Fisiologia del sistema cardiocircolatorio

 

 

 

Fisiologia del sistema cardiocircolatorio

 

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Fisiologia del sistema cardiocircolatorio

 

Fisiologia del Sistema Cardiocircolatorio
Introduzione
Il sistema cardiocircolatorio verrà trattato dal punto di vista funzionale, non verrà approfondito invece il suo aspetto anatomico, che esula dagli obiettivi di questi appunti. In questo paragrafo verranno trattate a grandi linee le caratteristiche principali del sistema circolatorio, che poi man mano verranno approfondite.
Gli scopi del sistema circolatorio sono essenzialmente:
- l'apporto di ossigeno O2* tramite diffusione - l'apporto di sostanze nutritizie tramite pressione osmotica e/o oncotica - l'apporto di principi attivi tramite pressione osmotica e/o oncotica
- la distribuzione di metaboliti tramite pressione osmotica e/o oncotica - la distribuzione del calore corporeo tramite termoconduzione
- la rimozione di anidride carbonica CO2** tramite diffusione - la rimozione di prodotti di scarto vari tramite pressione osmotica e/o oncotica
Diffusione: processo grazie al quale i gas tendono ad annullare eventuali differenze di concentrazione, è descritta, tra le altre, dalle leggi di Henry e di Graham. Pressione osmotica: forza idrostatica che deve essere applicata affinché venga impedito il movimento da un compartimento ad un altro, separati da una membrana semipermeabile. Termoconduzione: trasmissione del calore per contatto.
(*) L'ossigeno O2 va difficilmente in soluzione nel sangue, il suo trasporto quindi è reso più semplice dalla emoglobina, una molecola situata all'interno dei globuli rossi, che lega a sè l'O2 e lo trasporta.
(**) L'anidride carbonica CO2 solitamente non si trova isolata, ma tramite l'enzima anidrasi carbonica si lega con l'acqua H2O per formare l'acido carbonico H2CO3. Successivamente l'acido carbonico, che è un acido debole, si dissocia parzialmente in ione bicarbonato HCO3- e ione H+: segue quindi che la concentrazione di H+ (e quindi il PH del sangue) è proporzionale alla concentrazione di CO2. L' HCO3- si combina con lo ione Na+ per formare bicarbonato di sodio NaHCO3. Per soddisfare gli scopi, il sistema circolatorio ha le seguenti possibilità:
- sistemi di trasporto del gas, usati per portare O2 e rimuovere C02 - sistemi di scambio sangue-aria (alveoli polmonari), usati per arricchire il sangue di O2 - sistemi di scambio sangue-tessuti (capillari) - sistemi di trasporto controcorrente, usati per la termoconduzione
Per sfruttare appieno le precedenti possibilità il sistema circolatorio deve tener conto delle seguenti esigenze...:
- per svolgere così varie azioni c'è bisogno di un mezzo di trasporto complesso, il sangue - la grande massa corporea richiede una rete di distribuzione ampia ed articolata, costituita quindi da un grande circolo, un piccolo circolo (polmonare) e un microcircolo capillare - la rete di distribuzione necessita di una pompa, il cuore
... tener conto di alcuni criteri di priorità...:
- è necessario soddisfare diversi distretti corporei soggetti a diversi tipi di lavoro meccanico (es: muscoli scheletrici e muscolo cardiaco), metabolico (es; cute, cervello) e con diverse riserve ischemiche (es: cuore, cervello)
... e infine rispettare alcuni elementari principi di economia:
- è d'obbligo utilizzare il minor volume possibile di sangue - è d'obbligo favorire i tessuti in attività senza però tralasciare quelli a riposo - deve essere possibile in determinate situazioni assicurare una erogazione massimale
Il cuore
Il cuore è essenzialmente una pompa premente. Il suo compito infatti è quello di pompare il sangue nell'aorta e quindi di far funzionare l'intera rete dei vasi. E' costituito da muscoli striati, che per contrarsi hanno bisogno di potenziali d'azione. A differenza di tutti gli altri muscoli striati del corpo però essi non rispondono a stimoli volontari, ma sono capaci di generare autonomamente i potenziali d'azione che servono a far battere il cuore.
La capacità di generare autonomamente i potenziali d'azione non risiede in una particolare zona del cuore: è una caratteristica propria di ogni sua parte. Diverse parti però possiedono diverse frequenze di auto-eccitamento: per esempio nell'essere umano il tessuto degli atri si contrae mediamente 70 volte/min, il tessuto dei ventricoli 40 volte/min.
Poichè se il potenziale d'azione si sviluppasse di volta in volta in zone diverse il cuore non avrebbe un battito costante* c'è bisogno che una delle diverse frequenze "comandi" sulle altre. La frequenza che inibisce le altre e si propaga su tutto il tessuto cardiaco nasce dal nodo seno-atriale, che quindi viene considerato il generatore primario del battito cardiaco. Esso è costituito da tessuto muscolare striato pallido (quindi con poca mioglobina), o tessuto miocardico specifico. (il resto del tessuto cardiaco viene detto tessuto miocardico comune).
(*) Si intende un battito costante in condizioni stazionarie. Al variare delle condizioni in cui ci si trova il battito cardiaco varia, ma ciò è dovuto ad altri meccanismi.
I potenziali d'azione generati dal nodo seno-atriale possono propagarsi su tutta la membrana del cuore attraverso i desmosomi o tight junctions, ossia addensamenti di matrice interstiziale che permettono il passaggio del potenziale d'azione da una cellula muscolare all'altra. Bisogna infatti ricordare che il cuore non possiede nervi, e non ci sono quindi sinapsi che trasportano i potenziali d'azione.
Un impedimento alla migrazione dei potenziali d'azione è costituito dallo scheletro cardiaco, costituito da tessuto connettivo fibroso. Ricordiamo che lo scheletro cardiaco è una lamina sulla quale si inseriscono le due valvole atrio-ventricolari, la valvola aortica e la valvola polmonare. I potenziali d'azione vengono trasportati attraverso lo scheletro cardiaco per mezzo del fascio di His, che prende origine dal nodo di Ashoff-Tawara, che è situato tra atrî e ventricoli, ed è in comunicazione con il nodo seno-atriale. Le diramazioni terminali del fascio di His sono dette fasci di Purkinje.
Il nodo seno-atriale produce periodicamente potenziali d'azione. Essi, nella fase iniziale, sono identici ai potenziali d'azione che abbiamo già trattato; dopo la fase di iperpolarizzazione però non tornano sul valore di -70 mV, ma risalgono nuovamente fino al valore soglia, da dove parte un nuovo potenziale. Essi sono poi più lunghi dei potenziali d'azione normali: durano circa 200 millisecondi.
La parte di grafico che va da -70 a alla soglia viene detto pre-potenziale. Esso può essere più o meno ripido: più è ripido prima giunge al valore soglia. E' proprio dalla sua pendenza che dipende la frequenza dei battiti cardiaci (fig.1). Questo effetto è detto cronotropo (vedi più avanti).
Propagandosi dal miocardio specifico al miocardio comune il grafico del potenziale subisce delle graduali modifiche, e giunge al miocardio comune sotto questa forma:
Quando arriva il potenziale d'azione la ddp passa quasi istantaneamente da -70 a +20 (picco), poi si mantiene per circa 300 msec su valori costanti di 0 mV (periodo di plateau), infine ritorna quasi istantaneamente a -70 mV (fig. 2)
L'elettrocardiogramma - L'elettrocardiogramma è una registrazione del potenziale d'azione risultante del cuore, somma dei singoli potenziali d'azione di ogni fibra. Consideriamo un preparato anatomico costituito da tessuto cardiaco, e un elettrodo posto esternamente abbastanza vicino ad esso, in modo che possa rilevare i cambiamenti causati dai potenziali d'azione sulla membrana esterna.
- Quando non ci sono potenziali d'azione l'elettrodo segna una linea costante (fig.1).
- Quando il potenziale d'azione (che si manifesta con una inversione del potenziale di membrana) si avvicina l'elettrodo segna una linea obliqua verso l'alto (fig. 2 - cariche negative in avvicinamento). Si tratta di una convenzione: sarebbe possibile far segnare all'elettrodo una linea obliqua verso il basso.
- Successivamente, quando le cariche sono totalmente invertite sulla membrana, l'elettrodo segna di nuovo una linea retta costante (fig. 3).
- Poi si ha la ri-inversione delle cariche, e l'elettrodo segna una linea obliqua verso l'alto (fig. 4 - cariche positive che si allontanano*).
- Come ultimo passaggio (fig. 5) l'elettrodo segna nuovamente una linea orizzontale, e si torna così alla figura 1.
(*) Nel tessuto cardiaco le ultime fibre che hanno subito l'inversione di segno (depolarizzazione) sono le prime, e non le ultime come accade negli altri tessuti muscolari, a ri-polarizzarsi. Ciò fa sì che l'elettrodo rilevi una presenza di cariche positive il allontanamento, e non in avvicinamento.
La propagazione del potenziale d'azione cardiaco
Consideriamo ora in maniera più approfondita come si propaga il potenziale d'azione, dal nodo seno-atriale ai ventricoli. Consideriamo un elettrodo posto esternamente al cuore.
1 - Il cuore è schematizzato, vediamo atri, ventricoli, nodo senoatriale e fascio di His (fig. 1).
2 - Il potenziale d'azione, indicato dalle frecce, inizia a propagarsi. Grafico: una linea retta poiché la "perturbazione" non è ancora ricevibile dall'elettrodo posto esternamente (fig. 2).
3 - Il potenziale d'azione sta eccitando gli atrî, il potenziale risultante è descritto dall'unica freccia della figura. L'elettrodo registra una "cunetta": l'onda P (fig. 3).
4 - Il potenziale d'azione viaggia lungo il fascio di His, per raggiungere i ventricoli. L'elettrodo registra una linea retta, detta isoelettrica falsa, come se non ci fossero potenziali d'azione. E' detta falsa poiché i potenziali d'azione ci sono, ma non sono rilevabili (fig. 4).
5 - Il potenziale d'azione eccita una prima parte dei ventricoli. E' indicato il vettore risultante. Grafico: linea obliqua verso il basso, detta onda Q (fig. 5).
6 - Il potenziale d'azione eccita una seconda parte dei ventricoli. E' indicato il vettore risultante. Grafico: linea obliqua verso l'alto, onda R (fig. 6).
7 - Il potenziale d'azione eccita la terza ed ultima parte dei ventricoli. E' indicato il vettore risultante. Grafico: linea obliqua verso il basso, seguita da una più piccola linea obliqua verso l'alto, che si riporta al livello della linea orizzontale di partenza, onda S (fig. 7).
8 - Tutto il cuore è stato depolarizzato dal potenziale d'azione originatesi dal nodo seno-atriale. Grafico: l'elettrodo segna una linea orizzontale, detta isoelettrica vera, poiché in effetti in questo momento non ci sono potenziali d'azione in nessuna parte del cuore (fig. 8).
9 - La ripolarizzazione dei ventricoli avviene in modo disordinato. In figura viene indicato il vettore risultante. Grafico: una "cunetta", onda T (fig. 9).
Riassunto punti precedenti: onda/e cuore
P depolarizzazione atriale Q,R,S ripolarizzazione atriale Q,R,S depolarizzazione ventricolare (sistole) T ripolarizzazione ventricolare (diastole)
L'elettrodo misura il risultato totale dei singoli potenziali. I due grafici uno sotto l'altro mettono in evidenza i rapporti che intercorrono tra la curva risultante misurata dall'elettrodo e le singole curve di potenziale di una singola fibra.
Riassunto punti precedenti: onda/e cuore
P depolarizzazione atriale Q,R,S ripolarizzazione atriale Q,R,S depolarizzazione ventricolare (sistole) T ripolarizzazione ventricolare (diastole)
L'elettrodo misura il risultato totale dei singoli potenziali. I due grafici uno sotto l'altro mettono in evidenza i rapporti che intercorrono tra la curva risultante misurata dall'elettrodo e le singole curve di potenziale di una singola fibra.
Riassunto punti precedenti: onda/e cuore
P depolarizzazione atriale Q,R,S ripolarizzazione atriale Q,R,S depolarizzazione ventricolare (sistole) T ripolarizzazione ventricolare (diastole)
L'elettrodo misura il risultato totale dei singoli potenziali. I due grafici uno sotto l'altro mettono in evidenza i rapporti che intercorrono tra la curva risultante misurata dall'elettrodo e le singole curve di potenziale di una singola fibra.
Le regolazioni estrinseche
Il sistema nervoso vegetativo ortosimpatico, che ha i suoi neuroni di partenza sistemati lungo la parte toracica del midollo spinale, è capace di modificare l'attività cardiaca attraverso i suoi collegamenti nervosi che giungono principalmente al tessuto miocardico specifico, e attraverso i collegamenti nervosi con le ghiandole surrenali, che stimolate rilasciano ormoni (adrenalina) che agiscono sul cuore più lentamente degli impulsi ma in modo più duraturo. I principali effetti (che sono eccitatori o positivi) dell'azione dell'ortosimpatico, che richiedono ognuno particolari recettori sul tessuto cardiaco, sono:
- l'effetto inotropo positivo: agisce sul tessuto miocradico comune: a parità di volume di sangue viene fatta aumentare la forza di contrazione (o inotropismo) del cuore.
- l'effetto cronotropo positivo: rendendo più "ripido" il pre-potenziale viene aumentata la frequenza cardiaca.
- l'effetto batmotropo positivo: rendendo più alta* (da -50 a -60 mV, per esempio) la soglia di eccitazione del tessuto cardiaco si aumenta l'eccitabilità del cuore. Come conseguenza si ha l'effetto dromotropo positivo, ossia l'aumento della velocità di conduzione dei potenziali d'azione (infatti si raggiunge più facilmente al valore soglia)
(*) più alta si intende in senso assoluto, considerando infatti il segno (-) -60 è più basso di -50.
Il sistema nervoso vegetativo parasimpatico, è capace di modificare l'attività cardiaca attraverso i suoi collegamenti nervosi (nervo vago) che giungono principalmente al tessuto miocardico specifico, e in particolare al nodo seno-atriale.
Poichè il parasimpatico è antagonista del simpatico, esso originerà effetti inibenti (negativi). L'effetto maggiore che il parasimpatico ha sul cuore è un effetto cronotropo negativo, a cui si possono aggiungere un effetto batmotropo negativo ed uno dromotropo negativo, ma di minor entità. Il parasimpatico non crea un effetto inotropo, poiché non innerva il tessuto miocardico comune, ma solo quello specifico.
Considerando la definizione di riflesso: "atto motorio involontario conseguente ad uno stimolo adeguato", possiamo considerare le modificazioni della attività cardiaca come dei riflessi. Un riflesso cardiaco è costituito quindi da:
- vie efferenti orto- e para-simpatiche che vanno dal bulbo al cuore: per la precisione dal bulbo prendono origine sia vie parasimpatiche (il parasimpatico è localizzato nel bulbo e nel midollo sacrale), sia altre vie che raggiungono il midollo spinale toracico, dal quale partono verso il cuore le vie orto-simpatiche vere (l'orto-simpatico è localizzato nel midollo spinale toracico).
- cuore, organo bersaglio o effettore dei comandi ricevuti dal bulbo, e poi - barocettori, che rilevano la pressione - vie afferenti che portano al bulbo le informazioni dalla periferia dei vasi.
I recettori e le vie afferenti
La pressione sanguigna può essere considerata il parametro principale del sistema cardio circolatorio. La pressione arteriosa, in particolare, deve poter essere mantenuta costante, aumentata o diminuita a seconda delle diverse esigenze dell'organismo. I principali "sensori" che controllano la pressione nelle arterie sono situati nell'arco aortico e alla biforcazione tra carotide esterna ed interna (non sono presenti nel cuore). Vengono chiamati barocettori, rilevatori di pressione, anche se in realtà rilevano lo stiramento della parete elastica delle arterie, conseguente (e proporzionale) alla pressione del sangue nelle arterie stesse.
Le informazioni dai barocettori raggiungono il bulbo, che ovviamente riceve molte altre informazioni da tutto il corpo. Dopo aver valutato tutte le informazioni in suo possesso il bulbo modifica in modo appropriato il comportamento del cuore, attraverso il sistema vegetativo orto e parasimpatico (meccanismi sopra visti).
I capillari
Lo scambio di gas e di sostanze tra il sangue ed i tessuti avviene tramite i capillari, ed è facilitato sia dal notevole valore risultante dalla somma di tutti i loro diametri, sia dalla ridotta velocità del sangue. Tutti gli organi del corpo umano sono irrorati, tranne gli epitelî di rivestimento, la cornea e il cristallino dell'occhio e le cartilagini completamente sviluppate.
La parete dei capillari è costituita da uno strato di cellule endoteliali e da una lamina basale. In alcuni organi, per esempio nell'encefalo, si trovano intorno alla parete dei capillari, alcune cellule contrattili che possono agire sui capillari stessi. Queste cellule sono dette periciti.
Le cellule endoteliali sono generalmente disposte una accanto all'altra. Lo scambio di sostanze avviene in entrambe le direzioni, attraverso le cellule (scambio transcellulare) oppure fra le cellule (scambio intercellulare). I capillari di vari organi possono presentare differenze tra loro. Di seguito vengono descritti tre importanti tipi di capillari.
- capillari con cellule endoteliali senza fenestrature - (muscoli, encefalo, polmoni), gli scambi sono di norma transcellulari e avvengono tramite pinocitosi
- capillari con cellule endoteliali con fenestrature - negli organi nei quali lo scambio di sostanze è notevole (anse intestinali, ghiandole endocrine) le cellule endoteliali si presentano in molti punti così assottigliate da formare delle fenestrature, probabilmente causate da una eccessiva attività di pinocitosi.
- capillari con cellule endoteliali che presentano spazi intercellulari - nei capillari sinusoidi del fegato e dei glomeruli renali esistono degli spazi tra una cellula e l'altra, in modo che le molecole dalle dimensioni adatte possono passare direttamente nei tessuti circostanti.
Il funzionamento dei capillari: l'ipotesi di Starling
Si può schematizzare il sistema arterìola - capillare - venula con una "U " (vedi figura 1). In un sistema di tal genere alcune sostanze escono e diffondono negli interstizi tessutali. Altre sostanze invece entrano nel capillare per essere drenate verso le vene. Il meccanismo con cui avvengono questi movimenti è spiegabile mediante diverse ipotesi. L'ipotesi che si basa sulle diverse pressioni nell'arterìola, nel capillare e nella venula è detta ipotesi di Starling.
Il sangue percorre l'arterìola con una pressione circa pari a 32 mmHg. Questa pressione fa muovere il sangue attraverso l'ansa capillare verso la venula. Questa stessa pressione fa uscire le sostanze appropriate dal capillare (pressione di filtrazione). La pressione di filtrazione è ostacolata dalla pressione oncotica, pari a circa 25 mmHg verso l'interno del capillare. La pressione di filtrazione risultante verso l'esterno quindi è data da 32-25 = 7 mmHg verso l'esterno del capillare.
Man mano che il sangue procede, essendo il suo flusso viscoso, incontra una resistenza R il cui valore è dato da: 8 v l/* r^4.
v = velocità, può avere piccole variazioni, la consideriamo costante l = lunghezza o distanza dal cuore, aumenta man mano che il sangue procede nei capillari r = raggio del capillare, può presentare piccole variazioni, lo consideriamo costante.
Poichè l'unica variabile è la lunghezza si ha che la resistenza aumenta mentre il sangue procede nel capillare.
Poichè il flusso F del sangue è definito come ÆP/R, affinché resti costante, all'aumentare di R deve aumentare anche ÆP (definita come pressione all'inizio del capillare meno pressione alla fine del capillare). L'incremento di ÆP è dato dalla diminuzione della pressione alla fine del capillare (tra capillare e venula vale circa 12 mmHg, nella vena cava vale 1 o 2 mmHg).
Considerando che tra capillare e venula la pressione verso l'esterno è di circa 12 mmHg, e che la pressione oncotica, che rimane costante, è di 25 mmHg verso l'interno, si ha una pressione di filtrazione risultante di 25-12 = 13 mmHg verso l'interno del capillare. Si può spiegare così sia l'espulsione delle sostanze utili ai tessuti da parte del capillare "arterioso" sia l'assorbimento delle sostanze da asportare da parte del capillare "venoso".
Tutte le sostanze che non vengono assorbite dalla rete capillare venosa vengono prelevate dai capillari linfatici. Essi quindi drenano liquidi e grosse molecole, operando a pressioni molto basse (12 mmHg circa, a livello dei capillari, 1 o 2 mmHg a livello dei grossi dotti linfatici).
Un eventuale aumento di pressione a livello dei capillari venosi può rendere nullo il ÆP verso l'interno del capillare, e ciò impedirà l'assorbimento dei liquidi interstiziali (edema).
I limiti quantitativi dell'irrorazione
Nella Introduzione al Sistema Cardiocircolatorio abbiamo visto che, a proposito dei princìpi di economia da rispettare, è necessario far uso del minor volume di sangue possibile, ossia: il sangue che un individuo possiede non è mai in grado di irrorare in maniera ideale tutti i distretti contemporaneamente.
NB: sebbene nel paragrafo precedente abbiamo semplificato il sistema arterìola - capillari - venula con una "U ", in realtà tra una arterìola ed una venula ci sono molti capillari, una vera e propria arborizzazione, che può essere più o meno chiusa. Nel caso essa sia completamente chiusa entra in funzione un canale (anasotomosi artero-venosa) che porta il sangue dall'arterìola direttamente nella venula, bypassando l'arborizzazione capillare.
L'equilibrio nella irrorazione di diversi distretti è reso possibile dalla capacità delle arterìole di impedire o permettere il passaggio del sangue verso i capillari che da esse si originano. Le arterìole infatti sono dotati di sfinteri pre-capillari, ossia ingrossamenti dello strato muscolare (liscio) innervati dall'ortosimpatico, che hanno la funzione di restringere i capillai, se necessario (l'allargamento avviene passivamente con la pressione sanguigna).
In ogni momento quindi molti capillari sono chiusi, ed una loro eventuale apertura (per motivi patologici o altro) causa una deficienza di sangue innanzitutto nelle strutture situare più in alto del cuore, ossia quelle che ricevono il sangue contro la forza di gravità.
Gli sfinteri pre-capillari sono sensibili anche a sostanze prodotte dagli interstizi del tessuto. Queste sostanze agiscono modificando la sensibilità dei capillari agli stimoli del sistema nervoso autonomo, cosicché si abbia un comportamento adeguato alla situazione "locale" (es: vasodilatazione locale). Quindi la situazione locale ha priorità sugli "ordini" mandati dal sistema nervoso, nel senso che può renderli più o meno efficaci.
Esempio: le sostanze presenti nell'apparato digerente in fase di assorbimento hanno proprietà vaso-dilatatrici, per facilitare l'assorbimento stesso. L'orto- ed il para-simpatico in questa situazione "controllano" che l'apparato digerente non convogli verso di se troppo sangue. Ci si può accorgere di una vasodilatazione locale tramite i barocettori, che rilevano nell'atrio destro una diminuzione del flusso di ritorno venoso.
Una variazione di questo genere viene comunicata al bulbo, che promuove essenzialmente una vaso-costrizione splancnica (il distretto splancnico è rappresentato dalla zona occupata dai visceri). Successivamente può essere aumentata la frequenza cardiaca e infine si può comandare una vaso-costrizione periferica in distretti che in quel momento non stanno "lavorando". Ricordiamo che la vasocostrizione non può essere attuata nella zona interessata alla vaso-dilatazione locale poiché lì le fibre muscolari sono state rese insensibili.
In casi particolari, quando due o più distretti impongono una vasodilatazione locale, il sangue può non essere sufficiente, e anche i meccanismi di equilibrio organizzati dal bulbo possono non bastare. Il primo distretto a risentire di questa situazione è il cervello, l'organo con la minor riserva ischemica. Ciò può provocare per esempio uno svenimento.
I capillari, il piccolo circolo ed il ritorno venoso
Il piccolo circolo (circolo polmonare) ha la funzione di ossigenare il sangue venoso, e di espellere l'anidride carbonica. Il nutrimento dei polmoni è assicurato invece dalle arterie polmonari, estranee al piccolo circolo. Il piccolo circolo è costituito da un vasto letto capillare e da piccole distanze: da ciò segue (si può applicare la formula della resistenza R e la definizione di flusso = ÆP/R) che esso è un circolo a bassa pressione e privo di pulsazioni.
Il sangue dai capillari torna alle vene e all'atrio destro perché viene spinto da varie forze, che in ordine di importanza sono:
- vis a tergo: ciò che rimane della spinta data dal ventricolo sinistro, tra capillari e venule ha un valore di circa 4 o 5 mmHg.
- vis a latere: forza originata principalmente dalla contrazione di venule e vene per mezzo dei muscoli che le circondano, ed originata in misura minore dagli accoppiamenti artero-venosi (le pulsazioni arteriose aiutano il sangue della vena adiacente a risalire)
- vis a fronte: forza di "aspirazione" esercitata dai polmoni: durante l'inspirazione l'abbassamento del diaframma causa nella cassa toracica una pressione negativa (minore di quella atmosferica). Le grosse vene che stanno nella cassa toracica, che lo ricordiamo hanno un lume che può essere allargato, risentono di questa differenza di pressione, e si verifica una "aspirazione". Contemporaneamente sotto la cassa toracica (sotto il diaframma) si ha un aumento della pressione, che spinge il sangue venoso verso il cuore.

 

Fonte: http://digilander.libero.it/ctfonline/appunti/file/fisiologia.rtf

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