Inibitori di corrosione appunti

 


 

Inibitori di corrosione appunti

 

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Inibitori di corrosione appunti

 

INIBITORI DI CORROSIONE.

I metodi per ridurre il danneggiamento corrosivo dei materiali metallici sono sostanzialmente tre. Il primo consiste nell’interporre una barriera tra il reagente e il materiale metallico per mezzo di un rivestimento opportuno. Il secondo fa appello alle caratteristiche elettrochimiche del metallo, portando ad esempio mediante protezione catodica il materiale ad un potenziale al quale la dissoluzione anodica è trascurabile. Nel terzo, si va ad aggiungere alla soluzione aggressiva uno o più composti capaci di stabilire o perfezionare una barriera tra il metallo e l’elettrolita. Queste sostanze sono chiamate inibitori di corrosione e devono:

  1. essere attive a basse concentrazioni, per esempio da 0,1 a 1 g/L;
  2. non modificare le proprietà fisiche della soluzione;
  3. non essere nocive ed essere poco costose.

 

L’impiego di inibitori di corrosione può essere prevista già in sede di progetto, in modo da selezionare materiali costitutivi poco pregiatio, o anche per decrementare l’entità di fenomeni corrosivi in atto.

Appare chiaro che l’impiego di inibitori di corrosione è soprattutto indicato in circuiti chiusi o dove l’ambiente corrosivo non si rinnova continuamente.

 

MECCANISMO DI FUNZIONAMENTO DEGLI INIBITORI.

 Per gli inibitori sono possibili differenti classificazioni. Per semplicità, si distingue tra inibitori con azione anodica, azione catodica, inibitori filmanti e inibitori di adsorbimento.

 

Inibitori anodici. Questi inibitori agiscono incrementando il potenziale di corrosione libera del metallo, Ecorr, e quindi favorendo la formazione di film superficiali protettivi per i materiali a comportamento attivo-passivo. Tale azione può essere svolta aumentando la sovratensione del processo anodico (ad esempio nel caso di borati, benzoati e sali degli acidi carbossilici), o fornendo direttamente un ulteriore processo catodico abbastanza nobile (potenziale redox elevato) da portare il materiale in condizioni di passività (ad esempio permanganati, molibdati, acqua ossigenata) o mediante entrambi (ad esempio cromati e nitriti). Tipici inibitori anodici per gli acciai al carbonio sono appunto i nitriti ed i cromati (ambienti neutri o alcalini).

L’inconveniente di questi inibitori è di dover ben dosare la loro concentrazione nella soluzione, badando a non scendere mai al di sotto di certi valori (per i cromati ad es. circa 10-3 M) per non incorrere nel rischio di pitting intenso. Per questa ragione gli inibitori anodici sono detti ‘pericolosi’. Questo accade perché tali sostanze nobilitano il processo corrosivo per entrare nella regione di passività del metallo; tale effetto possono esplicarlo solo laddove la sostanza addizionata all’acqua raggiunge le superfici metalliche. Nelle regioni di difficile accesso tale azione può risultare difficoltosa. Inoltre, anche quando si è costituito un buon film protettivo superficiale,  vi è sempre bisogno di un approvvigionamento di inibitore sulle superfici, vuoi per un certo ricambio, vuoi per fenomeni di degrado nel tempo. La situazione ottimale per assicurare il mantenimento di un film continuo e protettivo richiede quindi una concentrazione sufficientemente alta di inibitore in soluzione e, possibilmente, condizioni di moto relativo tra soluzione e superfici metalliche, quest’ultime capaci di favorire il raggiungimento delle superfici e il ricambio locale di inibitore. Le condizioni stagnanti sono pertanto le più sfavorevoli per il buon funzionamento degli inibitori. Nella pratica corrosionistica, si impongono all’inizio del trattamento concentrazioni anche maggiori di inibitore, in modo da promuovere la formazione di un primo film compatto di passivazione (come parametro si considera di norma la superficie totale da proteggere). Poi si mantengono nel tempo concentrazioni superiori a quelle richieste al sistema, avendo cura di monitorare periodicamente le concentrazioni di inibitore e operare eventuali aggiunte. Se non si opera in tal modo si corrono gravi rischi corrosivi, soprattutto con questo tipo di inibitori. Infatti se in qualche regione della superficie metallica si lesiona il film protettivo, si creano condizioni di intensa corrosione localizzata, favorite dal grande rapporto Scat./San. e dall’imporre alla regione diventata anodica elevati potenziali di corrosione.

L’azione degli inibitori anodici è di consueto specifica per i diversi materiali. Nel caso di apparecchiature costituite da materiali diversi, si ricorre ad opportune formulazioni di inibitori diversi.

Cromati (Cromo esavalente). Sono tra gli inibitori anodici più efficaci, ma sono stati in pratica abbandonati a causa dello scarso livello di tollerabilità ambientale (legge Merli), in quanto tossici e cancerogeni per inalazione. Nel tentativo di limitare la concentrazione di cromati in soluzione si sono proposti bassi dosaggi di 5-6 ppm di CrO4= a pH=7, avendo però cura di fare pretrattamenti a più forte dosaggio (20-30 ppm). Il film di passivazione costituito dai cromati è tra i più stabili e anche resistente a impoverimento di inibitore in ciclo. Hanno tuttavia l’inconveniente di passare a cromiti in ambienti riducenti.     

 

Nitriti. Richiedono dosaggi di diverse centinaia di ppm per evitare il pericolo di pitting. In ambienti contenenti cloruri e solfati anche livelli di 200-500 ppm  perdono però efficacia. Inoltre possono venire usati dai nitro-batteri nel loro ciclo metabolico, sottraendo inibitore al ciclo e producendofouling biologico. Vengono usati prevalentemente per circuiti chiusi alimentati con acqua demineralizzata e nei circuiti di raffreddamento delle automobili, poiché non reagisce con i normali glicoli usati come antigelo.

 

Molibdati. Il molibdato sodico produce un film di passiva azione paragonabile a quello dei cromati in un campo di pH che va dal neutro all'alcalino (pH > 7, 5) con dosaggi di qualche decina di ppm. Tuttavia, anche in questo caso la presenza di cloruri e solidi disciolti ne diminuiscono l’efficacia. Si utilizzano in congiunzione altri inibitori anodici e catodici. L'alto costo è almeno in parte controbilanciato dal fatto che il composto non è tossico.

 

Polifosfati. I polifosfati sono costituiti da molecole deidrate complesse di ortofosfati (tripolifosfato/esametafosfato/pirofosfato di sodio) esplicano un'azione anodica passivante (non ossidante ) a livelli di dosaggio di 15-20 ppm. Per il loro funzionamento è necessaria la presenza di ossigeno. Il film formato è abbastanza labile e il loro impiego è in genere limitato.

 

Borati. Agiscono in modo abbastanza simile ai polifosfati. Dati gli alti dosaggi richiesti, il loro impiego è limitato ai circuiti chiusi in congiunzione con i nitriti.

 

Inibitori catodici

Gli inibitori catodici sono in genere considerati sicuri poiché non promuovono attacchi di tipo localizzato. In generale, queste sostanze tendono a ridurre a superficie disponibile catodica creando un deposito resistente e protettivo. Gli inibitori di questo tipo impiegati in ambiente acido sono invece capaci di aumentare in modo sensibile la sovratensione di scarica dell'idrogeno (ad esempio i sali di arsenico, antimonio, bismuto). Gli inibitori catodici in soluzioni neutre o debolmente alcaline sono costituiti da ioni metallici che vanno a precipitare nelle aree catodiche a causa dell'alto valore locale di pH, formando in tal modo uno strato di  ossidi, idroossidi, carbonati, fosfati. Nel caso degli acciai possono impiegarsi sali di zinco, magnesio o manganese. Si impiegano in genere bassi dosaggi ( <10 ppm ) in congiunzione di inibitori anodici. In tabella 3 si riporta una sorta di guida per l'uso combinato degli inibitori anodici e catodici capace di assicurare un'adeguata protezione contro il Pitting sugli acciai al C. Ad esempio, una miscela di cromati ed zinco potrebbe proteggere qualsiasi metallo. Tuttavia, bisogna ricordare che per mantenere quest'ultimo in soluzione il pH deve essere controllato e mantenuto nell'intervallo 6,5-7,0. Lo stesso vale per la combinazione polifosfati-zinco, anche se i limiti di durezza dell'acqua sono più restrittivi e la combinazione non è adeguata per il rame e le leghe di alluminio. La tabella mostra anche che i molibdati non possono essere usati colo zinco perché i pH di utilizzo relativo sono differenti.

 

Inibitori di adsorbimento (filmanti).

Si tratta di inibitori organici ed in particolare di ammine. L'aumento della lunghezza della catena di atomi di carbonio accresce il carattere idrofugo dell'inibitore, anche se il tale numero deve essere compatibile con la solubilità del composto in acqua. L'inibitore riesce a fissarsi tramite un gruppo funzionale attivo, nella maggior parte dei casi capace di realizzare un chemiadsorbimento sulla superficie del metallo. L'adsorbimento sir ializza sotto forma di film macromolecolare, attraverso l'intermediario di un gruppo funzionale (ammine, S<, OH-), come mostrato in figura per le ammine che completano con il loro doppietto elettronico uno strato insaturo del metallo.

 Il gruppo radicale è invece idrorepellente e crea una barriera fisica al contatto acqua-metallo. I tipici inibitori di questa categoria sono la tetraetilendiammina, la formaldeide, derivati della tiourea, ecc. ecc.. Gli inibitori organici più comunemente adottati sono:

Mercaptobenzotiazolo( M.B.T.). Questo composto si idrolizza in soluzione acquosa secondo la:

La specie ionica forma può i sali insolubili con gli ioni metallici. La protezione del M.B.T. è quindi legata alla presenza di un gruppo con zolfo ionizzabile e di un altro zolfo attaccato all'anello benzenico, capaci di formare legami coordinati con il metallo. Tale composto è addizionato come sale  sodico (solubile) per proteggere il rame e le sue leghe (efficace fino a pH = 4 ). Per l'alluminio l'efficacia è fino a pH = 7,5. Il principale svantaggio è la facilità ad essere ossidato da agenti quali il cloro

Benzotriazolo (B.Z.T.)

è analogo al MBT, ma più resistente all'ossidazione. Per le leghe di rame viene usato nell'intervallo di pH fra 6,5 e 8,5. Non adatto per l'alluminio.

Polisilicati. Con il termine polisilicati ci si riferisce a sostanze con diverso rapporto di Na2O, SiO2, e H2O. Data la complessità della loro chimica, lo stesso meccanismo di inibizione della corrosione non è stato chiarito. Si utilizzano in prevalenza a pH basici, con formazione di un deposito polimerico alcalino che produce per proteggere uno strato di ossidi protettivo per il materiale base. La cinetica del processo è tuttavia lenta e può richiedere tempi considerevoli (diverse settimane) per esplicarsi efficacemente. I silicati sono impiegati per le leghe di alluminio ed utilizzati a dosaggi elevati (50 ppm) dei circuiti chiusi in cui l'acqua di reintegro è addolcita demineralizzata. Nel progettare un trattamento con silicati è da tener presente il prodotto di solubilità del silicato di magnesio.

 

Inibitori da imballaggio ed in fase vapore.

Questi inibitori sono utilizzati per proteggere dalla corrosione atmosferica oggetti in materiale metallico durante il loro trasporto o stoccaggio. Si distinguono essenzialmente in inibitori per contatto ed inibitori volatili. I primi si addizionano agli olii e grassi che ricoprono le superfici, tipo ad esempio la lanolina (composta da alcoli ed acidi grassi ad alto peso molecolare) pronto a seconda classe è costituita da sostanze ad alta tensione di vapore ( Vapor Phase Inibitor o VPI): in tal modo si possono proteggere parti meccaniche di geometria complessa. Sostanze del genere sono carbonati o nitriti organici (ad esempio nitrito di dicicloesilammonio e carbonato di etanolammina). Il problema di questi inibitori è la necessità di utilizzare imballaggi e chiusura a tenuta stagna. Questi inibitori sono benefici per i materiali ferrosi ma possono risultare nocivi e incrementare l'attacco corrosivo a materiali non ferrosi, plastiche e pitture.

 

 

Fonte: http://www1.diccism.unipi.it/De_Sanctis_Massimo/Corrosione/Appunti%20di%20corrosione.doc

Sito web da visitare: http://www1.diccism.unipi.it/De_Sanctis_Massimo

Autore del testo: Massimo De Sanctis

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