Letteratura di guerra

 


 

Letteratura di guerra

 

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Letteratura di guerra

  • memorialistica della I g.m.:

           > posizioni nazionalistiche
> temi: realizzazione di sé, patriottismo, rapporto coi soggetti
> l'intellettuale si sente guida del suo popolo --> ambiguo sovversivismo
> Caporetto è occasione perché le masse esprimano il loro dissenso --> populismo
C.Malaparte La rivolta dei santi maledetti 1921; Emilio Lussu (1890-1975), interventista e ufficiale di fanteria, poi antifascista e nel Pd’Az, cerca nella truppa i segni di una nascente coscienza di classe (Un anno sull’altipiano Parigi 38); Ardengo Soffici ufficiale addetto alla propaganda sotto Caporetto (La ritirata del Friuli 1919); Pietro Jahier che cerca nella guerra un’occasione di salvezza morale Con me e con gli alpini 1919; A.Palazzeschi, neutralista, Due imperi... mancati 1920; Gadda, sottotenente degli alpini al fronte (la guerra è ‘necessaria e santa’), prigioniero in Germania dopo Caporetto --- in quaderni di appunti, analizza il proprio desiderio di affermazione e delusione
> libri ambientati nella I g.m.: G.A.Borgese Rubé 1921; Alvaro, Pirandello, Saba, Ungaretti

  • memorialistica sulla II g.m.:

           > campagne di Grecia, Africa e Russia
M.Rigoni Stern Il sergente nella neve 1953 sulla campagna di Russia; E.Flaiano Tempo di uccidere 1947 (ricordo antieroico della guerra in Etiopia)
> clandestinità, resistenza --- è una letteratura orientata politicamente
R.Battaglia Un uomo, un partigiano 1945; G.Bocca Partigiani della montagna 1945; A.Marchesini vedova di Gobetti Diario partigiano 1956; Vittorini Uomini e no 1945; C.Pavese La casa in collina 1947-48, La luna e i falò 1950; B.Fenoglio; A.Moravia La ciociara 1957; Cassola, Fausto e Anna 1952, La ragazza di Bube 1960; Calvino Ultimo viene il corvo, Il sentiero dei nidi di ragno 1947, L’entrata in guerra 1954
> fascismo
V.Pratolini Un eroe del nostro tempo 1949 (un delinquente fascista); Bassani Il giardino dei Finzi-Contini 1962; Malaparte La pelle 1949 (sul disastro dell’Italia)

Giorgio Bassani (Bologna 1916- Roma 2000):

Figlio di una famiglia borghese ebraica, trascorre infanzia e gioventù a Ferrara. Si laurea in lettere a Bologna e collabora con alcune riviste. Nel 1943 è arrestato come ebreo antifascista e incarcerato. Partecipa alla Resistenza dove milita nel PSI. Inizia la sua attività come scrittore, saggista e operatore culturale. Appoggia presso la Feltrinelli la pubblicazione del Gattopardo.

- vicino al Neorealismo, ma senza intento documentario e cronachistico; la tensione civile via via cede all'elegia
- rievoca l'ambiente della comunità israelitica ferrarese: si crea un luogo cui tornare a casa, forse su suggestione della prosa simbolistica e metafisica (De Chirico, Morandi)
- prevale l'analisi della condizione di solitudine dell'uomo, resa più evidente dall'isolamento razziale e dalla violenza bellica: la vittima (l'ebreo, il gay)
> le cose umane sono dominate da un destino di decadimento, distruzione e morte
- modelli stilistici: Manzoni, Proust, Mann

Cinque storie ferraresi (1956): Lida Mantovani: una ragazza povera ha un figlio da un giovane ricco e ebreo, che la lascia; la sposa l'artigiano Oreste, che muore lasciandola ricca; La passeggiata prima di cena: l’unione fra la contadina Gemma e il medico Elia; Una lapide in via Mazzini: Geo Josz è l'unico ebreo superstite di un gruppo di deportati; Gli ultimi anni di Clelia Trotti: il giovane israelita, Bruno Lattes, torna a Ferrara nel 1946 dopo aver fatto carriera negli Usa e si confronta coi problemi che gli presentano vari personaggi, fra cui Clelia, anziana militante socialista; Una notte del ‘43: 11 ferraresi fucilati dai nazisti.

Gli occhiali d’oro (1958): il narratore, israelita, è escluso dalla buona società ferrarese per le leggi razziali, come lo stimato dottor Fadigati, omosessuale, che si suicida.

Il giardino dei Finzi-Contini (1962): dopo che le leggi razziali sono promulgate nel 1938, la ricca famiglia ferrarese dei Finzi-Contini, che ha sempre vissuto appartata, decide di invitare nella villa gli amici più cari. I fratelli Alberto e Micòl vivono così fra partite a tennis, discussioni, passeggiate. Tra il narratore e Micòl nasce un sentimento, ma la ragazza si chiude in sé. Alberto morirà per una malattia incurabile e Micòl, coi geni­tori, finirà nei forni crematori.
- best-seller: si polemizzò, perché la condizione degli ebrei italiani durante il fascismo vi era ridotto al mito romantico della giovinezza perduta, senza valenza propositiva.
- Micòl è il simbolo di una promessa di felicità, amore, pienezza vitale: è la personificazione di un inattingibile eterno femminino; il giardino è il simbolo di un paradiso perduto (l'infanzia).

Carlo Emilio Gadda (Milano 1893-Roma 1973)

 

  • si trova presto in condizioni difficili per gli investimenti del padre, imprenditore della seta, il quale nel 1899 erige una villa a Longone, per G. simbolo di una borghesia preoccupata solo dell’apparenza
  • 1909: morto il padre, la madre riesce a far studiare i tre figli; nel 1912 si iscrive a ingegneria a Milano
  • 1915: volontario tra gli alpini, prigioniero in Austria e nell’Hannover. Il fratello minore è morto poco prima dell’armistizio.

Documento di questo periodo è Giornale di guerra e di prigionia (1955, 19652). Affrontata come una giusta prova, la guerra lo delude: nell’esercito regnano retorica e cialtroneria. Sperimenta molti registri: dall’ironia che imita la lingua ufficiale ai toni accorati. Nel romanzo incompiuto La meccanica, racconta la popolana Zoraide, sposata ad un socialista spento e mingherlino al fronte e innamorata di Paolo Velaschi, nobile studente di meccanica, che la lascerà per la guerra (figura di suo fratello).

  • 1919: si laurea in elettrotecnica a Milano e lavora subito (per due anni in Argentina)
  • 1924: a Milano si iscrive a filosofia (ma non si laurea, pur preparando la tesi su Leibniz); cerca di mantenersi insegnando, ma torna all'ingegneria (-> 1931), progettando impianti per l’ammoniaca sintetica, spostandosi in Italia e Europa
  • 1926: collabora con Solaria.
  • 1931-40: intensifica l'attività letteraria; vince il Bagutta con la raccolta Il castello di Udine. Nel 1936, muore la madre (vende la villa) e comincia La cognizione del dolore (su Letteratura, 1938-41; poi 1970)

1931: i racconti di La Madonna dei Filosofi: in parte satirici e in parte autobiografici.

  • Firenze 1940: frequenta Montale e Carlo Bo.

1944: i racconti di L'Adalgisa (ritratto della Milano borghese e popolare tra le guerre; Adalgisa è vedova del ragionier Biandronni, entomologo dilettante, una cantante lirica di umili origini, mai accettata dalla famiglia del marito)

  • 1946-47: Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Scrive una sceneggiatura mai realizzata per la Lux Film.
  • 1950-55: lavora in Rai, dopo rivede il Pasticciaccio.
  • 1957: successo del Pasticciaccio.
  • 1967: Eros e Priapo, contro i miti fascisti della virilità e fecondità

- la realtà, come l'io, è un caos (pasticciaccio), dove tutto è collegato come in una partita a scacchi e la ragione deve trovare delle costanti,
- la ragione, come la fantasia, tuttavia plasma il reale, deformandolo 
- la conoscenza (cognizione) del proprio io e del mondo è dolorosa, perché ci mette a contatto con ciò che è degradato, tragico e grottesco nella nostra esperienza
- per rendere il caos della realtà, da cui vuole prendere le distanze e che forse vuole riscattare, G. sceglie la Stilmischung, cioé la mescolanza dei registri, l'uso di digressioni, l'attenzione per il particolare e la sperimentazione

La cognizione del dolore (Letteratura 1938-41; 1963): nel Serruchon, regione immaginaria del Maradagàl (≈Brianza), uscito da poco da una guerra col Parapagàl, invaso da profittatori e falsi reduci, il quarantenne ingegner-hidalgo Gonzalo Pirobutirro d'Eltino, che ha perso in guerra un fratello, nutre verso la madre un oscuro risentimento perché ha sacrificato il benessere del figlio alla costruzione della villa di Lukones e ogni suo atto di generosità verso contadini ebeti e cenciosi gli pare una beffa. G., misantropo, caccia uno studentello somaro, il giardiniere furbo e la servitù e nutre diffidenza anche verso i suoi vicini possidenti. Rifiuta la protezione di un’ambigua associazione di guardie notturne (il Nistitùo de Vigilancia para la Noche). Le due guardie assoldate da un vicino di G., il cavalier Trabatta, penetrate in casa del Pirobutirro per alcuni rumori sospetti, trovano la Signora agonizzante vittima di un’aggressione. G. è sospettato, come le guardie del Nistituo.
- buona parte degli scritti anteriori al 1938 è redatta in funzione di questa autobiografia
- la villa è il simbolo dell'incomunicabilità tra la madre e il figlio: per lei deve essere aperta a tutti; per G. deve essere un nido intimo
- la rabbia di G. traspare dal suo disgusto per ogni aspetto della realtà, di cui coglie solo gli aspetti più grotteschi
- l'angoscia e la disperazione sono veicolati dalla lingua: il caos sintattico e la molteplicità dei registri travolgono la vacuità, l'ipocrisia e la stupidità del tutto
> lessico tragico e comico, neologismi, vari campi semantici, ardite metafore, onomatopee

Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (Letteratura 1946-47; 1957): Francesco Ingravallo, detto don Ciccio, funzionario molisano della squadra mobile di Roma, pranza dai Balducci (1927), residenti in via Merulana nel 'palazzo dell’oro'. Liliana Balducci è ossessionata dalla sua mancata maternità: è sfruttata dal cugino Giuliano Valderana. La contessa Menegazzi, che vive allo stesso piano dei Balducci, è rapinata da due giovani. Qualche giorno dopo, Liliana è trovata discinta e sgozzata e i suoi gioielli sono spariti. Giuliano, che ha dato l'allarme, è innocente. I due rapinatori della Menegazzi sono complici di alcune cameriere, che Liliana ha licenziato: a casa di una di loro, ritrova i gioielli della Menegazzi. I due teppisti sono rei anche dell’assassinio di Liliana? e sono stati aiutati dalla domestica Assunta Crocchiapani? Il romanzo si chiude sulle proteste di innocenza di quest'ultima, che aveva un rapporto omosessuale con Liliana. Per un attimo, di fronte alla sua miseria e alla sua selvaggia bellezza, le certezze di F. sembrano vacillare; ma la sua razionalità ha la meglio sull'emotività.
- F. è un uomo rustico, anche nel linguaggio, fusione di molisano, napoletano e italiano, pratico e concreto, guidato da una razionalità solida
- appassionato di filosofia, crede necessario sostituire alla "causa" le "cause"
- è convinto che un certo «quanto di erotia» si mescola spesso anche ai casi d'interesse

Eros e Priapo (1967): scritto nel soggiorno fiorentino (1945-46), è un «libello» contro la retorica fascista del sesso. Eros è il dio inquieto che assicura la continuità della specie, Priapo il dio della fecondità. I sarcastici quadri di costume mirano a dimostrare come abbiano prevalso su Logos. Freud insegna che un capo carismatico deve puntare sulla seduzione erotica più che sulla persuasione razionale.

Un fulmine sul 220 (1934, incompiuto): Elsa ama il popolano Bruno nella Milano dell'ascesa dei fascisti. Lui muore colpito da un fulmine presso la cabina 220, alla quale si davano appuntamento.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Palermo 1896-Roma 1957)

Ultimo del casato dei Tomasi, trascorre l'infanzia con la madre; il padre non ha interessi culturali né sa amministrare il patrimonio. In I luoghi della mia infanzia rievoca con gioia questi anni. Coltiva un'educazione cosmopolita, soggiorna a Parigi e apprende il francese. Nel 1915 parte per la guerra e è fatto prigioniero dagli austro-ungarici. Si laurea in legge (1919). La guerra determina in lui il sentimento del crollo della civiltà occidentale e dei suoi valori umanistici. Tra le due guerre manifesta una misurata simpatia, subito rientrata, per il fascismo e viaggia anche all'estero. A Londra conosce la baronessa Ales­sandra Wolff-Stomersee, studiosa di psicologia, che sposa nel 1932. Vive appartato, fra Palermo e il castello Stomersee, in Lettonia. A Palermo tiene lezioni private di letteratura inglese e francese. Nel 1954 accompagna il cugino Lucio Piccolo a San Pellegrino Terme per un convegno; qui conosce Montale e Bassani.
Opere: Il Gattopardo (1958), Racconti (1961), Lezioni su Stendhal, Invito alle lettere francesi del Cinquecento, Il mito e la gloria (1977), I luoghi della mia infanzia (1980)

Il Gattopardo: il principe Don Fabrizio Corbera, dei Salina, assiste allo sbarco di Garibaldi (1860) in Sicilia. Scene quotidiane si alternano a frammenti di ricordi di F., come una visita notturna all'amante a Palermo o un dialogo con il nipote Tancredi, garibaldino per opportunismo ("se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi"). A Donnafugata, residenza estiva della famiglia, il nuovo sindaco è il bifolco arricchito don Calogero Sedàra. Angelica, la sua bellissima figlia, abbaglia Tancredi, che dopo l'annessione della Sicilia al Piemonte chiede con il consenso dello zio di sposarla. Va in visita con l'amico, il conte Cavriaghi, interessato a Concetta, figlia di F., segretamente innamorata di Tancredi. Un inviato del governo offre a F. un seggio di senatore, ma lui rifiuta. La vita dei Salina scorre monotona: F. muore in albergo (1883); le figlie, zitelle, attendono la fine della casata, custodi di vane memorie.
- lettura negativa del Risorgimento, già di Verga, De Roberto e Pirandello
> trasformismo del nuovo ceto dirigente borghese, che lascia immutate le cause del malessere nel Sud, in cambio del denaro e del potere
> il Risorgimento si risolve in un'azione di pura annessione al Regno dei Savoia
- ai Siciliani, tiranneggiati anche da un clima e una geografia che amano l'eccesso, resta solo di far propri, come qualità positive, gli stessi "guasti" prodotti dalle ragioni storiche e ambientali
> fatalismo e senso di superiorità («la normalità civilizzata è qui, la stramberia fuori»)
> «bella follia» dei siciliani, consolatoria e vittimistica
- crudeltà della storia e della natura >>> bisogno di morte, paura delle novità, ricerca di restaurazione
- F. è scettico e passivo: la sua sicura cultura, il suo impulso etico, l'orgoglio nobiliare gli impediscono di scendere a patti con i nuovi ricchi; unica oasi all'insoddisfazione è l'osservatorio astronomico.
- criticato per l'ideologia reazionaria (Vittorini)

Leonardo Sciascia (Racalmuto, AG 1921-Palermo 1989)

figlio di un impiegato e una casalinga, frequenta a Caltanissetta le magistrali, dove conosce Vitaliano Brancati. Nel 1943 s'impiega negli uffici per l'ammasso del grano di Racalmuto: conosce il mondo contadino. Dal 1949 al 1970 insegna alle elementari, a contatto con i figli degli zolfatari. Negli anni Cinquanta dirige a Caltanissetta «Galleria», rivista storico-letteraria. Tra il 1970 e il 1980 si distingue per l'impegno civile. Nel 1979 è eletto nel PR.

Opere: Le parrocchie di Regalpetra (1956), dove rivive le sue esperienze di insegnante; Gli zii di Sicilia (1958), agili racconti in cui ricostruisce la società siciliana, sullo sfondo di epoche storiche di­verse; Il giorno della civetta (1961); Il Consiglio d'Egitto (1963), libro-inchiesta su una congiura giacobina nel tardo Settecento palermitano; A ciascuno il suo (1966); Il contesto (1971), denuncia de i «delitti di Stato»; Todo modo (1974); La scomparsa di Majorana (1975), romanzo in cui è approfondito il tema della posizione degli scienziati in relazione al progresso; Una storia semplice (1989), sulla droga.

- neorealismo: impegno etico, testimonianza, concretezza (illuminismo)
- caratteri formali: tecnica fra saggio e racconto; disposizione psicologica fra passione e ironia; stile razionale, obiettivo
- alla fine constata l'impossibilità di guarire dal male della corruzione

Il giorno della civetta: davanti ad un autobus affollato e pronto a partire, Salvatore Colasberna, impresario edile, è ucciso, perché ha rifiutato la protezione della mafia. Indaga il parmense capitano dei carabinieri Bellodi, che scopre anche i mandanti e gli intrecci tra mafia e potere. Dopo un faccia a faccia con don Mariano, boss mafioso, che gli riconosce le qualità di un vero uomo, B. arresta i tre killer. A Parma per un congedo, viene a sapere che la sua ricostruzione è invalidata da un alibi del principale indiziato.
- la mafia era al tempo un argomento nuovo

A ciascuno il suo: di fronte a un duplice omicidio che non convince, quello del farmacista Manno e del medico Roscio durante una battuta di caccia, un docente di liceo timido e di sinistra, Laurana, scopre che solo il dottore doveva essere ucciso. La vedova Roscio, Luisa, con cui entra in confidenza, sembra collaborare e con lui sospetta il cugino, l'avvocato Rosello. Quando L. crede di aver scoperto l'intrigo e aver conquistato la donna, gli eventi precipitano: i due cugini erano complici, ma Roscio, per gelosia, ha minacciato di denunciare i traffici di Rosello. Tradito dalla vedova, L. è ucciso e il paesano don Luigi Corvala lo definisce un cretino.
- romanzo giallo psicologico: L. è vittima della contraddizione tra razionalità (l'urgenza di capire i sentimenti altrui) e passione (l'amore per la vedova)

 

Vitaliano Brancati (Pachino, SR 1907- Torino 1954)

  • 1907-34: si laurea a Catania in lettere; insegna lettere alle magistrali di Caltanissetta e Catania, ma non ama questa attività, che alterna a quella letteraria e giornalistica. Si infatua di Nietzsche e D'Annunzio, aderendo al fascismo.

drammi: Feodor (1926), Everest (1930), Piave (1932); romanzi: Singolare avventura di un viaggio (1934), censurato per immoralità.

  • La sua svolta è testimoniata in Gli anni perduti («Omnibus» 1938). E' sceneggiatore per il cinema nel dopoguerra. Colpito da un male grave, non sopravvive all'intervento chirurgico.

romanzi: Gli anni perduti (1938, 1941), Don Giovanni in Sicilia (1942), Il vecchio con gli stivali, parodia dell'esteriorità del fascismo (1946), Il bell' Antonio (1949), Paolo il caldo (1955); saggi: I fascisti invecchiano (1946), Ritorno alla censura (1952); opere teatrali: La governante (1952), dramma censurato su una vicenda di omo­sessualità femminile.

- studia gli atteggiamenti degli uomini, che giudica: da quel giudizio trae origine la sua satira politica e quella della vita provinciale con le sue macchiette e il gallismo
- la provincia siciliana diventa paradigma della società italiana fascista, armata di retorica e superbia, nella quale la faciloneria e il velleitarismo sono le componenti di fondo
- attacca i fanatici, oppressori di vittime destinate alle umiliazioni e costrette ad adattarsi a imitare o a fingere di ammirare i propri oppressori --> rifiuto di ogni conformismo
- fa polemica politica attraverso la critica del costume e nella veste del moralista umoristico
- talora la comicità diviene amaro umorismo, cogliendo la scissione fra realtà interiore e conformismo (≈ Pirandello)
- stile: abbondanza dei gesti, delle parole, delle immagini dei suoi personaggi, portati fino all'assurdo e al grottesco; rottura degli schemi letterari e culturali
- critiche: rappresenta tipi schematici

Don Giovanni in Sicilia (1942): Giovanni Percolla, ozioso catanese malato di gallismo, sostituisce una vita sognata a una vita vissuta. Quando sposa una milanese e si trasferisce, la sua vita diviene più attiva, senza "sonnellini" e lui un uomo d'affari, ma sembra morire dentro. Gli basta un rapido soggiorno a Catania per riprendere il suo antico ritmo di vita, assistito dalle tre sorelle. Alla fine capisce che non c'è nulla di meglio della sua casa.


 

Fonte: http://alumniterribiles.files.wordpress.com/2010/08/appunti-di-letteratura-italiana-per-il-terzo-anno.docx

Sito web da visitare: http://alumniterribiles.files.wordpress.com/

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