobili che appartenevano ai coniugi prima della comunione o
pervenuti per successione/donazione.
Se non c’è prova della titolarità, si presumono parte della comunione.
Art. 196 cc.: Se non vengono trovate le cose, viene corrisposto il valore.

La separazione dei beni
Art. 162 cc.: Gli sposi che vogliano evitare la comunione dei beni, possono optare per la
separazione.
La scelta può anche essere fatta in costanza di matrimonio tramite convenzione matrimoniale.
Art. 213 cc.: Il regime della separazione riguarda i beni acquistati durante il matrimonio, ciascun
coniuge ha titolarità esclusiva.
Art. 217 cc.: Ciascun coniuge amministra i beni di cui è titolare, ma può rilasciare procura
per l’amministrazione. Il coniuge che amministri i beni dell’altro nonostante
opposizione risponde dei danni e della mancata percezione dei frutti.
Art. 218 cc.: Ove un coniuge goda dei beni dell’altro deve rispettare la destinazione economica.
Art. 219 cc.: La prova della proprietà esclusiva può essere data con qualsiasi mezzo, ma alla fine vi
è presunzione di comunione.
Lo scioglimento: per fine del matrimonio o scelta di altro regime.

Il fondo patrimoniale e la comunione convenzionale
I coniugi possono convenire che alcuni beni vadano a fare parte di un fondo necessario per far
fronte alle necessità della famiglia, essendo così, vincolati.
Art. 169 cc.: In mancanza di diversa/espressa determinazione, i beni del fondo non si possono
alienare/ipotecare/vincolare senza il consenso dei coniugi e se vi sono figli minori,
con autorizzazione del giudice.
Art. 167 cc.: Il fondo può essere costituito anche da uno solo dei coniugi, sempre con atto pubblico;
E’ ammessa la costituzione con atto di terzo, per testamento o tra vivi.
Art. 168 cc.: La proprietà spetta ad entrambi i coniugi, anche i frutti sono vincolati.
Art. 170 cc.: Non si può procedere sul fondo per saldare debiti che il creditore sapeva estranei ai
bisogni della famiglia.
Art. 171 cc.: La cessazione è connessa all’annullamento/scioglimento/cessazione degli effetti civili
del matrimonio; Se vi sono figli minori, il fondo dura fino alla maggiore età.
Art. 210 cc.: La comunione convenzionale dei beni trae origine da titolo pattizio per modificare il
precedente regime. Queste modifiche non possono riguardare: le norme della
comunione sull’amministrazione dei beni in essa rientranti, la parità delle quote tra i
coniugi; responsabilità comune.
Modificazioni possono esservi riguardo l’oggetto della comunione anche se alcuni beni (art. 179) non possono far parte della comunione.
Art. 211 cc.: Possono essere conferiti alla comunione anche beni appartenenti ad un coniuge prima
del matrimonio.

L’impresa familiare
Art. 230 cc.: Un’impresa è familiare se fa perno sul lavoro dei familiare dell’imprenditore, dei
parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo.
Questi familiari se collaborano continuamente, hanno diritto: al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia, alla partecipazione agli utili dell’impresa ed ai beni acquistati in proporzione a quantità/qualità di lavoro prestato.
Il diritto alla partecipazione può essere liquidato in denaro.
E’ unico il titolare dell’impresa, al quale competono Le decisioni

  • Sulla conduzione e l’organizzazione dell’attività;
  • L’impiego degli utili;
  • La gestione straordinaria;
  • Gli indirizzi produttivi.

Della cessazione dell’impresa, decidono a maggioranza i familiari. In caso di vendita dell’attività, vi è per i familiari il diritto di prelazione.

Le patologie del rapporto coniugale. La separazione dei coniugi
La separazione di fatto (decisione di vivere separati) non comporta conseguenze su diritti/obblighi ma influisce su:

  • Effetti diretti sul rapporto coniugale (può essere consensuale/con sentenza), non c’è più obbligo di coabitazione, di assistenza morale/materiale, di fedeltà.
  • La presunzione di concepimento non opera dopo i 300 giorni dalla separazione legale. Il figlio nato dopo questo periodo non è figlio legittimo;
  • Scioglimento della comunione legale dei beni.

L’accordo di separazione consensuale va presentata al tribunale perché questo lo omologhi. Senza omologazione la separazione non ha effetto (art. 158). I coniugi sono convocati e sentiti dal giudice che tenta la riconciliazione, se è impraticabile, procede all’omologazione.
Il giudice può decidere che l’accordo sia in contrasto con l’interesse dei figli, così egli riconvoca i coniugi indicando le modifiche da apportare. Se le indicazioni non sono seguite, l’omologazione è
rifiutata.
Per la separazione giudiziale non devono essere menzionati per forza i motivi del divorzio.

Art. 151 cc.: Presupposti necessari per la richiesta del divorzio – verificarsi di fatti reali che
rendano impossibile la convivenza o che rechino pregiudizio alla prole. Può essere
chiesto l’addebito delle responsabilità ad uno solo dei coniugi.
Art. 156 cc.: Il coniuge responsabile non ha diritto al mantenimento e ai diritti successori.
Il giudice deve tentare una prima riconciliazione tra i coniugi, se ciò fallisce, vengono predisposti i
provvedimenti che regolino i rapporti tra coniugi e con i figli.
Art. 155 cc.: La sentenza di separazione, dispone dell’affidamento dei figli e adotta ogni altra
misura per la tutela dei loro interessi. Attribuisce ad uno dei coniugi il godimento della casa familiare. Prima di adottare provvedimenti, il giudice dispone l’audizione dei figli che abbiano 12 anni/con capacità di discernimento. Può, dove le parti siano
d’accordo a rinviare l’audizione, di modo che i coniugi tentino una mediazione.
L. 54/2006 – Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso.
Art. 155 co. 1: E’ deciso che il figlio deve mantenere un rapporto equilibrato con i genitori, i quali
devono garantirgli educazione/istruzione, mantenendo rapporti con i parenti.
Co. 2: Il giudice deve valutare la possibilità che i figli restino affidati ad entrambi i genitori.
E’ disposto l’affidamento ad uno solo dei genitori, se diversamente vi sia contrasto
con gli interessi del minore o qualora vi sia opposizione di un genitore che “affido esclusivo”, la domanda deve essere motivata.
Co. 3: La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i coniugi, essi devono prendere le
decisioni in comune accordo, in caso di contrasto decide il giudice. Per l’ordinaria amministrazione il giudice può straordinariamente stabilire, che i genitori esercitino separatamente la potestà.
Co. 4: Al mantenimento ciascun coniuge provvede in base al reddito, potendo il giudice
imporre la corresponsione di un assegno periodico.
Co. 5: Per il mantenimento di maggiorenni, l’assegno va direttamente a loro corrisposto.
Non possono modificarsi dette disposizioni, ma si procede a revisione per mutamento di circostanze. Nei casi di gravi inadempienze/violazioni, possono essere modificati i provvedimenti, ferma
l’applicazione di sanzioni.
Art. 156 cc.: Conseguenze della separazione nel rapporto coniugale – Al genitore cui non sia stata
addebitata la separazione, spetta il diritto di ricevere un mantenimento, tramite corresponsione di un importo monetario
Co. 2: L’importo è determinato in base al reddito/circostanze, deve essere sufficiente per
garantire un’esistenza dignitosa e lo stesso tenore di vita precedente.
Co. 4: Se vi è pericolo di sottrazione all’obbligo di versare il mantenimento, la sentenza può
imporre la prestazione di idonea garanzia reale/personale.
Co. 6: Se vi è inadempimento, l’avente diritto può ottenere che il giudice disponga il
Sequestro dei beni e ordini a terzi di versare al coniuge creditore la quota.
Con la separazione giudiziale, può essere imposto alla moglie di non usare più il cognome del
marito.
Art. 157 cc.: Lo stato di separazione, viene meno se i coniugi di comune accordo e senza intervento
del giudice, dichiarino di voler tornare a convivere ponendo in essere un comportamento rappresentativo di tale volontà.
Co. 2: Con la riconciliazione, si ripristina la comunione legale da tale momento.
L’identificazione esatta del momento, è problematica, ma è stato stabilito che la comunione legale non è opponibile ai terzi acquirenti di buona fede a titolo oneroso, ove il coniuge abbia dichiarato di
essere separato.
Vi è l’istituto della mediazione familiare, volto a favorire una soluzione dei conflitti realmente mediata. Ai coniugi è affiancata una figura professionale/una struttura organizzata. Tra gli obiettivi, l’incentivazione dell’affido condiviso dei figli.

Il divorzio
L. 898/1970 – Introduzione nell’ordinamento del divorzio.
Divorzio è lo scioglimento del matrimonio civile e cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario.
E’ la legge a pronunciare, su domanda con ricorso di un coniuge, la sentenza di divorzio, quando accerti che non vi sia comunione spirituale/materiale o vi sia la sussistenza di una delle cause art. 1:

  • Condanna, dopo la celebrazione del matrimonio, dell’altro coniuge a sanzioni penali pesanti;
  • Condanna, dopo il matrimonio, dell’altro coniuge a pene detentive per reati gravi;
  • Due o più condanne dell’altro coniuge, per reati di lesione gravissima, violazione degli obblighi si assistenza familiare, maltrattamento;
  • Nel caso in cui, benché l’altro coniuge sia stato assolto per vizio, il giudice accerti l’inidoneità del convenuto a mantenere/ricostituire la convivenza familiare;
  • Pronunzia, con sentenza passata in giudicato, della separazione giudiziale/omologazione della separazione consensuale/separazione di fatto (iniziata 2 anni prima del 18/12//1970)
  • Pur essendo promosso il processo nei confronti del coniuge per i casi indicati concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, il giudice ravvisi nei fatti  gli elementi costitutivi del reato e le condizioni di punibilità;
  • Il coniuge straniero abbia ottenuto all’estero scioglimento/annullamento del matrimonio o abbia contratto all’estero nuovo matrimonio;
  • Passaggio in giudicato della sentenza di rettificazione del sesso.

Art. 4: La domanda per ottenere il divorzio può anche essere richiesta con ricorso di entrambi i
coniugi;
Co. 7: Se è solo uno a promuovere il ricorso, devono comparire entrambi i coniugi  personalmente
di fronte al presidente del tribunale per la riconciliazione;
Co. 8: Se il convenuto non compare/fallisce la riconciliazione, il giudice, dopo aver sentito i figli,
dispone con ordinanza i provvedimenti temporanei ed urgenti;
Co. 11: Il procedimento prosegue fino all’emanazione di sentenza provvisoriamente esecutiva per i
provvedimenti economici;
Co. 12: E’ previsto un appello con decisione presa in camera di consiglio.
Ult. Co: Per ricorso congiunto, con disposizioni sulla prole/rapporti economici – il procedimento si
Semplifica. Sentiti i coniugi con la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge e
valutata la corrispondenza con l’interesse dei figli, il giudice decide con sentenza.
Art. 5: Della pronuncia di divorzio è necessaria annotazione: la sentenza è costitutiva con effetto ex
nunc lo scioglimento del matrimonio civile;
Co. 2-3: Cessano doveri/diritti derivanti dal matrimonio, la donna perde il cognome del marito,
tranne per autorizzazione del tribunale.
Cessano il regime di comunione legale e vengono meno i diritti successori tra coniugi.
Co. 6: La corresponsione dell’assegno può essere imposta dal tribunale dovendosi tener conto delle
condizioni di entrambi i coniugi, dei redditi, delle ragioni della decisione (funzione sanatoria), del contributo personale/economico dato da ciascun coniuge alla conduzione familiare, alla formazione del patrimonio individuale/comune.
Co. 6-7: L’assegno di divorzio presuppone l’indisponibilità dell’avente diritto, di adeguati mezzi o
l’indisponibilità a procurarseli autonomamente.

Autonomia si raggiunge con nuove nozze del coniuge e si dibatte se si possa pervenire anche con
convivenza.
Art. 8: Per assicurarsi l’adempimento, può essere imposta dal tribunale idonea garanzia,
reale/personale e se vi è inadempimento l’avente diritto può ottenere da terzi il versamento.
E’ anche previsto il sequestro dei beni del coniuge.
Art. 12: Il coniuge divorziato ha diritto ad una percentuale del 40% dell’indennità di fine rapporto
dall’altro percepita.
L’obbligazione è personale e non si trasmette agli eredi. All’avente diritto in stato di bisogno, il tribunale può attribuire un assegno periodico a carico dell’eredità.
Ove il coniuge debitore muoia, il coniuge titolare dell’assegno ha diritto, se non passato a nuove nozze, alle pensione di reversibilità, se il rapporto da cui il trattamento pensionistico discende sia anteriore al divorzio.

Gli alimenti
Gli alimenti sono oggetto di un diritto e poggiano su legami di parentela/affinità connessi ai rapporti coniugio/filiazione/adozione: su questi legami può contare la persona che versi in stato di bisogno e
non sia in grado con il proprio lavoro di ovviare tale condizione.
Art. 433 cc.: E’ obbligato alla prestazione:

  • Il coniuge;
  • I figli legittimi/legittimati/naturali/adottivi;
  • I genitori – parenti più prossimi in mancanza;
  • Generi – nuore;
  • Suocero – Suocera;
  • Fratelli – Sorelle con precedenza dei germani sugli unilaterali;

Art. 436 cc.: L’adottante deve gli alimenti all’adottato con precedenza rispetto ai genitori naturali.
Art. 437 cc.: Il donatario è tenuto a prestare gli alimenti al donante, tranne i casi in cui la donazione
sia rimuneratoria/fatta riguardo ad un matrimonio.
Art. 440 cc.: Gli alimenti se assegnati, possono essere ridotti se l’alimentato tiene comportamento
riprovevole/disordinato.
La prestazione alimentare, non si ha su richiesta/per istanza del giudice, il diritto ha fonte nella
legge e sorge al verificarsi dei presupposti.
Art. 445 cc.: Gli alimenti sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale o dal momento della
costituzione in mora dell’obbligato, sempreché essa sia seguita entro sei mesi dalla
domanda giudiziale.
Art. 438 cc.: La misura degli alimenti non può superare quanto necessario alla vita
dell’alimentando, tenendo conto della sua posizione sociale. L’esatto ammontare deve variare in proporzione al bisogno di colui che li domanda e alle condizioni economiche di chi li somministra.
Il donatario che presti alimenti al donante, non vi è tenuto oltre il valore della
donazione esistente al momento nel suo patrimonio.
Art. 439 cc.: Tra fratelli, la misura si commisura allo stretto necessario.
Art. 440 cc.: Se mutano le condizioni, il giudice provvede per cessazione/riduzione/aumento.
Art. 443 cc.: L’obbligato può adempiere in natura l’obbligazione o con versamento di assegno. Il
giudice può però sindacare tale scelta.
Art. 447 cc.: Il diritto agli alimenti è irrinunciabile/indisponibile/incedibile.
Art. 448 cc.: La morte dell’alimentato estingue il diritto agli alimenti.

La successione a causa di morte
L’oggetto del diritto successorio. Le forme della successione mortis
causa. Successione a titolo universale e a titolo particolare.
La morte è fatto giuridico, al quale l’ordinamento collega, con la perdita della capacità giuridica, l’apertura della vicenda successoria.
La successione mortis causa implica un fenomeno di trasmissione di situazioni giuridiche
soggettive da un soggetto ad altri.
Art. 42 Cost.: E’ la legge a stabilire norme e limiti della successione legittima e testamentaria ed i
diritti dello Stato sulle eredità.
La successione riguarda tutte le situazioni giuridiche soggettive, tranne quelle personalissime.
Art. 456 cc.: Nel momento del decesso e nel luogo dell’ultimo domicilio, si apre la successione:

  • Designare i successori, coloro che subentrano nella titolarità delle situazioni giuridiche del soggetto deceduto;
  • Disciplinare l’acquisto da parte dei successori.

Art. 457 cc.: Non si fa luogo alla successione legittima, in presenza di testamento.
Terza forma di successione, qualora insieme ai successori testamentari, vi siano i
legittimari (beneficiari di successione necessaria).
Si dice erede unicamente il successore a titolo universale, il quale subentra in tutto/in quota nei
rapporti attivi/passivi.
Art. 588 cc.: Qualifica a titolo universale le disposizioni testamentarie comprendenti
l’universalità/quota di beni del testatore, dovendosi la qualificazione ritenere propria anche delle disposizioni recanti indicazione di beni determinati o di un complesso di beni, se il testatore abbia inteso lasciarli come quota del patrimonio (attribuzione di
beni determinati: institutio ex re certa).
Art. 459 cc.: L’acquisto dell’eredità si attua per effetto di accettazione, momento finale.
Art. 588 cc.: Sono a titolo particolare tutte le disposizioni non aventi riguardo all’universalità/una
quota dei beni. Il legatario non succede nei rapporti attivi e passivi, ma solo nella
titolarità del diritto determinato.
Art. 649 cc.: L’acquisto si compie immediatamente e senza bisogno di accettazione, ma vi è facoltà
di rinuncia.

L’apertura della successione. La capacità di succedere e la capacità di
ricevere per testamento
Art. 462 cc.: E’ riconosciuta facoltà di successione a coloro i quali abbiano capacità al momento
dell’apertura della successione, quindi a tutti i nati ed i concepiti.
Si presume concepito il nato entro 300 giorni dalla morte.
L. 192/2000: Capacità di succedere è riconosciuta agli enti riconosciuti e agli enti da istituire.
Il nascituro non concepito all’apertura della successione è incapace di succedere, la legge gli da la facoltà di ricevere per testamento (art. 162 ult. Co.).
Alcuni casi d’incapacità per condizioni d’inidoneità ad essere beneficiari di disposizioni contenute nel testamento.

  • Art. 596 cc.: Persona sottoposta a tutela in favore del tutore, ove costui non sia ascendente, discendente, fratello/sorella/coniuge;
  • Art. 597 cc.: A favore del notaio/altro ufficiale pubblico che abbia ricevuto il testamento, o a favore dell’interprete;
  • Art. 598 cc.: A favore di chi abbia scritto il testamento segreto, a favore del notaio cui il

testamento sia stato consegnato in plico non sigillato.

Art. 599 cc.: Queste disposizioni sono nulle, l’invalidità invece non si estende al resto del
testamento.
L. 6/2004 à Ha istituito l’amministrazione di sostegno, sono valide le disposizioni testamentarie e
le convenzioni a favore di costui, se questo sia parente del deceduto entro il quarto grado/coniuge/convivente.

I patti successori. I patti di famiglia
Prima dell’apertura della successione, nessun diritto/aspettative, possono essere vantati dai
successibili.
Art. 458 cc.: I diritti su una successione non ancora aperta non possono essere disposti.
C’è il divieto di patti successori, istitutivi, dispositivi o rinunciativi.
Art. 458 co. 1: Sono istitutivi i patti con cui taluno in vita, dispone della propria successione; questi
sono nulli, perché altrimenti sarebbe leso il diritto di disporre dei propri beni per la successione.
Co. 2: Con il patto dispositivo, un soggetto dispone, a favore di altri, dei diritti su una
successione aperta, ma nullità è connessa alla ripugnanza sociale.
Divieto di patti rinunciativi, in applicazione della regola d’irrinunciabilità di diritti non ancora
acquisiti.
L. 55/2006 à Deroga alla nullità di tutti i patti successori:
Il patto di famigli è patto successorio lecito, è contratto con cui l’imprenditore trasferisce in tutto o in parte, l’azienda; il titolare di partecipazioni societarie trasferisce le proprie quote ad uno o più
discendenti.
Art. 768 cc.: Il contratto va posto per atto pubblico a pena di nullità.
Il patto consente di garantire uno svolgimento certo della vicenda successoria dell’imprenditore, di
modo che sia solo i figli a beneficiare del trasferimento.
Senza patto, dovrebbero succedere il coniuge e tutti i legittimari.
Art. 536 cc.: Gli assegnatari (per patto) dell’azienda/quote sono tenuti a liquidare gli altri
partecipanti tramite il pagamento di una somma pari al valore delle quote riservate ai
legittimari, ma se i contraenti sono d’accordo la liquidazione si ha con trasferimento di beni.
Art. 768 cc.: Il contratto può anche prevedere l’assegnazione di beni a partecipanti non assegnatari
ed è consentito che l’assegnazione sia disposta con successivo contratto collegato al primo concluso dai partecipanti. I beni sono imputi alle quote di legittima spettanti ai
soggetti cui sono assegnati.
Vi è azione d’impugnazione per i partecipanti al patto, per vizio del consenso.Vi è l’oscura disposizione secondo cui i legittimari ed il coniuge che non abbiano preso parte al contratto, possono chiedere il pagamento della somma prevista + interessi legali, con possibilità d’impugnazione.
Lo scioglimento, come modifica, del patto consentito tra coloro che l’hanno concluso:

  • Mediante stipula di nuovo contratto, diverso patto con uguali caratteristiche;
  • Tramite recesso, se previsto.

Vocazione e delazione ereditarie
Coincidente con l’apertura della successione è la vocatio: chiamata all’eredità.
La delazione è il momento in cui l’eredità è offerta ad un soggetto.
La vocazione esprime il titolo in base al quale la chiamata all’eredità avviene: legale o testamentaria.
La vocazione precede la delazione; vi sono casi in cui pur essendovi soggetto chiamato all’eredità, l’effetto devolutivo non si realizzi, per esistenza di condizione sospensiva.

L’indegnità a succedere
L’art. 463 cc. modificato da L. 137/2005 disciplina l’indegnità a succedere. Cioè il soggetto che può procedere con vocativo, ma non può acquistare l’eredità; è necessario però che si agisca in giudizio entro il termine di prescrizione di 10 anni.

Sono cause d’indegnità:

  • Uccisione volontaria o il tentativo di omicidio della persona della cui successione si tratta o di uno stretto congiunto;
  • Compimento, in danno di una delle predette persone, di un fatto dalla legge punibile secondo le disposizioni dell’omicidio;
  • Denunzia calunniosa di una delle persone suindicate per reati punibili con sanzioni detentive particolarmente afflittive o falsa testimonianza contro di essi;
  • Decadenza della potestà genitoriale;
  • Induzione con dolo/violenza a fare/non fare/revocare/mutare il testamento;
  • Soppressione/occultamento/alteramento del testamento;
  • Formazione di un testamento falso.

Art. 464 cc.: L’esclusione retroagisce al momento dell’apertura della successione, essendo
l’indegno obbligato a restituire i frutti percepiti.
Art. 466 co. 1: Riabilitazione dell’indegno, che non può conseguire dalla dichiarazione resa dalla
persona della cui successione si tratta.

La devoluzione della vocazione. La sostituzione
L’indegnità può colpire erede o legato e la legge consente in questo caso che operino meccanismi di
devoluzione della chiamata.
Art. 479 cc.: Trasmissione agli eredi del diritto di accettazione dell’eredità, dove il soggetto ad essa
chiamato muoia senza averla accettata.
Abbiamo 2 forme, invece, per la sostituzione:
Sostituzione ordinaria, se nel testamento è nominato un secondo istituito destinato a succedere ove
il primo non possa o non voglia accettare l’eredità o il legato.

 

Art. 689 cc. co. 1: La sostituzione plurima, si ha ove questa riguardi più persone istituite in luogo di
      una sola, di un solo oggetto…
                 co. 2: E’ reciproca la sostituzione disposta tra più istitutivi in via primaria.
La sostituzione fedecommissaria non dà luogo al subentro di un soggetto ad un altro nella successione, ma implica una sequenza di vicende successorie.
Nel Medioevo, il testatore nel nominare successore un proprio discendente, gli ordinava di
conservare in vita i beni e di trasmetterli ad un figlio, tenuto anche egli a nominare un discendente.
Nel 1942 è riemersa una figura di sostituzione: art. 692 cc.
Il testo originario consentiva di disporre a carico del figlio/fratello/sorella l’obbligo di conservare e restituire alla sua morte in tutto o in parte i beni costituenti la disponibile a favore di tutti i figli nati e nascituri o a favore di un ente pubblico.
La L. 151/1975 - Riforma del diritto di famiglia.
L’istituito può ora solo essere una persona interdetta o da interdire e che a beneficiare della sostituzione possa solo essere la persona/ente  che abbia avuto cura del medesimo.
Questa sostituzione non ha effetto:

  • Se l’interdizione sia negata o il relativo procedimento non sia iniziato  entro 2 anni dal raggiungimento della maggiore età del minore infermo di mente;
  • Se l’interdizione è revocata o le presone/enti beneficiari hanno violato gli obblighi di assistenza.

Art. 693 cc.: All’apertura della successione si realizza la delazione dell’istituito, il quale deve
conservare i beni oggetto della sostituzione dei quali ha godimento/amministrazione.
Art. 694 cc.: L’alienazione dei beni non è consentita se non nel caso di utilità evidente e previa
autorizzazione dell’autorità giudiziaria;
Art. 695 cc.: Per evitare il pregiudizio dei diritti del sostituto,a i creditori personali dell’istituito è
dato solo di agire sui frutti dei beni oggetto di sostituzione;
Art. 696 cc.: Alla morte dell’istituito, per effetto della sostituzione, l’eredità si devolve alla
persona/enti sostitutivi o ai successori legittimi.
Art. 698 cc.: Se il testatore lascia a più persone l’usufrutto, si stabilisce che detta disposizione ha
valore soltanto a favore di quelli che alla morte del testatore si trovano primi chiamati a goderne.

La rappresentazione
Art. 467 cc.: L’istituto opera sia nella successione legittima che in quella testamentaria, ma in
quest’ultima a condizione che non sia prevista la sostituzione ordinaria e sempreché non si tratti di legato di usufrutto o di altro diritto di natura personale.
Se chi non può o non vuole succedere ha discendenti legittimi, la rappresentazione
consente loro di subentrare.
La rappresentazione consente di subentrare con l’esercizio di un proprio diritto. Il rappresentante è successore diretto del de cuius.
Art. 468 cc.: La rappresentazione opera anche là dove i beneficiari abbiano rinunciato all’eredità o
siano incapaci/indegni.
Co. 1: Il rappresentato deve essere figlio/fratello/sorella – mentre sono rappresentati i loro
discendenti legittimi/naturali.
Art. 467 cc.: Il rappresentato succede al defunto nel luogo e nel grado del rappresentante, la
rappresentazione ha luogo infinito a prescindere la grado.
Art. 469 cc.: Quando vi è rappresentazione, la divisione si fa per stirpi.

 

L’accrescimento
Se non si può far luogo a rappresentazione, può operare l’istituto dell’accrescimento, a condizione
che la vocativo all’eredità, riguardi oltre colui che non vuole beneficiarne, altri soggetti.
Art. 676 cc.: L’oggetto della chiamata di questi si espande in misura corrispondente alla parte di
eredità destinata al chiamato escluso, effetto di diritto. Questi rispondono degli
obblighi dell’altro erede almeno che non siano strettamente personali.
Art. 674 cc.: Se la successione è testamentaria, l’accrescimento si realizza sempreché tutti i coeredi
siano stati istituiti con stesso testamento nell’universalità dei beni.
Art. 677 cc.: Se non ha luogo l’accrescimento - Se è in gioco una porzione di eredità, questa di
devolve agli eredi legittimi, in mancanza di questi, allo Stato. Per porzione di legato, essa va all’onerato.

La successione a titolo universale. Vacanza e giacenza dell’eredità
Art. 459 cc.: L’acquisto dell’eredità è connesso all’accettazione, l’effetto acquisitivo retroagisce al
momento dell’apertura della successione.
Art. 480 cc.: Il diritto si prescrive in 10 anni.
Importante è la conservazione dei beni ereditaria, nel periodo di vacanza; abbiamo due modi:

  • I beni siano in possesso del chiamato - Art. 460 cc.: Al chiamato è dato il potere di compiere atti conservativi, di vigilanza/amministrazione per ordinaria amministrazione. Per poter vendere i beni in suscettibili di conservazione e troppo onerosi da custodire, è necessaria l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria. Se il chiamato rinuncia all’eredità, le spese sono poste a carico dell’eredità;
  • L’eredità si definisce giacente, se il chiamato non è possessore – Art. 528 cc.: Il tribunale nomina un curatore ed al chiamato è preclusa qualsiasi ingerenza. Il curatore è tenuto a procedere all’inventario (art. 529 cc.). Compete al curatore pagare i debiti dell’eredità, salvo opposizione di creditori/legatari. La cessazione delle funzioni del curatore all’accettazione (art. 532 cc.) o per esaurimento dell’attivo ereditario. Sono validi gli atti del curatore nell’ignoranza della cessazione della sua attività.

La rinuncia dell’eredità
Art. 519 cc.: La rinuncia, negozio unilaterale non recettizio, ha effetto retroattivo. Questo per la
rinuncia abdicativi, quella fatta gratuitamente a favore di coloro cui si devolve la quota del rinunciante. Per la validità è necessaria la forma scritta con dichiarazione ricevuta da un notaio/dal cancelliere del tribunale, da inserire nel registro delle
successioni. Si può rinunciare entro 10 anni.
Art. 520 cc.: E’ nulla la rinuncia parziale o quella con termini e condizioni.                   
Art. 526 cc.: E’ annullabile la rinuncia con dolo o viziata da violenza (prescrizione entro 5 anni la
cessata violenza o scoperta del dolo). L’impugnazione per errore non è consentita.
Art. 524 cc.: Impugnazione della rinuncia da parte dei creditori del rinunziante. Con autorizzazione
del giudice, possono ottenere l’accettazione dell’eredità in nome e in luogo del
debitore, per soddisfarsi  sui beni ereditari fino alla concorrenza dei crediti.
Art. 525 cc.: Il rinunciante è chiamato finché l’eredità non viene accettata da altri.
In conseguenza alla rinuncia, la quota va devoluta ai chiamati in subordine.
Art. 527 cc.: I chiamati all’eredità che illecitamente sottraggono/nascondono beni spettanti
all’eredità medesima perdono la facoltà di rinunciarvi – è questa un’accettazione anomala.

L’accettazione dell’eredità, pura e semplice o col beneficio
d’inventario
L’accettazione, ove importi l’acquisto della proprietà o di altri diritti reali su beni immobili o
liberazione dai diritti medesimi, va trascritto.
Art. 459 cc.: Per evitare il vuoto di titolarità, tra il momento della morte del de cuius e
l’accettazione dell’erede, gli effetti dell’acquisto vengono fatti retroagire al momento
dell’apertura della successione.
Art. 481 cc.: Il giudice stabilisce un termine entro il quale il chiamato deve accettare/rinunciare
all’eredità.
Art. 479 cc.: Se in pendenza di accettazione, il chiamato muoia, il diritto di accettare si trasmette
agli eredi. Se gli eredi siano più d’uno e questi non si accordino, la decisione di
acquistare/rinunciare può essere presa da uno solo o da quelli che vogliano accettare.
La forme di accettazione sono due:

  • Accettazione pura e semplice;
  • Accettazione col beneficio dell’inventario.

La scelta è lasciata in capo al chiamato, tranne che si tratti di minore, interdetto, emancipato, inabilitato/persone giuridiche/enti, i quali possono accettare solo con beneficio dell’inventario.
L’accettazione è irrevocabile.
Art. 482 cc.: E’ consentita impugnazione solo per violenza, dolo, con azione che si prescrive in 5
anni dalla cessazione/scoperta.
Art. 1434 cc.: I caratteri della violenza.
Il dolo è rileva sia se determinante, che vincolante l’accettazione.
Art. 475 cc.: Accettazione con dichiarazione scritta – accettazione espressa. Non vale
l’accettazione sotto condizione o a termine, nulla è l’accettazione parziale.
Art. 476 cc.: L’accettazione può essere tacita, quando il chiamato compie un atto che ne
presuppone la volontà.
Art. 477 cc.: Importa accettazione, la donazione/vendita/cessione da parte del chiamato, dei suoi
diritti di successione.
Art. 478 cc.: Configura disposizione dell’eredità e non dismissione la rinuncia ai diritti di
successione fatta dal chiamato verso corrispettivo a favore solo di alcuni.
Art. 485 cc.: Impone al chiamato che abbia possesso dei beni ereditati, di fare l’inventario entro 3
mesi; ove detto tempo non ne consente l’ultimazione, può essere concessa al tribunale
una proroga che non deve eccedere i 3 mesi.
Co. 2: L’acquisto ex lege si ha alla scadenza del termine se l’inventario non è compiuto (il
chiamato è detto erede puro e semplice).
Ult. Co.: Se l’inventario è fatto, sono accordati al chiamato 50 giorni per decidere se accettare e
se allo scadere non è stata presa la decisione, egli diviene erede puro e semplice.
Art. 484 cc.: L’accettazione con beneficio d’inventario, deve essere formulata in modo espresso,
mediante dichiarazione ricevuta da notaio/cancelliere, inserita nel registro. Ed entro un mese dall’inserzione, trascritta  presso la conservatoria dei registri immobiliari.
L’inventario deve essere fatto nelle forme prescritte, pena il venir meno degli effetti
dell’accettazione con beneficio.
Art. 485 cc.: I termini variano a seconda che il chiamato sia in possesso dei beni ereditari o meno
L’inventario è atto pubblico curato dal cancelliere/notaio, il quale deve accertarsi dell’effettiva consistenza del patrimonio. Durante il periodo necessario per l’inventario, il chiamato può esercitare i poteri di cui l’art. 460 cc., essendo a lui affidata la rappresentazione processuale passiva
dell’eredità.
Se il chiamato non è in possesso dei beni, l’inventario va compiuto entro 3 mesi dalla dichiarazione di accettazione con beneficio. Il termine è prorogabile (art. 485 cc.), ma se l’inventario non è ultimato, l’erede perde il beneficio ed è considerato erede puro e semplice.
Se l’inventario è compiuto l’accettazione deve esservi entro 40 giorni pena l’accettazione pura e
semplice.
Art. 488 cc.: Nel termine stabilito dal giudice, il chiamato non possessore deve redigere
l’inventario.

Il beneficio d’inventario
Art. 490 co. 1: Effetto del beneficio d’inventario è la separazione del patrimonio del defunto da
quello dell’erede.
Co. 2: Questa distinzione comporta: - Che l’erede conserva nei confronti del morto tutti i
diritti e obblighi, tranne quelli estinti con la morte:
-  Che l’erede non è tenuto a pagare legati e debiti
oltre il valore dei beni pervenuti.
-  Ove il patrimonio del defunto sia soggetto ad
esecuzione forzata, ai creditori/legatari dell’eredità   
spetta prelazione su quelli dell’erede.
Art. 491 cc.: Il chiamato che accetta con beneficio d’inventario, è investito di amministrazione e
gestione dei beni e dello svolgimento delle attività correlate e non risponde verso i
creditori dell’eredità se non per colpa grave.
Art. 492 cc.: All’erede può essere imposta la prestazione di idonea garanzia.
Art. 493 cc.: L’erede ove intenda compiere atti di disposizione dei beni, deve fare richiesta al
tribunale.
Art. 496 cc.: L’erede ha l’obbligo di rendere conto della propria amministrazione a
creditori/legatari.
Art. 497 cc.: Se non lo fa, può essere costretto a pagare i debiti con i propri mezzi.
Per il pagamento di legami/debiti, vi sono due procedure a scelta:
Art. 503 co. 1: Liquidazione semplice e quella concorsuale, questa va adottata se vi è oposizione di
creditori/legatari.
Art. 495 co. 1: Trascorso un mese dalla trascrizione dell’accettazione con beneficio d’inventario o
dall’annotazione, l’erede può procedere, se non opta per la liquidazione concorsuale,
a quella semplice.
Questa soddisfa i creditori in riscontro dell’istanza da questi rivolta. Bisogna tener conto delle cause
di prelazione.

Art. 495 co. 2-3: Ai creditori, dopo che il credito sia stato soddisfatto, è dato il diritto di regresso,
da esercitarsi entro 3 anni, contro i legatari, nel limite della somma del legato.
La liquidazione concorsuale, fa sì che creditori/legatari abbiano parità di trattamento.
Art. 498 co. 2: L’erede entro un mese dalla notificazione dell’opposizione sollevata da
creditori/legatari, deve invitarli a presentare, nel termine massimo di un mese, le
dichiarazioni di credito.
Art. 504 cc.: Con più eredi con beneficio d’inventario, colui il quale ha promosso la liquidazione,
convoca i coeredi di fronte a notaio.
Art. 499 co. 1: Trascorsi 30 giorni, l’erede provvede a liquidare, facendosi autorizzare per compiere
le alienazioni necessarie.
Co. 2: Rilevante è l’atto di stato di graduazione: in tale atto, i creditori sono preferiti ai
legatari ed i primi sono disposti secondo un ordine.
Art. 501 cc.: Compiuto lo stato di graduazione, il notaio ne da avviso a creditori/legatari e ne cura
la pubblicazione di un estratto nel foglio degli annunzi legali della provincia e dopo
30 giorni, senza reclami, lo stato diviene definitivo.
Art. 502 co. 1: Creditori e legatari vengono soddisfatti secondo l’ordine stabilito, mentre chi non ha
risposto all’iniziale invito dell’erede, ha azione contro l’erede solo per quanto residui.
Art. 507 cc.: Se non sia trascorso più di un mese dalla scadenza del termine per la presentazione
delle dichiarazioni di credito e se nessun atto di liquidazione sia intervenuto, l’erede può rilasciare tutti i beni a creditori/legatari, previo avviso. La dichiarazione di rilascio va iscritta nel registro delle successioni. Operata la trascrizione, viene nominato dal tribunale, un curatore. L’erede è comunque titolare, ma non li
amministra. Dopo la liquidazione ritorna titolare ed amministratore delle parti attive.
Art. 511 cc.: Le spese per il compimento di atti dipendenti dall’accettazione con beneficio, sono a
carico dell’eredità con priorità su creditori.
Vi sono possibilità della decadenza dell’accettazione con beneficio d’inventario:

  • Art. 493 cc.: Compimento da parte dell’erede di atti di disposizione di beni ereditari senza autorizzazione giudiziale e senza rispetto delle forme;
  • Art. 494 cc.: Sussistenza di omissioni/infedeltà nell’inventario per mala fede;

 Decadenza durante la liquidazione concorsuale:

  • Art. 505 co. 1: Inosservanza delle regole di cui l’art. 498 cc. in caso di opposizione di creditori/legatari;
  • Mancato rispetto imposto dall’autorità giudiziaria, per la liquidazione e la formazione dello stato di graduazione;
  • Art. 502 cc.: Esecuzione da parte dell’erede che abbia optato per la liquidazione

concorsuale, di pagamento di creditori diversi da quelli privilegiati.
Art. 505 ult. Co.: A poter far valere la decadenza, sono solo creditori e legatari. Se un causa di
decadenza si verifica dopo la scadenza per la prestazione delle dichiarazioni di credito,   
ai soggetti predetti è data la possibilità di chiedere al tribunale la nomina di un curatore.
L’effettuazione della nomina determina: - Perdita del potere di amministrare i beni;
-Venir meno della possibilità di far valere la decadenza dal
beneficio d’inventario.
Art. 489 cc.: Inoperante la decadenza del beneficio anche là dove l’irregolarità persista nell’anno
successivo, ma non oltre il limite del compimento della maggiore età o la cessazione dello stato d’interdizione/inabilitazione.
La decadenza dal beneficio d’inventario solo per alcuni eredi, determina la coesistenza tra eredi
semplici e beneficiari.
Art. 510 cc.: L’accettazione con beneficio fatta da uno dei chiamati, giova a tutti gli altri anche se
chi fa l’inventario è un legato diverso da colui che ha fatto la dichiarazione.
Art. 484 cc.: Perché vi sia il beneficio per tutti, è necessario che questi abbiano preventivamente
accettato.

La separazione dei beni del defunto da quelli dell’erede
Con l’accettazione pura e semplice si confondono patrimonio del defunto e dell’erede, in questo
caso, legatari e creditori non sono tutelati come nel caso del beneficio d’inventario.
Art. 512 cc.: La legge accorda a creditori/legatari, il diritto di ottenere la separazione dei patrimoni,
per potersi rifare sui beni del defunto, per l’adempimento dei crediti. VI è diritto di
prelazione per i creditori del defunto.
La separazione riguarda beni specifici non includendo l’insieme del patrimonio ereditato. Creditori/legatari del defunto possono anche far conto sui beni non separati e quindi dell’erede,
inoltre dopo la prelazione, i creditori dell’erede possono anche rifarsi sui beni separati.
Art. 516 cc.: Il termine per il diritto alla separazione è di 3 mesi dall’apertura della successione,
esso va esercitato tramite ricorso al tribunale o iscrizione nei registri immobiliari.
Art. 518 cc.: Le iscrizioni a titolo di separazione prendono tutte il grado di prima e prevalgono su
trascrizioni/iscrizioni dell’erede o legatario anche se anteriori.
Se non tutti richiedono la separazione:
Art. 514 co. 1: Solo quando il valore della parte di patrimonio non separata sia sufficiente a
soddisfare i creditori non separatisti, si preclude di concorrere con creditori/legatari separatisti.
Co. 2: Bisogna stabilire se il patrimonio non separato sia sufficiente a soddisfarli,
altrimenti è dato concorrere con i creditori separatisti.
Co. 3: Se ad esercitare la separazione siano creditori del defunto e legatari, i primi sono
preferiti. Anche i creditori non separatisti sono preferiti ai legatari separatisti se la    
parte non separata non è sufficiente a soddisfare i primi.
Art. 515 cc.: La separazione dei beni può essere evitata dall’erede pagando o presentando garanzia.

La petizione di eredità
Petizione di eredità à Con azione imprescrittibile, l’erede può chiedere al tribunale ove si sia
aperta la successione, il riconoscimento della sua qualità di erede contro chiunque
possieda tutti o parte dei beni ereditari, obiettivo, vedersi consegnati i beni.
Se l’erede agisce secondo l’art. 948 cc. per rivendicare un singolo bene, sarà tenuto ad assolvere l’onere probatorio.
Per la petizione, non vi è onere probatorio da assolvere da parte dell’erede, in quanto se ha ad oggetto beni determinati, essi vengono inquadrati come parte dell’eredità. L’attore deve solo
dimostrare la propria qualità di erede e l’appartenenza dei beni al patrimonio ereditario.
La legittimazione attiva compete solo all’erede.
Art. 534 cc.: Legittimazione passiva, l’azione può essere posta anche nei confronti degli aventi
causa del possessore e del detentore.
Art. 533 cc.: L’azione è imprescrittibile, ma il suo successo non si ha sugli effetti dell’usucapione.
Art. 535 cc.: Accertata la qualità di erede, il possessore è sottoposto alle regole in materia di
possesso. Il possessore è in buona fede se crede erroneamente di essere erede, qualora
costui abbia, in buona fede alienato la cosa, è solo obbligato a restituirne il prezzo.
Art. 534 cc.: Erede apparente – colui che senza essere erede risulta tale per circostanze obiettive.
Il riconoscimento della qualità di erede all’attore, comporta il recupero dei beni
Ereditari, ma la tutela dei terzi che abbiano acquistato in buona fede un bene da erede apparente, possono opporre il loro diritto all’erede vero.
L’opponibilità si estende agli atti riguardanti beni immobili/mobili registrati solo se le
trascrizioni siano anteriori rispetto alla domanda giudiziale dell’erede vero.
Sono tutelati gli acquisti fatti da terzi a titolo gratuito in buona fede se la trascrizione sia anteriore di
5 anni rispetto alla domanda di petizione.
Art. 535 cc.: Se l’erede apparente è in buona fede, questo deve restituire il corrispettivo ricevuto.

Art. 2038 cc.: Se l’erede apparente è in mala fede, vi è obbligo di restituzione della cosa in natura o
di corresponsione del valore oltre al risarcimento danni.

La comunione ereditaria e la divisione
Se gli eredi sono più d’uno e sono istituiti pro quota indivisa, si ha comunione incidentale.
Per l’esercizio della prelazione, il venditore della sua quota, è tenuto a notificare agli altri coeredi la proposta di alienazione che è efficace per 2 mesi e che il diritto di riscatto di questi, attribuito in mancanza di notificazione del termine, perdura finché esiste la comunione ereditaria ed è oggetto al
termine decennale di prescrizione.
Art. 713 cc.: Per porre fine alla comunione ereditaria, i comunisti possono accordarsi – divisione
consensuale.
Art. 715 cc.: Casi di temporanea impossibilità di divisione:

  • Esistenza tra i successori di un concepito;
  • Pendenza in giudizio della legittimità o sulla filiazione naturale di un chiamato.

                     Ma l’autorità giudiziale può disporre che la comunione con le cautele avvenga.
Art. 714 cc.: L’usucapione di alcuni beni va a sfavore dei coeredi, il bene non può essere sottoposto
a divisione.
Art. 727 cc.: La divisione si realizza – Previa stima del valore attuale dei beni, con la formazione di
porzioni proporzionali alla quota di rispettiva spettanza, evitando il frazionamento di
biblioteche, gallerie e collezioni d’importanza storica.
Ciascun coerede può chiedere la propria quota, ma ciò può trovare ostacolo nell’indivisibilità dei
beni.
Art. 720 cc.: Se vi sono immobili non divisibili, essi devono essere compresi per intero con
addebito dell’eccedenza. La disposizione si applica anche a beni mobili indivisibili.
Art. 723 cc.: Con l’individuazione della sorte dei beni indivisibili, si procede alla formazione dello
stato attivo/passivo dell’eredità e alla determinazione delle porzioni ereditarie e dei
rimborsi dovuti.
Art. 730 cc.: Con l’accordo di tutti i coeredi questa operazione può essere deferita a notaio.
Art. 729 cc.: L’attribuzione viene fatta con estrazione a sorte.

 

Art. 733 cc.: Il testatore può stabilire particolari norme per la formazione delle quote
Le indicazioni fornite sono vincolanti per gli eredi, salvo che l’effettivo valore dei beni non corrisponda a quello previsto dal testatore. La divisione non trova titolo nel testamento, ma
nell’accordo delle parti.
Art. 761 cc.: La divisione contrattuale è soggetta ad annullamento se effettuata con violenza/dolo e
l’azione si prescrive in 5 anni.
Art. 768 cc.: L’impugnazione è preclusa al coerede che abbia alienato in tutto o in parte la sua
porzione di eredità.
Art. 762 cc.: Divisione supplementare, ove risulti l’omissione di uno o più beni comuni alla
divisione;
Art. 763 cc.: La rescissione per lesione, attivabile con azione che si prescrive in 2 anni dalla
divisione se uno dei coeredi provi di essere stato leso per il quarto.
Art. 764 cc.: La rescissione si ha anche per ogni altro atto che comporti la fine della comunione,
tranne per la transazione.
Art. 767 cc.: Il corso della rescissione può essere troncato se l’erede convenuto pone rimedio alla
lesione.
Lo scioglimento della comunione attribuisce i beni agli eredi e sugli altri beni è come se essi non
avessero mai avuto alcun diritto.
Art. 717 cc.: L’autorità giudiziaria può sospendere per massimo 5 anni la divisione ereditaria o la
divisione di alcuni beni, qualora l’immediata esecuzione causi danni.
Art. 719 cc.: Anche i debiti ed i pesi vengono divisi tra i coeredi, ma quelli aventi diritto a pi della
metà dell’asse possono decidere se vendere alcuni beni per soddisfare i debiti; non si
procede con la vendita se vi è sufficiente denaro liquido.
La richiesta di scioglimento della comunione è esercizio di un diritto potestativo.
La divisione giudiziale, non sempre ha carattere contenzioso, infatti, le parti possono approvare il
progetto del giudice.
Art. 734 co. 1: Se la divisione è effettuata dal testatore, si ha “divisione testamentaria”, in questo
  caso non sorge comunione ereditaria.
               Co. 2: Divisione testamentaria parziale, i beni da essa esclusi sono attribuiti secondo
  disposizioni di legge.
Art. 735 cc.: I soggetti interessati alla divisione devono rendervi parte, è nulla la divisione qualora
il testatore lasci fuori dalla divisione uno dei legittimari/eredi istituiti.
Si parla di preterizione e per effetto della nullità, riemerge la comunione ereditaria e l’esigenza di
procedere alla divisione secondo le leggi comuni.
Art. 763 cc.: La divisione può essere soggetta a rescissione per lesione, qualora il valore dei beni
assegnato ad uno dei coeredi sia inferiore di oltre un quarto della quota ad esso spettante.
Art. 733 cc.: Il testatore può attribuire ad un terzo il compito di predisporre un progetto di divisione
da proporre ai coeredi, questo progetto li vincola. I successori possono impugnarlo solo se
frutto di decisione iniqua o là dove si evidenzi contrasto con la volontà del testatore.

La collazione
Art. 724 cc.: I coeredi devono procedere a collazione, prima della divisione dei beni, conferendo
alla massa da dividere, tutto ciò che è stato oro donato.
Art. 737 cc.: Il conferimento riguarda donazioni dirette ed indirette e solo la dispensa del defunto,
la rende inoperante.
Esistono dei coeredi tenuti alla collazione: figli legittimi, naturali e loro discendenti, il coniuge.
Le donazioni fatte in vita sono una sorta di anticipazione dell’eredità e per questo potrebbero
esservi disparità di trattamento.
Art. 739 cc.: La collazione riguarda i beni che i coeredi hanno ricevuto dal defunto e non quelli che
quest’ultimo abbia donato ai loro congiunti. Il discendete che subentri nella
posizione giuridica dell’ascendente è tenuto alla collazione.
Art. 740 cc.: E’ tenuto alla collazione anche se abbia rinunciato all’eredità.
Art. 738 cc.: Tutte le donazioni, anche quelle di modico valore sono soggette a collazione.
Art. 742 cc.: I casi di esclusione dalla collazione sono limitati e riguardano le spese menzionate in
questo articolo.
Art. 743 cc.: Nonché i benefici conseguiti dall’erede in virtù della partecipazione a società contratta
senza frode con il defunto.
Art. 744 cc.: Il perimento della cosa se non imputabile all’erede è d’ostacolo alla collazione.
Il conferimento avviene per imputazione.
Art. 747 cc.: Il valore della donazione al momento dell’apertura della successione è inizialmente
calcolato e poi aggiunto a quello dell’asse.
Identificata la porzione di eredità spettante all’erede-donatario, egli sarà obbligato ad imputare a
detta porzione il valore del bene donato che resta di sua proprietà.
In alternativa, il bene donato può essere aggiunto alla massa, la scelta deve essere trascritta.
Art. 746 cc.: Per la collazione di bene immobile, il coerede-donatario può scegliere se operare il
conferimento in natura o per imputazione.
Art. 750 cc.: Solo per imputazione si fa la collazione per beni mobili e sulla base del valore che essi
avevano al tempo dell’apertura della successione.
Art. 751 cc.: Per imputazione avviene la collazione di denaro dovendosi osservare il principio
nominalistico, mentre se il denaro non basti ed il donatario non voglia conferire altro denaro o titoli, i coeredi possono prelevare beni mobili/immobili dell’eredità in
proporzione delle rispettive quote.
Art. 748 cc.: Dal valore dei beni conferiti, devono detrarsi il valore delle migliorie e le spese
straordinarie. E’ riconosciuto il diritto, al coerede tenuto alla collazione di un
immobile, di ritenzione e conferimento in natura.
La dispensa della collazione può essere contestuale o successiva e può essere contenuta nel testamento. E sufficiente che emerga la chiara volontà del defunto di considerare la donazione come
beneficio ulteriore.
Art. 724 cc.: Il coerede deve imputare alla sua quota i debiti pecuniari verso il de cuius ed i coeredi
traenti ragione dalla comunione.

La successione testamentaria. Il testamento e le sue forme
La successione testamentaria trae origine da un testamento.
Art. 587 co. 1: Il testamento è atto giuridico unilaterale avente valenza negoziale, che un soggetto
capace di agire può validamente compiere – nel rispetto di determinate forme. E’ un atto mortis causa che produrrà effetti alla morte del testatore. Il testamento è atto personalissimo, con natura non recettizia ed unipersonale con valenza patrimoniale,
formale e solenne.
Art. 601 cc.: Le forme ordinarie di testamento sono tre: testamento olografo, pubblico e segreto.
Gli ultimi due sono atti di notaio.
Art. 602 cc.: E’ olografo il testamento

  • Interamente scritto a mano dal testatore, datato e firmato.
  • La firma non deve per forza contenere nome e cognome, importante è stabilire ci l’abbia apposta.
  • La non veridicità della data rende invalido il testamento, infatti, la prova è data solo per stabilire la successione temporale di più testamenti.
  • Il testamento non deve essere custodito presso terzi.
  • Se depositatati da notaio o presso pubblico archivio, il testatore può sempre ritirarlo. La restituzione si accerta in un verbale; Il testamento ritirato resta comunque valido.
  • Appena ricevuta notizia della morte del testatore è fatto obbligo a chiunque entri in possesso del testamento, di presentarlo a notaio per la pubblicazione;
  • Pubblicazione – In presenza di due testimoni redazione di un verbale nella forma degli atti pubblici, nel quale è descritto lo stato del testamento ed il contenuto;
  • Il verbale va trasmesso in copia alla cancelleria;
  • A pubblicazione avvenuta il notaio comunica l’esistenza del testamento agli eredi;
  • La pubblicazione è necessaria per dare attuazione alle disposizioni

Art. 603 cc.: Il testamento pubblico

  • Non è segreto, essendo redatto da un notaio in presenza di due testimoni (sono 4 se il testatore è muto/sordo/cieco/incapace di leggere).
  • Devono risultare luogo/data del ricevimento/ora in cui il notaio, il testatore, i testimoni appongono le firme;
  • Se il testatore  impossibilitato a firmare, deve dichiarare la causa e il notaio la deve menzionare prima della lettura dell’atto.
  • Questo tipo di testamento, garantisce massima chiarezza e precisa traduzione della volontà del testatore.
  • Non è necessaria la pubblicazione, è imposto al notaio di trasmettere una copia alla cancelleria (art. 622) e di comunicare la presenza di testamento a eredi/legatari.

Art. 604 cc.: Il testamento segreto

  • Se è scritto di pugno dal testatore è solo richiesta la sua firma;
  • Se è scritto in tutto o in parte da terza persona o tramite mezzo meccanico, il testatore deve sottoscriverlo sia alla fine che a ciascun mezzo foglio;
  • Non necessaria deve essere indicata la data di redazione, in quanto la data è sempre quella di ricezione da parte del notaio del testamento;
  • Il testatore in presenza di due testimoni, consegna al notaio il documento specificando che esso è il testamento.
  • Art. 605 cc.: Sulla carta in cui è involto/su cui è scritto il testamento/o su un altro involto predisposto dal notaio, deve essere redatto l’atto di ricevimento, sottoscritto da testatore, testimoni, notaio.
  • Art. 604 ult. Co.: Chi non sa o non può leggere, non può fare testamento segreto.
  • Se il testatore sapendo leggere, non sa scrivere, o sia impossibilitato a sottoscrivere, occorre che egli dichiari al notaio di aver letto il testamento segnalando la causa dell’impedimento.
  • Il testamento deve essere aperto e pubblicato appena il notaio viene a conoscenza della morte e chi interessato può chiedere che gli sia fissato un termine (art. 621 cc.).
  • Il verbale di pubblicazione va trasmesso in copia alla cancelleria e compete al notaio comunicare l’esistenza del testamento ad eredi/legatari (art. 623 cc.).
  • Art. 608 cc.: Il testamento può essere ritirato con redazione di un verbale di restituzione, sottoscritto. Il ritiro però comporta la revoca o la conversione in testamento olografo se

ne ha le caratteristiche.
Esistono delle forme speciali di testamento:

  • Art. 609 cc.: Presenza del testatore in un luogo ove vi sia malattia contagiosa, stato di calamità;
  • Necessità di fare testamento quando il testatore si trova a bordo di una nave/aeromobile;
  • Appartenenza del testatore a corpi militari o a corpi impegnati in guerra.

Artt. 610 – 615 – 616 – 618 cc.: E’ sempre richiesta la redazione per iscritto e la sottoscrizione, ma
il testamento può essere lasciato n custodia. Questo perde però efficacia dopo     
3 mesi dalla cessazione delle cause che hanno impedito l’uso delle ordinarie forme.
La nullità del testamento può aversi:

  • Art. 606 cc.: per difetto di forma, per cause indicate in detto articolo;
  • Il testamento olografo è nullo ove manchi autografia e sottoscrizione – ciò vale anche per atto di notaio che non presenti la redazione per iscritto (da parte del notaio), delle dichiarazioni del

testatore e le sottoscrizioni.
Art. 606 cc.: L’azione di annullamento (a differenza di quella per nullità), si prescrive in 5 anni dal
giorno in cui è stata data esecuzione alle disposizioni.
Il testamento internazionale – L. 387/1990 – ha somiglianze con il testamento segreto.

Il carattere unipersonale del testamento
Il testamento è espressione della volontà di un unico soggetto.
Art. 589 cc.: Divieto di fare testamento congiuntivo o reciproco. Il testamento è insabile.
E’ congiuntivo, il testamento raccolto in un solo atto, in cui 2 o più persone dispongono dei loro
beni a favore di terzi.
E’ reciproco il testamento, opera di 2 o più persone che, nel medesimo atto, rechi disposizioni fatte
da un testatore a favore dell’altro.
Art. 631 cc.: Nulle sono le disposizioni che facciano dipendere dalla volontà di terzi, l’indicazione
di erede/legatario o la determinazione della quota di eredità.
Questa disposizione è salvaguardata, se il testatore dispone delle circoscrizioni alla scelta.

Il contenuto del testamento. Le disposizioni generali sull’istituzione di
erede e sui legati
Art. 588 cc.: Disposizioni a titolo universale/particolare, integrano il contenuto del contratto ed
hanno natura patrimoniale.
Si dibatte sulla validità della clausola di diseredazione – l’inammissibilità  dovrebbe discendere dal fatto che il concetto di disposizione non può associarsi ad atti con contenuto meramente negativo. La diseredazione è valida, se contenuta in un testamento che abbia anche altre disposizioni, a
carattere positivo.

Art. 587 cc.: Anche disposizioni non patrimoniali possono far parte del contenuto, esse danno vita
al contenuto atipico del testamento.

  • Art. 700 cc.: Nomina di uno o più esecutori testamentari.
  • Art. 701 cc.: Questi possono essere tra gli eredi/legatari. Essi sono immessi nel possesso dei beni dell’eredità per un anno dalla dichiarazione di accettazione onde svolgere attività di

amministrazione dei beni. (art. 703 cc.) con obbligo di rendiconto (art. 709 cc.).
Vi possono essere disposizioni non patrimoniali, che non siano oggetto di previsione normativa:

  • Artt. 624 – 632 cc.: Disposizioni generali sull’istituzione di erede e legati;
  • Artt. 633 – 648 cc.: Disposizioni condizionali, a termine e modali.

Perché le disposizioni testamentarie siano valide, occorre che la volontà testamentaria, si sia liberamente formata e che sussista fedele e piena corrispondenza tra l’assetto degli interessi
progettato e voluto dal de cuius ed il contenuto del testamento.
Art. 624 cc.: Chiunque abbia interesse ad impugnare la disposizione testamentaria viziata, da dolo,
violenza, errore, lo può fare nel termine di 5 anni.
Art. 624 co. 2: Non importa che l’errore sia riconoscibile, si ricomprende l’errore sul motivo s
emerge dal testamento.
Art. 625 cc.: Errore ostativo – L’erronea indicazione dell’erede/legatario o della cosa oggetto della
disposizione, non sono causa di annullamento se dal contesto si comprende a chi si
riferisse il testatore.
Il dolo – La disposizione è impugnabile anche per dolo incidente, pure per ipotesi di captazione della volontà del testatore, cioè qualora siano posti in essere comportamenti che siano idonei a
suggestionare il de cuius.
Art. 628 cc.: Il beneficiario del lascito deve essere determinato/determinabile.
Art. 630 cc.: I lasciti a favore di poveri e simili, s’intendono fatti in favore dei poveri del luogo in
cui il testatore aveva il domicilio.
Art. 629 cc.: Sono valide le disposizioni in favore dell’anima, ove risultino determinati beni e
somma da destinare.
Art. 627 cc.: Non è qualificabile come lascito a persona incerta, il lascito fiduciario – fenomeno
d’interposizione di persona – il testatore nomina erede/legatario un soggetto (fiduciario) perché questi trasferisca i beni ad un terzo (beneficiario), il quale non figura nel testamento. E’ negata l’azione in giudizio per accertare la realtà celata dietro l’apparenza, tranne se si dimostra che il testatore voleva in questo modo beneficiare un soggetto incapace di ricevere. Il fiduciario non è tenuto a dar esecuzione alla disposizione.

Le disposizioni condizionali, a termine e modali
Art. 633 cc.: E’ ammesso che una disposizione testamentaria, sia fatta sotto condizione sospensiva
o risolutiva.    
Art. 637 cc.: Si può sottoporre a termine un legato a non una disposizione a titolo universale.
Art. 638 cc.: Se il testatore dispone che l’erede /legatario non faccia/non dia qualcosa per un tempo
indeterminato, la condizione si dice risolutiva.
Art. 634 cc.: Disposizioni testamentarie sottoposte a condizione impossibile/illecita, si considerano
come non apposte.
Due condizioni illecite sono prese specificatamente in considerazione:
Art. 635 cc.: Condizione di reciprocità – la disposizione è nulla.
Art. 636 cc.: Impedimento di prime o ulteriori nozze del beneficiario. Porre il destinatario di fronte
a detta scelta è intollerabile per compromissione della sua libertà.
Importante è la fase di pendenza della condizione.
Art. 639 cc.: Erede/legatario sotto condizione risolutiva, amministrano i beni nel proprio interesse,
ma l’autorità giudiziaria può richiedere la prestazione di idonea garanzia a favore dei
destinatari dell’eredità/legato qualora si avverasse la condizione.
Art. 640 cc.: Analoga garanzia deve prestare l’onerato di un legato sotto condizione sospensiva o
termine iniziale/finale.
Art. 641 cc.: Per istituzione di erede sospensivamente condizionata, finché la condizione non si
verifica, o non è certo che non si può verificare, è dato all’eredità un amministratore.
Art. 642 cc.: L’amministratore è colui che avrebbe diritto a succedere se non si avverasse la
condizione., il beneficiario di sostituzione/accrescimento/presunto erede legittimo.
Ult. Co. : Stesse disposizioni anche se chiamato a succedere è un nascituro non concepito,
l’amministrazione può essere affidata ad una persona diversa da quella cui spetterà la
rappresentanza del nascituro.
Art. 643 cc.: Se la vocativo riguarda un concepito, gli amministratori sono i genitori
congiuntamente.
Art. 646 cc.: Se la condizione si avvera gli effetti retroagiscono:

  • Il beneficiario del lascito sotto condizione sospensiva diviene erede/legatario dal momento dell’apertura della successione;
  • L’erede/legatario sotto condizione risolutiva, perde la posizione successoria, per la

restituzione dei frutti non vale la retroattività.
Art. 647 cc.: L’onere è elemento accidentale delle disposizioni mortis causa che si palesa dove il
testatore imponga al beneficiario di un lascito, una prestazione. Il modo ha valenza
obbligatoria (tranne per rinuncia dell’eredità).
Distinzione tra onere e legato: L’onere può essere imposto a soggetto indeterminato, anche l’onere
impossibile ed illecito è considerato apposto.
Se l’erede risponde illimitatamente, il legatario è tenuto all’adempimento dell’onere entro i limiti dell’attribuzione ricevuta. Per l’adempimento può agire chiunque ne abbia interesse.
Per inadempimento, il giudice può pronunciare la risoluzione della disposizione testamentaria solo se il testatore ha previsto questa risoluzione o se l’onere è unico motivo determinante della disposizione.
La risoluzione, determina per l’onerata, la perdita del lascito con effetto retroattivo, con salvezza dei diritti acquisitiva terzi se il titolo sia stato trascritto prima della domanda di risoluzione. Se non si può procedere a risoluzione, l’inadempiente è tenuto al risarcimento del danno.

Il legato
Art. 649 cc.: Il legato si acquista senza bisogno di accettare salva la facoltà di rinuncia.
Legato di specie – avente per oggetto la proprietà di cosa determinata – si ha immediata trasmissione del diritto del diritto al legatario, in coincidenza con la morte del testatore. Il legatario tenuto a richiedere la consegna della cosa all’erede.

Legato di genere – concernente denaro o cose determinate solo nel genere – non ha effetto traslativo, ma obbligatorio. Al legatario è attribuito diritto di credito verso l’onerato, sarà connesso all’adempimento di quest’ultimo l’acquisto della cosa.
L’individuazione dell’oggetto compete all’onerato, salvo che il testatore non abbia conferito tale facoltà all’onorato o ad un terzo.
Il legato è un bene che grava sull’eredità. L’onerato deve essere identificato/identificabile con
certezza. L’onorato entro i limiti dell’art. 631 cc., può essere identificato dall’onerato/terzo.
Art. 662 cc.: L’onerato è solitamente scelto dal testatore, in caso contrario alla prestazione del
legato sono tenuti tutti gli eredi, in proporzione della rispettiva quota (sdd).
Il legato imposto ad uno o più legatari, prende il nome di sublegato.
Art. 663 cc.: Se il legato è imposto ad un solo erede, questo deve soddisfarlo.
Art. 671 cc.: Se questo non ha accettato con beneficio d’inventario, è tenuto all’adempimento del
legato anche oltre il limite del valore della quota ereditaria.; Se l’onerato ha accettato
con beneficio, questo risponde entro i limiti della quota.
Art. 673 cc.: Se dopo la morte del testatore, la cosa legata diviene impossibile per causa non
imputabile all’onerato, questo è liberato dall’obbligazione.
Il perimento totale della cosa durante la vita del testatore, determina la nullità e l’inefficacia del
legato; il rischio di perimento successivo, grava invece sul legatario.
L’oggetto del legato è solitamente un bene dell’eredità:
Art. 653 cc.: E’ valido il legato di genere anche se la cosa che ne è oggetto, non rientri nel
patrimonio del testatore, spetta all’onerato far conseguire al legatario una prestazione

  • Se la cosa appartenente ad altri al tempo del testamento, si trova in proprietà del testatore al momento della sua morte;
  • Se la cosa, ove appartenente ad un terzo, viene acquistata dal legatario, tramite l’onerato, sempreché questi non paghi all’avente diritto il prezzo;
  • La cosa legata può appartenere anche solo in parte al testatore, il legato è valido in relazione a questa parte.
 corrispondente per qualità/quantità.
Art. 651 cc.: La validità del legato: 

 

                             

E’ nullo il legato di cosa non appartenente al testatore al momento della morte.
Art. 654 cc.: Inefficace il legato di cosa particolare/generica da prendersi nel patrimonio del
testatore qualora questa si riveli non esistente. Se la cosa integra il patrimonio, ma

  • Il legato di cosa che, al tempo del testamento, era già di proprietà del legatario, cosa che alla morte del testatore, era in suo possesso;
  • Legato avente per oggetto un credito del testatore verso terzo o nei confronti del legatario, la cui efficacia è limitata alla sola parte del credito/debito al tempo della morte;
  • Legato di alimenti (art. 660), efficace se il beneficiario è in stato di bisogno
  • Prelegato – se chi ne beneficia è uno dei coeredi – è posto a carico di tutta l’eredità e s considera come legato per l’intero ammontare;
  • Legato alternativo, avente per oggetto due diverse prestazioni determinate, pone il problema dell’identificazione di quella dovuta.
 non nella quantità determinata, il legato ha effetto solo per la quantità ritrovata.
Altre tipologie di legato:

 

 

Artt. 637 – 640 cc.: Il legato può essere sottoposto ad un termine iniziale/finale.
Al legato può rinunciarsi, se non è decorso il termine di prescrizione, con dichiarazione unilaterale non recettizia – se il legato ha ad oggetto un bene immobile, è necessaria la forma scritta.
Art. 650 cc.: Chi è interessato, può chiedere al giudice la fissazione di un termine per il rilascio di
questa dichiarazione, trascorso il quale, il diritto a rinunciare si perde.
A seguito della rinuncia, il legato viene assorbito dalla massa ereditaria.
La prestazione del legato, comprende l’oggetto e tutte le pertinenze.
Art. 667 cc.: Se si tratta di un fondo, con le costruzioni su di esso e gli accrescimenti.
Art. 669 cc.: I frutti prodotti dalla cosa spettano al legatario che è tenuto a sopportare gli oneri ed i
pesi entro il limite del valore del legato.
Art. 672 cc.: Compete all’onerato, il pagamento delle spese per la prestazione del legato.

La revoca delle disposizioni testamentarie
Art. 679 cc.: La revoca e la modifica delle disposizioni testamentarie sono oggetto di una facoltà
irrinunciabile/illimitabile/in condizionabile.
Art. 680 cc.: Revoca espressa – Con nuovo testamento o atto ricevuto da notaio in presenza di 2
testimoni, recante la dichiarazione del testatore di revocare in tutto o in parte la
disposizione anteriore.
Art. 681 cc.: Si ha revoca tacita ove il testatore confezioni un testamento posteriore.

  • Distruzione/lacerazione/cancellazione totale o parziale, da parte del testatore di un testamento olografo;
  • Ritiro di un testamento segreto;
  • Il testatore aliena la cosa legata o parte di essa o la trasformi.
 Art. 683 cc.: L’inefficacia del testamento non si riverbera negativamente sull’effetto di revoca.
La revoca è presunta in ipotesi di: 

 

Art. 687 cc.: La revoca opera di diritto con riferimento alle disposizioni a titolo universale, particolare fatte da chi al tempo del testamento non aveva o ignorava di avere figli/discendenti.

L’invalidità testamentaria

  • Casi di nullità à Tutela di accertamento;
  • Casi di annullabilità à Tutela a valenza costitutiva.

Inesistenza à se manca una dichiarazione che incarna almeno l’apparenza di un testamento, anche
per il testamento orale.
La nullità non può essere fatta valere da chi, conoscendo la causa di nullità, abbia, dopo la morte del
testatore, confermato la disposizione.
L’atto mortis causa è attribuzione a titolo gratuito.
Con riferimento al testamento si rovescia la regole dell’art. 1419 cc.: la nullità parziale è la regola,
l’intera nullità è l’eccezione.
E’ nulla la disposizione viziata da motivo illecito e quella fatta a favore di soggetto incapace di ricevere per testamento.

La successione legittima
Art. 457 cc.: Quando manca la successione testamentaria, si da accesso a quella legittima.
Art. 565 cc.: Categorie di successibili – coniuge, discendenti legittimi e naturali, ascendenti
legittimi, collaterali, altri parenti e lo Stato.
Art. 586 cc.: In favore dello Stato l’acquisto si opera di diritto senza bisogno di accettazione e
senza che si possa dar luogo a rinuncia.
Inoltre esistono due classi di successibili: - Artt. 566 – 580 cc.- Il coniuge;
- Artt. 581 – 585 cc.- I parenti.
Art. 583 cc.: Al coniuge spetta tutta l’eredità se non vi siano figli, ascendenti, fratelli/sorelle.
Art. 581 cc.: Qualora con il coniuge concorra un solo figlio al primo è devoluta metà dell’eredità;
“                     “       concorrano più figli, la quota si riduce ad un terzo.
Art. 582 cc.: Al coniuge, che concorra con ascendenti legittimi, fratelli/sorelle, spettano 2/3
dell’eredità.
Art. 583 cc.: E’ precluso l’accesso alla successione del coniuge, di parenti lontani.
Art. 585 cc.: Della stessa disciplina beneficia il coniuge separato se non è a questo addebitata la
separazione.
La sentenza di divorzio determina il venir meno dei diritti successori tra coniugi. In ipotesi di nullità dichiarata dopo la morte di uno dei due, vale per il superstite in buona fede, la comune disciplina,
egli godrà anche dei diritti di abitazione e di uso.
Art. 584 cc.: Se il coniuge della cui eredità si tratta, era al momento della morte legato ad altro
vincolo matrimoniale, il coniuge putativa, è escluso dalla successione.
Il regime patrimoniale di comunione legale, si scioglie al momento della morte, la metà di beni del
defunto sono acquistati in proprietà esclusiva dal coniuge superstite.
Per la successione dei parenti, è configurabile il concorso all’interno dello stesso ordine.
Art. 566 cc.: Alla sommità vi sono i figli legittimi e naturali, i quali là dove concorrano con il
coniuge del de cuius, succedono al padre ed alla madre in parti uguali.
Solo i figli naturali riconosciuti divengono eredi, i figli non riconoscibili, partecipano invece per la successione ex lege, con assegno vitalizio, pari all’ammontare della somma che avrebbero ricevuto
con il riconoscimento.
Art. 566 co. 2: Ai figli legittimi è riconosciuta la facoltà di estromettere dalla comunione i figli
naturali per via dell’esercizio della commutazione, soddisfacendoli in beni   
immobili/denaro.
Art. 567 cc.: Equipara ai figli legittimi i legittimati e gli adottivi di maggiore età. I quali sono
esclusi dalla successione dei parenti dell’adottante.
Art. 568 cc.: In mancanze di figli, succedono genitori ed ascendenti. L’eredità si divide in uguali
parti tra madre/padre o per intero all’unico genitore superstite, sempreché non vi sa
concorrenza con il coniuge.
Art. 569 cc.: In mancanza dei genitori, succedono gli altri ascendenti, se non sono di pari grado, si
lascia tutto all’erede più vicino.
Art. 570 cc.: Se non vi sono ascendenti/coniuge, succedono in parti uguali fratelli/sorelle
Art. 571 cc.: Nel caso di concorso di genitori legittimi, con fratelli, sorelle, germani ed unilaterali,
sono ammessi alla successione per parti uguali, ma ai genitori non può aspettare una
quota minore della metà.

 

La successione necessaria
E’ successione necessaria, quella di cui beneficiano i legittimari. Essa trova fonte nella legge e non
è un’autonoma forma di successione.
Art. 536 cc.: Sono legittimari i parenti più stretti del de cuius, ai quali la legge riserva una quota di
eredità  altri diritti nella successione, su tale quota il testatore non può imporre pesi o condizioni.
Art. 538 cc.: La quota spetta agli ascendenti legittimi solo in mancanza di figli.
Art. 548 cc.: Viene equiparata la posizione del coniuge e del coniuge separato senza addebito.
Per determinare la quota, bisogna inizialmente valutare la consistenza del patrimonio all’apertura della successione, detraendovi le poste passive ed aggiungendovi le donazioni. Da questa massa
viene detratta la legittima…ciò che residua è ciò che il defunto può utilizzare liberamente.
Art. 537 cc.: Se il genitore lascia un solo figlio, la quota di legittima è la metà del patrimonio,
qualora i figli siano più d’uno, la legittima è 2/3 da dividersi in parti uguali.
I figli naturali hanno stesso trattamento di quelli legittimi, ma questi possono chiedere la commutazione, soddisfacendo in denaro/beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli
naturali che non si oppongano.
Art. 538 co. 1: In mancanza di figli legittimi/naturali, se vi sono ascendenti legittimi, è a loro
riservato 1/3 del patrimonio.
Art. 544 co. 1: Se con essi concorre il coniuge, ad essi è riservato un ¼ del patrimonio.
La quota di spettanza del coniuge (la metà), può essere portata ad 1/3 se con lui concorre un figlio cui spetta anche 1/3; Al coniuge spetta ¼ se i figli sono più d’uno, questi dividono la metà del
patrimonio.
Al coniuge sono comunque riservati: diritto di abitazione nella residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Questo non integra la quota di
legittima.
Questi diritti costituiscono legati ex lege, essi sono acquistati senza necessaria accettazione e se vi è
disposizione testamentaria contraria, senza obbligo di azione di riduzione.
Alla quota spettante al legittimario, vanno imputate le donazioni, nonché i legati attribuiti per
testamento.
Art. 564 co. 3: Anche il legittimario che agisca per rappresentanza deve imputare le attribuzioni
fatte al suo ascendente.
Le attribuzioni cui la dispensa si riferisce non gravano sulla quota, infatti in questo caso la legittima
si espande al di là della quota fissata dalla legge.
Art. 564 ult. Co.: L’imputazione non opera cose esenti da collazione.
Art. 550 co. 1: Al legittimario è attribuita la nuda proprietà della quota disponibile/o parte di essa,
quando il testatore abbia disposto in capo ad altri soggetti il titolo di legato di usufrutto o di una rendita vitalizia il cui reddito ecceda la disponibile.
Co. 2: Autorizza a considerare l’ipotesi in cui il testatore abbia assegnato al legittimario un
diritto di usufrutto e disposto a beneficio di terzi della nuda proprietà in eccesso
rispetto al disponibile.
Art. 550 cc.: In questi casi è concesso ai legittimari di scegliere se dar esecuzione alla disposizione
(rinuncia dell’azione di riduzione, per la reintegra della legittima), o di reclamare la loro      
quota di legittima abbandonando la nuda proprietà/usufrutto, loro assegnata al legatario.
In quest’ultimo caso il legato avrà per oggetto la piena proprietà.
Art. 549 cc.: Divieto porre a carico della legittima, pesi e condizioni.
Art. 551 cc.: La decisione di far proprio il legato, preclude al legittimario la qualità di erede.
Un legato può essere attribuito al legittimario, non in sostituzione, ma in conto della legittima. Il
legittimario può rinunciare all’eredità e conseguire il legato.
Art. 552 cc.: I beneficiari potrebbero però risentire pregiudizio e a loro tutela vengono fatte salve le
assegnazioni fatte dal testatore sulla disponibile che non sarebbero soggette a riduzione se il legittimario avesse accettato l’eredità.

L’azione di riduzione
Azione di reintegrazione à Se vi sono disposizioni testamentarie e donazioni che hanno per oggetto beni che avendo valore eccedente la quota disponibile, finiscono per ripercuotersi
negativamente sulla consistenza della quota di legittima, diminuendone l’entità.
Le disposizioni testamentarie lesive, devono essere rese inefficaci, a questo mira, l’azione.
I legittimari che hanno agito in riduzione hanno diritto alla restituzione dei beni donati ed alla
divisione di quelli cui le disposizioni lesive si riferiscono.
Art. 557 cc.: L’azione compete solo ai legittimari ed ai loro eredi o aventi causa, i quali finché è in
vita il donante, non possono rinunciare a questo diritto.
Art. 564 co. 1: Quando l’azione è volta alla riduzione di donazioni e legati fatti a persone diverse
dai coeredi, perché il legittimario possa esercitarla è necessario che abbia accettato l’eredità con beneficio d’inventario (affinché si abbia conoscenza dell’effettiva consistenza del patrimonio).
Co. 2- 3- 4- 5:  Altra condizione, ove non sussista dispensa, osservanza dell’onere d’imputazione.

  • L’azione ha carattere personale;
  • Si prescrive entro dieci anni dall’apertura della successione/dalla data di accettazione dell’eredità da parte del chiamato.

 

Per determinare la violazione della legittima occorre:

  • Determinare la quota spettante per legge al legittimario attore;
  • Raffrontarla con il valore delle disposizioni di cui questo è beneficiario;
  • Appurata l’esistenza di differenza negativa, la legittima va reintegrata;
  • Dovendo essere ridotte le disposizioni testamentarie eccedenti la disponibile (art. 554 cc.).

Art. 558 cc.: La riduzione interessa tutte le disposizioni testamentarie proporzionalmente, sino a
concorrenza di quanto necessario per realizzare il diritto del legittimario. Se il testatore ha indicato che una disposizione va privilegiata, essa è ridotta dopo le altre.

Art. 555 cc.: Le donazioni non si riducono se non dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato
disposto per testamento.

Art. 559 cc.: La riduzione avviene cominciando, altrimenti, dall’ultima donazione.

Non sono oggetto di riduzione le donazioni fatte a legittimari che concorrano sull’eredità, esse vanno conferite in collazione alla massa.
La restituzione dei beni conseguente alla riduzione differisce:

  • Bene è mobile: La restituzione è oggetto di obbligazione alternativa, sarebbe il

donatario/legatario a scegliere se operarla in natura o per via della corresponsione del valore del bene di cui si tratta.

  • Bene è immobile: La reintegrazione avviene mediante la divisione del bene.

Art. 560 cc.: Se la separazione non è agevole, va verificato se il legatario/donatario, abbia nell’immobile un’eccedenza che supera il quarto del disponibile, se è così è l’immobile a permanere per intero nell’eredità, fermo l’obbligo di corrispondergli il valore della porzione disponibile; In caso contrario legatario/donatario può trattenere tutto l’immobile, compensando in denaro i legittimari. Vi è poi, il diritto del legittimario che sia anche legatario/donatario, di ritenere l’immobile, purché il suo valore non superi l’importo della porzione disponibile e della quota di legittima.
Gli immobili restituiti in natura, sono riacquisiti liberi da ogni peso salvo che la riduzione sia domandata dopo 20 anni dalla trascrizione della donazione (tranne per coniuge e parenti in linea retta del donante).

Il donatario che abbia alienato a terzi i beni donati, è obbligato a corrispondere il valore.

Art. 563 cc.: Se è infruttuosa l’escussione, il legittimario può esercitare nei confronti dei
subacquirenti, nel rispetto dell’ordine temporale, l’azione di restituzione in natura degli immobili.
         Co. 2: Analoga azione per ottenere la restituzione di beni mobili donati e dopo acquistati da
terzi, salvo il possesso in buona fede vale titolo.
Co. 3: I terzi acquirenti possono liberarsi dall’obbligo di restituzione in natura, pagando
l’equivalente in denaro. E’ intangibile il diritto dell’acquirente a titolo oneroso là dove
la trascrizione della domanda di riduzione sia eseguita dopo 10 anni dall’apertura della  
successione ed il titolo d’acquisto risulti trascritto prima della trascrizione della  
domanda riduzione.

Art. 562 cc.: Se la cosa è perita per causa imputabile al donatario/suoi aventi causa e se la
restituzione non può essere richiesta contro l’acquirente, sul donatario incombe l’obbligo di corrisponderne il valore ed il valore che non sia recuperabile, va detratto dalla massa ereditaria.

 

Gli enti. Impresa e società

Gli enti di diritto privato. Premessa

La soggettività di diritto, pertiene non solo alle persone fisiche, bensì anche ad enti e soggetti di diritto entificati. Vi è distinzione tra enti dotati di personalità giuridica ed enti sprovvisti.

Le associazioni
L’associazione è ente a struttura associativa, caratterizzata dalla presenza di più soggetti (associati) che vogliono perseguire uno scopo comune – scopo non lucrativo.

Lo scopo di lucro, sussiste là dove il fine sia di beneficiare della distribuzione degli utili prodotti dall’attività dell’ente.

L’associazione può essere o meno dotata di personalità giuridica.

Art. 14 cc.: Per costituire un’associazione riconosciuta occorre un contratto con la forma di atto pubblico. Questo è un contratto plurilaterale con comunione di scopo, aperto all’adesione di successive parti.

 

  • Le norme sull’ordinamento e l’amministrazione;
  • Indicazione dello scopo;
  • Diritti e obblighi degli associati;
  • Condizione per l’ammissione.

 

 Art. 16 cc.: Lo statuto allegato all’atto di costituzione, identifica quali dati debbano essere rappresentati da detti atti:

 

Art. 24 co. 1: La qualità di associato è intrasmissibile, a meno che non sia previsto.
Co. 2: L’associato può sempre recedere ed il recesso ha effetto con lo scadere dell’anno in
Corso.
Co. 3: L’esclusione può essere disposta solo per gravi motivi e con deliberazione
assembleare impugnabile entro 6 mesi dalla notificazione.
Ult. Co.: L’associato che cessi di far parte dell’associazione, non può ottenere la restituzione
dei  contributi versati, né può vantare diritti sul patrimonio dell’associazione.

Organi necessari sono: Assemblea e Amministratori, facoltativo è l’organo di controllo.

Art. 20 cc.: L’assemblea deve essere convocata almeno una volta all’anno per approvare il bilancio
In prima convocazione delibera a maggioranza dei voti e con la presenza di almeno la metà degli associati;

Art. 21 cc.: In seconda convocazione delibera a maggioranza qualsiasi sia il numero dei presenti.
Co 2: Le modifiche dello statuto e dell’atto costitutivo richiedono la presenza di almeno ¾
degli associati.
Ult. Co.: Lo scioglimento dell’associazione e la devoluzione del patrimonio, vanno decisi con
voto favorevole di almeno ¾ degli associati.

Art. 23 cc.: Le delibere contrarie alla legge, all’atto costitutivo e allo statuto possono essere
annullate dall’autorità giudiziaria.

Art. 18 cc.: Gli amministratori sono nominati dall’assemblea ed hanno la rappresentanza legale
dell’ente. Essi sono responsabili verso questo per gli atti che cagionino danno compiuti solo su alcuni di loro gli altri vanno esenti se ignari dell’atto.

Art. 22 cc.: Le azioni di responsabilità sono deliberate dall’assemblea.

L’estinzione dell’associazione può aversi al verificarsi delle cause di cui l’art. 27 cc. Dichiarata l’estinzione l’art. 30 impone di liquidare il patrimonio ed i beni che residuano sono oggetto di devoluzione (art. 31 cc.).
L’associazione non riconosciuta – alla quale sono dedicate poche disposizioni, infatti è l’autonomia statuaria a disciplinare organizzazione ed azione in concreto.
L’associazione non avendo personalità giuridica ha solo una limitata autonomia patrimoniale.

Art. 36 cc.: Le persone che hanno agito per nome e per conto dell’associazione, rispondono
personalmente e solidalmente nei confronti dei creditori. E’ necessario lo statuto (e l’atto costitutivo), nel quale sono trasfusi gli accordi degli associati che regolano l’ordinamento interno e l’amministrazione.

I comitati. Le fondazioni
Anche i comitati dispongono di un fondo comune costituite dalle somme raccolte presso il pubblico, in vista di uno scopo preannunciato dai promotori.

Art. 40 cc.: Gli organizzatori sono responsabili personalmente e solidalmente della sua
conservazione e destinazione allo scopo.

Art. 39 cc.: Il comitato è istituito per perseguire scopi di soccorso, beneficenza, promozione di
opere pubbliche, monumenti, esposizioni, mostre, festeggiamenti e simili.

Art. 41 cc.: I sottoscrittori sono solo tenuti a effettuare le oblazioni promesse.

E’ ipotizzato che il comitato già costituito ottenga personalità giuridica, i più ritengono che si trasformi in una fondazione/associazione riconosciuta.

A caratterizzare la fondazione è la prevalenza del carattere patrimoniale su quello personale. Nella fondazione tutto ruota intorno alla destinazione di un patrimonio ad uno scopo determinato.

Art. 14 cc.: La costituzione di una fondazione, è connessa ad un negozio unilaterale inter vivos o
mortis causa – determinato Atto di Fondazione.

Art. 15 cc.: Avvenuto il riconoscimento, tale atto non è più revocabile.

Un soggetto chiamato fondatore, provvede ad identificare alcuni beni del proprio patrimonio e a separarli, ponendo su di essi un vincolo di destinazione ad uno scopo di pubblica utilità che nell’atto deve essere individuato. Se i fondatori sono più d’uno, sono necessari più atti di fondazione. Quest’anno contiene anche disposizioni sull’amministrazione e l’organizzazione, i criteri e le modalità di erogazione delle rendite ai beneficiari. Il patrimonio è acquisito dall’ente e la natura gratuita, lo espone all’azione di riduzione.

La prevalenza patrimoniale giustifica il controllo pubblico, diretto ad assicurare la destinazione del patrimonio. Secondo l’art. 25 cc, l’autorità pubblica può:

  • Nominare o sostituire gli amministratori o i rappresentati;
  • Annullare le deliberazioni contrarie a norme imperative, all’atto di fondazione, all’ordine…;
  • Sciogliere l’amministrazione e nominare un commissario straordinario, ove si registrino irregolarità;
  • Disporre il coordinamento dell’attività di più fondazioni e l’unificazione della loro amministrazione (art. 26 cc.);
  • Provvedere alla trasformazione della fondazione quando lo scopo sia esaurito o sia divenuto impossibile/di scarsa utilità/per patrimonio insufficiente.

Art. 31 cc.: L’estinzione porta alla liquidazione dell’ente ed alla devoluzione dei beni che residuano,
questa è effettuata dalla pubblica autorità.

“Terzo settore” ed enti no profit
Il terzo settore è collocato tra il pubblico ed il privato, il massimo livello di efficienza economica non è garantito né dall’intervento dell’uno né dell’altro. Essi occupano una posizione intermedia tra Stato ed individuo.
Promozione e realizzazione di interessi sociali è il dato unificante, con libera aggregazione di individui, gli enti sono no profit – vi è quindi il divieto di distribuzione dei profitti conseguiti qual remunerazione degli apporti ricevuti. Queste organizzazioni operano grazie all’impegno di personale gratuito e volontario.

L. 266/1991 – Legge quadro sul volontariato

Art. 2 : Di volontariato, l’attività prestata in modo personale e gratuito, tramite l’organizzazione di
cui il volontario fa parte, senza fini di lucro, per fini di solidarietà.
  Co. 2: Vi può essere solo il rimborso spese.

Art. 3: Le organizzazioni sono costituite per svolgere detta attività, con il contributo delle
prestazioni personali, volontarie e gratuite.
Co. 2: Non è necessaria l’assunzione di una forma giuridica, ma è necessario che sia salvaguardato
lo scopo solidaristico.
Co. 3: Negli accordi degli aderenti, nell’atto costitutivo o nello statuto devono essere previsti
l’assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l’elettività e la gratuità delle cariche.

Art. 6: Le organizzazioni sono iscritte in apposito registro regionale.

L. 383/2000 – Statuite le associazioni a promozione sociale

Art. 2: Le associazioni riconosciute e non, i movimenti, i gruppi ed i loro coordinamenti costituiti
senza scopo di lucro al fine di svolgere attività di solidarietà sociale a favore di associati o terzi.

Art. 3: Per la costituzione è richiesto atto scritto, che deve prevedere la non lucratività e la
democraticità.

Art. 7: E’ prevista l’iscrizione in registri, uno nazionale ed uno regionale.

Art. 8: L’iscrizione è condizione per usufruire di agevolazioni e benefici fiscali.

Art. 18: Le prestazioni rese dai volontari gratuitamente/liberamente, sono l’apporto prevalente;
Solo in caso di necessità si possono assumere lavoratori dipendenti.

Art. 6: Regime della responsabilità patrimoniale: ai terzi creditori dell’associazione non
personificata, è imposto di far valere i propri diritti sul patrimonio dell’associazione e solo in via sussidiaria sul patrimonio personale di chi ha agito in nome e per conto dell’ente.

D. Lgs. 460/1997 à Ricorre alla denominazione di ONLUS per le associazioni, i comitati, le
fondazioni, le società cooperative e gli altri enti privati, con o senza personalità giuridica i cui statuti/atti costitutivi, prevedano:

  • Svolgimento di attività solo ed esclusivamente nei settori dell’assistenza sociale, sanitaria, della beneficenza, dell’istruzione, sport, formazione, tutela del patrimonio storico…;
  • Esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale;
  • Divieto di distribuzione di utili ed avanti durante la gestione;
  • Obbligo di utilizzare gli utili e gli avanzi per la realizzazione delle attività istituzionali;
  • Obbligo di devolvere il patrimonio dell’organizzazione, in caso di scioglimento, ad altre ONLUS o a fini di pubblica utilità;
  • Obbligo di redigere il bilancio o rendiconto annuale;
  • Disciplina uniforme del rapporto associativo;
  • Uso della denominazione o dell’acronimo ONLUS.

Art. 10: E’ stabilito cosa sia da definire per “finalità di solidarietà sociale”. Per poi affermare che:

  • Sono tra le ONLUS gli organismi di volontariato di cui la L. 266/1991 iscritti nei registri regionali e le cooperative sociali L. 381/1991;
  • Mai sono da ricomprendere gli enti pubblici, le società commerciali, i partiti…

L’essere o meno ONLUS rileva per fini di agevolazione fiscale.
D. L. 35/2005 à Le liberalità in denaro o in natura erogate in favore di ONLUS sono deducibili dal
reddito complessivo del soggetto erogatore nel limite del 10% del reddito, nella misura massima di 70.000 € annui.

Impresa, iniziativa economica privata e concorrenza

Art. 41 cost.: Libertà d’iniziativa economica privata, non può svolgersi in contrasto con l’utilità
sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. E’ riservato alla legge di determinare i programmi ed i controlli opportuni.

Si cerca così di coordinare 3 momenti: l’iniziativa privata, i limiti di ordine sociale, la programmazioni pubblica.
Per far sì che il progresso economico non sia disgiunto da quello sociale e civile, occorre garantire equilibrio tra liberalismo e dirigismo.

La libertà di mercato è data dalla concorrenza di più operatori in competizione tra loro nello stesso settore. La concorrenza è fondamentale, ma si ovvia ad effetti dannosi:

Art. 2595 cc.: Legittima limiti stabiliti dalla legge e imposti dalla necessità d’impedire che siano
sacrificati i superiori interessi dell’economia nazionale.

Art. 2596 cc.: Liceità dei patti limitativi della concorrenza, validità condizionata dal fatto che non
eccedano la durata di 5 anni e non si estendano oltre una determinata zona.

L. 287/1990 à Introduzione di una normativa Antitrust
Art. 2: Vietate le intese restrittive della libertà di concorrenza.

Art. 3: Vietato l’abuso di posizione dominante.

Art. 6: Vietate le operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza.

Art. 10: Per vigilare è stata istituita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Questa disciplina tende a rendere effettiva la concorrenza eliminando pratiche discorsive.
L. 192/1998 à Legge in tema di subfornitura

Art. 9: Divieto di abuso, da parte di una o più imprese, dello stato di dipendenza economica nel
quale si trova, nel suo o nei loro riguardi, un’impresa cliente e fornitrice, risultando affermata la nullità del patto.

Art. 2597 cc.: Obbligo di contrarre imposto al monopolista.

Artt. 2598 – 2601 cc.: Concorrenza sleale.

A fronte della violazione delle regole sulla concorrenza sleale, è predisposto un apparato sanzionatoria, accanto a misure inibitorie (art. 2599), vi è il risarcimento del danno (art. 2600).

Art. 2601 cc.: L’azione in giudizio è mossa dal singolo operatore economico o dalle associazioni
che rappresentano la categoria.

  • Quelli volti ad ingenerare confusione nel pubblico;
  • Quelli legati alla diffusione di notizie e apprezzamenti atti a screditare un concorrente o consistenti nell’appropriazione di pregi;
  • Quelli non conformi ai principi della correttezza professionale ed idonei a danneggiare l’azienda altrui.
 
Art. 2598 cc.: Sono atti di concorrenza sleale:

 

 

I caratteri dell’impresa

L’impresa è definita tramite l’individuazione dei caratteri – l’art. 2082 cc. – consente di identificare gli elementi costitutivi dell’impresa:
L’Attività: I privati utilizzano atti per dar attuazione a dei loro interessi. Gli atti sono correlati tra loro in vista di un obiettivo. L’attività ha alcuni attributi, se ne manca uno, non si ha un’impresa.

  • Attività Economica: deve essere connessa alla produzione o allo scambio di beni e servizi, tale attività è assoggettata alle leggi dell’economia capitalistica che impronta il sistema alla regola della concorrenza;
  • Attività Organizzata: l’azienda si definisce in primo luogo “complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”;
  • Natura Professionale: ove l’attività sia svolta abitualmente.

 

Gli statuti dell’impresa. Imprenditore agricolo e commerciale

La definizione di impresa si specifica in alcuni statuti. Le imprese si differenziano a seconda dell’oggetto dell’attività svolta e sulla base delle dimensioni.

D. Lgs. 228/2001 à L’imprenditore agricolo
Art. 2135 (ridisegnato): è colui che svolge una delle seguenti attività: coltivazione del fondo,
silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

L. 99/2004 à La qualità d’imprenditore agricolo professionale è attribuita a chi dedichi dette
attività almeno il 50% del proprio tempo di lavoro e chi ne ricavi almeno il 50% del reddito.

Art. 2135 cc.: Il coltivazione del fondo, quelle predette  e quelle di manipolazione, conservazione,
trasformazione, commercializzazione, valorizzazione dei prodotti ottenuti.

  • Attività industriale diretta alla produzione di beni e servizi;
  • Attività di intermediazione nella circolazione dei beni;
  • Attività di trasporto terrestre, marittimo ed aereo;
  • Attività bancaria/assicurativa;
  • Altre attività ausiliarie alle precedenti.
 Art. 2195 cc.: L’imprenditore commerciale che svolge le seguenti attività deve iscriversi nel registro delle imprese:

 

D. Lgs. 228/2001 à Imprenditore agricolo e commerciale devono iscrivere le imprese, questo
produce pubblicità, ma anche opponibilità a terzi.

Diversa disciplina si ha però per la tenuta di libri obbligatori e scritture contabili:
Art. 2214 cc.: Vi è obbligo solo per l’imprenditore commerciale di tenere il libro giornale e degli
inventari. Questi documenti fanno prova dell’imprenditore contro terzi e possono costituire prova tra imprenditori per i rapporti inerenti l’esercizio dell’impresa.

D. Lgs. 5/2006 à Procedure concorsuali – Questa disciplina mira a:

  • Incentivare il superamento della crisi senza compromettere l’impresa;
  • Puntare sulla difesa degli assetti imprenditoriali, sul recupero delle capacità produttive dell’impresa;
  • Valorizzazione dei fattori e delle potenzialità di risanamento/ristrutturazione.

Lo stato d’insolvenza porta alla procedura fallimentare che involge ogni bene de debitore e vede concorrere tutti i creditori guardando alle cause di prelazione.

Art. 27 l. fall.: La sentenza di fallimento nomina un curatore che amministra il patrimonio
fallimentare, compiendo tutte le operazioni della procedura sotto vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.

Artt. 142 – 144 l. fall.: Istituto della esdebitazione, di cui può beneficiare il fallito, persona fisica,
che abbia con diligenza collaborato al regolare svolgimento della procedura, non rendendosi autore di violazioni e non avendo condanne per delitti. Essa è dichiarata dal tribunale e determina la liberazione del debitore fallito dai debiti residui.

Il concordato preventivo, mira ad accreditare una soluzione che scongiuri il fallimento.
E’ il tribunale a dar luogo alla procedura previo esame della domanda e della documentazione inoltrata dall’imprenditore. Il provvedimento reca la convocazione dei creditori per la votazione della proposta avanzata e solo ad esito positivo, il tribunale approva il concordato con decreto motivato.

E’ possibile che l’imprenditore depositi un accordo di ristrutturazione dei debiti, stipulato con i creditori rappresentanti il 60% dell’ammontare dei crediti ed effettuata la pubblicazione dell’accordo, l’omologazione è disposta dal tribunale.

La liquidazione coatta amministrativa è una speciale procedura alternativa al fallimento per particolari categorie d’imprese.

L. 270/1999 à All’amministrazione straordinaria, possono essere ammesse solo grandi imprese con debiti pari ai 2/3 dell’attivo dello stato patrimoniale e dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell’esercizio.

D. Lgs. 5/2006 ha soppresso l’amministrazione controllata, che poteva essere disposta dal tribunale se approvata dalla maggioranza dei creditori, in ipotesi di crisi di natura contingente e temporanea e in presenza di possibilità di risanamento dell’impresa. La gestione era sottoposta a controllo giudiziale per massimo 2 anni.

Il piccolo imprenditore

Art. 2083 cc.: Sono piccoli imprenditori, i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli
commercianti e colo che esercitano un’attività professionale organizzata con il lavoro proprio e della famiglia.

Art. 2214 cc.: Il piccolo imprenditore: è esonerato dall’obbligo di tenuta di libri contabili – non è
soggetto al fallimento ed alle procedure concorsuali.

Egli differisce dall’imprenditore agricolo, in quanto non è obbligato all’iscrizione nel registro delle imprese.
Non sono piccoli imprenditori, quelli che abbiano investito nell’azienda, un capitale superiore a 300.000 o abbiano realizzato ricavi lordi per un ammontare annuo di oltre 200.000 €.

Il contratto di società

Si può avere esercizio individuale dell’impresa, ma solitamente questa trova svolgimento in forma collettiva grazie al concorde e comune impegno di più soggetti. L’impresa collettiva rimanda al
concetto di società

Art. 2247 cc.: Tramite il contratto di società, due o più persone, conferiscono beni/servizi per l’esercizio di una comune attività economica allo scopo di dividerne gli utili.

E’ prevista però la possibilità che a costituire una società possa essere un atto unilaterale. La pluralità dei contraenti, determina però la natura plurilaterale del contratto.

Art. 2248 cc.: Il patrimonio è dell’ente, non dei soci, esso consiste inoltre, nel conferimento di beni e servizi. Esso non è oggetto di godimento, ma la comunione è costituita/mantenuta secondo le regola della comunione e non della società.

Art. 2256 cc.: E’ vietato al socio, senza consenso unanime degli altri soci, di utilizzare il patrimonio
della società, per scopi a questa estranei.

Art. 2272 cc.: Allo scioglimento della società, si addiviene solo nei casi enumerati in detto articolo e mai per decisione del singolo socio.

In una società, tutti i soci concorrono alla gestione dell’ente.

Art. 2247 cc.: Fa riferimento allo scopo di lucro. A rilevare è che il contratto non escluda un’attività
diretta al conseguimento del lucro.

Esistono però società cooperative, di mutua assicurazione, società consortili, che non sono lucrative.

Il principio di tipicità

Art. 2249 cc.: Questo articolo è espressione del principio di tipicità, secondo cui i privati non possono liberamente scegliere il tipo di società, né tanto meno creare nuovi schemi.

Unica possibilità d’autonomia è la concessione d’inserire clausole atipiche, le quali non devono comunque contrastare con le norme imperative o snaturare le caratteristiche essenziali del tipo di società adottato.

Art. 2249 cc. co. 1: Società che hanno per oggetto l’esercizio di un’attività commerciale.
Il concetto di attività commerciale, trova specificazione dell’art. 2195 cc.; Per lo svolgimento di dette attività le società devono di necessità costituirsi secondo uno dei tipi regolati nei Capi III e seguenti di questo Titolo – Tutte le società, tranne quella semplice, sono idonee.

Art. 2249 cc. co. 2: Società che hanno per oggetto l’esercizio di un’attività diversa.
Società non commerciali svolgono attività diverse da quelle dell’art. 2195 cc.; Per queste, oltre alla società semplice, si può ricorrere “ad uno degli altri tipi dei Capi III e seguenti di questo Titolo.

Art. 2249 cc. co. 3: Società cooperative e società costituite per l’esercizio di particolari categorie
d’impresa.
Soggette alle specifiche disposizioni che le riguardano.

I criteri distintivi tra le società. Società di persone e di capitali. La
disciplina della trasformazione

Solitamente le società si distinguono a seconda del rilievo che in esse è dato ai soci:

Società semplice

Società per azioni

Società cooperativa

Ne fanno parte: la società collettiva e la società in accomandita semplice . La loro organizzazione ruota all’elemento personale: il socio è amministratore della società e risponde con il proprio patrimonio personale ed in solido con gli altri  dei debiti sociali. Queste società non hanno personalità giuridica.

Ne fanno parte: la società a responsabilità limitata e la società in accomandita per azioni. La centralità è data al patrimonio, il socio rileva solo in quanto contribuisce alla formazione del capitale necessario allo svolgimento delle attività. Egli rischia solo nei limiti del conferimento e non sul proprio patrimonio. L’amministrazione può essere ance affidata a soggetti terzi.

Condivide molti caratteri con la società di capitali, ma è autonoma altri profili connessi con lo scopo mutualistico e non lucrativo.

In attuazione della L. 366/2001 sono stati introdotti due provvedimenti:

1) D. Lgs. 5/2003 à Introduce una procedura più agevole, per il contenzioso riguardante il diritto
       societario e l’intermediazione finanziaria, nonché la materia bancaria e creditizia.

2) D. Lgs. 6/2003 à Attua una riforma della disciplina delle società di capitali e cooperative.
Riforme importanti anche nell’istituto della trasformazione.

Una società di persone può trasformarsi in società di capitali e viceversa: Trasformazione omogenea.
Una società si trasforma in un ente con natura giuridica diversa: Trasformazione eterogenea.

L’ente trasformato conserva diritti ed obblighi proseguendo tutti i rapporti processuali dell’ente che ha effettuato la trasformazione. La trasformazione, non determina l’estinzione dell’ente.

Art. 2500 co. 2: L’effetto della trasformazione si produce quando l’ultimo degli adempimenti pubblicitari richiesti da detto articolo è assolto.

Art. 2500 novies: Le trasformazioni eterogenee hanno effetto dopo 60 giorni da questo momento.

Trasformazione omogenea

Trasformazione di società di persone in società di capitali

Trasformazione di società di capitali in società di persone

Art. 2500 cc.: La trasformazione deve risultare da atto pubblico ed è decisa con il consenso della maggioranza dei soci, salvo il diritto di recesso accordato al socio che non abbia concorso alla decisione.
A ciascun socio viene attribuito un numero di azioni/quota proporzionale alla sua partecipazione. Essa non consegue la liberazione dei soci a responsabilità illimitata, che rispondono delle obbligazioni sorte prima.

Art. 2500 cc.: E’ deliberata dalla maggioranza prevista per le modifiche statuarie e con il consenso necessario dei soci che divengono illimitatamente responsabili. Questi rispondono anche delle obbligazioni sorte prima della trasformazione. Ogni socio ha diritto all’assegnazione di una partecipazione proporzionale alla valore della quota/delle azioni.

Trasformazione eterogenea

Trasformazione di società di capitali in società cooperative…

Trasformazione di società cooperative, consorzi…in società di capitali

Art. 2500 cc: La deliberazione deve essere assunta con voto favorevole dei 2/3 degli aventi diritto e con il consenso dei soci destinati ad assumere responsabilità illimitata.

Art. 2500 cc.: E’ vietata la trasformazione se ciò sia escluso dall’atto costitutivo/dalla legge e quando si tratti di associazioni che abbiano ricevuto contributi pubblici, liberalità, oblazioni. Nei casi contrari, il capitale sociale è diviso in parti uguali tra gli associati. Per la trasformazione di fondazioni, è previsto che a disporla sia l’autorità governativa e che le azioni o le quote siano assegnate secondo le disposizioni dell’atto di fondazione o secondo le regole dell’art. 31 cc.

Entro i 60 giorni, i creditori possono promuovere opposizione.

 

La società semplice

La società semplice non può avere ad oggetto lo svolgimento di attività commerciali, il principale campo di applicazione è l’attività agricola.

Art. 2253 cc.: Per il contratto sociale non è richiesta una particolare forma, esso deve solo precisare
i conferimenti cui il socio è obbligato.

Art. 2251 cc.: Solo se oggetto di conferimento sia un bene o un diritto tra quelli dell’art. 1350 cc. è richiesta la forma scritta.

Art. 2252 cc.: Il contratto è immodificabile senza il consenso unanime, ma i contraenti possono stabilire che sia la maggioranza a poter portare alle modifiche.

Art. 2285 cc.: Ogni socio può recedere se il contratto non prevede una durata determinata e nei casi di durata, qualora sussistano giuste cause.

Artt. 2286- 2287- 2288: La maggioranza dei soci può deliberare l’esclusione di un socio, il quale ha solo diritto alla liquidazione della sua quota e non è responsabile verso terzi, per le obbligazioni contratte dopo li scioglimento del rapporto.

Art. 2262 cc.: La società semplice è lucrativa, ciascun socio ha diritto a percepire la sua parte dell’utile.

Art. 2263 cc.: Se il contratto determina solo la parte che ogni socio guadagni, si presume che nella stessa misura egli partecipi alle perdite. E’ nullo il patto che escluda un socio o più alla partecipazione di utili o perdite.

Art. 2257 cc.: Salvo diversa pattuizione, l’amministrazione della società semplice spetta a ciascun socio, disgiuntamente dagli altri. Ogni socio ha diritto di opporsi all’operazione che un altro voglia effettuare e su questa decide la maggioranza.

Art. 2258 cc.: Può essere stabilito, però, che l’amministrazione sia congiuntiva, le operazioni sociali potranno compiersi solo con il consenso unanime di tutti i soci amministratori, tranne nel caso di urgenza. E’ possibile che l’amministrazione sia affidata alla maggioranza dei soci.

Art. 2261 cc.: Gli amministratori devono dare notizia dello svolgimento degli affari sociali ai soci che non partecipano all’amministrazione e sono tenuti a consentire la consultazione dei documenti.

Art. 2260 cc.: Diritti ed obblighi degli amministratori, sono regolati dalle disposizioni sul mandato. Essi sono solidalmente responsabili per l’adempimento degli obblighi a meno che non provino di non avere colpa.

Art. 2266 cc.: L’amministrazione rileva nei rapporti interni, la rappresentanza nei rapporti con terzi. Questa spetta (sdd) a ciascun socio amministratore.

La società semplice non ha personalità giuridica, i soci che hanno agito in nome e per conto, rispondono personalmente delle obbligazioni. Tale responsabilità è però sussidiaria, il socio, cui il creditore si è rivolto, può invocare il beneficio della preventiva escussione del patrimonio sociale.

Il creditore particolare del socio, non può contare sui beni del patrimonio sociale, i quali hanno un vincolo di scopo. Secondo l’art. 2270, egli può solo agire sugli utili spettanti al socio debitore. Se i beni personali del debitore non sono sufficienti, il creditore può chiedere la liquidazione della quota.

Art. 2272 cc.: Cause di scioglimento della società, queste operano di diritto. A scioglimento avvenuto, va operata la liquidazione del patrimonio sociale.

La società in nome collettivo

Art. 2293 cc.: Alla società in nome collettivo, si applicano le norme sulla società semplice.

Art. 2291 cc.: La responsabilità è solidale ed illimitata di tutti i soci. Patto contrario è nella società
a nome collettivo è privo di effetti verso terzi.

Art. 2304 cc.: Ogni socio può essere chiamato a rispondere dell’adempimento delle obbligazioni ,
vi  comunque il beneficio di escussione del patrimonio sociale.

Art. 2301 cc.: La società in nome collettivo può svolgere attività commerciale, ciò è alla base del
divieto di concorrenza. Il divieto è superabile con il consenso degli altri soci e questi si presumono se le ragioni della concorrenza preesistevano al contratto sociale ed
erano già note agli altri soci.

Art. 2296 cc.: L’atto costitutivo va redatto in forma scritta con atto pubblico o scrittura privata
autenticata (altrimenti è una società irregolare, disciplinata dalla normativa sulla società semplice). L’atto deve essere depositato entro 30 giorni per l’iscrizione
presso l’ufficio registro.

Art. 2295 cc.: L’atto costitutivo, deve indicare i soci che hanno l’amministrazione e la
rappresentanza della società.

Art. 2298 cc.: Amministratore può anche essere un solo socio. Chi ha l’amministrazione agisce
quale mandatario e ove abbia la rappresentanza, può compiere atti che rientrano
nell’oggetto sociale.

Art. 2300 cc.: Sono gli amministratori a dover richiedere all’ufficio del registro, l’iscrizione delle
modificazioni dell’atto costitutivo e degli altri fatti per i quali è prevista la pubblicazione.

Art. 2302 cc.: Compete sempre agli amministratori, la tenuta di libri e scritture contabili.

Il patrimonio sociale è dato dal conferimento dei soci e deve rimanere integro. L’art. 2303 cc.:

  • Vieta di procedere a ripartizioni di somme tra i soci se non per gli utili;
  • Impone, in caso di perdita del capitale sociale, la sua reintegrazione/riduzione in misura

corrispondente.

Art. 2305 cc.: Al creditore particolare è negato di chiedere la liquidazione della quota del debitore.

Art. 2308 cc.: Allo scioglimento della società seguono la fase di liquidazione e dopo
l’approvazione del bilancio finale, la cancellazione dal registro.

La società in accomandita, semplice e per azioni

La società per accomandita può rientrare nel novero delle società di persone (semplice) o nella sfera delle società di capitali (per azioni).

Art. 2323 cc.: Sono distinguibili de categorie di soci, la cui coesistenza è necessaria, in mancanze
di una delle due categorie, la società si scioglie.

Art. 2313 cc.: I soci accomandanti à Rispondono per le obbligazioni limitatamente alla quota;
I soci accomandatari à Hanno responsabilità solidale ed illimitata. Spetta inoltre,
solo a questi l’amministrazione e la rappresentanza della società

Art. 2315 cc.: Alle società in accomandita semplice, sono dedicate alcune disposizioni, ma sono
applicabili anche quelle delle società in nome collettivo, tra le quali, quella dell’iscrizione.

Art. 2316 cc.: Spetta all’atto costitutivo identificare i soci accomandatari ed accomandati.

Art. 2320 cc.: L’interferenza del socio accomandante nell’amministrazione, determina la perdita
del beneficio della limitazione di responsabilità ed è causa di esclusione.

Se la società è semplice le quote non possono essere rappresentate da azioni e viceversa.

Art. 2322 cc.: La disciplina della s.a.s. consente il trasferimento della quota del socio accomandante per causa di morte o inter vivos (sdd).

Alla società in accomandita per azioni, oltre alle disposizioni contenute negli artt. 2455 – 2461, si applicano quelle delle società per azioni.

Art. 2455 cc.: Il potere di gestione è legato alla qualità di socio accomandatario, questo è di diritto amministratore.

Art. 2461 cc.: La responsabilità dei soci accomandatari verso terzi è disciplinata da detto articolo.

Art. 2458 cc.: E’ causa di scioglimento della società, la cessazione dall’ufficio di tutti gli amministratori, salva nel periodo intermedio la nomina di un amministratore provvisorio.

La società per azioni
E’ il tipo più rappresentativo delle società per capitali.

Art. 2327 cc.: Per costituire una s.p.a. occorre un capitale minimo di 120.000 €.
Devono essere rispettate le condizioni dell’art. 2329, ove è stabilito che il capitale deve essere sottoscritto.
Art. 2328 cc.: E’ necessario un atto costitutivo pubblico o unilaterale.

Art. 2330 cc.: Il notaio che abbia ricevuto l’atto costitutivo è tenuto a depositarlo entro 10 giorni presso l’ufficio del registro delle imprese, perché si iscriva la società all’esito di un controllo.

 

  • Mancata stipulazione dell’atto costitutivo nelle forme previste;
  • Illiceità dell’oggetto sociale;
  • Omessa indicazione nell’atto costitutivo di elementi importanti.
 Art. 2331 cc.: Con l’iscrizione si acquista personalità giuridica. Per le operazioni compiute prima dell’iscrizione, sono illimitatamente e solidalmente responsabili verso terzi coloro che hanno agito, ma può essere anche l’unico socio fondatore a rispondere.

Art. 2332 cc.: Le cause di nullità della società sono:

Ma la nullità non pregiudica l’efficacia degli atti compiuti dopo l’iscrizione nel registro delle       
imprese. L’eliminazione della causa di nullità è impedimento alla dichiarazione di nullità.

Art. 2341 cc.: I patti parasociali, hanno lo scopo di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società  e si sostanziano in accordi incidenti sull’esercizio del diritto di voto o diretti ad eliminare il trasferimento delle azioni…
E’ previsto un termine massimo di 5 anni, nel caso in cui nessun termine di durata sia previsto, ciascun contraente ha diritto di recedere con preavviso di 180 giorni. In caso d’inadempimento vi è il risarcimento del danno.

E’ data alla società la possibilità:

  • Di costituire uno o più patrimoni destinati in via esclusiva ad uno specifico affare, per un valore non superiore al 10% del patrimonio netto della società;

Questo patrimonio va autonomamente rendicontato e delle obbligazioni contratte, la società risponde nei limiti del patrimonio dell’affare medesimo, vi è responsabilità illimitata per obbligazioni da fatto illecito.

  • Di convenire che, nel contratto relativo al finanziamento/al rimborso, si provveda impiegando i proventi dell’affare stesso o parte di essi.

Vi possono essere quindi patrimoni separati sui quali i creditori della società non possono rifarsi..

Art. 2346 cc.: La partecipazione sociale è rappresentata da azioni, ma lo statuto può escludere l’emissione dei relativi titoli o di prevedere l’uso di diverse tecniche di legittimazione e circolazione.

Le azioni sono particolari titoli di credito che attribuiscono al titolare:

  • Il diritto ad una parte degli utili netti annualmente conseguiti;
  • Il diritto ad una parte del patrimonio netto risultante dalla liquidazione;
  • Il diritto di voto.

Art. 2348 cc.: Diverse sono le categorie di azioni, ma quelle della stessa categoria, conferiscono stessi diritti.

Art. 2346 cc.: Ogni azione ha un valore nominale corrispondente ad una frazione del capitale sociale, ma è ipotizzabile che la società decida di emettere azioni senza indicarne il valore nominale, in questo caso la dimensione della partecipazione del socio è data dal rapporto tra il numero di azioni possedute e quello azioni totali emesse.

Art. 2347 cc.: Sono elencate le cause di recesso, ma le società che non fanno ricorso al mercato, possono prevederne altre. Il recesso non può esercitarsi se la società, entro 90 giorni, revochi la deliberazione che lo legittima o deliberi lo scioglimento. Al recesso vengono liquidate le azioni.

Per l’organizzazione si può scegliere tra 3 sistemi:
1) Artt. 2380 – 2409 cc. – classico:
Presenza di un organo di amministrazione di nomina assembleare, distinto dall’organo di controllo, i cui membri sono nominati da un’assemblea. Il collegio sindacale opera il controllo sulla gestione .
Inoltre vi è un revisore contabile o una società di revisione.
2) Artt. 2409 octies – 2409 quinquiesdedecies – matrice germanica - dualistico:
L’amministrazione è affidata ad un consiglio di gestione, mentre il controllo è esercitato da un consiglio di sorveglianza. E’ questo a nominare/revocare i componenti del consiglio di gestione ed ad approvare il bilancio.
3) Artt. 2409 sexiesdecies – 2409 noviesdecies – matrice anglosassone - monistico:
L’amministrazione ed il controllo della società non fanno capo ad organi distinti: se la gestione in va esclusiva spetta al consiglio d’amministrazione, il controllo è esercitato da un comitato.

Le competenze dell’assemblea variano, per esempio, l’approvazione del bilancio e la nomina dei membri dell’organo di gestione spettano – nell’assetto classico al consiglio di sorveglianza, nel secondo all’assemblea ordinaria.

Art. 2377 cc.: L’annullabilità deve essere fatta valere da tanti soci che rappresentino l’uno per mille del capitale sociale ed il 5% delle società che fanno ricorso al mercato.
I soci che non rappresentano questa parte, possono chiedere solo il risarcimento danni.
Il termine per l’impugnativa e per la domanda di risarcimento è 90 giorni.

Art. 2379 cc.: Può agire per la declaratoria di nullità chiunque  vi abbia interesse entro 3 anni 
dalla trascrizione della deliberazione nel registro delle imprese o dalla trascrizione nel libro delle adunanze. E senza limiti di tempo se la deliberazione impugnata modifichi l’oggetto sociale prevedendo attività illecite/impossibili.
La nullità per mancata riunione assembleare o mancata verbalizzazione, possono essere sanate.

E’ stato fissato al 30 Settembre 2004 il termine per l’adeguamento dell’atto costitutivo e dello statuto alle nuove disposizioni inderogabili per le società per azioni iscritte nel registro alla data 1° Gennaio 2004. Alle società per azioni con capitale inferiore a 120.000 € è dato conservare per il tempo previsto, la forma di s.p.a.

L. 262/2005 à Migliorare le regole sulla trasparenza e la correttezza, con l’introduzione di norme:

  • Sulla struttura e sul funzionamento degli organi di amministrazione e di controllo;
  • Sulle società italiane controllanti, controllate o collegate a società aventi sede legale in Stati i cui ordinamenti non garantiscono la trasparenza societaria;
  • Sull’informazione circa l’adesione a codici comportamentali;
  • Sulla redazione dei documenti contabili societari;
  • Sulla revisione contabile.

La società a responsabilità limitata
Art. 2463 cc.: La costituzione è legata alla stipulazione di un atto costitutivo ed è governata da regole analoghe a quelle della s.p.a., anche per il profilo di nullità della società.
L’ammontare minimo del capitale sociale è 10.000€.

La personalità giuridica è acquisita con l’iscrizione nel registro delle imprese.

Art. 2464 cc.: I conferimenti operati dai soci possono riguardare tutti gli elementi dell’attivo suscettibili di valutazione economica, prestazioni d’opera/servizi resi a favore della società, garantite da polizza assicurativa o fideiussione bancaria o versamento di cauzione. Il conferimento è un obbligo.

Art. 2467 cc.: Il finanziamento è conferito qualora la società versi in difficoltà economica o finanziaria e per il quale è previsto il rimborso.

Art. 2483 cc.:Per finanziare le proprie attività è ammessa l’emissione di titoli di debito. Detti titoli possono essere sottoscritti solo da investitori professionali soggetti a vigilanza, ma in caso di successiva circolazione, ad investitori non professionali, chi li trasferisce risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti.

Art. 2468 cc.: Le quote di partecipazione di ciascun socio, non possono essere rappresentate da
azioni, né costituire oggetto di sollecitazione all’investimento e sono determinate in proporzione all’entità del conferimento.
I diritti sociali, spettano ai soci in misura proporzionale alla quota di partecipazione
posseduta, fatta salva la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione a 
singoli soci di particolari diritti sull’amministrazione della società o la distribuzione degli utili.

Art. 2469 cc.: Vige la regola della libera trasferibilità.

Art. 2470 cc.: Il trasferimento produce effetto solo dal momento dell’iscrizione nel libro dei soci.

Art. 2473 cc.: Il recesso dei soci è consentito nei casi e nei modi stabiliti dall’atto costitutivo, inoltre
sono elencate in questo articolo anche le ipotesi recesso legale. Entro 6 mesi dal recesso,
vi è  il rimborso della quota di partecipazione in proporzione al patrimonio sociale.

Le norme relative all’amministrazione, al funzionamento, alla rappresentanza, le persone cui è affidata l’amministrazione ed i soggetti cui è affidato il controllo contabile, devono essere stabilite nell’atto costitutivo.

Art. 2475 cc.: L’amministrazione può essere affidata ad uno o più soci all’interno della compagine sociale designati, i quali hanno rappresentanza generale della società; ove siano più d’uno si costituisce il consiglio d’amministrazione. L’atto costitutivo può prevedere che le decisioni del consiglio siano assunte mediante consultazione scritta o consenso scritto.

L’atto costitutivo può stabilire se l’amministrazione sia congiunta o disgiunta.

Art. 2476 cc.: Oltre al conflitto d’interessi che può portare all’annullamento di contratti conclusi, è disciplinata la responsabilità solidale per danni derivanti dall’inosservanza dei doveri imposti dalla legge e dall’atto costitutivo. Ciascun socio può promuovere l’azione che è rinunciabile se vi è accordo dei 2/3 dei rappresentanti del capitale.

Art. 2477 cc.: Per il controllo della gestione c’è la nomina del collegio sindacale solo se il capitale
sociale non è inferiore a quello minimo stabilito per la s.p.a. e là dove per 2 esercizi consecutivi siano stati superati i limiti, dell’art. 2435 cc., per la redazione del
bilancio consolidato. Resta all’atto la nomina o meno del collegio sindacale.

Artt. 2479 ss.: Richiamano le decisioni dei soci che l’atto costitutivo può prevedere siano adottate
mediante consultazione scritta o sulla base del consenso scritto e che in via residuale ed in relazione ad alcune materie, vanno assunte con deliberazione assembleare.
Le decisioni dei soci sono invalide quando:

  • Non siano conformi alla legge o all’atto costitutivo;
  • Possano recare danno alla società, perché assunte con voto determinante di soci in conflitto d’interessi;
  • Riguardino un oggetto illecito/impossibile o siano adottate in totale assenza d’informazione;
  • Modifichino l’oggetto sociale prevedendo attività impossibili/illecite.
 

 

Possono comunque operare regole di sanatoria.

 

L’estinzione delle società di capitali. La disciplina dei gruppi di società

Artt. 2484 – 2496 cc.: V è un’unica disciplina dello scioglimento e della liquidazione.

A queste consegue il cancellazione dal registro delle imprese, al quale si può addivenire anche con:

  • La fusione;
  • La scissione integrale.

All’estinzione in questi casi si addiviene senza liquidazione.

Art. 2484 cc.: Sono elencate le cause di scioglimento, verificatasi una delle quali, si addiviene alla liquidazione, cha ha avvio con la deliberazione assembleare di nomina di liquidatori e di fissazione di criteri di svolgimento della procedura.
Lo stato di liquidazione può essere sempre revocato, previa eliminazione della causa di scioglimento.

Art. 2492 cc.: La liquidazione mira alla monetarizzazione del patrimonio della società ed alla
redazione di un bilancio finale, recante il piano di riparto, cioè l’indicazione della parte spettante a ciascun socio.

Art. 2493 cc.: IL bilancio è depositato presso l’ufficio del registro delle imprese e se non intervengono reclami entro 3 mesi, s’intende approvato.

Art. 2495 cc.: Segue la cancellazione dal registro.

Capo IX à Regole volte a disciplinare i gruppi di società.
Per esempio dove una società capogruppo direttamente o indirettamente il controllo su un o più società del gruppo, per via della prevalente partecipazione al loro capitale.

Art. 2497 cc.: Responsabilità verso i soci delle società del gruppo e nei confronti dei creditori sociali, delle società che abbiano operato in violazione dei principi di corretta gestione.
Le decisioni devono essere motivate, pena l’invalidità.

Art. 2498 cc.: Impone di dar indicazione della soggezione all’altrui attività di direzione e
coordinamento negli atti e nella corrispondenza, nonché d’iscriversi in un’apposita sezione del registro delle imprese di dati volti a rendere identificabili le società capogruppo e quelle del gruppo medesimo. L’omessa iscrizione rende gli amministratori responsabili per danni

Le società cooperative
La società cooperativa si riconosce nella sua funzione sociale, nel carattere della mutualità e
nell’assenza di fini di lucro.
I soci cooperatori tramite la partecipazione alla società, divengono diretti fruitori dell’attività da questa svolta o sono essi stessi i fornitori di detti beni/servizi impiegati per lo svolgimento
dell’attività.
Art. 2516 cc.: L’attività sociale è rivolta ai soci e a beneficio di essi , nel rispetto del principio di
parità di trattamento, ma non è precluso alla cooperativa di lavorare con soggetti terzi.
Esistono due categorie di cooperative: Quelle a mutualità prevalente e quelle che non presentano questa qualità.
Le caratteristiche delle prime sono elencate nell’art. 2512 e devono essere riportate nello statuto i requisiti dell’art. 2514 cc. ( devoluzione dell’intero patrimonio sociale, dedotto solo il capitale sociale ed i dividendi maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della società.
Solo per le società cooperative a mutualità prevalente, la legge prevede delle agevolazioni fiscali.
Art. 2512 cc.: E’ prevista l’iscrizione in un apposito albo avo vanno depositati annualmente i
bilanci ed il numero dell’iscrizione va iscritto negli atti e nella corrispondenza.
Solo per società di diverso tipo è data la trasformazione in altro tipo di società o consorzio.
Art. 2519 cc.: Trovano applicazione le disposizioni sulla s.p.a., a meno che l’atto costitutivo non
richiami e norme sulla s.r.l.; Ciò è consentito solo se il numero di soci è inferiore a   
20 o l’attivo dello stato patrimoniale non superi il milione di €.
Art. 2525 cc.: Il capitale è ripartito, nell’un caso in azioni, nell’altro in quote il cui valore non può
essere inferiore a 25€ né per le azioni superiore a 500€ ed il trasferimento delle quali deve essere autorizzato dagli amministratori..
Nessun socio può essere titolare di una quota superiore a 100.000€.
Art. 2521 cc.: La società cooperativa si costituisce tramite contratto per il quale è richiesta la forma
solenne dell’atto pubblico e del quale è parte lo statuto.
Art. 2522 cc.: Sono necessari per la costituzione almeno 9 soci, ma il numero minimo scende a 3 se
essi siano persone fisiche e la regolamentazione sia quella della s.r.l.
Se dopo il numero dei soci diviene inferiore al minimo, è imposta la reintegrazione
nel termina massimo di un anno, trascorso il quale la società si scioglie.
Art. 2523 cc.: L’atto costitutivo va depositato dal notaio entro 10 giorni, presso l’ufficio del
registro delle imprese.
Art. 2511 cc.: La società cooperativa è a capitale variabile, non è prestabilito l’ammontare.
Possono essere ammessi nuovi soci, per i quali sono stabiliti dei requisiti, tra questi il divieto di
divenire soci a coloro i quali esercitino imprese in concorrenza con la cooperativa.
Art. 2528 cc.: Sulla richiesta di ammissione, sono chiamati a deliberare gli amministratori, in caso
di rigetto, l’interessato può chiedere che si esprima l’assemblea.
Artt. 2532 – 2533 cc.: Il recesso e l’esclusione del socio – il socio uscente ha diritto alla
liquidazione della quota o al rimborso delle azioni.
Art. 2518 cc.: Per le obbligazioni sociali, risponde la società con il suo patrimonio.
E’ l’atto costitutivo a stabilire:

  • La distribuzione degli utili tra i soci;
  • Le modalità e la percentuale massima di ripartizione;
  • I criteri di ripartizione proporzionalmente alla quantità/qualità degli scambi mutualistici.

Art. 2538 cc.: Nell’assetto organizzativo: Ogni socio persona fisica dispone di un voto
indifferentemente dal valore della quota/azioni.
Ai soci persone giuridiche, l’atto costitutivo può attribuire più voti, ma non oltre 5.

  • Quando la società ha più di 3.000 soci ed opera in più province;
  • Se ha più di 500 soci e realizzi più gestioni mutualistiche.
 Art. 2540 cc.: L’atto costitutivo può prevedere lo svolgimento di assemblee separate per materia; Tale previsione è obbligatoria:

Art. 2526 cc.: L’atto costitutivo può prevedere l’emissione di strumenti finanziari stabilendo quali
diritti di amministrazioni/patrimoniali spettino ai possessori., a questi non può essere
assegnato più di 1/3 dei voti totali.
Art. 2542 cc.: Spetta all’assemblea nominare i soci, tranne i primi (designati nell’atto costitutivo).

Art. 2543 cc.: Gli amministratori compongono il consiglio di amministrazione, cui compete la
gestione della società, fermo il potere di controllo del collegio.

Art. 2544 cc.: Gli amministratori non possono delegare oltre le materie di cui l’art. 2381

Art. 2545 cc.: Gruppo cooperativo paritetico – Cooperative appartenenti a categorie diverse,
regolano la direzione ed il coordinamento delle rispettive imprese. L’accordo di partecipazione va depositato presso l’albo delle società cooperative e a ciascuna cooperativa è consentito di recedere. Le cause di scioglimento sono le stesse delle società per capitali (tranne quella legata alla riduzione del capitale), alle quali si aggiunge il caso di perdita del capitale sociale.

Sezione VI – Disposizioni sui controlli.

 

Fonte: http://dirittoalpunto.altervista.org/wp-content/uploads/2009/10/Riassunti-Privato-II.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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