Definizioni termini economici con lettera iniziale C

 

 

 

Definizioni termini economici con lettera iniziale C

 

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GLOSSARIO ELEMENTARE DI TERMINI ECONOMICI
A LIVELLO INTRODUTTIVO PER GLI STUDENTI DI ECONOMIA APPLICATA ALL'INGEGNERIA

 

 

C

 

CALL (OPZIONE DI ACQUISTO)

Diritto di opzione per l’acquisto di un pacchetto di azioni entro una certa data ad un prezzo definito. E’ un vantaggio per chi lo detiene perché è un diritto e non un obbligo e pertanto tale diritto va in qualche modo pagato. Evidentemente l’esistenza del diritto di una parte comporta un obbligo per la sua controparte. Clausola frequente nei contratti di collaborazione o più comunemente di scambio di partecipazioni incrociato: obiettivo della clausola è spesso quello di consentire che attraverso il diritto di acquisire il pacchetto di controllo di una società, si configuri in prospettiva chi ne sarà l’azionista di riferimento. Nel gioco di borsa la logica di acquisire una “call option” corrisponde alla scommessa che entro la data di scadenza il pacchetto in questione aumenterà il suo valore oltre il prezzo convenuto. E’ un caso particolare del concetto di OPZIONE e concetto simmetrico a quello di PUT.

 

CAMBIALE

Titolo di credito all’ordine consistente nell’ordine incondizionato impartito dal sottoscrittore di pagare una certa somma, a una data scadenza in un dato luogo, a un dato soggetto beneficiario . Se l’obbligato dall’ordine è un terzo il titolo si chiama cambiale tratta o semplicemente tratta; assume il nome di pagherò (o nel linguaggio comune semplicemente cambiale se il sottoscrittore impartisce l’ordine a sé stesso (si tratta cioè di una promessa incondizionata).

 

CAMPIONAMENTO

(Vedi CONTROLLO DI UN SISTEMA)

 

CAPACITA’ PRODUTTIVA

La capacità produttiva il volume massimo di produzione teoricamente possibile per un’azienda (o per un impianto) il volume di produzione) effettivamente realizzato è in genere minore della capacità produttiva.  Con la dizione capacità produttiva effettiva si tiene conto di limitazioni (disorganizzazione, temporanea indisponibilità o insufficienza di alcuni fattori produttivi e simili) che riducono la capacità reale rispetto a quella teoricamente possibile

Al concetto di capacità produttiva di un impianto è legato quello di taglia di un impianto: taglia è utilizzato generalmente come sinonimo; a volte si usa il termine taglia per indicare una fascia di valori della capacità produttiva piuttosto che un singolo valore puntuale di capacità produttiva.
V. anche PRODUTTIVITA’  RENDIMENTO DI SCALA.

 

CAPITAL GAIN

La produzione di profitto - con conseguente ripartizione fra i soci in tutto o in parte (dividendo) - non è l’unico modo attraverso il quale un’impresa può soddisfare le aspettative dell’azionista. 
Un vantaggio economico può derivare all’azionista dalla vendita delle azioni ad un prezzo superiore a quello da lui sborsato all’atto dell’acquisto; questo può avvenire perché è aumentato nel frattempo il valore dell’impresa, cioè dalla data dell’acquisto è aumentato il prezzo delle azioni. Si realizza in tal modo un guadagno sul capitale (capital gain).

Gran parte della “new economy” nell’attuale fase della borsa si basa su aspettative di guadagno di capitale, piuttosto che su aspettative di lucrosi dividendi che anzi sono spesso piuttosto rari nella new economy.

 

CAPITALE CIRCOLANTE

La definizione di capitale circolante è espressamente fornita dal codice civile: il capitale circolante è composto da:

I - Rimanenze:
1) materie prime, sussidiarie e di consumo;
2) prodotti in corso di lavorazione e semilavorati;
3) lavori in corso su ordinazione;
4) prodotti finiti e merci;
5) acconti:
Totale.

II - Crediti, con separata indicazione per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l'esercizio successivo:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
5) verso altri.
Totale.

III - Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni:
1) partecipazioni in imprese controllate;
2) partecipazioni in imprese collegate;
3) partecipazioni in imprese controllanti;
4) altre partecipazioni;
5) azioni proprie, con indicazione anche del valore nominale complessivo;
6) altri titoli.
Totale.

IV - Disponibilità liquide:
1) depositi bancari e postali;
2) assegni;
3) danaro e valori in cassa.
Totale.

Totale attivo circolante (C).

Capitale circolante netto

 

CAPITALE DI DEBITO (o CAPITALE DI TERZI)

Il capitale di debito è costituto dalle risorse provenienti da prestiti ricevuti da terzi sotto varia forma . La definizione è in contrapposizione con quella di capitale di rischio che è messo a disposizione da parte dei soci e sostanzia l’impresa, seguendone i destini..

Chi presta il denaro non diventa in alcun modo partecipe dei destini dell’azienda e comunque vada l’azienda stessa riceve, alla scadenza, quanto convenuto. Per completezza va citato il caso limite di un’azienda che vada talmente male da fallire: in questo caso il creditore rischia di non riavere il proprio denaro indietro o di averne solo una parte; ma questo è lo stesso destino che in caso di fallimento hanno tutti i creditori (fornitori non pagati, dipendenti non integralmente remunerati ecc.)

 

La somma del capitale di debito e del capitale di rischio costituisce le risorse di cui dispone l’impresa.

 

CAPITALE DI RISCHIO

Capitale di rischio è una denominazione alternativa del capitale proprio e pertanto è costituto dalle somme messe a disposizione da parte dei soci sotto varia forma (capitale sociale, riserve, utili indivisi) che sostanziano l’impresa e ne seguono i destini. La definizione è in contrapposizione con quella di capitale di debito costituto dalle risorse provenienti da prestiti ricevuti da terzi. Il capitale di rischio si chiama così perché, se l’impresa perde, il capitale di rischio viene corrispondentemente a ridursi per compensare le perdite. Se il capitale di rischio scende al disotto di un certo livello l’impresa deve chiudere le proprie attività.

Dal punto di vista bilancistico il capitale di rischio coincide con il patrimonio netto.

La somma del capitale di debito e del capitale di rischio costituisce le risorse di cui dispone l’impresa.

 

CAPITALE FISSO

Insieme dei beni d’investimento detenuti da un’azienda: comprende gli impianti le attrezzature e i fabbricati. E’ sostanzialmente sinonimo di immobilizzazioni tecniche.

La crescita del capitale fisso in un dato periodo è l’effetto degli investimenti effettuati in quel periodo.

 

CAPITALE INVESTITO

Il capitale investito indica le risorse proprie e di terzi investite nell’azienda, più precisamente investite nella gestione caratteristica; il suo valore è prossimo, ma non coincidente con quello del totale dello stato patrimoniale che indica tutte le risorse disponibili nell’azienda: la differenza è data dalle risorse dedicate alla gestione extra caratteristica, principalmente le immobilizzazioni finanziarie

Il capitale investito interviene nel calcolo del ROI..

 

CAPITALE PROPRIO

Il capitale proprio indica le risorse proprie di cui dispone l’azienda ovvero le somme messe a disposizione da parte dei soci sotto varia forma (capitale sociale, riserve, utili indivisi) che sostanziano l’impresa e ne seguono i destini; si tratta .quindi delle risorse totali sottratte le risorse di terzi (dette anche messi di terzi). Pertanto il concetto di capitale proprio coincide con quello di patrimonio netto. Il capitale proprio fa parte delle cosiddette passività fisse, in contrapposizione alle passività correnti.

Il capitale proprio è denominato anche capitale di rischio per sottolineare la circostanza che se l’impresa perde, il capitale di rischio viene corrispondentemente a ridursi per compensare le perdite.

Il valore del capitale proprio interviene nel calcolo del ROE.

 

CAPITALE UMANO

E’ sinonimo di risorse umane.

 

CAPITALE SOCIALE

E’ una voce della sezione denominata patrimonio netto dello Stato patrimoniale nella colonna delle passività (fonti); sta ad indicare il capitale sottoscritto dai soci o dal singolo imprenditore in sede di costituzione dell’impresa o di aumento di capitale.

Fa parte per definizione del capitale di rischio  di cui è l’elemento fondante e quindi se la società va male i soci lo perdono perché è utilizzato per compensare le perdite.

Non va confuso con il patrimonio netto dell’azienda poiché ne costituisce solo un elemento parziale…..

COMPLETARE

 

CAPITALISMO

 

Sistema economico caratterizzato da:
prevalenza della proprietà privata dei mezzi di produzione (fattori produttivi)
sovranità del consumatore (che può quindi scegliere tra i prodotti offerti dai produttori)
decisioni economiche decentrate, in altre parole rapporti economici definiti tra singoli soggetti in libere contrattazioni
forte presenza del lavoro dipendente
forte presenza del settore industriale o comunque di imprese che operano con investimenti rilevanti in impianti per la produzione
profitto come motivazione dell’attività economica e individuazione dell’imprenditorialità e della valorizzazione delle risorse (capitale finanziario, ma anche capitale tecnico) come strumenti per conseguirlo.

  •  
  • Spesso si usa come sinonimo del termine capitalismo l’espressione economia di mercato che più puntualmente si riferisce all’iniziativa privata e in particolare alla libertà dei consumatori di esprimere le loro domande sul mercato e alla libertà dei produttori di soddisfarle (quindi ai primi tre punti della lista precedente)

In contrapposizione a economia di mercato si pone l’economia di stato basata su:
proprietà collettiva dei mezzi di produzione;
programmazione centralizzata della dinamica della produzione in coerenza con previsioni centralizzate (o addirittura con scelte di natura politica) della dinamica dei consumi;
forte presenza del lavoro dipendente, ma con prevalenza del rapporto di dipendenza pubblica;
delegittimazione se non addirittura deprecazione del profitto come motore dell’attività economica.

  •  
  • Storicamente si sono verificati anche casi di economie cosiddette miste e comunque anche nel sistema capitalistico (escluse le situazioni denominate di capitalismo selvaggio) sono molto importanti gli interventi dello stato nell’economia .

 

CAPITALIZZAZIONE

 

Questo termine ha una pluralità di significati che sono riconducibili a tre concetti base:

 

Valore di titoli azionari emessi da una società quotata in borsa

Capitalizzazione di borsa
Valore che si ottiene sommando la capitalizzazione di tutti i titoli quotati.

Capitalizzazione di un titolo quotato
Valore che si ottiene moltiplicando il prezzo di mercato di un titolo per il numero di titoli emessi.

Capitalizzazione ordinaria
Valore che si ottiene sommando la capitalizzazione di tutte le azioni ordinarie quotate.


Capitalizzazione nel bilancio

Registrazione di una spesa come investimento che dà luogo quindi ad immobilizzazione tecnica ed è soggetta ad ammortamento.

Se una data spesa si registra come semplice costo di produzione, l’intero ammontare va tra le perdite del conto economico di quell’esercizio e nulla si manifesta nel patrimonio. Se invece la stessa spesa è registrata come investimento, figura tra i costi dell’esercizio solo un valore ben più basso corrispondente all’ammortamento relativo (tipicamente valore della spesa / il numero di anni durante i quali si pensa di poter sfruttare l’investimento) con conseguente aumento dell’utile; non solo, si ha anche il beneficio di un incremento del patrimonio.

La ratio della capitalizzazione è che l’investimento deve protrarre i suoi effetti per un lasso di tempo pluriennale; questa circostanza concettualmente semplice va verificata con cautela caso per caso: nel caso di potenziali immobilizzazioni tecniche materiali quali un fabbricato le incertezze sono esigue, ma un’apparecchiatura informatica potrebbe invece essere soggetta a rapida obsolescenza tecnica e non essere più proficuamente utilizzabile dopo in pur breve lasso di tempo; per potenziali immobilizzazioni tecniche immateriali, quali la ricerca o la pubblicità la stima della prevedibile durata neo tempo degli effetti benefici attesi è soggetta a notevole aleatorieta. Conseguentemente la legge regolamenta con chiarezza le condizioni da verificare perché una spesa possa essere considerata un investimento da registrare come immobilizzazione a patrimonio (cioè patrimonializzata e quindi posta tra le risorse reali ossia ricompresa nel capitale reale, donde il termine capitalizzazione).

 

Capitalizzazione in matematica finanziaria

 

CARTELLO

 

Accordo sui prezzi e sulle quantità vendute fra più imprese operanti sullo stesso mercato, tendente a controllare l’incontro domanda offerta in modo favorevole  all’offerta utilizzando alo scopo la legge della domanda e dell’offerta; in sostanza è una violazione della libera  concorrenza: le legislazioni di molti paesi tendono a combattere questo tipo di comportamento proibendolo e affidando ad autorità cosiddette antitrust il controllo e la sanzione in merito..

Il cartello rientra  nella configurazione di mercato denominata oligopolio.

Tipico esempio l’OPEC. (Oil Producing and Exporting Countries): i paesi produttori, concordando il totale della produzione (e soprattutto la ripartizione in quote fra i paesi aderenti) riescono a determinare sul mercato situazioni di scarsità del petrolio che fanno lievitare i prezzi.

 

CASSA

Principio contabile contrapposto al principio di competenza. Le entrate e le uscite sono riferite alla data nella quale avvengono effettivamente.

 

CAVALIERE BIANCO

Espressione usata in gergo borsisticoper indicare il soggetto che viene in soccorso di un’azienda oggetto di un tentativo di acquisizione aggressiva.

 

CEO  Chief Executive Officer

Nell’organizzazione di vertice di un’azienda il CEO è il vertice operativo di una società: a seconda dei casi corrisponde al nostro Direttore Generale o al nostro Amministratore Delegato.

 

CESSIONE DI AZIENDA O DI RAMO D’AZIENDA

In alcuni casi l’imprenditore invece di vendere l’intera azienda preferisce venderne solo una parte. A questo scopo deve prima procedere ad un’operazione di scorporo.

OPV

Operazione inversa alla cessione di un ramo d’azienda è l’acquisizione di un’intera azienda o di una sua parte.

COMPLETARE

 

CIRCOLAZIONE MONETARIA

La banca centrale emette la moneta in forma di biglietti concedendo crediti al Tesoro e alle banche ordinarie. I biglietti entrano in circolazione per esempio quando il Tesoro effettua pagamenti; una parte di detti biglietti viene depositata presso le banche. A loro volta le banche, concedendo credito e acquistando titoli, immettono di nuovo in circolazione una parte dei biglietti ricevuti che possono ritornare in parte presso le banche che se ne avvalgono per nuovi prestiti. Si stabilisce in tal modo la circolazione monetaria.

Ogni unità monetaria può servire, nel corso di un anno, più volte; la moneta ha quindi una velocità di circolazione superiore a uno e conseguentemente il suo ammontare è inferiore al valore complessivo degli scambi.

 

COBB DOUGLAS (funzione di)

 

E’ una particolare espressione (tipo potenza) della funzione di produzione   
L   =   x1a1 .  x2a.. . .xnan
dove L è il livello di produzione e x1 ,  x2 ,…, xn sono le quantità utilizzate dei diversi fattori produttivi.

                                                                  

z

 

L’asimmetria della superficie deriva dalla differenza fra i valori dei due esponenti.
 CLICCARE sull’icona per modificare la funzione
Perché il prodotto marginale dei fattori d L / d xi = ai .  x1a1 - 1 .  x2a2  .  xnan    diminuisca con la loro utilizzazione deve essere negativa la sua derivata che è proporzionale ad ai – 1; conseguentemente deve essere ai  <  1. Notare che   a1 +  a2 +   . . .    +  an  <  1 implica rendimenti di scala decrescenti, mentre a1 +  a2 +   . . .    +  an 1  >  1 implica rendimenti di scala crescenti.

Nel caso di due soli fattori la funzione di Cobb Douglas assume la forma    L   =   x a1  .  y a2  .
I corrispondenti isoquanti sono:   y  =  L 1 / a2  .  x -a1/ a2.  Se   a1 = a2   l’isoquanto è una semplice iperbole equilatera.

La determinazione del punto di ottimo della produzione è semplice nel caso di funzione di produzione del tipo Cobb-Douglas.   Le tre equazioni sono (indicando con R la disponibilità per l’acquisto dei fattori e con a   =   px  /  py il rapporto tra i prezzi dei due fattori) )    :

y  =  L 1 / a2 .  x -a1/ a2   (1)

y  =  R  /  py  - a . x             (2)

-a1 / a2  .  L 1 / a2.  x - a1/ a2   - 1  = - a ovveroa1 / a2 . y  /  x  = -a (3)

dalla    (3)  si ricava:

x  =  (a a2  / a1) -a2   / (a1 + a2 )   L1 / (a1 + a2 )   (4)

inserendo la (3)  nella  (1)  si ottiene:
y  =  (a a2  / a1) a1   / (a1 + a2 )    L1 / (a1 + a2 )       (5)

sostituendo la  (4) e la (5) nella  (2)  risulta:

R  =  py (a (a a2  / a1) -a2   / (a1 + a2 )    +   a a2  / a1 )  a1   / (a1 + a2 )   )  L 1 / (a1 + a2 )  (6)

 

Anche la individuazione dell’eutopica risulta particolarmente agevole nel caso di funzione di produzione del tipo Cobb-Douglas,  in quanto basta confrontare la  (4)  con la  (5)  per ricavare
y   =  (a2  px )  /  (a1  py )  x . 

Allo stesso risultato si arriva partendo dall’equazione
¶ L / ¶ x : px   =    L / ¶ y : pche ha per soluzione una retta; infatti  
a1. x a1- 1  y a2   :  px   =   a2  .  y a2- 1  x a1:  py ovvero
a1  / x  . L  :  px    =    a2  / y  . L :  py     da cui    y   =  (a2  px )  /  (a1  py )  x

L’eutopica come sopra espressa è nel piano x , y , mentre la R = R (L) è data dalla equazione (6) di cui sopra. La circostanza che x e y vadano entrambi come  L1 / (a1 + a2 )  spiega l’andamento lineare dell’eutopica nel piano x , y .

Per la precisione, nel call americano il diritto può essere esercitato in qualunque momento entro la data prefissata, mentre nel call europeo l’opzione può essere esercitata solo alla data prefissata.

Il titolo è trasferibile quindi il beneficiario può indicare un altro beneficiario in sua vece.

La tratta assume piena validità giuridica solo con l’accettazione da parte della persona che deve effettuare detto pagamento

I prestiti ricevuti fanno parte dei debiti della società e si distinguono in prestiti a breve termine e prestiti a breve lungo termine.

Intervento dello stato o più in generale intervento pubblico (v. DECENTRAMENTO).

 Non confondere   a   =   px  /  py (rapporto trai prezzi dei due fattori) con a1  e a2  che sono gli esponenti della funzione di Cobb-Douglas.

 

 

COEFFICIENTI TECNICI DI PRODUZIONE

 

I coefficienti tecnici di produzione ucd indicano la quantità del fattore d necessaria per produrre un’unità del bene c . Tali fattori sono ovviamente un’indicazione della tecnologia del sistema economico e sono legati alla funzione di produzione che se è ipotizzata dipendere linearmente dalle quantità di ciascuno dei fattori stessi dà luogo a coefficienti di produzione costanti. Il valore dei coefficienti tecnici di produzione è l’inverso del  prodotto marginale dei fattori che invece esprime la quantità del bene c prodotta impiegando un’unità del fattore d.

Altre grandezze che esprimono il rendimento di scala sono il fattore di scala e l’effetto scala

 

COMMESSA

Nell’ambito dell’organizzazione della produzione si definisce commessa un ordine di fornitura impartito da un cliente che non intenda approvvigionarsi di un prodotto a catalogo, ma preferisca dare proprie specifiche ed avvalersi di una produzione ad hoc. Corrispondentemente si dice che l’impresa lavora per commessa, in contrapposizione con una produzione per il magazzino (si intende per i prodotti standard inseriti nel catalogo).

Si usa anche l’espressione customerizzazione (adattamento al cliente, cioè al customer) per indicare che il prodotto è “personalizzato” per le esigenze di un singolo cliente.

E’ evidente che nel caso limite di un catalogo “ideale” con variabilità infinita (con gamma infinita) cade una delle distinzioni concettuali fra lavorazione per magazzino e lavorazione per commessa nel senso che il prodotto commissionato non è realizzato apposta quanto  a specifiche (quella tipologia speciale è inserita nel catalogo “ideale”), ma rimane la differenza che la produzione scatta solo quando c’è il cliente definito e l’ordine firmato.

Nelle produzioni per commessa l’acquisizione di un nuovo ordine deve essere valutata verificando la possibilità effettuare le consegne nei tempi richiesti dai clienti, tenuto conto del carico di lavoro dei reparti impegnati nella realizzazione delle commesse già in realizzazione.

In tali produzioni le specifiche tecniche e di fabbricazione (disegni esecutivi, cicli di lavorazione ecc.) sono definite da parte del committente, al momento della richiesta d’offerta. Lo schema risultante è quello illustrato nella figura seguente dove sono evidenziate in un quadro di rapporti iterativi con il cliente, sia la fase di verifica della fattibilità (in termini di risorse disponibili e tempi della commessa), sia la fase di acquisizione e programmazione operativa della commessa.

Nel caso di produzione per commessa, ai fini delle valutazioni su costi e ricavi è utile introdurre i concetti di margine di contribuzione e di mark up.


 

 

 


L’ufficio tecnico progettazione pur non avendo la responsabilità delle specifiche appare nello schema perché inevitabilmente deve intervenire come “consulente” per una serie di verifiche la cui responsabilità è del Servizio fabbricazione.

 

COMMODITY

Merce che ha caratteristiche standardizzate per cui un fornitore vale l’altro ed è sempre disponibile (salvo condizioni particolari). Esempio di commodity sono le derrate alimentari, o il cemento, o il petrolio (è evidente che possono evidenziarsi classi di qualità per esempio nel caso del petrolio in base alla sua leggerezza e alla presenza o meno di metalli pesanti ecc.).  I componenti elettronici (resistenze, transistor, ma anche memorie e processori di uso generalizzato sono da ritenere commodity). Ma si possono anche realizzare esemplari o piccole serie con caratteristiche personalizzate ad un singolo cliente (o ad una singola classe di applicazione); allora si parla di customerizzazione del prodotto e viene a cadere il concetto di commodity.

 

COMPETENZA

Principio contabile contrapposto al principio di cassa. In base al principio di competenza, che deve essere applicato nella redazione del bilancio di esercizio, le entrate e le uscite (costi e ricavi) vengono iscritti quando la transazione economica corrispondente è eseguita (si realizza il contenuto del contratto) e non quando i pagamenti relativi sono avvenuti. In sostanza: i ricavi si registrano quando si consegna il bene (o si conclude la prestazione) oggetto del contratto e non quando viene saldata la fattura attiva emessa dall’impresa; i costi si registrano quando si riceve la fattura da saldare, cioè emessa a carico dell’impresa. Per tener conto nella registrazione contabile della differenza di tempo tra completamento della prestazione ed effettuazione del pagamento (differenza che si usa denominare disallineamento cassa competenza) si introducono due concetti: ratei e risconti; ciascuno di questi può essere attivo o passivo.

Il termine competenza ha altri due significati di rilievo nel sistema gestionale d’impresa:

competenza come sinonimo di conoscenza, di sapere, di know-how, per esempio nell’espressione “le competenze di un gruppo di ricerca”;

  •  

competenza come sinonimo di funzione, di attribuzione, di compito in un’organizzazione , per esempio nell’espressione “le competenze dell’ufficio acquisti”.

 

COMPETITIVITA’

Capacità (o possibilità) per un’impresa di stare sul mercato con successo, vale a dire generando profitto e più in generale valore per gli azionisti e, eventualmente, sviluppandosi.

  •  
  • I fattori di competitività:
  •  

fattori interni all’azienda (qualità del prodotto e/o del servizio, tecnologia organizzazione delle varie fasi della produzione e della distribuzione, comprensione del mercati e della loro evoluzione, innovatività ….)

  •  

fattori esterni(funzionalità del sistema autorizzativo e più in generale amministrativo, qualità e ricchezza dei servizi – trasporti e telecomunicazioni, ambientali, bancari e creditizi, formazione, ricerca scientifica, prestazioni ad alta tecnologia, disponibilità di personale qualificato …), ma anche tassi di cambio della valuta locale rispetto alle monete di acquisto delle materie prime e alle monete dei mercati di vendita dei prodotti.

Il peso dei fattori esterni diventa così rilevante che si deve parlare non più di competitività di singole aziende, ma di competitività di distretti industriali o di un certo sistema industriale o addirittura del sistema paese.

In Italia il peso dei fattori esterni è elevato anche perché è prevalente la dimensione di piccola e media impresa: la piccola e media impresa non può essere autosufficiente per molte delle funzioni che invece le grandi imprese riescono a realizzare al proprio interno (scegliendo l’alternativa make del make or buy).

 

COMPONENTE DI UN SISTEMA

 

Parte di un sistema dato. In una gerarchia di sistemi, se il componente ha una qualche struttura/complessità,  lo si può interpretare anche come un sottosistema del sistema dato (la pompa è un componente del sistema di refrigerazione del nocciolo della centrale nucleare).

 

COMUNISMO

 

v. SOCIALISMO

 

CONCORRENZA

Presenza sul mercato di più produttori che si confrontano per perseguire il loro obiettivo di massimizzare il rispettivo profitto.

In termini generici concorrenza è sinonimo di competizione tra produttori che vendono lo stesso prodotto o prodotti simili e può essere relativa al prezzo oppure riguardare elementi qualitativi del prodotto ovvero aspetti accessori quali: tempi di pagamento, tempi e modalità di consegna, condizioni di assistenza ecc. . Nell’uso comune si chiama concorrenza non solo la situazione, ma anche le imprese con le quali ci si confronta.

Sul mercato si distinguono, con riferimento al rapporto tra produttori, ma anche tra produttori e consumatori, varie configurazioni nelle quali la concorrenza è più o meno pronunciata (dalla libera concorrenza , configurazione nella quale la concorrenza è massima, al monopolio, configurazione nella quale la concorrenza non esiste affatto).

 

CONCORRENZA PERFETTA  O LIBERA CONCORRENZA

 

V.  MERCATO CONCORRENZA PERFETTA

CONCORRENZA IMPERFETTA

 

V. OLIGOPOLIO   MONOPOLIO

 

CONSUMATORE

 

Operatore economico che acquista beni di consumo. (Si sottolinea l’acquisto per indicare che il consumo effettivo può anche essere posticipato o addirittura, in caso di rivendita, non aver luogo; quello che interessa per il mercato è che il bene cambia di proprietario e per questo è corretto definire consumatore chi acquista). Al consumatore sono rivolti studi di marketing per comprenderne le motivazioni e/o azioni pubblicitarie indirizzate influenzarne le scelte.

Si vanno affermando associazioni di consumatori con l’obiettivo di tutelate la categoria (diritti dei consumatori) nei confronti dei produttori, soprattutto per quanto riguarda la qualità dei prodotti e le condizioni di vendita – in primo luogo il prezzo, ma non solo.

Per un’analisi del comportamento del consumatore vedi CONSUMATORE RAZIONALE.
V. DOMANDA DEL CONSUMATORE   SURPLUS DEL CONSUMATORE

 

CONSUMATORE RAZIONALE

Dati i gusti (le preferenze) del consumatore, si assume che il consumatore sia razionale nel senso che tenta sempre di massimizzare la propria utilità. Per un consumatore non sempre è facile raggiungere questo obiettivo per limiti oggettivi, quali la mancanza di informazioni o errori di valutazione.

Per raggiungere il suo scopo di massimizzare l’utilità il consumatore deve tenere conto di due elementi diversi dai suoi gusti: il reddito monetario di cui dispone e il prezzo di ciascun bene per lui rilevante. Tanto più alto è un prezzo, tanto minore è la quantità di un bene che è possibile acquistare a parità di reddito monetario disponibile.

Si definisce comportamento di equilibrio del consumatore le azioni che il consumatore adotterà stabilmente nel tempo se non si verificano cambiamenti nei gusti, nel reddito e nel prezzo dei beni: il comportamento effettivo se il consumatore tende a massimizzare la propria utilità è da attendersi che sia simile a quello di equilibrio. Il comportamento all’equilibrio corrisponde a un mix di beni (paniere) denominato paniere d’equilibrio del mercato.

 

CONSUMO

CONSUMO INDIVIDUALE

 

Attività economica consistente nell’acquisto di beni di consumo cioè destinati al consumo finale, sia esso immediato o differito, e in tal senso beni finali. (Si sottolinea l’acquisto anziché per indicare che il consumo effettivo può anche essere posticipato o addirittura, in caso di rivendita, non aver luogo; quello che interessa per il mercato è che il bene cambia di proprietario e per questo è corretto definire consumatore chi acquista).

V.  CONSUMATORE CONSUMATORE RAZIONALE  CURVA REDDITO CONSUMO
DOMANDA DEL CONSUMATORE   SURPLUS DEL CONSUMATORE
CURVA DI ENGEL

 

CONSUMO TOTALE

Il consumo totale di un sistema economico è la somma dei consumi individuali dei soggetti economici che lo compongono.

 

DIPENDENZA DEL CONSUMO DAL REDDITO

La curva di Engel ricavata dalle curve di indifferenza attraverso la curva reddito consumo ci consente di esprime il legame tra reddito e consumo, assumendo il consumo come variabile indipendente.  Consideriamo qui la funzione inversa che, assumendo il reddito come variabile indipendente, esprime il livello di consumo massimo compatibile con l’entità di reddito monetario disponibile al consumatore.

Esprimendo il consumo non più in quantità, ma in valore monetario (cioè moltiplicando per il prezzo la quantità dei beni consumati) vale la relazione:     I = S + C                  (1)

cioè la somma del risparmio S più il consumo C è uguale al reddito I .

Si indica  con   propensione marginale al consumo  la derivata del consumo  rispetto al reddito dx / dI mentre la propensione media al consumo  è semplicemente il rapporto x/I tra il valore del consumo e il valore del reddito.

Dalla (1) si deduce che:

  • la somma della propensione media al risparmio e della propensione media al consumo è uguale all’unità;
  • la somma della propensione marginale al risparmio e della propensione marginale al consumo è uguale all’unità.

Cominciamo con l’osservare che scambiando gli assi la curvatura diventa opposta: nel nuovo piano la curva A  ha derivata seconda positiva (è concava), mentre la curva B ha ora derivata seconda negativa (è convessa). In altri termini la curva A ha un tasso di crescita crescente, mentre la curva B ha un tasso di crescita decrescente.



Per il bene il cui andamento è rappresentato dalla curva B a successivi uguali aumenti del reddito corrispondono aumenti via via decrescenti del consumo.

Un andamento di crescita rapida corrisponde a beni il cui consumo non è molto sensibile a variazioni di reddito. Per esempio nel primo tratto della curva B si potrebbe rappresentare il caso del cibo per una persona che ha reddito insufficiente. Nel secondo tratto della curva A si potrebbe rappresentare il caso del vestiario, bisogno che si sviluppa se è già soddisfatto quello primario del cibo.

Un andamento di crescita lenta corrisponde a beni il cui consumo non è molto sensibile a variazioni di reddito. Per esempio nel secondo tratto della curva B ormai il bisogno di cibo è soddisfatto e incrementi di reddito non aumentano il consumo. Analogamente nel primo tratto della curva A, soddisfatto il bisogno minimale di vestiti, se si ha una qualche disponibilità aggiuntiva non la si destina al vestiario, almeno che non si superi una certa soglia, al di là della quale un incremento nella disponibilità di vestiario diventa interessante.

Oltre al livello di reddito influenzano il consumo le seguenti variabili:

  • il tasso d’interesse: i consumi aumentano quanto più basso è il tasso di interesse perché sono favoriti i prestiti delle banche e le vendite a rate (si ricordi la definizione di reddito monetario del consumatore); un basso tasso d’interesse rende anche relativamente meno appetibile il risparmio che è l’alternativa al consumo;
  • le caratteristiche socio-economiche delle famiglie (composizione demografica, stato psicofisico dei componenti, livello culturale, …);
  •  le aspettative del consumatore: cioè che il consumatore desidera (i suoi gusti), ma anche la loro proiezione nel futuro e più in generale le previsioni sul futuro.

 


Possiamo assumere i1 <i2 < i3 

Le considerazioni fin qui esposte sono applicabili sia ai singoli consumatori (microeconomia) sia al consumo totale (macroeconomia)

 

CONTABILITA’

Si definisce contabilità un processo integrato di rilevazione (e registrazione) quantitativa e sistematica dei fatti aziendali in base a determinati principi contabili (criteri e logiche) e procedure contabili (chi fa cosa come dove e quando).

Si usa distinguere tra la contabilità generale, che dà il quadro complessivo dei rapporti tra azienda e ambiente esterno, e la contabilità analitica, che descrive ogni singola operazione.

Si noti che non è la contabilità a fornire il valore dell’azienda: la contabilità registra quello che succede.

Un concetto più generale (e più moderno) che non quello legato al termine contabilità è quello di informazioni contabili.

CONTABILITA’ ANALITICA

Descrizione di ogni singola operazione di contabilità relative a fenomeni specifici: contabilità degli acquisti, delle vendite, del personale ecc. Una generalizzazione del concetto di contabilità analitica è quello di informazioni operative (v. INFORMAZIONI CONTABILI). Si noti che è la contabilità analitica ad alimentare la contabilità generale.

CONTABILITA’ GENERALE

Descrizione e analisi dei rapporti di scambio tra azienda e ambiente esterno, formalizzati nelle strutture contabili; la contabilità generale ha come scopo la determinazione del reddito di breve periodo e del capitale di funzionamento di un’azienda. Entro questi limiti la contabilità è connessa al bilancio (in altre parole la contabilità non necessariamente riflette il patrimonio nel suo complesso)

 

CONTO ECONOMICO                                                                                                                3.3

 

Premessa

Schema, facente parte dei documenti di bilancio, nel quale sono rappresentati i costi sostenuti (passività) e i ricavi ottenuti (attività) dall’impresa in un determinato arco temporale. Si dice pertanto che, a differenza dello stato patrimoniale, il bilancio dà una rappresentazione di periodo. Per differenza tra ricavi e costi risultano i profitti (se positivi) o le perdite (se negative).

La formulazione tradizionale del conto economico è articolata in due colonne delle quali la prima elenca le perdite (costi sostenuti o passività) e la seconda i profitti (ricavi ottenuti, attività).

Tra le principali voci di costo:

  • materiali (materie prime e semilavorati da utilizzare per la produzione, quindi incluse le giacenze in ingresso; prodotti finiti realizzati nell’esercizio precedente e non venduti, quindi comprese le giacenze in uscita)
  • disponibilità iniziali
  • acquisti
  • lavoro e servizi acquistati
  • retribuzioni immediate (salari e stipendi)
  • accantonamenti al personale (retribuzioni differite, per esempio il TFR, trattamento di fine rapporto)
  • lavorazioni esterne e servizi in genere (non è detto che tutte le attività necessarie all’azienda debbano essere svolte da dipendenti dell’azienda stessa: tipico esempio le pulizie e la vigilanza);la tendenza è a favorire lo svolgimento di attività all’esterno dell’azienda attraverso contratti di servizio (outsourcing)
  • imposte (oneri fiscali)
  • acconti (durante l’anno si debbono versare anticipi delle imposte dovute)
  • saldi
  • oneri finanziari (importi dovuti a chi presta il danaro all’azienda)
  • ammortamenti (importi convenzionali per tenere conto del degrado del valore delle attrezzature utilizzate)
  • accantonamenti per rischi (serve a compensare l’incertezza su voci la cui consistenza potrebbe essere inferiore a quella nominale inserita tra le attività)
  • svalutazione magazzino (non è detto che i beni immagazzinati mantengano nel tempo il loro valore originario)
  • svalutazione crediti (non è detto che sia possibile riscuotere effettivamente tutti i crediti)
  • manutenzioni

Tra le principali voci di entrata:

  • ricavi da vendite (la più significativa voce di un’azienda sana)
  • proventi finanziari (rendimento ottenuto dalle somme di proprietà dell’azienda,  investite durante i periodi di non immediata necessità di impiego; è voce simmetrica degli oneri finanziari)
  • affitti attivi (cioè beni che l’azienda dà in affitto percependo un canone)
  • rimanenze finali (rientra nel concetto di giacenze; è voce simmetrica delle rimanenze iniziali; la ritroveremo nella colonna passività dell’esercizio successivo)

Un esempio dettagliato, tratto dal Bellandi, è espresso nel seguente foglio di lavoro EXCEL (se ne trova copia nella sezione TOOLS) che può essere modificata per esercitazioni.


Schema tradizionale perdite profitti


Anche sul conto economico, come sullo stato patrimoniale agisce l’operazione di  riclassificazione.

Il conto economico riclassificato perde la forma delle due colonne contrapposte, donde il nome di forma scalare.

Il risultato è esposto nella tabella seguente (stessa fonte).


Conto economico riclassificato in forma scalare

 

 

Schema di conto economico prescritto dal codice civile

In applicazione dell’art. 2425 del Codice Civile,  il conto economico deve essere redatto in conformità al seguente schema:

 

A) Valore della produzione:

                1) ricavi delle vendite e delle prestazioni;

                2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e
finiti;

                3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione;

                4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni;

                5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio.

Totale.

 

B) Costi della produzione:

                6) per materie prime, sussidiarie, di consumo e di merci;

                7) per servizi;

                8) per godimento di beni di terzi;

                9) per il personale;
a) salari e stipendi;
b) oneri sociali;
c) trattamento di fine rapporto;
d) trattamento di quiescenza e simili;
e) altri costi;

                10) ammortamenti e svalutazioni;
a)  ammortamento delle immobilizzazioni immateriali;
b)  ammortamento delle immobilizzazioni materiali;
c)  altre svalutazioni delle immobilizzazioni;
d)  svalutazioni dei crediti compresi nell'attivo circolante e delle
disponibilità liquide;

                11) variazioni delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci;

                12) accantonamenti per rischi;

                13) altri accantonamenti;

                14) oneri diversi di gestione.

Totale.

E quindi dagli isoquanti che si ottengono dalla funzione di produzione.

Assumendo costante in un dato intervallo il valore dei prodotti marginali dei fattori si può, ovviamente, esprimere il livello di produzione come funzione lineare della quantità di fattore impiegato.

Come si vede dalla figura, in realtà il concetto di lavorazione per commessa coinvolge non solo la produzione, ma anche il rapporto con il mercato e più specificamente il marketing.

Detta anche concorrenza perfetta.

 

 

Differenza tra valore e costi della produzione (A-B).

 

 

C) Proventi e oneri finanziari:

                15) proventi da partecipazioni, con separata indicazione di quelli relativi ad imprese
controllate e collegate;

                16) altri proventi finanziari;

  • da crediti iscritti nelle immobilizzazioni, con separata indicazione di quelli da
  • imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti;
  • da titoli iscritti nelle immobilizzazioni che non costituiscono   partecipazioni;
  • da titoli iscritti nell' attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;
  • proventi diversi dai precedenti, con separata indicazione di quelli da imprese controllate e collegate e di quelli da controllanti;

                17) interessi e altri oneri finanziari, con separata indicazione di quelli verso imprese
controllate e collegate e verso controllanti.

Totale (15 – 16 - 17).

 

 

D) Rettifiche di valore di attività finanziarie:

               18) rivalutazioni;
a)   di partecipazioni;
b)   di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c)   di titoli iscritti all'attivo circolante che non costituiscono partecipazioni;

                 19) svalutazioni;
a)   di partecipazioni;
b)   di immobilizzazioni finanziarie che non costituiscono partecipazioni;
c)  di titoli iscritti nell' attivo circolante che non costituiscono partecipazioni.

Totale delle rettifiche (18-19).

 

 

E) Proventi e oneri straordinari:

 

                  20)  proventi, con separata indicazione delle plusvalenze da alienazioni i cui ricavi
non sono iscrivibili al n. 5);

                  21)  oneri, con separata indicazione delle minusvalenze da alienazioni, i cui effetti
contabili non sono iscrivibili al n. 14), e delle imposte relative a esercizi
precedenti.

Totale delle partite straordinarie (20-21).

Risultato prima delle imposte (A – B ± C ± D  ± E);

22) imposte sul reddito dell'esercizio;

23) 24) 25)  [ABROGATI]

26) utile (perdita) dell'esercizio.

 

Per la struttura semplificata di ricavi, costi e utili vedi
SCHEMA SEMPLIFICATO DEI RICAVI, DEI COSTI E DEGLI UTILI

 

CONTRATTUALISTICA NELL’ACQUISTO DI BENI E SERVIZI)

Premettiamo che per contratto si intende  (Art. 1321) l'accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale.

Un contratto è definito quando sono determinati alcuni elementi irrinunciabili, quali:
1) l'accordo delle parti (1326 e seguenti, 1427);
2) la causa (1343 e seguenti);
3) l'oggetto (1346 e seguenti);
4) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità (1350 e seguenti).

Si sottolinea l’importanza che sia ben definito l’oggetto del contratto (per esempio la prestazione di una parte a favore dell’altra e il corrispettivo che la prima riceve) anche nei termini temporali entro i quali la prestazione deve essere fornita.

 

TIPOLOGIA PIU’ FREQUENTE

VENDITA
La vendita è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto (1376 e seguenti, 1476) verso il corrispettivo di un prezzo (1448, 1473 e seguente, 1498).

Somministrazione
La somministrazione è il contratto (1321) con il quale una parte si obbliga, verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell'altra, prestazioni periodiche o continuative di cose.

Locazione

La locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo (1572 e seguenti), verso un determinato corrispettivo (att. 180).

APPALTO
L'appalto (2222 e seguenti) è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro.
Nella realizzazione di opere (dalla semplice villetta all’impianto industriale complesso) si impiegano alcune formule contrattuali di uso comune a livello internazionale:

 

A forfait

 

In questo tipo di contratto acquirente e fornitore si accordano per un prezzo chiuso predefinito: per l’opera da realizzare ci si comporta come se fosse l’acquisto di un bene prodotto industrialmente a catalogo. Naturalmente si pone la questione di come gestire le varianti in corso d’opera, se come spesso accade non si riesce ad evitarle.

 

Cost plus

 

Il committente s’impegna a versare al committente tutti costi da questo documentati come necessari alla realizzazione dell’opera ed inoltre a riconoscere una percentuale a compenso dei suoi servigi (e spesso anche a titolo di rimborso delle spese generali). Nel linguaggio internazionale la percentuale è denominata fee donde l’espressione “cost plus fee”. Questo tipo di contratto è anche informalmente denominato a piè di lista nel senso che basta documentare una spesa per vedersela rimborsata..

In questo tipo di contratto sono molto importanti i concetti di pertinenza, vale a dire la verifica che la spesa documentata si riferisca veramente all’opera in esame e di congruità, vale a dire la verifica che l’ammontare richiesto non sia solo documentato, ma sia proporzionato al valore dell’oggetto del contratto

A misura e a corpo

 

Lavori in economia

 

Le varianti in corso d’opera

 

I livelli di progettazione

 

Le figure classiche nella contrattualistica internazionale

 

TRASPORTO
Col contratto di trasporto il vettore si obbliga, verso corrispettivo (2761, 2951), a trasferire persone o cose (1683 e seguenti) da un luogo a un altro (1378).

MANDATO
Il mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell'altra.

CONTRATTO DI LAVORO

Prestazioni professionali

 

Locatio operis

 

Locatio operarum

DA COMPLETARE


CONTROLLO DI UN SISTEMA

 

Secondo l’ingegneria dei sistemi si definisce controllo del sistema ( vedi alla voce GESTIONE DELL’IMPRESA  per la terminologia )  l’insieme di programmazione verifica e intervento:

  • programmazione: definire gli obiettivi, cioè definire i valori desiderati dell’uscita O;

 

approccio euristico (per prove ed errori o adattivo), utile per problemi nuovi o mal definiti

approccio storico (tiene conto dell’esperienza), si basa sul concetto meccanicistico cioè stesse cause stessi effetti, utile in condizioni stabili o quasi stabili è pericoloso in condizioni dinamiche e imprevedibili

approccio per osservazione (aereo–missile cane–lepre) perdente se non si “modella” la variabile da raggiungere; quando si disponga di un modello e si cerchi di conseguire il massimo o il minimo di una grandezza di interesse si parla di controllo agli estremi

  • verifica: misurare le uscite effettive O’ per confrontarle con O (misurare anche le entrate I); la misura avviene mediante sensori e ci si deve chiedere

 

se la misura venga eseguita senza ritardo

se il sensore debba essere controllato durante il funzionamento

se il sensore alteri le uscite o gli ingressi del sistema

con quale frequenza debba essere effettuata la misura (frequenza di campionamento)

  • intervento (o regolazione): modifica dell’ingresso I per far tendere le uscite effettive O’ agli obiettivi O; un processo di regolazione può essere svolto in tre modi:

 

eliminazione di disturbi; si cerca di evitare che i disturbi arrivino al sistema;

compensazione dei disturbi; (open loop control) se sono noti gli input, i disturbi e le funzioni di trasferimento si agisce direttamente sugli input in misura tale da compensare i disturbi;

livellamento delle deviazioni; (closed loop control) attraverso un circuito di retroazione (feedback) si riporta l’uscita all’ingresso e  si usa la deviazione dell’uscita reale dal valore desiderato, come un ingresso aggiuntivo.

 

Le considerazioni che seguono si riferiscono al caso del closed loop control, detto anche controllo a retroazione o a feedback.  Riprendiamo lo schema di carattere generale introdotto alla voce ingegneria dei sistemi:


 

 

 

 


Unificando il blocco F e il blocco F ‘ si può schematizzare come segue:

 

 

 


Nel caso dei sistemi lineari avremo in assenza di reazione  y  =  T . x , mentre in presenza di reazione  si avrà  y  =  T . ( x  +  R . y) = T . x + T . R . y .  Ne deriva :

y  =   [ T  /  ( 1 – T . R ) ]  . x  dove  T  e  R  sono operatori lineari di trasformazione.

Un sistema è detto dinamico quando sia l’input che l’output sono funzioni del tempo:
x = x (t)     y = y(t)

In molte circostanze si può immaginare  d y /dt  = F [x(t), y(t)]

Si parla di stabilità del sistema in relazione alla sua risposta ad una perturbazione (variazione impulsiva dell’ingresso):

  • equilibrio asintoticamente stabile se la perturbazione tende ad essere riassorbita;

 

  • equilibrio neutralmente stabile se il sistema oscilla intono alla posizione di equilibrio
  • equilibrio instabile se il sistema spostato dalla condizione di equilibrio tende ad allontanarsi sempre più.

 

 
Abbiamo visto un’applicazione al caso particolare dell’equilibrio domanda offerta.

 

Va osservato che l’analisi di stabilità in prossimità della situazione di equilibrio può essere effettuata con modelli lineari essendo la perturbazione piccola a piacere.

 

Un caso particolare di feedback è l’omeostasi quando un sistema si autoregola per sopravvivere a variazioni delle condizioni ambientali attraverso circuiti interni di feedback

 

Vedi DINAMICA DI UN SISTEMA

Vedi MODELLO DI UN SISTEMA

 

COSTI E LORO NATURA

 

Un costo è ciò cui un soggetto economico rinuncia per poter utilizzare un bene. Il costo di produzione è la somma dei costi relativi ai diversi fattori di produzione.

Normalmente ciò cui l’impresa rinuncia è la somma di denaro spesa per acquistare i servizi del fattore produttivo, ma in alcune circostanze, ad esempio nel caso di un’impresa individuale cui il titolare dedica la propria attività lavorativa all’utilizzo di quel particolare fattore produttivo non corrisponde un vero e proprio esborso.

 

COSTI FISSI E COSTI VARIABILI

La variabilità o meno dei costi è da considerare in due accezioni distinte anche se connesse.

Con riferimento alla dipendenza o meno dal volume di produzione (quantità prodotta), il costo fisso si ottiene in corrispondenza di un volume di produzione pari a zero mentre i costi variabili hanno una dipendenza dalla quantità prodotta. Per gli andamenti si veda COSTO TOTALE, COSTO MARGINALE)

Con riferimento alla dimensione tempo: si definiscono costi fissi quelli associati ai macchinari e ad altri fattori della produzione che non possono essere modificati nell’arco temporale considerato (denominato pertanto breve periodo).

Si usa distinguere i costi fissi in:

  • costi fissi industriali (per esempio i macchinari)

 

  • costi fissi commerciali (per esempio la rete di distribuzione)
  • costi fissi operativi (per esempio il personale della direzione)

 

Contribuiscono tipicamente ai costi variabili:

  • materie prime e altri beni acquistati in dipendenza dal volume di produzione

 

  • personale (nella misura in cui l’arco temporale di riferimento e la normativa vigente consentano di procedere al licenziamento di personale in esubero, in caso di riduzione dei volumi di  produzione o all’assunzione di personale con contratto a termine in caso di incremento, eventualmente temporaneo, dei livelli di produzione);
  • manutenzione (in realtà una parte dei costi di manutenzione sono da considerare fissi per quella parte di manutenzione che va comunque assicurata anche se l’impianto resta fermo) ;

 

  • servizi  (per esempio lavorazioni) commissionati all’esterno (outsourcing) in dipendenza dal volume di produzione;
  • utenze varie – in inglese utilities - (acqua potabile e industriale energia elettrica, vapore, aria compressa) se messe a disposizione su base tariffaria da soggetto esterno ; per l’esattezza, si può definire costo fisso una componente di tariffa che sia fissa (quale in certe tariffe elettriche il corrispettivo per la potenza impegnata) in quanto non dipende dal consumo effettivo di energia elettrica che è a sua volta legato al volume di produzione.  Se l’azienda si avvale non di forniture esterne a tariffa, ma di autoproduzione, si tratta di una voce di costo che ha componenti di costo fisso (ammortamento impianti) e componenti di costo variabile per esempio il combustibile.

 

COSTI PRIVATI E COSTI SOCIALI

 

A volte, alcuni costi per l’uso di beni necessari all’attività di un’azienda non sono da questa sostenuti. Tipico il caso delle infrastrutture necessarie all’attività produttiva o i costi di eventuale uso di risorse ambientali non addebitati. Il concetto è generalizzato alla voce esternalità.

COSTI ESPLICITI  E COSTI IMPLICITI

 

Non tutte le voci di costo sono manifeste nei conti economici delle imprese in particolare quelle a conduzione familiare. Mentre sono sempre esplicitati i costi evidenti, quali le retribuzioni dei dipendenti o gli acquisti delle materie prime, sono a volte non menzionati costi come il tempo dell’imprenditore o l’uso per l’impresa di beni personali o di famiglia di cui l’imprenditore dispone. L’attenzione ai costi espliciti si impone in generale per una corretta e completa rappresentazione dei costi, ma anche specificamente per due aspetti importanti. A volte la risorsa scarsa che limita la produttività dell’azienda è legata proprio a voci di costo implicito: tipico caso il tempo dell’imprenditore, l’unico abilitato, di fatto in molte imprese a prendere decisioni. La conoscenza dei costi impliciti è fondamentale per definire correttamente il costo opportunità

 

COSTI RICORRENTI E COSTI NON RICORRENTI

E’ una distinzione, nella tipologia dei costi, complementare e alternativa a quella tra costi fissi e costi variabili.  Fa riferimento alla loro ripetitività nel tempo, o meno. Per esempio, i costi di impianto sono non ricorrenti per la costruzione, ma ricorrenti per la manutenzione e l’esercizio, come ricorrenti sono i costi per le materie prime.  I costi del personale sono ricorrenti, anche per la quota del personale di amministrazione che viene di solito incluso tra i costi fissi.

 

COSTI AFFONDATI

E’ un principio generale secondo il quale, di fronte a una decisione da assumere, interessa soltanto quanto è ancora correggibile o comunque influenzabile dalle decisioni da assumere. Ad esempio, se procedere in un investimento richiede nuove risorse che non renderebbero comunque quanto ci si aspetta dal loro impiego non ha senso spenderle lo stesso solo perché si sono già sostenuti in passato importanti esborsi per quel progetto di investimento. Appunto, i costi passati sono affondati e non sono “richiamabili”, cioè non verranno resi comunque.

 

COSTI E BENEFICI

Vedi ANALISI COSTI BENEFICI

 

COSTI INCAGLIATI  (STRANDED  COSTS)

Il termine costi incagliati è introdotto nei sistemi tariffari per i servizi pubblici con riferimento, tra i cosiddetti oneri di sistema, ai costi per la transizione dal monopolio alla concorrenza; essi comprendono i rimborsi per gli investimenti operati e gli impegni assunti dall'impresa già monopolista e dalle altre imprese produttrici-distributrici, e che il mercato concorrenziale può non consentire di ammortizzare o onorare. Per questo sono denominati: "costi non recuperabili" o "costi incagliati" (stranded costs nell'esperienza delle liberalizzazioni americane). Rientrano tra questi costi quelli “voluti” dal sistema pubblico per scelte di politica energetica, ambientale o sociale che non erano direttamente compatibili con le logiche del mercato liberalizzato.

 

COSTO OPPORTUNITA’

 

L’espressione costo opportunità fa riferimento a una lettura dei costi legata al confronto con usi alternativi che si potrebbero fare delle risorse disponibili (o più specificamente, nel caso di un’azienda, destinate a una certa produzione.

Adottando l’approccio tradizionale il costo di produzione di un bene é quello sostenuto per realizzarlo cioè il costo storico dei fattori produttivi impiegati per realizzarlo.

Adottando l’approccio del costo opportunità, che parte dal principio base secondo il quale ogni decisione economica è sempre la scelta fra due o più alternative:

  • con riferimento al consumatore, il costo di un bene è il valore dei beni a cui si rinuncia a causa della scelta in discussione; tale circostanza non è avvertita dal consumatore quando deve decidere su di un bene che corrisponde a una frazione modesta del suo reddito, ma si rende evidente quando l’operazione su cui decidere impegna una frazione elevata del reddito disponibile: in questo caso appare evidente il rapporto fra scelta e rinuncia a qualcos’altro;
  • con riferimento all’impresa, il costo di un bene è ancora il costo dei fattori produttivi impiegati per realizzarlo, ma il costo di questi ultimi non è ritenuto quello storico (quanto si è sborsato per disporre di detti fattori), ma il loro valore negli usi alternativi meglio remunerati (il massimo valore che potevo trarne in azienda); lungo questa linea di ragionamento il costo opportunità è il valore dei beni a cui si rinuncia a causa della scelta in discussione;
  • con riferimento sempre all’azienda, e nel contesto della valutazione di un progetto di investimento, il costo opportunità è il valore dell’esborso necessario per l’investimento incrementato del ritorno atteso da investimenti alternativi; quindi il costo opportunità risulta uguale a I0 (1+ iA) n  dove n è la durata in anni del progetto e iA è il tasso di attualizzazione che è appunto definito come il rendimento annuo atteso da investimenti alternativi a quello in esame e che abbiano caratteristiche confrontabili;
  • con riferimento al sistema economico nel suo complesso il costo di produzione di un bene è il valore degli altri beni che quel sistema economico avrebbe potuto produrre utilizzando al meglio quelle risorse; in questo senso si può dire che il costo opportunità di un bene è uguale al valore della rinuncia per il sistema economico conseguente alla scelta di realizzare quel bene.

Nel valutare le alternative è necessario fare riferimento al principio dei costi affondati secondo il quale di fronte a una decisione da assumere, interessa soltanto quanto è ancora correggibile o comunque influenzabile dalle decisioni da assumere.

Il concetto di costo opportunità interviene nella definizione di rendita.


 

COSTO TOTALE, COSTO MARGINALE, COSTO MEDIO TOTALE      

(NEL BREVE PERIODO)

Il costo totale Cè la somma dei costi fissi Ce dei costi variabili CF. Per breve periodo si intende un arco di tempo tale da non consentire di cambiare i sistemi di produzione (conseguentemente possiamo ritenere che non cambiano costi fissi).

L’andamento tipico è monotono crescente, con una zona intermedia lineare, preceduta da una zona con concavità verso il basso (crescita meno che lineare) e seguita da una zona con concavità verso l’alto (crescita più che lineare).


L’andamento descritto comporta la presenza di un flesso nella funzione di costo totale come rappresentato in figura; se vogliamo rappresentarla attraverso un polinomio, questo dovrà essere almeno di terzo grado.

I corrispondenti andamenti dei costi marginali  Cm ( ricordando che per definizione Cm è la



derivata del costo totale  e quindi Cm =  d CT / dq )  sono rappresentati in figura.
La zona con concavità verso l’alto rappresenta una situazione di costi marginali crescenti per  effetto della legge dei rendimenti marginali decrescenti (effetto scala negativo): i volumi di produzione in esame sono troppo elevati per l’assetto produttivo disponibile.

La zona con concavità verso il basso rappresenta una situazione di costi marginali decrescenti (fattore di scala positivo): a causa dell’inadeguata utilizzazione del sistema produttivo i costi marginali in questa zona decrescono con l’aumentare dei volumi di produzione.

 

Oltre al costo totale CT  e al costo marginale Cm è utile  introdurre il costo medio Cav, definito dalla   Cav =  CT  / q .   Cav è chiamato anche costo unitario ed indicato con Cu
Graficamente e con riferimento alla curva dei costi totali, il costo marginale è la derivata in ogni punto della curva del costo totale cioè la pendenza della tangente, mentre il costo medio è, sempre in ogni punto, il rapporto tra ordinata e ascissa, quindi la pendenza della retta che passa per l’origine e per il punto in questione.

Non è fortuita la circostanza che la curva dei costi totali e la curva dei costi medi si incrocino in corrispondenza della quantità per la quale il costo medio è minimo. Infatti: il minimo dei costi medi si ha quando d (CT  / q) / d q = 0  da cui si ha  1/q  dCT / dq  - CT / q2 = 0; quindi nel punto di minimo del costo medio, costo marginale e costo medio sono uguali  dCT / dq  =  CT / q  .   Prima dell’incrocio i costi medi sono maggiori dei costi marginali; dopo l’incrocio diventano maggiori i costi marginali.

Volendo esprimere analiticamente i diversi andamenti si può assumere per il costo marginale, in base alle considerazioni appena esposte, un andamento del tipo   Cm =  a q 2 +  b q  + c  (con  a  positivo, b  negativo e c  positivo);   ne  risulterà  per  il  costo  totale  l’espressione   CT   =  a / 3  q 3 +  b / 2  q 2 +  c q +  k , essendo k una costante di integrazione (positiva) che rappresenta il costo fisso; da questa espressione si  ottiene  per  il costo  medio  un’espressione del tipo: Cav   =  a / 3  q 2  +  b / 2  q  +  c  +  k / q  .

 

COSTO MARGINALE NEL LUNGO PERIODO

 

Siamo nell’ipotesi che si possano realizzare nuovi investimenti per disporre di nuovi impianti. Prendiamo come variabile indipendente la quantità che vari in un intervallo abbastanza ampio.

Per ogni taglia di impianto possiamo definire una curva di costi marginali secondo lo schema noto. Introducendo il concetto di curva inviluppo (luogo dei punti di tangenza) si costruisce un andamento che indica per qualunque taglia il corrispondente costo minimo. A sinistra del minimo la tangenza ha luogo per valori inferiori a quella del minimo locale; a destra del minimo la tangenza ha invece luogo in ciascuna curva in corrispondenza a punti alla destra del minimo locale.

 

COSTRUZIONI INTERNE

Nel Bilancio la voce costruzioni interne, che rappresenta il valore di oggetti in lavorazione destinati all’uso interno dell’azienda, costituisce un addendo delle rimanenze finali e appare quindi :

  • nello Stato Patrimoniale nella colonna attività;
  • nel Conto Economico nella colonna attività

Non va confusa la voce costruzioni interne con la voce semilavorati: mentre la voce semilavorati si riferisce ad oggetti che una volta terminati saranno venduti (e quindi contribuiranno alla voce Ricavi da vendite del Conto Economico) la voce costruzioni interne darà luogo - terminati i lavori – a un incremento del valore delle immobilizzazioni tecniche (colonna Attività dello Stato Patrimoniale).


Notare la differenza di significato della parola inglese control (che vuol dire la somma di verifica e di comando) rispetto al termine italiano controllo che nell’uso proprio sta ad indicare la sola verifica; nel linguaggio tecnico italiano spesso si usa il termine italiano controllo come se fosse la traduzione di control (per esempi si traduce control room con sala di controllo, mentre si dovrebbe tradurre con sala di comando). Analogamente si parla di teoria del controllo (traducendo control theory) per la guida o il comando dei sistemi.

Il teorema del campionamento assicura che un qualunque segnale continuo può essere rappresentato con una serie di campioni della sua ampiezza purché l’intervallo (costante) tra i campioni sia minore o uguale al semiperiodo della più alta frequenza presente nel segnale.

In questo caso si può parlare di attività di conservazione in efficienza.

Alcune utilities (per esempio la raccolta e il trattamento dei rifiuti) potrebbero anche rientrare tra i servizi tecnici commissionati all’esterno.

Secondo la teoria marxista è addirittura il valore del bene che deve coincidere con il costo sostenuto per realizzarlo cioè con il costo storico dei fattori produttivi impiegati per realizzarlo.

Va osservato che la definizione di usi alternativi deve essere riferita ad un dato periodo; più è lungo il periodo e più aumentano, in genere, le opportunità accessibili e quindi il valore del fattore considerato.


Possiamo dire che il sistema produttivo è troppo grande per essere efficiente a questi livelli di produzione

E’ evidente che come qui definito si tratta del costo totale medio. Può essere utile introdurre anche il costo variabile medio come CV, av =  CV  / q .

Si noti che per definizione di costo fisso la derivata del costo totale e la derivata del costo variabile coincidono.

Si ricordi che le consistenze finali appaiono sia nel conto economico sia nello stato patrimoniale

 

COURNOT (PUNTO DI)

Vedi PUNTO DI COURNOT

CREDIBILITA’ DEL SISTEMA FINANZIARIO INTERNAZIONALE

A metà 2002 è vivace la polemica sulla credibilità del sistema finanziario internazionale in particolare di quello degli USA. L’occasione è data da ripetuti casi di scorretta rappresentazione nei bilanci dei dati relativi all’andamento di importanti società quotate in borsa. Trai casi più clamorosi si possono ricordare:

ENRON

WorldCom

Gli elementi più incisivi di discussione direttamente pertinenti alla situazione sono:
efficacia delle regole contabili
efficacia dei controlli
entità delle pene conseguenti alle violazioni
ruolo dei diversi soggetti coinvolti ( Presidente e Amministratore Delegato, Assemblea dei Soci, Società di revisione contabile) in particolare con riferimento al conflitto di interessi fra ruolo di Amministratore e convenienze personali come azionista con rischi di comportamento da “insider trading”.

Ma la polemica si esercita anche su considerazioni più ampie che riguardano il significato di mercato e del capitalismo in genere nell’era della globalizzazione.

CREDITI

Somme che il soggetto economico deve ricevere da terzi, a vario titolo. Il concetto simmetrico è quello di debito: per ogni credito del soggetto A nei confronti del soggetto B esiste un pari debito del soggetto B nei confronti del soggetto A.

Nel bilancio i crediti sono iscritti nello stato patrimoniale tra gli impieghi e più precisamente nel capitale circolante. Il codice civile stabilisce la composizione dei crediti nell’attivo dello stato patrimoniale:
1) verso clienti;
2) verso imprese controllate;
3) verso imprese collegate;
4) verso controllanti;
5) verso altri.

Si distinguono crediti a breve termine e crediti a medio lungo termine.

Il problema dell’accesso al credito, cioè della possibilità di contrarre debiti: la questione dei tassi di interesse e delle garanzie. I limiti nell’esposizione finanziaria

CRISI PETROLIFERA

Vedi OIL SHOCK

CURVA DELLA DOMANDA 1.2.1

Legame espresso analiticamente (o in forma grafica) che dà il prezzo di un bene in funzione della quantità domandata: p = p (qd) . Notare che la variabile indipendente è la quantità domandata qd e che la curva è decrescente: il consumatore è interessato a comprare quantità maggiori di un bene solo se il suo prezzo scende. Questo comportamento del consumatore si spiega osservando che la propensione all’acquisto di un bene, e quindi il prezzo che si è disponibile a pagarlo, scende se aumenta la quantità di quel bene già disponibile. Si dice in tal caso che la sua utilità marginale decresce con la quantità. E’ evidente che la prima unità di un bene che al consumatore non era precedentemente accessibile gli è più cara che non l’n-esima unità resasi disponibile quando già del bene in esame è abbondantemente provvisto

L’elasticità della domanda (definita come il modulo del rapporto fra variazione percentuale della domanda e variazione percentuale del prezzo d = - d qd / d p . p / qd ) fa riferimento alla funzione inversa qd = qd (p)

CURVA DI DOMANDA DEL CONSUMATORE

La curva di domanda dipende, oltre che dalla natura del bene e dai gusti del consumatore, dal livello di reddito disponibile per gli acquisti e dai prezzi degli altri beni.

In formule x = f (px, py, I, G*) dove x è la quantità domandata del bene x, px, è il suo prezzo, py è il prezzo degli altri beni, I è il livello di reddito del consumatore , G* è un vettore che rappresenta i gusti del consumatore (vedi CURVA DI DOMANDA DALLE CURVE DI INDIFFRENZA).

Nel seguito si considerano le sole variabili quantità e prezzo del bene in esame e quindi ci si riconduce al caso qx = f(px) considerando fissi i valori delle altre variabili. Rappresentazioni alternative sono px = g(qx) ovvero F (qx. , px) = 0

Al variare della quantità consumata si percorre una data curva della domanda, come nel passare dal punto A al punto B: se il prezzo scende il consumatore è disponibile ad acquistare una quantità maggiore.

Dalla curva di domanda si ricava l’esborso del consumatore (o spesa totale del consumatore) che è definito come il costo sostenuto dal consumatore per un acquisto e quindi è pari al prodotto della quantità acquistata per il prezzo corrisposto.

Il percorso lungo la curva di domanda non va confuso con lo spostamento della curva di domanda, che significa trasferirsi da una data curva ad una curva diversa. In figura è rappresentata la curva spostata per effetto di un aumento del gusto del consumatore per il bene in esame: a parità di quantità il consumatore è disponibile a pagare un prezzo più elevato. Analogamente agisce l’aumento del reddito del consumatore (vedi curva reddito – consumo).

Si possono ipotizzare diversi andamenti della curva di domanda:

domanda di tipo potenza e quindi elasticità costante

q = p con  positivo
 =  d q / d p p / q =  p  p / p = 

nel caso particolare  = 1 (cioè un’iperbole equilatera) risulterà  = 1 cioè elasticità unitaria lungo tutta la curva.

domanda lineare

q = k - h p con k e h entrambi positivi si può scrivere anche p = k / h – q / h
 =  dq / dp p / q = h p / q = h p / ( k - h p ) = 1 / [ k / ( h p ) – 1 ]

ne deriva

 = 0 quando p = 0 ;  =  quando q = 0 ;  = 1 quando p = 1/2 k / h (punto di Cournot). In corrispondenza del punto di Cournot il ricavo dell’azienda (o incasso del produttore) R = p q = ( k - h p ) p è al suo massimo valore .

domanda esponenziale e quindi elasticità proporzionale al prezzo

q = k e  p con  positivo
 =  dq / dp p / q =  p

si ha :

 = 0 quando p = 0 (non è realistico);  =  quando p tende a ;  = 1 (il punto di Cournot che corrisponde appunto a elasticità unitaria) quando p = 1 / k

quantità indipendente dal prezzo e quindi elasticità nulla

q = q0
 =  dq / dp p / q = 0 (un’enorme variazione di prezzo dà luogo a minimi spostamenti della quantità e simmetricamente minime variazioni della quantità danno luogo ad enormi variazioni di prezzo); alla stessa conclusione si perviene dal modello lineare q = k - h p nel caso particolare h = 0 k = q0 ; poiché una dipendenza lineare dà luogo a
 = 1 / [ k / ( h p ) – 1 ] nel nostro caso particolare  = 1 / [ q0 / 0 ) – 1 ] = 0 cioè elasticità nulla ovvero rigidità infinita.

prezzo indipendente dalla quantità e quindi elasticità infinita

p = p0
 =  dq / dp p / q =  dp / dq  ovvero  =  (un’enorme variazione di quantità dà luogo a minime variazioni di prezzo e simmetricamente, minime variazioni di prezzo danno luogo ad enormi variazioni di quantità); alla stessa conclusione si perviene partendo dal modello lineare p = k / h – q / h nel caso particolare h =  k/h = p0 ; poiché una dipendenza lineare dà luogo a  = 1 / [ k / ( h p ) – 1 ] nel nostro caso particolare  = 1 / [ p0 / p0 ) – 1 ] =  cioè elasticità infinita e rigidità 8 nulla.

 

I parametri più significativi che determinano l’elasticità della domanda rispetto al prezzo sono:
 il numero dei beni sostituti disponibili e il loro grado di sostituibilità nei confronti del bene in esame; se un bene ha molti sostituti “equivalenti” è probabile che abbia elevata elasticità al prezzo; se poi ha dei sostituti perfetti l’elasticità al prezzo è infinita;
 l’incidenza che la spesa per quel bene ha sul bilancio totale del consumatore: se l’incidenza è modesta la domanda tenderà ad essere anelastica (poco sensibile al prezzo); l’elasticità sarà più forte se l’incidenza è elevata ;
 l’arco temporale in esame: nell’immediato la risposta del consumatore è più rigida (anelastica), i suoi comportamenti possono essere più facilmente modificati col tempo e sempre col tempo è più facile trovare beni sostituti .

Ha interesse anche l’elasticità della domanda (qd ) rispetto al reddito ( I ) :
I = d qd / d I . I / qd
che fa riferimento alla curva reddito consumo o curva di Engel.

CURVA DI DOMANDA AGGREGATA (O DEL MERCATO)

Le considerazioni precedentemente esposte valgono sia per un singolo consumatore (domanda individuale) di un bene) sia per un insieme di consumatori; nel secondo caso si descrive la domanda del mercato per il bene in questione (quella espressa da tutti i consumatori sul mercato). La domanda del mercato si ottiene sommando “in orizzontale” le domande individuali di quel bene (cioè sommando le diverse quantità richieste da ciascun consumatore). La curva di domanda del mercato mostra la quantità che viene acquistata nell’unità di tempo dai consumatori presenti sul mercato ad ogni possibile prezzo, nell’ipotesi che il livello del reddito monetario dei consumatori e i prezzi degli altri beni restino costanti.


CURVA DI DOMANDA DELL’AZIENDA

Ha interesse anche un altro tipo di domanda aggregata, quella dell’impresa in un mercato. Essa coincide con quella del mercato solo nel caso che in esso operi un solo produttore (monopolio). La curva di domanda dell’impresa sarà in generale più elastica al prezzo di quella relativa al settore nel suo complesso, poiché i prodotti delle altre imprese sono stretti sostituti di quelli di ciascuna impresa.

In un sistema di concorrenza perfetta se un’impresa qualsiasi dovesse espandere la propria produzione, la produzione totale del settore aumenterebbe in misura molto limitata, comunque tale da non avere alcun effetto sul prezzo del bene. Ogni impresa può singolarmente operare come se variazioni nella quantità da essa prodotta non avessero alcun effetto sul prezzo di mercato: l’impresa si trova pertanto di fronte a una curva di domanda infinitamente elastica.

 

Notare che in conseguenza della situazione illustrata, una variazione anche limitata di prezzo può avere effetti disastrosi sulla quantità di beni venduta da quell’azienda.

In queste condizioni di prezzo costante il ricavo marginale è uguale al prezzo.

Nel caso in cui la concorrenza nel settore non sia perfetta la curva di domanda relativa alla singola impresa non sarà orizzontale, ma è probabile che sia più elastica della curva di domanda del settore.

 

STIMA DELLA CURVA DI DOMANDA

E’ evidente l’importanza che la stima della curva di domanda riveste per le imprese nella oro azione di marketing e di programmazione delle attività. Le tecniche di più frequente impiego sono:

esperimento diretto sul mercato
in tempi abbastanza ravvicinati si varia il prezzo dello stesso prodotto e si registra l’andamento dei consumi; occorre non modificare altre condizioni di mercato (o tener conto di eventuali cambiamenti). Non va sottovalutato il rischio di perturbare il mercato.

intervista dei consumatori
spesso le risposte sono affettate e poco realistiche; meglio domande indirette e verifiche incrociate che quesiti diretti

analisi statistica di dati storici
confronto di vari punti nel tempo o di vari settori del mercato; l’ipotesi più delicata è che la curva di domanda sia rimasta costante nel periodo, ma opportune tecniche consentono ragionevoli approssimazioni.

Il modello matematico comunemente utilizzato per interpretare i dati sperimentali è quello di un’elasticità costante. Ricordiamo che elasticità costante vuol dire andamento della curva di domanda di tipo potenza q = p con  positivo.

CURVA DELLA DOMANDA RICAVATA DALLE CURVE DI INDIFFERENZA 1. 4. 2

E’ possibile ricavare la curva di domanda individuale dall’esame delle curve di indifferenza e della retta di bilancio che ha equazione I = px.x + py y essendo I il reddito del consumatore.

Ripetendo l’esercizio della determinazione del paniere del consumatore variando solo il prezzo di un bene e tenendo fermo tutte le altre grandezze (struttura delle curve di indifferenza, reddito e prezzo dell’altro bene) l’unico parametro che viene a cambiare è la pendenza della linea di bilancio. Più esattamente all’aumentare di px , prezzo del bene x, viene ad aumentare la pendenza della linea di bilancio, ferma rimanendo la sua intercetta sull’asse delle y. Corrispondentemente scende il valore di x * , cioè del punto di tangenza (punto di ottimo).

E’ dunque possibile costruire nel piano ( x, y ) il luogo dei punti di ottimo del paniere, al variare del prezzo del bene x . Leggendo sul grafico i valori di x e di px si costruisce nel piano (x, px) la nota curva della domanda.

Quanto all’elasticità della domanda, d = - d qd / qd : d p / p ovvero d = - d qd / d p . p / qd (essendo nel nostro caso p = px e qd = x ) si parla di:
- domanda ad elasticità unitaria se l’elasticità è uguale a 1 (una variazione di prezzo dà pari effetto sulla quantità domandata); variazioni di prezzo non hanno effetto sulla spesa totale;
- domanda elastica se l’elasticità è superiore a 1 (piccola variazione di prezzo dà grande effetto sulla quantità domandata); una caduta nel prezzo determina un incremento nella somma che il consumatore spende; viceversa se il prezzo sale, la spesa si riduce;
- domanda anelastica (ovvero domanda rigida) se l’elasticità è minore di 1 (grande variazione di prezzo dà piccolo effetto sulla quantità domandata); una caduta nel prezzo determina una riduzione nella somma che il consumatore spende; viceversa se il prezzo sale, la spesa aumenta.

Per esprimere graficamente quanto sopra utilizziamo una rappresentazione delle curve di indifferenza nella quale il bene y sia espresso in termini della quantità di moneta necessaria per acquistare tutti i beni diversi dal bene x.

Nel caso di elasticità unitaria, al cadere del prezzo del bene x (cioè nel percorre il fascio di rette di bilancio verso sinistra, vale a dire verso rette di pendenza inferiore) la quantità di reddito che il consumatore spende in beni diversi da x (cioè la quantità del nostro particolare bene y) rimane costante. Di conseguenza (visto che il totale della spesa è fisso) rimane costante anche la quantità spesa per il bene x.
Nel caso di domanda elastica (elasticità > 1) al cadere del prezzo del bene x (cioè nel percorre il fascio di rette di bilancio verso sinistra, vale a dire verso rette di pendenza inferiore) si registra una riduzione della quantità di reddito che il consumatore spende in beni diversi da x (cioè la quantità del nostro particolare bene y) e quindi (visto che il totale della spesa è fisso) un incremento nella quantità di reddito destinata al bene x.

Nel caso di domanda anelastica (elasticità < 1) al cadere del prezzo del bene x (cioè nel percorrere il fascio di rette di bilancio verso sinistra, vale a dire verso rette di pendenza inferiore) si registra un incremento della quantità di reddito che il consumatore spende in beni diversi da x (cioè la quantità del nostro particolare bene y) e quindi (visto che il totale della spesa è fisso) una riduzione nella quantità di reddito destinata al bene x.

 

La variazione del prezzo di un bene influenza il consumatore su due fronti; per esempio la riduzione del prezzo di un bene:

- modifica il reddito reale del consumatore in quanto gli consente, a parità di reddito monetario, di comprare più beni (effetto di reddito);

- lo induce a sostituire i beni più convenienti al posto di quelli più costosi (effetto di sostituzione).

L’aumento del prezzo di x causa una riduzione nel livello di soddisfazione del consumatore che deve passare dalla curva di indifferenza a alla curva di indifferenza b. L’effetto totale è rappresentato dal passaggio da x1 a x3 . Se supponiamo di aumentare, al crescere del prezzo, il livello monetario a disposizione del consumatore in modo da mantenerlo sulla vecchia curva di indifferenza si viene a configurare una linea di bilancio ipotetica indicata in figura con t, con la stessa pendenza di s, ma tangente alla curva di indifferenza a. L’effetto di sostituzione è misurato dal passaggio dalla quantità x1 alla quantità x2 , mentre l’effetto di reddito è misurato dal passaggio da x2 a x3. Occorre fare attenzione ai segni: poiché la diminuzione di prezzo dà luogo a un incremento di reddito reale, l’effetto totale è dato dall’effetto di sostituzione meno l’effetto di reddito.

A causa della pendenza negativa delle curve di indifferenza, l’effetto di sostituzione è sempre negativo: fissato il reddito reale, un aumento nel prezzo del bene x dà sempre luogo ad una diminuzione della quantità di x consumata; analogamente una diminuzione del prezzo del bene x dà sempre luogo ad un aumento della quantità di x consumata.

Il segno dell’effetto di reddito dipende dalla forma delle curve di indifferenza e non è prevedibile a priori. Nella maggioranza dei casi (beni normali) l’effetto di reddito è positivo: un aumento del reddito causa un aumento del consumo di quel bene. Per alcuni beni (detti beni inferiori) l’effetto di reddito è negativo: un aumento del reddito dà luogo ad una diminuzione del consumo di quel bene.

La figura mostra come un incremento di reddito che causi il passaggio dalla curva di indifferenza a alla curva di indifferenza b (corrispondente ad un maggiore livello di utilità) possa in casi particolari, dar luogo ad una riduzione del consumo del bene.

 

L’effetto di sostituzione (negativo) è in genere prevalente anche per la maggioranza dei beni inferiori e quindi, al diminuire del prezzo sale la quantità domandata. Questo significa che, in genere, pur in presenza di un effetto reddito negativo (ricordiamo che l’effetto reddito va sottratto) l’effetto totale risulta negativo.

Per alcuni beni inferiori l’effetto reddito è talmente negativo, da prevalere sull’effetto di sostituzione: in questa situazione (paradosso di Giffen) all’aumentare del prezzo, il consumo del bene sale, cioè la curva di domanda ha una zona in cui si inverte il normale andamento.

Se l’utilità marginale del bene in esame (per esempio lo zucchero) è costante allora risultano parallele le curve di indifferenza per la coppia zucchero, quantità di denaro per gli altri beni. In queste ipotesi l’effetto reddito della variazione di prezzo dello zucchero sarà nullo.

 

Vedi anche surplus del consumatore

Dalle curve di indifferenza e dalla retta di bilancio è possibile ricavare anche l’elasticità incrociata della domanda

In questo caso rimarrà fisso px mentre varierà py ; corrispondentemente sarà fissa l’intercetta sull’asse delle x il cui valore è I / px , mentre varierà l’intercetta sull’asse delle y il cui valore è I / py (essendo I il reddito del consumatore). La curva incrociata della domanda rappresenta la variazione della quantità domandata del bene x al variare del prezzo del bene y .


CURVA DELL’OFFERTA 1.2.3

Legame espresso analiticamente (o in forma grafica) che dà il prezzo di un bene in funzione della quantità offerta: p = p (qo) . Notare che la variabile indipendente è la quantità domandata qo e che l’elasticità dell’offerta fa riferimento alla funzione inversa qo = qo (p)
La funzione ha un andamento crescente perché all’aumentare del prezzo i produttori sono disponibili a mettere a disposizione ulteriori quantità di prodotto. Per la maggior parte dei beni si può affermare che tendendo a quantità sempre maggiori (q  )la curva tende verso un asintoto verticale perché le quantità che sarà possibile per il produttore mettere a disposizione saranno, alla fine, fisicamente limitate dalla capacità del suo sistema di produzione (per esempio dall’impianto) per quanto il prezzo possa essere elevato; questa situazione corrisponde a concavità verso l’alto, cioè curva concava, derivata seconda positiva.

Vedi anche PREZZO DI EQUILIBRIO DOMANDA OFFERTA


CURVA DI OFFERTA DEL MERCATO

Le considerazioni precedentemente esposte valgono sia per un singolo produttore (offerta individuale) di un bene) sia per un insieme di consumatori; nel secondo caso si descrive la offerta del mercato per il bene in questione (quella espressa da tutti i produttori sul mercato).

L’offerta del mercato si ottiene sommando “in orizzontale” le offerte individuali di quel bene (cioè sommando le diverse quantità offerte da ciascun produttore).

La curva di offerta del mercato mostra la quantità che viene offerta per l’unità di tempo dai produttori presenti sul mercato ad ogni possibile prezzo, nell’ipotesi che il livello delle risorse dei produttori e i prezzi dei fattori produttivi restino costanti.

CURVA DELL’OFFERTA RICAVATA DALLA CURVA DEI COSTI DI PRODUZIONE

E’ ragionevole assumere che la logica con la quale un produttore decide la propria disponibilità ad offrire dipenda essenzialmente:

- dalla situazione dei costi che egli deve sostenere;

- dalla sua stima della possibile entità del profitto ricavabile stima che deve tener conto anche delle barriere all’entrata che caratterizzano il mercato nel quale opera.

Poiché R = Ct + P (dove ovviamente R indica i ricavi, Ct i costi totali e P i profitti), se assumiamo un profitto atteso proporzionale ai ricavi attraverso una percentuale  si avrà R = Ct + R ovvero R (1- ) = Ct . Si tenga presente che parliamo di ricavi potenziali previsti dal produttore perché nulla ancora sappiamo di come si comporterà il consumatore. Allora R = p(q) . q dove p(q) è proprio la curva di offerta (quel prezzo che il produttore vorrebbe, per raggiungere il profitto sperato e tenendo conto della sua struttura dei costi). In definitiva p(q) . q = Ct / (1- ) ovvero p(q) = Ct / [q (1- )] ; ricordando che Ct / q è il costo unitario Cu , si ottiene che p(q) . q = Cu / (1- ).

Sappiamo che il tipico andamento del costo unitario è quello in figura
Sappiamo che il tratto di curva dell’offerta di effettivo interesse non è certo quella parte che corrisponde a piccole quantità di produzione. Questo spiega perché ci si trovi di fronte ad una curva dell’offerta che, seguendo i costi medi nella parte corrispondente a quantità elevate, ha un andamento che cresce con la quantità.

V. MARK UP


CURVA DI ENGEL 1. 4. 1. b

Esprime l’entità (minima) di reddito monetario del consumatore necessaria perché possa permettersi un dato livello di consumo. E’ una modalità alternativa di rappresentare la curva reddito consumo. Mentre quest’ultima è disegnata nel piano x, y , (quantità dei due beni disponibili) come luogo dei punti di paniere ottimale, al variare di I (reddito del consumatore) che figura come un parametro, la curva di Engel è rappresentata direttamente nel piano x, I . E’ evidente che noti I e x si può ricavare anche y dall’equazione della retta di bilancio.

Per la maggioranza dei beni (non a caso detti beni normali) il consumo aumenta all’aumentare del reddito (dI /dx > 0; la curvatura (cioè la derivata seconda) della funzione che lega il reddito al consumo dipende dalla natura del bene. Per altri beni (detti beni inferiori) la derivata prima è negativa: se aumenta il redito se ne consumano di meno.

E’ interessante esaminare anche la funzione inversa, che assumendo il reddito come variabile indipendente, esprime il livello di consumo massimo compatibile con l’entità di reddito monetario disponibile al consumatore.


CURVA DI INDIFFERENZA 1. 3. 3

In un sistema composto da un consumatore e due beni (le cui quantità sono rappresentate da x e da y rispettivamente) la curva di indifferenza rappresenta nel piano x, y il luogo dei punti che individuano un livello predefinito di utilità (soddisfazione) del consumatore. La funzione y = y(x) è una curva di livello, nel senso che è fissato il livello di utilità e risulta indifferente per il consumatore (non cambia la sua utilità) spostarsi da un punto all’altro di detta curva. Al variare del livello di utilità u si descrive una famiglia di curve nel piano x, y indicate con y = yu (x). Le curve di indifferenza descrivono nel loro complesso la mappa dei gusti del consumatore. Dal punto di vista analitico esse rappresentano le sezioni della superficie dell’utilità con un piano u = k (parallelo al piano x, y) al variare del valore della costante k .
Per avere un senso economico, le curve di indifferenza debbono essere:
- decrescenti perché in condizioni normali l’aumento della disponibilità di un bene è compensata da una diminuzione della quantità desiderata dell’altro bene;

- con concavità verso l’alto perché l’asintoto deve essere orizzontale per grossi valori di x (situazione di sovrabbondanza di x che quindi si cede volentieri anche per piccole quantità di y che invece è scarso); per considerazioni analoghe scambiando x con y si vede che l’asintoto deve essere verticale per grosse quantità di y (ora è y che è sovrabbondante e lo si cede volentieri anche per piccole quantità di x che è scarso); è una conseguenza della legge dell’utilità marginale decrescente;

- non intersecare gli assi perché altrimenti si individuerebbero come accettabili anche punti in cui è zero la disponibilità di uno dei due beni pur in presenza di una quantità solo finita dell’altro (questa considerazione è legata a quella sull’asintoto)

La derivata dyu / dx è denominata tasso (o saggio) marginale di sostituzione, in quanto rappresenta il rapporto tra variazioni infinitesime delle quantità dei due beni calcolato lungo la curva di indifferenza; tali variazioni hanno pertanto effetto nullo sull’utilità; da ciò deriva la scelta del termine “sostituzione”. Il tasso marginale di sostituzione, che è ovviamente negativo, ci dice di quante unità deve aumentare la disponibilità di un bene a fronte della rinuncia di un’unità dell’altro bene per lasciare inalterato il livello di soddisfazione del consumatore.

Vedi anche RETTA DI BILANCIO e PANIERE OTTIMALE DEL CONSUMATORE

CURVA DI PHILLIPS

Per descrivere il legame fra livello dei salari ed occupazione, nell’ipotesi di poter trattare il salario come una variabile endogena Phillips, a seguito di complessi studi statistici, è arrivato alla conclusione espressa dalla curva di Philips secondo la quale il ritmo di crescita dei salari è basso se la disoccupazione è elevata. Notare che - essendo forte, per un intervallo di tempo abbastanza lungo la correlazione fra tasso di crescita dei salari monetari e tasso di inflazione - gli studi di Phillips possono anche essere interpretati come un’analisi della correlazione fra livello di disoccupazione e inflazione.

C’è un livello di disoccupazione in corrispondenza al quale i prezzi sono stabili. A più alti livelli di disoccupazione i prezzi scendono, mentre a più bassi livelli di disoccupazione i prezzi salgono.

E’ interessante esaminare quali possono essere le cause che determinano uno spostamento della curva di Phillips. La “nuova” curva rappresentata in figura è meno favorevole della precedente: lo stesso livello di disoccupazione corrisponde a un più elevato tasso di variazione dei salari. Immaginiamo che questo sia il risultato di politiche …………LIVESEY

COMPLETARE

CURVA DI OPPORTUNITA’ D’INVESTIMENTO

Se aumenta il volume globale degli investimenti, il tasso d’interesse possibile (che si riesce a conseguire) diminuisce. La funzione che descrive questa situazione è detta curva di opportunità di investimento.

CURVA DI TRASFORMAZIONE DEL PRODOTTO

La curva di trasformazione del prodotto si ricava dalla scatola di Edgeworth della produzione. utilizzando la curva di contratto e riportando nel piano (x1, x2) le coppie di livelli di produzione dei due beni quali si leggono sugli isoquanti.

Saggio marginale di trasforma-
zione del prodotto: dx2/dx1
è ovviamente sempre negativo

Notare che sugli assi sono
rappresentati i livelli di
produzione corrispondenti
ai beni consumati (e non
le quantità usate dei fattori).

 

Il saggio marginale di trasformazione del prodotto rappresenta le prestazioni del sistema economico: di quanto si deve ridurre la produzione del bene x2 se si vuole aumentare di un’unità la produzione del bene x1 .

Un punto interno alla curva di trasformazione del prodotto è un punto possibile per il sistema economico in esame, ma non è ottimale: si può fare di meglio. Un punto esterno alla curva di trasformazione del prodotto non è realizzabile nel sistema economico dato. Se si vuol arrivare a quel livello di produzione occorre o espandere la quantità disponibile di uno o più fattori produttivi (espandere le dimensioni della scatola della produzione) e/o migliorare la tecnologia (migliorare la forma degli isoquanti in modo da aumentare l’efficienza del sistema.

Nella curva di trasformazione del prodotto si colloca la scatola di Edgeworth del consumo allo scopo di determinare il punto di ottimo del sistema economico nel suo complesso produzione e consumo.

CURVA IS (INVESTMENT SAVINGS)

Rappresenta il mercato delle merci. L’equilibrio nel mercato delle merci si ottiene quando quello che si produce (l’output o reddito - GDP - prodotto indicato con Y) è uguale a quello che è consumato o domanda: se non è così, le scorte o salgono o scendono e quindi le imprese si apprestano a produrre di meno o di più.

Le componenti della domanda sono il consumo C, l’investimento I, le spese governative G, e le esportazioni nette (NX = esportazioni - importazioni) ne consegue che l’equilibrio nel mercato delle merci si esprime come: Y = C + I(i) + G + NX
Notare che l’investimento dipende dal tasso d’interesse, i. Se il tasso d’interesse sale l’investimento cade e cadrà anche il reddito prodotto. La presenza di un equazione con due incognite i and Y consente di ricavare il legame espresso dalla curva in figura, per esempio esplicitando i = i (Y) . La curva così ottenuta rappresenta il luogo dei punti tali che tutte le combinazioni possibili sulla curva di i e Y mantengono in equilibrio il mercato delle merci.

La curva IS pone una condizione di equilibrio e pertanto non descrive comportamenti, né rappresenta ciò che accade, come è invece il caso della curva di domanda e della curva dell’offerta.

Ogni fattore che modifica il mercato delle merci sposta la curva IS. Per esempio se aumentano le spese pubbliche il reddito è più alto per ogni tasso d’interesse, il che sposta la curva IS verso destra. Il risultato di un aumento delle spese pubbliche è un più elevato tasso d’interesse e un più elevato reddito.

Combinando la curva LM con la curva IS si ottiene una rappresentazione dell’equilibrio generale del sistema economico nel senso che si determinano i valori di i e Y che assicurano l’equilibrio del sistema..

CURVA LM (LIQUIDITY MONEY)

Rappresenta il mercato della moneta. Il tasso d’interesse di equilibrio è determinato nel mercato della moneta nel senso che se l’interesse pagato dai titoli detenuti dall’investitore sale questi chiedono meno moneta. In tal modo la domanda di denaro L, è inversamente correlata al tasso di interesse. Oltre che del tasso d’interesse la domanda di moneta è funzione del livello di reddito. Si può scrivere una funzione generale della domanda di moneta del tipo L = L(i,Y).

L’equilibrio del mercato della moneta richiede che il tasso di interesse si modifichi in modo che la quantità di moneta reale domandata L = L(i,Y) sia uguale alla quantità di moneta reale fornita M/P. Con M si indica l’offerta nominale di moneta e P è il livello di prezzi per cui M/P dà il livello reale di offerta monetaria. In tal modo la condizione di equilibrio del mercato monetario è L(i,Y) = M/P. Tenendo conto di tutti i parametri si hanno un’equazione e due incognite i e Y. IL legame risultante fra le due incognite è la curva LM.

La curva così ottenuta rappresenta il luogo dei punti tali che tutte le combinazioni possibili sulla curva di i e Y mantengono in equilibrio il mercato della moneta.

La curva LM pone una condizione di equilibrio e pertanto non descrive comportamenti, né rappresenta ciò che accade, come è invece il caso della curva di domanda e della curva dell’offerta.

Ogni fattore che modifica il mercato della moneta sposta la curva LM. Per esempio se l’offerta di moneta reale(M/P) aumenta, ne segue una riduzione del tasso d’interesse per ogni livello di reddito il che sposta, la curva LM a destra. Il risultato di un aumento nell’offerta di moneta è uno spostamento a destra della curva LM, un abbassamento del tasso d’interesse e un più alto livello di reddito.

Combinando la curva LM con la curva IS si ottiene una rappresentazione dell’equilibrio generale del sistema economico nel senso che si determinano i valori di i e Y che assicurano l’equilibrio del sistema..

CURVA PREZZO CONSUMO 1. 4. 1. a

Si chiama curva prezzo consumo una particolare modalità di rappresentazione della curva della domanda ricavata nel piano delle curva di indifferenza con l’accortezza di usare per l’asse y non la quantità del bene y, ma la quantità di moneta spesa (l’esborso per acquistare il bene y.

 

CURVA REDDITO CONSUMO 1. 4. 1. a

La curva reddito consumo si legge nel piano x, y delle curve di indifferenza. Più specificamente, con riferimento alla determinazione del paniere ottimale del consumatore, si individuano più panieri ottimali (uno per ogni valore dell’entrata del consumatore I, fermi restando la struttura delle curve di indifferenza e i valori px e py dei prezzi dei due beni): la curva reddito consumo è quella che congiunge i diversi punti di ottimo così ottenuti.
Le caratteristiche della relazione consumo reddito sono commentate alle voci curva di Engel curva della domanda ricavata dalle curve di indifferenza e dipendenza del consumo dal reddito .

 

CUSTOMERIZZAZIONE

Si usa l’espressione customerizzazione (adattamento al cliente) per indicare che il prodotto è “personalizzato” per le esigenze di un singolo cliente. E’ una particolare lavorazione per commessa .

L’espressione è particolarmente in voga per i chips della microelettronica. Un concetto opposto è quello di commodity, merce che ha caratteristiche standardizzate per cui un fornitore vale l’altro ed è (salvo condizioni particolari) sempre disponibile.

 

http://host.uniroma3.it/docenti/iacobone/testi/glossario%20parte%202_.doc

 

Autore del testo: Prof. Fabio PISTELLA ?

 


 

Definizioni termini economici con lettera iniziale C

 

 

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