Trasformazioni termodinamiche e appunti di termodinamica

 


 

Trasformazioni termodinamiche e appunti di termodinamica

 

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Trasformazioni termodinamiche e appunti di termodinamica

 

Appunti di termodinamica con grafici

 

 

Che cos’è la termodinamica ?

 

La termodinamica studia e analizza un sistema dal punto di vista degli scambi di calore e lavoro.
Per fare questo, la termodinamica fonda le sue radici su due principi fondamentali, grazie ai quali possiamo studiare e prevedere le reazioni di motori termici o addirittura di corpi celesti, dell’atmosfera terrestre o del corpo umano.
In generale il primo principio della termodinamica analizza la differenza dell’energia interna considerando non solo il lavoro ma anche il calore; il secondo pone dei limiti alla trasformazione del calore in lavoro, condizioni applicabili alle macchine reali, ma che purtroppo non sono troppo prese in considerazione dalla società consumistica in cui viviamo.

 

Se prendiamo in esame un cilindro perfettamente isolato dall’ambiente esterno, che abbia altresì la base come un perfetto conduttore di calore, possiamo, nel caso di un fluido omogeneo o un gas perfetto, studiare gli scambi di calore e lavoro tramite delle misure quali la pressione, il volume e la temperatura(le così dette variabili termodinamiche), che verranno misurate tramite degli appositi strumenti(manometro, una scala graduata e un termometro).
Nel caso del volume ovviamente, essendo a conoscenza dell’area di base del cilindro, basterà moltiplicarla per l’altezza del pistone che la scala graduata andrà a misurare.
Nel caso in cui fossimo a conoscenza di alcune delle sue misure(pressione e volume; pressione e temperatura; volume e temperatura), e del numero di moli (n), potremmo facilmente risalire alla misura restante tramite l’equazione:

 

                 pV=nRT

dove R è un numero noto (8,315), p è la pressione (pascal), V il volume(metri cubi), T la temperatura(°C) e n appunto il numero di moli.
L’equazione sopraindicata è una così detta “equazione di stato”, e tramite questa possiamo definire gli stadi intermedi di una trasformazione, che nel grafico vengono rappresentati con un punto.

 

In base al movimento del pistone, abbiamo un primo stato dove il volume ha un certo valore, così come la pressione, e un secondo stato, nel quale i valori del volume e della pressione sono cambiati.

 

 

 

 

Le trasformazioni termodinamiche

Analizzando le trasformazioni sui gas perfetti possiamo evidenziarne tre tipi fondamentali:

  • Trasformazioni isobare

Le trasformazioni isobare sono le trasformazioni che avvengono a pressione costante, e vengono rappresentate sul grafico pressione-volume, con un segmento parallelo all’asse delle ascisse



 

 

 

 

  • Trasformazioni isocore

Le trasformazioni isocore sono le trasformazioni che avvengono a volume sostante, e vengono rappresentate sul grafico pressione-volume, con un segmento parallelo all’asse delle ordinate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  • Trasformazioni isoterme

Le trasformazioni isoterme sono le trasformazioni che avvengono a temperatura costante, e vengono rappresentate sul grafico pressione-volume, con un arco di iperbole equilatera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Abbiamo poi altri due tipi di trasformazioni:

  • Trasformazioni adiabatiche

Le trasformazioni adiabatiche sono le trasformazioni che avvengono in assenza di scambi di calore tra il sistema e l’ambiente esterno.

 

  • Trasformazioni cicliche

Le trasformazioni cicliche sono le trasformazioni nelle quali lo stato iniziale della trasformazione coincide con lo stato finale. Di conseguenza la differenza di energia interna è nulla.



Le Trasformazioni Quasistatiche

Prendendo in considerazione il cilindro precedentemente analizzato, possiamo trarre delle significative conclusioni.

Immaginiamo di spostare di colpo il pistone verso l’alto:
una serie di trasformazioni interne all’ambiente del cilindro, ostacola che la pressione ed il volume possano rimanere costanti.
Inoltre, nel momento in cui il gas viene a contatto con il pistone, torna indietro come se vi rimbalzasse contro.
Dopo un numero indeterminato di volte che questo “ciclo” si ripete, lo stato del gas all’interno del cilindro è variato.

Se questa rapida trasformazione tra uno stato A ed uno stato B venisse rappresentata in un grafico, questo non sarebbe certamente una retta, bensì avrebbe forma di fuso, in quanto, prima di arrivare allo stato B, ben definito, passa attraverso una serie di innumerevoli stadi intermedi, per poi stabilizzarsi.

 

Ci sono delle trasformazioni che sono dette quasistatiche.
Queste si ottengono spostando l’ipotetico pistone verso l’alto, ma in modo infinitamente più lento di quanto non abbiamo fatto in precedenza.
Così notiamo nel grafico che quello che in precedenza veniva a delinearsi come un unico grande fuso da uno stato A ad uno stato B, ora si è “trasformato” in una serie di fusi molto più piccoli, ma che formano quasi un arco di curva.
In questo caso la trasformazione è detta quasistatica.

 

Il lavoro in un sistema termodinamico

 

Nel momento in cui abbiamo una variazione di volume, s’è un conseguente lavoro: del sistema, nel caso in cui il volume all’interno del cilindro sia aumentato, e quindi il pistone si sia alzato (espansione); dall’esterno, nel momento in cui il volume all’interno del cilindro diminuisce, conseguentemente all’abbassamento del pistone ( compressione).

In una trasformazione isobara

Come detto in precedenza, con trasformazione isobara si intende una trasformazione a pressione costante, quindi, la pressione esercitata dal gas sul pistone, e quella esercitata dal pistone sul gas, si eguagliano.

Allora il lavoro è dato da:

W = Fh = pSh

Dove pS è un derivato della formula della pressione ( p = F/S ), e h è l’altezza del pistone. Notiamo allora che il prodotto S*h, non è altro che la variazione di volume, quindi il lavoro sarà uguale a:

W = p∆V
Più in generale comunque, esiste un metodo per calcolare il lavoro in una trasformazione quasistatica qualunque: basta calcolare l’area della figura che viene a delinearsi, che ha come basa la variazione del volume ( ∆V ), e come altezza la pressione ( p ).

In una trasformazione ciclica

Lo stesso discorso vale per una trasformazione ciclica: se consideriamo il percorso dallo stato A allo stato B come un lavoro positivo, e poidallo stato B allo stato A come un lavoro negativo, giungiamo ala conclusione che il lavoro è uguale alla somma algebrica del lavoro speso nei due cambiamenti di stato:

Wtc = W a-b +  Wb-a

Ma, considerato che come abbiamo detto prima si tratta della somma algebrica del lavoro positivo iniziale, meno quella del lavoro negativo della seconda fase, in definitiva il lavoro sarà uguale all’area della parte di piano racchiusa dalla trasformazione ciclica.

Da quanto abbiamo detto finora possiamo dedurre che il lavoro non è una funzione di stato, in quanto non dipende solo dai valori di un ipotetico stato A e un altro ipotetico stato B, bensì anche dal particolare tipo di trasformazione a cui il sistema è sottoposto.

 

Il primo principio della termodinamica

 

Potendo essere considerato come un’estensione della legge di conservazione dell’energia meccanica, il primo principio della termodinamica tiene in considerazione gli scambi di calore tra il sistema e l’esterno, e viceversa, oltre che il lavoro.

 

 

La variazione dell’energia interna varia a seconda degli scambi di calore e del lavoro esercitato sul sistema dall’esterno e viceversa.

Quindi la somma algebrica di tutti gli scambi di calore più la somma algebrica di tutto il lavoro compiuto ha come risultato la variazione di energia interna:

∆Utot = Qtot + W(e)tot

 
Nel caso in cui il lavoro sia compiuto dal sistema, poiché è esattamente opposto, la formula ha una piccola variazione:

∆Utot = Qtot - Wtot

 

 

Trasformazioni isocore

Come già esposto in precedenza, una trasformazione isocora si ottiene mantenendo costante la misura del volume.
In questo caso il lavoro sarà uguale a zero (è facile notarlo anche per l’impossibilità di calcolare un’area, la quale indica il lavoro, per l’assenza di un ∆V ad indicare una base):

W = ∆Vp = 0

Ne consegue che, per l’assenza del lavoro, basandoci sulla formula precedente, la variazione di energia interna è uguale al calore speso:

∆U = Q

Trasformazioni isobare

Le trasformazioni isobare, sono le trasformazioni che avvengono a pressione costante. In questo caso il sistema compie lavoro sull’ambiente:

p∆V + ∆U = Q

 

Considerando però che in una trasformazione isobara il lavoro che si ottiene è circa un sesto del calore prodotto, possiamo capire come nella trasformazione isocora, l’aumento di temperatura, e la conseguente variazione di energia interna, sia maggiore che in una trasformazione isobara.

 

Trasformazioni adiabatiche

Le trasformazioni adiabatiche sono le trasformazioni che avvengono senza scambio di calore alcuno; come se avvenissero all’interno di un cilindro perfettamente isolato dall’esterno.
Quindi, poiché gli scambi di calore risultano nulli, arriviamo alla conclusione che:

∆U = -W

Durante una trasformazione adiabatica, ovviamente, la temperatura diminuisce se diminuiamo il valore della pressione su un ipotetico pistone, ed aumenta nel caso in cui aumentiamo il valore della pressione, generando così un lavoro negativo da parte del sistema.

 

Trasformazioni cicliche

Nel caso delle trasformazioni cicliche, il valore della variazione dell’energia interna, essendo questa un’equazione di stato, ed essendo lo stato iniziale e quello finale identici, è uguale a zero:

∆U = 0

Possiamo così dedurre che la quantità di calore scambiato è uguale al lavoro compiuto:

Qtot = Wtot

 

 

La macchina a vapore


La “Macchina vapore” è composta da quattro differenti macchine. Ogni macchina costituisce un singolo sistema aperto del quale possiamo calcolare e studiare il bilancio energetico. La somma di questi quattro sistemi aperti genera un unico sistema.

 

La figura mostra un diagramma schematico di un impianto elementare a vapore per la produzione di energia. I cicli a vapore costituiscono un esempio importante per la produzione di energia elettrica, specialmente usata negli impianti a larga scala per l’inconveniente derivato dal fatto che questi impianti necessitano di ampi spazi. Il funzionamento di questo impianto si basa su continue variazioni di pressioni e volume di una relativamente piccola massa costante di acqua che viene fatta passare, tramite una pompa, attraverso la caldaia, successivamente nella camera di espansione e poi nel condensatore. Generalmente il liquido usato è l’acqua (demineralizzata per evitare le incrostazione di calcare), date le favorevoli proprietà termodinamiche, il basso costo e la grande disponibilità, ma non mancano applicazioni particolari nelle quali vengono impiegati altri fluidi.

Il funzionamento della macchina a vapore è fondamentalmente di tipo ciclico, e si basa sull’esistenza di almeno due sorgenti di calore,.
Il calore passa dalla sorgente più alta, e fa in modo che il vapore spinga un ipotetico pistone, compiendo così un lavoro verso l’esterno.
Arrivato ad un certo punto però il pistone deve ritornare al punto di partenza;allora la seconda sorgente ( un condensatore ), raffredda il fluido contenuto nel sistema, facendo in modo che il vapore ritorni allo stato liquido, e che il pistone torni al punto di partenza.
Come sappiamo il lavoro che si compie è di gran lunga minore del calore che si crea, il quale viene in un certo senso “sprecato” per raffreddare il fluido, tramite il condensatore.

 

Il secondo principio della termodinamica


E’ arrivato il momento di porsi un quesito:
Siamo sicuri che è possibile trasformare un’intera quantità di lavoro in calore; ma è possibile trasformare un’intera quantità di calore in lavoro ?

Se esistesse una macchina capace di trasformare un’intera quantità di calore in lavoro, basterebbe il raffreddamento di 1K dell’acqua del mare, per generare una notevolissima quantità di energia.
Così facendo potremmo risolvere i nostri problemi energetici per migliaia e migliaia di anni.
Ma purtroppo una macchina del genere non esiste, come è anche testimoniato dagli enunciati di Lord Kelvin e di Clausius.

L’enunciato di Lord Kelvin

“E’ impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di assorbire una determinata quantità di calore da un’unica sorgente di calore e trasformarla integralmente in lavoro”.

Quanto appena detto potrebbe sembrare in contraddizione con quanto visto in precedenza. Infatti in una trasformazione isoterma, tutto il calore assorbito dalla sorgente è trasformato in lavoro. Ma il pistone si trova in una posizione differente da quella iniziale.
Quindi affinché il pistone torni alla sua posizione, il sistema deve scambiare calore con l’esterno. Questo avviene ad una temperatura differente da quella della prima isoterma, quindi vi sono almeno due sorgenti di calore.
Capiamo così come le parole evidenziate siano fondamentali per non fraintendere l’enunciato.

L’ enunciato di Clausius

“E’ impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risultato sia quello di far passare calore da un corpo più freddo ad uno più caldo”.

Anche qui è necessario pesare le parole.
Infatti, un frigorifero per esempio, preleva calore da una sorgente fredda, e la riversa nell’ambiente. Ma questo avviene in presenza di lavoro, quindi non è in contraddizione con l’enunciato di Clausius.

Questi due enunciati sono in un certo senso complementari.
Infatti possiamo dimostrarli entrambi per assurdo, servendoci anche di uno dei due enunciati che non prendiamo subito in questione. Per esempio:

Se prendiamo in considerazione una sorta di macchina “anti-Clausius”, capace appunto di far passare calore da un corpo più freddo ad uno più caldo, e la uniamo ad una macchina con due sorgenti di calore, osserviamo che:

  • la sorgente a temperatura più alta, cede un calore “Q2”, il quale serve a far compiere un lavoro alla macchina, e del quale buona parte, come già detto in precedenza, viene “sprecato”, e ceduto alla sorgente a temperatura minore.
  • E’ qui che entra in gioco la macchina “anti-Clausius”:

 la quantità di calore ceduta alla sorgente più fredda, viene ceduta          nuovamente alla sorgente iniziale.

A conti fatti, abbiamo analizzato una macchina che ha una sola sorgente di calore. Questo è in contraddizione con l’enunciato di Lord Kelvin. 

Possiamo ora fare lo stesso con una macchina “anti-Klausius”:

Nel caso in cui per esempio il fine della suddetta macchina sia quello di alzare i pesetti di una macchina di Joule, con all’interno acqua ad una temperatura T’>T, al termine del lavoro, la variazione di energia interna sarà uguale a tutto il lavoro compiuto sul mulinello di Joule, che sarebbe pari alla variazione di temperatura.
Assisteremmo così al passaggio di calore da una sorgente “T”, più fredda, ad una “T’”, più calda, senza alcun tipo di lavoro. Questo è in contraddizione con l’enunciato di Clausius.

E’ ora necessario introdurre il concetto di trasformazione reversibile e di rendimento:

  • come è facile intuire, una trasformazione cosiddetta reversibile, è una trasformazione grazie alla quale, passando da uno stato “A” ad uno stato “B”, è possibile tornare ad uno stato “A”, ripercorrendo esattamente a ritroso il percorso per arrivare allo stato “B”, e avendo nel punto “A”, esattamente le stesse condizioni iniziali.

 

  • Quando avviene una trasformazione, non tutto il calore viene trasformato in lavoro, ma solo un’esigua percentuale.

Il rendimento di una macchina termica è uguale al rapporto tra il lavoro totale ed il calore ceduto dalla sorgente più calda:

η = Wtot
Q2

Per una macchina termica che deve necessariamente lavorare con almeno due sorgenti di calore, poiché il lavoro totale è uguale a Q2 – │Q1│, deduciamo che:

η = Q2 – ׀Q1= 1- ׀Q1׀
          Q2            Q2

 

Tra le macchine reversibili, tra le più importanti annoveriamo le macchine reversibili di tipo termico.
Su questo tipo di macchine vi è un teorema importante, conseguito da Sadi Nicolas Lèonard Carot, il quale asserisce che le macchine reversibili hanno un rendimento maggiore a quelle non reversibili, se ovviamente entrambe lavorano tra due stesse temperature.
Possiamo a questo punto dimostrare il cosiddetto Teorema di Carnot :

ηR= 1 – ׀Q1 R ׀  
Q2R

Dove R sta ad indicare che stiamo analizzando una macchina di tipo reversibile. Ora passiamo ad una macchina non reversibile, che rappresenteremo con la lettera S:
ηS= 1 – ׀Q1 S ׀  
Q2S

 

È utile inoltre osservare che:

WRtot = QR2 – │QR1│  e   WStot = QS2 – │QS1│

Volendo dunque dimostrare per assurdo il teorema di Carnot, procederemo come segue:

ηR < ηS

sostituendo quindi le formule precedentemente ottenute, otteniamo:

1 – ׀Q1 R   <  1 – ׀Q1 S ׀  
Q2R                       Q2S

E dopo le opportune operazioni:

׀Q1 R    >   ׀Q1 S ׀  
Q2R                Q2S

Se poi invece poniamo QR2 = QS2 otteniamo:

│QR1│  – │QS1 │> 0

abbiamo preventivamente eliminato i denominatori, perché in questo caso sono uguali. Considerato che stiamo analizzando anche una macchina reversibile, abbiamo la possibilità di variare il segno dei valori di QR
e quindi di WR. Ora analizziamo infine il funzionamento di una macchina qualsiasi più quello di una macchina reversibile:

WR+Stot = WStot + WRtot =

= WStot - WRtot =

= QS2 – │QS1│- (QR2 – │QR1│) =

= │QR1│-│QS1│.

In tal caso la sorgente di calore più alta rimarrebbe inalterata, quindi ammetteremmo che la macchina sia in grado di lavorare grazie ad una sola sorgente di calore. Ciò come abbiamo visto e dimostrato è in contraddizione con l’enunciato di Lord Kelvin. Quindi arriviamo alla conclusione che una macchina reversibile ha sempre e comunque un rendimento maggiore di una non reversibile, nel caso che entrambi lavorino tra due eguali temperature.

Il ciclo di Carnot e il ciclo di Stirling

E sempre Carnot progettò una macchina che rappresenta una trasformazione ciclica, la quale appunto prende il suo nome.
Si tratta sostanzialmente di una serie di espansioni e compressioni isoterme ed adiabatiche che fanno compiere un lavoro alla macchina attraverso quatto diversi stadi:

  1. Inizialmente abbiamo un’espansione isoterma, che traccia sul grafico un percorso da uno stato A ad uno stato B. Questo tipo di trasformazione è ottenuta mettendo il sistema a contatto con una sorgente di calore, di modo che la temperatura rimanga appunto costante, e diminuendo in modo quasistatico la pressione.

 

  1. Segue un’espansione adiabatica, che dallo stato B prosegue allo stato C, tracciando sul grafico un percorso per così dire, più “vertiginoso”, dell’espansione isoterma, in quanto questa volta la temperatura diminuisce, dato che il sistema è completamente isolato dall’esterno, e quindi non è a contatto con fonti di calore con le quali mantenere la temperatura.
  1. Per far tornare il sistema allo stato A di partenza, cominciamo col servirci di una compressione isoterma, mettendo il sistema a contatto con una sorgente di calore, che lo porta da uno stato C ad uno stato D.

 

  1. Ed infine il ciclo si conclude con una compressione adiabatica. Come l’espansione, questa avviene in assenza di fonti di calore, e isolando completamente il sistema dall’esterno. Così continuiamo col diminuire il volume occupato dal gas, fino a che il sistema ritornerà allo stato A di partenza, esattamente con le stesse condizioni di partenza.

 

 


Alla fine il lavoro compiuto dal sistema durante il ciclo di Carnot sarà uguale all’area racchiusa tra gli archi di curva che verranno riportati sul grafico.

 

Simile è il ciclo di Stirling, il quale si basa su un eguale principio, ma in luogo delle trasformazioni ( espansioni e compressioni ) adiabatiche, troviamo delle trasformazioni isocore (volume costante):

  • Tutto inizia con un’espansione isoterma, durante la quale, il sistema a contatto con una fonte di calore, assorbe calore (Q’2) e fa in modo che la temperatura rimanga costante.
  • Segue una trasformazione isocora, durante la quale la pressione diminuisce, ed il sistema cede calore all’esterno ( Q’b = -cvm∆T).
  • Come nel ciclo di Carnot, la terza è una compressione isoterma, che ci avvicina al punto iniziale, e a causa della quale il sistema continua a cedere calore ( Q’1).
  • Infine, una trasformazione isocora, durante la quale la pressione aumenta ed il sistema acquisisce calore (Q’d = cvm∆T), riporta il sistema al punto di partenza, allo stato A, con identiche condizioni iniziali.

 

Un ostacolo da considerare però, nel ciclo di Stirling, è che per realizzare una trasformazione isocora, necessitano infinite fonti di calore.

Dall’esposizione del ciclo di Stirling possiamo dedurre che la prima e la quarta fase siano uguali ed opposte, quindi non fanno variare in alcun modo il valore ultimo del lavoro, che a questo punto sarà dato da:

W’ = Q’2 + Q’b + Q’1 + Q’d = Q’2 - cvm∆T = Q’2 – │Q’1│.

 

 

Fonte: http://www.majorana-liceo.it/vecchio_sito/html/termod/relazione.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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