| Come e per chi...Cosa posso    farmene? Potrèbbe essere la domanda che ti poni sfogliando distrattamente    queste 'pagine'.
 "Non ho alcuna intenzione di diventare attore od oratore o un politico o    un conferenzière, a scuola avevo sètte in italiano, perché mai dovrei    cambiare il mio modo di parlare?"
 Forse hai ragione - perché mai? - ma se avessi la curiosità di lèggere con    attenzione queste poche 'pagine' capiresti che come e quanto curiamo il    nostro abbigliamento, curiamo il nostro aspetto pettinandoci e sbarbandoci    con cura o utilizzando un trucco appropriato e praticando un opportuno    esercizio fisico, teniamo pulita e lucidata la macchina, dimentichiamo    quasi del tutto di curare il nostro modo di parlare... sènza pensare che    si tratta di uno dei biglietti da visita più importanti dato che la nostra    comunicazione diretta si serve della vóce e delle parole...
 Così, ci 'teniamo buone' la pessima gestione del fiato, le intonazioni, le    inflessioni dialettali che se, da una parte, costituiscono una delle nostre    caratteristiche peculiari, dall'altra ci impediscono. a volte, di comunicare    chiaramente, di dare il giusto sènso alla comunicazione e di rèndere    interessante quello che diciamo.
 Chiariamo però: imparare a parlare correttamente non significa negare le    proprie caratteristiche e le proprie origini, al contrario vuol dire    utilizzare al meglio le proprie potenzialità in questo campo tenèndo    eventualmente il parlare 'spontaneo' per le comunicazioni più intime e    personali.
 Prova a riflettere...
 Quante volte hai provato fastidio per il modo di parlare di un politico o un    conferenzière che riuscivano a rèndere soporifero o irritante un discorso    interessante?
 Quante volte ti sei sentito all'estero soltanto per aver cambiato regione o    città?
 Quante volte ti sei letteralmente dannati l'anima per cercare di capire    un'informazione?
 Queste situazioni, a mio parere, andrèbbero eliminate anche perché non ci    vuole molto per farlo.
 Lasciamo da parte le solite considerazioni, trite e ritrite, circa il pessimo    insegnamento che si fa della nostra lingua, circa le infinite opportunità che    offrirèbbe un buon approccio a partire dalla prima classe elementare : ma    possibile che nessuno abbia mai pensato di realizzare libri di testo dotati    dei loro bravi accènti per abituare il bambino a lèggere correttamente fin    dai primi passi?
 Evidentemente è così se sono qui a scrivere queste cose...
 Perché, purtroppo, malgrado quello che si afferma e che quasi tutti credono,    la nostra è una lingua complicatissima non soltanto dal punto di vista    grammaticale, lo è anche dal punto di vista della pronuncia perché non è    detto (come generalmente si crede) che si legga precisamente quanto c'è    scritto, anzi!
 Ne sanno sicuramente qualcosa i nostri amici stranièri che la studiano e che    lèggono i nostri libri.
 Spesso, leggèndo un testo qualsiasi, andiamo a sènso, comprendiamo cioè il    significato di una parola perché la colléghiamo al contesto nel quale è    collocata.
 Ma, immagina di èssere un tedesco che non abbia una buona conoscènza della    nostra lingua e di imbatterti nella parola 'ancora' nel bèl mezzo di una    frase... devi decidere immediatamente se attribuirle il significato di    "di nuovo" o se interpretarla invece come "l'arnese di ferro a    bracci uncinati che la nave getta nel porto"...
 E pensare che sarèbbe sufficiènte collocare due minuscoli accentini per    risolvere il problema : ancóra, àncora.
 
 Per    non parlare poi delle 'e' aperte e chiuse, dell'uso della 'èsse' e della    'zèta', che molto spesso pronunciamo in modo errato, o ancora delle    accoppiate di consonanti come 'sc' o 'gl' e compagnia bella!
   la    nostra lingua
 Il nostro paese, l'Italia, ha una storia molto recènte.
 L'unificazione è avvenuta nel secolo scorso e, in parte, nel corrènte, e    rappresènta soprattutto un fatto politico partito dall'alto ché, spesso, non    ha tenuto conto delle realtà sociali e delle culture locali.
 A parte etnìe specifiche - come possono essere quelle LADINE, SUDTIROLESI,    SARDE e VALDOSTANE - abbiamo realtà culturali e linguistiche che risèntono    direttamente delle dominazioni stranière intervenute in quei luoghi oltreché    di un diverso sviluppo linguistico avvenuto nel tèmpo.
 Sarèbbe ridicolo affermare ché a Trènto o ad Oristano si parla la stessa    lingua... che un udinese o un brindisino si esprimono nello stesso modo...
 Le differènze sono evidènti non soltanto in merito alla pronuncia di    determinate vocali o consonanti ma anche in merito alla costruzione della    frase.
 In determinate zone, cioè, si parla un dialetto che va più o meno ad    influenzare l'uso della lingua italiana.
 La lingua italiana, quella scélta e consacrata ufficialmente, prima di tutti    da DANTE, è né più e né meno che il dialetto parlato in una zona abbastanza    ristretta intorno a Firènze.
 Poiché questo è l'italiano ufficiale è questo che ti propongo di apprendere.
 La nostra lingua, che nel medio èvo èra definita 'volgare', deriva dal latino    e sarèbbe abbastanza facile scoprirne le regole o dare una spiegazione a    certe pronunce apparentemente bizzarre collegandosi alla lingua madre,    sarèbbe facile ma (lasciamelo dire) oltremodo barboso.
 Questo non vuole èssere un corso per specialisti (anche per loro...) ma, al    contrario un trattatello da lèggere facilmente e magari divertèndosi. Perciò    mi limiterò a suggerirti regolette, procedimenti e trucchi che dovrèbbero    consentirti, se lo vorrai, - se ci metterai del tuo, come per tutte le    cose... - di imparare a parlare correttamente magari divertèndoti, di    riuscire a modulare la tua vóce in modi nuovi per arrivare a comunicare più    compiutamente i tuoi pensièri e le tue sensazioni.
 Può darsi che, abbastanza spesso, tu scopra che le indicazioni tecniche che    ti fornisco corrispondono già al tuo modo di parlare...
 Bène, rammenta però che ógni regione, ógni modo di parlare ha le sue pècche :    tu ne sbaglierai altri che magari risulteranno corretti per un laziale o un    siciliano o un piemontese...
 Se poi, in un futuro, deciderai di calcare il palcoscènico o di metterti a    parlare in pubblico, questo manualetto potrèbbe rappresentare un ottimo punto    di partènza per riuscire a fare realmente della tua parola una musica!
 Il mio sógno - per quanto non abbia la minima avversione per il dialetto che    considero lingua a tutti i diritti - sarèbbe di poter un giorno girare    l'Italia e contattare persone che parlano la stessa lingua, che usano gli    stessi accènti e parole molto simili, comunque comprensibili!
 Non si sa mai...
 
 
 
 
 Iniziamo...
 Vediamo di cominciare nel modo giusto è cioè prendiamo atto della nostra    situazione di partènza, facciamo una specie di check-up che ci permetta di    capire quali sono i nostri difetti...
 Già, ma io mica sono un esperto, come posso vederli?
 Puoi, puoi eccome, specialmente per ciò che riguarda la qualità della    comunicazione, sènza addentrarci, adesso, nella parte più squisitamente    tecnica.
 A questo scopo, la prima cosa che ti consiglio di fare, consisterà nel    lèggere il testo che trovi alla pagina seguènte - nel modo in cui sai farlo -    e, contemporaneamente, registrarlo per riascoltarlo in seguito con molta    attenzione.
 Questo rappresenterà anche un valido termine di confronto che ti permetterà    di poter quantificare i tuoi progressi, i risultati oggettivi nel tuo cammino    confrontandolo con registrazioni successive che ti consiglio caldamente di    ripetere nel tèmpo.
 Naturalmente cercherai di fare del tuo meglio, soprattutto cercherai di    andare lènto e di rammentare, sèmpre, che la gestione del tèmpo è tua e    soltanto tua.
 Riascoltandoti criticamente potrai prèndere atto di quello che sei dal punto    di vista dell'uso della nostra lingua; potrai verificare come utilizzi la    vóce, come scandisci le varie parole, se mangi alcune sillabe, se ti manca il    fiato, se usi normalmente intonazioni o cantilène e quali sono i tuoi difetti    o gli errori abituali.
 Però non spaventarti e non abbatterti : da questo momento in poi puoi    soltanto migliorare!
 
 
 LETTURA DI    PROVA
 Ci sono tutta una    serie di caratteristiche che possono contribuire a rèndere gradevole    all'ascolto una lettura.
 Vediamole.
 Anzitutto la chiarezza della comunicazione ché viène da parole bèn scandite e    da una corretta articolazione della frase.
 Non meno importante è il tono della voce che dovrà essere gradevolmente    recepito dall'orecchio dell'uditore sènza diventare monotono o irritante.
 Ancora, avrà una sua importanza il ritmo che dovrà essere variato, con    opportune pauše tra fraše e fraše, accelerandolo o rallentandolo a seconda    dell'importanza che attribuiamo alla singola parola o concetto letti.
 Il volume della voce dovrà essere tenuto il più possibile uniforme, cercando    assolutamente di evitare quei cali che impediscono la comprensione di certe    parole o rèndono difficile udirle e quegli striduli salti in alto che non    sono sicuramente piacevoli.
 Infine, non meno importante, c'è il colore nella lettura, quel modo personale    che ognuno di noi possiède - o impara - per ravvivare e rèndere appetibile    l'ascolto.
 Da questa somma di sémplici osservazioni, possiamo concludere che una    corretta lettura è frutto di allenamento e di esercizio ma, il conseguimento    dei risultati prefissati, garantisce la gratificazione di lettore e uditore.
 Ed ora cominciamo con    qualche consiglio tecnico-pratico, quelli che si chiamano anche trucchi che,    una volta appresi, ci facilitano il lavoro.
 Probabilmente avrai constatato che, molto spesso, tèndi a spezzettare la    frase in varie parti, come se arbitrariamente avessi sostituito le virgole    con dei punti.
 Questo succède sicuramente perché non hai ancora dimestichezza con la    gestione del testo, per mancanza di fiato e anche, perché no?, per un po' di    tensione che è esattamente il contrario della tranquillità che ti necessita.
 Allora... immagina che, quando lèggi o quando parli, dalla tua bocca èsca un    filo - una specie di filo bianco o giallo - che potrai tagliare soltanto alla    fine della frase, quando troverai il punto.
 Per fare questo dovrai apprèndere fin d'ora l'uso della pausa di sospensione,    quando farai la pausa, cioè, la tua vóce non dovrà morire ma rimanere sospesa    creando l'attesa del seguito : per fare questo immagina che la vocale, dópo    la quale farai la pausa, sia seguita dalla lèttera t che naturalmente non    dovrai pronunciare... prova.
 Ad esempio : Ci sono tutta una serie di caratteristiche-t...
 Avrai riscontrato anche che ci sono parole difficili da pronunciare - perché    sono lunghe, perché contèngono accostamenti di consonanti particolarmente    intricati eccetera - e che tendiamo ad affrontarle di petto, a lèggerle    velocemente rischiando di impaperarci...
 Affrontale invece con forza controllata, rallentando il ritmo di lettura e    percorrèndole sillaba per sillaba come se ci stessi rotolando sopra...
 Constaterai che, gestèndole in questo modo, anche le parole più complicate    diverranno magicamente docili.
 qualche suggerimento...
 Se segui il corso significa che ti sta a cuore il miglioramento del tuo modo    di parlare...
 Bène, allora permettimi di darti una serie di consigli che, d'altronde,    possono essere validi per qualsiasi nuova attività si intraprènda.
 1 - Non avere frétta : non esistono metodologìe magiche, soprattutto è    abbastanza impegnativo togliersi di dosso un qualchecosa che fa parte di noi,    ed è indubbio che il modo di parlare sia una delle nostre caratteristiche    peculiari.
 2 - Se ci tièni a riuscire, dovrai farti carico di una certa dose di lavoro    di allenamento con assiduità : niènte è veramente imparato fino a che non    diviène spontaneo.
 3 - Puoi già cominciare a lavorare come hai fatto oggi : devi cercare di    familiarizzare con la tua voce. Parla registrati e riascoltati, leggi    registrati e riascoltati... In questo modo comincerai a conoscere il tuo modo    di parlare, ad evidenziarne i difetti e a correggerli.
 Questo è tutto, per adesso, nel prossimo capitolo prenderemo contatto con la    RESPIRAZIONE E L'ARTICOLAZIONE.
   la    respirazione
 Conoscere il    proprio corpo significa conoscere le proprie potenzialità e riuscire ed    utilizzarle al meglio, sènza contare ché vivere bène il nostro corpo ci    permette di essere tranquilli con noi stessi e quindi con gli altri.
 Concentriamoci adesso sulla respirazione. Già, è un argomento che ha    più importanza di quanto non si creda : infatti una corretta capacità    respiratoria ci consènte di gestire più tranquillamente la nostra emissione    vocale e quindi di parlare e lèggere nel modo più appropriato.
 Naturalmente ognuno di noi è convinto di respirare correttamente...    "Perbacco! Come potrei usare male questa fondamentale funzione    vitale?"
 E, invéce, possiamo tranquillamente affermare che utilizziamo soltanto in    minima parte questa nostra capacità.
 Soltanto un atlèta utilizza in pièno la sua capacità polmonare ed è anche per    questo che riesce a fare sforzi prolungati e al di sopra della norma.
 L'attore - tanto per fare un parallelo vicino alle nostre esigènze - è in un    certo sènso un atlèta e perciò deve perloméno conoscere le caratteristiche    della respirazione in generale e della sua in particolare per riuscire ad    utilizzarla nel migliore dei modi.
 
 Vediamo    allora le caratteristiche fondamentali della respirazione.
 
 1 - Il maschio ha una respirazione prevalentemente addominale, la femmina    prevalentemente toracica.
 2 -E' più corretta la respirazione addominale perché consènte di utilizzare    al massimo la capacità polmonare riempièndo e svuotando fino in fondo le    sacche polmonari.
 3 - Per verificare la qualità della respirazione è sufficiènte stèndersi    orizzontalmente ed inspirare ed espirare come normalmente facciamo. Se    mettiamo una mano sull'addome, proprio sotto la gabbia toracica, dobbiamo    sentire il vèntre gonfiarsi e rilassarsi spinto o méno dal diaframma.
 4 - Dobbiamo cercare di utilizzare questo tipo di respirazione sènza sforzarci    e sènza drammatizzare il fatto : rammentiamo che respiriamo da quando siamo    nati e, se siamo ancora vivi, significa che lo abbiamo fatto in modo    abbastanza soddisfacènte.
 5 - Possiamo allenarci a questo tipo di respirazione stendèndoci sul letto e    posando sull'addome un vocabolario ché vedremo alzarsi ed abbassarsi al ritmo    del nostro atto respiratorio.
 6 - Quando avremo spontaneizzato questa respirazione sarà sufficiente    eseguirla coscienteménte due o tré volte la settimana, al mattino, davanti ad    una finestra aperta, per cinque minuti. Sarà un buon allenamento che ci    garantirà anche una buona ossigenazione.
 7 - Per gustare la respirazione possiamo farla a turno da una narice e    dall'altra, tenèndone una otturata.
 8 - Per aumentare la capacità respiratoria può essere utile esercitarsi    nell'apnea : dópo una inspirazione profonda tratteniamo il respiro    cronometrando la nostra durata per valutare nel tèmpo i miglioramenti.    Rammentiamo sèmpre e comunque che non abbiamo il fine di battere un record di    immersione ma soltanto di riuscire a gestire la nostra capacità respiratoria    nel migliore dei modi.
 9 - Cerchiamo ovviamente di limitare il fumo per quanto è possibile...
 10 - Questo è forse il suggerimento più utile : nessuno è perfetto, ognuno ha    i suoi limiti e i suoi difetti ed è soltanto conoscèndoli bène e    utilizzandoli appropriatamente che riusciremo veramente a dare il massimo...    Certamente curando anche l'esercizio e l'allenamento e non soltanto    cullandoci beatamente sui difetti!
 
 Ci sono attori, ormai avanti negli anni - magari un po' sofferènti di asma -    che riescono a gestire talmente bène la loro capacità respiratoria da    riuscire non soltanto a non far riconoscere i loro limiti ma anche a fornire    una comunicazione ancora chiara e convincènte!
 Possiamo fare adesso un sémplice esercizio per mettere alla prova la nostra    capacità polmonare : inspireremo profondamente, dópo di ché procederemo alla    lettura di un brano sènza fare pause e sènza tirare il fiato, potremo così    constatare quale sia la nostra autonomìa respiratoria.
 
 
       LETTURA DI PROVA DELLA CAPACITA'    RESPIRATORIA
 (la punteggiatura    è stata volutamente omessa)
 
 SPESSO SI RITIENE    CHE LA CAPACITA' RESPIRATORIA DI UNA PERSONA NON ALLENATA CHE MAGARI FUMA SIA    ESTREMAMENTE LIMITATA BE' DOVREMO RICONOSCERE INVECE CHE IL NOSTRO FISICO CI    CONSENTE EXPLOIT CHE NEMMENO IMMAGINAVAMO E CHE CON UN PICCOLO SFORZO    RIUSCIREMO A CONQUISTARE UN BEL NUMERO DI PAROLE E DI FRASI PRIMA DI SENTIRCI    SCOPPIARE E DI DOVERCI INTERROMPERE PER RESPIRARE NUOVAMENTE.
 Forse non riuscirai a    leggerlo tutto la prima volta ma ci arriverai abbastanza in frétta, a quel    punto dovresti fare questo ragionamento : Se riesco a lèggere nove righe di    testo sènza prendere fiato perché non dovrei riuscire a gestire correttamente    una frase normale che, di solito, non è più lunga di un paio di righe?
 l'articolazione
 Qualche volta ci sarà sicuramente capitato di rimanere affascinati e stupiti    di fronte a qualche attore che èra in grado di parlare a velocità inaudita    sènza impaperarsi o di fronte a qualche annunciatore televisivo in grado di    lèggere impunemente testi complicatissimi...
 Sono in parte doti naturali, certamente, ma sono anche e soprattutto frutti    dell'allenamento e dell'esercitazione assidua nella lettura.
 Se è vero che la tranquillità è una delle doti fondamentali per un buon    oratore e per un buon lettore è anche vero che la si raggiunge e la si    conquista con l'allenamento.
 Uno dei modi più sémplici consiste nell'abituare il nostro apparato vocale    agli esercizi apparentemente più difficili, un po' come potrèbbero fare un    funambolo o un tuffatore con i salti mortali e gli esercizi di equilibrio.    Come?
 In concreto leggèndo abitualmente anche a velocità superiore a quella    corretta, badando però a fornire sèmpre una comunicazione comprensibile, o    utilizzando i cosiddetti scioglilingua dei quali, di seguito, forniamo alcuni    esèmpi che andranno letti ripetutamente più volte accelerando la lettura.
 Noi, - tu, io, tutti - abbiamo la propensione ad essere avari e pigri...
 Mi spiègo.
 Siamo avari perché propendiamo a risparmiare il fiato come se costasse    moltissimo e quindi, risparmiandolo, potessimo spèndere meno...
 Siamo pigri perché facciamo una fatica terribile per muovere le labbra e    quindi limitiamo questo sforzo tenèndole quasi ferme...
 Dobbiamo perdere entrambe queste cattive abitudini.
 Soprattutto la pigrizia, perciò abituiamoci a muovere molto le labbra -    forzandole anche più del normale - per ritrovarle poi allenate a muoversi in    modo soddisfacènte.
 Dobbiamo, in un certo sènso, riuscire a sentire ciò che diciamo non soltanto    con le orecchie ma anche con il movimento delle labbra...
 Una ottima esemplificazione in questo sènso, può esserci fornita dalle    annunciatrici TV RAI che hanno sicuramente frequentato un corso di dizione;    proviamo a togliere l'audio e a leggere sulle loro labbra ciò che dicono...    riusciremo sicuramente a capire buona parte di quello che dicono!
 
 
 
 Scioglilingua
 
 PRENDI QUESTA    BARCA E IMPEGOLAMELA
 E QUANDO L'AVRAI IMPEGOLATA
 DISIMPEGOLAMELA SÈNZA IMPEGOLARMI
 
 LUCIO E DECIO LISCIANO
 DODICI GATTI FELICI
 
 GUGLIELMO COGLIE GHIAIA DAGLI SCOGLI
 SCAGLIANDOLA OLTRE GLI SCOGLI
 TRA MILLE GORGOGLI
 
 IL PAPA PÉSA E PESTA IL PÉPE A PISA
 PISA PÉSA E PESTA IL PÉPE AL PAPA
 
 CHI SEME DI SÉNAPE SECCA SEMINA
 SEMPRE RACCOGLIE SEME DI SÉNAPE SECCA
 
 TRENO TROPPO STRETTO E TROPPO STRACCO
 STRACCA TROPPI STORPI E STROPPIA TROPPO
 
 SA CHI SA CHE NON SA
 NON SA CHI NON SA CHE NON SA
 
 CARO CONTE CHI TI CANTA
 TANTO CANTA CHE T'INCANTA
 
 NELL'ANFRATTO DELLA GROTTA
 TRENTATRÉ GRETTI GATTI SI GRATTANO
 
 PERÀRO PER PERORARE PER PERO PARTÌ
 PERO' PER PERORARE PERÀRO A PERO PERÌ
 
 IN UNA CONCA NUOTANO A RILÈNTO
 TRE TROTE CINQUE TRIGLIE E TINCHE CÈNTO
 
 SOPRA LA PANCA LA CAPRA CAMPA
 SOTTO LA PANCA LA CAPRA CRÈPA
 
 IN UN PIATTO POCO CUPO
 POCO PEPE CAPE
 
 SE LA SERVA NON TI SERVE
 A CHE SERVE
 CHÉ TI SERVA DI UNA SERVA CHE NON SERVE?
 SERVITI DI UNA SERVA CHE SERVE
 E SE QUESTA NON TI SERVE
 SERVITI DEI MIEI SERVI
 
 
 TIGRE INTRIGA TIGRE
 
 SE L'ARCIVESCOVO DI COSTANTINOPOLI
 SI VOLESSE ARCIVESCOVOCOSTANTINOPOLIZZARE
 VI ARCIVESCOVOCOSTANTINOPOLIZZERESTE VOI
 PER ARCIVESCOVOCOSTANTINOPOLIZZARE LUI?
 
 TRÉ TOZZI DI PAN SECCO
 IN TRÉ STRETTE TASCHE STANNO
 IN TRÉ STRETTE TASCHE
 STAN TRÉ TOZZI DI PAN SECCO
 
 
 Si tratta naturalmente dell'allenamento più sémplice, per ora può essere    sufficiente eventualmente più avanti avremo modo di conoscerne altri,    specifici, magari legati ad esigènze personali.
 Avrai    già avuto modo di notare, nei testi fin qui lètti, la presènza di strani    accènti, sopra le parole, accènti che (purtroppo!) normalmente non vèngono    usati nella stampa corrènte...
 Questo ci porta automaticamente a trattare quella parte della DIZIONE ché    spesso, a torto, ne è ritenuta l'essènza stessa : l'ORTOEPÌA, la corretta    pronuncia.
 
               ORTOEPÌA 1 
 Nella    lingua italiana le vocali sono sètte...
 No, non c'è un errore, vediamo perché.
 A, I ed U hanno una pronuncia immutabile, le altre due, invéce, possono    èssere pronunciate in due modi diversi.
 La E può èssere apèrta - accentata così è - come in rètto, oppure chiusa -    accentata così é - come in véna.
 Per verificare la tua capacità di articolare entrambi i suoni, pronuncia le    due parole correttamente e scorretamente :
 rètto, rétto... véna, vèna...
 Se l'accènto non cade sopra, la E va sèmpre pronunciata chiusa.
 Ti risparmio la notazione tecnica limitandola al minimo ed evitando    assolutamente di parlare di parole tronche, sdrucciole, bisdrucciole    eccetera. Per pronunciare una parola (correttamente o méno) abbiamo la    necessità di un accènto che verrà pósto su una vocale facèndo diventare    tonica la sillaba cui quella vocale appartiène, una sillaba che verrà cioè    pronunciata con più forza.Alcuni esempi : cadére, bicchière, paròla, sèdia,    birìllo, manùbrio, amóre, cantilèna, marmàglia...
 Per dosare il nostro pasto di apprendimento, cominciamo con la è aperta    prendèndo in esame alcune parole che normalménte pronunciamo in modo érrato e    una serie di norme (le più importanti) per imparare a districarci nella    giungla della pronuncia.
 
 a - PAROLE DI    USO CORRENTE
 Accèndere,    Accènto, Bène, Brève, Cènto, Cèrto, Chièdere, Chièsa, Cièlo, Danièle, Dièci,    Ebbène, Ècco, Èssere, Gènte, Lèttera, Niènte, Piètro, Prèndere, Prèsto,    Rèndere, Ripètere, Riprèndere, Scèna, Sèmpre, Sènso, Sènza, Silènzio,    Stèndere, Tèmpio, Tèmpo, Vècchio, Vènto
 
 b - LA È    APERTA, NORME GENERALI
 Avremo sèmpre la è aperta :
 1) Nelle desinènze verbali dei condizionali in èi, èbbe, èbbero, es. farèi, ballerèi, cadrèi, darèbbe, farèbbe, aprirèbbero,    mangerèbbero, dovrèbbero...
 2) Nei nómi che terminano in èma, es. apotèma, diadèma, patèma, poèma,    schèma...
 3) Nei nómi ed aggetivi che terminano in ènda, es. agènda, bènda, faccènda,    leggènda, merènda, orrènda,...
 4) Negli infiniti in èndere, es. comprèndere, difèndere, estèndere,    fraintèndere, propèndere...
 5) Negli aggettivi e nel gerundio in èndo es. stupèndo, tremèndo, agèndo,    piangèndo, finèndo, partèndo, vincèndo,...
 6) Negli aggettivi in ènse, ènso, ènte, ènto, es. amanuènse, circènse,    forènse, dènso, intènso, melènso, coerènte, incosciènte, appariscènte,    attènto, scontènto, turbolènto...
 7) Nel participio presènte in ènte, es. diffidènte, impellènte, piangènte,    rovènte...
 8) Nei nómi che terminano in ènza, es. assistènza, concorrènza, diffidènza,    influènza, scadènza...
 9) Nei numerali in èsimo, es. dodicèsimo, sedicèsimo, ventèsimo, centèsimo...
 10) Nelle desinènze verbali in ètti, ètte, èttero, es. io dètti (dare), egli    dovètte (dovere), essi stèttero (stare)...
 11 ) Nei nómi in èzio, èzia, es. lèzio, scrèzio, facèzia, inèzia, spèzia...
 12) In presènza del dittongo iè, es. aziènda, balbuziènte, cosciènte, diètro,    ièri, mièle, cavalière, piède,...
 13) Nei nómi tronchi di origine stranièra, es. bignè, caffè, canapè, tè,    tsè-tsè...
 
 Purtroppo è giusto che tu sappia che ci sono delle eccezioni alle regole che    ti ho appena espósto ma le affronteremo più avanti, magari soltanto per    soddisfare necessità o curiosità contingènti, sarèbbe sciocco sovraccaricarci    adèsso, no?
 In ógni caso rammenta che un buon vocabolario potrà risolvere al meglio ógni    nostro dubbio circa la corretta pronuncia di una determinata parola.
 
 AVVERTENZA : oggi molti vocabolari tendono    ad accettare il modo di parlare corrènte è perciò facile che, in qualche    caso, invece che chiarire provvedano a complicare un eventuale dubbio circa    la corretta accentazione... Rammenta che l'ORTOEPIA è soltanto una piccola    parte del COMUNICARE PARLANDO e cerca di valutare le tue scelte con un po' di    buon sènso...
 
 PROVA DI    LETTURA
 Il cui scopo è    di permetterti di affrontare immediatamente e praticamente quanto abbiamo    appena osservato.
 Naturalmente ho provveduto a collocare gli accènti dove sono necessari,    rammenta però che, a poco a poco, dovrai provvedere a memorizzare parole e    regolette perché nella stampa corrènte gli accènti vengono posti soltanto    sulle parole tronche...
 A questo scopo, ti propongo lo stesso testo per due volte, la seconda privo    di accènti... il che dovrèbbe aiutarti in questo lavoro di memorizzazione.
 Ricorda anche di registrarti e di riascoltarti criticamente...
 
 È giusto dire che    noi siamo ciò che comunichiamo parlando?
 Sarèbbe come affermare che l'abito fa il monaco...
 Per quanto possa essere depriménte o deprecabile, bisógna ammettere che    l'apparènza ha il suo peso ed è un peso determinante.
 Siamo istintivaménte portati a giudicare a prima vista, per una questione di    tranquillizzazione, per potér in qualche modo incasellare la persona,    l'oggetto o la situazione che stiamo vivèndo.
 Perciò anche il modo di parlare ha la sua importanza in questo processo di    etichettatura preventiva e ne è prova il fatto ché una persona che parla bène    - non soltanto correttaménte - risulterà sicuramente più affascinante ed    interessante di chi si esprima piuttosto selvaticaménte...
 Anche se, poi, alla verifica dei fatti, i contenuti possono essere    superficiali o addirittura inesistènti...
 
 È giusto dire che noi siamo ciò che comunichiamo parlando?
 Sarebbe come affermare che l'abito fa il monaco...
 Per quanto possa essere deprimente o deprecabile, bisogna ammettere che    l'apparenza ha il suo peso ed è un peso determinante.
 Siamo istintivamente portati a giudicare a prima vista, per una questione di    tranquillizzazione, per poter in qualche modo incasellare la persona,    l'oggetto o la situazione che stiamo vivendo.
 Perciò anche il modo di parlare ha la sua importanza in questo processo di    etichettatura preventiva e ne è prova il fatto che una persona che parla bene    - non soltanto correttamente - risulterà sicuramente più affascinante ed    interessante di chi si esprima piuttosto selvaticamente...
 Anche se, poi, alla verifica dei fatti, i contenuti possono essere    superficiali o addirittura inesistenti...
 CONSIGLI PATERNI PER    IL LAVORO DI RIPETIZIONE
 Sarèbbe assurdo pretèndere di imparare tutto    e subito poiché disponiamo di una certa capacità di assimilazione oltre la    quale è impossibile andare sènza correre il rischio di saturarci e,    conseguentemente, sarèbbe soltanto spreco di tèmpo e di energìe..
 A questo va aggiunto che, molto spésso, lo studio della DIZIONE non è una    libera scélta ma soltanto una tra le tante esigènze pratiche che forse poco    hanno a che fare con le nostre effettive preferènze...
 Allora una-parola-al-giorno...
 Cominciamo, realisticamente, ad impegnarci su obiettivi minimi facilmente    conseguibili.
 Per esèmpio, impegnamoci a pronunciare correttamente la parola bène (con la è    aperta sì ma non forzata esagerataménte come fanno in cèrte regioni centrali    : bbbane!).
 Va ricordato anche che, in un primo momento, avrémo l'impressione di parlare    in un modo a dir poco strano - come dei deficènti... - e soltanto l'abitudine    ci permetterà di sentirci a nostro agio con queste nuove sonorità.
 Memorizzando una parola o una regoletta al giorno potremo pianificare un    lavoro utile e proficuo perché, in fondo, non sono poi molte le parole che    sbagliamo!
 Facciamo    una pausa, lasciamo da parte per un po' le regole dell'ortoepìa che, a questo    punto, ci sèmbrano magari un po' astruse e bizzarre ma tra non molto le    apprezzeremo e riusciremo a cominciare a gustare la musica della parola...
 Per ottenere questa musica dovremo riuscire a modulare la nostra vóce, a    dosare l'emissione di fiato, a creare le pause in modo appropriato, in parole    povere a dare un senso a quello che si lègge o che si dice...
 LA LETTURA A    SENSO
 Lo abbiamo già detto, indipendentemente dalla qualità del testo, è importante    saper lèggere a sènso, dare cioè un certo peso al contenuto di quello    che si lègge, rènderlo interessante.
 Vale la pena di ripeterlo : indipendenteménte dalla qualità del contenuto!
 Lèggere e parlare in modo colorito significa anche gratificarsi nel farlo,    avere la precisa sensazione di non èssere pesanti o irritanti.
 Inizieremo qui il nostro contatto con le possibilità vocali che ognuno di noi    possiède, spesso sènza saperlo, e ché utilizza - con la massima spontaneità e    sènza accorgersene - quando si esprime con la massima libertà, sènza    condizionamenti, ad esèmpio in un dialogo fra amici o persone con le quali    siamo a nostro agio.
 Cominceremo con testi apparenteménte insignificanti ché, ad una prima    occhiata, niènte possono suggerire alla nostra capacità di interpretazione...
 Questo per farti capire, ancora una volta, che non è importante la qualità    del testo e spesso rappresènta soltanto una sorta di alibi : "il testo    non mi ispira..."
 Registra la tua lettura e poi ascoltala con molta attenzione.
 Rammenta le indicazioni di partènza che ti sono già state fornite in altre    occasioni e cioè :
 inspira profondamente prima di cominciare, gestisci il fiato con opportune    pause (puoi farne quante vuoi, a tua scélta), tièni il ritmo più adatto alla    tua capacità polmonare.
 A questo punto non ti resta che buttarti, pronto a ripetere anche più di una    volta se sarà il caso!
 UNO
 Il primo testo è una lista di numeri, niènte di più neutro e asettico,    dunque...
 
 18, 41, 7, 54, 908, 107, 12347, 21, 3, 3, 89, 111, 356, 777, 841, 21, 22,    23, 47, 10111, 71, 18, 17, 16, 1, 5, 28, 75, 468, 852, 38, 37, 0.
 
 Certamente la tua prima lettura, riascoltata, assomiglierà molto all'elènco    dei numeri relativi alle estrazioni del lotto... infatti ti sei limitato a    leggere numeri, a dare i numeri...
 Lo capirai più avanti, questa è una opportunità effettivamente libera : hai    la possibilità di lèggere questa lista apparentemente asettica nel modo che    preferisci... come se si trattasse di una fiaba, o di un racconto d'amore o    di una vicènda tragica...
 Puoi unire i numeri tra loro, leggerli velocemente o lentamente, scandirli,    fare pause, abbassare o alzare il volume della vóce...
 Vuoi riprovare? Però immagina una qualsiasi vicènda e sicuramente il    risultato sarà diverso.
 DUE
 Il secondo potrèbbe essere benissimo la lista delle parole che normalmente    pronunciamo sbagliate in relazione alla è aperta e questo ti permetterà di    riflettere sul come andrèbbero letti gli elènchi...
 Infatti di solito abbiamo la sensazione di ascoltare una serie di martellate    date su un'incudine, un ripetersi sèmpre uguale della stessa intonazione e    della stessa emissione di fiato...
 Naturalmente con un elènco o una lista di nómi non disponiamo delle stesse    opportunità che ci offrono i numeri, non possiamo leggere le parole immaginando    una storia...
 Qui dobbiamo giocare sul ritmo.
 Unire le parole a due, a tré, a quattro alternandole alle singole, variando    la tonalità della voce ed evitare assolutamente la ripetizione di una    tonalità o di una intonazione.
 Non è facile da spiegare ma è molto facile da comprèndere se avrai la    paziènza di registrarti e riascoltarti con attenzione.
 
 TRE
 Il terzo è una lista di parole che non hanno alcun collegaménto logico tra    loro, che sono di lunghezza diversa e quindi propongono ritmi di lettura e    pause variabili.
 Viène naturalmente omessa la punteggiatura in quanto sarèbbe fuori pósto ma    sarai libero di inventarla come meglio credi.
 
 Rododendro glassare peperata palìndromo fitto raro morire decisivo effettivo    piedrìto cotone bignè rarefatto quasi veramente più inattivo raramente    astratto mammola cliccare basic rubare antinomia seno massa traffico indeciso    semmai papà pepe papa pipa pièno suggestivo mira rima andrèbbero poi chissà    sebbène tè usuraio orma rubicondo adesivo frattura spesa affrancatura male    rugiadoso cremino bar ornamentale ciabatta orologio pennellatura suola asola    fogliame ponticello pennello casa cosa caso coso sotto però personaggio    alberguccio convènto castello lago logo gola gala lega gelo gol cornicetta    matitina onomastico evviva ecco acca oca definitivamente così.
 
 
 In questo caso si    tratta di togliere il significato alla singola parola (spero che alcune ti    siano addirittura ignote) e cercare di gestirla soltanto come un suono avèndo    bèn chiara in mente la chiave di lettura (la storia) un po' come hai già    fatto con i numeri.
 È soltanto l'inizio, hai soltanto cominciato a prèndere contatto con le    infinite e meravigliose possibilità offerte dalla lettura e dalla    comunicazione a sènso e, devi convenirne, sono gratificanti e sarèbbe sciocco    ignorarle e non utilizzarle.
 Cerca, per quanto puoi, di fare dell'allenamento registrandoti e    riascoltandoti.
       ORTOEPÌA 2
 Siamo adesso alla é    chiusa e cominciamo con lo scovarla tra le parole che utilizziamo più spesso.
 
 
 a - PAROLE DI    USO CORRENTE
 Alméno,    Artéfice, Ateniése, Béstia, Crédere, Créscere, Débito, Élmo, Érta, Frésco,    Frétta, Invéce, Légge (norma), Marémma, Mé, Méno, Méntre, Perché, Scéndere,    Scégliere, Sélva, Séme, Sé, Té (pronóme), Tré, Trénta, Véro
 b - LA É CHIUSA ,    NORME GENERALI
 Si ha sèmpre    la é chiusa :
 1) Nei polisillabi in é accentata, es. finché, giacché, perché,    trentatré...
 2) Nei nómi ed aggettivi terminanti in éccio, es. casaréccio,    libéccio, mangeréccio, villeréccio...
 3) Nei nómi in éfice, es. artéfice, carnéfice, oréfice,    pontéfice...
 4) Nei nómi o voci    verbali in éggio, éggia, es. anchéggia, dardéggia, passéggio,    postéggio, sortéggio...
 5) Nell'infinito dei verbi in ére, es. avére, bére, cadére, potére,    sapére, sedére, temére, tenére, volére...
 6) Nei nómi in ésa, es. attésa, difésa, distésa, contésa, intésa,    imprésa, offésa, pésa...
 7) Negli aggettivi in ésco, es. ciarlatanésco, marinarésco,    studentésco, donchisciottésco...
 8) Nei nómi in ése, es. cortése, francése, garrése, maionése,    marchése, paése...
 9) Nei nómi in éssa,    es. avvocatéssa, dottoréssa, duchéssa, contéssa, poetéssa...
 10) Nelle forme verbali in éssi, ésse, éssero, es. mettéssi, voléssi,    credésse, leggésse, vivésse, facéssero, potéssero...
 11) Nelle forme verbali in éte, es. andréte, cadréte, godéte,    piangéte, potréte...
 12) Nei nómi e nei vezzeggiativi in étto étta, es. architétto,    bigliétto, bozzétto, fogliétto, poverétto, strétto, casétta, burlétta,    civétta, fossétta, vecchiétta...
 13) Nelle forme verbali in éva, es. credéva, mordéva, sapéva,    scrivéva, voléva...
 14) Negli aggettivi in évole, es. arrendévole, disdicévole, onorévole,    piacévole, scambiévole, strabocchévole...
 15) Nei nómi in ézza, es. agiatézza, amarézza, bassézza, durézza,    giovinézza, finézza, fermézza, tristézza...
 16) Negli avverbi in ménte, es. agilménte, balordaménte, civilménte,    docilménte, eleganteménte, fuggevolménte, gioiosaménte, immediataménte,    liberaménte, loquaceménte, paurosaménte, seriaménte... ce ne sono altri    duemila circa...
 17) Nei nómi in ménto, es. abbigliaménto, collegaménto, esauriménto,    fidanzaménto,
 parlaménto, sfollaménto... 18) Nelle forme verbali in rémo réte, es.    dirémo, saprémo, faréte, verréte...
 19) Nelle terminazioni in ésimo dei nómi astratti, es. cristianésimo,    feudalésimo, incantésimo, protestantésimo...
   Per fare un produttivo confronto con le    regolette relative alla è aperta notiamo ad esèmpio :i numerali e i nómi astratti in èsimo ed ésimo
 i nómi e gli aggettivi in ènte ènto che si chiudono se preceduti da emme
 le eccezioni relative al dittongo iè nei vezzeggiativi e nell'aggettivo    ateniése
 A SECONDA DELL'ACCENTO...
 Vediamo adesso    come cambia il significato di alcune parole a seconda della qualità    dell'accènto :
 
        
          
            | Accètta      (accettare)
 Affètti (legami)
 Annètto (annèttere)
 Collèga (di lavoro)
 Corrèsse (correggere)
 Crèdo (preghièra)
 Dètti (dare)
 Èsca (uscire, imperativo)
 Èsse (consonante)
 Lègge (lèggere)
 Lèssi (lèggere)
 Mèsse (frumento)
 Mèsto (triste)
 Pèsca (frutto)
 Pène (organo sessuale)
 Pèste (malattìa)
 Premètti (premere)
 Rè (nota)
 Ridètte (ridare)
 Tè (bevanda)
 Vendètte (vendere)
 Vènti (atmosferico)
 | Accétta (ascia,      scure)Affétti (affettare)
 Annétto (anno solare)
 Colléga (collegare)
 Corrésse (correre)
 Crédo (crédere)
 Détti (dire)
 Ésca (per pescare)
 Ésse (pronóme)
 Légge ( norma)
 Léssi (lessati)
 Mésse (mettere)
 Mésto (mestare)
 Pésca (il pescare)
 Péne (patimenti)
 Péste (orme)
 Premétti (premettere)
 Ré (monarca)
 Ridétte (ridire)
 Té (pronóme)
 Vendétte (rivalse)
 Vénti (numero)
 |  Ed ora, come già sai,    ci sarà una brève lettura - doppia, la prima accentata la seconda no - per    cercare di mettere a fuoco quanto hai fin qui appreso sulla è aperta e sulla    é chiusa. Ebbène, ora conosciamo    in parte regole e norme ché dovrèbbero permétterci di lèggere e parlare    abbastanza correttaménte, almeno per quanto riguarda la E.
 Fino ad ièri parlavamo spontaneaménte, come abbiamo imparato a farlo,    induttivaménte e deduttivaménte, dai nostri genitori e dai pochi e rari    insegnaménti della scuola.
 In fóndo èra una situazione che ci stava bène, riuscivamo a comunicare sènza    problèmi per tutto il tèmpo della conversazione...
 Forse, adesso, nasceranno invéce nuovi problèmi...
 Probabilménte, nei primi tèmpi, avrémo l'impres-sione di parlare come dei    deficènti...
 Gli occhi ci si incroceranno per cercare di identificare gli accènti...
 Il dover dire parole come diètro, chièsa, cièlo, tré, mé, té, magari aprèndo    o serrando troppo le labbra, ci farà sentire ridicoli e provocherà in noi un    cèrto imbarazzo...
 Niènte paura, lo supererémo in brève tèmpo!
 
 Ebbene, ora conosciamo in parte regole e norme che dovrebbero permetterci di    leggere e parlare abbastanza correttamente, almeno per quanto riguarda la E.
 Fino ad ieri parlavamo spontaneamente, come abbiamo imparato a farlo,    induttivamente e deduttivamente, dai nostri genitori e dai pochi e rari    insegnamenti della scuola.
 In fondo era una situazione che ci stava bene, riuscivamo a comunicare senza    problemi per tutto il tempo della conversazione...
 Forse, adesso, nasceranno invéce nuovi problemi...
 Probabilmente, nei primi tempi, avremo l'impres-sione di parlare come dei    deficenti...
 Gli occhi ci si incroceranno per cercare di identificare gli accenti...
 Il dover dire parole come dietro, chiesa, cielo, tre, me, te, magari aprendo    o serrando troppo le labbra, ci farà sentire ridicoli e provocherà in noi un    certo imbarazzo...
 Niente paura, lo supereremo in breve tempo!
 
 
 LA LETTURA    A SENSO 2
 E rieccoci    nuovamente a contatto del testo per affrontare, oggi, finalmente, un brève    brano di sènso compiuto.
 Se hai avuto tèmpo e voglia di fare un po' di allenamento, con i numeri, con    gli elènchi e con lo strano brano che abbiamo visto in precedènza, avrai    certaménte la disposizione più corretta per affrontare con successo questo    nuovo impegno.
 Se, invéce, questa opportunità non c'è stata (non andiamo ad indagare i    motivi...) dovrai impegnarti al massimo e stare pronto a ripetere se sarà    necessario.
 Dópo un'occhiata velóce al testo - per cercare di capirne il sènso e trovare    una chiave di lettura - potrai procedere alla marcatura, ad inserire, cioè,    una serie di segni, che puoi liberamente inventare e che dovranno permetterti    di identificare a colpo d'occhio :
 le pause
 le sottolineature vocali (parole da pronunciare con più o meno ènfasi,    rallentate, accelerate)
 le parole importanti
 le incollature, e qui è utile una precisazione.
 Per incollatura intèndo la possibilità di unire una parola alla seguènte.
 Nel brano che segue, ad esèmpio, trovi non avere e non aveva ché, per    comodità di lettura, possono diventare una sola parola : nonavere e nonaveva.
 In linea indicativa puoi incollare una parola terminante con consonante con    una che inizia per vocale : in uno = inuno; per esèmpio= peresèmpio..
 Esistono anche incollature con raddoppiamento della consonante ma sono    finezze che lasciamo ai tecnici.
 Rammenta sèmpre di registrare, riascoltare e confrontare con la cassetta    campione.
 È possibile non    avére un nóme?
 Quell'insième di lèttere ché ti identifica, ché permette di èssere chiamato o    di instaurare un dialogo diretto con qualcuno, ché permette di èssere presentato    agli astanti o di èssere ricordato su una lapide o su un monuménto...
 Quell'insième di lèttere ché spésso ha un legame con la storia della famiglia    o con il calendario o con i gusti contingènti dei genitori...
 Lui non ricordava di avére mai avuto una famiglia...
 Lui non ricordava di avére mai avuto un nóme, non ce l'aveva un nóme.
 E non l'avéva mai avuto, ne èra sicuro.
 Èra convinto di chiamarsi GliAltri...
 E, a pòco a pòco, aveva capito che non potéva èssere un nóme soprattutto    perché non aveva mai incontrato nessuno che si chiamasse così.
 Poteva anche cercare di convincersi che Gli èra il nóme e Altri il cognóme...    ma questo non cambiava la realtà, nessuno lo chiamava mai!
 
 Forse stai cominciando a capire cosa intendevo dire in precedènza - quando    abbiamo letto i numeri - e cioè che mentre i numeri ti lasciavano la più    ampia libertà di interpretazione, un brano a sènso compiuto ti pone tutta una    serie di condizionamenti.
 È evidènte, per esèmpio, che non potrai affrontare il brano come se fosse una    storia divertènte o, al contrario, tragica perché infatti ne altereresti il    sènso che (lascialo dire a mé che, molto modestamente, sono l'autore)    dovrèbbe essere invece quello di una storia misteriosa (ma non troppo) con    una specie di sorpresa finale.
 Allora dovrai chièderti : come si comunica il mistero? magari attendèndoti di    trovare la rispósta nelle prossime righe...
 Devo deluderti perché non è facile risponderti, anzi è impossibile dalle    righe di questa pagina.
 Purtroppo non dispongo di una formuletta pronta - e magari magica - che ti    permetta di risolvere il problema in modo soddisfacènte.
 Potrei dirti che una lettura rallentata, bèn scandita, con rafforzature su    certe parole - ad esèmpio mai - potrèbbe sicuramente portarti sulla strada    buona ma avrei fatto bèn poco.
 Esiste una sorta di barriera invalicabile nella comunicazione scritta -    barriera che può essere vista come un limite o come uno stimolo alla    creatività, beninteso - e cioè che la stessa parola e la stessa frase possono    essere lette in centinaia di manière diverse molte delle quali ugualmente    interessanti o accettabili.
 Soltanto la comunicazione verbale potrèbbe suggerire più verosimilmente    l'intenzione dell'autore.
 Credo tuttavia che il testo, nel momento in cui viène offerto alla lettura,    non sia più proprietà esclusiva dell'autore e possa essere liberamente    manipolato dall'interprete...
 Perciò, lo avrai capito, cerca, se vuoi, di prèndere il suggerimento che ti    ho propósto più sopra - mistero - e rielaboralo secondo le tue possibilità e    il tuo modo di sentire.
 L'ascolto attènto della tua registrazione ti suggerirà le variazioni da    apportare.
 Per quanto puoi cerca di rispettare la punteggiatura e la qualità degli    accènti e, sèmpre più, comincerai ad apprezzare la tua parola che a poco a    poco sta realmente diventando musica...
             ORTOEPÌA 3
 Come    abbiamo già détto in precedènza, l'altra vocale dalla doppia pronuncia è la O    che può essere pronunciata aperta - accentata così ò - come in dònna,    oppure chiusa - accentata così ó - come in dóno.
 Già lo sai, per verificare la capacità di articolazione di entrambi i suoni,    ti conviène pronunciare le due parole correttamente e scorrettamente e    verificare con la registrazione : dònna dónna; dóno dòno.
 Se l'accènto non cade sopra la O va sèmpre pronunciata chiusa.
 Come al solito ci dosiamo il carico e cominciamo con la ò aperta.
 
 a - PAROLE DI    USO CORRENTE
 Apoteòsi, Binòmio, Bòsco, Cònscio,    Cònsole, Còrpo, Demònio, Fiòco, Giòco, Giòia, Idiòta, Luògo, Magnòlia,    Marmòreo, Memòria, Mòdo, Mògio, Negòzio, Nòno, Nòta, Òggi, Òcchio, Òmero,    Òzio, Pòco, Pòi, Sòldo, Sòma, Tògliere, Tòsto, Vòlgere, Vòlgo, Vòlta
 
 b - LA Ò APERTA    , NORME GENERALI
 Si ha sèmpre la ò    aperta :
 1) Nei nómi che terminano in iòlo, es. barcaiòlo, crogiòlo, vaiòlo...
 2) Nei nómi che terminano in òccio, es. bellòccio, cartòccio,    figliòccio...
 3) Nelle terminazioni verbali in òlse òlsi òlsero, es. còlsi, vòlsi,    raccòlse, rivòlse, tòlsero...
 4) Nel participio passato in òsso, es. commòsso, rimòsso, promòsso,    percòsso, scòsso...
 5) Nei nómi in òtto, es. decòtto, ghiòtto, fiòtto, orsacchiòtto,    panciòtto, sempliciòtto...
 6) Nei nómi in òzio, es. equinòzio, negòzio, sacerdòzio...
 7) Nei nómi in òzzo òzza, es. abbòzzo, predicòzzo, maritòzzo, tòzzo,    carròzza, còzza, piccòzza, tavolòzza...
 8) Nei nómi in sòrio, es. accessòrio, illusòrio, provvisòrio,    ostensòrio...
 9) Nel dittongo uò, es. buòno, cuòre, cuòce, duòmo, fuòco, muòre,    nuòvo, nuòra, ruòta, scuòla, suòla, suòno, suòra, suòcera, uòmo, uòva, vuòle,    vuòto...
 10) Nei monosillabi, es. nò, dò, sò...
 11) Nei polisillabi tronchi in ò accentata, es. dirò, farò, pagherò,    però, rococò...
 
 Naturalménte anche qui, come per la E, ci sono le eccezioni che vedrémo    contingenteménte ma, in ógni caso, rammenta il vocabolario...
 LA LETTURA A SENSO 3
 Ed eccoci ad    un nuovo contatto con la lettura colorita, con la possibilità di utilizzare    la nostra vóce realmente come se fosse uno strumento musicale.
 Come puoi osservare si tratta di un brano più lungo ed articolato di quello    che hai sperimentato in precedènza e dovrèbbe quindi offrirti più possibilità    di interpretazione.
 Leggilo mentalmente per capirne il sènso, scégli la chiave di lettura,    procedi alla marcatura e poi alla lettura con la massima tranquillità.
 La tranquillità si conquista anche con la confidènza, quando cioè il contatto    con una persona o una situazione - in questo caso con un testo - non ci può    riservare sorprese.
 Sappiamo come prènderlo, come gestirlo, come accompagnarlo o farci    accompagnare, come metterne in evidènza le sfumature; come farci coinvolgere    o come sentircene distaccati.
 Questo significa, lo hai capito, che conviène leggere il testo più volte fino    a sentirlo familiare, a conoscerne le frasi che lo compongono e i ritmi che    lo guidano.
 Rammenta, naturalmente, di registrare, riascoltare con molta attenzione.
 
 Fiammetta si guardava allo specchio e si metteva a pósto l'onda dei lunghi    capelli color rame che le scendevano bèn oltre le spalle, poi si passava la    mano sulle labbra e sorrideva soddisfatta alla sua immagine.
 Piegava la testa di lato e rimaneva così qualche minuto, assorta, poi    deponeva lo specchio e, ciondolando, si avvicinava al caminetto.
 Prendeva l'attizzatóio e muoveva il ciocco che bruciava crepitando e poi    rimaneva per un bel po' di tèmpo a contemplare le lingue di fuoco ché sembravano    eseguire, soltanto per lei, la loro danza irripetibile.
 Osservava rapita e si suoi occhi si dilatavano come se fossero ipnotizzati...
 Èrano sensazioni indescrivibili quelle che provava, cose che si generavano    déntro di lei, nel profondo, e che le facevano sentire un appagamento    completo : sarèbbe rimasta ore intere a guardare il fuoco ed èra sicura che    non si sarèbbe stancata!
 Dalla sua bocca, ógni tanto, usciva qualche nota che sapeva modulare molto    bène con la sua vóce dai mille toni, dapprima in sordina e poi più pièna e    corposa a riempire l'aria intorno.
               ORTOEPÌA 4
 E, naturalmente, come èra prevedibile, siamo arrivati alla ó    chiusa.
 
 
 a - PAROLE DI    USO CORRENTE
 Ancóra,    Bisógno, Cognóme, Cólpa, Dólce, Dóve, Fórse, Giórno, Intórno, Móglie, Nipóte,    Nóme, Ógni, Óltre, Óra, Pórre, Pósto, Quattórdici, Rómpere, Rósso, Sógno,    Vergógna, Vóce, Zampógna
 
 b - LA Ó    CHIUSA, NORME GENERALI
 Si ha sèmpre la ó    chiusa :
 1) Nelle parole terminanti in óce, es. atróce, feróce, fóce, cróce,    nóce, velóce, vóce...
 2) nei nómi in ógna ógno, es. Bológna, carógna, cicógna, fógna,    menzógna, rampógna, vergógna, bisógno, cotógno, sógno...
 3) Nei nómi che terminano in óio, es. accappatóio, avvoltóio,    corridóio, frantóio, mattatóio, rasóio, smoccolatóio, vassóio...
 4) Nelle parole in ónda óndo, es. baraónda, fiónda, grónda, ónda,    sónda, spónda, bióndo, cogitabóndo, fecóndo, girotóndo, móndo, tóndo,    vagabóndo...
 5) Nei nómi che terminano in óne, es. bottóne, cannóne, carbóne,    cartóne, cotóne, educazióne, garzóne, gestióne, mattóne, nazióne, portóne,    porzióne, regióne, religióne, scarpóne...
 6) Nelle forme verbali che terminano in óno, es. abbandóno,    confezióno, ispezióno, perdóno, selezióno, sóno...
 7) Nei nómi in óre, es. accusatóre, amóre, attóre, aviatóre,    ambasciatóre, calóre, censóre, compositóre, cultóre, debitóre, dolóre,    dottóre, ingannatóre, peccatóre, valóre...
 8) Nelle forme verbali in ósi óse ósero, es. pósi, nascóse,    rispósero...
 9) Negli aggettivi in óso, es. affettuóso, astióso, bellicóso,    chiassóso, delizióso, fiducióso, insidióso, misterióso, velenóso...
 
 Ed ora una piccola notazione di tipo fonetico da osservare e provare con    molta attenzione per arrivare ad utilizzarla con la massima spontaneità.
 In genere quando troviamo la coppia di consonanti 'gn' tendiamo a    frazionare le sillabe in modo netto : si-gno-re, ver-go-gna, ma-ga-gna eccetera per riuscire a scandire più facilmente la parola.
 Credo invece che, per ottenere un suono più gradevole e per riuscire    realmente a pronunciare meglio la parola, sia utile usare un trucco.
 Fingiamo che anziché una g ci sia una g e mezza (qui te la indicherò con una    g grassettata) : si-gnore, vergo-gna, maga-gna...    naturalmente evitando di forzare troppo.
 
 
   A SECONDA DELL'ACCENTO...   
        
          
            | Accòrsi      (accorgersi)
 Bòtte (percosse)
 Cògli (cogliere)
 Còlto (cogliere)
 Conservatòri (musicali)
 Còppa (bicchière)
 Còrso (della Corsica)
 Dòtto (erudito)
 Fòro (piazza)
 Fòsse (buche)
 Inquisitòri (aggettivo)
 Pòrsi (porgere)
 Pòse (attegiamenti)
 Pòsta (corrispondènza)
 Provocatòri (aggettivo)
 Ròsa (fiore)
 Scòpo (fine)
 Scòrsi (scòrgere)
 Sòrta (specie)
 Tòrta (torcere)
 Vòlgo (volgere)
 Vòlto (volgere, arco)
 | Accórsi      (accorrere)Bótte (recipiènte)
 Cógli (con gli)
 Cólto (erudito)
 Conservatóri (politici)
 Cóppa (collo)
 Córso (correre)
 Dótto (condotto)
 Fóro (buco)
 Fósse (èssere)
 Inquisitóri (sostantivo)
 Pórsi (porre, riflessivo)
 Póse (porre)
 Pósta (situata)
 Provocatóri (sostantivo)
 Rósa (ródere)
 Scópo (scopare)
 Scórsi (scorrere, trascorsi)
 Sórta (sórgere)
 Tórta (dolce)
 Vólgo (popolo)
 Vólto (viso)
 |  E, naturalmente,    concludiamo con una brève lettura per ripassare praticaménte l'argomento    incentrato sulla O aperta e chiusa.
 Ti porgo le due letture - una accentata e l'altra no - e ti raccomando di    registrarti e riascoltarti con molta attenzione.
 
 Dópo aver controllato e in buona parte memorizzato le regolette    dell'ortoepìa, possiamo affermare di èssere sulla strada buòna.
 Stiamo percorrèndo un corridóio del quale cominciamo a vedere la fine.
 Il nostro cammino non deve èssere troppo velóce, dobbiamo misurare le nostre    forze perché ne avremo bisógno per arrivare a lèggere e a parlare    correttamente.
 Bisógna però dire che un po' di strada l'abbiamo fatta da quando avrémmo    détto Giòrgio anziché Giórgio, quattòrdici anziché quattórdici, nòme anziché    nóme e còmpito anziché cómpito...
 No, non stiamo vivèndo in un sógno, al contrario stiamo affrontando una    realtà ché, a poco a poco, stiamo conquistando e che ci permetterà di    arrivare quanto prima ad una corretta dizione...
 
 
 Dopo aver controllato e in buona parte memorizzato le regolette    dell'ortoepìa, possiamo affermare di essere sulla strada buona.
 Stiamo percorrendo un corridoio del quale cominciamo a vedere la fine.
 Il nostro cammino non deve essere troppo veloce, dobbiamo misurare le nostre    forze perché ne avremo bisogno per arrivare a leggere e a parlare    correttamente.
 Bisogna però dire che un po' di strada l'abbiamo fatta da quando avremmo    detto Giorgio anziché Giorgio, quattordici anziché quattordici, nome anziché    nome e compito anziché compito...
 No, non stiamo vivendo in un sogno, al contrario stiamo affrontando una    realtà ché, a poco a poco, stiamo conquistando e che ci permetterà di    arrivare quanto prima ad una corretta dizione...
 
 
 LA LETTURA    A SENSO 4
 Un altro passo in    questa direzione, un altro brève brano da leggere nel migliore dei modi, a    questo punto dovresti riuscire ad affrontarlo con una certa tranquillità e    quindi cominciare a gratificarti nella lettura il che dovrèbbe consentirti di    conseguire un risultato soddisfacènte...
 Lo hai già constatato?
 Con le ripetute audizioni cominci ad avere confidènza con la tua vóce e non    la trovi più sgraziata, la sènti come un qualche cosa di realmente tuo e    probabilmente cominci a comprèndere che hai ancora tante potenzialità da    evidenziare.
 Si tratta soltanto di insistere.
 Hai trovato anche qualche miglioramento nella comunicazione interpersonale?
 Ah! Una informazione che puoi prèndere con beneficio di inventario.
 I brani delle fiabe che fin qui hai lètto sono tratti da IL FIABARIO di    Teodorico Battaglini.
 Rammenta, come al solito, di registrarla, riascoltarla.
 
 Èra stufa di    sentirsi chiamare in tutti quei modi che non avevano sicuramente niènte di    elogiativo!
 Quel tirarla in ballo, spésso a sproposito e soltanto per offènderla, per    insultarla sènza alcun ritégno.
 Ne dicevano di tutti i colori...
 Fifa boia, Paura vigliacca, Paura maledetta, Morire di paura, brutto da far    paura... Hai un aspetto orribile, da far paura... Sèmbra uno spauracchio, Mi    fai paura...
 Èra demoralizzante sentir parlare di sé in quei modi! Ma chi l'aveva mai    vista!
 Come facevano a parlare di lei sènza conoscerla?
 E, proprio per questo, èra decisa a mostrarsi e, improvvisamente, si    materializzò in mezzo al vicolo, davanti ad un giovanotto che pareva avesse    la testa altrove.
 Lo apostrofò - Ti intimidisco?
 
 
 Si tratta indubbiamente, come puoi notare, di un frammento di una certa forza    che contiène termini abbastanza crudi.
 Credo - ma è soltanto un suggerimento - che la chiave di lettura corretta si    trovi nella seconda parola del testo : stufa...
 Dovresti perciò cercare di comunicare l'insofferènza di questo personaggio    che non gode certo di appellativi onorevoli.
 Un altro trucco - quello dell'immedesimazione - consiste nel trasferire    nell'interpretazione sensazioni o reazioni nostre personali.
 Come ti sènti quando sei esasperato?
 Con quale tono di vóce comunichi la tua esasperazione?
 Se lo ritièni utile utilizza anche la gestualità delle mani per rafforzare la    tua interpretazione.
 A mio parere, l'elencazione del testo - Fifa boia, Paura vigliacca, Paura    maledetta, Morire di paura, brutto da far paura... Hai un aspetto orribile,    da far paura... Sèmbra uno spauracchio, Mi fai paura... - dovrèbbe essere    letta in un crescèndo da comunicare non soltanto aumentando il volume della    vóce ma anche il tuo coinvolgimento emotivo.
 
 Per ottenere risultati significativi, sarèbbe utile non limitare l'esercizio    ai brani che ti ho propósto ma ampliarlo ed approfondirlo con letture di ógni    genere.
 In precedènza abbiamo affermato che non è importante la qualità del testo,    ricordi?
 Perciò può essere comprensibilissima la scarsità di tèmpo, la mancanza della    correzione dell'insegnante (che, a mio parere, puoi produttivamente    sostituire con la tua autocritica) ma devi comprèndere che, a questo punto,    la qualità della tua interpretazione dipènde essenzialmente dalla quantità di    allenamento che potrai svolgere.
 Intendiamoci, puoi esercitarti anche leggèndo un quotidiano o la tua rivista    preferita, è importante farlo però sèmpre a voce alta, registrarti e    riascoltarti criticamente.
 Questo dovrèbbe costituire anche una specie di stimolo a continuare e ad    intensificare l'esercizio perché ti darà modo di constatare i tuoi    miglioramenti.
 Potrèbbe anche èssere un bel gioco lèggere un pezzo di cronaca politica    interpretandolo come una fiaba o un brano sportivo come fosse una storia    d'amore...
 Ma ora la smetto con le prediche perchè sono covinto che ci siamo capiti    perfettamente.
             ORTOEPIA 5
 In questo ultimo    incontro dedicato all'ortoepìa, esamineremo con particolare attenzione due consonanti    ché, a volte (molto spesso), ci mettono in imbarazzo.
 Questo accade perché una certa pronuncia, sulla bocca di altri, ci affascina    però ci sentiamo ridicoli nel ripeterla... Sto parlando della esse e della    zèta.
 
 LA ESSE
 a - LA S SI    PRONUNCIA SEMPRE SORDA COME IN SASSO NEI SEGUENTI CASI :
 1) Quando è doppia    : fisso, massaia, sassaiola...
 2) Quando è all'inizio di una parola ed è seguita da vocale : salto, sapore,    signore, solo, superiore...
 3) Quando è seguita dalle seguènti consonanti C F P Q T : ascoltare,    scandire, asfittico, sfrondare, asparago, squallido, Pasqua, astrusoo,    pastella...
 4) Quando è preceduta da un'altra consonante : psicologo, àbside, cènso,    bolso, terso, borsa...
 5) Nella pronuncia toscana nelle terminazioni in osa oso degli aggettivi :    astioso, dubitoso, festoso, generosa vanitosa,... (Va però détto che buona    parte degli attori rifiutano questa lettura e che, naturalmente, puoi farlo    anche tu).
 
 b - LA S SI    PRONUNCIA SEMPRE SONORA COME IN ROŠA (SEGNATA COSÌ Š*) NEI SEGUENTI CAŠI:
 
        Davanti a B D G L M N R V : šbarbare, šbornia, šbucciare,    šdraiare, šdilinquere, šgombro, šgorbio, šgusciare, šleale, šlogare,    bišlacco, šmantellare, šmarrire, šmercio, šnellire, šnervare, šnodare,    šradicare, šragionare, šregolatezza, švago, švantaggio, šventura...
Nella maggioranza dei casi in cui si trova tra due vocali :    ašilo, ašola, allušo, baše, bašetta, bašilica, biašimo, bišógno, bišónte,    bišunto, brušìo, cašerma, cašo, cauša, cešèllo, cešóie, claušura, criši,    ešame, ešèmpio, fišica, išola, marcheše, mišeria, mušo, paeše, paradišo,    pauša, poéšia, proša, scuša, spòšo, tešoro, vašo, višo...Però ci sono altri casi, purtroppo, in cui la S nelle stesse condizioni è    sorda : asimmetrìa, asino, casa, casello, casereccio, casolare, còsa, chiuso,    desiderio, difesa, disegno, mese, mimosa, naso, offesa, Pisa, pesa, risata,    riso...
 
 Il problema della esse potrèbbe in un certo sènso dividere in due l'Italia    più di quanto possano fare la Lega o i frazionamenti socio politici...
 Ti fa sorridere, vero? Eppure è proprio così.
 Nel settentrione in genere si sovrabbonda di esse sonora mentre nel    cèntro-sud al contrario rièsce quasi impossibile pronunciarla a tutto    vantaggio della esse sorda...
 Non è facile acquisire una nuova sonorità, bisógna allenare lingua,, dènti e    labbra ad eseguirla e questo richiède impegno...
 
 
 LA ZÈTA a - LA ZÈTA    E' SEMPRE SORDA COME IN BELLEZZA NEI SEGUENTI CASI 1) Nelle parole che    terminano in azia, azie, azio, èzia, èzio, izia, izio, òzio, uzia, uzie,    emazia, disgrazia, grazie, spazio, strazio, topazio, facezia, inèzia, spèzia,    scrèzio, trapèzio, inimicizia, furbizia, pigrizia, calvizie, canizie,    solstizio, comizio, fittizio, negòzio, òzio, sacerdòzio, astuzia, arguzia,    minuzia, balbuzie...
 2) Nelle parole che terminano in ézza, ozza, uzza : bellézza, bruttézza,    sveltézza, carrozza, piccòzza, tavolozza, aguzzo, spruzzo, struzzo...
 
 b - LA ZÈTA    E' SEMPRE SONORA (SEGNATA COSÌ *Z) COME IN BIZZARRO:
 1) Nelle seguenti terminazioni    izzare, izzire, izzatore : minimizzare,    sintetizzare, sonorizzare, imbizzire,    vaporizzatore, sonorizzatore...
 
 Ecco un elènco di parole che iniziano con la zèta sorda (quella    affascinante che però ci fa sentire ridicoli...) :
 zampa, zampillo, zanna, zappa, zécca, zecchino, zingaro, zio, zitto, zittire,    zoccolo, zolfo, zoppo, zucca, zucchero, zuffa, zufolo, zuppa...
 
 Ed óra, invéce, un elènco di parole che iniziano con la zèta    sonora :
 zafferano, zaffìro, zaino, zanzara, zèlo, zènit, zènzero, zéro, zibellino, zinco, zizzania, zodiaco, zolla, zona, zoofilo, zoologìa, zotico...
 
 Osservando la zèta all'intèrno della parola - che sia sémplice    o doppia - possiamo trovarla óra sorda e óra sonora... E qui, purtroppo, non    ci sono regole ferree da seguire... (ti riporto l'elènco che Maria Romagnoli    espone nel suo La parola che conquista)
 
 - aguzzo, aguzzare    ma aguzzino
 - amazzone, arzillo, aziènda, azzardo,    azzurro
 - azzannare, azzeccato, azzittire, azzoppare, azzuffare, balza, balzare,    balzello
 - barzellétta, bazzècola
 - bazzicare
 - bizantino, bizza, bizzarro, bizzeffe,    bizzoso,
 - bozzetto, bozzolo
 - brezza, bonzo, buzzurro
 - calzetta, calzone, canzone, cazzotto, cazzuola
 - dozzina
 - drizzare, Ènzo, fidanzato, frizione
 - frizzo, frizzante, fronzolo, garzone,    gazzarra, gazzetta, grezzo
 - gozzo, gozzoviglia, guazzabuglio, guazzo, guizzo, impazzire, inzuppato,    intenzione
 - lazzo, lèzzo
 - lezio, lezione, lizza
 - magazzino
 - mazzo, Mazzini, merluzzo, mozzo, mozzarella, nunzio, nuziale
 - olezzo, olezzante, ozono
 - paranza, pazzo, pizzicare, pizzo, pozzo, prezzo, prozìo
 - pranzo
 - prezioso, profezìa, punzecchiare, puzza, puzzola
 - razzo, rizoma, rozzo
 - sazio, schérzo, scorza, sènza
 - sgabuzzino
 - spèzia, sprizzo, sprazzo, spruzzo, stizza
 - tramezzo, uzzolo, verzura
 - vezzoso, vizzo, Venèzia...
 
 Abbiamo potuto così constatare ché la corretta pronuncia prevéde    l'adeguamento anche a certe norme che, ad un primo contatto, possono    apparirci strane o ridicole... ma è dimostrato che, con la pratica, ci si    abitua a suoni che, d'acchito, ci sèmbrano bizzarri.
 Cerca comunque di adattare queste strane regole alle tue effettive esigènze.
 
 Ed ora concluderemo il nostro discorso sull'or-toepìa con gli ultimi due    elènchi della serie, ti rammento però che alla fine del manuale puoi trovare    un glossarietto relativo alle parole di uso più comune e una lista di parole    che èscono dalle regole che abbiamo osservato fino a questo punto.
 
 a - PAROLE CHE    CAMBIANO SIGNIFICATO A SECONDA DELLA POSIZIONE DELL'ACCÈNTO
 
        
          
            | Abbàino      (abbaiare)
 Àdito (passaggio)
 Àbitino (abitare)
 Àltero (alterare)
 Àmbito (spazio)
 Àncora (della barca)
 Àrbitri (giudici)
 Asfìssia (asfissiare)
 Àrista (schièna di porco)
 Attàcchino (attaccare)
 Bàcino (baciare)
 Bàlia (nutrice)
 Bàlzano (balzare)
 Bécchino (beccare)
 Benèfici (aggettivo)
 Càpitano (capitare)
 Càpito (capitare)
 Circùito (cerchio)
 Cómpito (incarico)
 Crògiolo (crogiolare)
 Dècade (decina)
 Desìderi (desiderare)
 Déstino (destare)
 Ètere (gas)
 Frùstino (frustare)
 Ìmpari (disuguale)
 Ìndice (dito)
 Ìntimo (personale)
 Intùito (sostantivo)
 Inùmano (inumare)
 Lèggere (verbo)
 Màrtiri (sacrificandi)
 Nèttare (bevanda)
 Nòcciolo (cèntro)
 Òvvio (scontato)
 Pàttino (pattinare)
 Pèrdono (perdere)
 Prèdico (predicare)
 Prèsidi (delle scuole)
 Prìncipi (figli del ré)
 Règia (del ré)
 Rètina (dell'occhio)
 Rùbino (rubare)
 Séguito (accompagnatori)
 Stropìccio (stropicciare)
 Sùbito (immediatamente)
 Tùrbine (vènto)
 Vìola (violare)
 | Abbaìno      (sottotétto)Adìto (adìre)
 Abitìno (vestito)
 Altèro (orgoglioso)
 Ambìto (desiderato)
 Ancóra (di nuovo)
 Arbìtri (soprusi)
 Asfissìa (sostantivo)
 Arìsta (resta della spiga)
 Attacchìno
 Bacìno
 Balìa
 Balzàno (stravagante)
 Becchìno
 Benefìci (sostantivo)
 Capitàno
 Capìto (capire)
 Circuìto (circuìre)
 Compìto (educato)
 Crogiòlo (dell'altoforno)
 Decàde (decadere)
 Desidèri (sostantivo)
 Destìno
 Etère (plurale di etèra)
 Frustìno
 Impàri (imparare)
 Indìce (indire)
 Intìmo (intimare)
 Intuìto (intuìre)
 Inumàno (crudèle)
 Leggère (aggettivo)
 Martìri (supplizi)
 Nettàre (pulire)
 Nocciòlo (pianta)
 Ovvìo (ovviare)
 Pattìno (natante a remi)
 Perdóno (clemènza)
 Predìco (predire)
 Presìdi (difese, aiuti)
 Princìpi (inizi, valori)
 Regìa (direzione)
 Retìna (piccola rete)
 Rubìno (gèmma)
 Seguìto (seguire)
 Stropiccìo (sostantivo)
 Subìto (subire)
 Turbìne (macchine)
 Viòla (fiore)
 |  b - ELÈNCO DI    PAROLE CHE SPESSO VENGONO PRONUNCIATE SCORRETTAMENTE  
        
          
            | Si dice àbroga e non abròga
 adùla e non àdula
 àlacre e non alàcre
 àlluce e non allùce
 àlveo e non alvèo
 aeròdromo e non aerodròmo
 amàca e non àmaca
 appendìce e non appèndice
 baùle e non bàule
 bìfora e non bifòra
 bismùto e non bìsmuto
 bìsturi e non bistùri
 bàratro e non baràtro
 cadùca e non càduca
 callìfugo e non callifùgo
 càtodo e non catòdo
 cèntina e non centìna
 clessìdra e non clèssidra
 codardìa e non codàrdia
 cognàc e non cògnac
 concìme e non còncime
 cosmopolìta e non cosmopòlita
 compìlo e non còmpilo
 constàto e non cònstato
 cucùlo e non cùculo
 duodèno e non duòdeno
 dàrsena e non darséna
 edìle e non èdile
 efèbo e non èfebo
 elèttrodi e non elettròdi
 evapóra e non evàpora
 fortùito e non fortuìto
 Friùli e non Frìuli
 gratùito e non gratuìto
 guaìna e non guàina
 incàvo e non ìncavo
 ìncubo e non incùbo
 infìdo e non ìnfido
 leccornìa e non leccòrnia
 medìceo e non medicèo
 mollìca e non mòllica
 monòlito e non monolìto
 mulìebre e non mulièbre
 misògino e non misogìno
 neòfito e non neofìto
 peròro e non pèroro
 protòtipo e non prototìpo
 pèrmuta e non permùta
 persuadére e non persuàdere
 pòlizza e non polìzza
 pudìco e non pùdico
 regìme e non règime
 rubrìca e non rùbrica
 salùbre e non sàlubre
 scandinàvo e non scandìnavo
 sguaìno e non sguàino
 surrògo e non sùrrogo
 trànsfuga e non transfùga
 ubbìe e non ùbbie
 utensìle e non utènsile
 velòdromo e non velodròmo
 zaffìro e non zàffiro
 |  Sarà utile osservare    con attenzione, evidenziare e memorizzare le parole che abitualmente    sbagliamo.A questo punto sei in possesso degli strumenti tecnici necessari per un    corretto uso e consumo della nostra lingua. Ciò non significa automaticamente    che tu sappia parlare correttamente... Ritèngo che molto sia cambiato da    quando hai iniziato il tuo dubbioso rapporto con questo manualetto :    sicuramente dovresti riuscire a comunicare più chiaramente; dovresti avere    corretto (a volte a fatica) qualche accènto ma il tuo cammino è soltanto    all'inizio. Se però hai constatato che riesci a rèndere interessante il tuo    discorso e, in qualche caso, a catturare l'attenzione di chi ti ascolta - e    non c'è peggior sordo di chi non voglia sentire... - allora hai compiuto un    passo significativo e dovrèbbe essere abbastanza facile insistere.
 
 Autore: Pietro  La  Barbera
 |