Flessibilità del lavoro e occupazioni instabili

 


 

Flessibilità del lavoro e occupazioni instabili

 

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Flessibilità del lavoro e occupazioni instabili

VIVERE L’ INSTABILITA DEL LAVORO

CAP1: LAVORATORI CON OCCUPAZIONI INSTABILI

  • LA FLESSIBILITA DEL LAVORO NELLA VITA DELLE PERSONE

 

Oltre alla flessibilità esterna o numerica esistono la flessibilità funzionale o organizzativa e la flessibilità d’orario e quella salariale.

  • FILONI DI RICERCA NELLA LETTERATURA SULLE OCUPAZIONI FLESSIBILI

 

Il processo di destandardizzazione delle condizioni di lavoro nel contesto più ampio delle trasformazione che interessano i modi di produzione, le dinamiche della concorrenza, le strategie di gestione del lavoro all’interno dell’impresa e le relazioni industriali con l’obiettivo di spingere le ragioni di un processo che interessa tutti i paesi occidentali. Un secondo filone di studi che analizza il processo di diffusione delle occupazioni temporanee è rappresentato dalle analisi di tipo economico, che mirano a studiare la relazione tra aumento della flessibilità e livello di disoccupazione. Queste analisi considerano la questione da una prospettiva macro, mettendo a confronto la situazione del mercato del  lavoro in paesi diversi e cercando di individuare quali siano le conseguenze dell’aumento delle occupazioni temporanee in termini di adattamento della disoccupazione, dell’occupazione e/o della mobilità del lavoro in Italia, la questione dell’uso dei contratti a tempo determinato come strumento per rendere più facile il raggiungimento di un’occupazione stabile è al centro del dibattito politico, in quanto ridurre la disoccupazione giovanile è la barriera all’ingresso nel mercato del lavoro è tra i principali obiettivi delle politiche del lavoro nazionale. La scarsità di dati attendibili rende molto difficile condurre analisi sui risultati della diffusione dei contratti temporanei in termini di velocità dell’inserimento occupazionale dei giovani e di transizione ad un lavoro stabile. Schizzerotto, utilizzando dati longitudinali, mette in evidenza come il livello di istruzione degli individui e il territorio di appartenenza siano i fattori che condizionavano in modo più forte la probabilità di transizione da un’occupazione instabile ad un lavoro a tempo indeterminato.
I contratti di formazione lavoro hanno alte possibilità di trasformarsi in assunzioni a tempo indeterminato, i contratti stagionali si ripetono annualmente senza trasformarsi in relazioni stabili. Il lavoro interinale insieme ai contratti a tempo determinato non stagionali, si presenta come la forma contrattuale più precaria. Per i più giovani il lavoro interinale può essere uno strumento per esplorare il mercato del lavoro più che un canale diretto do assunzione e porterebbe sostegno anche all’ipotesi che questa forma contrattuale non offra reali opportunità di approdare ad un lavoro stabile alle persone che hanno superato i 40/50anni.
Ichiro, Mealli e Nannicini valutano che un’esperienza di lavoro interinale influisce positivamente sulla probabilità di conseguire un’occupazione permanente. Gli studi relativi ai percorsi ei lavoratori con contratto temporaneo sono quelli che forse si avvicinano di più al tipo di analisi che si intende condurre. L’oggetto sono le traiettorie industriali e le modalità con cui le  esperienze di lavoro instabile si collocano al loro interno, anche se le metodologie utilizzate, non permettono di indagare gli aspetti soggettivi, che invece risultano centrali qualora si vogliono mettere in luce le conseguenze della diffusione delle occupazioni instabili sulla vita della persona. L’instabilità del lavoro può avere conseguenze diverse a seconda del modo in cui si inserisce nei percorsi dei soggetti. 

  • AL DI LA DEL DIBATTITO SULLE POLITICHE DEL LAVORO

 

Il mercato del lavoro è costituito da persone che sul lavoro costruiscono la loro vita e dal lavoro traggono i mezzi di sussistenza. Le scelte che gli attori compiono relativamente al proprio lavoro, sono scelte complesse, che coinvolgono molti aspetti della vita, influiscono sulla definizione dell’identità sociale e sono vissute come forte tensione emotiva. L’indagine, condotta attraverso le interviste in profondità con lavoratori interinali e collaboratori cerca di far emergere il punto di vista dei soggetti coinvolti, il loro modo di percepire i rischi connessi all’instabilità, le loro aspettative, il senso attribuito alle esperienze di lavoro e il peso di queste ultime nel processo di definizioni dell’identità. La prospettiva adottata tende ad oscillare tra il livello micro dei racconti e il livello macro delle condizioni di contesto, con l’obiettivo di analizzare il complesso equilibrio che si crea tra le modificazione della domanda di lavoro e le strategie e la condizioni di vita dei lavoratori (l’offerta). Le aspettative dei soggetti e i loro percorsi nel mercato del lavoro sembrano essere le variabili enunciate per comprendere quando l’instabilità può essere una risorsa e quando, diventa una trappola che blocca gli individui in condizioni di rischio costante.
 

  • LA DIFFUSIONE DELLE OCCUPAZIONI INSTABILI

Nel mercato del lavoro italiano sono andate diffondendosi forme di contratti che non offrono garanzie di continuità nel tempo, come i contratti di formazione e lavoro, di apprendimento, di collaborazione, i contratti a tempo determinato, il lavoro interinale e il lavoro a chiamata, introdotte da poco e ancora raramente utilizzato nelle aziende. Il presente lavoro si focalizza su due forme contrattuali specifiche, oggetto di varie ricerche in quanto considerate rappresentative delle nuove forme di lavoro flessibile: i collaboratori e i lavoratori interinali.
Si definiscono forme di lavoro instabile o lavori interinali in modo da sottolineare il carattere non permanente e/o precario del rapporto di lavoro.

  • LAVORO INTERINALE

 

Il contratto di prestazione di lavoro temporaneo si caratterizza per la scissione tra datore di lavoro di fatto e datore di lavoro di diritto. Il lavoratore assuma la qualifica di dipendente di un’organizzazione privata per poi prestare la propria opera professionale presso altra impresa, cliente dell’azienda. Vi è un rapporto fra tre parti in cui si individua un ordinario contratto d lavoro e un appalto di servizi d’opera tra il soggetto utilizza la prestazione di lavoro ed il lavoratore contemporaneo non intercorre alcun rapporto contrattuale anche se, non mancano obbligazioni di carattere giuridico. Il soggetto che ricorre a lavoratori interinali gestisce autonomamente il loro lavoro e li inserisce nella propria organizzazione. Tra impresa utilizzatrice e azienda vi è un rapporto temporaneo limitato al periodo della missione, mentre tra lavoratore e azienda si ala legge del 1997 che il d.gs n. 276 del2003 prevedono che vi possa essere sia un contratto a tempo determinato sia un contratto a tempo indeterminato. In quest’ultimo caso, l’agenzia è tenuta a corrispondere al lavoratore un’indennità di disponibilità per i periodi in cui egli rimane in attesa di assegnazione. L’agenzia, una volta ricevuta la richiesta da un’azienda, contatta le persone che ritiene più adatte e spesso richiede una risposta immediata alla proposta di lavoro. L’opportunità di un nuovo lavoro, può farsi attendere per settimane, ma può anche arrivare all’improvviso, da un giorno all’altro, e il lavoratore, se vuole usufruire, deve essere in grado di rendersi disponibile immediatamente.
La legge del 1997 permetteva il ricorso al lavoro interinale solo in casi eccezionali o per sostituire lavoratori assenti, in modo da impedire che questi contratti si trasformassero per le aziende utilizzatrici, in un semplice mezzo per ridurre l’organico fisso e gestire in maniera totalmente flessibile il resto della manodopera. Gli accordi interconfederali approvati negli anni successivi avevano allargato la flessibilità di utilizzo del lavoro a tutte le situazioni di aumento dell’attività produttiva senza specificare il carattere di eccezionalità delle stesse. Le società di fornitura di lavoro interinale aggiungono un margine del 20 – 30% di salario percepito dal lavoratore per cui, alle aziende che lo utilizzano, un’ora di lavoro interinale costa di più di un’ora di lavoro di un dipendente regolarmente assunto. Quando è necessario trovare velocemente una persona in grado di svolgere determinata mansione, ridurre al minimi i tempi di ricerca e di selezione diventa cruciale e il costo il costo aggiuntivo del lavoratore interinale è cmq inferiore a quello connesso con l’arresto e la disorganizzazione del processo produttivo.
Un secondo fattore che spinge le imprese a utilizzare un contratto di lavoro temporaneo piuttosto che a tempo determinato, è costituito dal fatto che la legge, fino al 2001, riconosceva per il primo una più ampia libertà di proroga. Il contratto di lavoro interinale, si presentava come uno strumento di gestione della forza lavoro maggiormente flessibile del tradizionale contratto a tempo determinato. Nel 2001 la legge relativa ai contratti a tempo determinato è stata modificata, allentando i vincoli dell’uso delle proroghe, mentre la nuova legge sulla somministrazione di manodopera rimanda per questo aspetto ai contratti collettivi, non ponendo vincoli di principio alle possibilità di proroga. Il  primo mese funzionava come periodo di prova, alla fine del quale annuncia la richiesta di proseguire il lavoro fino al termine della missione prorogata. Lo stesso limite delle 4 proroghe era raggiunto imponendo una pausa di qualche giorno e facendo iniziare allo stesso lavoratore una nuova missione nella medesima azienda con la stessa mansione. Un terzo aspetto vantaggioso nell’uso del lavoro interinale è la possibilità di mettere alla prova il lavoratore ed eventualmente assumerlo al termine della missione.     

  • LE CARATTERISTICHE DEI LAVORATORI INTERINALI

 

Il numero dei rapporti di lavoro, non coincide con il numero degli occupanti con contratto interinale perché, nel caso in cui un lavoratore venga mandato in missione più volte, ogni missione viene conteggiata come rapporto attivo. Ciò si riflette su tutte le altre stime e disaggrgazione fornite dall’associazione. Non è chiaro se le proroghe dei contratti vengano contabilizzate come nuovi rapporti di lavoro, e ciò influisce anche sulla stima della durata dei contratti. La diffusione del lavoro interinale del settore terziario potrebbe aver recentemente portato ad una crescita del peso delle figure impiegatizie. Le aziende del terziario e, in particolare quelle commerciali e turistiche, richiedono spesso missioni brevissime, mentre in settori industriali i contratti durano generalmente ogni mese. Si tratti prevalentemente di giovani, con il titolo di studio attorno alla media. I più istruiti, sono spesso impiegati in attività poco qualificate a causa della mancanza di opportunità di lavoro adeguata al loro livello di istruzione. La distribuzione per genere mostra una leggera prevalenza della componente maschile, che è andata riducendosi nel tempo. Forte è la presenza di lavoratori stranieri, extracomunitari.
  

 

  • LE COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE

Il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa è una forma negoziale che non prevede una relazione di subordinazione tra il lavoratore e il datore di lavoro: il primo fornisce al committente un’opera o un servizio in totale autonomia organizzativa e operativa, dietro retribuzione. L’aspetto peculiare di questa forma di lavoro, è che, prima dell’approvazione del d.lgs. n. 276/03, non esisteva una normativa specifica di riferimento direttamente applicabile, tranne che sul piano del diritto alla protezione sociale. Dal 1996, in seguito alla legge di riforma del sistema pensionistico, è stato istituito un apposito fondo previdenziale INPS a gestione separata che prevede il versamento di un contributo, da parte di coloro che vengono definiti collaboratori coordinati e contributivi. La legge fa ricadere in questo insieme i rapporti di collaborazione di carattere non occasionale, che siano coordinati con l’attività del committente: il collaboratore, pur godendo di autonomia, cerca le modalità, il tempo ed il luogo dell’adempimento, dove collegare la propria attività lavorativa funzionalmente e strutturalmente  all’organizzazione di impresa. tra i redditi inclusi nell’imposizione contributiva, vi sono quelli derivati dalla collaborazione ai giornali, della vendita a domicilio e degli uffici di amministratore e sindaco e revisione di società. Esistono anche collaboratori occasionali che svolgono prestazioni non reiterate nel tempo e non sono tenuti  a versare nessun contributo previdenziale. Sul loro compenso viene applicata esclusivamente la ritenuta d’acconto del 20%. La collaborazione sembra una forma contrattuale prettamente italiana, introdotta nel sistema previdenziale ancor prima di essere definita dalla legislazione lavoristica. Anche in altri paesi europei esistono forme di impiego simili, a cavallo tra l’indipendenza e la subordinazione. I soggetti che cercano il contributo alla gestione separata dell’INPS presentano caratteristiche occupazionali e profili professionali molto eterogenei: tra di essi, vi sono le persone, per le quali l’assenza di un reddito stabile non dovrebbe costituire un problema rilevante e, dall’altro, lavoratori pseudo – autonomi con un solo committente che, dipendono da quest’ultimo, risultano fortemente esposti all’andamento del mercato senza avere nessuna garanzia sulla continuità del rapporto di lavoro. I collaboratori possono lavorare contemporaneamente per uno o più committenti. Il fatto di avere più incarichi allo stesso tempo può essere una garanzia contro il rischio di rimanere senza lavoro, ma può rendere necessario ritmi di lavoro elevatissimi e complicate strategie di costruzione e mantenimento dei contatti con i committenti, mentre la relazione con un unico committente, se da un lato rende il collaboratore completamente dipendente dalle sue richieste, dall’altro può considerarsi e offrire maggiori margini di stabilità. La durata dei contatti di collaborazione, è spesso molto breve: si pensi che, la metà dei contatti si conclude entro un anno e tra questi un terzo dura solo tre mesi.  

  • LE CARATTERISTICHE DEI COLLABORATORI

 

Per valutare sono coloro che hanno svolto attività di collaborazione nel corso dell’anno’ bisogna considerare solamente quelli che hanno versato contributi almeno una volta nel periodo di riferimento. Tra i collaboratori, vi sono molte persone che hanno un’altra occupazione o che sono in pensione, per le quali si presume che il lavoratore di collaborazione non costituisca l’attività principale.
Per le donne lavorare con contratto di collaborazione può essere, da un lato, una scelta dettata dalla necessità di avere maggiore autonomia nella gestione del tempo di lavoro, ma dall’altro lato, a causa della mancanza di opportunità di impiego con contratto stabile, può essere anche una via obbligata per entrare o rientrare nel mondo del lavoro. Se si osserva i dati retributivi della distribuzione per genere e per età dei collaboratori in senso stretto, si nota come la prevalenza della componente femminile sia molto marcata nella prima fascia d’età e vada attenuandosi molto dopo i 50 anni. I fattori che possono spiegare tale distribuzione sono vari. Da un lato, la componente femminile della fascia della forza lavoro tende ad uscire dal mercato del lavoro prima di quella maschile, in corrispondenza della maternità, dall’altro, molte donne, che erano occupate in modo stabile e che hanno abbandonato il lavoro per prendersi cura dei figli, oggi possono utilizzare le collaborazioni per ricominciare a lavorare a 40 – 45 anni. Nella ultime fasce d’età l’incidenza delle donne cala, dato che le attuali ultra 50, difficilmente cercano di rientrarvi. Tra gli uomini,più frequenti sono i casi in cui le collaborazioni costituiscono un ambito in cui  costruire il proprio percorso  professionale, anche in età avanzata. 

    • Aspettative, significati, strategie.

 

Il ricorso a intervista non strutturate è stato utile nella misura in cui ha permesso di fare luce sugli schemi di rappresentanza dei soggetti, sul loro modo di rappresentarsi all’instabilità del lavoro di definire il loro percorso all’interno del mercato del lavoro. BERTAUX, nei racconti scrive: si intreccino 3 diversi ordini di realtà: la realtà storica - empirica della storia realmente vissuta, la realtà psichica e semantica costituita da ciò che il soggetto pensa retrospettivamente di ciò che ha vissuto, e la realtà discorsiva da ciò che il soggetto decide di raccontare a che lo sta ascoltando. Si è cercato di analizzare i racconti degli interventisti per valutare la loro capacità di costruire una narrazione attorno alla esperienze lavorative. Tale capacità, è fondamentale per progettare un percorso coerente ed evitare di rimanere intrappolati nella precarietà. Analizzare i modi con cui i soggetti descrivono i rischi e raccontano le strategie che hanno adottate per farvi fronte è importante per capire come vivono la condizione di stabilità e come questa influisca sulla loro vita. Bisogna tenere in considerazione che i soggetti, nel momento in cui sono convinti a descrivere la loro storia, tendono a privilegiare alcuni aspetti, ne occultano altri, riordinano gli eventi, razionalmente cercano di dare una spiegazione plausibile delle proprie scelte. In alcuni casi le opportunità offerte dal contesto in cui si trovano influenzano in modo forte le loro strategie, dando luogo a meccanismi di adattamento delle preferenze che non è semplice far emergere in modo esplicito dei loro racconti. Per quanto riguarda l’instabilità dei lavoratori, i racconti dei lavoratori permettono di far emergere il loro punto di vista, il loro modo di guardare sull’incertezza e il loro modo di percepire i problemi ad  essa connessi. Alcune questioni rimangono in ombra perché gli interventisti non li hanno identificati, o non le considerano rilevanti, o perché non vogliono dare loro rilevanza,Si è cercato pertanto di muoversi su due piani, indagando da un lato le percezioni dei soggetti e, dall’altro, prendendo le distanze dei vissuti soggettivi per riflettere sui rischi meni visibili delle trasformazioni in atto nel mercato del lavoro.

    • I PERCORSI DI LAVORO

 

Basandosi su interviste in profondità, non si propone di stimare le possibilità di transizione ad un impegno stabile ma, intende indagare le percezioni dei soggetti e le strategie che essi adottano per far fronte all’instabilità. In secondo luogo l’analisi dei percorsi che si intende utilizzare è caratterizzata da una prospettiva differente perché, invece di guardare alle modalità con cui si susseguono le varie esperienze di lavoro dei soggetti, si concentra sulle loro aspettative.Si possono distinguere, in questo modo,coloro che hanno percorsi con aspettative di transizione da coloro, che hanno percorsi orientati. Da un lato, vi sono soggetti che svolgono occupazioni instabili, non corrispondenti alle loro reali  aspirazioni o non adeguate al loro titolo di studio, con l’obiettivo di cambiare lavoro in futuro e trovare un impiego più soddisfacente e più sicuro. Si tratta di persone che hanno difficoltà ad inserirsi nel mercato del lavoro, oppure che lo voglio esplorare o che attendono di definire meglio il loro futuro, o che hanno che hanno stringenti necessità  di trovare un impiego. Dall’altro vi sono soggetti che apprezzano i contenuti del proprio lavoro, li ritengono adeguate alle proprie aspettative e in linea di massima non intendono cambiare attività, anche se in alcuni casi aspirano ad ottenere forme contrattuali più stabili. La distinzione tra coloro che hanno percorso con aspettative di transizione e coloro che hanno percorsi orientati è importante per una serie di motivi che emergono in modo più chiaro nel corso dell’analisi.Solo considerando le aspettative dei soggetti è possibile comprendere il senso delle loro scelte e cercare di far emergere le loro strategie di movimento nel mercato del lavoro. In secondo luogo, il modo di rapportarsi all’instabilità del lavoro è di affrontare i rischi ad esso connessi varia in relazione a come la persona considera il proprio impegno, se pensano di continuare a svolgere a lungo o se proiettano verso altre esperienze lavorative. In terzo luogo, le aspettative per il futuro influiscono in modo molto rilevante sul livello di identificazione nel lavoro svolto e, sui processi di costruzione dell’identità professionale e sociale dei soggetti. I collaboratori si distribuiscono in maniera più equilibrata . Coloro che hanno percorsi orientati sono soggetti che svolgono attività di livello professionale medio – alto come giornalisti, responsabili editoriali, formatori istruttori di nuoto. Tra i collaboratori  con percorsi di transizione possono essere inclusi alcuni intervistati che svolgono attività di promozione nei supermercati. La distribuzione tra i diversi tipi di percorso,può essere utilizzata per far emergere quali elementi pongono gli individui in posizione di forza nel mercato del lavoro e quali possono determinare il loro intrappolamento in condizioni di precarietà.

  • COLLABORATORI E INTERINALI IN UN AREA A BASSA DISOCCUPAZIONE

 

La scelta di considerare  congiuntamente queste due forme  contrattuali, da un lato, e la decisione di focalizzare l’analisi su un contesto territoriale determinato, dall’altro, sono giustificate da una serie di motivazioni. Per quanto riguarda il primo aspetto   ,la decisione di studiare i contratti di lavoro e di collaborazione è stata dettata dal fatto che entrambe queste forme i lavoro sono instabili e pongono i lavoratori in condizioni di forte esposizione al mercato. Vi è una differenza sostanziale  dal punto di vista giuridico  relativamente  al fatto che il lavoro interinale è una forma di lavoro subordinato e le collaborazioni sono una forma ibrida di lavoro parasubordinato, con molti punti di contrasto con il lavoro indipendente. I lavoratori interinali vengono inseriti nell’organizzazione dell’azienda in cui sono inviati in missione, mentre i collaboratori, se si escludono in caso delle false collaborazioni, hanno maggiori margini di libertà nella gestione del lavoro. Un secondo elemento di differenziazione riguarda il tipo di attività svolta, poiché i lavoratori interinali sono, operai o impiegati che svolgono attività di basso contenuto professionale, mentre i collaboratori sono occupati in attività ad alto contenuto professionale che offrono maggiori margini di soddisfazione personale e portano spesso ad identificarsi con il lavoro svolto.

 

 

 

CAP. 2 LE TUTELE COLLETTIVE CONTRO I RISCHI DELL’INSTABILITA’

Secondo POLANY i fenomeni interessano le società industriali possono essere visti come risultato intrecciarsi di due movimenti contrapposti: quello del mercato, che tende a espandersi e quello della società che, per difendersi, tende a limitare tale esposizione. I fenomeni in atto nella sfera economica, possano avere degli effetti distruttivi sulla società, possono porre dei problemi e far nascere delle contraddizioni intercettandosi con dinamiche proprie della sfera sociale. Le contraddizioni, nascono con il processo di mercificazione del lavoro che accompagna l'industrializzazione: affidare a meccanismi di mercato aspetti fondamentali della vita umana come il lavoro può portare alla distruzione della società stessa, la quale mette in serie delle misure di protezione che limitano l'estrazione del mercato. I contratti di lavori stabili non offrendo garanzie riguardo alla continuità del lavoro, rendono problematico per i lavoratori fare affidamento sul salario percepito per garantirsi la sopravvivenza. Riducendo la stabilità dell'impiego si scaricano su lavoratori rischi e i costi dell'elevata instabilità del mercato e si rende fermo il livello di mercificazione del lavoro. ANDERSEN parla di de-mercificazione: è un processo necessario per la sopravvivenza del sistema ed è anche uno dei presupposti perché gli individui possono godere di un livello accettabile di benessere e di sicurezza. Non deve essere confusa con l'eliminazione totale del lavoro in quanto merce. Riguarda il grado in cui gli individui, le famiglie, possono raggiungere uno standard di vita accettabile nella società in cui vivono, indipendentemente dalla partecipazione al mercato. Il processo di de-mercificazione della società trova fondamento nel sistema di welfare e nella famiglia. Lo Stato, tramite la regolazione del mercato del lavoro e l'offerta di protezione sociale a soggetti in condizioni di bisogno dovrebbe permettere agli individui di sopravvivere anche al di fuori del mercato, la famiglia, può costruire in molti casi un ambito di assorbimento del rischio e di protezione per i suoi componenti nel caso in cui si trovino senza lavoro e, senza reddito.

  • RAPPORTO DI LAVORO INSTABILI E TUTELE CONTRATTUALI

 

L'analisi della normativa che regola i contratti di lavoro stabili mette in luce tre aspetti problematici:

  1. La diffusione dei contratti stabili: determina un aumento del livello di individualizzazione per proporre i lavoratori in condizioni di vulnerabilità e rende difficile l'organizzazione di azioni collettive di tutela
  2. Segnali di debolezza nella regolazione degli aspetti contrattuali: una sostanziale assenza di una normativa chiara su rapporti di collaborazione da un lato, e i frequenti episodi di scarso rispetto della legge relativa al lavoro interinale dall'altro, rendono evidente che l'uso di queste forme contrattuali, è solo debolmente il sud c'è analizzato e ciò rischia di accentuare le condizioni di precarietà dei lavoratori.

 

  1. La brevità dei contratti: a volte rende impossibile per i lavoratori stabili godere di alcune tutele che formalmente la legge riconosce sempre loro, come l'indennità di malattia o di maternità.
  • L’INDIVIDUALIZZAZIONE DEI RAPPORTI DI LAVORO

 

Con la diffusione delle forme contrattuali in una standard si avvia un processo di progressiva individualizzazione dei rapporti di lavoro che mutano condizione dei lavoratori. CASTEL distingue tra individualismo positivo e negativo: una società salariale, ha fornito lavoratori dipendenti di strumenti per svincolarsi dalle necessità di acquisire il livello di indipendenza fondamentale per raggiungere una piena proprietà di sé. Con l'indebolimento della società salariale, tendono a venire meno i presupposti per l'individualismo positivo e si creano situazioni di individualismo negativo, situazioni in cui le persone non hanno le risorse i mezzi per realizzare i propri obiettivi. Interinale, l'individualizzazione veniva dal fatto che la durata del contratto è limitata in rapporto tra lavoratore e datore ha un carattere unico. È legato ad una contingenza, coinvolge un lavoratore alla volta e può evolversi nel tempo a seconda della situazione e delle rapporto particolare che si sta ora tra azienda utilizzatrice lavoratrice. Per i collaboratori, non individualizzazione riguarda tutti gli aspetti contrattuali e non solo la durata del rapporto.
Il rapporto di lavoro ha un carattere personale/individuale in cui le regole vengono stabilite in intiere attraverso un processo di negoziazione continua. Il processo di individualizzazione del rapporto di lavoro porta delle modificazioni rilevanti nella concezione che le persone hanno del rapporto di lavoro e, nel modo in cui essi si relazionano con il datore di lavoro, e con le organizzazioni sindacali.

  • LA SCARSA ISTITUALIZZAZIONE FORMALE DEL RAPPORTO DI COLLABORAZIONE

 

Prima del decreto-legge 276 del 2003, non esistevano regole precise relative alla cessione di contratti di collaborazione nell'ottico della forma scritta. Le questioni relative ai tempi di pagamento, la definizione delle modalità di lavoro, alle penali in caso di risoluzione del contratto o tisi ritardata consegna del lavoro rimangono aperte e vengono gestite in modo autonomo dal committente e collaboratore. In assenza di regole formalmente istituzionalizzati, diviene fondamentale rapporto che si sta ora tra questi due soggetti è come si definisce il loro potere contrattuale. Parasubordinato, in quanto differente dal lavoro subordinato, è negata all'applicabilità dell'articolo 36 della costituzione, sia per il ferimento alla sufficienza della retribuzione, sia per quello che attiene alla durata massima dell'orario di lavoro, a riposo settimanale le ferie. La nuova legge, pur riconoscendo in entrambe le parti il diritto di recesso per giusta causa, sembrano migliorare molto la condizione dei collaboratori, in quanto rimanda alla contrattazione individuale per la definizione delle altre causali. Il lavoro interinale è maggiormente regolato e offre garanzie più ampie.

  • BREVITA’ DEI CONTRATTI E DEBOLEZZA DELLE TUTELE

 

Il livello di istituzionalizzazione, si rileva nelle pratiche di utilizzo dei contratti che nel corso del tempo sono andati diffondendosi tra imprenditori e committenti. I lavoratori temporali con i contratti di durata superiore a 12 mesi, riescono spesso a godere delle stesse indennità riconosciute lavoratori stabili. In Italia lavoratori in terminali sono equiparati sia lavoratori dipendenti assunti a tempo determinato. I collaboratori si trova in una posizione più complessa dei lavoratori in terminali in quanto, non rientrano nell'area del lavoro subordinato, non possono usufruire delle garanzie delle tutele riconosciute ai lavoratori dipendenti. Dal punto di vista legislativo, i lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa erano privi di qualsiasi tutela di carattere assistenziale, in quanto era previsto che il fondo di gestioni separato dall'Inps provvedesse solo a erogare la pensione. Saraceno: per le donne che hanno contratto di collaborazione per la nascita di un figlio può essere un ostacolo quasi insormontabile al proseguimento dell'attività lavorativa, perché l'assegno corrisposto è molto ridotto, la possibilità di riprendere il lavoro dopo un periodo di assenza non è garantita, non è prevista la possibilità di congedi parentali per il padre e la condizione di parasubordinati personalizza molto la loro posizione nelle graduatorie per gli asili nido. La sussistenza della forza lavoro non è più un problema di cui datore di lavoro o lo Stato devono farsi carico. Se il salario era alla forma economica di riproduzione della forza lavoro, il non salario cancella di colpo il problema della riproduzione della forza lavoro come problema costitutivo di rapporti sociali, i rapporti contrattuali tra datori di lavoro e lavoratori dei rapporti di cittadinanza tra lavoratore e stato.

  • LAVORATORI INDIVIDUALI SUL MERCATO

 

Nel mercato del lavoro italiano, sembra molto difficile riuscire a prevenire alla costruzione di tutele contro i rischi connessi a di stabilità dell'impiego attraverso l'azione collettiva. Il problema principale sta nel processo di differenziazione delle condizioni e delle esperienze di lavoro che porta i lavoratori a percepirsi come soggetti individuali e rende difficile qualsiasi identificazione con un gruppo. Coloro che hanno percorso con aspettative di transizione ad un altro impiego tendono a non preoccuparsi di ottenere condizioni di lavoro migliori e quindi non sentono il bisogno di rivolgersi al sindacato o di promuovere delle azioni di tipo collettivo. Il fatto di avere un contratto di breve durata rende lavoratori facilmente ricattabili e molte volte frena chi vorrebbe partecipare alle iniziative sindacali. L'individualizzazione dei rapporti di lavoro della differenziazione delle condizioni di lavoro e dei percorsi professionali dei soggetti costituiscono un ostacolo all'organizzazione di qualsiasi azione collettiva. La formazione di associazioni professionali sembra essere difficile.

  • TENTATIVI DI AGGREGAZIONE E DI RE ISTITUALIZZAZIONE

 

In alcuni casi viene invocato un intervento delle organizzazioni sindacali, sia da parte dei collaboratori che da parte dei lavoratori in terminali, pure per motivi diversi. I primi sembrano cercare dai sindacati le chiavi di lettura, i punti di riferimento per capire qual è la loro posizione nel mercato del lavoro, per definire quali sono i posti di lavoro e le garanzie di base, quali livelli retributivi a cui aspirare, quali le richieste che è possibile avanzare. I lavoratori interinali, avendo rapporto di lavoro maggiormente istituzionalizzato, normative precise e diritti tutele simili a quelle dei lavoratori dipendenti, sia al sindacato un intervento più concreto di vigilanza sulle modalità reali di applicazione dei contratti. Nella maggior parte delle situazioni le organizzazioni sindacali sembrano essere in una situazione di difficoltà e fatica ad assumersi il ruolo di promotrici di un processo di re-istituzionalizzazione dei rapporti di lavoro instabili. Una situazione resa complessa da alcuni problemi di gestione organizzativa interna di due principali sindacati italiani, per la riescono a coinvolgere i lavoratori stabili nelle loro iniziative. Il moltiplicarsi delle forme contrattuali il diffondersi della contrattazione individuale, hanno reso difficile per le organizzazioni sindacali intervenire in difesa dei lavoratori atipici. Sia la Cgil che la Cisl hanno costituito al loro interno duo organizzazioni di rappresentanza per i lavoratori atipici che fanno fatica ad affermarsi. I sindacati degli atipici si pongono in modo trasversale rispetto al organizzazioni di categoria a mancanza di un contatto diretto con le singole realtà aziendali in quel lavoratori atipici sono presenti. Non essendoci delegati sindacali specifici per gli interinali o per i collaboratori, le organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori atipici rimangono necessariamente al di fuori dei luoghi del lavoro, mentre sono i rappresentanti delle RSU aziendali ad aver a che fare con i lavoratori atipici occupati al loro interno.

  • PROTEZIONI SOCIALI E RISCHI CONNESSI ALL’INSTABILITA’ DEL LAVORO

           
La precarietà del lavoro tende a diminuire la fonte principale di vulnerabilità e di esclusione sociale oltre che la causa più grave dell'approfondirsi delle disuguaglianze.

  • L’INADEGUATEZZA DEGLI STRUMENTI DI SOSTEGNO AL REDDITO PER I DISOCCUPATI

 

Il sistema italiano di protezione per coloro che rimangono senza lavoro che si basa quasi esclusivamente sul principio sull'attivo che prevede sussidi legati all'anzianità e a motivi che hanno determinato licenziamento, privilegiando a chi subisce un licenziamento collettivo e chi era dipendente di un'azienda medio grande.
L’indennità di disoccupazione viene corrisposta solamente al lavoratori che sono stati licenziati per cui non può essere richiesta da loro torri stabili i quali, nella maggior parte dei casi, non subiscono un licenziamento non credono estinguersi contrattualmente lavoro. Essi non possono fruire di altri strumenti di sostegno a prestito, come la cassa integrazione guadagni e l'indennità di mobilità, e sono diretti al lavoratori colpiti da licenziamento collettivi perché senza entrare in imprese di dimensioni medio grandi. L'unica misura di sostegno a prestito può interessare i lavoratori instabili e il trattamento di disoccupazione con il requisiti ridotti, che può essere richiesto da persone che abbiano lavorato almeno 78 giorni nel corso dell'anno e che abbiano versato contributi almeno due anni prima. Il trattamento con requisiti ridotti non ha la funzione di offrire un sostegno economico al lavoratori per un periodo da dedicare alla ricerca di nuova occupazione, ma rappresenta una sorta di integrazione al reddito per gli intervalli di tempo, presumibilmente ripetuti, essenza di lavoro, in quanto viene erogato nell'anno successivo e prescinde dal controllo sulla situazione di disoccupazione al momento dell'erogazione. Risultano esclusi dalla possibilità di percepire indennità di disoccupazione con a requisiti ridotti coloro che hanno lavorato con contratto di collaborazione, poiché il versamento all'Inps, essendo a carattere pensionistico, non rappresenta un titolo per l'anzianità assicurativa. Accanto agli strumenti di sostegno al reddito dei disoccupati, non esistono sussidi di tipo assistenziale determinati sulla base della condizione familiare e della situazione di bisogno del soggetto. Nel 1999 era stata introdotta in via sperimentale una misura assistenziale definita al reddito minimo di inserimento, si trattava di uno strumento di sostegno al reddito che aveva caratteri simili alla indennità presenti in quasi tutti gli altri paesi europei. Il sistema di welfare italiano appare incapace di fornire lavoratori instabili un'adeguata protezione contro il rischio di rimanere senza un impiego. Le trasformazioni del quadro regolativo del mercato del lavoro hanno portato ad un aumento dell'occupazione non standard senza che fossero introdotte parallele modificazioni nel sistema delle tutele, il quale continua a essere incentrato sulla figura tradizionale del lavoratore dipendente a tempo indeterminato. La situazione, si regge su un equilibrio molto fragile in cui la famiglia di gioco ruolo sostitutivo importante di protezione contro i rischi connessi alle stabilità del lavoro.

  • IL CARATTERE FAMILISTA DEL WELFAR E DELLA DISOCCUPAZIONE

 

GALLIE e PAUGAM individuano tre modelli:

  1. Il pubblico individualista

 

  1. Il familista
  1. Condivisione delle responsabilità

 

    • Il primo è basato sul principio secondo cui deve essere la società collettivamente ad assumersi la responsabilità del problema della disoccupazione e del benessere del disoccupato;
    • Il secondo a cui è possibile ricondurre il caso italiano, rifiuta l'idea di una responsabilità collettiva per la disoccupazione e sottolinea in modo forte e il ruolo della famiglia che ha il compito di proteggere i suoi membri.

 

    • Il terzo modello prevede una condivisione delle responsabilità tra famiglie a pubblico autorità.

Ma sostanziale assenza di misure di tipo universali a sostegno del reddito dei disoccupati nel caso italiano è controbilanciato dal ruolo forte giocato dalla famiglia che, rappresenta la principale protezione per coloro che si trovano senza lavoro e opera con un vero e proprio ammortizzatore sociale. Il modello familista si basa su una determinata struttura della disoccupazione che vede fortemente colpiti giovani di entrambi i sessi, mentre tocca solo marginalmente i maschi adulti, i quali nella posizione di capofamiglia offrono attraverso il loro reddito un sostegno economico sicuro agli altri membri del nucleo familiare. All'interno dei regimi che ANDERSEN definisce di chi corporativo, caratterizzati da un'impostazione fortemente familista e Don offerta quasi inesistente di servizi sociali, si può distinguere un modello mediterraneo che presenta un’elevata frammentarietà delle politiche sociali,1 basso livello di generosità dei trasferimenti pubblici, soprattutto verso le famiglie, è un sistema di sostegno al reddito quasi inesistente.
Alla base di tale sistema vi è il principio di sussidiarietà secondo il quale lo Stato offre sostegno a soggetti solo nel momento in cui essi non possono trovare nella famiglia di appartenenza sufficienti mezzi di sussistenza. I soggetti che in Italia si trovano ad avere un impiego tipico, sono per la stragrande maggioranza dei giovani e donne adulte, mentre i maschi adulti sono stati toccati molto marginalmente dalla diffusione delle nuove forme contrattuali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAP. 3 LA FAMIGLIA COME PROTEZIONE CONTRO IL RISCHIO

 

  • LA FAMIGLIA TRA PROCESSI DI MERCIFICAZIONE E DEMERCIFICAZIONE DEL LAVORO

Il sistema di welfare italiano sembra incapace di offrire ai lavoratori instabili adeguate protezioni, tutele contrattuali collettive. È caratterizzato dall'impostazione fortemente famiglia, per cui è nell'equilibrio tra sfera del welfare e sfera della famiglia che bisogna cercare i principali meccanismi di protezione contro i rischi economici connessi all'instabilità del lavoro.
La famiglia rappresenta un particolare tipo di soggetto collettivo, la cui entità e strategie sono frutto di mediazioni complesse tra i diversi membri e tra il dentro e fuori.

  • LE IPOTESI IMPLICITE SUL RUOLO DELLA FAMIGLIA

 

Quando si abbandona la prospettiva macro sui processi di trasformazione del mercato del lavoro si va ad analizzare, con un'ottica micro la condizione in cui si trovano i lavoratori atipici, si tende a focalizzare l'attenzione sulla dimensione individuale, considerando ogni soggetto singolarmente, con le sue strategie e i suoi percorsi lavorativi. Tale approccio è irrealistico e fuorviante.
Irrealistico perché le risorse degli individui di cui dispongono, dipendono dal contesto familiare in cui sono inseriti; fuorviante perché trascurare questi aspetti impedisce di cogliere elementi molto importanti nell'analisi delle loro condizioni di vita e della loro esposizione rischi.

  • LA LUNGA PERMANENZA DEI GIOVANI IN FAMIGLIA

 

Un percorso di inserimento nel mercato del lavoro lento e progressivo a parte il processo di socializzazione al lavoro dei giovani e di definizione della loro identità professionale e sociale, processo che necessita di tempi lunghi, soprattutto in un contesto che non offre percorsi di inserimento lavorativo chiari e predefiniti.

 

  • I VANTAGGI DI VIVERE IN FAMIGLIA

 

La famiglia protegge dal pericolo di rimanere senza lavoro o dal rischio di non ricevere i pagamenti in tempo utile per far fronte alle proprie spese vi è chi apprezza vantaggi della convivenza con i genitori, e chi invece si sente intrappolato in questa condizione a causa dell'instabilità del proprio lavoro. I fattori che incidono sono l'età e, in grado di soddisfazione, insoddisfazione dei soggetti il tipo di prospettiva con cui svolgono il loro lavoro.

  • IL LAVORO STABILE DEL PARTNER COME PROTEZIONE CONTRO L’INSTABILITA’

 

Quando si guarda alla famiglia come rete di protezione contro i rischi economici connessi all'instabilità lavorativa non bisogna considerare che solo i giovani che vivono con i genitori, ma i casi di persone che fanno affidamento sulla stabilità dell'occupazione del partner per avere maggiore sicurezza economica. Bisogna tracciare una distinzione sulla base dell'età.
Da un lato vi sono le coppie giovani, nelle quali uno dei componenti a un impiego instabile e può fare affidamento in caso di necessità sul sostegno economico proveniente dal partner che ha un lavoro stabile. Dall'altro vi sono le coppie mature.
Le prime sono transitori, in quanto è probabile che la persona con l'impiego instabile continui raggiungere in futuro una posizione lavorativa sicura, e senza non necessaria alla rete di protezione offerta dal partner. L'equilibrio che si crea nelle coppie di età più avanzata, può essere modificato più difficilmente di quanto le possibilità di passare dal lavoro di stabile ad un impiego più sicuro si riducono al crescere dell'età a causa della reticenza da parte delle aziende ad assumere a tempo indeterminato o persone non più giovani.

  • OCCUPAZIONI INSTABILI, LAVORO DI CURA E LAVORO X IL MERCATO

 

I motivi che portano le donne con i figli a lavorare con contratti instabili sono due:

  • La necessità di conciliare di vita di cura il lavoro per il mercato
  • Le difficoltà di entrare sul mercato del lavoro dopo esserne stati fuori per alcuni anni per prendersi cura del figlio.

In relazione al primo motivo i contratti di collaborazione possono essere una buona soluzione per le donne che vogliono essere presenti può avere una certa libertà nella gestione del tempo. Una modalità contrattuale che non dà quasi nessuna garanzia in caso di maternità, può fornire le donne la possibilità di conciliare la doppia presenza di famiglie nel lavoro. Le scarse opportunità di lavoro part-time, spingono alcune donne a cercare un impiego a tempo ridotto tramite le agenzie di lavoro interinale che, non offrono missioni a tempo parziale. Il secondo motivo che spinge le donne ricorre agli impieghi stabili è il desiderio/ necessità di ricominciare a lavorare dopo un periodo di inattività dedicata alla cura dei figli.
Scoraggiate dalla mancanza di opportunità di lavoro di tipo stabile, e inizia a lavorare con contratto di collaborazione, oppure si rivolgono alle agenzie di lavoro interinale. Queste ultime trovano facilmente delle proposte di bromuro per le donne di una certa età, in quanto sono ritenute più affidabili di giovani.
Rivolgendosi all'agenzia evitano di scontrarsi direttamente con criteri di selezione dei responsabili del personale delle aziende che generalmente considera l'età come un è handicap quasi insormontabile. La famiglia, è una protezione per le donne con i figli che hanno un impiego stabile, ma è nello stesso tempo la causa stessa della loro condizione occupazionale stabile e il vincolo principali nella costruzione dei loro percorsi professionali, dove part-time poco diffuso e scarsa offerta di servizi per l'infanzia rendono la nascita dei figli un serio ostacolo allo sviluppo della carriera lavorativa. La connessione tra partecipazione al mercato del lavoro delle donne e diffusione delle forme di lavoro flessibile nasconde aspetti contraddittori: da un lato parte della manodopera femminile è attratta da contratti atipici prima che permettono una più facile gestione delle attività familiari, per cui le esigenze di flessibilità delle aziende sembrano trovare rispondenza in e la della forza lavoro. Dall'altro lato a volte sono i vincoli familiari a costringere le donne ad accettare contratti instabili e a relegarle nella precarietà, grazie a quegli stessi meccanismi che da tempo costringono a forza lavoro femminile in condizioni di profonda debolezza.

    • IL FRAGILE EQUILIBRIO TRA FAMIGLIA E MERCATO DEL LAVORO

 

L'equilibrio che Sembra essersi creato nel mercato del lavoro italiano per diffusione delle occupazioni instabili, sistema di welfare e la struttura familiare, non fa che rafforzare il ruolo della famiglia nella riproduzione delle disuguaglianze sociali. A fronte di un sistema di welfare incapaci di offrire protezioni adeguate a coloro che hanno il contratto instabile, l'equilibrio tra mercato del lavoro e strutture familiari appare in molti casi capaci di ammortizzare la maggior parte dei costi connessi alla precarietà occupazionale e all'insicurezza economica. Tale equilibrio rischia di divenire fragile a causa dei processi di trasformazione in atto nelle famiglie, da un lato, e di quelli che hanno luogo nel mercato del lavoro, dall'altro.
Per quanto riguarda il primo aspetto, bisogna considerare che le caratteristiche delle famiglie possono variare nel tempo in maniera in parte autonoma dalle trasformazioni in corso nel sistema economico. Richiamando l'idea tratta da POLANYI della presenza di dinamiche contrapposte tra mercati società, si possono vedere nella sfera della produzione e quella della riproduzione, il mercato del lavoro e la famiglia, come due sfere mossi da dinamiche distinte anche se tra loro in relazione. Si evita così di dare per scontato che esista sempre comunque un sistema di sinergie tra di esse e si può riflettere in modo più approfondito sulle condizioni che permettono attualmente alla famiglia di sostenere i rischi di tipo economico derivanti dalla diffusione delle occupazioni instabili.
ANDERSEN, i mercati del lavoro richiedono flessibilità e creano sicurezza e la famiglia potrebbe fallire, in quanto caratterizzata da maggiore instabilità come sottolineano GALLIE e PAUGAM , se il supporto familiare e la prospettiva di essere un futuro integrati nel mercato del lavoro appieno alcune delle pressioni sui giovani, è evidente che i costi della marginalizzazione dal mercato del lavoro rimangono molto alti, sia in termini di povertà che di soddisfazione per la propria vita.

 

 

 

 

 

 

CAP 5
SCARSA VISIBILITA’ DEI RISCHI E POTENZIALITA’ DEL PROCESSO DI INDIVIDUALIZZAZIONE

L'analisi della percezione dei rischi connessi all'instabilità lavorativa, risulta condizionata dalle caratteristiche del contesto in cui i soggetti sono infiniti. La percezione dei rischi è attenuata dalla presenza di efficaci detti famigliari di protezione contro l'instabilità ed alla possibilità di garantirsi i flussi quasi continui di lavoro.

  • LA PERCEZIONE DEL RISCHIO

 

È possibile comprendere per quali motivi spesso i contratti instabili sono visti come una risorsa per chi si muove nel mercato del lavoro piuttosto che come un vincolo che aumenta l'incertezza e la precarietà. Un ruolo importante e gioca l'ambivalenza di processi di individualizzazione, i quali amplificano la libertà d'azione dei soggetti ma contemporaneamente pongono questi ultimi in condizioni di maggiore vulnerabilità.

  • LE TRASFORMAZIONI DEL LAVORO ATTRAVERSO LE GENERAZIONI

 

È fondamentale prendere in considerazione il modo con cui il mercato del lavoro e le opportunità occupazionali vengono percepite dai soggetti. I dati sulle assunzioni, mostrano che, sebbene i lavoratori stabili rappresentino a tutt'oggi una quota limitata del totale degli occupati, gli è stata una crescita molto accentuata dell'uso dei contratti atipici. Come sostiene ARCHER , in ogni istante gli attori assumono come dato il contesto in cui si trovano e contemporaneamente, con il loro comportamento, contribuiscono a modificare le condizioni di contesto di coloro che entrano in gioco un futuro nel confronto con i pari, gioca un ruolo nel caso dei lavoratori stabili, contribuendo a modificare le aspettative sulla stabilità del lavoro. Come spiegano DRANCOURT e BERGER in uno studio sull'inserimento dei giovani nel mercato del lavoro francesi, il confronto con i pari rafforza la convinzione che l'opportunità di lavoro stabile siano scarse e attenua il senso di frustrazione nei periodi di disoccupazione.

 

 

  • MEZZI DI INFORMAZIONE E INVISIBILITA DEI RISCHI

Il ruolo di influenza che i mezzi di informazione hanno sui modi di rapportarsi al mercato del lavoro e al problema della precarietà viene sottolineato da VAIL, che lo riconnette alla questione più ampia del potere. Chi è in una posizione di potere in grado di controllare la distribuzione del rischi e di scaricarne i costi su altri: le aziende, grazie alla flessibilità del lavoro, riescono a scaricare sul lavoratori a maggior parte dei costi dell'incertezza, mentre un'altra importante prerogativa del potere economico nella definizione dell'insicurezza viene esercitata attraverso il controllo delle società che gestiscono i mezzi di comunicazione. Il concetto di flessibilità può essere rappresentato come una minaccia ma anche come un'opportunità della prevalenza dell'uno o dell'altro aspetto è determinata dal tipo di immagine che ne viene data dalle istituzioni, dalle forze politiche, dalle organizzazioni sindacali. Secondo la teoria di BECK, attraverso il processo di modernizzazione riflessiva si passa da una società in cui la logica della produzione della ricchezza domina la logica della produzione del rischio, a una società in tale rapporto si inverte e la produzione di ricchezza è sistematicamente accompagnata dalla produzione sociale del rischio. Vi è una crescente individualizzazione dei rischi sociali, che interessano fasce ampie della popolazione e vengono vissuti affrontati dai soggetti in modo individuale, perdendo visibilità senza perdere rilevanza. L'analisi di BECK mette in luce un problema che riguarda i lavoratori hanno impieghi stabili, in quanti rischi di rimanere senza lavoro allo scadere del contratto o di perdere l'impiego in caso di malattia o di gravidanza non vengono considerati esplicitamente di non hanno sufficiente visibilità sociale è non vengono riconosciuti come tali da soggetti coinvolti.

  • IL POTENZIALE LIBERATORIO DEL PROCESSO DI INDIVIDUALIZZAZIONE

 

Sia BECK che CASTEL hanno sottolineato l'ambivalenza del processo di individualizzazione e i loro contributi sembrano adatti a descrivere la condizione complessa in cui si trovano i lavoratori instabili in Italia. Secondo BECK il processo di individualizzazione determina un senso di disorientamento causato dalla perdita delle sicurezze tradizionali e un ampliamento delle possibilità di azione dei soggetti, che si sentono liberi di definire le poche strategie. L'individuo, posto di fronte a non contesto altamente mutevole, si trova a dover compiere scelte complesse e deve prendere delle decisioni senza avere un quadro preciso delle loro conseguenze. Si determina un processo di de-routinizzazione che va a toccare il nucleo dell'esistenza e anche gli spazi discrezionali, sicché le biografie individuali di vengono costellate di scelte complesse. Con il processo di individualizzazione, l'incertezza, da caratteristica del contesto in cui gli attori si muovono, diviene una peculiarità dei progetti che si elaborano, assume una dimensione soggettiva. L'incertezza, percepita nella definizione delle strategie è l'incertezza propria dell'attore in grado di compiere delle scelte e di attribuire un significato alle proprie esperienze. In questo senso, è una conquista di gradi di libertà, il segno delle indebolimento dei vincoli tradizionali. CASTEL sottolinea la carenza del processo di individualizzazione, distinguendo tra individualismo positivo e negativo. Sostiene che, con l'indebolimento della società salariale è non a venire meno i presupposti per l'individualismo positivo, e si creano situazioni di individualismo negativo.

  • INSTABILITA COME RISORSA

 

Le modalità di risposta dei soggetti di fronte all'instabilità rivelano insospettate capacità di adattamento, trasformando di risorse quelli che potevano sembrare vincoli emotivi di ansia e preoccupazione. Richiamando la teoria della strutturazione di GIDDENS, il contesto appare come una struttura vincolante e abilitante al tempo stesso, all'interno della quale i lavoratori stabili costruiscono le loro strategie.

  • REGOLARIZZARE IL RAPPORTO DI LAVORO

 

Da un lato, è evidente che la normativa in materia di collaborazioni, offre alcune garanzie che in un rapporto irregolare sono assenti, dall'altro, non si può negare che, nella situazione attuale, le due forme di lavoro sono molto più simili di quanto si possa pensare. Considerandolo scarso livello d'informazione sulle tutele contrattuali che spesso si rileva tre lavoratori stabili.

  • SENZA VINCOLI

 

L'assenza di vincoli che lei in ogni modo stabile il lavoratore al datore di lavoro per alcuni e rappresenta una minaccia, in quanto li lascia Maria dell'incertezza, ma per molti altri significhi avere maggiore libertà nella gestione del tempo e dello spazio o nella ricerca di altre esperienze di lavoro.

 

 

  • LA LIBERTA NELLA GESTIONE DEL TEMPO E DELLO SPAZIO

Spesso le regole sono dettate dalle condizioni esterne, dal mercato dalle esigenze produttive, perciò al controllo da diretto diviene indiretto. Il lavoratore a posti in presa diretta con l'andamento del mercato sicché sono fattori in personale ed esterni, piuttosto che il datore di lavoro o i superiori nella gerarchia aziendale ad imporre ritmi e l'intensità del lavoro.

  • LA LIBERTA DI CAMBIARE LAVORO

 

 La differenza tra noi collaboratori i lavoratori dipendenti sta in questo: l'ora avranno sempre tutti vantaggi che gli spettano come la tredicesima alla quattordicesima e premi di produzione. Sono pacati meglio di noi, però non abbiamo il vantaggio di poter dire no, non lo faccio, no non posso.

 

 

 

 

 

 

CAP. 7 EQUILIBRI

Dal momento che l'instabilità del lavoro invita instabilità del reddito, si è cercato di capire come lavoratori stabili riescono a proteggersi dall'incertezza economica. Successivamente, sono stati presi in considerazione i modi in cui percepiscono i rischi, come vivono le stabilità e quali sono le conseguenze di quest'ultima su processi di definizione delle loro strategie e sulla costruzione della loro identità professionale sociale.

  • MODI DI VIVERE L INSTABILITA DEL LAVORO

 

Analizzando i meccanismi attraverso cui soggetti si proteggono dall'incertezza, si può cercare di delineare il gioco di equilibri che fino ad oggi ha permesso di attenuare i rischi connessi all'esposizione al mercato. Considerando nello specifico percorso i soggetti possono seguire nel mercato del lavoro, è possibile individuare le fattorie permettono ad alcuni di utilizzare le stabilità come una risorsa che intrappolano anche in condizioni di precarietà.

  • PROTEZIONE CONTRO L ‘NSTABILITA

 

Le tutele collettive, non sembrano offrire lavoratori stabili una difesa adeguata per quattro ordini di motivi:

  1. Il sistema di welfare italiano: non prevede strumenti efficaci di sostegno al reddito in caso di disoccupazione per coloro che hanno contratti a scadenza, come collaboratori e gli interinali.

 

  1. L’uso dei contratti stabili: è scarsamente istituzionalizzato, per cui si aprono spazi per comportamenti poco corretti da parte delle aziende e o dei committenti.
  1. La brevità dei contratti: rende impossibile per i lavoratori di godere delle tutele e te le indennità previste dalla legge.

 

  1. L’impatto: dell'aumento del livello di individualizzazione dei rapporti di lavoro, che rende difficile organizzare azioni collettive per la creazione di nuove tutele o la promozione di un processo di re-l'istituzionalizzazione.

Il mercato del lavoro locale, quando offre numerose opportunità di impiego, riduce il rischio di rimanere disoccupati a lungo.

  • PERCORSI DI LAVORO ED ELEMENTI DI VULNERABILITA

Le categorie tradizionali, abbassate sulla distinzione tra lavoratori assunti a tempo indeterminato i lavoratori con contratti a tempo determinato, non aiutano a tracciare altre linee di differenziazione all'interno del complicato il multiforme universo dei lavoratori stabili. La distinzione basata sul tipo di percorso che soggetti contano di poter seguire nel mercato del lavoro permette di fare un passo avanti in questa direzione. Per quanto riguarda i soggetti che hanno intrapreso un lavoro stabile non attinente alle proprie aspirazioni con l'obiettivo di cambiare tipo di attività in futuro, percorso con aspettative di transizione, si possono delineare due differenti traiettorie. Da un lato alcuni vedranno realizzarsi i propri piani e approderanno a un lavoro stabile, attinente ai propri interessi. Le occupazioni stabili pongono relativamente pochi problemi, e funzionano come canale di ingresso nel mercato del lavoro e come ponte verso un lavoro stabile. Per questi soggetti le protezioni contro i rischi non sono necessariamente cruciali, in quanto essi si limitano a transitare attraverso l'impiego il stabili e rimangono solo per un breve periodo in condizioni di esposizione al mercato. Dall'altro lato vi sono soggetti che non riescono a trovar l'impiego desiderato e continuano a lavorare con contratti stabili, svolgendo attività poco soddisfacenti, senza poter uscire dalla condizione di precarietà. La perdita della capacità narrativa sulle proprie esperienze lavorative, o la mancanza di un progetto forte che guidi le scelte, possono ridurre la capacità strategiche degli individui ponendoli in condizioni di debolezza e di esposizione costante rischio. Le condizioni di coloro che hanno percorsi orientati, sono soddisfatti del  loro lavoro e non vorrebbero cambiare tipo di attività in futuro, appare diversa ma non meno problematica. Essi possono seguire due diversi tipi di traiettoria a secondo del loro obiettivo di lungo periodo. Da un lato vi sono coloro che hanno un percorso orientato verso lavoro stabile, cioè aspirano a svolgere la medesima attività all'interno di un'azienda, assunti come dipendenti a tempo indeterminato. Nel caso in cui riescano ad ottenere un contratto stabile, e si riducono al minimo l'esposizione al mercato e quindi non hanno bisogno di costruirsi delle protezioni contro i rischi. Se, non ottengono l'assunzione continuano a convivere con le stabilità perché molti casi la passione per il lavoro è più forte del desiderio di avere un impiego sicuro. In questo caso, devono garantirsi la continuità del lavoro attraverso le reti di contratti con i committenti. Dall'altro lato, vi sono coloro che hanno un percorso orientato verso la stabilizzazione del mercato, non aspirano a venire assunti come dipendenti a tempo indeterminato. Per costoro, esistono due ordini di problemi. Bisogna considerare che i loro piani possono avere successo se nel settori di attività esistono opportunità di carriera, ovvero se le competenze in esperienze vengono riconosciute da committenti e accrescono la forza contrattuale del collaboratore.

  • LA RILEVANZA DELLE RISORSE INDIVIDUALI E DELLE CARATTERISTICHE DEL CONTESTO

Lo studio dei percorsi all'interno del mercato mostra come l'instabilità del lavoro possa essere una risorsa per coloro che riescono a raggiungere un'occupazione forte e ridurre l'esposizione al mercato e una minaccia per coloro che, non riescono a costruirsi un percorso che faccia emergere e rimangono intrappolati in condizione di esposizione ai rischi. I contratti che non danno garanzia di continuità nel tempo amplificano l'importanza delle risorse di cui il singolo individuo dispone, le quali influiscono sulla possibilità di realizzare propri oggetti personali e più in generale di costruirsi un percorso professionale. Una diffusione delle occupazioni stabili, non ha necessariamente conseguenze negative sulle condizioni di vita delle persone ma aumenta enormemente l'importanza delle risorse personali e familiari e quindi amplifica le differenze tra soggetti si muovono sul mercato del lavoro. Il processo di individualizzazione dei rapporti sul lavoro, non si limita ad accentuare la rilevanza delle caratteristiche dei singoli, ma li rende nel contempo dipendenti delle risorse che contesto mette loro a disposizione. Questo aspetto mostra che le condizioni dell'individualizzazione e le sue stesse conseguenze, in termini di vulnerabilità o autorizzazioni, non sono in sé date, ma vengono continuamente e collettivamente create e ricercate. Dal momento che la gestione delle stabilità del rapporto tra lavoratori e datori di lavoro committente non è regolata in modo forte, sono le condizioni di contesto che guidano le pratiche e determinano e le averlo reale di precarietà del lavoro ed eventuali meccanismi di intrappolamento di crescita professionale dei soggetti coinvolti. È il quadro italiano, non si può che guardare con preoccupazione a questo aspetto della diffusione delle occupazioni stabili, che, non è stata accompagnata da parallele trasformazioni del sistema di welfare diretto a offrire tutele adeguate contro i rischi connessi all'instabilità. I processi in atto hanno contribuito a ridurre le capacità di intervento delle organizzazioni sindacali, che più difficilmente riescono a promuovere la costruzione di tutele collettive. L'aumento della dipendenza dalle condizioni di contesto, da un lato, e la rilevanza sempre maggiore delle risorse individuali nel determinare i modi di vivere le stabilità del lavoro, dall'alto determinano insieme l'amplificazione delle disuguaglianze tra i soggetti che si muovono nel mercato del lavoro.

  • LA DIFFICILE LETTURA DEGLI EQUILIBRI

 

Se si evita di dare per scontato il ruolo della famiglia come protezione contro l'instabilità lavorativa, è possibile analizzare in modo approfondito su quali fattori si basa ed individuare elementi di criticità connessi alle trasformazioni in atto. Il secondo elemento che riduce la visibilità dei rischi delle stabilità connesso al fatto che essi sono più individualizzati e distribuiti sulla forza lavoro. Come sostiene BECK , mentre la ricchezza costituita da beni risorse di cui si può avere una percezione diretta, di rischio in molti casi elude le capacità umane di percezione. La tangibili di tanti bisogni materiali riduce la percezione dei rischi, ma non la loro rilevanza. Il fatto che quando si guarda alle occupazioni stabili non si identifichi immediatamente una fascia di soggetti in condizioni particolarmente critiche non deve indurre a sottovalutare l'esposizione ai rischi che caratterizzano posizioni di molti lavoratori. Come spiega SEN non basta considerare il livello di soddisfazione delle persone in quanto esse tendono a adattarsi alla condizione in cui si trovano e a valutarla positivamente anche quando le loro capabilites, o è la capacità di ottenere il tenore di vita desiderato, sono fortemente vincolate dalla mancanza di risorse.

 

Fonte: http://www.sociologia.uniroma1.it/users/studenti/Riassunti/Riassunti%20vari_hakuna/vivere_l_instabilita_del_lavoro.doc

Sito web da visitare: http://www.sociologia.uniroma1.it/

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