Estetica

 

 

 

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L’ESTETICA.

 

Il termine estetica deriva dal termine greco άίσqεσίς àisthesis= sensazione, percezione sensoriale. Il termine estetica nasce nel 1735 (ma la discussione filosofica esisteva già prima) ad opera di un filosofo tedesco chiamato Baumgarten, che lo utilizza per la prima volta nella sua tesi di laurea (“meditazioni filosofiche intorno alla poesia”) e poi nel 1750 scriverà un’opera in ambito della filosofia dell’arte chiamata “aesthetica”.
L’estetica significa….
Significato 1.  discorso intorno alle sensazioni, i cinque sensi, l’apparato percettivo, la psicologia della percezione…. e l’ambito più tecnico e vicino al significato etimologico della parola. Il termine tecnico per il settore della filosofia che se ne occupa è gnoseologia inferior (gnoseologia inferiore), il termine gnoseologia  deriva da gnosis= conoscenza e logia= logos, pensiero e ragionamento, quindi riflessione sulla conoscenza. Il termine inferior si riferisce all’ambito di questa conoscenza. La conoscenza sensoriale e il primo grado della conoscenza e per questo è detta inferior.
Significato 2. discorso intorno ai sentimenti di piacere/dolore e attrazione/repulsione, è fortemente legato al primo significato e all’impatto percettivo.
Significato 3. discorso filosofico intorno al problema del gusto (degustibus) cioè delle preferenze
Significato 4. discorso filosofico intorno al concetto di bellezza e del bello. Esiste una bellezza oggettiva? Come si trova? Tutto è relativo? O no? E i criteri del bello? Questi sono alcuni problemi legati alla bellezza.
Significato 5. Baumgarten intendeva soprattutto questo significato (Kant invece il primo) :discorso filosofico intorno alla natura dell’arte, al concetto dell’arte nelle sue varie accezioni (=sfumature di significato). Esistono tre accezioni classiche:  una è il concetto latino di ars, artis cioè arte e attività artigianale; due invece sono i concetti greci di τέχνη téchne da cui il nostro tecnica ovvero l’abilità pratica, e ποίησίς poiesis (da cui poesie) ovvero la produzione e la capacità produttiva dell’artista.
Significato 6. discorso filosofico intorno alla φίλία philia, ovvero l’amicizia come legame prediligiato e profondo tra due persone senza un piano attrattivo. Di amicizia ci parla Hume che la definisce superiore all’amore poiché quest’ultimo è variabile; e al concetto di έρως eros.
Significato 7. discorso filosofico intorno al concetto di άρετη areté, l’eccellenza, la capacità di un uomo di eccellere in qualcosa compiendo un certo atto in maniera ottimale. L’idea di tendere alla perfezione è legata anche all’arte. Questo significato di solito si ritiene appartenente all’etica poiché si ritiene areté legata alla virtù. Secondo i greci esistevano vari tipi di areté (areté sportiva, da cui derivano le olimpiadi, areté artistica, da cui gare tra pittori e tragediografi (areté poietica) tra cui un tipo di maggiore importanza ovvero l’ήqίκή ethiké areté ovvero l’eccellenza morale, il sapersi comportare in maniera eccellente. Quando i latini tradussero questa parola la trascrissero come virtus, ovvero virtù (vir=uomo quindi il significato era “sei un vero uomo”), un concetto che nel tempo venne poi associato alla capacità di una donna di proteggere la sua castità, facendo perdere il senso d’eccellenza della areté.
I sette ambiti sono tra loro intrecciati gli uni agli altri.
La storia dell’estetica comprende sia le teorie filosofiche esplicite dei filosofi sull’arte che quelle degli artisti, infatti molti artisti hanno amato la filosofia, e comprende infine anche le teorie implicite ovvero quelle contenute nelle opere d’arte stesse. Queste non sono esplicite a meno che non siano accompagnate da una trattazione dello stesso autore.
L’estetica è legata alla soggettività e quindi sarebbe assurdo cercare una teoria oggettiva o scientifica.


LE ARTI:

  • Poesia (che prevede non solo i componimenti inversi ma anche la prosa e la scrittura teatrale e cinematografica) è un’arte che ha a che fare con il linguaggio (anche la lirica delle canzoni e poesie)

}

 Musica, l’arte del suono e del rumore
  • Danza, l’arte del movimento
  • Architettura, arte primigenia
  • Scultura                                          arti visive figurative
  • Pittura
  • _____________________ Arti tradizionali

}

 Fotografia (nata agli inizi del ‘800)
  • Cinematografia (nata alla fine del ‘800)
  • Moda
  • Decorazione             Vengono considerati campi artistici
  • Arredamento

Concetti come arte, artigianato, abilità ecc. hanno ampiezze variabili e molti significati, i discorsi sull’estetica e sulle arti non hanno portato ad ipotesi certe.
Va bene la vaghezza ma bisogna muoversi con passi chiari.

 


IMMANUEL KANT

Immanuel Kant nacque a Königsberg, nella Prussia orientale, nel 1724, figlio di un sellaio. Ricevette una educazione rigida, morale e religiosa. Seguì poi studi universitari di matematica, filosofia e teologia. Conseguito il dottorato iniziò a tenere corsi di logica, fisica, matematica, metafisica ed etica.
La vita di Kant fu priva di avvenimenti sconvolgenti, dedicata interamente alle attività intellettive, a cui fece cornice uno stile di vita regolare ed abitudinario. La sua giornata cominciava alle cinque, subito dedicata al lavoro, e continuava con la colazione insieme agli amici (in prevalenza filosofi), poi una passeggiata, il riposo alle dieci... Non lasciò mai la sua città natale, neanche dopo la chiamata dell'università di Halle che gli offriva uno stipendio più alto, un maggior numero di studenti e di conseguenza anche maggior prestigio. Era convinto che Königsberg fosse il posto ideale per i suoi studi.
Morì nel 1804 colpito dal morbo di Alzheimer. Sulla sua lapide vi è una frase che sintetizza il senso profondo della sua filosofia:
"Due cose in vita mi furono sommamente care: il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me."

Le opere:

  • Critica della ragion pura (1781)
  • Critica della ragion pratica (1788)
  • Critica del giudizio (1790)

La teoria dell’arte è descritta nell’ultima opera ma per capirla bisogna prendere in considerazione le prime due.

Critica della ragion pura

Cominciò al lavorare a quest’opera nel 1770. qui si chiede quali siano i limiti della conoscenza umana, si occupa di gnoseologia o epistemologia (episteme = verità). Kant si pone tre domande:

  1. Come si struttura la facoltà conoscitiva dell’uomo? (ovvero com’è che conosciamo?)
  2. All’uomo cosa è dato conoscere in modo del tutto certo e scientifico del mondo?
  3. Ammettendo che si conosca qualcosa di certo, qual è il metodo per apprendere questa certezza?

Nell’opera Kant giunge ad una serie di conclusioni storiche:

  1. All’uomo è dato di conoscere qualcosa di oggettivamente certo, ma tutte le sue certezze riguardano solo ciò che appare e si manifesta attraverso l’esperienza. Per Kant ciò che appare è chiamato il fenomeno (dal greco manifestarsi) o il per Noi (con noi inteso come umanità. Kant dice che la conoscenza certa riguarda il fenomeno, ovvero come sembra il mondo. Kant non è l primo a porsi il problema se ciò che appare realmente è, secondo lui l’unica conoscenza certa non comprende la vera essenza del mondo ovvero il noumeno (da nous = ciò che è realmente pensato) o l’in Sé.
  2. Le scienze matematiche e quelle naturali sono i metodi attraverso cui ottengo questa conoscenza certa e universalmente valida sul fenomeno.
  3. La filosofia dovrebbe lambire a ciò che sta oltre all’apparenza ovvero alla metafisica. La metafisica quindi si propone di essere una scienza capace di risolvere le tre grandi questioni (anima, mondo, Dio) ma, fallisce in questa sua ambizione.

 

L’opera è divisa in tre sezioni:

  • L’estetica trascendentale
  • L’analitica trascendentale, qui parla di gnoseologia superior, ovvero come l’intelletto giudichi intorno alle nostre percezioni
  • La dialettica trascendentale, analizzando i tentativi (fallimentosi) della metafisica per scoprire il noumeno.

L’estetica trascendentale.


Qui estetica è inteso nel suo senso più tecnico, etimologico (àisthesis, percezione) e quindi si parla di gnoseologia inferior. (Le teorie riguardanti l’estetica intesa come 5° significato si trovano nella critica del giudizio). E trascendentale perché riguarda le forme a priori della struttura percettiva umana.
In questa parte dell’opera arriva a 3 tesi:

  1. Il contenuto della nostra conoscenza deriva dalla percezione, dalla esperienza. Con questo si nota che Kant è seguace dell’empirismo inglese. L’apparenza però deriva dal noumeno, infatti dal noumeno ci giungono dei messaggi, dati grezzi, che vengono filtrati dai nostri cinque sensi e dalla sensibilità [ovvero la facoltà del Soggetto (=umanità) addetta alla percezione], che sono ciò che sta alla base del fenomeno.
  2. I dati acquisiti, ovvero le sensazioni, costituiscono la base del fenomeno.


Se non ci fosse fuori qualcosa non vedere nulla poiché il contenuto deriva da fuori.
3.a. Tutto ciò che il Soggetto percepisce e può in linea di principio percepire ha una dimensione spaziale e temporale. Ovvero ha uno spazio ed un tempo poiché Noi non possiamo percepire qualcosa di infinito.
3.b. Al contrario di Newton che diceva che spazio e tempo sono dimensioni del mondo, Kant dice che spazio e tempo non sono dimensioni del mondo ma modi di percepire il mondo da parte del Soggetto. Non possiaMo conoscere nulla che non abbia uno spazio ed un tempo.
3.c. Dunque non è il mondo ad avere uno spazio e un tempo (Isaac Newton) è il Soggetto che attribuisce uno spazio e un tempo ai dati grezzi, poiché solo all’interno di queste due dimensioni il soggetto può percepire.
3.d. Spazio e tempo appartengono alla struttura immutabile/a priori/trascendentale del Soggetto, non siamo solo noi ad attribuire lo spazio e tempo ma tutti gli esseri umani di tutti i tempi. Spazio e tempo appartengono alle forme trascendentali della sensibilità.


Critica della ragion pratica

Qui si pone una serie di problemi riguardo la sfera etica o morale, la ragion pratica appunto.
Come è giusto comportarsi? Cosa è giusto e cosa è sbagliato? Cosa significa agire secondo giustizia anziché compiere un’ingiustizia? Sulla base di quali criteri si regola il mio comportamento?
L’anima si divide in una facoltà preposta alla conoscenza, la ragion pura e una all’agire e dalla conoscenza su cosa è giusto fare, la ragion pratica.
In quest’opera giunge ad una serie di conclusioni:

  1. Se Noi osserviamo dentro di Noi, vediamo che, nell’essere umano sano, esiste una voce della coscienza etica, un qualcosa che tende a dire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Questa voce non deriva dall’esperienza ma è qualcosa di metafisico e trascendentale che parla allo stesso modo a tutti gli uomini.
  2. Questa voce della coscienza etica si esprime nella forma di un imperativo categorico ovvero “tu devi”
  3. Esso impone che si compia dentro di Noi una scelta, ovvero la scelta etica tra il bene (in accordo con l’imperativo categorico) o il male (in disaccordo con l’imperativo categorico).
  4. Che cosa dunque mi dice l’imperativo categorico? Il “Tu devi” non ci dice cosa fare, ma ci dà dei criteri di comportamento esprimendosi in tre formule:

I. “Agisci unicamente secondo quella massima in forza della quale tu puoi volere allo stesso tempo che essa divenga una legge universale”  (volgarmente detta: non fare agli altri quello che non vorresti sia fatto a te)
II. “Agisci in modo da trattare l’umanità, tanto nella tua persona come nella persona di ogni altro, sempre nello stesso tempo come un fine e mai unicamente come un mezzo” quindi la cosa sbagliata non è usare una persona ma trattarla SOLO come mezzo per raggiungere uno scopo, ovvero trattarla come un oggetto.
Prima di agire chiediti “quello che faccio è in coerenza con la prima formula? O con la seconda?” se no, cerca un altro metodo.

  1. La facoltà pratica riesce a squarciare il fenomeno e guardare il noumeno che diventa conoscibile non attraverso la scienza ma attraverso l’intuizione e la ragionevolezza.

Tra le conclusioni Kant giunge a dire che il mondo è liberta e esiste Dio. Difatti se esiste un imperativo categorico vuol dire che esiste la scelta, se esiste la scelta esiste la libertà, se esiste la libertà questo è il luogo della libertà quindi il mondo è il luogo della libertà ed il mondo (che fa parte le noumeno) è libertà.
Se esiste una scelta esistono due strade da prendere, quindi due direzioni, e se vi sono due dimensioni esistono due ipotetici punti d’arrivo e seguendo l’imperativo categorico, ovvero il bene il punto d’arrivo è il sommo bene, Dio, e quindi Dio esiste. 

 

Fonte: http://mirwen.altervista.org/file/appunti/L_estetica.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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