Schelling Friedrich

 

 

 

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Schelling Friedrich

FRIEDRICH WILHELM JOSEPH SCHELLING

 

Nato in Germania nel 1775, fu docente universitario e, filosoficamente, si impegnò in una dura polemica contro Hegel. Morì nel 1854.

IL SUO PENSIERO

Comunemente distinguiamo il me, lo spirito, dal corpo e dalle cose materiali, ai quali nego l’aspetto spirituale. Tuttavia, è necessario pensare, che il mio pensiero non esisterebbe se non esistesse il mio corpo materiale, inoltre, neppure esisterebbe il mio corpo che, per essere vivo, ha bisogno dello spirito. Da questa meditazione nasce il problema del rapporto tra materia e spirito, tra io e non-io. Tale problema, ritiene Schelling, lo risolviamo se riusciamo ad unificare i due elementi, rendendoli manifestazioni distinte di un’unica realtà.
Prima che l’uomo riflettesse su se stesso, in altre parole, prima che “nascesse” la filosofia, l’uomo si riteneva inconsciamente unito alla natura; con la nascita della riflessione filosofica, l’uomo ha separato sé, come essere che può riflettere su se stesso, dal resto della natura, che non ha tale capacità. Perché è accaduto ciò? La risposta è la seguente: lo spirito, che è libero, aspirava alla libertà, così, in primo luogo, ha dovuto liberarsi dai vincoli della natura, ma la libertà che l’uomo ha voluto, non può essere una libertà totale dalla natura, poiché l’uomo, in quanto spirito, vuole essere libero, ma è nello stesso tempo unito alla natura, perché egli stesso è formato anche di materia. Lo scopo dell’uomo, quindi, è quello di ricostruire il rapporto con la natura non più come essere naturale limitato, ma come essere superiore tra tutti quelli che esistono in natura. Lo scopo dell’uomo, pertanto, non è la divisione dalla natura, ma la riunificazione con la natura stessa, giungendo in tal modo all’unificazione di materia e spirito. Se la divisione fosse permanente, l’uomo vivrebbe chiuso in se stesso, isolato, e potrebbe solo riflettere eternamente sulla sua natura spirituale. L’uomo come puro spirito, senza materia e senza il legame con la natura, sarebbe puro nulla.
Ma è possibile l’unione di natura e spirito? Per verificare tale ipotesi, Schelling analizza la realtà ed inizia così la filosofia della natura.

LA FILOSOFIA DELLA NATURA E LA FILOSOFIA TRASCENDENTALE

Schelling ritiene che la natura, al suo interno, sia organizzata secondo la legge del finalismo, non secondo la legge meccanicistica della causa e dell’effetto. Ogni cosa in natura avviene allo scopo di…; al fine di…ed è proprio il fine che giustifica l’organizzazione interna della natura. Tale organizzazione interna è frutto di un progetto razionale, che è insito alla natura stessa, infatti la pianta si nutre mediante l’assimilazione di sostanze esterne, ma essa non potrebbe assimilare nulla se non fosse già organizzata (da Introduzione alle idee…). L’organismo, quindi è un’organizzazione di materia e forma (spirito razionale) che costituiscono una sola realtà. Ora, poiché la materia è intelligenza e l’intelligenza, che si manifesta in natura solo nell’uomo, è autoriflessione ed autocoscienza, si deve concludere che la natura tende all’uomo come all’elemento naturale in cui essa, in quanto spirito e materia, raggiunge la sua completezza. Nell’uomo lo spirito si libera dai condizionamenti della materia, riesce a riflettere su se stessa e si riconosce come il massimo dello sviluppo della natura.
Dopo aver affermato la centralità dell’uomo, Schelling passa dalla filosofia della natura alla filosofia dell’io (dell’uomo).
Cos’è l’uomo? E’ autocoscienza che si manifesta con la conoscenza e l’azione: nella conoscenza l’io è passivo, poiché “vede” l’oggetto così com’è, invariabile; nell’azione, invece, l’io è libero e può trasformare la natura. La duplice funzione dell’io descritta (attiva e passiva), è spiegabile attraverso l’identità indifferenziata di spirito e materia nell’uomo, così come esiste nella natura, per cui, la materia non è solo passività, ma anche libertà (determinata dallo spirito) e lo spirito non è totale libertà, ma anche limitazione (determinata dalla materia), in tal modo si deve presupporre l’esistenza di un’armonia prestabilita di materia e spirito.
Con la filosofia della natura, Schelling ha dimostrato che la natura è anche spirito; gli resta da spiegare in che modo lo spirito sia anche natura, e lo fa nella filosofia dell’arte.

 

LA FILOSOFIA DELL’ARTE

 

L’arte manifesta immediatamente l’Assoluto, pertanto, è lo strumento che deve utilizzare la filosofia per spiegare, con la mediazione del ragionamento, l’identità di spirito e materia.
L’artista, con la sua opera, crea una materia vivente, ricca di spirito e fa ciò in quanto “vede” la natura come materia vivente; il filosofo, partendo dall’esperienza artistica, descrive logicamente, attraverso il linguaggio, con il ragionamento, l’unione ontologica di materia e spirito esistente in natura, ecco perchè, Schelling scrive che tutto quello che è ideale è reale …e quel che è reale è ideale ( da Bruno, o del principio…). L’artista ed il filosofo rappresentano quell’identità di materia e forma che nel mondo naturale è incosciente, ma tende alla coscienza, e che nell’uomo diventa cosciente.
L’artista crea grazie ad una forza creatrice che lo trascina inconsciamente, poi, tale ispirazione è espressa in opera d’arte, grazie alle conoscenze tecniche artistiche che l’artista conosce, quindi consciamente. In tal modo, l’opera dell’artista nasce dall’unione delle tecniche artistiche, che rappresentano l’aspetto cosciente dell’artista, con l’inconscio (l’influenza dello spirito). L’opera d’arte, solo quando nasce dalla forza creatrice spirituale, dimostra come l’ideale si fa reale ed il reale si fa ideale e, se il reale rappresenta la forma finita e l’ideale ciò che è riproducibile nelle forme materiali, allora nell’opera d’arte l’infinito diventa finito ed il finito infinito, inoltre, se l’opera esprime la libera creazione dell’artista sollecitato dallo spirito, che prende forma con la materia, allora essa rappresenta l’unione indivisibile di libertà e necessità.
Nel sistema di Schelling, quindi, se l’Assoluto significa l’identità di libertà (spirito) e necessità (materia), l’uomo allora deve considerarsi libero, ma non al punto da poter superare il suo corpo, la sua materia. Essere liberi, vuol dire manifestare la volontà libera nell’ambito dei limiti materiali che l’uomo ha, ma l’uomo vive ed agisce nella storia ed è in questa che manifesta la propria libertà. Ora, se consideriamo la storia nel suo sviluppo complessivo, notiamo che vi è lo stesso sviluppo progressivo che esiste in natura: nella storia c’è un ordine, come esiste nella natura, perché sia la storia che la natura sono gli ambiti di manifestazione dell’Assoluto. Nella storia, quindi, c’è un progetto razionale, come esiste in natura. Tale progetto si attua nel tempo, attraverso l’azione degli uomini; ma anche l’azione libera del singolo uomo si trova all’interno del progetto storico, pertanto, la libertà dell’individuo coincide con la necessità determinata dal progetto storico. Nella storia, quindi, si esercita la libertà umana, ma la storia, nella sua totalità, non è il frutto della consapevole azione umana, poiché si attua secondo leggi prestabilite, attraverso la libera ed inconscia azione dell’uomo, per cui Schelling scrive: …mentre io credo di operare liberamente, deve nascere in maniera inconscia…ciò che io non mi proponevo (da Sistema dell’idealismo trasc.).

 

LA SVOLTA RELIGIOSA

Come nella filosofia di Fichte, anche in quella di Schelling si assiste ad una svolta religiosa. Questa iniziò nel 1804. In che modo si giunse a tale svolta? Il filosofo dovette rispondere alle critiche mossegli in merito al concetto di Assoluto, che presentava caratteri divini; inoltre, dovette anche spiegare in che modo si potesse manifestare la libertà umana ed in che modo dovesse essere giustificata l’esistenza del male e del peccato.
Schelling chiarisce che l’Assoluto è il principio divino che ha in sé l’infinito, il finito e l’unione tra finito ed infinito. Ma com’è possibile che Dio, l’Assoluto, si manifesti nel reale senza perdere i caratteri divini? Schelling rifiuta il concetto di creazione della materia ed introduce quello di caduta, di rottura: l’esistenza della materia è spiegabile con la caduta della materia stessa dall’Assoluto. In che modo è avvenuta la caduta? Dio si manifesta nelle cose finite, ma le cose finite hanno la possibilità di cadere, di allontanarsi da Dio, ed è la caduta che determina l’esistenza del male; ma l’uomo, che è l’essere consapevole, ha il compito di stabilire il ritorno all’Assoluto, che corrisponde al bene. In realtà, questo non è solo il compito dell’uomo, poiché corrisponde al compito dell’universo e della storia.
Rispetto alla condizione dell’uomo, c’è da dire che la libertà umana esiste in virtù della caduta, da ciò consegue l’importanza dell’aspetto morale dell’esistenza dell’individuo. Per Schelling, la moralità si identifica con la felicità umana. Se Kant separava virtù e felicità, rendendo la seconda dipendente dalla prima, contro tale concezione, Schelling parla di un’indissolubile unione di virtù e felicità. La virtù consiste nell’unione dell’uomo con Dio, attraverso l’unione di materia e spirito. Quando l’uomo non si concilia con Dio e rimane ancorato alla sua imperfezione ed alla sua materialità, pecca, perché la sua volontà non s’identifica con quella divina, così, Dio rende possibile il peccato, ma non è lui a determinarlo nell’individuo.
Schelling, in polemica con Fichte, che gli sembrava aver sottovalutato la natura, asserisce che la natura è Dio e la filosofia, perché scienza dell’Assoluto, è filosofia della natura. Scrive Schelling che la vera filosofia deve parlare della natura reale…Dio è essenzialmente la natura, e viceversa. Perciò ogni filosofia che sia conoscenza di ciò che unicamente è vero e positivo, è…filosofia della natura.(da Dimostrazioni del reale rapporto…).
Da quanto detto si deduce l’esistenza di un rapporto tra la filosofia e la religione, solo che: mentre la filosofia si basa sull’intuizione, poiché è il frutto di un rapporto immediato tra finito (l’uomo) ed infinito; la religione si basa sulla riflessione e sulla divisione e consiste in un semplice apparire di Dio nell’anima. La filosofia, quindi, si trova su un gradino più elevato rispetto alla religione.
La natura vivente è, dunque, divina e, tra Dio e natura c’è distinzione, non dualismo.

 

LA FILOSOFIA DLLA RIVELAZIONE

A questo punto, prende avvio la fase della filosofia positiva, attraverso la quale si giunge alla filosofia della rivelazione.
Schelling descrive i principi della filosofia positiva, che parte dai singoli fatti per giungere, a posteriori, alla causa dei fatti stessi. La causa di tutto, secondo l’analisi a posteriori, è Dio. Dio non è sostanza, ma ha con le sostanze (le cose e gli spiriti umani) un rapporto di unità, pertanto, se la sostanza rappresenta la materia, Dio è la volontà insita nella materia stessa.
Lo scopo della filosofia positiva, è quello di motivare il posto della religione nella vita spirituale dell’uomo. Quando l’uomo si rende conto della frattura esistente tra lui e Dio, non ha certezze, non riesce a vivere in pace e si rende conto del fatto che solo la redenzione può condurlo alla felicità, quindi, tende alla riconciliazione con Dio. Il cammino che porta a Dio, viene ora interpretato come il compito etico dell’uomo e, la rivelazione, viene intesa come momento fondamentale del rapporto uomo-Dio. La rivelazione storica ha cambiato le condizioni di vita dell’umanità, poiché ha riunito l’uomo con Dio. Nel singolo uomo, la rivelazione avviene nella coscienza, e permette all’uomo di liberarsi dal finito.
Seguendo il percorso filosofico finale di Schelling, resta senza risposta una domanda: è la filosofia che è diventata religione o è la religione che è divenuta filosofia?

 

Fonte: http://www.fortunecity.it/studio/ricreazione/13/schelling.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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Schelling Friedrich

 

Identità e intuizione nella filosofia di Friedrich W.J. Schelling

a) L'immagine romantica della natura

 Innanzi tutto c'è da considerare la lunga carriera di Schelling come scrittore di filosofia: pressoché mezzo secolo di attività. Egli inizia a serivere in un clima culturale in cui l'interpretazione del kantismo è il modo più avanzato con cui i filosofi tedesehi elaborano lo spirito della Rivoluzione francese. Finirà il suo lavoro come critico radicale dell' opera di Hegel in un ambiente in cui le strutture politiche e culturali dell'assolutismo prussiano vengono in frizione con i primi ideologi di una timida borghesia tedesea in ascesa.
L'immagine filosoficamente più nota di Schelling è quella del filosofo dell'Identità o dell'Assoluto e del teorico della intuizione intellettuale come strumento tipico della filosofia. Oggi, a livello della teoria filosofica, l'elemento centrale del lavoro di Schelling appare la sua ricostruzione di una filosofia della natura di tipo rinascimentale-neoplatonico: la concezione dell'Uno tutto, della totalità organica e vivente, dell'intelligenza che, dall'interno della materia, anima le diverse forme viventi. E una filosofia che colloca l'uomo in un ambiente universale — la natura — e che lo fa partecipe di forze, attitudini, capacità sorgive ed innate che gli derivano dal suo luogo d' origine. E' il tipo di filosofia che risolve quella crisi che i romantici indicavano nella perdita da parte dell'uomo contemporaneo di un elemento universale nel quale riconoscere un proprio assoluto valore. E, nello stesso tempo, questa filosofia assolve al compito di contrapporsi radicalmente all' immagine meccanicista della natura che deriva dalla scienza moderna, consentendo così all'intellettuale tedesco di emanciparsi dai debiti culturali con l'Illuminismo. Questo, ad esempio, fu il volto dell'esperienza schellinghiana che affascinò Goethe sulla soglia dell'Ottocento. Questa filosofia, che costituisce un'immagine romantica della natura, restituisce cittadinanza, a livello della cultura ufficiale delle Università, a un'antica tradizione alchemica tedesca che la scienza dominante non era mai riuscita completamente ad esautorare e che anzi, a livello popolare, tendeva a presentarsi come un'alternativa alla scienza dei dotti, formalistica e matematizzante. E lo stesso tipo di materiale magico, occultistico ed alchemico che serve a Goethe per costruire l'arsenale del suo Faust. In Schelling questa ripresa di una filosofia della natura vivente si congiunge direttamente con l'interpretazione vitalistica che egli diede dei risultati che erano stati conseguiti dagli scienziati dopo I'inaugurazione della nuova chimica dei gas. Il principio filosofico della metamorfosi della natura subisce una conferma sperimentale. Fu questo organismo filosofico a trovarsi ad essere il riferimento fondamentale per le ricerche romantiche di filosofia naturale, come per la medicina omeopatica e per la iatrochimica.

b) Un anarchico fichtiano

Schelling inizia la sua carriera di scrittore filosofico con il problema della mitologia  che era stato di grande rilievo durante il periodo illuminista. Sarà del resto un tema che rinascerà al termine della sua stagione. Il clima intellettuale è quello degli scritti di linguistica e di storia di Herder, e di storia di Lessing. La mitologia non è «superstizione», ma già filosofia compiuta: solo che la sua lingua adopera modi espressivi che sono antecedenti al modo di fare filosofia tipico dei moderni dove domina l'intelletto che astrae, logicizza, divide.  Dal punto di vista della filosofia, come tradizione speculativa, Schelling nasce fichtiano: il Fichte della Dottrina della scienza, impegnato a mostrare che la filosofia di Kant manca di fondamento teorico, e convinto che il reperimento di questo fondamento nella struttura dell'Io puro, attività pura, libertà metafisica ed originaria, sia il modo per operare una rivoluzione filosofica che approfondisca, nella teoria, i valori ideali che emergevano dall'llluminismo e dalla Rivoluzione francese. Schelling è sulla medesima strada. I giudizi e le categorie possono essere pensati con un fondamento soltanto in relazione all'unità dell'lo.   Nell'lo Schelling vede la riedizione della sostanza di Spinoza passata attraverso il vaglio del criticismo kantiano. La contrapposizione radicale è tra criticismo  e dogmatismo.    Ma il criticismo non è soltanto corretto dal punto di vista epistemologico, dato che mostra che ogni oggettività è impensabile senza l'elemento soggettivo che svolge la funzione oggettivante, ma è anche una filosofia del soggetto come libertà e creatività. Così il dogmatismo non è soltanto una filosofia ingenua che cade in contraddizione nel momento stesso in cui parla di una sostanza oggettiva, dato che chi ne parla è pur sempre un soggetto, ma è una filosofia dell'inerzia e della rassegnazione. Una filosofia che accetta come naturale la distribuzione dei ruoli esistenti anche quando essi, come per esempio nella struttura dello stato, divengono elementi che riducono e umiliano la creatività dell'esistenza.    Nel concetto metafisico di libertà il giovane Schelling legge la possibilità di un gesto spirituale di tipo anarchico. Qualcosa che ambiguamente può sembrare l'estrema radicalizzazione dei temi politici che derivano dall'intelligenza tedesca della Rivoluzione francese, come anche un sintomo, tra gli altri, della posizione di isolamento e di impotenza dell'intellettuale tedesco. Ciò dunque che maggiormente agisce in Schelling della filosofia fichtiana è l'elemento "criticistico" nella sua versione metafisica, la concezione della libertà assoluta e della creatività del soggetto. In Fichte la possibilità dell'azione morale del soggetto è connessa con quel limite o ostacolo che l'Io puro oppone a se stesso, la natura, il non-io. Solo così l'lo può svolgere la propria attività conoscitiva e può stabilire i propri progetti morali. Questo schema speculativo comporta la necessità di concepire la natura sotto il profilo di una materialità inerte, un'estensione senza vita che possa agire la parte di opposto dialettico all'attività dell'Io. La riduzione della natura a «posizione» dialettica dell'Io puro nella forma della estensione materiale, era resa possibile in Fichte dall'immagine della natura che proveniva alla filosofia speculativa tedesca dalla tradizione della fisica meccanicista attraverso la codificazione filosofica che ne aveva fatto il kantismo. La teoria del movimento dei corpi e ii metodo della matematizzazione avevano reso comune la considerazione d'assieme della natura come di una omogeneità e continuità materiale. Questa idea agiva nella filosofia della fisica come un correlato necessario al tipo di pratica scientifica che era in atto. Ma in un organismo speculativo come era la filosofia fichtiana interveniva un ulteriore processo di trasformazione del concetto: la natura diventava così una res extensa, opposto dialettico a quella res cogitans  ormai strutturata nella forma del soggetto.
Schelling abbandonerà il quadro della filosofia fichtiana quando i suoi studi di scienze naturali gli metteranno definitivamente in crisi il modello meccanicistico della natura. La natura, caduto questo modello, e considerata come unità animata e vivente diverrà irriducibile alla funzione di una statica opposizione all'attività spirituale dell'Io.

 c) La nuova chimica e la metafisica della natura vivente

Nelle più tarde Lezioni  che terrà a Monaco Schelling stesso, ripercorrendo la sua carriera intellettuale, indicherà nello studio delle scienze naturali e in particolare della chimica l'elemento che promosse la sua emancipazione dalla filosofia fichtiana. Nelle Idee per una filosofia della natura  egli scrive: «Il nuovo sistema della chimica, l'opera di un'intera epoca, estende sempre di più il proprio influsso su altre parti della scienza naturale e, utilizzando (ciò) in tutta la sua estensione, può ben svilupparsi in sistema generale della natura». Il riferimento di Schelling è ai risultati che era stato possibile ottenere con lo sviluppo della chimica dei gas, quando, con Priestley e Lavoisier, fu possibile isolare l'ossigeno. Il mettere l'ossigeno al centro del sistema chimico vuol dire possedere una teoria globale delle trasformazioni chimiche. Inoltre il fatto di constatare—cosa che accadde nel 1783 a Lavoisier —che idrogeno e ossigeno si uniscono per produrre l'acqua—che era ritenuta un corpo semplice non ulteriormente decomponibile—ridà legittimità scientifica al concetto vitalistico di trasformazione. Il risultato è la riproduzione di una immagine di natura vivente come un tutto organicamente connesso. Questa era stata l'idea di natura tipica dell'animismo neoplatonico del Rinascimento, cui si riconducevano le varie tradizioni magiche occultistiche, alchemico-astrologiche, che era stata sconfitta dal modello della scienza nuova: la matematizzazione della natura. Ma in Germania, e anche altrove, questa era stata una tradizione che non era affatto scomparsa, anche se svolgeva un ruolo di cultura subalterna o anche di ideologia di gruppi e sette segrete: le logge massoniche e i Rosacroce. In fondo non avevano completamente torto i cattolici di Monaco ad accusare Schelling di fare una filosofia della natura che riproduceva quella dei rosacroce. Lo sviluppo della chimica faceva rinascere un'idea di materia che non era riducibile alla omogenea estensione del meccanicismo. Si affermava un'immagine di materia animata, vivente, qualitativa, una energia capace di trasformazioni. L'ingresso della chimica nel quadro scientifico moderno annulla definitivamente la possibilità filosofica di sostenere un materialismo nei termini della res extensa. La filosofia della natura di Schelling fu la protagonista teorica di questa cesura nel quadro del pensiero occidentale.
Nel suo stesso lavoro teorico Schelling stabilisce un rapporto concreto tra le scienze della natura, i loro risultati e l'atteggiamento teorico, cioè il modo della utilizzazione di questi risultati. La relazione, sostiene Schelling, è tra la lettura che le scienze operano nella natura ponendo domande determinate e l'interpretazione che il ragionamento filosofico inserisce nelle risposte che si ricavano. Ciò che fa Schelling — e ciò che egli pensa con il termine di "interpretazione" — è un lavoro di unificazione dei risultati scientifici: il suo tentativo è la produzione di una enciclopedia filosofica della scienza naturale che obbedisca alla regola teorica della unità organica della natura. Il pensare le strutture naturali secondo unità e relazione, evitando la dispersione che deriva dall'attitudine dell'intelletto scientifico dell'Illuminismo a dividere e a parcellizzare, obbedisce alla stessa struttura organica della natura. Il risultato che ne deve derivare è la descrizione del funzionamento globale dell'unità naturale. Magnetismo, elettricità, chimismosono le tre forme dell'animazione universale. Attraverso questi concetti avviene la saldatura tra il piano della scienza e il piano della filosofia. Il magnetismo consente di pensare la coesione delle varie parti dell'universo e la reciproca gravitazione. L'elettricità offre il modello della dialettica schellinghiana per cui tutto il processo naturale è sempre il risultato di una opposizione di forze. Il chimismo fonda la metamorfosi dei corpi per cui, variando le proporzioni, ogni corpo può trasformarsi in un altro. I concetti vanno dall'inorganico all'organico secondo la stessa legge che opera nella natura. L'attrazione e la repulsione sono la polarità originaria che dà luogo a forme differeriti di equilibrio. Quandol'equilibrio non è raggiunto e permane la dialettica delle forze in opposizione, allora ci troviamo di fronte al fenomeno della vita.  Questi sono soltanto alcuni dei temi della complessa tessitura del la filosofia della natura di Schelling. Ma essi possono mostrare il tentativo di Schelling di riprodurre vari aspetti della ricerca scientifica come forme di un medesimo ed organico processo naturale.    Ogni aspetto della natura è un grado o un livello che emerge dalla medesima unità. Lo stesso Io fichtiano o spirito dunque non deve essere inteso come elemento contrapposto alla natura, dato che tutta la natura e regolata da una forma interiore di intelligenza che è presente in ogni centro vitale e in ogni trasformazione. Anzi, al termine del processo di trasformazione naturale si ritrova l'uomo, e, nell'uomo, quell'intelligenza che consente di assumere, nella conoscenza, la natura a proprio oggetto. Io e natura sono polarità di una Unità originaria. Ma, dato che nel processo della conoscenza soggetto e oggetto debbono necessariamente essere contrapposti, una cattiva filosofia ne fa duè entita opposte. Nasce così un falso idealismo che coglie la soggettività dell'io al di fuori dell'unità metafisica da cui emerge. Vi è un falso materialismo che coglie la materia al di fuori del processo spirituale che la costituisce. Entrambe sono forme della riflessione che atrofizzano il pensiero e gli impediscono l'accesso al luogo dove ogni opposizione (essere e conoscere, soggetto e oggetto, materia e spirito) viene risolta come una forma di polarità dell'Identità o dell'Assoluto.
La filosofia della natura ha consentito la costruzione di un io non astratto, non «logico». L'io è uno dei poli di cui è costituita l'unità originaria di soggetto e oggetto. Il problema del fondamento (la domanda di Fichte e del giovane Schelling a Kant) e diventato, attraverso l'esperienza e la filosofia della natura, il problema dell'identità o unità. Vediamo ora come in questa nuova ottica filosofica si strutturino quei problemi di natura gnoseologica che il primo Schelling aveva risolto nel quadro fichtiano. Assisteremo ad una ripresa dell'esperienza della Dottrina della scienza di Fichte, organizzata come filosofia o analisi di una delle polarità dell'Identità: I'io. La filosofia — afferma Schelling — ha il suo atto di nascita in una problematizzazione della coscienza comune. Qui la rappresentazione di un oggetto e l'oggetto medesimo appaiono indissolubiimente uniti. Questa unità fonda l'idea del mondo esterno. La coscienza comune non pone problemi filosofici. E solo un tipo di filosofia, queIla della riflessione, che costruisce un problema teorico di quello che nella coscienza comune è normale. La filosofia inizia quindi come riflessione dell'intelletto sul rapporto tra rappresentazione ed oggetto. La filosofia con la riflessione separa ciò che nella coscienza comune è unito. Dunque, se da una parte vengono pensati gli oggetti e dall'altra le rappresentazioni, nascono immediatamente alcuni problemi: occorre stabilire un rapporto tra gli oggetti e le rappresentazioni. Gli oggetti diventano le cause delle rappresentazioni che appaiono come effetti. Ma qual è il criterio che consente di stabilire che gli effetti-rappresentazioni sono adeguati alle cause-oggetti? E, più in generale, come è possibile che un soggetto abbia rappresentazioni di oggetti? In queste domande Schelling sintetizza la problematica della filosofia della conoscenza sino al kantismo compreso. La soluzione nel quadro della filosofia tedesca è data da Fichte. L'Io puro, la concezione della immaginazione produttiva, il rapporto tra il non-io (natura come posizione dell'Io) e l'Io, consente di risolvere il problema gnoseologico trasformandolo in un problema ontologico. Il mondo è il risultato dell'immaginazione produttiva. E la rappresentazione nell'Io coincide con l'oggetto, poiché la certezza della costituzione dell'oggetto è fondata sull'attività inconscia dell'Io. Ma — come sappiamo — per Schelling l'Io fichtiano è astratto. E uno scenario costituito con concetti filosofici. Ciò significa che permane un'opposizione tra il soggetto, l'io, e l'oggetto, la natura. L'unità è raggiunta solo nel discorso filosofico ma non ha un fondamento che sia nella realtà. Il problema è dunque mostrare come la certezza della nostra conoscenza derivi dalla struttura ontologica. Realtà e rappresentazione hanno la loro unità nella relazione ontologica esistente tra natura e io. Spinoza aveva mostrato che spirito e materia sono una cosa sola nella sostanza. Ma il suo oggettivismo, dopo Kant, non è più praticabile. Il riferimento più valido invece è a Leibniz, secondo cui «tutte le intuizioni, le percezioni, la successione delle rappresentazioni non possono sorgere che da un principio interno». Questo richiamo alla teoria dell'armonia prestabilita è molto importante perché mostra la strada di Schelling. Cerchiamo di rintracciarla. Uno dei risultati più interessanti della sua filosofia della natura era la conquista di una concezione dell'io come emergenza da un'unità originaria. Una filosofia della natura mostra che l'uomo è il punto in cui la natura giunge alla forma che consente la sua propria intelligibilità. L'io è questo punto di intelligibilità. E quindi questo il tipo di «io», di soggetto che abbiamo di fronte, non un vuoto concetto di io, ma una forma emergente dall'unità naturale. Ora che l'io ha mutato statuto, anche tutta l'analisi fichtiana dell'io assume fondazione e validità. L'analisi trascendentale, mettendo in luce gli elementi che costituiscono la soggettività, ritroverà gli stessi elementi che vengono messi in luce dall'analisi dell'altra polarità, la natura. La filosofia della natura giunge all'uomo, all'io, al linguaggio, come alla sua forma più elevata. La filosofia dell'io ritrova nell'analisi della propria produttività tutte le strutture che costituiscono la natura. L'armonia prestabilita di Leibniz diventa questo parallelismo tra strutture dell'io e strutture della natura. Vediamo in atto questo parallelismo riguardo alla categoria di finalità, essenziale per pensare i fenomeni di tipi biologico. Contrariamente al tipo di intelligibilità della fisica, nella biologia il collegamento tra le varie parti non avviene secondo una serie temporale pensata secondo il rapporto di causa-effetto. Le parti si impongono invece come relazioni necessarie al tutto. L'organismo organizza se stesso. L'idea di finalità è rappresentabile in un intelletto, ma il finalismo è oggettivo: una pianta, per esempio, non è un'unità logica, ma reale. L'idea di una finalità dell'organismo è nel soggetto ma deve essere rappresentata come esterna al soggetto, come inerente ad una realtà oggettiva. Ciò è possibile solo in quanto nell'io stesso si riproduce tutta la struttura della natura. La finalità, categoria di una scienza come la biologia, fonda questa scienza proprio in quanto è contemporaneamente soggettiva ed oggettiva. Essa si manifesta come soggettiva-oggettiva nell'analisi che noi facciamo della struttura della conoscenza perché, più in generale, soggetto e oggetto sono due polarità della stessa unità. L'opera più nota e più celebre di Schelling — il Sistema dell'idealismo trascendentale —  è un'analisi trascendentale che mostra non solo come il sapere sia la cosa  stessa prodotta dall'io (alla Fichte), ma come questa coincida con la cosa  che viene ritrovata nell'analisi della natura. La natura nell'uomo diviene oggetto a se stessa e così «si ha il completo ritorno della natura a se stessa ed appare evidente che la natura è originariamente identica a ciò che in noi si rivela come principio intelligente». L'analisi trascendentale del Sistema mostra come l'io, nell'intuizione, produca quell'oggetto che la riflessione astratta della filosofia gli fa ritrovare come opposto.    L'attività reale dell'io (la fichtiana immaginazione produttiva) non è consapevole di produrre l'oggetto, ma fonda la possibilità della conoscenza. Si stabilisce così: I) un piano di realtà che è l'oggetto costruito dall'immaginazione inconscia; 2) un piano di idealità che è processo concreto della conoscenza (il sapere); 3) un secondo piano di idealità più articolato che è la coscienza di tutto il processo. Fino a questo punto siamo ancora nel «sistema della scienza» di Fichte. Ma Schelling mette in atto il parallelismo tra la struttura dell'io che ha differenti livelli, dalla produttività inconscia alla autocoscienza filosofica, e la struttura della natura che fa emergere dal mondo inorganico all'inorganico, sino all'uom , forme sempre più organizzate di intelligenza. L'esito finale è l'emergenza della intelligenza come separata dalla materia: ritroviamo qui quella produttività inconscia di cui parla la filosofia. Il perisiero filosofico stesso ha una sua storia naturale che è il suo fondamento vivente. Tuttavia ogni sapere ed ogni discorso non può non riprodurre una situazione dicotomica: c'è un soggetto che parla di un oggetto. La riflessione (questo elemento con cui sorge la filosofia ponendo contemporaneamente il problema della propria critica) rinasce in forma di sapere compreso il sapere dell'Identità. La circolarità del tutto e l'Identità, di cui Io e natura appaiono le polarità, non è luogo d'accesso per il sapere che divide e analizza, cioe per il sapere di tipo scientifico. L'unica forma di sapere di questa Identità è l'intuizione intellettuale, di cui già Kant parlava nella Critica del giudizio a proposito dell'idea di finalità della natura.    Già da questa analisi emerge un oggetto che è tipico della filosofia: l'Identità, l'Assoluto,ciò in cui è tutto ciò che è. L'Assoluto sta all'intuizione intellettuale come la parte sta alla riflessione. La critica alla riflessione conduce quindi alla determinazione di un organo privilegiato di conoscenza, l'intuizione.    Questa è una struttura gnoseologica che va però ben al di là della fonte kantiana che abbiamo ricordato. Essa affonda le sue radici nella tipica tradizione del neoplatonismo, e, come la struttura neoplatonica dell'intuizione, conduce all'infinito e ne dà l'immagine intellettuale. Ma 1'intuizione non può produrre una sintesi di soggetto e oggetto, dato che l'intuizione non è l'Assoluto. Una sintesi finita di soggetto e oggetto, di conscio e inconscio, di spontaneità e di legge è invece data dall'arte, organo — dice Schelling — della filosofia. Il poeta produce in un oggetto ciò che il filosofo pensa nella forma del concetto.

 e) La trasformazione filosofica dell'estetica romantica

La filosofa dell'arte di Schelling struttura nell'organismo filosofico dell'Unità; Identità di reale e ideale, di inconscio e di conscio, una larga parte della esperienza della poesia e dell'estetica romantiche. Schelling fu compagno di studi di Holderlin al celebre Stiff di Tubingen. Dall'inizio del secolo fu in amicizia strettissima con il gruppo romantico di Jena, i due fratelli Schlegel, Tieck, Novalis. In forma episodica e frammentaria tutti, o quasi, i temi che entrano a formare l'estetica di Schelling esistono già in questa esperienza romantica. Ciò che il filosofo vi aggiunge è lo statuto teorico, il loro coordinamento sistematico. Il che ovviamente comporta una trasformazione dei concetti secondo una costanza e una coerenza motivabili in un modo più articolato.     L'estetica che aveva tentato una considerazione globale dell'arte era stata quella di Kant. Attraverso una analitica del bello, Kant aveva mostrato che l'arte, assimilabile al bello, è fonte di un piacere intellettuale e disinteressato. Era un'estetica capace di determinare una sfera artistica autonoma, irriducibile ad altre esperienze in quanto collegabile solo con la particolare esperienza del bello. L'estetica della Critica del giudizio  di Kant era certamente il livello teorico più elevato attraverso cui si poteva pensare la tradizione artistica, sino al neoclassico, considerata come oggetto dell'esperienza sensibile del bello. Ma l'arte romantica rappresentava proprio la rottura più radicale della connessione tra arte e bello. Il senso dell'arte si ritrova in dimensioni problematiche compietamente differenti: essa appartiene alla espressività del soggetto, diviene una forma di esistenza, è strumento di ricerca morale, assume la propria tradizione a problema. Tutta una serie di direzioni che non hanno più nulla a che vedere con il tema del bello. In Holderlin l'aspetto più devastante della crisi contemporanea è la disarmonia esistente tra l'uomo e la natura. Il tempo mitico, l'età in cui sensibilità e intelligenza coesistevano in una vita senza scissio ni, è quello dell'antica Grecia dove ogni cosa era densa del senso del divino. L'esperienza che può restaurare il valore perduto è quella dell'arte, poiché nella bellezza artistica si opera il ricongiungimento della vita finita dell'uomo con l'infinito e con la natura. Il linguaggio dell'arte è dunque il modo attraverso cui può realizzarsi l'ideale romantico di una vita che sia un'unità armonica con il tutto.     L'idea di poesia di Novalis è stata chiamata idealismo magico: la magia è il lavoro del poeta che traduce nell'espressività artistica, cioè nel regno dello spirito, la creatività originaria della natura.
Friedrich Schlegel, in uno scritto dello stesso anno in cui viene pubblicato il Sistema dell'idealismo trascendentale,  avvicina l'arte al linguaggio del mito in quanto l'arte simboleggia la realizzazione dell'infinito nell'oggetto estetico. Inizia con Schlegel l'opera di ripresa e di diffusione delle idee estetiche di Schelling. Ritroveremo tutti questi elementi che brevemente sono stati richiamati nell'estetica schellinghiana, articolati sistematicamente ai punti centrali della sua filosofia.    Abbiamo già veduto che l'intuizione intellettuale è la forma della conoscenza dell'oggetto filosofico per eccellenza, I'Assoluto, l'unità indifferenziata e sintetica. Ma l'intuizione intellettuale non può riprodurre in un oggetto l'unità dell'Assoluto: è un'esperienza eccezionale e privilegiata che non può nemmeno essere socializzata. L'intuizione intellettuale è senza comunicazione.    E invece l'attività artistica che può riprodurre in un oggetto —  l'oggetto estetico — l'unità originaria di soggetto e oggetto che è pre sente in ogni aspetto della natura. E il prodotto artistico è un elemento sociale: ed è quindi all'arte che spetta di simboleggiare nel mondo l'unità organica che, al di là di ogni apparenza, costituisce l'esistenza. E' quindi nell'arte che l'uomo, condizionato da ordini esteriori — quello della conoscenza parcellaria dell'intelletto, come quello della vita statuale — può trovare il simbolo dell'unità originaria, dell'unità metafisica cui appartiene nelle radici profonde la sua stessa esistenza.  Noi sappiamo che in ogni elemento della natura vi è un'unità di inconscio e di conscio. Ma a livello dell'esperienza umana le due polarità, intelligenza (conscio) e natura (inconscio) appaiono scisse, sono considerate come due opposti. Anzi, le filosofie di tipo intellettualistico hanno codificato questa opposizione, poiché hanno considerato da una parte l'uomo, l'io, e dalla parte opposta la natura. II poeta è colui che con la sua forma di espressione infrange questa situazione di separazione e di scissione. La poesia, nel fatto stesso di essere poesia, è la critica della riflessione. A livello della concettualizzazione filosofica ritroviamo dunque un'opposizione che è nella stessa dinamica culturale: la poesia romantica da una parte e il tipo di mentalità scientifica illuminista dall'altra.    Il poeta, teorizza Schelling, è il personaggio eccezionale, il genio, «oscura incognita potenza», che cerca di realizzare ciò che una energia inconscia gli trasmette. Egli agisce con quella libertà che è propria dell'inconscio produttivo della natura e in questo consiste la sua «poeticità». Ma il prodotto artistico è anche risultato di un lavoro consapevole, di uno stile e di una tecnica: ed è questo l'elemento conscio che interviene nella produzione estetica, l'«artisticità».    L'opera d'arte sintetizza dunque la libertà e la legge, la spontaneità e la tecnica, la natura e lo spirito, l'inconscio e il conscio. Essa, come prodotto così fatto, ricostituisce nel mondo umano quella sintesi originaria che è nella natura. Il prodotto artistico è quin-di una rappresentazione finita e sensibile dell'infinito. E questo il bello tipico dell'arte, la sua specificità, cioè la sua forma ideale, irriducibile alle forme sensibili del bello di natura. Il compito dell'arte non consiste nella imitazione della natura bella o nell'imitazione dei prodotti dell'arte greca, secondo i canoni estetici di Winckelmann e la pratica artistica del neo-classicismo.    Abbiamo quindi in Schelling una articolata definizione filosofica dell'arte che ne fissa una specificità, un'autonomia e una irriducibilità. L'individualità dell'artista, la libertà assoluta dell'espressione, la rappresentazione nell'arte di un valore infinito sono tutti elementi che costituiscono il perimetro essenziale di questa estetica filosofica. Questa affermazione di una assoluta autonomia dell'arte assumerà storicamente vari significati, tra i quali, quello prevalente, di una estraneità e spesso di una oppositività dell'arte al contesto sociaIe. Sarà un tema che, nella lunga storia del romanticismo e del neo-romanticismo, assumerà via via differenti significati ideologici.

f) Il finito, la caduta, il ritorno

Con il 1804, e soprattutto con l'opera Religione e Filosofia, si riconosce comunemente che la filosofia di Schelling mostra una accentuazione tematica nei confronti di quello che era già stato individuato come l'oggetto privilegiato della filosofia: l'Identità, l'Assoluto-Dio. Dio è l'identità di ideale e reale, di soggetto e oggetto; la costituzione del mondo è questo dipanarsi dell'Uno nella molteplicità naturale e infine nell'io. La filosofia tramite l'analisi trascendentale dell'io e la filosofia della natura ricostruisce il processo che va da Dio al molteplice all'io, ma l'oggetto privilegiato della filosofia è quell'Assoluto-Dio, che è solitamente oggetto della teologia. La teologia opera con Dio come l'intelletto opera con le parti dell'organismo: isola, divide Dio dalla sua processualità. La filosofia al contrario supera il limite del ragionamento teologico, ma ne sussume l'oggetto e ne dichiara possibile la conoscenza in forma sintetica. Ed è a questo punto che si viene accentuando quella che era già la scissione tra intelletto e ragione. L'attività dell'intelletto si sapeva che era parcellaria, che operava per divisioni, ma ciò sembrava un limite necessario. Ora l'opera dell'intelletto pare quasi irrazionale. L'intelletto stravolge quella ragione che è metafisicamente in noi come totalità adoperandola come uno strumento per operazioni mondane. L'errore filosofico appartiene a un evento storico: in questa critica è certamente simboleggiato il tipo di razionalismo illuminista: il tipo di intelligenza borghese. Ma l'errore storico dell'Illuminismo è frutto di una colpa più radicale: I'Illuminismo è una cultura che ha assunto la dimensione del finito come autosufficiente. La finitudine, dice Schelling — con un termine del platonismo —, è, rispetto all'Uno-Dio, la caduta: il finito è inscritto nell'infinito ma ne rappresenta anche il limite di decadenza, e quindi è in una relazione negativa nei confronti di Dio.    Tuttavia proprio al contrario della superbia dell'intelletto illuminista, dell'autosufficienza mondana dello spirito borghese, Schelling riproduce il classico tema neoplatonico dell'ascesa all'Uno. E nella vita morale, nell'esercizio di quella libertà che pure ci proviene da Dio, che noi possiamo proporci di fare ritorno al nostro luogo d'origine superando i vincoli del sensibile, del mondano.    La vita morale è quindi energia creativa che deve andare nella stessa direzione in cui è l'energia che la costituisce: Dio, l'Assoluto. E' una morale che rovescia tutti i termini dell'esperienza morale del kantismo. Dio non è un postulato che rende tollerabile all'uomo finito di intraprendere l'iter  della vita morale, ma è l'essenza stessa della morale. Non vi è alcuna contrapposizione tra felicità e virtù, tra sensibilità e dovere: queste sono opposizioni intellettualistiche che nascono dal non vedere nel Dio-Assoluto-Identità l'unità di materia e spirito, di natura e di Io. La morale come destinazione più profonda dell'uomo si configura quindi in questa rinascita della morale dell'ascesi neoplatonica. E il senso della morale si trasferisce, al di fuori di qualsiasi coordinata sociale, per seguire le regole di un destino teologico.

g) La critica all'illuminismo borghese e l'organicismo politico

Il pensiero  politico di Schelling si forma nel quadro della versione fichtiana dei temi della Rivoluzione francese: I'idealismo morale, l'attivismo del soggetto. Lo stato appare come un vincolo che impone obbligazioni esteriori rispetto alle quali la libertà dell'io ha il diritto di rivendicare la propria assolutezza e la propria irriducibilità.    Questo esordio individualistico di stile anarchico si tempera nel quadro di una concezione etica di tipo giuridico-cosmopolitico, di tradizione kantiana e illuminista, che viene considerata come il solo modo in cui il valore assoluto del soggetto può trovare una positiva forma di integrazione.    La vita morale trova il suo ambito in quell'imperativo che impone all'uomo di non decadere nell'esistenza fenomenica, nella passività. «Sii un essere capace di finalità autonome in grado di introdurre nuovi obbiettivi nel mondo»: questo è il senso dell'imperativo. Al «criticismo» teoretico, che si contrappone al dogmatismo, fa riscontro, nella morale, questo progetto spirituale di trasformazione del mondo.    Ogni progetto morale passa per il riconoscimento degli altri uomini come soggetti capaci di loro proprie finalità, ed è in questo incontro, in questo spazio intersoggettivo, che si costruisce concretamente la coscienza morale. Il passo successivo per la realizzazione del disegno etico, cioè per la reale trasformazione del mondo, è la costituzione, in questo piano di intersoggettività, di una forza ideale: il ricorso è al concetto roussoiano di volontà generale  come sintesi storica delle volontà morali individuali. E quindi una fondazione giuridica che realizza storicamente il progetto etico. Siamo in un quadro di rielaborazione idealistica dei temi roussoiani, molto vicina alla filosofia della storia di Kant, ma non alla sua filosofia del diritto. L'ideale politico è del resto quello della tradizione dell'ultimo Kant, quello del saggio Per la pace perpetua: una costituzione giuridica mondiale cui è affidata la salvaguardia della pace. Ed è questa la finalità del processo storico come realizzazione della ragione.    La storia è il luogo in cui possono avere realizzazione i progetti etici sul mondo. Ne dà la sicurezza la stessa concezione teorica della storia secondo cui essa è il punto d'incontro dei progetti e delle libertà di ognuno. Da questo intreccio si delinea un piano provvidenziale, «un sistema della provvidenza, cioè la religione nell'unico vero senso della parola». Questi temi illuministici presenti nel pensiero politico di Schelling appaiono però completamente in crisi già nei primi anni delI'Ottocento. A determinare questo deperimento convergono certamente una serie di fattori storicamente obbiettivi che inducono nella filosofia di Schelling un effetto ideologico derivato dai risultati conseguiti nella sua teoria della natura.  L'organicismo naturalistico diviene così organicismo politico. Gli elementi obbiettivi sono la valutazione negativa della Rivoluzione francese che, specie dopo l'ascesa napoleonica, viene interpretata dagli intellettuali tedeschi come un avvenimento politico prodotto da una cultura che ha in sé il germe della rinascita della tirannide. Inoltre la considerazione che lo stato di tradizione roussoiana, inteso come strumento di realizzazione universale dell'individuo, secondo l'idea che la legge armonizza le volontà libere, non supera la prova dell'esperienza. Lo stato al contrario appare come un organismo privo di spirito, esteriore, che disciplina il sistema degli egoismi. Sotto la sua falsa universalità regna nella società iI criterio dell'utile e del vantaggio materiale. Sono temi abbastanza comuni di critica del costume sociale borghese che si ritrovano nell'opera di Schelling. In questo quadro la contrapposizione epistemologica tra la filosofia della riflessione, tipica della mentalità illuministica, e la filosofia che assume come criterio della verità la riconduzione di ogni elemento all'Unità-Identità, assume l'aspetto di una divaricazione radicale e definitiva. Scienza meccanicista, mondo dell'utile, falsa universalità,vuoto cosmopolitismo sono gli elementi centrali della cultura illuministica che trovano la loro opposizione nell'idea che la sola integrazione etica dell'individuo può avvenire in un organismo naturale e spirituale come lo stato nazionale, e che la vera storia della ragione è nella storia della «scienza tedesca»: da Keplero a Leibniz. La filosofia della natura ha insegnato che il concreto, il reale non è ciò che appare nella scienza matematizzata dalla natura, come lo spirito non appartiene alla teoria filosofica dell'io ma alla forma vivente della natura. Reale è solo l'organismo in cui la materia è organizzata secondo un'intelligenza. E' nell'organismo che ogni parte viene integrata in una totalità e resa partecipe di un tutto. E' questo repertorio a consentire che la crisi degli ideali politici dell'Illuminismo trovi in Schelling un episodio positivo: non nello stato della legge e dell'amministrazione l'uomo poteva trovare la sua universalizzazione, ma nello stato che sia già naturalmente un organismo etico, storico, culturale. Quindi in uno stato che abbia le sue radici in una tradizione linguistica e culturale. Allo stato borghese Schelling contrappone lo stato romantico e nazionale. Tutta la sua critica ideologica e idealistica della civiltà borghese è agita secondo questa alternativa. Ovviamente Schelling recepisce le circostanze storiche, l'atteggiamento anti-napoleonico, l'ondata nazionalistica, ma, come s'è veduto, nel caso della sua vicenda intellettuale agisce l'estrapolazione in campo etico-politico del modello di organismo elaborato nella filosofia naturale. Solo in uno stato che è già un organismo vivente è possibile ottenere per l'individuo una realizzazione sociale piena, tale che non umili le risorse espressive del singolo in una falsa universalità.
Negli anni successivi Schelling approfondirà ulteriormente il problema dell~integrazione dell'individuo in entità organiche intersoggettive. E lo stato, ogni stato, gli sembrerà un tentativo parziale e insufficiente per risolvere il problema. Solo in una Chiesa che non imiti — come invece è storicamente accaduto — le forme di organizzazione intersoggettiva esteriori proprie dello Stato, è possibile trovare un legame sociale che valorizzi dell'uomo la sua relazione più profonda con l'Assoluto e con Dio. La Chiesa possiede nella rivelazione lo strumento spirituale per costituire il vincolo organico della comunità, un vincolo che passa per le ragioni più profonde dell'esistenza di ognuno. Ma, con questo Schelling, siamo ormai a contatto con quei temi che vedranno nelle sue ultime riflessioni il prevalere di interessi teologici e apologetici nei confronti della religione cristiana.

 

Fonte: http://www.adripetra.com/DidatticaDispense/TerzoTr/Filosofia/Shelling.doc

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