Capacità di resistenza

 

 

 

Capacità di resistenza

 

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Capacità di resistenza

 

LA CAPACITA’ DI RESISTENZA

 

Definizione

La capacità di resistenza è la capacità motoria condizionale che permette all’organismo di resistere alla fatica in un determinato lavoro fisico, senza che si determini un calo dell’efficacia sia psichica che fisica e quindi del rendimento nella prestazione.

 

Descrizione globale

La capacità di resistenza, come le altre capacità motorie condizionali, dipende da vari fattori, tra cui l’età, il sesso, il peso, la struttura corporea, la massa muscolare, oltre che dai processi biochimici e funzionali controllati dal sistema nervoso ed endocrino, che permettono di raggiungere le prestazioni desiderate.
Nel corso della vita la capacità di resistenza è soggetta a un processo naturale di trasformazione: attraverso l’accrescimento ed i normali stimoli ambientali, si sviluppano in modo continuo, seppur non lineare, anche in assenza di un’azione volontaria di allenamento. Nel momento in cui diventa però necessario raggiungere un più alto livello di prestazione di quello raggiunto “naturalmente” occorre fornire all’organismo degli stimoli che solo l’attività fisica può garantire. Nasce così l’esigenza di aumentare le proprie possibilità di prestazione attraverso uno sviluppo pianificato e mirato della propria capacità di resistenza: l’allenamento, che nel caso dello sport di vertice condurrà al raggiungimento della massima prestazione individuale possibile.
La resistenza comincia ad essere sollecitata già dopo pochi secondi di attività fisica intensa.
Nelle attività cicliche come ciclismo, canoa, corsa, pattinaggio, sci da fondo, il problema della resistenza si pone perché l’alto livello di prestazione può durare da pochi minuti ad alcune ore.
Nelle attività di situazione, sia di squadra, come calcio, pallacanestro, hockey, rugby, che individuali, come scherma e lotta, un alto livello di resistenza permette di mantenere elevati sia il livello agonistico che le capacità tecnico-tattiche, nonostante la continua alternanza e variabilità di sforzo e recupero.
In ogni caso la resistenza si sviluppa in maniera diversificata a seconda della specialità.
Nell’allenamento della resistenza, bambini e adolescenti mostrano gli stessi fenomeni di adattamento degli adulti.
Il test da campo più diffuso per misurare indirettamente il livello di resistenza aerobica di un soggetto è il test di Cooper, che consiste nel correre per 12 minuti (possibilmente a velocità costante) e misurare la distanza percorsa.

 

Fattori che influenzano la capacità di resistenza

I fattori che concorrono a determinare il grado di resistenza si possono riassumere in tre categorie.

I fattori fisiologici
- Percentuale di un gran numero di fibre tipo I (rosse, o a contrazione lenta) nei muscoli utilizzati.
- Livello di vascolarizzazione muscolare.
- Contenuto nel sangue di ossigeno e fonti energetiche (glucidi e acidi grassi).
- Capacità di assorbimento e utilizzazione dell’ossigeno.
- Capacità di immagazzinamento e trasformazione delle fonti energetiche.
- Efficienza dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio.

I fattori tecnici
- Preparazione specifica per il lavoro da svolgere.
- Corretta automatizzazione del movimento.
- Economicità del gesto (basso costo energetico).
- Corretta distribuzione dello sforzo.
- Coordinazione dei movimenti (corretto alternarsi di contrazione e decontrazione dei muscoli agonisti ed antagonisti).

I fattori psicologici 
- Interesse per l’attività che si sta svolgendo.
- Capacità volitiva e forte motivazione.
- Stimoli esterni (l’ambiente, l’incoraggiamento, il pubblico).

 

Tipologia e classificazione

Le tipologie di resistenza variano in funzione dei criteri di riferimento adottati.
Una prima classificazione è in base alla quantità o tipologia dei muscoli coinvolti:

  • RESISTENZA GENERALE: si riferisce alla capacità di eseguire per un lungo tempo un’attività fisica che impegna, assieme all’apparato cardio-respiratorio, gran parte delle masse muscolari.
  • RESISTENZA LOCALE: è la capacità di una limitata parte della muscolatura di eseguire un lavoro a lungo.
  • RESISTENZA SPECIFICA: è il particolare tipo di resistenza richiesto per realizzare lo specifico gesto di gara di una disciplina sportiva. Dipende dalla possibilità di trasformare la maggior quantità di energia possibile in relazione alla prestazione agonistica da compiere. L’intervento dei differenti processi fornitori di energia varia non solo da gara a gara, ma anche da atleta ad atleta.

 

Secondo lo studioso Harre, in funzione della durata, possiamo avere cinque forme di resistenza:

  • RESISTENZA DI LUNGA DURATA: attività aerobica con prevalente impegno degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio. Il tempo di durata dell’impegno organico e muscolare supera gli 8 minuti per proseguire anche 2-3 ore.

Esempi tipici sono la maratona o il triathlon, specialità che comprende nuoto, ciclismo e corsa prolungata da praticare in successione senza interruzione.

  • RESISTENZA DI MEDIA DURATA: coinvolge sia il meccanismo aerobico che anaerobico-lattacido. Il lavoro può durare da 2 a 8 minuti circa.
  • RESISTENZA DI BREVE DURATA: è predominante l’impegno del meccanismo anaerobico-lattacido. Richiede un buon sviluppo della resistenza alla forza e della resistenza alla velocità. Il lavoro può essere protratto da 45 secondi a 2 minuti circa.
  • RESISTENZA ALLA FORZA: è la capacità dell’organismo di opporsi alla fatica in prestazioni con richiesta di forza prolungata nel tempo e con elevate esigenze di resistenza locale. E’ particolarmente sollecitata in discipline caratterizzate da gesti ciclici che si realizzano contro resistenze basse, come, per esempio, il ciclismo, la lotta, il calcio, il rugby.
  • RESISTENZA ALLA VELOCITA’: è la capacità del muscolo di lavorare a lungo a velocità vicine a quelle massime di un soggetto. Può anche essere intesa come capacità di ripetere molti scatti in successione a brevi intervalli l’uno dall’altro.  

 

A seconda dei meccanismi energetici utilizzati si distinguono due diversi tipi di resistenza:

  • RESISTENZA AEROBICA: fa riferimento alla resistenza di lunga durata. Il lavoro muscolare compiuto proviene prevalentemente dalla combustione di glucidi e grassi. E’ il processo più economico: il lavoro muscolare può essere protratto per lunghissimo tempo e le tensioni muscolari sviluppate sono piuttosto basse. L’impegno è prevalentemente aerobico (cioè in condizione di equilibrio, detto “stady-state”, fra consumo e assunzione di ossigeno) e la prestazione viene assicurata grazie ai sistemi cardio-circolatorio e respiratorio.
  • RESISTENZA ANAEROBICA: fa riferimento alla resistenza sia di media che di breve durata. La trasformazione dei substrati energetici avviene in assenza di ossigeno e le tensioni muscolari, di media intensità, possono essere protratte per un tempo relativamente lungo.

La resistenza di media durata richiede impegni fra i due minuti e gli otto minuti in cui, oltre       ai meccanismi aerobici, vengono mobilitati anche quelli anaerobici (consumo e ricarica dell’ATP, sostanza energetica formata da una molecola di adenosina e da tre molecole di fosfato, e utilizzo del glicogeno muscolare). Nella resistenza di breve durata l’impegno motorio si svolge fra i 45 secondi e i due minuti con impegno quasi massimale del meccanismo anaerobico e richiede un certo sviluppo della resistenza alla forza e della resistenza alla velocità. Questa tipologia di resistenza è sviluppata pochissimo nei ragazzi ed è una capacità che aumenta solo gradualmente con lo sviluppo adolescenziale.

 

Metodologie di miglioramento/allenamento

I principali metodi utilizzati per migliorare la resistenza sono:

  • I METODI CONTINUI
  • I METODI INTERROTTI DA PAUSE

 
I metodi continui
Stimolano e migliorano l’efficienza del sistema cardiocircolatorio e respiratorio, in maniera più evidente quanto più a lungo agisce lo stimolo allenante. Sono metodi fondamentali nell’allenamento giovanile. Rappresentano la base utile per effettuare fasi di allenamento più specifiche e consentire un più facile e pronto recupero della fatica, tra un allenamento e l’altro e/o tra diverse prove o frazioni di gioco.
I mezzi utilizzati comprendono tre tipi di attività:

  • ALLENAMENTO DI DURATA A VELOCITA’ COSTANTE

E’ la forma di lavoro che dà inizio a qualsiasi tipo di preparazione fisica per un’attività motorio-sportiva scolastica, agonistica o amatoriale. Consiste nel proporre un’attività di durata a ritmo lento costante come il correre (ma anche nuotare, pedalare, remare) per una quantità di tempo che aumenta di allenamento in allenamento fino a raggiungere un tempo solitamente vicino all’ora di lavoro. Dovrebbe essere svolto preferibilmente in ambiente naturale ed in compagnia, con la possibilità di variare il percorso al fine di renderlo più vario e meno monotono.
L’intensità dello sforzo, quantificabile attraverso il conteggio delle pulsazioni cardiache, non deve superare, di norma, il doppio delle pulsazioni a riposo e cioè il valore di 140/150 pulsazioni al minuto.
E’ una forma di lavoro che viene svolta in steady-state o in equilibrio di ossigeno e ciò significa che l’energia viene prodotta da un aumentato metabolismo cellulare che avviene in presenza dell’ossigeno fatto pervenire a livello muscolare dagli apparati respiratorio e cardiocircolatorio. Il concetto di equilibrio è infatti riferito alla quantità di ossigeno introdotta che deve corrispondere alla quantità richiesta dalla combustione di zuccheri, acidi grassi e proteine.

  • ALLENAMENTO DI DURATA A RITMO VARIABILE o FARTLEK

L’elemento che lo differenzia dal precedente è la variazione di ritmo. Prevede l’alternarsi di fasi di lavoro a maggiore e minore impegno. Il mezzo più conosciuto è il fartlek, che viene corso in ambiente naturale vario, con salite e discese che favoriscono la scelta e l’alternarsi dei ritmi di corsa.
L’intensità dello sforzo dovrebbe portare i valori di pulsazioni cardiache nei momenti di lavoro lento non oltre le 140 pulsazioni al minuto, e, nelle variazioni di velocità, possono raggiungere le 160/170 pulsazioni al minuto. La quantità delle variazioni dipende dal tempo di recupero dell’apparato cardiocircolatorio e le modalità con cui attuarle possono essere, nel caso della corsa, un aumento del ritmo, un tratto di salita o un tratto su terreno sabbioso.
Negli ultimi anni si è affermato il metodo intermittente, un lavoro che prevede l’alternarsi di tratti di media-alta intensità ad altri a media-bassa intensità. Queste variazioni sono di solito alternate in ragione di 30” - 30” (30 secondi di lavoro più intenso e 30 secondi di lavoro a intensità più bassa), ma anche 15-15, 10-10, 15-30……in cui tratti effettuati correndo, o eseguendo altri esercizi a media-alta intensità, vengono seguiti da altri effettuati a media-bassa intensità con recupero attivo di corsa o cammino.   

  • ALLENAMENTO DI DURATA A RITMO PROGRESSIVAMENTE ACCELERATO

Il lavoro viene svolto con carichi sempre in aumento progressivo, da blando, a crescente, a elevato. E’ difficilissimo da gestire, per cui è indicato solo per atleti evoluti.
L’intensità dello sforzo porta a valori di pulsazioni cardiache attorno alle 170/180 pulsazioni al minuto.

 

I metodi interrotti da pause
Si tratta di ripetere delle distanze con intervalli di recupero che variano da 45 secondi a qualche minuto.
I mezzi utilizzati comprendono tre tipi di attività:

  • ALLENAMENTO INTERVALLATO o INTERVAL TRAINING

Alterna momenti di lavoro a momenti di riposo ed ha come effetto principale l’aumento della gittata cardiaca ottenuto attraverso l’ipertrofia del miocardio.
Tale metodo permette di svolgere un volume di lavoro elevato a intensità superiori a quelle del lavoro continuo e quasi uguali o superiori a quelle utilizzate in competizione.
L’obiettivo principale è stimolare la capacità anaerobica.
Per raggiungere tali effetti devono essere adeguatamente ponderate:
-  l’intensità e la durata dei momenti di lavoro, dove le pulsazioni non devono superare il valore di 180 al minuto per un tempo compreso tra i 15 e i 60 secondi;
-  la durata dei momenti di recupero, che deve essere incompleto ovvero non al di sotto delle 120-130 pulsazioni al minuto e compreso solitamente tra i 45 ed i 90 secondi.

  • PROVE RIPETUTE SU PRESTAZIONI MASSIMALI

E’ un metodo di lavoro indicato per discipline sportive a elevata intensità e che richiedono grande capacità di resistenza.
Consiste nel ripetere distanze o tempi di lavoro (ad esempio 6 volte i 300 metri), brevi o mediamente brevi (di solito inferiori a 60 secondi), ad intensità massimale e con recuperi completi (pulsazioni cardiache ai valori simili a quelli a riposo).
Se invece si utilizzano recuperi incompleti all’interno delle serie e completi tra una serie e l’altra, il metodo viene chiamato “per serie e ripetizioni” (per esempio, 3 x 5 x 60 metri: l’atleta esegue 5 ripetizioni con recupero incompleto di 1’30” e utilizza un recupero di 6-8 minuti tra le serie di 5 ripetizioni).

  •  CIRCUIT TRAINING

Si tratta del tipico lavoro a stazioni nel quale l’atleta passa da una stazione ad un’altra secondo un ordine prestabilito, portando a compimento una serie di esercizi che solleciteranno in successione le principali masse muscolari.
Questa metodica è finalizzata soprattutto al miglioramento della resistenza generale e della resistenza alla forza, oltre che delle capacità cardiorespiratorie.

Una delle metodiche fondamentali di allenamento della capacità di resistenza è quindi variare l’intensità del carico di lavoro in considerazione della tipologia di resistenza che si vuole incrementare.
L’intensità del carico di lavoro si può monitorare attraverso il conteggio delle pulsazioni cardiache, ovvero il numero di battiti del cuore in un minuto che si possono rilevare facilmente attraverso la leggera pressione di un dito sull’arteria della tempia o della carotide o del polso, e si distingue in quattro livelli:

1) Carico compensatorio: per il recupero della capacità di prestazione, per il riscaldamento ed il defaticamento. Corsa lenta di scarsa intensità - 100/110 pulsazioni al minuto.

2) Carico di base: per la formazione dei processi aerobici per l’incremento della capacità generale di prestazione. Corsa prolungata costante o variabile, di intensità media/scarsa - 140/150 pulsazioni al minuto.

3) Carico di sviluppo: per la formazione ottimale dei processi aerobici ed in parte anaerobici per l’adattamento prodotto nei sistemi organici interessati. Carichi elevati e lunghi con intensità critica (soglia di passaggio dall’aerobico al lavoro anaerobico) - 170/180 pulsazioni al minuto.

4) Carico limite: specifico per le gare di corsa nell’ambito della resistenza di medio e breve periodo. Lavoro prevalentemente anaerobico con scarso sviluppo della capacità aerobica. Carico molto elevato oltre le 180 pulsazioni al minuto. E’ un carico che va utilizzato con oculatezza.               

 

Evoluzione della capacità di resistenza in relazione all’età

Il bambino ed il preadolescente possiedono caratteristiche anatomo-funzionali che li differenziano dall’adulto. A titolo di esempio si pensi che a 11 anni il cuore pesa solo 100 gr., mentre a 15 anni ne pesa già 200; la frequenza cardiaca durante il corso della vita si riduce da valori di 150-130 pulsazioni al minuto nel neonato ai valori medi di un adulto compresi tra le 65 e le 72 pulsazioni al minuto.
I bassi indici che attestano la funzionalità dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio (frequenza cardiaca e respiratoria è più alta non solo a riposo ma anche sotto sforzo) nei bambini fino a 4 anni di vita e le loro limitate capacità coordinative ci permettono di considerare scarsa la loro capacità di resistenza.
Dai 4 ai 7 anni si riscontra un progressivo miglioramento dell’aspetto coordinativo e dell’aspetto organico funzionale e, il periodo di avvicinamento all’età dei 7 anni, è chiamato età respiratoria; l’incremento di efficienza dell’apparato è dovuto al compimento del processo di inclinazione delle ultime costole che aumenta la possibilità di dilatazione della gabbia toracica negli atti respiratori.
Nel periodo tra i 7 ed i 10 anni si hanno ulteriori progressi della capacità di resistenza ed incominciano a delinearsi le prime differenziazioni di sesso a favore dei maschi. Le differenze, nella capacità di resistenza generale e di resistenza alla forza, vanno via via aumentando nell’età successiva tra i 10 e i 12 anni, pur essendo fortemente condizionata dall’esercizio e da caratteristiche individuali come la motivazione e la forza di volontà. Si ritiene che ciò sia determinato dal fatto che la femmina ha un cuore di dimensioni ridotte rispetto al maschio, possiede il 10% un meno di emoglobina e, a parità di peso, ha una quantità superiore di massa grassa. Il rallentamento nello sviluppo della capacità di resistenza, caratteristico dell’età puberale, sembra sia dovuto al processo di maturazione che comporta variazioni auxologiche-staturali prima e ponderali poi che variano l’efficienza e la funzionalità del sistema cardiocircolatorio.
L’età d’oro per lo sviluppo della resistenza è tra i 10 e i 15 anni: a questa età infatti si registra il picco d’impennata di crescita della capacità di resistenza in quanto è particolarmente favorevole il rapporto peso/potenza.
La massima espressione delle capacità di resistenza viene raggiunta tra i 15 ed i 16 anni nella femmina e tra i 18 ed i 22 anni nel maschio.
Gli adolescenti sono particolarmente adatti a carichi di resistenza di tipo aerobico. Il loro cuore possiede infatti una elevata plasticità e l’attività di resistenza produce un allungamento ed un ispessimento delle fibre muscolari cardiache che, insieme all’aumento delle dimensioni delle cavità del cuore, rendono il lavoro cardiaco sempre più efficace ed economico. Per questo risultano consigliati, fino ai 14-15 anni, metodi di incremento basati sull’allenamento di durata a ritmo uniforme e sul fartlek.
E’ solo verso la fine dell’adolescenza che si formano i presupposti per un incremento dell’intensità dell’allenamento, grazie all’accresciuta funzionalità degli apparati cardiocircolatorio e respiratorio.
In questa età, l’aumento della forza e la maturità di organi e di sistemi possono infatti interagire meglio tra loro. Quindi, dai 16 anni in poi, al fine di ottenere risultati prestativi superiori, possono essere proposti l’interval training e le prove ripetute massimali.
Gli sportivi allenati nella resistenza mantengono una capacità di prestazione straordinariamente elevata, durante tutta la loro vita: un netto decremento delle prestazioni non sopraggiunge prima dei 70 anni.  

 

Effetti dell’allenamento

A livello generale
-  Migliorano le capacità di recupero.
-  Si riducono i traumi.
-  Aumenta la capacità di sopportazione psicologica della fatica.
-  Rimane costantemente elevata la rapidità sia di reazione che di azione.
-  Diminuiscono gli errori tecnici.
- La salute diventa più stabile, migliora la resistenza alle malattie infettive e agli sbalzi di temperatura.

A livello fisiologico
-  Aumenta il volume delle cavità cardiache e la forza di contrazione del cuore (le pareti cardiache s’ispessiscono).
-  Aumenta il diametro ed il numero dei capillari muscolari con relativo miglioramento di trasporto e di scambio periferico.
- Aumenta il numero e la dimensione dei mitocondri, le “centrali termiche” del meccanismo aerobico.
-  Diminuisce la frequenza cardiaca a riposo.
-  Aumenta il volume del sangue e dei globuli rossi.
-  Aumenta la capacità di neutralizzazione dell’acido lattico.
-  Aumentano i volumi polmonari.

 

Fonte: http://88.42.123.18/didattica/files/edfisica/11.doc

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