Thyristori SCR UJT GTO

 


 

Thyristori SCR UJT GTO

 

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Thyristori SCR UJT GTO

 

1.-I Thyristori.
I Thyristori, detti anche SCR (Silicon Controlled Rectifier) sono dispositivi a semiconduttore che permettono di controllare elevate potenze in modo abbastanza semplice ed economico. Esempi ben noti di tali applicazioni sono i convertitori di energia, i quali comprendono tutta quella vasta categoria di apparecchiature statiche che trasformano una tensione continua (DC) in una tensione alternata (AC) o viceversa. Non vanno inoltre dimenticati quei particolari sistemi di controllo della velocità di rotazione dei motori elettrici le cui applicazioni ai trasporti ferroviari e urbani sono oggigiorno sempre più diffuse.
Per comprendere le caratteristiche di funzionamento di un SCR si consideri il circuito formato da due transistori complementari riportato in fig. 1.

Fig. 1: Circuito a transistori complementari.

Si supponga che inizialmente il circuito sia a riposo, cioè privo di correnti e si supponga di inviare sulla base di T1 un impulso brevissimo di corrente I0. Tale corrente provoca una variazione dell'equilibrio delle cariche sulla giunzione base-emettitore di T1 che ha per conseguenza, dopo un certo tempo di ritardo legato alla mobilità delle cariche stesse, il fluire di una corrente Ic1 sul collettore di T1. Quest'ultima corrente penetra nella base di T2 e agendo in modo analogo genera la corrente Ic2 che ritorna sulla base di T1 dando luogo alla ripetizione del ciclo descritto. Si ha così il manifestarsi di una serie di impulsi di corrente, uno ritardato rispetto all'altro, che si susseguono come indicato in fig. 2.
Se, come in fig.2, l'impulso Ic2 che ritorna in base di T1 é di ampiezza maggiore della corrente I0 che lo ha provocato, si ha un fenomeno rigenerativo che dopo breve tempo (dell'ordine di qualche microsecondo) porta in saturazione entrambi i transistori. Il fatto che l'ampiezza degli impulsi vada via via crescendo é legata al ben noto effetto amplificatore del transistor: la corrente di base perturbando l'equilibrio della giunzione base-emettitore fa fluire una corrente di collettore b volte più grande (b é il guadagno di corrente di base del transistor ed é normalmente molto maggiore di uno).

Fig. 2: Correnti nel circuito di fig.1.

Va però notato che se l'ampiezza dell'impulso iniziale I0 é abbastanza piccola, le cariche libere che raggiungono la giunzione sono molto poche o addirittura nulle, dato che alcune ricombinano nella regione di base, e sono quindi incapaci di dar luogo a correnti di collettore di ampiezza sufficiente. In tal caso l'ampiezza degli impulsi successivi va via via decrescendo e dopo poco tempo il circuito ritorna nello stato di correnti nulle iniziale. Questo fatto si può prevedere anche analiticamente ricavando dalla fig. 1 l'espressione della corrente anodica:

dove a1 ed a2 sono i guadagni di corrente di emettitore di T1 e T2 rispettivamente. Per bassi valori di corrente a1 ed a2 sono molto minori di 1 e la corrente IA é molto piccola. Aumentando IG aumentano anche a1 ed a2 fintantoché quando é soddisfatta la condizione di innesco (a1 + a2) = 1 la corrente anodica tende teoricamente all'infinito.
Il circuito di fig. 2 si può allora paragonare ad un interruttore la cui chiusura si può provocare applicando alla base di T1 un impulso di corrente di ampiezza opportuna. Quando infatti entrambi i transistori saturano, la tensione residua ai capi del dispositivo si aggira sui 0.7 volt e la corrente che fluisce é limitata unicamente dal carico esterno. Per provocare la riapertura di tale interruttore occorre invece agire sulla tensione di alimentazione abbassandola fintantoché la corrente che fluisce assume valori così piccoli che il fenomeno rigenerativo appena descritto non può più autosostenersi. Infatti al di sotto di un valore limite detto Ihold (corrente di mantenimento) entrambi i transistori interdicono e l'interruttore si riapre.
Il circuito ora descritto non meriterebbe una particolare considerazione se non fosse per una particolarità che lo distingue. Osservando infatti la fig.1 si nota che i conduttori che collegano tra di loro i due transistor, fungono da congiunzione tra zone di semiconduttore aventi lo stesso tipo di drogaggio (zona n con zona n, zona p con zona p). É perciò ovvio che, supponendo di far tendere a zero la lunghezza di tali conduttori, la struttura del dispositivo si riduce a quella formata da 4  zone di semiconduttore, riportata in fig. 3, che prende appunto il nome di SCR (Silicon Controlled Rectifier).
Fig. 3: Struttura fisica e simbolo elettrico di un SCR.

In fig. 3 insieme alla struttura basilare a tre giunzioni dell' SCR viene riportato il suo simbolo elettrico, nonché la struttura planare a mezzo della quale viene realizzato in pratica.

2.-Caratteristiche elettriche degli SCR.
Allo scopo di caratterizzare il funzionamento di un SCR, nelle varie condizioni di alimentazione cui é normalmente sottoposto in una applicazione pratica, si supponga di alimentare l'elettrodo di comando (denominato Gate) con una corrente costante di modesta entità e contemporaneamente applicare tra anodo (A) e catodo (K) una tensione crescente come é indicato in fig. 4.
Supposto che la tensione VAK sia positiva, delle tre giunzioni che compongono l'SCR due sono polarizzate direttamente mentre quella centrale é bloccata: pertanto il dispositivo complessivo si comporta come un diodo polarizzato inversamente attraverso il quale fluisce la sola corrente di fuga di origine termica.

Fig. 4: Rilevamento della caratteristica statica.

Tale corrente si somma a quella nel Gate ma la corrente risultante é ancora piccola (tratto 1 di fig. 4) e non é in grado di provocare il fenomeno rigenerativo (innesco) descritto nel precedente paragrafo. All'aumentare della tensione applicata il campo elettrico assume valori sufficientemente elevati da ionizzare gli atomi di semiconduttore, provocando così un piccolo aumento di corrente anodica (tratto 2 di fig. 4). Le cariche elettriche (elettroni) così liberate, movendosi in un campo elettrico di notevole intensità, acquistano una elevata energia cinetica liberando altre cariche per urto e provocando quindi una moltiplicazione a valanga che ha per conseguenza la formazione di una miscela di elettroni e lacune denominata plasma. Quest'ultimo fenomeno (tratto 3 di fig. 4) é molto veloce e porta a lavorare il dispositivo nel tratto 4 di fig. 4 in cui la corrente é limitata solo dal valore della resistenza R di carico. La densità del plasma che si forma dipende dalla intensità della corrente per cui se si diminuisce il valore della tensione applicata VAK la corrente diminuisce fino al valore Ihold al di sotto del quale il plasma scompare, l'SCR disinnesca e il punto di funzionamento si riporta nel tratto 1 di fig. 4.


Fig. 5: Caratteristica statica di un SCR con retta di carico.

Da quanto detto finora si intuisce che al variare della corrente di Gate varia anche la posizione del tratto 2 di fig. 4 che precede l'innesco: al crescere di IG tale tratto si sposta verso sinistra, come é mostrato in fig. 5.  In tale figura è riportata anche la retta di carico relativa al circuito di Fig. 4, allo scopo di far vedere come sia possibile identificare la minima corrente di gate necessaria per l’innesco.
Osservando la Fig. 5 si vede che l’innesco dell’SCR avviene anche a tensioni anodiche molto basse, in corrispondenza delle quali il fenomeno descritto di ionizzazione può non risultare sufficientemente efficace. È chiaro allora che nella struttura dell’SCR debbono aver luogo anche altri processi che ne favoriscono l’innesco anche in caso di basse tensioni. In pratica si tratta del fenomeno rigenerativo già descritto in Fig. 2 che però può essere spiegato da un punto di vista leggermente diverso, senza necessità di utilizzare la struttura equivalente a due transistori complementari, riportata in Fig. 1.


Si supponga infatti di far scorrere attraverso la giunzione Gate-Catodo una corrente di lacune a mezzo di una sorgente esterna. Per ragioni di neutralità di carica a tale flusso si deve accompagnare un flusso di cariche di segno opposto (elettroni) che però, invece di terminare sul Gate viene deviato verso l’Anodo, come mostrato in Fig. 6 a).  Quest’ultimo flusso di elettroni, sempre per ragioni di neutralità di carica, dev’essere a sua volta accompagnato da un flusso di lacune nella zona di Anodo il quale a sua volta richiederà un flusso di elettroni nella zona di catodo, non più elettricamente neutra (vedi Fig. 6 b), ecc. Si innesca perciò un fenomeno di creazione di regimi paralleli di corrente di lacune ed elettroni che ricercando la neutralità di carica si spostano velocemente verso destra saturando di plasma il corpo dell’SCR.


Fig.6: Formazione del plasma per ricerca di neutralità di carica.

Ovviamente anche la forma, oltreché la ampiezza della corrente IG (impulsiva, continua, ecc.), influenza il tratto 2 di fig. 5. Come si é visto lo spegnimento dell'SCR avviene abbassando la tensione di alimentazione al di sotto del valore cui corrisponde Ihold. In realtà nei casi pratici si preferisce spegnere l’SCR invertendo addirittura la tensione anodica in modo da ottenere un passaggio più rapido e sicuro dalla fase di conduzione a quella di interdizione. In questo caso si ha un fenomeno transitorio la cui conoscenza é molto importante e che dà conto di uno dei principali limiti dell’SCR.


Invertendo infatti la tensione VAK la corrente cambia verso di percorrenza e penetrando nelle giunzioni contribuisce all'annullamento delle cariche (plasma) che si erano accumulate durante la fase di conduzione. Tuttavia finché tale processo di annullamento delle cariche immagazzinate, che dura un tempo non trascurabile, non si é completato l'SCR rimane ancora in conduzione. In altre parole per spegnere completamente l'SCR occorre attendere che sia trascorso un intervallo di tempo denominato turn-off time solo al termine del quale si può riapplicare una tensione di alimentazione positiva senza che l'SCR riinneschi spontaneamente.
Un'altra limitazione all'uso dell'SCR deriva dalla presenza delle capacità parassite poste tra le giunzioni.

Fig. 7: Tipica curva limite di non innesco di un SCR.

Applicando infatti tra anodo e catodo una tensione a gradino, come ad esempio avviene all’accensione di una apparecchiatura elettronica contenente SCR, il ripido fronte di salita dVAK/dt che ne consegue transita attraverso tali capacità giungendo fino alla regione di Gate nella quale provoca una iniezione di corrente che può essere sufficiente a determinare l'innesco. D'altra parte poiché una corrente di Gate costante può innescare l'SCR solo se la tensione anodica é sufficientemente elevata é ovvio che al crescere di VAK decresce la dVAK/dt massima applicabile. In pratica si ha una curva limite di non innesco (vedi esempio di fig. 7) che non deve essere mai superata durante l’inserzione della f.e.m. di alimentazione, pena l’innesco spontaneo dell’SCR. Come si vede la pendenza massima permessa tende a ridursi man mano ci si avvicina alla tensione di innesco spontaneo BV riportata in Fig. 5.


Vi é infine un'ultima importante limitazione all'uso degli SCR ed é legata al modo con cui il fenomeno dell'innesco si propaga attraveso la sua struttura geometrica. Supposto infatti di provocare l'innesco del dispositivo a mezzo di un opportuno impulso di comando sul Gate, la corrente anodica, se il carico é puramente resistivo, raggiunge pressoché istantaneamente il suo valore di regime. Tuttavia nei primi istanti di conduzione il fenomeno non interessa l'intera area delle giunzioni ma solo parte di essa (si veda ad esempio la struttura realizzativa di fig. 3 nella quale, causa la sua inevitabile disimmetria, l'innesco interessa prima le zone di giunzione a destra in prossimità del Gate e poi si propaga a tutto il resto della struttura). É ovvio allora che la densità di corrente può raggiungere valori così elevati nella zona limitata di primo innesco, che nei grossi SCR può essere anche inferiore all' 1% dell'intera zona utile, da portare al danneggiamento permanente del dispositivo. Occorre quindi impedire che la corrente anodica aumenti troppo velocemente in modo da dare sempre il tempo alle giunzioni di portarsi a regime. In altre parole la di/dt all'innesco va limitata (di solito con una piccola induttanza posta in serie all'anodo) e deve essere in ogni caso inferiore al valore massimo indicato dal costruttore.
Riassumendo nell'uso dell'SCR occorre tener presente tre parametri limitativi findamentali:

 

- il tempo di spegnimento (turn-off time)

- la massima velocità (curva limite esponenziale) di variazione dVAK/dt permessa  alla tensione anodica con l’SCR non innescato

- la massima velocità di aumento di/dt permessa alla corrente anodica all'innesco

  Esistono ovviamente anche altre limitazioni legate per esempio alla massima potenza dissipabile, nonché alla massima tensione inversa applicabile ecc. ma almeno da questo punto di vista si può ben dire che l’SCR sia un elemento di natura oltremodo robusta e affidabile che non crea problemi al progettista.

3.-Applicazioni degli SCR.
Dal punto di vista dell'uso degli SCR si possono suddividere le applicazioni in due grandi categorie. La prima é quella in cui la sorgente di f.e.m. di alimentazione é alternata (sinusoidale) e che é particolarmente favorevole in quanto l'SCR può essere innescato durante le semionde positive per poi  spegnersi spontaneamente non appena la f.e.m. cambia segno: per le frequenze industriali (50 Hz) non esistono in genere problemi legati al turn-off time, né al dv/dt. La seconda viceversa comprende tutti i casi in cui l'SCR viene alimentato da tensioni continue con le quali esiste il grosso problema dello spegnimento che, come visto in precedenza, può avvenire solo annullando o invertendo il segno della f.e.m. di alimentazione.
Nelle applicazioni con f.e.m. alternata sinusoidale l'SCR viene di solito impiegato al posto dei normali diodi raddrizzatori. Si hanno così dei convertitori AC/DC in cui il valore della tensione continua può essere regolato variando a piacere l'istante di innesco dell'SCR, durante la semionda positiva, come é mostrato in fig. 8.


Fig. 8: Convertitore AC-DC.

Ritardando l'istante di innesco é possibile variare da un massimo a un minimo il valore della corrente media nel carico. A tale scopo si usa di solito un circuito sfasatore che preleva una porzione limitata della tensione alternata di alimentazione e la applica opportunamente sfasata al gate dell’SCR. In Fig. 9 è riportato un esempio di circuito sfasatore insieme al diagramma vettoriale delle tensioni da cui si vede che la tensione VGK applicata al gate si po’ sfasare rispetto a quella di alimentazione Vac di un angolo q variabile da 0° a 180°, semplicemente variando la resistenza R.

Fig. 9: Circuito sfasatore e diagramma vettoriale.

In Fig. 10 è invece riportata la caratteristica di innesco in alternata dell’SCR. Quest’ultima curva riporta i valori di corrente di Gate IG necessari all’innesco, nell’ipotesi di tensione di alimentazione sinusoidale. I valori di IG vengono ricavati sperimentalmente a partire dalla caratteristica dell’SCR, riportata in Fig. 5, variando la retta di carico al variare di E = Vac e leggendo nel diagramma il valore minimo di IG necessario all’innesco.

Fig.10: Caratteristica di innesco in alternata.

Nella prima e ultima fase del semiperiodo positivo la tensione anodica e’ di entità limitata e quindi la corrente di Gate deve essere molto elevata. Viceversa essa decresce e raggiunge un minimo al centro del semiperiodo dove la tensione anodica è massima. L’istante di innesco si determina in base al punto di intersezione tra la corrente in uscita dello sfasatore e la caratteristica di innesco dell’SCR.
Come già accennato, nei circuiti alimentati da una sorgente di f.e.m. continua, l'SCR una volta innescato deve venire spento per mezzo di artifici circuitali che ne invertano per un certo tempo la tensione di alimentazione tra anodo e catodo. Per raggiungere tale scopo si fa uso di solito dell'energia immagazzinata in un elemento reattivo (condensatore, induttanza) la quale viene sfruttata per annullare momentaneamente l'effetto della sorgente primaria di alimentazione causando così lo spegnimento dell'SCR. Un esempio tipico é quello riportato in fig. 11 in cui un carico Z viene alimentato da una f.e.m. continua, inseribile o disinseribile tramite un SCR posto in serie e che funge da interruttore comandato.

Fig. 11: Impiego dell 'SCR come interruttore in corrente continua.

Il circuito in colore che compare in fig. 11 serve unicamente per provocare lo spegnimento dell' SCR principale S1 posto in serie al carico. L'energia necessaria a tale scopo viene immagazzinata nel condensatore C e viene scaricata su S1 al momento richiesto innescando l' SCR ausiliario S2. Si supponga infatti che il circuito in questione si trovi a riposo cioè sia S1 che S2 siano spenti e il carico non sia percorso da corrente. Inviando un impulso sul Gate di S1 se ne provoca l'innesco alimentando così il carico Z. L'innesco di S1 ha anche come effetto secondario la carica del condensatore C la cui d.d.p. dopo un certo tempo assume il valore di batteria E.
A questo punto si invii sul gate di S2 un impulso che a sua volta ne determini l'innesco: il transitorio che ne segue deve avere come conseguenza lo spegnimento di S1. In effetti la tensione del punto B si porta di colpo a zero per cui quella del punto A, essendo A e B posti ai capi di un condensatore carico, si deve portare al potenziale negativo -E determinando così lo spegnimento di S1. In realtà le cose vanno in modo un pò diverso a causa del tempo di turn-off di S1. Nei primissimi istanti dopo l'innesco di S2, S1 é ancora in conduzione: i punti A e B sono entrambi a massa e il condensatore C risulta in corto circuito. Il picco elevatissimo di corrente che ne consegue, attraversa i due SCR provocando la distruzione di S2 a causa dell'abbondante superamento del suo di/dt limite all'innesco. É perciò essenziale l'aggiunta di una piccola induttanza L in serie a S2 sia per proteggere quest'ultimo sia per impedire la scarica del condensatore in un tempo troppo breve. In tal caso, l'evoluzione della tensione del punto B e della corrente attraverso C durante il tempo di turn-off di S1 é quella di fig. 12.

Fig. 12: Spegnimento di S1 e circuito equivalente.

Come si vede, la corrente che fluisce attraverso il condensatore nei primi istanti é di segno tale da contrastare e prevalere (zona tratteggiata) sulla corrente di carico IZ e favorire così lo spegnimento di S1. Essa infatti penetra nella zona occupata dal plasma e favorisce la sua rimozione. É ovvio che i valori dei componenti debbono essere scelti in modo che il turn-off di S1 avvenga prima che la corrente che lo attraversa ritorni di segno positivo.
Poiché l'SCR, attraversato da corrente negativa (area tratteggiata di fig. 12), passa gradualmente dalla conduzione allo spegnimento, la sua resistenza varia di conseguenza dal valore zero al valore infinito. Lo studio teorico in tali condizioni é molto difficile e perciò conviene fare l'ipotesi semplificativa che la resistenza di S1 sia pari a zero fino all'istante in cui l'SCR spegne (vedi fig. 12) e diventi infinita subito dopo. Una volta spento S1 il condensatore C prende perciò a scaricarsi attraverso il carico Z e se quest'ultimo é induttivo, l'andamento che ne consegue può essere oscillatorio (l'effetto della piccola induttanza in serie ad S2 si può trascurare). La corrente che in tal modo attraversa S2 diventa negativa, favorendo così lo spegnimento anche di quest'ultimo.
In ogni caso, per sicurezza, il valore della resistenza R viene scelto sufficientemente elevato così che se anche durante il transitorio suddetto S2 non si fosse spento, la corrente che attraversa R non sia da sola in grado di mantenerlo in conduzione, per cui alla fine il suo spegnimento sia garantito comunque.

 

4.-Transistore unigiunzione.
Nei paragrafi precedenti si é sempre supposto che l'innesco dell' SCR avvenga a mezzo di un opportuno impulso di corrente applicato al gate. In realtà il problema di creare un impulso di sufficiente ampiezza e tale da provocare l'innesco degli SCR anche di grande potenza senza eccessivi ritardi non é dei più semplici da risolvere per cui si é sentita la necessità di realizzare un apposito dispositivo a semiconduttore che si adatti in modo semplice ed economico a questo scopo.


Fig.13: Struttura fisica e simbolo dell'UJT.

Si tratta del cosidetto transistore unigiunzione (UJT), la cui struttura é riportata in fig. 13 insieme al suo simbolo elettrico. Esso si realizza a partire da un blocco di materiale semiconduttore (Silicio), drogato debolmente di tipo n, su cui viene formata una giunzione diffondendo della droga di tipo p in percentuale elevata.
Applicando una d.d.p. tra gli elettrodi B2 e B1, detti di base, e tenendo conto che la zona n é debolmente drogata e quindi ad elevata resistività, si ha il circuito equivalente di fig. 14 in cui la giunzione p-n é stata schematizzata con un diodo e le zone n vicine a B1 e B2 con due resistori.

Fig. 14: Circuito equivalente semplificato dell'UJT

Si supponga di far crescere a partire da zero la tensione VE applicata all'elettrodo E (emettitore). Finché il diodo é bloccato e cioè , attraverso di esso non circola corrente, ad eccezione di quella di saturazione inversa.
Fig. 15: Fenomeni di conduzioni di cariche nell'UJT

All'aumentare di VE il diodo comincia a condurre ed un flusso sempre maggiore di lacune invade la porzione di zona n prossima all'elettrodo B1, come é indicato in fig. 15. Poiché il materiale n é poco drogato, le lacune che ricombinano con gli elettroni sono in numero limitato, mentre le altre rimangono libere aumentando considerevolmente la conducibilità della zona interessata (in realtà per ragioni di neutralità di carica all’eccesso di lacune si accompagna un eccesso di elettroni provenienti dall’elettrodo B1 così da formare un plasma ottimo conduttore). Via via che la corrente aumenta, la resistenza RB1 va perciò diminuendo fino ad assumere valori pressoché trascurabili. In tal caso tutta la tensione VE cade interamente ai capi del diodo ed il diagramma tensione-corrente tende a diventare quello ben noto della giunzione p-n. Riportando allora le curve caratteristiche valide per intensità rispettivamente bassa ed alta di corrente e raccordandole opportunamente nella zona dei valori intermedi si ha la caratteristica complessiva di fig. 16.

Fig. 16: Caratteristica elettrica composita dell'UJT.

Il rapporto h nella cui espressione RB1 compare col suo massimo valore, é detto rapporto intrinseco statico ed é un parametro caratteristico del dispositivo. La caratteristica del transistore unigiunzione riportata in fig. 16, é ovviamente dipendente da VBB (tensione continua applicata tra le basi B1 e B2) ed é caratterizzata da un tratto a pendenza negativa cui corrisponde una resistenza dinamica dello stesso segno. Tale componente si presta quindi alla realizzazione di dispositivi oscillanti ed essendo in grado di assorbire picchi molto elevati di corrente senza danno (per valori elevati di corrente la potenza  che vi si dissipa é trascurabile perché RB1 @ 0) é adatto al pilotaggio di dispositivi di potenza come gli SCR.

5.-Oscillatore a UJT.
L'impiego del transistore unigiunzione é limitato quasi esclusivamente alla realizzazione dell'oscillatore a resistenza e capacità riportato in fig. 17.

Fig. 17: Oscillatore a resistenza e capacità con UJT.

Quest'ultimo é un oscillatore non-sinusoidale a bassa o bassissima frequenza (frazione di Hertz) utilizzato principalmente per l'innesco degli SCR ma che, causa la sua buona stabilità e la facilità con cui se ne può variare la frequenza, trova utile impiego nei casi più disparati (lampeggiatori, clock di BF per circuiti digitali, ecc.).
Per comprenderne il funzionamento si consideri anzitutto il caso in cui sia assente il condensatore C; in tale evenienza la situazione (statica) é sintetizzata in fig. 18. Da notare che il valore Vp della tensione di picco é dato dall'espressione:

 

 

essendo di solito R1 ed R2 molto minori di RB1 ed RB2.
Il punto di funzionamento statico Q, per garantire l'oscillazione, deve trovarsi nel tratto di caratteristica a pendenza negativa; ciò si ottiene in prima approssimaziane imponendo che sia:

   (vedi anche Fig. 18).

Fig.18: Situazione statica in assenza di condensatore.

Per lo studio del funzionamento dinamico del circuito di fig.17 si supponga che il condensatore C sia inizialmente scarico. La tensione ai suoi capi é nulla e va crescendo esponenzialmente verso il valore di batteria VBB con costante di tempo RC; infatti l'emettitore dell'unigiunzione assorbe una corrente trascurabile e la carica di C avviene quasi esclusivamente attraverso R.
Non appena la tensione ai capi di C raggiunge e tende a superare la tensione di picco Vp dell'unigiunzione quest'ultimo viene portato a funzionare nel tratto a conduttanza negativa con conseguente innesco di un fenomeno transitorio a variazione molto rapida.        La corrente varia bruscamente da valori praticamente nulli fino a valori molto elevati dando così luogo al fronte di salita dell’impulso di corrente che provocherà l’innesco dell’SCR. La situazione è allora quella riportata in fig. 19 in cui la  differenza di potenziale tra la tensione del condensatore e quella del transistore unigiunzione viene colmata dalla Lpdi/dt ai capi di una  induttanza parassita dovuta ai fili di collegamento e al moto delle cariche elettriche nel semiconduttore.

Fig. 19: Componenti di tensione transitorie.

Il circuito equivalente durante questo transitorio veloce é invece quello di fig. 20 in cui il transistore unigiunzione equivale ad una resistenza dinamica negativa di valore -r.
Poiché R1 - r < 0 ed Lp @ 0, la costante di tempo con cui si evolve il circuito di fig. 20  é negativa e molto piccola, il transitorio é perciò divergente e molto rapido.

Fig. 20: Circuito equivalente durante il transitorio veloce.

In realtà man mano che la corrente cresce la -r, prima si annulla e poi cambia segno (vedi fig. 19), in modo che il transitorio complessivo di salita della corrente é formato da due tratti distinti (a) e (b) come é indicato in fig. 21 in cui viene riportato in dettaglio il transitorio complessivo.
In definitiva si ha un salto veloce (Lp @ 0) lungo la retta di commutazione la cui pendenza é legata al valore di R1 (in realtà nell'ultimo tratto si può avere un incurvamento più o meno accentuato dovuto alla perdita di cariche nel condensatore C). Alla commutazione veloce ora descritta fa poi seguito la scarica più lenta di C attraverso la resistenza R1 in serie con la resistenza dinamica positiva dell'unigiunzione (tratto (c)). A questo punto si rientra in zona a pendenza negativa con relativa commutazione veloce (tratto (d)), dopodiché ha inizio la carica (lenta) di C attraverso R e si ripete un nuovo ciclo. Il punto di funzionamento descrive perciò una curva chiusa detta ciclo limite il cui interno è ombreggiato in Fig. 21. Va infine notato che il circuito equivalente di fig. 19 è valido durante i tratti veloci a), b) e d) mentre nel tratto c) il condensatore C si scarica sulla resistenza equivalente positiva dell’unigiunzione e il circuito tenderebbe (tratto tratteggiato di c)) verso il punto di equilibrio Q riportato in fig. 18.

Fig. 21: Transitorio complessivo e ciclo limite.

La durata equivalente t dell’impulso di corrente si può stimare supponendo che esso abbia una forma rettangolare di base t e altezza IGmax. In questo caso esso comporta un trasferimento di carica Q = IGmaxt che viene estratta dal condensatore C nel passare da tensione VC2 a tensione VC1 (vedi Fig. 21). Si ha allora:
t =
Assumendo per semplicità VC2 = hVBB, VC1= 0 e IGmax = hVBB/R1 si ottiene la relazione approssimata t = CR1
Nel caso in cui si voglia innescare un SCR, al posto di R1 si piazza il Gate stesso oppure il primario di un trasformatore il cui avvolgimento secondario va al Gate dell'SCR nel caso quest’ultimo abbia il catodo fuori massa.
Dimensionando opportunamente il trasformatore si ottengono impulsi di tensione e di corrente più che sufficienti a pilotare anche gli SCR di più elevata potenza. La forma d'onda che si ha ai capi del condensatore C é quella tipica a dente di sega mentre ai capi di R1 si ha una serie di impulsi brevi, come mostra la fig. 22.

Fig. 22: Segnali di tensione e di corrente nell'oscillatore a UJT.

  Il periodo dell'oscillazione T, trascurando il tempo durante il quale si hanno le commutazioni, si ricava dalla relazione approssimata:
da cui si ha:

e da cui si ha:

 

6.-Il Gate Turn Off Thyristor (GTO).
Come si é visto nel capitolo dedicato agli SCR la principale limitazione di tali dispositivi risiede nell'impossibilità di portarli dallo stato ON allo stato OFF a mezzo di un semplice comando sull'elettrodo di Gate, con la conseguente necessità di impiego di circuiti ausiliari di spegnimento costosi e complicati. Si spiegano pertanto i ripetuti tentativi fatti dai costruttori per l'introduzione di componenti allo stato solido completamente equivalenti ad un interruttore comandato. Tra questi il più noto é il GTO (Gate Turn Off) che non differisce in modo essenziale da un normale SCR ma viene realizzato in modo da poter essere portato dallo stato ON allo stato OFF applicando un impulso di corrente negativa sul Gate.
Per comprendere come sia possibile provvedere allo spegnimento di un normale SCR applicando un impulso negativo sul Gate, si consideri la fig. 23 in cui viene riportata la normale situazione di conduzione in un SCR.
Una elevata quantità di corrente di elettroni esce dal catodo (che essendo una regione n+ é appunto una sorgente di elettroni) ed una corrispondente corrente di lacune esce dall'anodo (che é una regione p+ cioé sorgente di lacune). Tale mescolanza di cariche forma un plasma (elettricamente neutro) ad alta densità che cortocircuita la giunzione centrale n-p impedendogli di bloccare la corrente.

Fig. 23: Distribuzione di corrente in un SCR in conduzione.

Si supponga a questo punto di applicare una forte tensione negativa tra Gate e Catodo. Come é mostrato in fig. 24 parte del flusso di lacune viene deviato verso il Gate mentre le corrispondenti linee di corrente di elettroni, che per ragioni di neutralità di carica (il plasma é elettricamente neutro!) debbono rimanere paralleli alle corrispondenti linee di corrente di lacune, sono anch'essi costretti a uscire dal Gate. Quest'ultimo pero é una regione p+ cioé non é in grado di fornire gli elettroni richiesti. Ciò porta all'estinzione della corrente di elettroni e di conseguenza a quella parallela di lacune.

Fig. 24: Rimozione del plasma in prossimità del Gate.

In definitiva l'applicazione di una tensione negativa tra Gate e Catodo ha per effetto l’allontanamento del plasma dalla porzione del corpo dell'SCR posta in prossimità del Gate, che pertanto può essere considerato in stato di OFF, salvo per una zona più distante in cui persistono sia il plasma che la corrente anodica.
Si nota anche il verificarsi di due fatti concomitanti. Poiché la intensità di corrente nell' SCR é limitata solo dal carico esterno, nella zona interessata dal plasma residuo si manifesta una elevatissima densità di corrente che porta alla distruzione del dispositivo. In secondo luogo essendo la giunzione gate-catodo di tipo p/n+ e cioè di tipo a profilo di drogatura ripido, la tensione negativa applicata ne determina il breakdown e la conseguente rottura. Questi ultimi fenomeni possono però venire evitati se si introducono delle modifiche opportune nella struttura dell'SCR.
Anzitutto occorre rendere più intimo il contatto tra Gate e Catodo allo scopo di aumentare l’efficacia della tensione di Gate nel controllare la corrente che fluisce nel catodo. Questo si può ottenere impiegando forme particolari quali quella cosidetta spirale involuta, riportate in Fig. 25.

Fig. 25: Struttura a spirale involuta di Gate e Catodo nei GTO.

La spirale involuta gode infatti della proprietà di avere una distanza costante tra i suoi bracci contigui e quindi permette un contatto più “uniforme” tra Gate e Catodo. Il fenomeno del breakdown tra gate e catodo si può invece evitare inserendo una zona intermedia p- in modo che la giunzione p/p-/n+ che ne consegue sia di tipo sofficie e resista a più elevate tensioni.
Per quel che riguarda la zona residua di plasma posto sulla destra della fig. 24 essa viene automaticamente eliminata se al di sotto di essa si toglie la zona p+ sorgente di lacune. Ciò porta all'estinzione dei canali di flusso delle lacune e di riflesso a quelli di flusso degli elettroni. Tale estinzione può essere anche giustificata osservando che nella zona in questione non si avrebbe più la struttura tetrapolare tipica dell'SCR con il fenomeno rigenerativo che ne consegue.
In definitiva la struttura di un Thyristor che possa essere spento con comando negativo nel gate, che assume la denominazione di GTO (Gate Turn Off SCR), é quella riportata in fig. 26 in cui viene indicato anche il corrispondente simbolo elettrico.

Fig. 26: Struttura fisica di un GTO .

Va comunque notato che benché il GTO sia comparso abbastanza presto sulla scena dei dispositivi a semiconduttore, la sua vita é stata molto tribolata e solo negli ultimi anni esso sembra aver raggiunta una certa maturità, benché le sue prestazioni non siano ancora entusiasmanti. Il suo tallone d'Achille é infatti l'ancor elevato valore di corrente negativa di gate necessaria per lo spegnimento che si aggira su di un valore pari a un decimo della corrente anodica da estinguere.

 

Fonte: http://www.carloanti.it/fgiberto/appunti/dispense_varie%20di%20tecnologia.zip

Sito web: http://www.carloanti.it/fgiberto/appunti/

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