Il design

 

 

 

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Il design

Che cos’è

Con design (o progetto o progettazione) si indica l'insieme delle attività di ricerca, ideazione e progettazione, relative ad un determinato progetto, ovvero finalizzate alla realizzazione di un qualsiasi prodotto, sia materiale (una sedia, un'automobile), che immateriale (software, artefatti comunicativi, prodotti audiovisivi, e così via), o di un qualsiasi manufatto, servizio, oggetto, funzionale o estetico.

Siano prodotti di larga diffusione, realizzati con materiali economici e dotati di forme e colori d’immediato impatto visivo, siano prodotti d’élite, con le loro forme eleganti, i materiali di pregio, gli oggetti di design formano oggi una COMPONENTE IMPORTANTE DELLA CULTURA VISIVA, capace di influenzare le abitudini percettive, i desideri, i gusti dell’uomo moderno.

 

Ripetibilità – modello standard

Il primo requisito dell’oggetto di design è quello di essere prodotto mediante l’intervento non occasione o parziale, ma esclusivo, della MACCHINA.
Ciò determina una caratteristica ignota prima dell’avvento della produzione industriale: la RIPETIBILITA’ DELL’OGGETTO in una serie potenzialmente infinita.
•D’altro canto, perché la serie di oggetti prodotti sia identica in ogni esemplare essa deve derivare da un modello capostipite definito anche MODELLO STANDARD o tipo.
•Il designer è appunto colui che progetta il modello, la sua forma e il suo funzionamento, stabilendo anche i materiali, le tecniche e i procedimenti che porteranno alla realizzazione dell’oggetto finito.

TERMINE
•Il termine "industrial design" nasce casualmente negli Stati Uniti negli anni '40, a quanto pare citato in un documento di un ufficio brevetti.
•La parola, quando utilizzata come abbreviazione del termine anglosassone industrial design (disegno industriale), può essere tradotta più correttamente con l'espressione "progettazione per la produzione industriale".
•La parola inglese design significa progettazione (e non disegno) e indica un insieme concentrato di conoscenze, azioni, metodologie e strumenti finalizzati al raggiungimento di uno scopo, che rappresenta l'aspetto fondamentale di ogni attività di progettazione per l'industria, le infrastrutture, l'edilizia. Si tratta di un processo completo e articolato che parte dalle primissime fasi di esplorazione e generazione di un'idea (nota come "concept design") e si svolge fino alla definizione finale di un prodotto e la sua collocazione sul mercato.

Il termine – La specializzazione
•Nel corso del tempo il concetto, l'approccio e gli strumenti dell'industrial design si sono articolati nei vari settori industriali e produttivi in cui ha trovato applicazione:
1.nel mondo della progettazione grafica e comunicazione visiva, si parla di "graphic design" e più di recente di "communication design" (design della comunicazione),
2.nel mondo dell'automobile si parla di "car design",
3.nel mondo dell'abbigliamento si parla di "fashion design" (design della moda),
4.nel mondo dell'arredamento di "furniture design" (design dell'arredo)
5.nel mondo dell'illuminazione di "lighting design" (design della luce)
6.nel mondo degli allestimenti di "exhibition design",
7.nel mondo del colore di "color design",
8.fino ad arrivare al mondo del web dove si parla di "web design".
•Attualmente esistono molti campi applicativi in cui il design si è affermato, declinato a partire dalla radice primaria di industrial design.

 
Una disciplina complessa

•Si tratta di una disciplina complessa che presuppone sempre di più un lavoro di équipe; nella progettazione di un oggetto si devono infatti considerare:
•- problemi funzionali, legati all’uso da parte dell’uomo
•- aspetti legati alla produzione (macchinari, materiali, ecc.)
•- considerare le ricerche di mercato (preferenze, bisogni, prezzi, distribuzione, ecc.)
•- problemi formali (non solo legati alla funzionalità) che riguardano valori estetici e simbolici.

Implicazioni sociali del design ed esigenze di mercato

•L’accurata progettazione degli oggetti di serie può contribuire a MIGLIORARE LA QUALITA’ DELLA VITA delle grandi masse, assicurando un ambiente funzionale e confortevole.
•Tuttavia la società industriale impone delle esigenze di mercato sempre più forti; gli oggetti devono COMPETERE sul mercato con altri prodotti simili.
•Ciò porta il designer a sottolineare gli aspetti simbolici dell’oggetto, dotandolo per così dire di un QUOZIENTE “AUTOPUBBLICITARIO”: la forma cioè non  può più limitarsi a riflettere la funzione dell’oggetto, ma deve anche trasmettere significati che lo rendono DESIDERABILE e NE FAVORISCANO LA VENDITA.
•Di qui la necessità di rinventare l’oggetto - styling

Fondamenti del design: il rapporto tra forma e funzione

•La progettazione è incentrata sulla ricerca di una perfetta simbiosi tra FORMA e FUNZIONE, ossia di un’integrazione il più possibile efficace e armonica tra aspetti TECNOLOGICI-FUNZIONALI e ESTETICO-FORMALI.
•Per questo non appartengono  all’ambito del design prodotti industriali nella cui progettazione vengono studiati unicamente  caratteri  funzionali e tecnici: ingranaggi di macchine, circuiti di computer, ecc.
•Talvolta invece appare privilegiato l’aspetto estetico di ricerca formale e volumetrica, anche a scapito della funzionalità e di nuove soluzioni tecniche; alcuni designer lavorano creando “opere” artistico-artigianali più che oggetti d’uso, pezzi unici non adatti alla produzione in serie, oppure concepiscono il design come comunicazione di un messaggio, ideando oggetti “concettuali”.

 

REDESIGN o STYLING

•Infine è possibile “rivisitare” un oggetto già esistente solo a livello estetico, senza apporti tecnici o funzionali significativi: si tratta allora di REDESIGN o STYLING, ossia di un’operazione di “cosmesi”, tesi a rinnovare l’immagine dell’oggetto per incentivarne il consumo, non elaborando un progetto nuovo.
•Lo styling s’impose per la prima volta negli Usa dopo la grande crisi economica del ’29, quando gli industriali  ricercarono sistemi più efficaci  per attirare acquirenti
•Nacquero quindi degli studi professionali, il cui compito era quello di studiare la migliore maniera per rendere “appetibili” i prodotti industriali.
•In particolare essi accentuarono l’aspetto aerodinamico delle forme (streamlining) applicandolo anche ad oggetti che, data la loro funzione, non lo richiedevano.

Funzionlità e Ergonomia

•L’autentico industrial design dovrebbe tendere a una sempre maggiore efficacia del rapporti forma-funzione, non privilegiando uno solo dei due aspetti ma valutandoli e SVILUPPANDOLI PARALLELAMENTE nell’iter progettuale.
•Ogni progetto di design dovrebbe apportare un’innovazione o modifica significativa, capace di elevare la qualità dell’oggetto a livello funzionale, estetico, materico, tecnologico.
•Nel corso degli anni si è sviluppata una crescente attenzione all’ERGONOMICA, scienza applicata tesa a ottenere la massima funzionalità di oggetti strumenti e macchine in rapporto alle esigenze e modalità di utilizzo, quindi alle proporzioni e caratteristiche anatomiche del corpo umano.

Diverse concezioni nel tempo

•Il design ha presentato diverse concezioni nel corso della storia, legate al contesto storico, culturale, artistico, sociale, geografico, ecc

Anche il rapporto tra forma e funzione può essere concepito in modi diversi:
•-si nasconde la struttura o le soluzioni tecniche
•-si evidenzia la struttura/tecnologia
•Lo stesso di quanto accade ad esempio nell’architettura.

FINE OTTOCENTO -     ART –NOUVEAU

 

TRA ARTIGIANATO E INDUSTRIA – L’eleganza dei manufatti Thonet
•Le tecnica del piegare il legno fu inventata nel 1830 dall’ebanista prussiano Michael Thonet; l’idea gli venne osservando l’elasticità dei rami che derivava dalla presenza della linfa nelle loro fibre.
•Sfruttò la tecnica della piegature delle lamine di ebano con la colla bollente; alla colla sostituì il vapore acqueo bollente che rendeva nuovamente elastico il legno; una volta piegato adattandolo a delle forme di metallo, il legno veniva essiccato nei formi ritornando quindi ad essere rigido.
•La sedia Thonet è costituita da sei pezzi assemblati con 10 viti. Facile da montare, smontare e imballare per essere spedita.
•Alla fine dell’Ottocento ne erano state prodotte circa 45 milioni di pezzi, grazie ad un processo di produzione a catena, che tuttavia manteneva ancora delle parti “manuali”
Valori espressivi
La tecnica della curvatura del legno ha permesso dunque di restituire al legno la sua elasticità; gli oggetti che ne risultano sono esili e leggeri nella loro struttura portante e trasparenti nei sedili e negli schienali. Nella loro linearità i mobili Thonet sembrano non occupare  uno spazio fisso; sono un elegante segno grafico e pittorico.
Questi mobili si caratterizzano inoltre per la continuità degli elementi che li compongono; essi fanno coincidere in maniera geniale gli elementi strutturali con i segni decorativi


ANNI VENTI / TRENTA – BAUHAUS

Termine

Bauhaus è l'abbreviazione di Staatliches Bauhaus, una scuola di arte e architettura della Germania che operò dal 1919 al 1933.
•Bauhaus da: “bauen” – costruire, “Haus” – casa,  “apprendere nella casa dell’edilizia”
•Fu la corrente più influente di quello che è conosciuto come modernismo in architettura.
•La scuola fu fondata da Walter Gropius e Mendelson a Weimar nel 1919.
•Un volantino di quattro facciate rendeva pubblico il manifesto-programma: un appello a tutte le manifestazioni artistiche figurative di ricongiungersi in vista di una nuova grande architettura.
È l’idea dell’opera d’arte unitaria, della sintesi delle diverse arti; un’arte popolare e collettiva, lontana dai musei che si concretizza nell’immagine simbolica della Cattedrale.
Pur essendo incentrata sull’architettura e sul design, ci si occupò di teatro, fotografia, grafica pubblicitaria, disegno di tessuti, tipografia, scultura, pittura.
1919-25 Weimar
•Gropius sentiva che con la fine della prima guerra mondiale era iniziato un nuovo periodo storico, e voleva creare un nuovo stile architettonico che riflettesse questa nuova era.
•Gropius fu a capo della scuola dal 1919 al 1928, seguito da Hannes Meyer e Ludwig Mies van der Rohe.
•I primi mesi furono caratterizzati da problemi organizzativi ed economici.
•L’impronta scolastica inizialmente era piuttosto tradizionale. Si fece perno successivamente sull’attività dei laboratori.
•Questo periodo fu dominato dalla figura di Itten, legato a molti aspetti esoterici.
1925-32 Dessau
•Il Bauhaus all'inizio venne largamente sovvenzionato dalla Repubblica di Weimar.
•Dopo un cambio nel governo, nel 1925, la scuola si spostò a Dessau, dove venne costruita l'Università Bauhaus.
•In questa nuova sede, una figura di spicco fu Marcel Breuer, che da allievo divenne maestro dell’officina  di falegnameria (conosciuta come officina del mobile); qui sperimentò nuovi materiali e nuovi procedimenti progettuali e di realizzazione.
•Furono anni difficili dove si acuirono i contrasti tra artisti e tecnici.
•Dopo la direzione di Hannes Meyer che dette molto peso alla tecnologia con un’impronta molto funzionalista nell’architettura, il Bauhaus venne trasformato, sotto la direzione di Mies van der Rohe, in una scuola d’architettura pura.

1932-33 Berlino

•La scuola venne chiusa per ordine del regime nazista nel 1933.
•I nazisti si erano opposti al Bauhaus per tutti gli anni '20, così come altri gruppi politici di destra. Il Bauhaus era da loro considerato come una copertura per i comunisti, soprattutto perché vi erano coinvolti molti artisti russi.

Marcel Breuer (Pécs, 21 maggio 1902 – New York, 1º luglio 1981) è stato un architetto ungherese.

Nei primi anni venti studia alla scuola del Bauhaus (corso di falegnameria). Dopo un periodo di formazione professionale presso uno studio d'architettura a Parigi, torna presso la scuola del Bauhaus dal 1925 come insegnante. Dal 1925 al 1928 dirige il laboratorio del mobile. Inizia la progettazione di mobili moderni in tubolare metallico, tra cui le sue famose sedute. Progetta gli interni del Bauhaus a Dessau (1925/26).
Dal 1935 a 1937 lavora a Londra; dal 1937 si trasferisce presso la Harvard University, dove è docente di architettura. Dal 1938 al 1941 è in studio con Walter Gropius. Nel 1952 collabora con Pier Luigi Nervi e Bernhard Zerfhuss alla progettazione del Palazzo dell'UNESCO a Parigi. Nel 1956 apre lo studio Marcel Breuer and Associates. È stato un esponente importantissimo del movimento moderno.

Poltrona Vasilij, 1926.
La Sedia Wassily, conosciuta anche come sedia Modello B3, fu disegnata da Marcel Breuer per il pittore Wassily Kandinsky. Entrambi, all'epoca (1925), lavoravano presso la scuola del Bauhaus di Dessau.
Questa sedia fu rivoluzionaria nell'uso dei materiali (tela e tubi di acciaio piegato; si tratta di 6 pezzi di tubo d'acciaio di 20 mm di diametro, assemblati tra di loro a freddo con semplici viti cromate) e nei metodi di produzione. Si dice che la bicicletta Adler di Breuer lo ispirò a usare tubi d'acciaio per costruire la sedia e questo si dimostrò un ottimo materiale essendo facilmente reperibile in grandi quantità.
La sedia Wassily, come molti altri disegni del movimento modernista, fu prodotta in massa negli anni Cinquanta e Sessanta ed essendo un classico del design è ancora oggi in vendita. I diritti sul disegno spettano a Knoll di New York ma riproduzioni non autorizzate vengono prodotte in tutto il mondo.
Nella versione prodotta da Knoll, su ogni singolo pezzo è indicato il numero di produzione corrispondente al certificato di identificazione e autenticità fornito.
Valori espressivi

  • Il grande rigore formale e le sperimentazioni con il tubolare metallico hanno come premessa la produzione di massa.
  • Sono “macchine per sedere”, non hanno né venature, ne colori, e le loro superfici lucide riflettono i colori e le luci dell’ambiente circostante, quasi fossero specchi nello spazio.
  • Il corpo umano è sostenuto da un segno grafico elastico tracciato nello spazio;
  • La sedia evidenzia la fiducia nella tecnologia e nel mondo industriale che Breuer nutriva in questo periodo.

 


Anni Novanta - Il gusto per gli oggetti eccentrici e iconici .  Il Design-star system

 

 

Philippe Stark

Spremiagrumi Juicy Salif  (Alessi)

 

 

 
Gli anni Novanta - Il gusto per gli oggetti eccentrici e iconici

•Gli anni Novanta si caratterizzano per le incertezze internazionali politico-economiche.
•Il design è perciò più attento al marketing; si assiste alla sua espansione in quelle fette di mercato come il settore dell’ufficio e dell’illuminotecnica
•L’oggetto diventa portavoce di uno status sociale (l’oggetto esclusivo) o rappresenta le scelte individuali dell’utente; si diffonde un gusto per l’eccentrico e per la rarità.
•Non c’è un’unica tendenza, ma tendenze diverse che convivono senza apparente conflittualità. Le pur importanti innovazioni tecnologiche e dei materiali (stampaggio rotazionale, in pressofusione, fibre di carbonio) non hanno portato a un sostanziale cambiamento degli oggetti del quotidiano e quindi il valore dell’oggetto è dato dalla sua bellezza, rarità o eccentricità.
•Ecco che in questa complessità la personalità del progettista diventa un faro: il designer diviene il portatore di una poetica progettuale o addirittura egli stesso è il messaggio.

Il design-star system

•Uno dei fenomeni del design contemporaneo, non solo italiano, è la risonanza mediatica dei progettisti.
•Talvolta il designer è conosciuto al grande pubblico a prescindere dagli oggetti da lui creati.
•Il designer costruisce il suo personaggio e viene consumato all’interno dei meccanismi di comunicazione di massa. I designer diventano delle star a cui si dedicano copertine di riviste e loro stessi diventano i testimonial delle loro campagne pubblicitarie. Le aziende alimentano altresì il sistema del design-star perché ne ricevono un valore in quanto promotrici del suo talento, mecenati contemporanei.
•Molti oggetti vengono pubblicati su riviste specializzate ma non entrano poi nella produzione;
•Rimane aperto la dialettica tra produzione industriale e oggetto esclusivo artigianale.
•Il consumo sociale degli oggetti non riguarda più soltanto le questioni tecnologiche o economiche legate alla produzione seriale degli artefatti, ma anche la comunicazione collegata al personaggio.
•Ed è così che pezzi unici, ma realizzati industrialmente, si trovano nelle gallerie d’arte
•Tra le cause della trasformazione del design italiano da un’ottica funzionalistica a una più legata al consumo dell’immagine hanno concorso i fenomeni dell’internazionalizzazione del design italiano e la globalizzazione dei mercati e dei mezzi di comunicazione.

 
La poetica dei designer - Philippe Starck

Nato il 18 gennaio 1949 a Parigi, Philippe Starck è considerato il numero uno dei designer europei, svolgendo anche attività di architetto (ha progettato numerosi locali a Parigi, New York e Tokyo).
Geniale autodidatta, ha in definitiva creato il design francese (prima di lui non vi erano grandi nomi in questo settore); ha detto di se stesso e della sua formazione: "... mio padre era un inventore, disegnava aerei e la sola eredità che mi ha lasciato non è stata una grande somma di danaro, come generalmente avviene con l'aviazione - per me è stato il contrario - ma mi ha lasciato l'idea che uno dei mestieri più belli che si possa fare è un mestiere creativo. Con la creazione si può effettuare una ricerca interiore e lavorare su sé stessi. E creando degli aerei, mi ha insegnato delle cose preziose: per far volare un aereo occorre crearlo, ma per non farlo cadere occorre essere rigorosi".
Starck è venuto all'onore delle cronache più popolari per avere collaborato nel 1982 alla realizzazione dell'arredamento di alcune stanze degli appartamenti privati del Presidente Mitterrand al Palazzo dell'Eliseo. Ma, a parte questo lavoro, che si aggiunge a molti altri progetti ed allestimenti, Starck è noto e stimato in patria e fuori per le sue qualità di designer, di poetico creatore libero da conformismi (considerato "enfant terrible"), ma dalla controllatissima professionalità.
Dal modo di concepire di Starck, si comprende che non ha senso dare un'età ai suoi mobili ed ai suoi oggetti di design. Opere recenti derivano da disegni magari rimasti in gestazione per anni.
Un oggetto di Starck è leggero, economico in materia ed energia dalla produzione al consumo, passando dal packaging al trasporto. Starck ha la coscienza di essere diverso, di avere "sfondato" per un puro bisogno di esprimersi. Sue caratteristiche sono il gusto del gioco e del divertimento; ama meravigliarsi e meravigliare gli altri, anche tramite le sue opere architettoniche.

Spremiagrumi Juicy Salif  (Alessi)
Tra i primi progetti di Starck per Alessi, concepiti nella seconda metà degli anni '80 (con l'orologio da parete Walter Wayle II, il bollitore Hot Bertaa e il grande colander Max le Chinois). Ottimo esempio della nostra pratica aziendale di mediatori artistici nelle zone a più alta turbolenza del Possibile Creativo (è la sua risposta al nostro preciso briefing per un vassoio in acciaio inossidabile). Rimane insuperato nella capacità di generare discussioni intorno alla sua natura e al suo senso, anche grazie all'uso spregiudicato di quello che i semiologi definiscono il velo decorativo destinato a ricoprire inesorabilmente, anche se di solito in modo meno evidente, ogni oggetto creato dall'uomo. Per farsi una ragione della sua esistenza è forse indispensabile riferirsi alle teorie di Leroy-Gourham, il quale considera determinante la nozione di approssimazione funzionale, con la quale indica il fatto che esiste sempre una certa libertà nell'interpretazione dei rapporti tra Forma e Funzione: è proprio da questo continuo gioco tra Forma e Funzione che viene a crearsi quel velo decorativo citato sopra, che Floch considera come la manifestazione delle dimensioni mitica e estetica dell'oggetto, così come a suo tempo definite da Greimas. Oltre a essere lo spremiagrumi più controverso del secolo XX è diventato anche una delle icone del design degli anni '90, e continua a essere uno degli oggetti più provocatoriamente intelligenti del catalogo Alessi.

Nel 1990 Alessi chiese a un grande designer di realizzare uno spremiagrumi. Phillipe Stark ha realizzato un oggetto estremamente decorativo, ma che ha un difettuccio di base: è praticamente impossibile utilizzarlo per l'uso che viene dichiarato.
E' presente in moltissime cucine, ma viene banalmente usato come soprammobile, quando non è addirittura uscito dalla cucina e non ha trovato il suo posto nella libreria del soggiorno. Come mai? La risposta è molto semplice, si tratta di un esempio eccezionale di in usabilità. Prima di tutto è troppo leggero, quando si cerca di forzare il limone perchè ne esca il succo lo spremiagrumi tende a girare e non è stato previsto un manico adatto per tenerlo fermo.
 Gira, non spreme e con le punte rovina la superficie sulla quale lo avete appoggiato. Con un po' di buona volontà, tanta perseveranza e tante arance spremute per metà  chi abbia mani abbastanza forti e predisposizione al lavoro manuale riesce persino a fare scendere il succo e si trova davanti a una sorpresa sgradevole. La tensione superficiale tende a fare aderire il liquido al metallo ed allora buona parte del vostro succo non scende verso la punta per gocciolare nel bicchiere, ma tende a seguire le gambe dello spremiagrumi formando tre deliziose pozzette. Di solito a questo punto si decide che il gioco non vale la candela, si passa a oggetti molto meno belli, ma decisamente più utilizzabili, il marziano di Stark fa il suo primo (e ultimo) giro in lavastoviglie e passa a fare il mestiere per il quale non era stato progettato, ma per il quale è certamente più adatto: il soprammobile. Del passaggio da oggetto d'uso a soprammobile si è accorta anche Alessi che in occasione del decennale della messa in commercio dell'oggetto ne ha fatto una costosissima edizione dorata, diecimila pezzi numerati e dichiarati non funzionanti, come se gli altri fossero funzionanti!
Sarà la mia mente ristretta da ingegnere, ma penso che il buon design sia quello che unisce bellezza e usabilità...
La forma dovrebbe seguire l'uso e gli strumenti dovrebbero aiutarci a fare bene le funzioni per le quali sono stati progettati, se poi sono anche belli meglio!

Come è nato JUICY SALIF lo spremiagrumi più controverso del secolo XX.
Da anni Alessandro Mendini mi consigliava di prendere un contatto con Starck, pensava potesse essere un progettista interessante per Alessi. Così, in quell'occasione gli proposi subito di disegnare qualcosa per noi: per la precisione gli detti un briefing, studiato con cura, di un vassoio in acciaio inossidabile. Ero convinto che con il suo immaginario formale così forte e connotato avrebbe potuto crearmi facilmente un bellissimo vassoio semplice da produrre, non troppo costoso e molto attraente…
… a lui l'idea piacque, ma poi gli anni passavano e il progetto non arrivava nonostante a più riprese gli avessi sollecitato una reazione. Niente: mi rispondeva che non aveva ancora ricevuto la giusta intuizione. Cominciavo a disperare quando a un certo punto, nell'estate del 1987, Starck venne a Crusinallo. Stavamo infatti sviluppando con lui altri progetti nati nel frattempo: l'orologio da parete Walter Wayle II, il bollitore Hot Bertaa e il grande colander Max le Chinois. Approffittai dell'occasione per reiterare, senza ormai molta convinzione, la mia antica richiesta di un bel vassoio in acciaio inossidabile. Lui non disse di no, ripeté solo che aspettava di ricevere questa benedetta intuizione. Poi andammo a pranzo ad Orta, sul lago. Era venuto con la famiglia, e stavano andando sull'isola di Capraia. Durante il pranzo cominciammo a parlare del più e del meno, e tra le altre cose toccammo l'argomento dei trend nutrizionali, e di come lungo gli anni '80 si fosse diffuso il trend degli agrumi. Tutto lì, poi ci lasciammo e gli Starck partirono verso il sud per la loro vacanza.

Dopo circa una settimana dalla loro partenza ho ricevuto da Capraia una lettera. Dentro la lettera c'era un pezzo di carta stropicciata. Sapete, una di quelle tovagliette di carta che si usano nelle pizzerie a buon mercato. Sulla tovaglietta, in mezzo ad alcune macchie indecifrabili (probabilmente sugo di pomodoro), c'erano degli schizzi. Erano schizzi di calamari. Partivano da sinistra, e a mano a mano che andavano verso destra prendevano la sagoma inconfondibile di quello che sarebbe diventato lo spremiagrumi più discusso del secolo passato. Avrete capito cosa era successo: mangiando un piatto di calamari e schiacciandoci sopra del limone, al nostro era finalmente arrivata l'ispirazione! Juicy Salif era nato, e con lui qualche mal di pancia per i difensori del "Form follows Function". Credo che la capacità di questo spremiagrumi di generare

discussioni intorno alla sua natura e al suo senso, di cui l'ultimo caso è stata l'esercitazione di Umberto Eco nella primavera 1998 con gli studenti di Scienze della Comunicazione all'Università di Bologna, risieda nel suo essere un gran bell'esempio di quello che i semiologi definiscono il velo decorativo destinato a ricoprire inesorabilmente, anche se di solito in modo meno evidente, ogni oggetto creato dall'uomo.

 

DESIGN vs NATURA

  • Il rapporto uomo-natura si esplicita anche nell’ambito del design.
  • Le forme della natura da sempre sono fonte di ispirazione nella creazione di oggetti estetici. Emblematico è l’esempio dell’Art Nouveau
  • Nel design contemporaneo si può evidenziare tutto un filone che presenta un esplicito riferimento al mondo naturale.

 

ECO-DESIGN

  • EcoDesign, conosciuto anche come Life-Cycle Design (LCD) o Design for the Environment (DfE) ha l’obiettivo di innovare prodotti esistenti o progettarne di nuovi tenendo conto degli aspetti non solo tecnici e funzionali, ma anche ambientali.
  • La fase di progettazione è accompagnata da un’analisi di LCA (Analisi ciclo di vita) che identifica il peso delle risorse e delle emissioni prodotte in relazione ad ogni singola fase del ciclo di vita.
  • Ciò permette di mettere a confronto processi, materiali e prodotti e di poter scegliere quelli maggiormente eco compatibili.
  • L’idea di base dell’Ecodesign, è la riduzione degli impatti ambientali dell’intero ciclo di vita del prodotto grazie al miglioramento delle attività di progettazione.
  • L'approccio dell’EcoDesign sta diventando una necessità per le aziende che intendono essere all'avanguardia e mantenere la posizione sul mercato.
  • Grazie alle tecniche ed agli strumenti applicati è possibile far fronte più agevolmente alle esigenze imposte dalle Direttive Europee in materia di EcoDesign o semplicemente creare prodotti innovativi.

 

In generale l’Eco-Design mira alla minimizzazione degli impatti ambientali dei prodotti ottimizzando le fasi del loro ciclo di vita:

  • Scelta dei materiali (riciclabili, eco-compatibili, costi, ecc.)
  • Progettazione (risorse energetiche, assemblaggio, ecc.)
  • Distribuzione (trasporti, ecc.)
  • Packaging (imballaggio)
  • Uso (funzionalità)
  • Fine vita (riciclo)
  • Come risultato dell’attività di Eco-Design, i prodotti risultano innovativi, con una maggiore penetrazione sul mercato e meno costosi.
  • Evitare l’uso di sostanze pericolose nel ciclo produttivo porta a maggiori possibilità di marketing, prodotti più piccoli significa meno imballaggi e l’uso di prodotti riciclati può rivelarsi economico.
  • Prodotti semplici, facili da assemblare ridurranno i costi di montaggio e faciliteranno il riuso, la riparazione ed il loro riciclaggio.
  • Diminuire gli scarti consentirà una riduzione dei costi di smaltimento.

 

 

Fonte: http://www.sogisnc.it/siti/liceocotta/uploads/file/docenti/mbz/guglielmi/design-breve.doc

Sito web da visitare: http://www.sogisnc.it

Autore del testo: A.Alessi

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Il design

STORIA  ED EVOLUZIONE DEL DESIGN INDUSTRIALE NEL XIX SECOLO

Le origini storiche
Si può iniziare a parlare di design industriale solo con l’avvento di macchine che rendano minima la differenza tra gli oggetti di una medesima serie,  quindi con la Rivoluzione industriale.
Circa all’inizio del XIX secolo comparvero i primi oggetti prodotti industrialmente, su un disegno appositamente studiato, adatto a un nuovo sistema di produzione.
Ma nel disegno di tali oggetti (mobili, suppellettili, mezzi di locomozione, ponti ecc…) si tese dapprima a mascherare le caratteristiche funzionali con sovrapposizioni ornamentali.
Secondo questo criterio agiscono i mobilieri Thomas Chippendale e Thomas Sheraton, cui tuttavia va il merito dei primi sforzi organizzativi verso una produzione di massa.  Pur tenendo presenti le esigenze funzionali dei loro prodotti, non cessarono di trarre ispirazione da motivi decorativi preesistenti.
Il settore in cui si ebbero i primi tentativi nel senso di una industrializzazione e standardizzazione della produzione, che non fosse disgiunta da una ricerca estetica, è quello dell’ingegneria.
Negli Stati Uniti attorno allo stesso periodo, questi esperimenti erano più diffusi: già nella prima metà del XIX secolo nell’edilizia americana vengono usati elementi prefabbricati industrialmente.
Michael Thonet fu il primo costruttore di sedie prodotte industrialmente.   Il legno veniva curvato usando il vapore. Il primo modello fu realizzato nel 1836. Nel 1842 ottenne il brevetto del processo e, assistito dai quattro suoi figli, si indirizzò verso una produzione di massa.  Alla scadenza del brevetto, nel 1869, si scatenarono numerosi imitatori, non solo in Austria, ma nel mondo intero.

 

Gli sviluppi dell’industrializzazione
L’interesse per i processi di industrializzazione attrasse ben presto anche architetti moderni.
Fu il caso di Peter Behrens che, dopo aver costruito la fabbrica di turbine dell’AEG a Berlino nel 1909, si occupò per questa ditta dei progetti grafici.
Accanto all’indirizzo di Behrens andavano affermandosi i movimenti dell’Art Nouveau le cui massime personalità furono Henri Van der Velde e Victor Horta.  Il merito di questo movimento fu quello di aver promosso una più intima connessione tra l’elemento decorativo e la struttura sia dell’architettura che degli oggetti industrialmente prodotti.
Come seguito dell’Art Nouveau, correnti analoghe sorsero in Germania e in Austria, dove Joseph Hoffmann fondò le «Officine Viennesi» che ebbero un florido sviluppo fino al 1913.
Esse si dedicarono soprattutto alla creazione di mobili, oggetti per la casa e utensili, tenendo conto del lato estetico oltre che di quello funzionale.

 

 

 

 

STORIA ED EVOLUZIONE DEL DESIGN INDUSTRIALE NEL XX SECOLO

 

IL BAUHAUS
Walter Gropius, allievo di Van de Velde e da questi chiamato a dirigere il Bauhaus di Weimar nel 1919, creò nel periodo che va sino al 1928, prima a Weimar e poi a Dessau, quella che diventò ben presto la scuola-simbolo del Movimento moderno, tanto in architettura che nelle arti visive.
Partendo da una impostazione spiccatamente sociale, che mirava a creare per il popolo un’arte capace di raggiungere col minimo costo il massimo risultato estetico, la lezione di Gropius si basava su una chiara accettazione della macchina e della necessità di fornire nuovi modelli funzionali all’industria.
E mirava, utopisticamente, a realizzare una fusione tra le diverse arti, attraverso l’integrazione dell’insegnamento artistico con quello scientifico e tecnico.
Basterebbero le realizzazioni di Marcel Breuer o le seggiole di Mies Van der Rohe
o la maniglia di nichel di Gropius o l’automobile Adler per evidenziare l’importantissimo traguardo raggiunto da quei pionieri.
Questi primi oggetti metallici, insieme ad alcuni mobili creati dagli architetti di De Stijl (come la sedia Rietveld del 1917) costituiscono il punto di partenza del tentativo di coniugare arte e produzione meccanica.
Sono oggetti totalmente sfrondati da ogni compiacimento decorativo, che invece appariva ancora nell’art  nouveau.
Con la purificazione formale e la razionalizzazione tecnica compiuta da Gropius e dai suoi seguaci, il design iniziò ad essere inteso come lavoro sulla struttura dell’oggetto, addirittura sul suo significato, e non più come decorazione.
Dopo lo scioglimento della scuola da parte dei nazisti, gran parte dei migliori architetti e designers tedeschi emigrarono negli Stati Uniti dove poterono riprendere l’insegnamento e far fiorire istituzioni come l’Institute of Design di Chicago, l’Illinois Institute of Technology (IIT), il Massachussets Institute of Technology (MIT).

USA
Sarebbe però un errore credere che l’arrivo degli artefici del Bauhaus abbia trasformato di colpo quel mercato adattandolo al gusto e ai criteri europei.
Gli Stati Uniti erano, già a partire dalla II metà del XIX secolo, una nazione altamente industrializzata che aveva dato importantissimi apporti all’architettura moderna e al disegno industriale.
Già negli anni tra le due guerre mondiali l’America aveva visto svilupparsi il fenomeno dello styling: molti prodotti venivano presentati con un aspetto esteriore assai più curato che in Europa.
Esistevano grandi studi di consulenza grafica a cui le ditte potevano rivolgersi.
E’ da questi studi che uscirono ad esempio i primi frigoriferi, alcuni aerei, parecchie automobili, elettrodomestici di ogni tipo.
Negli USA le tendenze del design rispecchiarono una esaltazione dello styling e una carenza di autentiche novità formali che fossero anche novità estetiche, e qualcosa del genere accadde anche negli altri Paesi altamente industrializzati.

GRAN BRETAGNA
In Gran Bretagna, proprio a causa della precocissima industrializzazione del paese, la richiesta del pubblico era più facilmente colmabile anche attraverso un prodotto che mantenesse le sue caratteristiche normali per un periodo assai lungo.  Eppure anche la Gran Bretagna accolse l’indirizzo degli altri Paesi, forse proprio trascinata dall’Italia.
Due mostre di disegno industriale che furono allestite a Londra nel 1955 e 1956 ebbero un inatteso successo.
Poco dopo, visto che la domanda del pubblico si rivolgeva verso tipi di auto continentali, fu chiamato Pininfarina a disegnare le carrozzerie di alcune automobili della Morris e della Austin.

 

GERMANIA
La Germania del dopoguerra ha dato esempi di rinnovamento solo negli anni 70.  Comunque, grazie all’alto grado di industrializzazione del paese, esistono moltissimi esempi di prodotti industriali nei quali il disegno è sufficientemente accurato.
Il campo in cui la Germania ha offerto l’esperimento più notevole è quello didattico con la fondazione nel 1954 della Scuola di ULM (scuola superiore per la formazione) dove fu chiamato come direttore lo svizzero Max Bill, scultore, grafico e saggista, che era stato uno dei più giovani allievi del Bauhaus.

FRANCIA
In Francia, nonostante l’alto grado di industrializzazione e l’interesse per i problemi del disegno industriale, non si sono avute rilevanti novità strutturali e formali, se si eccettua certo disegno nel settore automobilistico. Un caso che rasenta l’area del kitsch è il successo di Philippe Starck, uno dei più rappresentativi esponenti dell’estetica postmoderna.
Nei suoi progetti si combinano uno studiato aspetto funzionale con una elevata dimensione metaforica, vicina all’estetica del giocattolo.

SCANDINAVIA
La qualità e il prestigio del design scandinavo sono noti soprattutto grazie ai mobili e agli oggetti casalinghi svedesi, danesi e finlandesi.
Molti di questi oggetti, anche se concepiti per la produzione in serie e realizzati secondo i metodi della più rigorosa standardizzazione, conservano  in parte una piacevolezza del materiale che ricorda i progenitori artigianali.
Per purezza di linea e per assenza di sovrastrutture decorative molti di questi prodotti sono senz’altro tra i più «artistici» che oggi possa fornire l’industria moderna.
D’altra parte vale anche la pena ricordare come dagli anni 80 la diffusione su larghissima scala di mobili standard prodotti nei paesi nordici attraverso catene produttivo-commerciali come quella dell’Ikea, hanno fatto molto discutere i teorici per l’abbassamento inevitabile del livello ideativo, necessario a una produzione di basso costo.

GIAPPONE
L’accusa spesso rivolta al Giappone di non avere un’autonomia stilistica nel prodotto industriale moderno e di avere accettato i modelli occidentali senza una vera invenzione formale non regge di fronte alla quantità di ottimi prodotti creati negli ultimi anni, in competizione economica coi mercati europei e americani e senza tuttavia aver rinunciato a mantenere una spiccata individualità stilistica, non solo nel settore più tradizionale della casa e del mobile, ma persino in quello di certe suppellettili e di taluni elettrodomestici.
E’ ovvio che gli oggetti legati alle ultime scoperte tecniche (radio, tv, apparecchi fotografici, registratori, computers) non offrano, se paragonati a quelli occidentali, nessuna particolare novità espressiva.
Ma se invece ci rivolgiamo al vasto settore un tempo artigianale e oggi ampiamente industrializzato, risultano evidenti alcune peculiarità nazionali.

 

DESIGN ITALIANO

 

Gli inizi di una attività moderna e cosciente del disegno industriale in Italia si ebbe soltanto nell’anteguerra, mancando nel nostro paese quella tradizione industriale che altrove in Europa era presente sin dai primi dell’800.
Furono importantissime le Triennali di Milano ed in particolare quella del 1935.
Fino agli anni ‘30 gli oggetti prodotti dall’industria e le stesse macchine (da cucire, da scrivere, a vapore) erano ancora vittime del compromesso ornamentale.   Solamente dagli anni ’30 si può parlare di qualche esempio di rilievo in questo settore.  Ad esempio l’elettrotreno ETR 200 del 1936 presenta una sagoma indice, in quei tempi, di una nuova maturità formale.
Attorno agli anni ‘30 si ebbero anche alcuni interessanti tentativi di ridisegnare il mobile-radio.
Ma solo col fermento culturale del Dopoguerra e della ricostruzione si è assistito ad una autentica presa di coscienza del problema del disegno.
Già dal 1947 era uscita dagli stabilimenti Piaggio la prima Vespa disegnata da Corradino D’Ascanio, le cui forme arrotondate sono tuttora un mito.
Nel campo automobilistico si ebbero esempi gloriosi di alcune automobili disegnate da Nuccio Bertone con gli allievi Sergio Pininfarina e Giorgio Giugiaro, come l’Aurelia GT e la Cisitalia di Pininfarina, capaci di influire col fattore estetico sulla vendibilità del prodotto.
Negli stessi anni Carlo Mollino andava proponendo mobili fatti di legno a onde e Giò Ponti inventava macchine bombate per il caffè espresso da bar.
Fu in questo clima vivace che nacquero le forme ripetibili dall’industria attraverso le quali il made in Italy  sarebbe stato riconosciuto in  tutto il mondo. Tra queste il secchio di plastica K.S 1146 della Kartell, le macchine calcolatrici dell’Olivetti, la lampada Arcos, il telefono Grillo.
I settori in cui negli stessi anni si ebbe un intenso sviluppo furono quelli delle macchine da scrivere, delle macchine da cucire e poi anche degli imballaggi e dei prodotti in plastica. In campo teorico- critico la prima manifestazione di una certa importanza fu «La forma dell’utile», ideata alla IX Triennale di Milano, alla quale seguì poi una grande mostra sui maggiori designers del mondo alla XI Triennale.
Altra importante manifestazione fu, negli anni successivi, la mostra a Londra sul made in Italy.
Sempre nel 1956 ebbe inizio il concorso istituito dalla Rinascente chiamato «Il Compasso d’oro».

IL NUOVO DESIGN ITALIANO DAL BOOM AL DECLINO
Nel secondo dopoguerra si verificò  in Italia una nuova alleanza tra piccole industrie e grandi disegnatori, impegnati nell’intento comune di arredare le nuove case e di progettare «dal cucchiaio alla città» secondo la massima di Rogers.
La mostra «Italy: the new domestic Landscape», tenutasi al MoMA di New York nel 1972, segnò l’apice di un primato destinato a durare fino ai primi anni ‘90.
Sull’onda della contestazione giovanile nacque poi il design radicale, che creò oggetti non più solo pensati in relazione alla funzione, ma anche a una fantasia più libera, resa possibile da nuovi materiali plastici e collegata con la Pop Art e con l’Arte Povera.
Una nuova ondata di creatività giunse alle soglie degli anni 80: in pieno clima postmoderno Alchimia produsse l’enorme coloratissima Poltrona Proust  1978
Ettore Sottsass fondò il gruppo Memphis che propose forme volutamente memori delle tradizioni sia artigianali che futuriste, come lo Scaffale Carlton del 1981
Memphis segnò un giro di boa aprendo due strade: da una parte chiese anche ad artisti visivi di progettare oggetti riproducibili, dall’altra allargò la rosa dei designers a nomi internazionali.

 

Fu allora che anche la ditta Alessi chiese ad Aldo Rossi e Achille Castiglioni di disegnare accessori per la cucina, che trovarono un successo di pubblico straordinario soprattutto quelli dal tono più giocoso.
Nel 1984 nacque la Baleri Italia  che iniziò ad avvalersi di designers come Santachiara, Dalisi, Mangiarotti.
Il gusto ludico del design postmoderno è ovviamente entrato nelle case con estrema facilità, quantomeno riguardo all’oggettistica, data la sua capacità di sdrammatizzare e decorare gli ambienti.
A partire dagli anni 90, però, l’esplosione di irrazionale allegria che aveva segnato il decennio precedente si è arrestata; nella produzione di ditte come Cappellini e Strato (cucine) il design italiano ha seguito una linea internazionale che lo ha condotto a nuove severità, a linee definite minimaliste.

IL DESIGN DEL RICICLO
Sul finire del XX secolo ha preso corpo il problema sempre più grave dell’aumento dei rifiuti, divenuti un problema che dall’ambito fisico e igienico è passato a quello dell’etica: che fare di ciò che non serve più e quando un oggetto è veramente da buttare?
Come l’arte anche il design ha proposto sempre più oggetti derivanti dal riciclo dei rifiuti.

L’obiettivo del minimo impatto ambientale e di uno sviluppo sostenibile dell’industria relativamente all’ambiente stanno dietro ai progetti apparentemente bizzarri di Ingo Mauer e Andrea Branzi e anche dell’ architetto Gaetano Pesce.

 

 

 

 

GLOSSARIO
Il disegno industriale:
“particolare categoria di progettazione per l’industria dove al dato tecnico e alle esigenze pratiche e funzionali, già in partenza si unisce un elemento estetico.”
Serie:
“possibilità di riproduzione di un determinato modello capostipite”
Produzione in serie:
“metodo di produzione che si avvale di processi a carattere iterativo. Gli esemplari prodotti possono essere in numero limitato (locomotive, bastimenti) oppure in numero grandissimo (elettrodomestici, stoviglie di plastica).”
Design:
“idea del progettista preesistente all’esecuzione meccanica dell’oggetto.”

Fonte: http://www.smsmariamaltoni.it/doc/DESIGN.docx

Sito web da visitare: http://www.smsmariamaltoni.it/

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