Appunti storia del giornalismo
Appunti storia del giornalismo
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Estratto STORIA DEL GIORNALISMO di Gozzini
A metà degli anni 60 arriva in terza posizione dopo Corriere e Stampa, senza però riuscire davvero a fondare in Italia una stampa quotidiana popolare. Ancora negli anni 60 i vizi di fondo del giornalismo nazionale tornano così a riprodursi:
- subordinazione dell’informazione alla politica
- mercato ristretto (la circolazione complessiva dei quotidiani supera di poco i 5 milioni)
- arretratezza di mezzi e risorse
Più di metà della tiratura è controllata da grandi gruppi industriali, 1/10 da banche e enti parastatali, 1/10 da associazioni cattoliche; il quarto restante si suddivide tra un 16% di stampa di partito e un altro decimo di stampa indipendente. È in questa situazione che avviene un rafforzamento della presenza di editori non puri. Dal 1972 alla direzione del Corriere della sera siede Piero Ottone; egli afferma che intorno al 1970 si è cominciato a fare in modo diverso anche i quotidiani: si è passati dal giornale 'passivo' a quello 'costruito'; sostiene anche che i settimanali erano giudicati più interessanti dei quotidiani e che il giornalismo dei periodici ha svolto un’influenza, sia pure indiretta, sul giornalismo dei quotidiani. In realtà la direzione Ottone al Corriere significa un’apertura importante del giornale ai grandi mutamenti in atto nella società, che di lì a poco l’esito del referendum sul divorzio nel 1974 mette in luce. Nascono allora i quotidiani della nuova sinistra extraparlamentare, classici esempi di advocacy journalism: il Manifesto nel 1971 (l’unico a sopravvivere stabilmente), Lotta Continua nel 1972, il Quotidiano dei lavoratori nel 1974. Non mancano le reazioni: all’indomani del referendum sul divorzio, Indro Montanelli (una delle firme 'storiche' del Corriere) abbandona la redazione e fonda Il giornale Nuovo, sulla base di un indirizzo più conservatore e moderato. Successivamente la maggioranza delle azioni del Corriere passa nelle mani di Rizzoli: è un segnale di inversione di tendenza, verso il ritorno ad un’editoria pura, che viene confermato nel 1976 dalla nascita di la Repubblica, quotidiano diretto da Eugenio Scalfari. La Repubblica è in formato tabloid e ha un indirizzo liberal molto marcato: privilegia l’informazione politica. Si verifica a questo punto un inaspettato terremoto, che in larga misura contribuisce a determinare le fortune di Repubblica. A metà degli anni 70, infatti, il gruppo Rizzoli conosce un’espansione abnorme del fatturato, ma anche un aumento più che proporzionale dei debiti. Il che spiega l’ingresso nel gruppo del Banco Ambrosiano (attraverso la mediazione del banchiere Roberto Calvi). Ma l’immissione di denaro fresco di accompagna alla penetrazione ai vertici dell’azienda e alla direzione del Corriere della sera di uomini legati ad una loggia massonica segreta, denominata P2 e diretta da un oscuro faccendiere: Licio Gelli. Nel 1981 Calvi è arrestato per esportazione illegale di valuta e successivamente viene trovato cadavere a Londra. Peraltro le sorti della Rizzoli non sembrano migliorare. Si risolve infatti in un fallimento il tentativo de L’Occhio, quotidiano tabloid scandalistico lanciato nel 1979 (sul modello del Sun inglese) e affidato alla direzione del popolare conduttore di talk show televisivi Maurizio Costanzo. Nel 1980 i debiti salgono e nel giro di 2 anni l’intero gruppo è sottoposto ad un regime di amministrazione controllata: alla fine di questa lunga e travagliata transizione la Rizzoli viene acquistata nel 1984 da Gemina, la holding finanziaria della Fiat. Il Corriere nel frattempo ha perso numerose copie, che sono in gran parte conquistate da Repubblica: una quota che le permette di superare la Stampa e di insidiare lo stesso primato del Corriere. Ma i primi anni 80 segnano un generale rimescolamento delle carte. Nasce il terzo canale televisivo pubblico e nel 1984 un decreto governativo legalizza l’ascesa di Silvio Berlusconi nel mondo delle televisioni private. Il Sole-24 Ore, quotidiano economico nato nel 1965 dalla fusione delle 2 testate, aumenta di molto le proprie vendite e dal 1983 esce la domenica con un apprezzato supplemento culturale. Corriere e Repubblica invece si combattono a colpi di gadget. Supplementi illustrati settimanali, concorsi, omaggi aiutano la seconda a superare il primo nel 1986: è la prima volta che accade in oltre un secolo di storia. Il pubblico dei lettori di quotidiani continua a crescere, ma si tratta di un’espansione effimera: la concorrenza spietata che si apre tra reti televisive pubbliche e private sottrae quote crescenti di investimenti pubblicitari alla carta stampata. Già nel 1993, passata la novità dei gadget, il pubblico della stampa quotidiana ridiscende. Nel 1989 si accende la 'guerra di Segrate', così chiamata dalla località della periferia milanese dove ha sede la casa editrice Mondadori. Passaggi di pacchetti azionari consentono a Carlo De Benedetti, amministratore delegato della Olivetti, e a Berlusconi di entrare nel consiglio di amministrazione. Il problema che deriva dall’ingresso di quest’ultimo (proprietario di 3 dei 7 canali televisivi con diffusione effettivamente nazionale) nel mondo della carta stampata, viene affrontato dal parlamento con una legge approvata nel 1990, che stabilisce un tetto alla concentrazione di testate quotidiane e reti televisive. Per effetto di questa legge e di una sentenza giudiziaria Berlusconi è costretto a rinunciare alla proprietà di Repubblica e a cedere al fratello Paolo quella del Giornale nuovo diretto da Montanelli. Gli anni 90 segnano così un ritorno in grande stile di editori non puri alla guida dei maggiori quotidiani: direttamente o indirettamente sono sotto il controllo di grandi imprenditori (Agnelli, Berlusconi, De Benedetti) che sia per dimensioni sia per settore produttivo necessitano di rapporti privilegiati con il potere politico. L’impresa giornalistica si configura come un’impresa-appendice, strumento di un’attività di pressioni politiche che in Italia manca di luoghi e strutture ad essa deputati in modo trasparente. È così che tentativi giornalistici 'puri' come L’Indipendente nel 1991 o La Voce di Montanelli nel 1994 appaiono destinati a rapido fallimento, perché scontano nello stesso tempo la staticità del mercato e la mancanza di appoggi nei poteri forti imprenditoriali. Il Corriere recupera saldamente il proprio primato, ma nell’ambito di una generale discesa delle tirature. Nella stampa quotidiana locale, che ha vissuto un proprio relativo sviluppo, si affermano catene come la Finegil (legata al gruppo Espresso) e la Poligrafici Editoriale (legata al gruppo Monti), che nel 1997 ha acquistato anche il Giorno. È un segno di dinamismo importante, fortemente aiutato dalla diffusione delle nuove tecnologie che facilitano sinergie tra testate diverse, consentendo a giornali locali di servirsi di pagine e servizi nazionali ed esteri preconfezionati e di concentrarsi sulla cronaca di zona. Nel 1993 il totale di lettori supera di poco i 6 milioni, con un forte addensamento al nord e al centro rispetto al sud. Metà delle vendite sono appannaggio di un gruppo di 8 quotidiani, di cui fanno parte 4 giornali 'generalisti' ed indipendenti:
- Corriere
- Repubblica
- Stampa
- Messaggero
3 giornali sportivi:
- Gazzetta dello sport
- Corriere dello sport
- Tuttosport
e 1 economico:
- Sole-24 Ore
Paragonata a quella americana, la stampa italiana mostra:
- un più alto livello culturale
- una maggiore influenza dei comitati di redazione
- un grado più elevato di politicizzazione
- una scarsa mobilità professionale (i giornalisti italiani sembrano quasi illicenziabili)
- una scrittura più complessa che mette in evidenza la mancanza di copy editor, di figure professionali esclusivamente dedite alla riscrittura degli articoli
Ma il suo  più importante carattere di fondo rimane la separazione tra una stampa  quotidiana sostanzialmente d’élite e una stampa settimanale tendenzialmente  popolare. Nonostante la crescita impetuosa di altri consumi e con l’eccezione dei settimanali, il  pubblico italiano continua insomma ad avvicinarsi molto poco alla carta  stampata, non solo a quella quotidiana, ma anche a quella dei libri.
  Il caso  francese non è affetto da questa penuria storica. Come in Italia il  1946 segna un tetto storico per le tirature della stampa quotidiana. I decenni  seguenti vedranno una forte stabilità del mercato provinciale, pur segnato  da un calo notevole del numero di testate. Nel dopoguerra aumentano le  tirature dei maggiori quotidiani:
- il Figaro
- France-Soir
- il Parisien libéré
Nascono nuove testate come L’Aurore, fondata nel 1947, che nel 1949 si fonde con il Matin. Si verificano allora i primi grandi movimenti proprietari:
- Hachette arriva a controllare la maggioranza delle azioni di France-Soir
- Prouvost entra nel consiglio di amministrazione del Figaro
- l’editore Cino Del Duca, che si è rafforzato nel settore dei fotoromanzi e della cosiddetta 'stampa del cuore', acquista il Franc-Tireur, glorioso organo della Resistenza, impegnato in una dura competizione con L’Humanité comunista che non riuscirà mai a vincere; a metà degli anni 50 cambia nome in Paris Jour
Nel 1944 nei locali del vecchio Le Temps nasce Le Monde, quotidiano diretto da un gruppo di intellettuali che hanno partecipato alla Resistenza. Contraddistinto dal formato tabloid, inusuale nel panorama francese, ha subito grande successo. Sulla base di una linea politica eterodossa anticolonialista e antiamericana, si afferma tra i quotidiani di punta degli anni 60, assieme al Figaro e alla cattolica Croix; mentre calano le vendite di France-Soir, Aurore e Parisien. In questo stesso periodo si consolida l’ascesa del finanziere-editore Robert Hersant nella stampa di provincia, attraverso una politica di sinergie che suddivide fra più testate locali i costi della distribuzione e delle agenzie di stampa. La crisi petrolifera degli anni 70 inaugura una fase di crisi aperta della stampa. Il prezzo della carta aumenta, mentre diminuiscono gli investimenti pubblicitari da parte di un settore industriale che è costretto a piegarsi sotto il vento della crisi. Scompaiono molti quotidiani e cala il pubblico di lettori. Alla congiuntura negativa si somma l’ascesa della televisione. In provincia la concorrenza è meno spietata e il pubblico dei lettori più stabile. Ciò spiega la forza relativa che Hersant è venuto assumendo e che gli consente a metà degli anni 70 di sbarcare in forze a Parigi, acquistando Figaro, France-Soir, Aurore. La scalata di Hersant è impressionante: alla fine del decennio controlla poco meno di metà dell’intero mercato parigino della carta stampata (che si aggiunge alle rilevanti quote azionarie detenute nel mondo radiotelevisivo). Nel 1984 viene introdotta una complessa normativa antitrust che limita la quota di circolazione della stampa quotidiana che può essere posseduta da un solo soggetto: sono in molti a chiamarla 'legge anti-Hersant'. Ma quando sfida la proteste acquistando Le Progrès, lo stesso Hersant replica sostenendo di essersi limitato ad anticipare la prossima legge: il che puntualmente si verifica con le elezioni successive che vedono l’ascesa al governo del conservatore Jacques Chirac e la conseguente abolizione della Commissione sulla trasparenza ed il pluralismo della stampa istituita nel 1984. Alla pari del caso italiano, anche quello francese mette in evidenza le organiche connessioni tra quarto potere e potere politico: i processi più vistosi di concentrazione delle testate non possono verificarsi senza una complicità delle istituzioni e una pratica vacanza o inefficacia delle legislazioni nazionali antitrust. Ne consegue un ricorrente carattere filogovernativo e conservatore dei giornali e delle televisioni di proprietà dei gruppi più potenti. In Europa sono ormai molti i casi in cui questo quarto potere così concentrato si identifica direttamente o indirettamente con il potere politico, con effetti potenzialmente dannosi per il buon funzionamento di una democrazia pluralistica. Ma la scalata di Hersant viene anche facilitata dalla crisi di molte testate:
- il Figaro è stato danneggiato da errori di gestione del gruppo Prouvost e di fronte ai movimenti del 68 ha subito una crescente involuzione paternalistica ed élitaria che ne ha ristretto pubblico e consensi
- anche Hachette nella conduzione di France-Soir ha ecceduto in parzialità politica, indebolendosi sul piano delle vendite
- la crisi dell’Aurore ha invece origini diverse che riguardano da vicino la natura 'impura' del suo proprietario
Negli anni 80 la circolazione dei quotidiani parigini si riduce di molto. Resistono il Parisien, Le Monde, Libération e il Figaro rilanciato da Hersant attraverso la politica dei supplementi illustrati. Nel 1977 esce Le Figaro Dimanche, che inaugura la stagione, ben presto imitata in Germania e Italia, dei magazine settimanali abbinati ai quotidiani: strumento utile soprattutto ad incrementare gli introiti pubblicitari. L’anno successivo il supplemento ha riscosso un tale successo da meritarsi l’uscita autonoma e la vendita a parte con il titolo di Le Figaro Magazine. Per Le Monde, viceversa, gli anni 70 sono meno drammatici. È il quotidiano che probabilmente è riuscito a mantenersi meglio in sintonia con i tempi. Insieme al Figaro è tra i pochi quotidiani a vantare una quota considerevole di abbonati: i giornali più popolari come Parisien e France-Soir si vendono quasi esclusivamente nelle edicole e per strada. Nel 1969 ne diventa caporedattore Jacques Fauvet: cresce la foliazione e l’orientamento filosocialista del giornale. Suo supplemento importante è Le Monde Diplomatique. L’avvento dei socialisti al governo e la crescita a livelli insostenibili delle spese fisse segnano il punto di svolta e la crisi, che arriva negli anni 80. Si succedono i direttori, fino ad André Fontane, che impone una drastica cura dimagrante alle strutture (la vecchia sede viene venduta) e agli organici di personale. Alla fine del decennio Le Monde si conferma terzo nella classifica di vendite, dopo Parisien e Figaro. Lo seguono:
- France-Soir (mai venuto meno al suo tradizionale e tipico formato di stampa popolare)
- l’Equipe (l’antica e prestigiosa testata sportiva)
- Libération (che ha assunto un orientamento più moderato e si è diffuso in provincia)
Le cifre testimoniano una situazione di difficoltà  della stampa parigina abbastanza simile a quella italiana; ma non di quella  provinciale, che si mantiene stabile. Vi domina Ouest-France: la sua foliazione, che  può raggiungere anche le 200 pagine, dedica ampio spazio ai problemi  dell’agricoltura, fortemente sentiti in tutta la regione. Uno dei problemi  della stampa quotidiana (non solo francese) è il suo prezzo di vendita: in  proporzione alla foliazione e alla ricchezza tipografica i periodici costano  molto meno. Nel 1994 sono state elargite alla stampa dal governo  francese grandi quantità di denaro, sotto forma di esenzioni fiscali e di  tariffe postali agevolate: è un sistema che premia le testate più diffuse e più  forti perché agisce in proporzione alle entrate realizzate e quindi alle  dimensioni di scala dell’impresa giornalistica. Diverso è il sistema adottato  ad esempio in Svezia, dove fino agli  anni 60 le tariffe postali osservano regimi di beneficio per gli organi di  stampa più deboli. A compensare le difficoltà della stampa quotidiana  interviene una peculiare vitalità della stampa periodica. Ad esclusione dei  periodici specializzati, circolano in Francia 900 riviste tra le quali si  distinguono Le Nouvel Observateur e L’Express. Entrambi questi settimanali  assolvono un ruolo importante nella battaglia per la decolonizzazione  all’inizio degli anni 60, epoca nella quale adottano una veste  grafica simile a quelle dei newsmagazine americani. In Francia (e anche  in Italia) non riescono a sfondare nel grande pubblico periodici di alto  livello culturale, come invece accade in Inghilterra e negli Stati Uniti.
  La guerra fredda che si sviluppa fra Stati Uniti e Unione Sovietica nel secondo dopoguerra  implica anche un confronto fra dinamiche dei mezzi di comunicazione. Rispetto a  quello americano, il sistema dei media sovietico è sottoposto ad un rigido  controllo statale che ne cura la notevole diffusione sul territorio ed il  grado di innovazione tecnologica. Da quest’ultimo punto di vista, il ritardo  accumulato con le distruzioni degli anni di guerra viene rapidamente superato:  nel 1957 è sovietico il primo satellite (lo Sputnik) lanciato in orbita attorno alla Terra. Dal canto suo, la  stampa sovietica conosce una maggiore articolazione interna dopo la  destalinizzazione avviata da Krušëv. Viene autorizzata la nascita di  imprese giornalistiche: accanto alla Pravda e all’Izvestia si sviluppa Trud ('Lavoro'), quotidiano delle  organizzazioni sindacali. Per ognuna di queste testate (alle quali è  obbligatorio abbonarsi da parte di tutte le istanze periferiche di stato e di  partito) la bufera del 1989 determina mutamenti prima di tutto quantitativi: la  circolazione totale dei quotidiani crolla. Nascono le prime agenzie di  stampa indipendenti, tollerate dal partito. Nel 1990 una nuova legge sulla stampa voluta dal  segretario del partito Mikhail Gorbačëv (ed estesa poi a radio e televisione)  proclama l’abolizione della censura e ripristina la facoltà di aprire periodici  senza l’autorizzazione preventiva delle autorità. Si afferma così Argumenti i Fakti, settimanale legato  al partito ma diretto in modo libero ed indipendente, che incontra un grande  successo; questa rivista tira la volata ad un aumento eccezionale della  stampa periodica. La repubblica  popolare cinese instaurata nel 1949 si fonda su un regime a partito unico,  ancora più accentrato di quello sovietico. La costituzione che entra in  vigore nel 1954 riconosce all’articolo 87 la libertà di stampa, ma altri  articoli stabiliscono i criteri di una giusta informazione:
- fedeltà al punto di vista marxista
- rispetto delle direttive date dal partito
- coordinamento e omogeneizzazione del lavoro dei giornalisti
La fondazione ideologica della funzione informativa avviene dunque secondo moduli vicini a quelli sovietici. Al 1931 e agli albori della guerra civile che ha condotto al potere i comunisti risale l’agenzia di stampa nazionale, che negli anni 50 assume dimensioni ragguardevoli. Si contano diverse centinaia di periodici rurali scritti in 31 lingue diverse e destinati alla propaganda ufficiale. Ma attraverso la lettura collettiva organizzata dalle struttura locali di partito, che si accompagna alle trasmissioni radiofoniche regolarmente in funzione del 1950, la propaganda raggiunge un pubblico molto più ampio. Dopo il 1989 e la repressione della rivolta studentesca di piazza Tien An Men, le maglie della censura si sono fatte assai più strette di prima, anche per quanto riguarda i 3 canali della televisione di stato, che ha avuto uno sviluppo impressionante: simbolo di quello 'sviluppo senza democrazia' che sembra riassumere la filosofia politica del gruppo di dirigenti al vertice del partito-stato cinese.
LA RETE                       (anni  90 del 1900)
  La storia del  giornalismo può essere descritta anche come una storia di generazioni, ciascuna  delle quali succede alla precedente senza cancellarla, ma intrecciandosi ad  essa. Così abbiamo:
- quella di Benjamin Franklin e Camille Desmoulins: la generazione gloriosa del giornalismo politico e delle rivoluzioni, che alla fine del 700 sulle 2 sponde dell’Atlantico partecipa in prima persona con le sue gazzette alla formazione dell’opinione pubblica moderna; a essa equivalente è la generazione di Gandhi: quella che un secolo più tardi nei paesi coloniali assolve un ruolo determinante nella battaglia per la conquista dell’indipendenza
- quella di Émile de Girardin, di Lord Northcliffe, di Joseph Pulitzer e William Randolph Hearst: la generazione del giornalismo commerciale, che scopre e mette in pratica il valore della notizia come merce e del giornale come mezzo di comunicazione di massa
- quella di Walter Lippmann, Robert Capa, Bob Woodward e Carl Bernstein: la generazione del giornalismo responsabile, segnata dal conflitto tra il ruolo di strumento e garante del diritto pubblico all’informazione e la logica del profitto privato di oligopoli mediatici multinazionali sempre più grandi e potenti
Alla fine del 900 appartiene una quarta generazione: quella del giornalismo globale e della comunicazione-mondo. La sua data di nascita simbolica è il 1983, quando la rivista americana Time dedica la sua tradizionale copertina riservata all’'uomo dell’anno' ad una macchina: il personal computer. Per quanto la tecnologia elettronica sia già ampiamente diffusa nel mondo della stampa (soprattutto sotto la forma della videoscrittura e della fotocomposizione) e, in generale, della ricerca scientifica, la copertina del Time fotografa una rivoluzione in atto nella vita quotidiana di masse sempre più ampie di persone, concentrate nella parte ricca del pianeta. Come ognuna delle generazioni che l’ha preceduta, dunque, anche questa corrisponde ad una 'fase esplosiva' della tecnologia delle comunicazioni: la quarta. Ma a differenza delle altre, questa stagione è contraddistinta da una conquista che riassume e condensa tutte le innovazioni: la rete telematica. I caratteri di fondo di questa quarta fase esplosiva sono:
- la digitalizzazione, cioè l’unificazione dei linguaggi attraverso il codice binario utilizzato dai circuiti elettronici delle macchine informatiche; il bit (dall’inglese 'binary digit', 'cifra binaria'), quantità minima di informazione trattabile da un calcolatore e unità di misura di questo codice, diventa il formato standard per la trasmissione di testi, grafici, suoni, immagini ferme e in movimento; i supporti fisici delle macchine informatiche diventano contenitori e mezzi multimediali, capaci cioè di riprodurre e tenere insieme le forme più diverse dell’espressività e della comunicazione umana
- l’unificazione della rete telefonica con i personal computer, attraverso il 'modem', strumento capace di modulare e demodulare i segnali digitali dei calcolatori in segnali trasmissibili via cavo e via etere
- il grado crescente di miniaturizzazione dei circuiti elettronici e quindi delle dimensioni sempre più ridotte e portatili delle tecnologie necessarie (computer, telefoni) per la telematica: la comunicazione a distanza delle informazioni in tempo reale
- il mercato sostanzialmente privato di questi nuovi media, sia dal lato della produzione e dell’offerta delle tecnologie, sia dal lato della loro domanda e soprattutto della loro fruizione, attuabili in un ambito strettamente domestico e addirittura da parte di un utente in movimento; ne è derivata un’esasperata competizione che ha progressivamente abbassato i costi di accesso a tale fruizione, resa possibili ad un numero sempre più alto di individui
Sotto il profilo  della domanda e del consumo, quindi, l’intreccio dei nuovi media si presenta  potenzialmente come un processo di  democratizzazione della 'società dell’informazione', attraverso lo sviluppo  di reti orizzontali di comunicazione che prescindono da un controllo  organizzativo centralizzato. Il potere politico delle istituzioni è rimasto  ai margini di questo processo. Ma sotto il profilo dell’offerta e della  produzione, la fornitura delle chiavi di accesso alle nuove tecnologie è andata  restringendosi nelle mani di poche compagnie private. Più che le industrie  produttrici di hardware (delle  macchine), questo processo oligopolistico ha interessato nuove industrie  produttrici di software (dei sistemi  operativi di istruzioni, codici, formati attraverso i quali le macchine  funzionano e comunicano fra loro).
  Questa  contraddizione tra fruizione pubblica delle reti telematiche e interessi  privati dei produttori degli strumenti per accedervi è ben esemplificata dalla  storia di Internet. Risale infatti al 1969 e al Pentagono, il cuore della struttura  militare degli Stati Uniti, la creazione della prima rete telematica che le  forze armate americane hanno attivato per lo studio di un sistema di  comunicazioni flessibile e capillare, in grado di resistere e sopravvivere alla  distruttività di un attacco nucleare nemico. Nel 1972 il nuovo sistema viene  presentato al pubblico, insieme al primo programma per la gestione di 'e-mail', la posta elettronica. L’anno  successivo la connessione in rete diventa internazionale. All’inizio degli  anni 80 si perfezionano e si standardizzano i programmi per la trasmissione dei  dati. Tutte le reti 'civili' si unificano quindi costituendo Internet: nella  seconda parte degli anni 80 si sviluppano liste di discussione e comunità  particolari di utenti sulla base di una filosofia  comune di accesso libero e gratuito. Nel 1991 vengono elaborati i  protocolli del World Wide Web ('la rete mondiale'), il sistema più popolare di  uso di Internet. Negli anni immediatamente successivi nascono i primi siti,  ai quali gli utenti possono accedere per via telematica, ricavandone  informazioni di vario tipo e lasciando messaggi e domande nelle apposite  caselle di posta elettronica. Si diffonde l’espressione 'navigare in Internet'  ed escono i primi programmi finalizzati a trovare siti nella rete. Nel 1994  appaiono i primi siti dedicati all’'e-commerce',  il commercio elettronico via Internet, e si affermano i grandi provider (fornitori di accesso alla  rete) privati. Nella visione dei suoi protagonisti lo sviluppo di Internet  simboleggia il processo di  globalizzazione del mondo contemporaneo. La trasmissione delle informazioni  in tempo reale trasforma in profondità molte attività umane (es: intere fasi di  lavorazione del ciclo produttivo industriale possono essere controllate a  distanza, l’accesso ai servizi più diversi diventa possibile senza muoversi da  casa, l’incontro tra le persone si libera dalla necessità della prossimità  fisica, ..). Ma è inevitabile che il  massimo dell’informazione può corrispondere al massimo di passività. L’elaborazione  giuridica si trova in ritardo rispetto al mutamento in atto. Nelle più  recenti riflessioni dell’Unesco il concetto di libertà di stampa sembra  passare in subordine rispetto a quello di diritto all’informazione dei  cittadini. Si compie quindi un significativo passo in avanti rispetto alla  Convenzione europea del 1950, svincolando la professione giornalistica dalla  servitù politica nei confronti di una categoria come quella di 'sicurezza  nazionale' che negli anni ha mostrato per intero la propria natura equivoca. Al  contrario, si recupera la funzione di servizio sociale del giornalismo,  fondando la sua legittimità e autorità sul rapporto con il pubblico dei  cittadini anziché sulla contiguità con le istituzioni: il che implica l’impegno  alla tutela di valori morali comuni (pace, diritti umani, privacy). Tuttavia  questo significativo mutamento di impostazione avviene all’insegna di una  ricoperta del concetto di 'informazione  vera' e di 'dedizione del giornalista alla realtà obiettiva', che sembra  voler di nuovo tornare ad una concezione neutra del lavoro giornalistico. Le  stesse caratteristiche delle reti telematiche rendono difficile la misurazione  della loro crescita. Uno degli indicatori più comunemente utilizzati a  questo proposito è il numero di host ('ospite'),  cioè di nodi della rete che costituiscono porte di accesso per più utenti  individuali. Tra il 1995 ed il 1999 questa cifra è salita da quasi 6 a più di  43 milioni: la diffusione della rete rimane quindi limitata ad una piccola  parte del mondo, stimabile attorno al 2% della popolazione mondiale. Quasi ¾ di  essa si concentra negli Stati Uniti e la tendenza alla concentrazione della  rete non diminuisce e anzi aumenta: il predominio statunitense è oggi  maggiore che nel recente passato. Almeno fino ad oggi, quindi, la crescita  di Internet non procede in modo diffusivo omogeneo, ma tende ad insistere nelle  zone dove è già più radicata, allargando il fossato che le separa dal resto.  Lo sviluppo nelle altre aree avviene a macchie di leopardo e i poli che si  costituiscono non ne generano altri per contagio geografico, confermando che le  logiche di Internet prescindono quasi completamente dalle coordinate spaziali. La  diffusione di Internet ha avuto riflessi immediati sul mondo del giornalismo:
- la tendenza alla 'leggerezza' del lavoro tipografico (inaugurata dalla fotocomposizione e dalla videoscrittura) si è accentuata
- dopo il piombo anche la carta ha fatto il suo ingresso tra i materiali obsoleti: il testo degli articoli viene infatti trasmesso via modem e direttamente composto e impaginato per via elettronica
- tendenzialmente (sono ancora molti i giornalisti affezionati al vecchio modo di lavorare) il computer portatile prende il posto della macchina per scrivere e la sua connessione alla rete telefonica sostituisce la trasmissione via fax o la dettatura a voce, eliminando tutte le fasi redazionali di trascrizione
Un primo riflesso  importante della presenza di Internet sul fronte informativo si è avuto nel 1998, in occasione della guerra del Kossovo: il rigido controllo delle notizie istituito in  Serbia dal regime di Milosevic non riesce a sopprimere la voce di singoli e di  gruppi affidata alla rete telematica, per sua stessa natura meno individuabile  e neutralizzabile. È significativo, a questo proposito, il raffronto con la guerra del Golfo nel 1991, che ha  invece segnato una secca sconfitta per giornali e giornalisti,  determinata dalla nuova natura 'postmoderna' di una guerra a base di  bombardamenti 'intelligenti' e teleguidati, prima ancora che da particolari  regimi di censura militare. Le immagini della Cnn dai tetti di Bagdad, nella  loro immediatezza e nella loro nullità informativa, sono state l’unica  testimonianza pervenuta dall’altro fronte.
  La trasformazione  non investe solo il processo produttivo del giornale ma anche la sua stessa  natura di prodotto e merce. Nascono infatti 'giornali elettronici' che non vengono stampati su carta e che  possono essere letti (e riprodotti) attraverso Internet, rimanendo sempre  entità virtuali all’interno delle memorie del computer. Nel 1992 il Chicago Tribune è stata la prima testata  a creare un’edizione elettronica 'on-line' del quotidiano cartaceo. Negli  anni successivi vi è stata una grandissima fioritura di questi giornali  elettronici che non deve stupire più di tanto. Di fatto il quotidiano  elettronico si presenta, almeno all’inizio, come una semplice ricaduta passiva  della routine quotidiana del mestiere di giornalista. Quasi ogni articolo  scritto e composto per l’edizione cartacea, infatti, passa obbligatoriamente  attraverso il calcolatore e la rete: farcelo rimanere a disposizione di chi  voglia vederlo comporta soltanto la realizzazione di un sito web con bassi costi. Tuttavia i primi giornali on-line che  si limitavano ad essere la semplice copia elettronica dell’edizione cartacea  sono stati ben presto sostituiti da siti web sempre più autonomi, con articoli,  fonti, servizi e ritmi di aggiornamento delle notizie diversi dal giornale di  carta. Si è sviluppata sempre di più l’interattività,  vale a dire la caratteristica veramente nuova che la rete offre rispetto alla  carta: la possibilità per l’utente di percorrere un proprio originale sentiero  nelle pagine virtuali dell’edizione elettronica. Il formato in cui il giornale  on-line è composto, infatti, è quello dell’ipertesto:  cioè una concatenazione multipla (non sequenziale e obbligata come le pagine di  carta) di link, di collegamenti con  testi, immagini, altri siti web, raggiungibili a scelta del navigatore. La  distribuzione geografica dei giornali elettronici ricalca da vicino quella  degli host di Internet: gli Stati Uniti si confermano come il principale  protagonista dell’editoria elettronica. Nel 1991 l’avvento di Internet  determina infatti il definitivo abbandono dei progetti di giornale su videotex  e l’anno successivo arrivano i primi quotidiani in rete. Nel 1992 la rete  televisiva Cnn apre la propria  edizione elettronica. Dal 1996 comincia la fase di potenziamento dei siti:  quello del News York Times, ad esempio, si dota di un archivio che risale fino  all’annata 1969 del giornale e consente la possibilità interattiva di ricerche  per parole chiave. Il 1997 appare come l’anno delle definitiva consacrazione di  Internet. All’inizio del 1999, dal punto di vista della presenza di testate  on-line, il predominio statunitense si ridimensiona molto rispetto al primato  saldamente detenuto nello sviluppo della rete. Numerosi sono anche i  periodici locali on-line: il loro straordinario incremento testimonia la  perdurante funzione di identità comunitaria locale esercitata anche  dall’editoria elettronica. Al tempo stesso, uno dei caratteri fondamentali di  Internet (nel bene e nel male) è la pariteticità  degli accessi: ogni sito web è uguale agli altri e non esistono filtri  preventivi capaci di qualificarli e selezionarli. Questa condizione offre  l’opportunità a realtà periferiche, a gruppi e anche a singoli individui di  farsi conoscere e guadagnare una tribuna mondiale che 10 anni fa sarebbe stata  impensabile. Tuttavia la logica preminente che sembra sottostare agli  investimenti in rete dei grandi gruppi editoriali è una logica prettamente commerciale. Oltre al beneficio di un’immagine aggiornata e innovativa, la versione  on-line quel quotidiano è considerata, prima ancora che il laboratorio  sperimentale di un nuovo giornalismo, la testa di ponte in un nuovo mercato  pubblicitario: il giornale in rete si offre insomma come veicolo a pagamento  per inserzionisti privati. Nel 1998 Usa  Today risulta il quotidiano on-line più visitato in rete: il sito presenta mediamente  circa 30 pagine, suddivise in 5 sezioni; una redazione di quasi 100 persone  provvede ad aggiornarle 24 ore su 24, offrendo quindi un servizio informativo  assai più tempestivo ed efficiente dell’edizione stampata. Gli inserzionisti  che vi pubblicano i loro annunci commerciali a pagamento sono circa 400 e  costituiscono la principale entrata del quotidiano on-line, una volta verificata  l’impossibilità pratica di imporre tariffe di abbonamento in rete. È  importante notare che l’espansione del pubblico elettronico non sembra aver  tolto spazio alla tiratura dell’edizione su carta. Una politica diversa è  quella seguita dal Wall Street Journal  Interactive che vanta numerosissimi abbonati paganti. Una redazione poco  più numerosa di quella di Usa Today ha dato particolare impulso  all’interattività: il lettore ha la possibilità di personalizzare il proprio  giornale chiedendo aggiornamenti specifici su alcuni tipi di notizie,  costituendo una propria sezione di 'favoriti'. L’edizione elettronica non punta  quindi alla conquista di nuovi mercati pubblicitari, ma ricerca una fetta di  pubblico non troppo diversa da quello tradizionale della testata. È  difficile stabilire l’esistenza o meno di una correlazione tra diffusione della  rete e circolazione della carta stampata. Tra il 1993 ed il 1997 il  numero di testate quotidiane cartacee è ulteriormente diminuito negli Stati  Uniti e in Europa, è rimasto stabile in Giappone ed è fortemente aumentato nel  resto del mondo. La tiratura complessiva ha seguito un andamento simile,  contraendosi vistosamente negli Stati Uniti e in Europa, aumentando di poco in  Giappone e sviluppandosi nel resto del mondo, con un incremento di oltre 6  milioni di copie che in larga parte si è concentrato in India. In effetti la  crisi della stampa quotidiana corrisponde ad una tendenza degli ultimi decenni  che risale a prima di Internet e il caso in controtendenza del Giappone (dove pure si viene concentrando una quota significativa di host della rete) sembra  scagionare la telematica dall’accusa di affossare i giornali di carta. L’Italia  figura agli ultimi posti della graduatoria europea di diffusione di Internet,  ma registra ugualmente un calo di lettori dei quotidiani. Gran Bretagna e  Francia che invece vi compaiono ai primi posti accusano un calo di vendite dei  giornali di carta assai contenuto. Anche per quanto riguarda le possibili  'turbative' del mercato pubblicitario è difficile trarre conclusioni  attendibili. Tra il 1993 ed il 1997 nei bilanci della stampa quotidiana  americana la quota (già molto alta) coperta dalla pubblicità è ulteriormente  cresciuta a scapito di quella detenuta dalle vendite. In Giappone la vendita  per abbonamento costituisce un ancoraggio molto saldo e la quota coperta  dalla pubblicità è salita; in Francia e Germania è invece scesa, mentre è  salita in Italia e in Gran Bretagna. A prima vista sembrerebbe quindi  che un grado maggiore di sviluppo della rete e del commercio elettronico non  sottragga investimenti pubblicitari alla carta stampata. Ma è chiaro che  siamo appena ai primi passi di una situazione in rapido movimento.
  Molti studiosi  dei media non hanno dubbi nel ritenere le nuove tecnologie veicoli di libertà. Secondo alcuni, anzi, la rivoluzione  informatica in atto rende obsoleto lo stesso concetto di mass media: la  possibilità di un controllo personalizzato e interattivo delle  telecomunicazioni multimediali apre la strada ad una fase di democrazia  pluralistica nell’accesso dell’informazione e nel consumo di notizie,  all’insegna di una sorta di bricolage domestico nella confezione del prodotto  giornalistico che cancella il carattere standardizzato della cultura di massa.
  -       Internet non mostra capacità autonome di  diffusione oltre le barriere economiche del sottosviluppo: la sua logica di  crescita è una logica ineguale che accresce  le differenze anziché attenuarle (questo problema investe non soltanto il  giornalismo telematico, ma l’insieme di quei processi che siamo soliti  rubricare sotto l’etichetta di globalizzazione)
  -       con Internet si crea una maggiore 'opacità sociale' frutto della sovrabbondanza  di notizie; l’affollamento di giornali elettronici determina una  sovrapproduzione di contenuti informativi; fra radio, televisioni, quotidiani  si crea una tendenza involontaria ma  potente all’omologazione, che nel caso dei giornali on-line appare ancora  più paradossale, se posta a raffronto con l’assenza di ricavi effettivi da  parte dei quotidiani che investono nella rete
  Fatta eccezione  per il Wall Street Journal Interactive, la maggior parte dei quotidiani on-line  infatti o rasenta il pareggio o ha il bilancio in perdita. La formula fondata sugli abbonamenti a pagamento appare tuttora  largamente minoritaria rispetto alla formula e alla logica che concepisce la  rete essenzialmente come un potenziale veicolo pubblicitario e commerciale,  dotato della caratteristica, del tutto nuova rispetto ai media finora  utilizzati, di entrare fisicamente nella case, ma con un messaggio  personalizzato e una corsia preferenziale per acquisti immediati.
  +       l’interattività garantita dalla rete  consente non solo un meccanismo di feed-back  immediato e costante sul gradimento e i gusti del pubblico, ma anche la collaborazione diretta del consumatore nella scelta e nella modulazione del prodotto
  +       l’interazione in tempo reale con gli  utenti consente di personalizzare la produzione fino a farla diventare il  frutto di una collaborazione tra produttore e consumatori, trasformando i secondi da soggetti passivi delle strategie di marketing in soggetti attivi  delle stesse scelte produttive
  Ciò non toglie  che il giornalismo telematico abbia fatto emergere alcune importanti novità  nella storia del giornalismo:
- l’aggiornamento costante delle notizie, che rinvia ad uno dei caratteri di fondo dell’informatica: quello di considerare il prodotto scritto sempre come un semilavoro, trattabile e modificabile in ogni momento senza difficoltà e senza perdite di informazioni; è questo un vantaggio secco che il giornale elettronico presenta rispetto a quello cartaceo, ma anche un motivo di ulteriore convulsione e frenesia della professione giornalistica; tra i giornali della rete la tempestività si misura ormai sui minuti, a tutto discapito della verifica accurata di fonti e notizie; diventa addirittura problematico conservare per gli articoli che corrono in rete la definizione standard di prodotto giornalistico, in quanto immodificabile e dotato di copyright; rispetto a quello tradizionale, il 'cybergiornalismo' esaspera il ruolo del gatekeeper: la rete è anche un colossale supermercato unificato di informazioni, dove il newsgathering somiglia spesso ad un lavoro di collage e linkage ipertestuale tra i siti diversi di agenzie di stampa, televisioni, compagnie economiche, amministrazioni pubbliche, con scarso spazio alla scrittura e alla creatività individuale; il rischio è che Internet diventi un luogo di post-giornalismo, autoreferenziale e chiuso in se stesso, dove l’incontro con la realtà effettiva rimane sullo sfondo ed è sempre mediato da altri
- l’interattività: il processo di personalizzazione della notizia sviluppa circuiti informativi a doppio senso di marcia tra giornalisti e lettori; si sviluppa così un possibile antidoto all’opacità sociale prodotta dall’eccesso di offerta giornalistica, lasciando più ampia libertà di scelta agli utenti, ma in qualche modo facendo rinunciare il giornalismo alla propria funzione storica di guida e orientamento; il giornale rischia di adeguarsi alla formula supermercato, mettendo in mostra vetrine sempre più ricche ma evitando di fare delle scelte
Il caso italiano segue alla lontana quello statunitense, sulla base dei ritmi e delle modalità particolari con cui la famiglia italiana si adegua all’innovazione tecnologica. L’alfabetizzazione informatica segna quindi il primo passo rispetto all’appropriazione utilitaristica di nuovi e più facili sistemi di comunicazione. Il processo di informatizzazione delle famiglie italiane rimane quindi ancora ad un livello elementare, che deriva principalmente da un ritardo dell’istituzione scolastica nell’educazione all’uso del computer. A partire dal 1995, quando l’Unità e L’Unione Sarda hanno fatto la loro comparsa in rete, l’avvento dei quotidiani on-line in Italia ha percorso 3 tappe successive:
- la creazione del sito con la riproduzione della prima pagina e di una selezione limitata di articoli dell’edizione cartacea
- la riproduzione integrale della versione di carta del giornale
- la predisposizione di servizi aggiuntivi, interattivi e personalizzabili
Nel giro dei 2 anni successivi arrivano in Internet Stampa, Corriere della sera, Manifesto, Sole-24 Ore, Gazzetta dello Sport, Repubblica. In seguito è anche quintuplicato il volume degli investimenti pubblicitari in Internet. Solo una ristretta parte dei quotidiani elettronici si differenzia in modo sostanziale dalla versione cartacea, tra questi spiccano:
- Repubblica (secondo le statistiche è il giornale italiano più letto in rete)
- Sole-24 Ore (fin dall’inizio punta con decisione sul potenziamento degli introiti pubblicitari)
Il ristretto pubblico italiano dei navigatori di Internet appare comunque molto fedele. Differenze significative con il caso statunitense emergono dalla rilevazione dei suoi interessi: negli Stati Uniti la grande maggioranza dei lettori visita i siti web dei quotidiani per informazioni pratiche relative a cinema e ristoranti, scienza e salute, tecnologie, finanza, condizioni meteo e solo il 40% per le notizie politiche. In Italia, viceversa, gli interessi del lettore in rete sono simili a quelli del lettore di stampa quotidiana e ne riflettono l’attenzione preponderante per la politica, lasciando in subordine quella per sport, cultura, tecnologia e cronaca. Dal punto di vista della professione giornalistica, l’editoria elettronica italiana appare ancora un mondo in costruzione, ma più di 2/3 dei giornalisti intervistati affermano di utilizzare concretamente Internet per la propria attività giornalistica: soprattutto per reperire informazioni attraverso i motori di ricerca. Soltanto ¼ si dedica affettivamente al giornalismo on-line, producendo contenuti destinati ad andare in rete.
Fonte: http://rouge1986si.altervista.org/Appunti_storia_giornalismo_gozzini.doc
  Fonte:2 http://doc.studenti.it/appunti/storia-del-giornalismo/storia-giornalismo-gozzini.html
Autore del testo: non indicato nel documento di origine (Gozzini ?)
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