Analisi del testo poetico

 

 

 

Analisi del testo poetico

 

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Analisi del testo poetico

 

1. Linguaggio poetico e linguaggio comune

Avvicinandoci allo studio del testo poetico dobbiamo sottolineare come il principale obiettivo del linguaggio comune sia di trasmettere in modo chiaro, inequivocabile, un particolare messaggio, ad esempio : “Antonio chiudi la finestra!”, il senso del testo è chiaro, chi l’ha codificato si è preoccupato, innanzitutto, di elaborare un testo di facile comprensione per raggiungere l’obiettivo fissato. Nel linguaggio comune il testo diventa uno “strumento” inteso a soddisfare una particolare esigenza, una volta raggiunto lo scopo diventa inutile, possiamo tranquillamente abbandonarlo.
Un discorso completamente diverso bisogna fare per il testo poetico, in questo caso il testo “non è mai uno strumento” finalizzato ad ottenere obiettivi esterni al testo stesso. Il poeta-emittente non si preoccupa di elaborare un testo che sia, innanzitutto, di facile comprensione; il testo non deve essere soprattutto chiaro, la sua funzione non è strumentale; esso ha valore in sé, trova in sé stesso il fine, come d’altronde tutta la produzione che appartiene al mondo dell’arte.  
Per aiutarci a comprendere meglio la distinzione tra linguaggio poetico e linguaggio comune leggiamo questa bella pagina tratta da S. Guglielmino, T. S. Silvestrini “Guida alla lettura”, Milano 1988, ed. Principato:
“Il materiale usato dal poeta è lo stesso del linguaggio comune, cioè lo stesso materiale che ci serve ogni giorno e in ogni circostanza per le necessità di comunicazione e di rapporto della vita quotidiana.
Consideriamo di nuovo il verso:
“Dolce e chiara è la notte e senza vento...”
Se noi volessimo esprimere lo stesso contenuto per riferire a qualcuno una nostra esperienza o percezione potremmo dire abbastanza indifferentemente:
“E’ una notte serena e senza vento... “, “La notte è serena e non tira vento...”, “E una notte calma e luminosa” e via cambiando e mutando i termini o il loro ordine e la loro combinazione: il nostro destinatario riceverebbe sia in un modo che nell’altro l’informazione che vogliamo dargli riguardo alla realtà di quella notte e alla nostra percezione della sua bellezza. Questi mutamenti, nel linguaggio comune non intaccano sostanzialmente il senso di quanto si vuole comunicare.
Nel linguaggio poetico invece ogni mutamento di termine, ogni cambiamento nell’ordine delle parole, ogni accostamento, separazione, combinazione, ha un’importanza rilevante perché non è essenziale tanto ciò che si intende comunicare quanto il modo particolare con cui lo si esprime. Questo modo non è necessariamente il più preciso e definito, talora neanche il più chiaro; e non rispetta neppure l’ordine e gli accostamenti più comuni: è invece il più ricco di valori musicali e fantastici.
La parola, nel linguaggio poetico, non viene ricercata per la sua capacità di comunicare ordinatamente informazioni e conoscenze, quanto per le sue possibilità di sprigionare suoni che si leghino ritmicamente agli altri suoni del testo.
Allo stesso modo non si chiede alla parola di definire con precisione un oggetto distinguendolo da altri, ma piuttosto di rappresentarlo evocando tutte le possibili immagini che il significato comporta o che richiama per associazione, o che può suscitare in rapporto ad altri significati presenti nel testo poetico.
Perciò la polisemia di una parola (cioè il suo essere portatrice contemporaneamente di più significati) e l’ambiguità che ne consegue non solo non vengono evitate nel linguaggio poetico, ma sono consapevolmente sfruttate per moltiplicare i rapporti con li altri elementi nel testo poetico.
E’ come un gioco complesso e prezioso di echi e di riflessi, in cui ogni suono e ogni immagine non valgono più per se stessi, ma per tutte le possibilità che suggeriscono. Si costituisce quindi, nel linguaggio poetico, una rete fitta di rapporti così intrecciati tra di loro che non si può togliere un singolo elemento senza mettere in pericolo l’equilibrio del risultato finale. (op. cit. pagg. 70-71)

Anche grazie a quanto abbiamo appena visto cerchiamo di individuare quali sono gli elementi che caratterizzano, e quindi differenziano, un testo poetico da altri tipi di testi. Per comodità osserviamo forma e contenuto in modo distinto, anche se proprio nel testo poetico questi due elementi sono strettamente legati.

 

Forma

Gli elementi formali che caratterizzano un testo poetico sono:

  • l’essere scritto in versi
  • l’attenzione per le rime, le assonanze e le consonanze
  • la scelta dei termini secondo criteri fonici
  • sintassi che spesso non segue le regole canoniche
  • cura particolare per il lessico

Contenuto

Per quanto attiene al contenuto possiamo dire che non vi sono particolari argomenti che in qualche modo caratterizzano il testo poetico. E’ invece importante sottolineare come in esso il contenuto è strettamente legato alla forma, significato e significante sono tra loro uniti in un’unione inscindibile.
Ogni poesia è l’espressione unica di un particolare poeta, cercare d’esprimere i medesimi contenuti modificando la forma è impossibile, otterremo qualcosa di completamente diverso. 

 

La complessità del testo poetico

Nell’avvicinarci ad un qualsiasi testo poetico dobbiamo ricordare che in esso nulla, o poco, è spontaneo, ogni elemento viene scelto non solo per il significato che porta con sé ma anche:

  • per le relazioni che crea con le altre parti del testo
  • perché è in grado di suggerire immagini
  • sa evocare ricordi
  • per la capacità di creare effetti musicali
  • perché è in grado di creare associazioni d’idee 

 

2. Studiare un testo poetico
Proprio per queste peculiari caratteristiche studiare un testo poetico è un’operazione piuttosto complessa, possiamo immaginarla come un percorso suddiviso in diverse fasi o livelli di lettura. La prima parte del percorso è legata all’analisi del testo, mentre la seconda si focalizza sull’interpretazione dello stesso.
Analisi del testo
Data la natura pragmatica del presente testo proponiamo, in modo schematico, un possibile percorso per l’analisi del testo poetico, ogni lettore, con l’esperienza, sarà in grado di crearsi un “proprio” percorso.
Nello schema si noti la distinzione tra lo studio dell’autore e del tempo in cui  visse (PARTE I: analisi extratestuale), e l’analisi del testo vero e proprio (PARTE II: analisi testuale).

 

 

 

PERCORSO PER L’ANALISI DEL TESTO POETICO

PARTE I: Analisi extratestuale (o contestualizzazione)

FASE

DESCRIZIONE SINTETICA

OBIETTIVI

NOTE

Prima

Inquadramento storico e socio-culturale

Raccogliere quante più informazioni possibili, relative al momento storico e socio-culturale nel quale l’autore è vissuto

Conoscere le coordinate storiche e socio-culturali nelle quali un determinato autore è vissuto è di notevole aiuto per la comprensione dei testi poetici che questi ha prodotto
(ad esempio, risulta difficile comprendere compiutamente la poesia Il cinque maggio di A. Manzoni, se non si conoscono la vita e le imprese di Napoleone).

Seconda

Studio della biografia dell’autore

Conoscere la vita dell’autore.

Vita e opere di un autore non possono essere considerate come due entità distinte, sarebbe un gravissimo errore, la vita si riflette nelle opere e queste ci consentono di comprendere la sua vita, in una unità inscindibile.
La presenza costante di alcuni temi nella poetica di alcuni autori si comprende appieno solo conoscendo la loro vita (pensiamo ad esempio a Pascoli e al tema frequente del nido familiare come fonte di felicità, un tale tema si collega alle tragedie familiari che l’autore ha vissuto quando era ancora ragazzo).

Terza

L’autore e il suo tempo

Comprendere i rapporti tra l’autore e i contemporanei

I poeti, ma tutti gli artisti in genere, rappresentano figure del tutto particolari all’interno di un gruppo sociale, è importante comprendere quale considerazione avesse il poeta da parte dei contemporanei. Troveremo posizioni che sono lontanissime tra loro, così Manzoni ebbe una notevolissima considerazione, mentre Dino Campana venne, per tutta la vita, considerato disturbato mentalmente.
Studiare il rapporto tra autore e contemporanei è importante anche perché bisogna ricordare che erano i contemporanei i reali destinatari del testo.
Non bisogna poi dimenticare che il testo potrebbe essere stato scritto per una particolare occasione.

Quarta

Analisi della produzione complessiva e collocazione del testo da studiare

Collocare correttamente, all’interno della produzione complessiva dell’autore, il particolare testo poetico da studiare

E’ importante avere una visione d’insieme delle opere prodotte dall’autore per comprendere il testo da analizzare. Se visto come parte di un insieme, e se collocato correttamente, diventa più facile comprendere il senso del testo.

Quinta

Studio della poetica

Conoscere gli elementi essenziali che ci consentono di comprendere la poetica dell’autore

Possiamo considerare la poesia studiata come un frammento della produzione del poeta, ebbene per comprendere quel frammento è necessario conoscere le linee guida del pensiero dell’autore, i temi più frequenti, l’uso del lessico, ecc.

 

PERCORSO PER L’ANALISI DEL TESTO POETICO

PARTE II: Analisi testuale

FASE

DESCRIZIONE SINTETICA

OBIETTIVI

NOTE

Prima

Prima lettura

Conoscere il testo 

In questa prima fase si legga il testo, lettura espressiva, cercando di evidenziare le pause e gli accenti per coglierne il ritmo.

Seconda

Prima comprensione

Comprendere il significato del testo “traducendolo” in prosa (fare la parafrasi)

Nella seconda fase dobbiamo fare la parafrasi del testo. Parafrasi deriva dal greco paràphrasis e significa “frase posta vicino”. Nel fare la parafrasi dobbiamo ricordare che questa ha una propria indipendenza dal testo di riferimento, ci consente di individuare i contenuti del testo, ma da questo se ne distingue sia per la struttura, sia per il lessico. Dobbiamo inoltre ricordare che stiamo riscrivendo in prosa i contenuti del testo poetico, se in quest’ultimo le regole sintattiche spesso sono trascurate, non altrettanto deve avvenire per il testo in prosa.
Per fare la parafrasi consigliamo di:

  • chiarire il significato di ogni singola parola o delle espressioni non immediatamente comprensibili, parole nuove, insolite, ecc;
  • ricostruire la situazione complessiva dei fatti o delle emozioni rappresentate nel testo;
  • ricercare un'espressione semplice e chiara, di un linguaggio comune, per ogni punto della poesia;
  • ricercare il messaggio profondo del testo;
  • individuare una chiave interpretativa che riveli il senso delle immagini poetiche

Terza

Individuazione dei nuclei tematici

Individuare i nuclei tematici presenti nel testo

La parafrasi ci consente di individuare quelli che possiamo definire nuclei tematici della poesia. Solo se saremmo in grado di individuare correttamente i nuclei tematici potremmo comprendere il significato complessivo del testo.

Quarta

Studio dell’aspetto  metrico e strutturale

Individuare e definire gli elementi metrici e strutturali presenti

In questa fase dobbiamo individuare:
1. il tipo di componimento (sonetto, ballata,
schema libero, ecc.)
2. la natura dei versi presenti
3. la posizione dell’accento ritmico, le
    pause, le cesure e gli enjambement 

Quinta

Studio delle figure retoriche

Individuare le eventuali figure retoriche presenti, cercando di comprendere quale significato l’autore intendeva attribuire alle diverse figure

In quest’ultima fase cercheremo nel testo quelle che vengono definite “figure retoriche”, ossia quelle forme stilistiche usate dall’autore per ottenere particolari effetti. Il nome “retoriche” deriva dal fatto che tali figure furono studiate e codificate dalla Retorica antica (ricordo che presso i Greci e i Latini la Retorica era una materia di studio, coincidente con l’arte del parlare e scrivere con efficacia persuasiva)
Le figure retoriche che possiamo trovare nei testi poetici sono:
1. figure di suono (rima, assonanza,
    consonanza, allitterazione, onomatopea)
2. figure sintattiche (anafora, ellissi,   
enumerazione, climax, anastrofe,
iperbato, chiasmo)
3. figure di significato (similitudine,
metafora, analogia, sinestesia, metonimia, 
sineddoche, ossimoro, iperbole, litote)

 

Dall’analisi all’interpretazione
Dopo l’analisi del testo possiamo passare alla sua interpretazione. Il testo analizzato viene ora osservato secondo quattro diverse chiavi di lettura:

Rispetto all’analisi è necessario sottolineare come il momento dell’interpretazione sia più complesso, per interpretare è necessario avere una visione d’insieme che solo uno studioso è in grado d’avere. Quando scrivo “interpretare” intendo perciò conoscere le interpretazioni date dai critici letterari.   

INTERPRETAZIONE DEL TESTO

Il momento dell’interpretazione si concretizza in queste quattro fasi analitiche:

  1. il testo nella produzione dell’autore
  2. il testo nella produzione del suo tempo
  3. il testo nella produzione poetica in generale
  4. il mio rapporto con quel particolare testo (o commento)

per le prime tre fasi è preferibile, come abbiamo fatto per l’analisi extratestuale, rivolgersi ai critici letterari, magari più d’uno, per poter comprendere quale rilevanza abbia il testo nella produzione dell’autore, nella produzione del tempo e nella produzione poetica in generale. Discorso totalmente diverso bisogna invece fare per quanto attiene al mio rapporto con il testo letto.

Il mio rapporto con quel particolare testo (o commento)
Questo punto viene spesso, a torto, trascurato nello studio di un testo poetico, è il momento del mio coinvolgimento razionale ed emotivo. Adesso, dopo aver acquisito le necessarie informazioni extratestuali, dopo aver fatto una puntuale analisi testuale e dopo aver letto l’opinione dei critici, qual è l’idea che io mi sono fatto del testo, quali pensieri, quali emozioni e sentimenti la sua lettura ha provocato in me. Si tratta del commento al testo, questo può essere apprezzato ma anche criticato, attenzione però ogni nostro giudizio dovrà essere giustificato da valide argomentazioni, che possono nascere solo da una approfondita conoscenza dell’opera e dl suo significato profondo. In questo caso non vi sono molti consigli che possono essere dati, ognuno cerchi di affinare la propria capacità d’ascolto di quella tipologia testuale del tutto particolare chiamata “testo poetico”.    

PERCORSO PER L’ANALISI DEL TESTO POETICO

PARTE III: interpretazione del testo

FASE

DESCRIZIONE SINTETICA

OBIETTIVI

NOTE

Prima

Il testo nella produzione  dell’autore

Interpretare il testo nell’ottica della  produzione complessiva dell’autore

Con l’aiuto dei critici letterari cerchiamo di comprendere quale posto particolare abbia avuto il testo nella produzione complessiva dell’autore.

Seconda

Il testo nella produzione del suo tempo

Interpretare il testo nell’ottica della produzione poetica del suo tempo

Sempre con l’aiuto delle opinioni dei critici (ribadisco che è sempre meglio consultarne più d’uno) cerchiamo di conoscere:

  • la fortuna dell’opera tra i contemporanei
  • come si colloca l’opera nella produzione dei contemporanei

Terza

Il testo nella produzione poetica in generale

Interpretare il testo nell’ottica della produzione poetica in generale

Non ci resta ora che individuare la rilevanza che all’opera viene attribuita nella produzione poetica in generale.

Quarta

Il mio rapporto con quel particolare testo (commento)

Cogliere le emozioni, gli stati d’animo, le riflessioni che il testo mi ha suscitato

In quest’ultima fase riflettiamo in merito alle emozioni, ai sentimenti, ai pensieri che la lettura del testo ha suscitato in noi.
Quest’ultimo momento mette in luce la nostra sensibilità poetica e la nostra capacità d’ascolto.

 

3. STUDIARE UN TESTO POETICO (APPLICAZIONE)

ANALISI EXTRATESTUALE (o contestualizzazione)

Ricordo che con analisi extratestuale intendo:

  • inquadramento storico e socio-culturale
  • studio della biografia
  • l’autore e il suo tempo
  • analisi della produzione complessiva e collocazione del testo da studiare
  • studio della poetica

Nelle antologie scolastiche i testi poetici sono sempre accompagnati da informazioni che consentono l’analisi extratestuale, certo lo spazio che viene dedicato a questo aspetto dell’analisi del testo varia notevolmente a seconda della tipologia d’utente a cui l’antologia è destinata, e delle finalità per le quali la stessa è stata scritta.

ANALISI TESTUALE

Come abbiamo visto l’analisi testuale può essere suddivisa nei seguenti momenti:

  1. prima lettura
  2. prima comprensione
  3. ricerca dei nuclei tematici
  4. studio dell’aspetto metrico strutturale
  5. studio delle figure retoriche

a. Prima lettura
In questa prima fase leggiamo con lettura espressiva il testo, cercando, mediante l’intonazione della voce, di mettere in rilievo il ritmo della poesia.

b. Prima comprensione
Non è sempre facile “comprendere il significato profondo di una poesia”. Il paziente lavoro di lettura e di decodificazione di un testo poetico può, come prima tappa, materializzarsi nella parafrasi ( paraphrasis = dire con altre parole) che prevede alcune importanti operazioni:

  • il chiarimento del significato di ogni singola parola o delle espressioni non immediatamente comprensibili, parole nuove, insolite, ecc
  • la ricerca di un'espressione semplice e chiara, di un linguaggio comune per ogni punto della poesia;
  • la ricerca del messaggio profondo;
  • l'individuazione di una chiave interpretativa che riveli il senso delle immagini poetiche

Come esempio vediamo la parafrasi di tre terzine tratte al Canto primo della Divina commedia (versi 19-27):

Allor fu la paura un poco queta
che nel lago del cor m’era durata
la notte ch’i’ passai con tanta pièta.
E come quel che con lena affannata
uscito fuori dal pelago a la riva
si volge a l’acqua perigliosa e guata,
così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva.
Parafrasi (di Natalino Spegno)
Allora si calmò, almeno in parte, la paura che mi aveva ingombrato il cuore durante la notte che avevo trascorso con tanta angoscia. E come fa chi è appena giunto alla riva dopo uno scampato naufragio, che si volge col respiro ancora affannato a fissare la distesa d’acqua che gli ha fatto correre un così grave rischio; così l’animo mio, che ancora rifuggiva dal pericolo della selva, si volse indietro a guardare nuovamente quel passaggio che non ha mai lasciato sopravvivere nessuno.

c. Ricerca dei nuclei tematici
La parafrasi ci aiuta nella ricerca di quelli che abbiamo definito i nuclei tematici del testo. Per comprendere cosa sono i nuclei tematici immaginiamo di dover rispondere alla domanda: quali temi o argomenti sono affrontati, toccati, suggeriti dall’autore del testo ?
Osserviamo la poesia di Salvatore Quasimodo “Alle fronde dei salici” del 1945 pubblicata nella raccolta Con il piede straniero sopra il cuore del 1946.

E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
tra i morti abbandonanti nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo ?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese:
oscillavano lievi al triste vento.

 

Il tema centrale di questa poesia è che davanti alla violenza e alla crudeltà, di fronte a quella che possiamo definire la disumanizzazione dell’uomo, ai poeti non rimane che il silenzio. All’interno di questo tema centrale vi sono dei sotto temi o nuclei tematici, tra questi sottolineiamo:

  • il tema della solidarietà tra gli esseri umani (si noti il noi del primo verso e il piede straniero sopra il cuore del secondo verso, qui il cuore è unico in una forma di compartecipazione alla sofferenza)
  • il tema dei bambini principali vittime della violenza (al lamento d’agnello dei fanciulli)
  • il tema del dolore straziante provocato dalla perdita di un figlio (l’urlo nero della madre)
  • il tema del silenzio che si impone ai poeti nelle situazioni di violenza e di crudeltà, quasi una forma di rispetto per quanti soffrono (Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese)

oltre a questi anche altri temi possono emergere da una lettura attenta.

d. Studio dell’aspetto metrico-strutturale
Per esperienza questo è il tipo d’analisi meno gradito agli studenti. Analizzare l’aspetto metrico strutturale di un testo significa:

  1. definire il tipo di componimento, osservando il tipo di strofe e la loro organizzazione
  2. trovare la lunghezza (quindi il tipo) del verso
  3. evidenziare la distribuzione degli accenti ritmici, delle pause e delle eventuali cesure ed enjambements

1. Definire il tipo di componimento
Ogni componimento poetico è costituito da una o più strofe, ma come possiamo definire la strofa e quante sono le tipologie di strofe che possono dar luogo ai testi poetici.

La strofa
Con strofa intendiamo l’insieme di versi che danno luogo ad un “periodo ritmico (spesso anche logico concettuale) ben definito. E’ piuttosto facile rilevare il numero di strofe che compongono un componimento poetico dato che ogni strofa è separata dalla successiva da una riga bianca.
Le strofe vengono nominate in base al numero di versi che le costituiscono, avremo così:

  • il distico ( strofa di due versi);
  • la terzina (strofa di tre versi);
  • la quartina (strofa di quattro versi)
  • la sestina (strofa di sei versi)
  • l'ottava (strofa di otto versi)

Nella letteratura italiana, le strofe più frequenti sono la terzina ( la “Divina Commedia” è in terzine ), la quartina (usata in particolare nel sonetto ), e l’ottava. Nella poesia moderna, a partire dalla fine dell’Ottocento, si trovano comunemente strofe a schema libero, ossia che non seguono modelli ritmici definiti.

I diversi componimenti poetici
I principali tipi di componimenti della tradizione poetica italiana sono:

  • ballata
  • canzone
  • sonetto
  • ode

 

Ballata
La ballata, o canzone a ballo, è un componimento molto antico, di origine popolare, caratterizzato inizialmente dal fatto di essere accompagnato dal canto e dalla danza. La ballata è formata da una introduzione, detta ripresa o ritornello, costituita da un numero di versi variabile da uno a quattro. Dopo la ripresa vengono le stanze, composte ciascuna da due piedi ( rispettivamente detti prima mutazione e seconda mutazione ) e da una volta: l’ultimo verso della volta, che ha sempre lo stesso numero di versi della ripresa, rima con l’ultimo verso della ripresa.
La ballata è un metro classico diffuso soprattutto in epoca medioevale, rinascimentale e barocca. Dal Settecento in avanti il suo utilizzo è andato esaurendosi.

Canzone
Di origine provenzale, la canzone raggiunge con Petrarca la sua struttura classica. La canzone è considerata il componimento più solenne e illustre della tradizione lirica italiana. E’ costituita da una serie di strofe o stanze, miste di endecasillabi (versi formati da undici sillabe) e settenari (versi formati da sette sillabe).
Ogni stanza è composta da due parti, la fronte, formata a sua volta da due piedi, e la sirma ( o coda ), che può essere unica o divisa in due parti uguali. La sirma è legata alla fronte da un verso che può restare o isolato o rimare con l’ultimo verso della fronte che si chiama chiave ( o concatenazione ).
Di solito la canzone è chiusa da una stanza più breve delle altre detta congedo o commiato.

Sonetto
Il sonetto è un componimento di antica tradizione. E’ costituito da 14 endecasillabi, distribuiti in due quartine e due terzine. I versi sono endecasillabi e le rime possono essere di vario tipo

Ode
Derivata dalla canzone, ne ha semplificato lo schema, orientandosi verso la scelta di strofe più brevi, con un numero variabile di versi. L’ode più conosciuta è senz’altro Il cinque maggio di Alessandro Manzoni.

2. Trovare la lunghezza del verso
Un verso è costituito dall’insieme di parole che stanno su una stessa riga. Esso rappresenta l’elemento caratterizzante i testi poetici, l’elemento che ci consente, anche a colpo d’occhio, la loro distinzione da tutti gli altri tipi di testi.
I versi possono essere di lunghezza variabile, e in base alla lunghezza vengono nominati, abbiamo, così, versi:

  • bisillabi o binari (formati da due sillabe)
  • trisillabi o ternari (formati da tre sillabe)
  • quadrisillabi o quaternari (formati da quattro sillabe)
  • quinari (formati da cinque sillabe)
  • senari (formati da sei sillabe)
  • settenari (formati da sette sillabe)
  • ottonari (formati da otto sillabe)
  • novenari (formati da nove sillabe)
  • decasillabi (formati da dieci sillabe)
  • endecasillabi (formati da undici sillabe)
  • dodecasillabo o doppio senario (formati da dodici sillabe)

 

Trovare la lunghezza del verso è operazione in apparenza piuttosto semplice (basta contare le sillabe che lo compongono), tuttavia per individuare correttamente il numero di sillabe che compongono un verso è necessario tener presente alcune regole, vediamole.

Versi piani, tronchi, sdruccioli e bisdruccioli
1. Se il verso è piano (ossia se l’accento tonico cade sulla penultima sillaba della parola conclusiva) il
    conteggio delle sillabe è regolare
2. Se il verso è tronco (ossia se l’accento tonico cade sull’ultima sillaba della parola conclusiva) bisogna
considerare una sillaba in più rispetto a quelle effettivamente computate (l’ultima viene considerata
doppia).
2. Se il verso è sdrucciolo o bisdrucciolo (ossia se l’accento tonico cade sulla terz’ultima o quart’ultima
sillaba della parola conclusiva) bisogna considerare una sola sillaba dopo quella accentata  

In presenza di particolari figure metriche (sinalèfe, dialèfe, sinèresi, dièresi)
Le regole della sinalèfe e della dialèfe si applicano nell’incontro di parole, mentre quelle della sinèresi e della dièresi interessano un’unica parola. 
1. La vocale finale atona di una parola si fonde con la vocale iniziale della parola che segue, formando
    un’unica sillaba, si parla in questo caso di sinaléfe:
di/ gen/te-in/ gen/te,/ me/ ve/drai/ se/du/to
(Ugo Foscolo, In morte del fratello Giovanni)
si noti come la e di gente si fonde con la in, formando un’unica sillaba.

2. Il contrario della sinalèfe è la dialèfe, in questo caso non avviene la fusione delle vocali di parole
    diverse che si incontrano; generalmente la fusione non avviene perché una delle due e tonica:
che/ la/ di/rit/ta/ via/ e/ra/ smar/ri/ta
(Dante Alighieri)
si noti come via e e di era rimangono separate.

3. La regola della sinèresi si applica quando due vocali che normalmente formano uno iato (ossia si
distinguono nella pronuncia) vengono unite in un’unica sillaba:
Ed/ er/ra/ l’ar/mo/nia/ per/ que/sta/ val/le
(Giacomo Leopardi, Il passere solitario)
lo iato presente nella sillaba nia non viene considerato, le due vocali si mantengono unite a formare
un’unica sillaba. Generalmente, nei testi poetici, si ha sinèresi con parole come mio, tuo, tua, ecc.

4. La dièresi è il contrario della sinèresi, consiste nel considerare come uno iato due vocali che
    normalmente formano dittongo:
E/ pre/go an/ch’io/ nel/ tuo/ por/to/ qui/e/te
(Ugo Foscolo, In morte del fratello Giovanni)
La dieresi nella parole quiete rende la parola trisillabica e quindi il verso endecasillabo. Graficamente una diéresi viene indicata ponendo due puntini sopra la vocale più debole.

3. Individuare l’accento ritmico, le eventuali cesure ed enjambements
Nello studio di una poesia spesso trascuriamo, ingiustamente, l’analisi del ritmo e della musicalità che emergono dal testo; eppure dobbiamo pensare che il poeta considera il ritmo e la musicalità del testo come elementi fondamentali per la scelta dei termini da usare. Non bisogna dimenticare che la poesia è strettamente imparentata con il canto (la poesia antica veniva cantata con accompagnamento musicale). Ancora oggi il testo di alcune canzoni può essere considerato, a tutti gli effetti, un testo poetico.
La musicalità e il ritmo di un testo si creano mediante l’uso di accenti ritmici e di pause.

Accenti ritmici
Nei testi poetici accanto agli accenti tonici, caratteristici di ogni parola, esiste l’accento ritmico o ictus (ictus in latino significa percussione, e richiama il battere del tempo durante l’esecuzione di un brano musicale) esso può essere definito come: il punto o i punti del verso, chiamati sedi, dove la voce insiste in modo particolare, con più forza.
Nella poesia tradizionale le sedi dell’accento ritmico sono fissate dalla metrica in base alla lunghezza del verso, abbiamo così:

Tipo di verso

Accenti ritmici cadono sulle sillabe

bisillabo o binario

prima

trisillabo o ternario

Seconda

quadrisillabo o quaternario

prima e terza

quinario

prima o seconda e quarta

senario

seconda e quinta

settenario

una della prime quattro e sesta

ottonario

terza o quarta e settima

novenario

generalmente seconda, quinta e ottava

decasillabo

terza, sesta e nona

endecasillabo

obbligatorio sulla decima sillaba, gli altri sono mobili

oltre l’endecasillabo i versi si considerano, per gli accenti ritmici come versi doppi, così un dodecasillabo viene considerato un doppio senario.

Pause, cesure ed enjambement
La cadenza ritmica della poesia è data, oltre che dagli accenti ritmici, anche dalle pause. Una pausa è, generalmente, presente alla fine del verso; possiamo però delle pause anche all’interno di un verso, in questi casi si parla di cesura:
Ei fu. (pausa di cesura) Siccome immobile
(Manzoni)
Nel breve verso di Manzoni proposto la funzione della cesura è di evidenziare alcune parole. Solitamente le cesure sono presenti nei versi lunghi, in concomitanza dei segni di punteggiatura, dividono il verso in due parti dette emistichi (emistichio deriva dal greco e significa mezzo verso). Nell’endecasillabo (forse il verso più usato nella letteratura italiana) la cesura si ha dopo la settima sillaba (in alcuni casi dopo la quinta).
Abbiamo visto come le pause siano generalmente presenti alla fine del verso, capita però, a volte, che il senso logico del verso si completi in quello successivo (ad esempio quando abbiamo un nome in un verso e il suo aggettivo nel verso successsivo), in questi casi la pausa di fine verso tende a svanire modificando il ritmo, questo fenomeno prende il nome di enjambement (o inarcatura):
Il tramonto discendeva con sordi
brontolii. Ognuno si godeva i cari
ricordi, cari ma perché ricordi.
(G. Pascoli)
si noti l’enjambement presente tra il primo e il secondo verso, e quello tra il secondo e il terzo.

e. Studio delle figure retoriche
Le più diffuse figure retoriche che possiamo trovare nei testi poetici si possono così classificare:

  1. figure di suono (rima, assonanza, consonanza, allitterazione, onomatopea)
  2. figure sintattiche (anafora, ellissi, enumerazione, climax, anastrofe, iperbato, chiasmo)
  3. figure di significato (similitudine, metafora, analogia, sinestesia, metonimia, sineddoche, ossimoro, iperbole, litote)

1. Figure di suono (rima, assonanza, consonanza, allitterazione, onomatopea)

Rima

Assieme all’accento ritmico e alle pause, la musicalità di un testo poetico si ottiene, innanzitutto, mediante le rime. La rima è da considerarsi tra le più diffuse figure di suono. Due parole si dicono in rima quando hanno un’identità di suoni a partire dalla vocale su cui cade l’accento tonico. Le parole che producono la rima si trovano, perlopiù, alla fine del verso. Attenzione perché si abbia una vera e propria rima vi deve essere l’identità di suoni a partire dalla vocale sui cade l’accento tonico della parola, così saltare e ballare fanno rima, mentre temere e prendere non sono in rima, in prendere, infatti, l’accento tonico cade sulla prima e.

All’interno di un testo poetico la rima svolge delle funzioni importante perché:

  • contribuisce in maniera sostanziale a scandire il ritmo del testo
  • stabilisce rapporti fonici tra parole diverse
  • pone in relazione due termini che fanno riferimento a concetti che possono essere simili, diversi, opposti, potendo così trasformare una relazione di suono in una relazione di significato (ad esempio spande-grande per somiglianza, sera-capinera per diversità, sera-primavera per opposizione). 

Le rime si distinguono in base al loro disporsi nell’ambito di una sequenza di versi. Per aiutarsi nel definire la sequenza, i versi contenenti rime uguali vengono indicati con una stessa lettera dell’alfabeto, avremo così una sequenza di lettere che indicano il rapporto in rima tra i differenti versi. Vediamo le sequenze di rime più diffuse nella letteratura italiana:

Rima baciata: si ha quando due versi consecutivi rimano tra loro secondo lo schema AA BB CC

O cavallina, cavallina storna

A

che portavi colui che non ritorna  

A

(G. Pascoli, La cavalla storna)

Rima alternata: unisce due versi alternativamente secondo lo schema AB AB

Forse perché della fatal quiete

A

tu sei l’imago, a me sì cara vieni

B

o sera! E quando ti corteggian liete

A

le nubi estive e i zefiri sereni 

B

(U. Foscolo, Alla sera)

Rima incrociata: unisce il primo verso al quarto, il secondo al terzo secondo lo schema AB BA


Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono

A

di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core

B

in sul mio primo giovenile errore

B

quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono

A

(F. Petrarca, Canzoniere)

Rima incatenata o terza rima (detta anche rima dantesca, perché usata da Dante nella Divina Commedia): lega assieme strofe di tre versi (terzine) in una specie di catena, il primo verso legato con il terzo, il secondo con il primo e il terzo della strofa successiva, introducendo in ogni nuova strofa un nuovo verso nel mezzo secondo lo schema ABA BCB CDC, ecc.


Nel mezzo del cammin di nostra vita

A

mi ritrovai per una selva oscura,

B

che la diritta via era smarrita.

A

 

 

Ahi quanto a dir qual era è cosa dura

B

esta selva selvaggia ed aspra e forte

C

che nel pensier rinnova la paura !

B

Rima interna
Quando almeno una delle parole che formano la rima si trova all’interno del verso all’ora si parla di rima interna.

Rima al mezzo (o rimalmezzo)
Questo particolare tipo di rima si ottiene quando la rima interna cade al termine di un emistichio (metà del verso), ossia quando coincide con la cesura.

Versi sciolti
Quando i versi non sono legati tra loro da alcun schema di rima, allora si parla di versi sciolti; questi sono entrati in uso nella poesia dell’Ottocento (anche i componimenti di Leopardi sono in versi sciolti) e si sono affermati nel Novecento.

Assonanza e consonanza
Attenzione a non confondere l’assonanza e la consonanza con la rima, nella rima vi è una perfetta identità dei suoni dopo l’accento tonico, mentre nell’assonanza vi è l’identità delle sole vocali, e nella consonanza l’identità delle sole consonanti.
nostri-volti (assonanza)
partisti-rimasta (consonanza)

Allitterazione
Il termine allitterazione deriva dal latino ad litterare = allineare lettere. Questa figura di suono si ottiene ripetendo uno stesso fonema (o uno simile) in una o più parole successive:
E nella notte nera come il nulla
(da G. Pascoli, Il tuono)
Già tutta l’aria imbruna,
torna azzurro il sereno, e tornan l’ombre
(da G. Leopardi, Sabato del Villaggio)

Onomatopea
Detta anche armonia imitativa, l’onomatopea consiste nell’usare delle espressioni verbali che richiamano particolari suoni naturali. L’espressione verbale che viene usata può essere foneticamente imitativa (il gre gre della rane), oppure contenere dei fonemi che suggeriscono acusticamente l’azione o l’oggetto (il frusciodelle foglie, il miagolare del gatto, ecc.).   

Paronomasia
Viene detta anche “bisticcio”, consiste nell’accostare due parole di suono simile ma di significato completamente diverso:
sedendo e mirando
(G.Leopardi, L'Infinito )

2. Figure sintattiche (anafora, anastrofe, chiasmo, climax, ellissi, enumerazione, iperbato)
Anafora
Il termine anafora deriva dal greco anaphéro = ripeto. Consiste nella ripetizione di una o più parole all’inizio di due versi o di due periodi; è tipica delle preghiere, delle invocazioni, delle filastrocche.   
Per me si va nella città dolente,
per me si va nell’eterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
(Dante, Inferno, Canto III vv.1-3)

Anastrofe
Questo temine deriva dal greco anàstrophe = inversione. Questa figura prevede un sovvertimento, rispetto alla struttura sintattica abituale, dell’ordine degli elementi di una frase.
La bocca sollevò dal fiero pasto
quel peccator                                                                  (Dante, Inferno)
invece di: Quel peccator sollevò la bocca dal fiero pasto

Chiasmo
Dal greco khiasmòs = collocazione in forma di croce, secondo la lettera greca X. Si tratta di un particolare tipo di inversione che prevede la disposizione incrociata di due espressioni, il cui ordine delle parole è invertito nella seconda rispetto la prima, così da formare una X.
Le donne                          i cavalieri
l’arme    ..                          gli amori
(Ludovico Ariosto, Orlando furioso)
Si noti come Le donne richiami l’espressione gli amori e i cavalieri l’espressione l’arme, a formare una X.

Climax
Collegata alla figura della Enumerazione, per climax si intende una progressiva successione di termini in un ordine che può essere crescente per cui si parla di climax ascendente (progressivo intensificarsi del concetto) o decrescente(progressivo attenuarsi del concetto) e si parla di climax discendente (o anticlimax). 
Climax ascendente
Antonio quando corre è rapido, veloce, un razzo, un fulmine.
Climax discendente
Questo alunno è intelligente, ha buona memoria, fa quello che può.

Ellissi
Deriva dal greco élleipsis = mancanza. L’ellissi prevede l’eliminazione di uno più elementi sintattici all’interno della frase al fine di ottenere una maggiore efficacia comunicativa; l’ellissi è usata anche nei testi non poetici (si pensi alle frasi nominali, o prive di verbo, come ad esempio “Oggi pensionati in piazza”)
Gèmmea [è] l’aria, il sole [è] così chiaro,
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore.
(da G. Pascoli, Novembre)

 

Enumerazione
Consiste nella rapida rassegna di eventi, oggetti, qualità coordinati per asindeto (ossia senza le congiunzioni e, o, ma, ecc., in alcuni casi sostituite da segni di punteggiatura) o per polisindeto (con le consuete congiunzioni).
Enumerazione per asindeto.
S’aprirà quella strada,
le pietre canteranno,
il cuore batterà sussultando,
come l’acqua nelle fontane.

(Cesare Pavese, Passerò per Piazza di Spagna)
Enumerazione per polisindeto.
Benedetto sia ‘l giorno e ‘l mese, e l’anno,
e la stagione, e ‘l tempo, e l’ora, e ‘l punto,
(Petrarca, dal Canzoniere)

Iperbato
Indica l’alterazione dell’ordine consueto delle parole e l’inserimento di uno o più termini tra parole che sintatticamente andrebbero unite. 

mille di fior al ciel mandano incensi
(Foscolo, Sepolcri)
invece di: mandano al ciel mille incensi di fiori.

 

3. Figure di significato(analogia, litote, iperbole, metafora, similitudine, metonimia, ossimoro,
                                        sineddoche, sinestesia)

Analogia
L’analogia non è una figura retorica vera e propria, ma una tecnica, tipica del Decadentismo, che consiste nell’accostare realtà logicamente lontanissime, scoprendo, mediante l’intuizione, relazioni e corrispondenze particolari.
Ma nel mio cuore
nessuna croce manca
E’ il mio cuore
il paese più straziato.
(da Ungaretti, San Martino del Carso)
si noti l’analogia tra il cuore sofferente e il paese distrutto dalla guerra.

Litote
Questa figura si ha quando si afferma un concetto mediante la negazione del suo contrario.
Don Abbondio non era nato con un cuor di leone
(Manzoni, I promessi sposi)
Non cuor di leone indica la mancanza di coraggio, una forma attenuata per dire che Don Abbondio era un vile.

Iperbole
L’iperbole è una esagerazione nella rappresentazione della realtà, tramite l’uso di termini o espressioni che amplificano, o riducono, oltre misura la realtà stessa.
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino
(Montale, Xenia I)
Un milione di scale rappresenta un’iperbole della realtà.

Metafora
Questo termine deriva dal greco metaphérein = trasferire. Indica la sostituzione di una parola con un’altra, con la quale abbia una qualche relazione di significato (aspetto in comune). La metafora è molto usata dai poeti perché, sovrapponendo due concetti, anche molto diversi tra loro, crea immagini nuove ed originali.
Per esempio nell’espressione capelli d’oro la parola oro viene usata perché il suo colore giallo richiama il biondo dei capelli.
Antonio è [coraggioso] un leone e Sandro è [pauroso] un coniglio
Nella frase proposta abbiamo due metafore, nella prima usiamo il termine leone per indicare il coraggio di Antonio (l’elemento in comune tra Antonio e il leone è il coraggio), nella seconda usiamo il termine coniglio per indicare che Sandro è pauroso (l’elemento in comune tra Sandro e il coniglio è la paura). La metafora è una delle figure più usate, diffusa anche nel linguaggio comune: sei un somaro, ai piedi dell’albero, ecc.

Similitudine
Consiste nell’evidenziare un rapporto di somiglianza tra due esseri, due azioni, due avvenimenti, ecc. La similitudine si caratterizza, rispetto alla metafora, per la presenza di nessi logici di collegamento (come, quale, quanto, ecc.).
E caddi come corpo morto cade
(Dante, Inferno)
Metafore similitudine sono figure molto simili, per ricordarsi la differenza bisogna ricordare come nella similitudine vi sempre un nesso logico di collegamento tra gli elementi interessati, tale nesso manca nella metafora, tanto che alcuni studiosi vedono nella metafora una similitudine abbreviata.
Giovanni corre veloce come una lepre (similitudine)
Giovanni quando corre è una lepre (metafora)

Metonimia
Il termine deriva dal greco metà = cambiamento e ònyma = nome. Tale figura prevede la sostituzione di un termine con un altro. Lo scambio di termini è possibile perché i due elementi sono tra loro legati da un rapporto logico. Si parla di metonimia quando tra gli elementi scambiati vi è un rapporto:

1. causa ed effetto o viceversa: “Talor lasciando le sudate carte” (da Leopardi, A Silvia);
2. materia e oggetto: “sguainare il ferro” (Monti);
3. contenente e contenuto: “bevve un bicchiere” (Manzoni);
4. l’astratto e il concreto e viceversa: a chi piace la spada [vita militare];
5. l’autore con l’opera: leggere Dante;
6. il simbolo e la cosa simboleggiata: “educò un lauro.... e t’appendea corone” (Foscolo) 
7. la cosa posseduta e il possessore: i colletti bianchi, le camicie rosse;
8. il mezzo e la persona: “lingua mortal non dice...” (Leopardi)

Ossimoro
Consiste nell’accostamento di termini o espressioni di senso opposto, antitetico. Un tale accostamento, proprio per la sua originalità crea un effetto particolarmente intenso. L’uso di ossimori è frequente nella poesia di Pascoli: “tacito tumulto”, “estate fredda”, ecc.

Sineddoche
Simile alla metonimia, questa figura prevede la sostituzione di un termine con un altro, col quale vi sia una relazione di tipo estensionale (quantitativa). Si parla di sineddoche quando tra gli elementi scambiati vi è un rapporto di:

1. parte per il tutto e viceversa: “E se da lungi i miei tetti saluto” (Foscolo), ho dipinto casa;
2. il singolare per il plurale e viceversa: l’uomo è egoista, gli Augusti sono rari nella storia;
3. il genere per la specie e viceversa: i mortali per gli uomini, il pane non ci manca;

Sinestesia
Consiste nell’associare due termini (ad esempio un sostantivo e un aggettivo) che appartengono a sfere sensoriali diverse: “pigolio di stelle” (Pascoli), “urlo nero” (Quasimodo), “fresche le mie parole nella sera” (D’Annunzio).

INTERPRETAZIONE DEL TESTO

Il momento dell’interpretazione si concretizza in queste quattro fasi analitiche:

  1. il testo nella produzione dell’autore
  2. il testo nella produzione del suo tempo
  3. il testo nella produzione poetica in generale
  4. il mio rapporto con quel particolare testo (o commento)

per le prime tre fasi è preferibile, come abbiamo fatto per l’analisi extratestuale, rivolgersi ai critici letterari, magari più d’uno, per poter comprendere quale rilevanza abbia il testo nella produzione dell’autore, nella produzione del tempo e nella produzione poetica in generale. Discorso totalmente diverso bisogna invece fare per quanto attiene al mio rapporto con il testo letto.

Il mio rapporto con quel particolare testo (o commento)
Questo punto viene spesso, a torto, trascurato nello studio di un testo poetico, è il momento del mio coinvolgimento razionale ed emotivo. Adesso, dopo aver acquisito le necessarie informazioni extratestuali, dopo aver fatto una puntuale analisi testuale e dopo aver letto l’opinione dei critici, qual è l’idea che io mi sono fatto del testo, quali pensieri, quali emozioni e sentimenti la sua lettura ha provocato in me. Si tratta del commento al testo, questo può essere apprezzato ma anche criticato, attenzione però ogni nostro giudizio dovrà essere giustificato da valide argomentazioni, che possono nascere solo da una approfondita conoscenza dell’opera e dl suo significato profondo. In questo caso non vi sono molti consigli che possono essere dati, ognuno cerchi di affinare la propria capacità d’ascolto di quella tipologia testuale del tutto particolare chiamata “testo poetico”.     


Strofe formate da tre versi.

 

Fonte: http://federicozucchini.altervista.org/text/analisideltestopoetico.doc

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