Giosuè Carducci vita e opere riassunto biografia

 

 

 

Giosuè Carducci vita e opere riassunto biografia

 

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Giosuè Carducci nasce il 27 luglio 1835 a Valdicastello, in provincia di Lucca, da Michele Carducci, medico e rivoluzionario, e Ildegonda Celli, di origini volterrane. Nel 1838 la famiglia Carducci, a causa del concorso vinto dal padre per diventare medico di zona, si trasferisce a Bolgheri, sperduto paesello della Toscana che grazie al poeta diventerà famoso in tutto il mondo. La permanenza nella Maremma è testimoniata e rievocata con affettuosa nostalgia nel sonetto "Traversando la Maremma toscana" (1885) e in molti altri luoghi della sua poesia. Del nucleo familiare fa anche parte la celeberrima Nonna Lucia, una figura determinante nell'educazione e formazione del piccolo Giosuè, tanto che il poeta la ricorda con grande affetto nella poesia "Davanti San Guido". Pochi anni dopo però (nel 1842) questa figura per noi ormai nobilmente letteraria muore, gettando Giosuè nella disperazione.
I moti rivoluzionari intanto prendono piede, moti nei quali è coinvolto il passionale e irrequieto padre Michele. La situazione si complica al punto tale che vengono sparate fucilate contro la casa della famiglia Carducci, in seguito all'acuirsi del conflitto tra Michele Carducci e la parte più conservatrice della popolazione bolgherese; l'evento li costringe al trasferimento nella vicina Castagneto, dove rimangono per quasi un anno.
Nel 1849 i Carducci giungono a Firenze. Giosuè frequenta l'Istituto degli Scolopi e conosce la futura moglie Elvira Menicucci. Nel 1853 il futuro poeta entra alla Scuola Normale di Pisa; i requisiti per l'ammissione non collimano perfettamente, ma è determinante una dichiarazione di padre Geremia, suo maestro, in cui garantisce: "È dotato di bell'ingegno e di ricchissima immaginazione, è colto per molte ed eccellenti cognizioni, si distinse persino tra i migliori. Buono per indole si condusse sempre da giovine cristianamente e civilmente educato". Giosuè sostiene gli esami svolgendo brillantemente il tema "Dante e il suo secolo" e vince il concorso. Negli stessi anni costituì, insieme con tre compagni di studi, il gruppo degli "Amici Pedanti", impegnato nella difesa del classicismo contro i manzoniani. Dopo la laurea, conseguita con il massimo dei voti, insegna retorica al liceo di San Miniato al Tedesco.
È il 1857, anno in cui compone le "Rime di San Miniato", il cui successo è quasi nullo, salvo una citazione su una rivista contemporanea. La sera del 4 novembre si uccide il fratello Dante squarciandosi il petto con un bisturi affilatissimo del padre; mille le congetture: si dice perché stanco dei rimbrotti familiari, specialmente del padre, che era diventato intollerante e duro anche con i figli. L'anno dopo, a ogni modo, muore anche il padre del poeta.
Dopo un anno di lutto il poeta finalmente si sposa con Elvira. In seguito, dopo la nascita delle figlie Beatrice e Laura, si trasferisce a Bologna, un ambiente assai colto e stimolante, dove insegna eloquenza italiana all'università. Ha così inizio un lunghissimo periodo di insegnamento (durato fino al 1904), caratterizzato da una fervida e appassionata attività filologica e critica. Nasce anche il figlio Dante, che però muore in giovanissima età. Carducci è duramente colpito dalla sua morte: torvo, lo sguardo fisso nel vuoto, si porta dietro il suo dolore ovunque, in casa, all'università, a passeggio. Nel giugno 1871 ripensando al figlio perduto compone "Pianto antico".
Negli anni '60 lo scontento provocato in lui dalla debolezza dimostrata, a suo giudizio, in più occasioni dal governo post-unitario (la questione romana, l'arresto di Garibaldi, ecc.) sfocia in un atteggiamento filo-repubblicano e addirittura giacobino: ne risente anche la sua attività poetica, caratterizzata in quest'epoca da una ricca tematica sociale e politica. Negli anni successivi, con il mutare della realtà storica italiana, Carducci passa da un atteggiamento violentemente polemico e rivoluzionario a un ben più tranquillo rapporto con lo Stato e la monarchia, che finisce per l'apparirgli la migliore garante dello spirito laico del risorgimento e di un progresso sociale non sovversivo (contro il pensiero socialista). La nuova simpatia monarchica culmina nel 1890 con la nomina a Senatore del Regno.
Tornato a Castagneto nel 1879 dà vita, insieme ai suoi amici e compaesani, alle celebri "ribotte", durante le quali ci si intrattiene degustando piatti tipici locali, bevendo vino rosso, chiacchierando e recitando i numerosi brindisi composti per quelle occasioni conviviali.
Nel 1906 al poeta viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura. Le condizioni di salute non gli consentono di recarsi a Stoccolma per ritirare il premio, che gli viene consegnato nella sua casa di Bologna. Il 16 febbraio 1907 Giosuè Carducci muore nella sua casa di Bologna; viene seppellito alla Certosa di Bologna dopo varie polemiche relative al luogo di inumazione.

 

Fonte: http://www.itcgdonlazzeri.it/premiocarducci/doc_carducci/Biografia%201.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Giosuè Carducci vita e opere riassunto biografia

 

Giosuè Carducci dalla A alla Z

 

 

 

lunedì 12 febbraio 2007

Dopo le commemorazioni per il centenario dall'assegnazione del Premio Nobel per la letteratura, la figura di Giosue Carducci viene ricordata, a cento anni dalla morte, con un francobollo commemorativo, una mostra, un convegno ed alcune giornate di studio.
di Fabio Massimo Penna

Percorsi nella Letteratura
Il grande poeta Giosue Carducci, definito anche il “Vate della terza Italia” è stato ed è tra i protagonisti assoluti del periodo che va dalla fine del 2006 agli inizi del 2007.
La fine del 2006 ha visto la ricorrenza dell’assegnazione del nobel per la letteratura al poeta di Valdicastello (avvenuta a dicembre 1906) con la mostra “I nobel a Villa Nobel. Carducci e Deledda: una terra un tempo un mondo” e l’uscita del saggio di Aldo Alessandro Mola “Giosue Carducci scrittore, politico, massone”.
Per il 2007 è prevista l'emissione del francobollo commemorativo di Carducci nel centenario della morte e una serie di commemorazioni che prevedono, tra le altre, l’inaugurazione del Museo Archivio e del centro di valorizzazione di casa Carducci a Castagneto, alcune giornate di studio (“Giosue Carducci vate della terza Italia” a Colorno, “Giosue Carducci e il conferimento del Premio Nobel” e “Per il centenario di Giosue Carducci: etica laica ed etica religiosa” a Bologna, “Carducci filologo e la filologia su Carducci” a Milano), il convegno “Carducci nel suo e nel nostro tempo” sempre a Bologna e la mostra “Carducci e i miti della bellezza” nella sala Stabat Mater dell’Archiginnasio di Bologna.
Gli amici pedanti. A Firenze nel 1856 Carducci fonda con Giuseppe Chiarini, Ottaviano Targioni Tozzetti, Giuseppe Torquato Gargani la società degli “Amici pedanti”(che rimarrà in vita fino al 1859).
Il gruppo si oppone con forza al romanticismo ed alle correnti moderne per promuovere una restaurazione del classicismo. Gli “Amici pedanti” formalizzano le loro idee nel manifesto “Giunta alla derrata. Ai poeti nostri odiernissimi e loro difensori, gli amici pedanti” (1856).
Anticlericalismo. La polemica anticlericale di Giosuè Carducci trova la sua più compiuta espressione nel famoso “Inno a Satana” del 1863. Non è casuale il fatto che l’Inno anticipi di un anno la promulgazione del “Sillabo” (1864) con cui Pio IX enumera gli errori del secolo criticando il mondo moderno. Carducci infatti esalta il progresso, la civiltà e magnifica di Satana la libertà di pensiero, la forza vitale, la gioia di vivere: all’immobilismo e al conservatorismo religioso contrappone l’inevitabile scorrere e progredire della vita e dell’umanità. Non è un caso che i versi 16-24 recitino: “A te disfrenasi/Il verso ardito,/Te invoco, o Satana,/Re del convito./Via l’aspersorio,/Prete, e il tuo metro!/No, prete, Satana/Non torna in dietro!/ (…)”
Classicismo. Carducci si autodefiniva “scudiero dei classici” sottolineando così la necessità di inserirsi nella scia della grande tradizione letteraria italiana, di riappropriarsi della lingua e dei modi degli antichi per esprimere lo spirito nuovo dei propri tempi. Era la sua un’esigenza di ritrarre la realtà ammantandola però di forme classiche, di esprimere i riferimenti alla vita contemporanea nobilitandoli con la perfezione della lingua dei classici.
L’espressione del naturalismo, della sensualità e di una concezione seria e forte della vita lo allontanano dal sentimentalismo e dall’emotività con cui i romantici esaltano gli stati d’animo individuali e soggettivi.
Dante. Al nome Dante sono legati i più grandi drammi della vita di Giosue Carducci.
Dante era infatti il nome dell’adorato fratello che la sera del 4 novembre 1857 si toglie la vita dopo un violentissimo litigio con il padre Michele.
Alcuni hanno supposto che quest’ultimo potesse essere addirittura l’involontario assassino del figlio: sia come sia lo stesso Michele scompare l’anno dopo per un’improvvisa malattia ma forse anche per i dolori provocati dal rimorso.
Nel 1870, invece, muore a poco più di tre anni il figlioletto Dante, al quale il poeta regala eterna memoria con i versi struggenti e bellissimi di “Pianto antico”.
Giambi ed epodi. E’ il libro della polemica, dell’invettiva, dello sdegno civile ma anche dell’ironia feroce.
E’ l’Italia contemporanea a provocare lo sdegno di Giosue Carducci: è un paese che si mostra quotidianamente assai diverso da quello anelato dagli eroi del Risorgimento ed il paragone con l’antica grandezza di Roma, che ricorre spesso nella raccolta, non fa altro che generare sconforto.
Ne “Le nozze del Mare” il sottotitolo “Allora e ora” lascia chiaramente intendere quanto dolore derivi dal paragone tra le glorie antiche dell’Italia e la meschinità morale e civile di quella presente, in “Io triumphe!” il poeta accosta ironicamente “glorie e nomi romani e glorie e nomi di politici e scrittori del nuovo regno…”, nell’amaro “Canto dell’Italia che va in Campidoglio” disvela l’insensatezza del sogno eroico di fronte agli avvenimenti della realtà quotidiana, in “A proposito del processo Fadda” mette alla berlina le “signore e signorine della migliore società romana” che assistevano con avida e morbosa curiosità al processo.
Massone. Nel 2006 è uscito il saggio di Aldo Alessandro Mola, Professore di storia contemporanea all’università di Milano e a quella di Bruxelles, “Giosue Carducci scrittore, politico, massone”.
Nel testo il professore avanza l’ipotesi che nei confronti del grande poeta sia stata ordita un' “oscura trama” per far cadere sul suo nome una sorta di “damnatio memoriae”.
Questo “complotto” avrebbe coinvolto personaggi come il suo studente all’Università di Bologna, Giovanni Pascoli, che non portò mai a termine l’articolo commemorativo, Gabriele d’Annunzio, che lo vedeva come un rivale al titolo di Vate, Giuseppe Chiarini, Piero Bargellini e tanti critici letterari che scrissero di lui cercando in qualche modo di sminuire la portata del suo lavoro poetico.
Lo studioso identifica i motivi di tanto astio nell’impegno civile carducciano, nel suo proporsi come promotore culturale della “terza Italia”, nel retroterra didattico e divulgativo della sua opera.
in poche parole il poeta di Valdicastello sarebbe stato onorato in pubblico e detestato nel privato.
Moti.Il padre di Giosue Carducci, Michele, era un medico che aveva partecipato ai moti carbonari del 1831 e per questo motivo era costretto ad una vita errabonda nei paesini della Maremma.
I disordini a cui aveva partecipato il genitore del poeta erano una conseguenza della rivoluzione in Francia di Luglio 1830 e si erano concretizzati nel progetto che il duca Francesco IV aveva messo in piedi insieme a Ciro Menotti di una cospirazione, che nelle loro intenzioni doveva portare ad un’ Italia unita sotto una monarchia costituzionale.
Impaurito, però, dall’eventuale repressione austriaca e scoraggiato dalla follia del progetto, Francesco IV abbandonava l’idea della cospirazione e consegnava Menotti alle autorità il giorno precedente a quello programmato per l’inizio dei moti.
Ma ormai era tardi: a Bologna il 4 febbraio scoppiava la rivoluzione che costringeva Francesco IV alla fuga e si estendeva alla Romagna, a Pesaro e Urbino e quindi ai Ducati di Parma e Modena.
La scarsa coesione tra i rivoltosi finì però con il favorire la dura repressione austriaca.
In seguito anche Papa Gregorio XVI si distinse per la durezza usata nei confronti degli insorti.
Odi barbare. Tra il 1873 ed il 1889 Carducci compone le liriche delle “Odi barbare” che all’epoca dell’uscita suscitarono grande scalpore per la novità metrica introdotta dal poeta.
Si tratta, infatti, del tentativo di applicare la metrica quantitativa dell’antichità classica (alternanza di sillabe lunghe e brevi) alla poesia volgare italiana, basata sul numero delle sillabe, sugli accenti ritmici e sulla rima.
Il tentativo di Carducci di far rivivere i metri classici all’interno della poesia moderna, pur nella sua originalità, aveva dei precedenti illustri in Leon Battista Alberti, Claudio Tolomei e Gabriello Chiabrera. Questo tipo di sperimentazione estremamente difficile venne definita dal poeta di Valdicastello “barbara” poiché “barbare” queste liriche sarebbero  sembrate alle orecchie dei Greci e dei Romani.
Il mito di Roma torna in alcune poesie fondate sulla memoria storica: in “Dinanzi alle Terme di Caracalla” il contrasto tra la maestosità eroica del passato e la mediocrità del presente lo spinge ad invocare la malaria perché si abbatta su Roma e preservi le sacre rovine dagli insulti dei moderni, in “Alle fonti del Clitumno” è il Cristianesimo l’oggetto della critica carducciana poiché, con le sue smanie mistiche di penitenza ed ascetismo, avrebbe sostituito all’ antica forza e gagliardia una morale fatta di fiacco sentimentalismo ed emotività.
Una sorta di rivisitazione dell’oraziano “Carpe diem” è, invece, l’invito che i morti dalla Certosa (cimitero monumentale di Bologna) fanno ai vivi perché godano della vita finché ne hanno la possibilità in “Fuori dalla Certosa di Bologna”.
Parlamento. Giosue Carducci oltre ad essere uno dei massimi letterati italiani è stato molto attivo  nel mondo della politica nazionale della seconda metà dell’Ottocento.
La sua partecipazione politica fu all’inizio attestata su posizioni repubblicane con forti spinte socialisteggianti ed anarchiche, rafforzate da una rilevante carica di anticlericalismo, che lo portano ad avere anche dei guai con le autorità (nel 1868 le sue posizioni antigovernative lo costringono a subire un provvedimento disciplinare con sospensione di due mesi e mezzo dall’insegnamento).
Nel 1876 viene eletto deputato repubblicano per il colleggio di Lugo, ma è impossibilitato ad esercitare.
Nel 1878 avviene l’incontro con la Regina Margherita che causa la sua conversione alla monarchia (attestata dall’ode “Alla regina d’Italia”) che gli attira una marea di critiche.
Dopo il 1880 si presenta per due volte alle elezioni come candidato monarchico nei collegi di Pisa e Lucca ma non viene eletto.
Nel 1890 riceve la nomina a senatore e da allora in avanti appoggia la politica di Crispi, del quale è grande amico ed ammiratore.
Pianto antico. Uno dei temi più frequenti nelle poesie intime di Giosue Carducci è quello del destino dell’uomo e della morte che viene spesso trattato attraverso immagini del rifiorire della vita contrapposte ad oscuri simboli di morte.
E’ la scomparsa del figlioletto Dante, avvenuta alla tenera età di tre anni, ad ispirare liriche quali “Funere mersit acerbo” e “Pianto antico”.
Quest’ultima, scritta nel 1871, deriva da un antico lamento funebre greco e descrive il dolore per la perdita del figlio, che è lo stesso per qualsiasi uomo di qualsiasi epoca, ed il pianto del poeta è al contempo attuale ed antico, poiché il dolore di fronte alla morte è universale e senza tempo.
La lirica è tutta giocata sul contrasto tra il rigoglioso rinverdire della natura (il verde melograno, i bei vermigli fior) bagnata da una luce benefica e luminosa  e le immagini cupe che rinviano alla morte del bambino (pianta percossa e inaridita, terra negra, terra fredda) che si fanno dolorosamente struggenti quando sottolineano come anche il giardino (“l’orto”), pur nel suo splendore, sia divenuto improvvisamente solitario e triste per l’assenza del piccolo.
Luce e buio, sole ed ombra, suono e silenzio incarnano la mesta antitesi tra il rifiorire del melograno e lo spezzarsi della vita del fanciullo.
Piva. “Corri tra’ rosei fuochi del vespero,/ corri, Addua cerulo: Lidia su ‘l placido/ fiume, e il tenero amore,/ al sole occiduo naviga./ (…)”.
Questa poesia carducciana, “Su l’Adda” tratta da “Le odi barbare”, è ispirata dal ricordo di una gita in barca con Lidia. Chi è Lidia? E’ il “senhal” (nome fittizio con cui i poeti fino all’epoca di Petrarca designavano la donna amata) con cui, insieme all’altro di Lina, Carducci indica Carolina Cristofori Piva.
Il poeta di Valdicastello conosce la Piva nel 1871 ed ha con lei una relazione che dura fino al 1878.
La figura della donna, attraverso i due “senhal” menzionati sopra, ritorna spesso nelle poesie delle “Primavere elleniche” e delle “Odi barbare”.
Rime nuove. Tra il 1861 ed il 1887 Carducci compone le liriche che formano la raccolta delle “Rime nuove”.
Il titolo già sottolinea un distacco dalla precedente raccolta “Giambi ed epodi”, animata da sdegno polemico e spirito critico nei confronti dell’Italia dell’epoca, poiché le “Rime nuove” privilegiano una tematica più varia ed eterogenea fondata su nostalgici ricordi autobiografici, memorie storiche e motivi letterari.
 “Traversando la Maremma toscana” descrive le sensazioni provate dal poeta durante un viaggio in treno verso Roma nel quale rivede il paesaggio dove aveva trascorso la fanciullezza e gli tornano in mente i momenti gioiosi di una stagione della vita spensierata e senza problemi.
Dal contrasto tra la sua situazione attuale ed i ricordi giovanili nascono rimpianti e malinconie, nella certezza della vanità del vivere e del quotidiano affaccendarsi.
Il filo della memoria, con il suo carico di rimpianti, viene ripercorso in “San Martino”, in cui rievoca la semplice e naturale vita di paese nel giorno in cui si effettua la vinatura (quello di San Martino appunto), e “Davanti a San Guido”, in cui i filari di cipressi “alti e schietti” di Bolgheri, frazione di Castagneto dove Carducci aveva trascorso l’infanzia, sono le “intermittenze del cuore” che riportano alla luce memorie sepolte nell’anima.
“Ca ira”, ispirata all’ “Historie de la révolution francaise” di Jules Michelet ricostruisce le atmosfere della rivoluzione francese per esaltare gli avvenimenti del settembre 1792.
La rivoluzione francese rappresenta per il poeta di Valdicastello la materializzazione delle sue passioni civiche.
L’oscura immagine della morte (spesso nella poesia carducciana contrapposta alla solarità della vita) domina la dolente “Funere mersit acerbo” in cui implora l’anima del fratello Dante di accogliere nell’aldilà il figlioletto del poeta, anch’egli chiamato Dante, morto a soli tre anni ed al quale dedica “Pianto antico”.
Romanticismo. Grande era l’avversione di Carducci per i moduli letterari del romanticismo e per la sua inclinazione al languore sentimentale cui preferiva un classicismo coraggioso ed energico.
L’esperienza romantica, nella sua poetica e nella sua teoria, viene completamente rigettata dal poeta di Valdicastello.
Discendente del movimento tedesco dello “Sturm und Drang” (“Tempesta ed impeto”) che tra il 1770 ed 1775 incarna l’insofferenza dei giovani per la situazione sociale e politica della Germania, il romanticismo si diffonde in Europa nei primi anni dell’Ottocento come reazione all’illuminismo ed alla letteratura “accademica”.
In Italia la nascita del romanticismo è databile con la  pubblicazione dell’ articolo “Sull’utilità e sulla maniera delle traduzioni” (1816) su “La biblioteca italiana” in cui Madame de Stael incita gli scrittori italiani ad uscire dai confini nazionali e a confrontarsi con i letterati europei.
Nel Bel Paese il movimento propugna la riscoperta del sentimento ed il rigetto del concetto illuminista della ragione, l’esaltazione della libertà individuale, il culto della storia intesa come definizione di una tradizione civile e culturale, l’idea di popolo e di nazione ed il rifiuto dei temi mitologici.
Vivanti. L’ultimo grande amore di Carducci è quello per la giovane poetessa Annie Vivanti.
L’occasione che fa scoccare la scintilla tra i due è la prefazione che la Vivanti chiede al sommo poeta per la sua raccolta di versi “Lirica” (1890).
Inizia così una tenera amicizia ma anche per la scrittrice una carriera letteraria di tutto rispetto che la vede pubblicare il romanzo di successo “Marion artista di caffè concerto” (1898), “I divoratori” (1911), “Circe” (1912), “Vae victis!” (1917), “Mea culpa” (1927).
Il suo “corpus” comprende anche commedie (“La rosa azzurra”, 1898), raccolte di novelle in cui rievoca la sua avventurosa gioventù (“Zingaresca”, 1918), drammi (“L’invasore”, 1915; “Le bocche inutili”, 1918), racconti per l’infanzia (“Sua altezza”, 1924) e resoconti di viaggio (“Terra di Cleopatra”, 1925).
Fabio Massimo Penna

 

 

Giosuè Carducci, biografia

lunedì 18 dicembre 2006

Nasce il 27 luglio 1835 a Valdicastello (Lu) in Versilia e muore nella notte tra il 16 ed il 17 febbraio 1907 a Bologna.
Giosuè Carducci, ribelle antiromantico 
Percorsi nella Letteratura
A causa delle idee politiche del padre, un medico condotto coinvolto nei moti carbonari del '31, Carducci è costretto a trasferirsi con la famiglia in Maremma a Bolgheri e a Castagneto (1838-39).
Nel 1849 i Carducci si stabiliscono a Firenze, dove il piccolo Giosuè frequenta la scuola degli Scolopi.
Nel 1856 si laurea in filosofia e filologia alla Normale di Pisa e nello stesso anno insegna retorica al ginnasio granducale di San Miniato al Tedesco.
Pubblica il suo primo volume di versi, con il titolo di "Rime", nel 1857, anno in cui il fratello Dante, a seguito di un litigio con il padre, si suicida.
La morte del padre (1858) costringe il Carducci a farsi carico del sostentamento della madre e del fratello minore Valfredo.
L'anno seguente sposa la cugina Elvira Menicucci e viene nominato professore di greco e latino al liceo di Pistoia.
Nel 1860 ottiene la nomina a professore di eloquenza (letteratura italiana) presso l'Università di Bologna.
Pubblica il famosissimo "Inno a Satana" (1863) e nel 1868 la raccolta "Levia Gravia".
A questo periodo risale la redazione di alcuni componimenti che in seguito verranno riuniti nella raccolta "Giambi ed epodi" (1867-79).
Il 1870 è funestato dalla morte del figlioletto Dante, di poco più di tre anni,a cui dedica la struggente "Pianto antico".
Quando la sua fama di vate della poesia italiana è al sua apice, pubblica il coraggioso tentativo di riprodurre gli schemi e le forme della metrica antica all'interno della versificazione volgare delle "Odi barbare" (1877).
Collabora con varie riviste tra cui la "Cronaca Bizantina","Il fanfulla della domenica", "La domenica letteraria" e "la domenica del Fracassa".
Nel 1895 viene colpito da una paralisi e nel 1899 esce la sua ultima raccolta di liriche "Rime e ritmi".
E' costretto dalle pessime condizioni di salute a lasciare definitivamente l'insegnamento (1904).
Nel 1906 riceve, primo italiano, il Premio Nobel per la Letteratura ma, pochi mesi dopo, il 16 febbraio 1907 si spegne, nella sua casa bolognese in seguito ad un attacco di broncopolmonite.

Hanno detto di lui:

"...mi è sembrato che si possa individuare una forma più intima e sua di contrasto e di compresenza di due essenziali poli di tensione, a cui corrispondono quegli stessi nodi di contrasto più psicologico di odio e amore, ira e pianto, amore e disamore della vita, entusiasmo e tedio, fra bisogno del cuore e attacchi al "vil muscolo nocivo", e gli stessi contrasti fra classicismo e romanticismo, fra passato eroico e sereno e presente corrotto e attediato, fra ideali e realtà inferiore, fra poesia e prosaico utilitarismo.
Tale tema centrale è appunto l'essenziale sentimento carducciano dell'esistenza nel radicale incontro e contrasto di un sentimento della vita nella sua pienezza e di un ugualmente energico sentimento della morte come totale e fisisca privazione di vita, con relative componenti di orrore e di fascino, entro le varie situazioni dell'esperienza e dell'ispirazione." (Walter Binni)
"In un saggio del 1910 Benedetto Croce definì il Carducci "Poeta della storia" sottolineando il vigore delle sue rappresentazioni storiche, il pathos e il calore con cui la sua poesia sa evocare momenti del passato, ricrearne i contorni concreti, rilevarne la distanza e insieme recuperarne tutto il valore umano e ideale.
Questa dimensione storica della poesia del Carducci era per Croce un segno essenziale della sua sanità e classicità, che egli contrapponeva all'irrazionale e alle malattie del decadentismo..." (Giulio Ferroni)
"...Ecco: la nostalgia è uno dei motivi di fondo dell'ideologia e della poesia del Carducci: per la classicità romana, assunta in blocco, senza distinzioni, come il luogo tipico dell'eroico, ma anche i tempi eroici del comune medioevale; e poi le vicende risorgimentali...". (Giorgio Barberi Squarotti)

Ultimo aggiornamento ( venerdì 19 settembre 2008 )

Giosuè Carducci, ribelle antiromantico

venerdì 15 dicembre 2006

Quest’anno il centenario dell’assegnazione del Nobel per la letteratura al poeta di Valdicastello. A Sanremo una mostra dedicata a lui ed a Grazia Deledda, altro nostro Nobel per la letteratura.
autore: Fabio M. Penna



L’albero a cui tendevi/ la pargoletta mano,/il verde melograno/ da’ bei vermigli fior,/nel muto orto solingo/rinverdì tutto or ora/e giugno lo ristora/di luce e di calor./ Tu fior de la mia pianta/percossa e inaridita/tu de l’inutil vita/estremo unico fior,/sei ne la terra fredda,/sei nella terra negra;/ né il sol più ti rallegra/ né ti risveglia amor.
I dolenti versi con cui Giosuè Carducci in “Pianto antico” commemorava il figlioletto Dante, morto all’età di tre anni, prefigurano l’immagine del poeta nei suoi ultimi anni di vita quando era oramai avvilito dal dolore per l’aggravarsi di una paralisi che lo tormentava fin dal 1895 e dalle amarezze che aveva ricevuto dalla passione politica che lo aveva visto abbandonare deluso la sinistra storica (con la quale si era candidato alle elezioni del 1876) in favore di un’adesione agli ideali monarchici non priva di malumori.
E allora veramente il Premio Nobel ottenuto nel 1906 a due mesi dalla sua morte (febbraio 1907) dovette apparirgli se non proprio un “estremo unico fior” de “l’inutil vita” almeno un sollievo in quegli ultimi tetri anni e un giusto riconoscimento per la sua altissima produzione poetica e il grande lavoro come professore presso l’Università di Bologna.
L’irrequietezza nei confronti della società contemporanea era un tratto che gli derivava dalla figura paterna, infatti Michele Carducci era un medico di idee liberali che era stato coinvolto nei moti del 1831 e che per questi motivi era stato costretto a una vita grama nei paesini della Maremma.
Lo stesso polemico fuoco sacro animava Giosuè che si iscrisse alla massoneria e assunse posizioni antigovernative e anticlericali.
Nel famosissimo “Inno a Satana” del 1863 assumeva il demonio non a simbolo del male, ma del ribelle, del libero pensatore che si opponeva alla rigidità delle regole imposte dalla Chiesa.
Il “canto dell’Italia che va in Campidoglio” (da “Giambi ed epodi”) svela, con ironia e uso del grottesco, lo stridente contrasto tra l’eroico sogno risorgimentale e la mediocrità contemporanea di un’Italia in cui imperava una politica fatta di piccole astuzie e furberie a buon mercato.
Sul piano letterario la sua ira si volgeva contro il romanticismo, ritenuto sinonimo di fiacchezza morale e incapacità di affrontare le problematiche della vita, tanto da portarlo a fondare il cenacolo “degli amici pedanti” in cui aveva radunato amici sostenitori degli ideali classicistici.
La deludente esperienza politica e la corruzione e trivialità della vita parlamentare spinsero il poeta delle “Odi barbare” ad abbracciare la monarchia.
Questa svolta politica, avvenuta anche a seguito della conoscenza dei sovrani Umberto e Margherita, gli attirò parecchie critiche. Si arrivò a ipotizzare che una parte in questa scelta l’abbia avuto il fascino che la Regina Margherita (donna dai profondi interessi intellettuali) esercitava su di lui.
Gli ultimi anni della sua vita furono difficili, caratterizzati dal declino fisico, dalla paralisi, dall’abbandono dell’insegnamento e dall’inaridimento della vena poetica. Stanco e ormai chiuso in quelle stanze bolognesi da cui non poteva più uscire, il poeta si vedeva recare il Premio Nobel per la letteratura. Si apriva la scala che lo avrebbe portato nel Pantheon dei poeti immortali.                       
Fabio M. Penna
Fonte: http://www.itcgdonlazzeri.it/premiocarducci/doc_carducci/Giosu%C3%A8%20Carducci%20dalla%20A%20alla%20Z.doc

autori indicati nel testo sopra riportato

 

Giosuè Carducci riassunto breve sintesi

La Vita
Prima fase (1835-1853)= nasce nel ’35 in Versilia da padre medico; trascorre l’infanzia nella Maremma Toscana. Nel ’53 entra nella Scuola Normale Superiore di Pisa.
Seconda fase (1853-1860)= si definisce “scudiero dei classici”. Dopo essersi trasferito a Firenze nel ’56 con un gruppo di amici la società degli “Amici Pedanti”, che volevano italianizzare la lirica italiana con il classicismo (erano antiromantici e antimanzoniani).
Terza fase (1860-1871)= ottiene la cattedra di letteratura all’Università di Bologna, dove si trasferisce nel ’60. E’ la fase giacobina-repubblicana; si avvicina al socialismo, mentre è polemico nei confronti della Chiesa e della Monarchia. Nel ’70 muore il figlio Dante. Sul piano poetico, critica il manzonismo, per lo stile basso, gli Scapigliati e i Veristi per l’uso della prosa e di un linguaggio basso.
Quarta fase (1872-1889)= da un punto di vista politico, in questa fase abbandona gli ideali giacobini per avvicinarsi alla monarchia, a causa della delusione per la politica della sinistra e all’incontro con la regina Margherita. Sul piano poetico, è caratterizzata da poesie ispirate da temi più intimi e autobiografici (es: l’amore per Carolina PivaàLina, Piva) e l’utilizzo della metrica barbara nelle Odi.
Quinta fase (1890-1907)= Nel 1907 muore a Bologna, un anno dopo aver ricevuto il Nobel per la letteratura.
Temi della poesia
Carducci reagì alla tendenza irrazionale proponendo il ritorno alla realtà, con l’uso di termin crudi e di un linguaggio giornalistico. Il tema della fugacità della vita, essendo non credente, assume un ruolo importante.
Opere
Juvenilia e Levia Gravia sono le sue prime opere. Rime nuove è la prima raccolta importante di Carducci; riunisce 105 poesie scritte fra il 1861 e il 1887. I temi di Rime nuove sono: i ricordi d’infanzia, l’amore, la morte, il paesaggio maremmano; gli scenari storici preferiti sono l’Italia comunale con gli invasori tedeschi in lotta e la rivoluzione francese. Le Odi barbare raccolgono 50 liriche fra il 1873 e il 1889; i temi sono i soliti di Rime nuove, in uno scenario classico di Roma, che rinvia al tema della fugacità del tempo. Viene usata la metrica barbara. L’ultima raccolta, Rime e Ritmi, comprende 29 poesie composte fra il 1887 e il 1899; il titolo è dovuto la fatto che vi si susseguono liriche scritte con la metrica tradizionale (Rime) e in metrica barbara (Ritmi). I temi sono due: quello celebrativo e quello intimo e malinconico.
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San Martino – Rime Nuove
E’ un bozzetto, dove viene descritto un borgo maremmano nel giorno di San Martino (11 Novembre).
Nella piazza di San Petronio – Odi barbare
Vi è una similitudine: come il Sole morente di un nevoso giorno invernale illumina la chiesa di San Petronio a Bologna restituendogli l’antico splendore, così la Musa del poeta, sorridendogli fuggevolmente, sembra concedergli per un attimo la bellezza antica.
Nevicata – Odi barbare
Descrive una città innevata, che rappresenta la morte. Gli uccelli che sbattono contro i vetri evocano gli amici morti del poeta

 

Fonte: http://www.riassuntibuse.altervista.org/Giosue%20Carducci.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

 

 

Giosuè Carducci riassunto breve sintesi


Trascorse l'infanzia a Bolgheri e Castagneto nella Maremma toscana, ove giunse con la famiglia nel 1838 dal momento che il padre era stato nominato medico condotto. Nel 1848 i Carducci si trasferirono a Castagneto, ma l'anno dopo lasciarono definitivamente la Maremma per tentare maggior fortuna altrove: Firenze, Santa Maria a Monte. Giosuè laureatosi intanto alla Scuola Normale di Pisa, fu chiamato a venticinque anni a tenere la cattedra di letteratura italiana nell'Università' di Bologna, ove rimase per tutta la vita.
La personalità di Giosuè Carducci - poeta, prosatore, storico della letteratura - è tra le più vigorose della storia letteraria italiana. Carducci si impone per la compattezza della ricerca storica e filologica, per il sentimento innovatore della classicità, per l'ampio e articolato mondo della sua lirica.
In sede critica egli fu di certo il più alto esponente della scuola storica. Pensare al Carducci, anche per il più comune dei lettori, significa risentire il baleno di uno sdegno, significa avvertire nella propria memoria un verso d'epopea o di esultanza, o di pianto. Un arco di voci e di risentimenti e di evocazioni che dà alla poesia un timbro inconfondibile. Ma proprio per la varietà di ispirazioni e di accenti che stanno tra la leggenda epica e l'intimità di una nota familiare, la poesia carducciana chiede al lettore un'intelligenza unificatrice e insieme semplificatrice: capace di avvertire la vicinanza di regioni dello spirito apparentemente remote e di filtrare una certa vastità di strutture e di suoni fino alla nota autentica e genuina.
"Carducci è l'ultima tempra d'uomo che abbia avuto la nostra poesia, l'ultimo poeta che nel mondo non abbia veduto solo se stesso, ma anche il prossimo" (Momigliano).

Carducci si formò nell'ambiente toscano, a contatto con una realtà dove il Romanticismo era penetrato in modo indiretto. Egli, ancora giovanissimo, intrecciò una forte polemica contro questo movimento, che gli sembrava estraneo alla spiritualità ed alla cultura italiana, presentandosi come il sostenitore dei classici. In nome del decoro stilistico e formale, alla letteratura popolare sostenuta dal Romanticismo egli oppose l'esigenza di una letteratura dignitosa e profonda sul piano del contenuto e della forma. Lottò anche contro il Verismo e contro il Decadentismo.
Alla polemica contro la moda romantica si aggiunge in lui con analogo vigore ed impegno la condanna dell'Italia del suo tempo, che egli giudicava priva di ideali, di slanci, insensibile verso la grandezza e gli eroismi, indegna della gloria del passato e degenere nei confronti della generazione precedente, che aveva realizzato l'unità nazionale. Contro gli atteggiamenti mediocri e prosaici degli italiani rivolse le sue invettive assumendo spesso toni retorici e non accorgendosi del fatto che in quegli anni, completato il Risorgimento, non c'era più spazio per gli eroismi e iniziava un periodo di assestamento laborioso ed impegnativo per l'urgenza di problemi enormi e di difficile soluzione. Va anche detto però che l'atteggiamento degli italiani contrastava decisamente con il temperamento del poeta, che ebbe profondi sentimenti e coltivò ideali eroici, fra i quali l'importanza e la dignità della vita umana ed il ruolo fondamentale assegnato alla poesia.
La vita è per lui qualcosa di grande, perché è illuminata dalla azione, dalla volontà, che sono ì mezzi che permettono all'uomo di costruire, di raggiungere la gloria, di consolidare la sua fama presso i posteri. Carducci ebbe una visione della vita simile al modo di sentire dei classici; di essa infatti celebra gli aspetti più belli, come la luce del sole, il calore, i profumi e le bellezze della natura. La sua spiritualità classica e pagana si nota anche nel modo come egli vede la morte, che è simboleggiata dal freddo, dall'umido (che sono le caratteristiche del Tartaro dei Greci e dei Romani), dal buio, dalla mancanza di amore, dal putrido, dal senso di disfacimento. La vita è invece considerata come una fiaccola, che la generazione dei viventi ha in consegna per un breve periodo e che passerà fino alla fine dell'universo, di generazione in generazione.
Un ruolo fondamentale è svolto nella vita dalla poesia, che celebra ciò che è splendido sul piano estetico e morale tramandandone il ricordo ai posteri. Per il Carducci il poeta ha inoltre il compito di educare gli uomini, è poeta vate, ossia conserva e diffonde ideali. Questo compito è stato svolto dai grandi poeti, dei quali è necessario riscoprire e rivalutare il messaggio. Il Carducci propone infatti un ritorno a quelli che egli considera i grandi maestri, ossia alla tradizione segnata dall’Alfieri e dal Foscolo. In questo ambito è fondamentale il messaggio dei classici, che gli appare l'unico mezzo in grado di rendere possibile la rigenerazione degli italiani sul piano morale e letterario.
Per quanto riguarda le concezioni politiche, va detto che Carducci presenta un approfondimento ed una revisione costante delle sue idee, per cui dall'acceso giacobinismo e mazzinianesimo che caratterizza la sua giovinezza, approda gradualmente ad una visione sempre più pacata e conservatrice, che in alcuni casi appare reazionaria. In ciò, egli seguì la parabola percorsa dalla classe dirigente italiana, dalla sinistra in particolare, simboleggiata in primo luogo dall’atteggiamento del Crispi, che dal mazzinianesimo giovanile passa ad un atteggiamento intransigente in politica interna e megalomane ed imperialistico in politica estera.
Per quanto riguarda la poetica, va detto che il Carducci rappresenta, insieme ad altri autori minori, una ferma reazione al Romanticismo ma che, diversamente dagli Scapigliati, la sua opposizione è equilibrata, consapevole e sistematica. Nel ritorno ai classici egli individua la possibilità di creare una poesia profonda e costruttiva e più ricca, rispetto al Romanticismo, di valori morali e civili. La sua poetica trova il motivo centrale nella necessità di salvaguardare e di arricchire la tradizione letteraria italiana. Egli svolge temi nuovi ed interpreta in modo originale temi che appartengono alla tradizione; tra questi i più importanti sono la storia, il paesaggio, la vita, le memorie. La storia è vista non, come avviene nel Vico o come volevano i Romantici, come una vicenda complessa e sofferta e determinata dagli slanci, dalle sofferenze, dagli ideali, come un processo guidato da leggi precise, bensì come scontro, spesso epico, di forze pure e generose, come una serie di svolte, di momenti splendidi per la nobiltà di ideali da cui furono caratterizzati.
Perciò egli approfondì la sua analisi a proposito di precisi momenti storici, come l'età comunale in Italia, il mondo classico, che gli apparve come un'isola ideale di bellezza, di armonia e di forza, come il frutto di ideali generosi e di concezioni eroiche. Nello studio della storia egli non seppe formulare vaste sintesi e riuscì solo a creare concetti e ad elaborare teorie come la "nemesi storica", caratterizzate da schematicità e debolezza. Il tema del paesaggio, svolto anche dalla poesia romantica, acquista nel Carducci un significato nuovo. La natura è descritta come qualcosa di vivo, di ricco, di intenso per i colori e i profumi e riflette gli stati d'animo dei personaggi a cui fa da sfondo. Ad essa, il più delle volte, sono legati i sentimenti del poeta.
Le meditazioni sulla vita e sul destino dell'uomo offrono al Carducci spunti significativi per la creazione di concetti e di immagini spesso classicamente delineati, a volte malinconici, ma di una malinconia contenuta e virile. Il tema delle memorie è frequente nella poesia carducciana e dimostra la profondità e la sensibilità del poeta che, accanto ai temi ufficiali e solenni, seppe trattare con ricca sensibilità i motivi più umani e commossi. Egli evita i toni propriamente romantici del rimpianto e della malinconia e supera in modo armonioso i pensieri tristi quando ricorda, per esempio, le persone care defunte, o quando rievoca la sua infanzia, giungendo a conclusioni dignitose e composte.
Spesso, dal ricordo trae conforto e dolcezza, come vediamo in Davanti San Guido, in Traversando la Maremma toscana, in Sogno d'estate e in Idillio maremmano. Tutti questi temi non sono isolati l'uno dall'altro, ma a volte sono compresenti. Dopo la raccolta Iuvenilia, nella quale prevale l'intento di svolgere la funzione di "scudiero dei classici", la raccolta Levia Gravia testimoniano il nuovo orientamento del Carducci (‘61 ‘71) verso temi politici e sociali. L'Inno a Satana (‘63), pur con ingenuità e intemperanze retoriche, testimonia una precisa svolta nell’opera carducciana e rappresenta un esempio della personalità vigorosa e risentita dell'autore. La raccolta Giambi ed epodi (‘67 ‘87) è dominata dalla polemica politica e letteraria, ma contiene esempi di profonda poesia.
La parte migliore della produzione carducciana è raccolta nelle Rime nuove (‘61 ‘87), nelle Odi barbare (‘77 ‘93) ed in parte in Rime e Ritmi. Nelle Rime nuove appaiono i grandi temi carducciani, rappresentati dalle reminiscenze storiche e dai ricordi personali. Nelle Odi barbare, che egli definì così perché in esse volle riprodurre la metrica greca e latina raggiungendo effetti ed espressioni che, secondo lui, i Greci definirebbero barbari, il poeta volle rivivere lo spirito della classicità, che per lui consisteva in una intima armonia tra uomo e natura, in un'armonica fusione di grazia, di vigore, di eroismo, di bellezza, in un'accettazione serena e virile della vita, dei suoi doveri, delle sue responsabilità, delle sue amarezze. Le parti migliori di questa raccolta si ispirano in effetti alla romanità ed alla grecità, ossia al mondo in cui questi ideali si sono realizzati. Roma però non è per lui qualcosa di morto, ma una presenza viva e operante nello spirito italico, ossia del popolo per il quale egli vagheggia una nuova grandezza.
Rime e Ritmi è la raccolta in cui più si sente la stanchezza del poeta. Vi troviamo le sintesi storiche, le grandi rievocazioni, ma avvertiamo anche il peso della retorica. È notevole comunque il tono malinconico che la caratterizza.
Carducci svolse un'intensa attività critica, di cui i frutti maggiori sono i discorsi Dello svolgimento della letteratura nazionale, i saggi L'opera di Dante, Il Parini maggiore, Il Parini minore, gli studi su L. Ariosto e T. Tasso, le pagine sul Petrarca e sul Boccaccio. Avverso al De Sanctis, egli aderì alla scuola storica, che alle sintesi romantiche e desanctisiane sostituisce l'indagine meticolosa circa la cultura degli autori ed il tempo in cui operarono e l'analisi diligente del testo. Pertanto giunge alla piena intelligenza della poesia, anche perché come poeta è in grado di risalire alle motivazioni, ai sentimenti ed ai travagli da cui essa nasce.
Nel Carducci è inoltre importante il vigore del linguaggio; la sua prosa si contrappone nettamente a quella manzoniana e si ricollega alla più dotta tradizione italiana. Se si prescinde dagli eccessi polemici e dalla retorica che dominano una parte della sua produzione, si può affermare che il Carducci svolge un ruolo importante nel rinnovamento della letteratura, con la sua lezione di impegno e di profondità, evidente soprattutto nel modo di approfondire e di attualizzare i classici.

ODI BARBARE

Composta tra il 1877 e il 1887, questa raccolta di poesie, non aliena dai temi di Rime Nuove, vuole riaffermare, anche tramite l'uso della metrica antica, un ideale di composta classicità. "Barbare" queste odi raccolte in due libri, perché, nonostante l'imitazione dei metri latini e greci, sarebbero suonate agli orecchi degli antichi come estranee, 'barbare' appunto.

RIME E RITMI

Per rispettare la volontà dell'autore in questo archivio è presente anche "Il parlamento", che nell'edizione del 1901 venne collocato, come parte integrante, dopo "Rime e ritmi". Scritto nel settimo centenario della battaglia di Legnano, "Il parlamento" doveva far parte di un poemetto che voleva celebrare quel momento della storia italiana, e che si sarebbe dovuto sviluppare in tre parti ("Il parlamento", "La battaglia" e "La fuga dell'imperatore"). Carducci non riuscì mai a terminare il poemetto, benché vi avesse lavorato a più riprese fino agli ultimi anni della sua vita.

POESIE MAREMMANE

"Idillio Maremmano"(da Rime Nuove), 1867/1872
Nel contrasto tra natura e storia,tra ragione e sogno, si percepisce il contrasto tra un lontano e piacevole passato,intatto,genuino e l'attualità di allora triste e mediocre. Emerge in piena luce la figura bella e concreta della "bionda Maria"(Maria Banchini).

"Il bove" (da Rime Nuove), fine 1872
Osservazioni della vita georgica dei campi di Bolgheri.

"Nostalgia"(da Rime Nuove), 1874
Il desiderio di ritornare in Maremma e' affidato a un temporale che sale verso Appennino

"Pe'l Chiarone da Civitavecchia"(da Odi Barbare), 1879
Il Carducci aveva da tempo programmato la sua prima visita ufficiale a Castagneto per i giorni 25 e 25 aprile. Partì da Roma alle prime luci dell'alba e scese a Civitavecchia; qui noleggiò una carrozza e si fece portare al Chiarone, sul confine fra Lazio e Toscana. Era quella la Maremma più orrida e inoltre fu attraversata sotto un acquazzone continuo. Per rendere ancor più lugubre l'atmosfera, il Carducci lesse Marlowe, un tragico drammaturgo del cupo Cinquecento inglese. Giunto al Chiarone, vide nello sfondo un po' di sole sull'argentario e il cuore gli si aprì; così buttò nel fiume Marlowe e compose questa ode.

"Sogno d' Estate"(da Odi Barbare), 1880
Mentre legge l'Iliade si addormenta e sogna di ritrovarsi a Bolgheri : rivede la sua fanciullezza, la madre, il fratello Dante, il sole di luglio, i carri rotolanti sul selciato, i cari selvaggi colli, i meli e quattro candide vele sul mare.

"San Martino" (da Rime Nuove), 1883
Anche se il ricordo della Maremma era spesso legato al sole, tuttavia la stagione preferita per venire a Castagneto era l'autunno. L'11 novembre 1883, San Martino, il poeta si trovo' a Castagneto. L'8 dicembre successivo compose questo bel quadretto macchiaiolo del borgo castagnetano.

"Traversando la Maremma Toscana" (da Rime Nuove), 1885
Il 10 aprile partì da Livorno per Roma, passò davanti alla sua Maremma, vide Castagneto e si commosse. Tornato a Bologna, compose questo famoso sonetto. Uno sguardo profondamente nostalgico al paese dove visse fanciullo, alla cara, selvaggia, Maremma toscana; i sogni non sono diventati realtà e restano irraggiungibili. La visione della morte si stempera in un sentimento di dolcezza e di pace, che si diffonde dalle note colline e dal verde piano.

"Davanti a San Guido" (da Rime Nuove), 1885/1886
Lo stradone di Bolgheri cominciò a vedere i cipressi nel 1832, intorno al 1855 fu ultimato fino alle Capanne, e solo nel 1907, dopo la morte del poeta, fu proseguito fino a Bolgheri, ultimato nel 1911. I cipressi sono circa 2540. Delle poesie che rievocano il dolce paese e la dolce età, nessuna raggiunge la pienezza significativa e suggestiva di questa che ha due momenti distinti:
l'impressione fresca e improvvisa alla vista dei cipressi, che si traduce in un dialogo familiare e brioso e l'apparizione della nonna, che fa traboccare il patetico.

 

Fonte: http://www.studenti.it/download/scuole_medie/Carducci.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Produzione carducciana: BIBLIOGRAFIA
La Secchia rapita e l'Oceano di Alessandro Tassoni, con note, Firenze, Barbèra, 1858 ("Diamante")

Poesie di Giuseppe Parini, Firenze, Barbèra, 1858 ("Diamante")

Le poesie liriche di Vincenzo Monti, Firenze, Barbèra, 1858 ("Diamante")

Del principe e delle lettere, con altre prose di Vittorio Alfieri, Firenze, Barbèra, 1859 ("Diamante")

Poesie di Lorenzo de' Medici, Firenze, Barbèra, 1859 ("Diamante")

Le poesie di Giuseppe Giusti con un discorso sulla vita e sulle opere dell'autore, Firenze, Barbèra, 1859 ("Diamante")

Le poesie di Giuseppe Giusti con un discorso sulla vita e sulle opere dell'autore. Seconda edizione accresciuta, Firenze, Barbèra, 1860 ("Diamante")

Satire, odi e lettere di Salvator Rosa, illustrate da G. Carducci
, Firenze, Barbèra, 1860 ("Diamante")

 

1861-1871

Poesie di Gabriele Rossetti, ordinate da G. Carducci, Firenze, Barbèra, 1861 ("Diamante")

La Secchia rapita e altre poesie, Firenze, Barbèra, 1861 ("Diamante")

Le poesie liriche di Vincenzo Monti. Seconda edizione con aggiunta di cose inedite o rare, Firenze, Barbèra, 1862 ("Diamante")

Le poesie di Giuseppe Giusti con un discorso sulla vita e sulle opere dell'autore. Terza edizione con Avvertenza, Firenze, Barbèra, 1862 ("Diamante")

Rime di m. Cino da Pistoia e d'altri del secolo XIV, ordinate da G. Carducci, Firenze, Barbèra, 1862 ("Diamante")

Canti e poemi di Vincenzo Monti, a cura di G. Carducci, Firenze, Barbèra, 1862 ("Diamante"
Pensieri e giudizii di letteratura e di critica estratti dalle lettere familiari di Pietro Giordani, in Opere di Pietro Giordani pubblicate da A. Gussalli, t. XIV (Appendice), Milano, Sanvito, 1862

Le Stanze, l'Orfeo e le Rime di messer Angelo Ambrogini Poliziano, rivedute su i codici e su le antiche stampe e illustrate con annotazioni di varii e nuove da G. Carducci, Firenze, Barbèra, 1863

Di T. Lucrezio Caro Della natura delle cose, libri VI volgarizzati da Alessandro Marchetti, aggiunte alcune rime e lettere del volgarizzatore, a cura di G. Carducci, Firenze, Barbèra, 1864 ("Diamante")

Tragedie, drammi e cantate di Vincenzo Monti, con appendice di versi inediti orari, a cura di G. Carducci, Firenze, Barbèra, 1865 ("Diamante")

Rime di Matteo di Dino Frescobaldi, ora nuovamente raccolte e riscontrate su i codici da G. Carducci, Pistoia, Società Tipografica Pistoiese, Carducci, Bongiovanni e C., 186
Poeti erotici del secolo XVIII, a cura di G. Carducci, Firenze, Barbèra, 1868 ("Diamante")

Levia gravia di Enotrio Romano, Pistoia, Tipografia Niccolai e Quarteroni, 1868

Versioni poetiche di Vincenzo Monti, con giunta di cose rare o inedite, a cura di G. Carducci, Firenze, Barbèra, 1869 ("Diamante")

Cantilene e ballate, strambotti e madrigali nei secoli XIII e XIV, a cura di G. Carducci, Pisa, Nistri, 1871

Lirici del secolo XVIII, a cura di G. Carducci, Firenze, Barbèra, 1871 ("Diamante")

Poesie di Giosuè Carducci (Enotrio Romano), Firenze, Barbèra, 1871
1872-1882

Primavere elleniche di Enotrio Romano, Firenze, Barbèra, 1872

Nuove poesie di Enotrio Romano (Giosuè Carducci), Imola, Galeati, 1873 Studi letterari di Giosuè Carducci, Livorno, Vigo, 1874

Studi letterari di Giosuè Carducci, Livorno, Vigo, 1874

Satire, rime e lettere scelte di Benedetto Menzini, Firenze, Barbèra, 1874 ("Diamante")

Poesie di Giosuè Carducci (Enotrio Romano), seconda edizione con giunte e correzioni dell'autore, Firenze, Barbèra, 1875

Nuove poesie di Giosuè Carducci (Enotrio Romano), seconda edizioRime di Francesco Petrarca sopra argomenti storici, morali e diversi. Saggio di un testo e commento nuovo col raffronto dei migliori testi e di tutti i commenti a cura di G. Carducci, Livorno, Vigo, 1876.

Intorno ad alcune rime dei secoli XIII e XIV ritrovate nei Memoriali dell'Archivio notarile di Bologna, studi di Giosuè Carducci, Imola, Galeati, 1876

Bozzetti critici e discorsi letterari di Giosuè Carducci, Livorno, Vigo, 1877

Strambotti e rispetti dei secoli XIV, XV, XVI raccolti da G. Carducci per nozze Teza-Perlasca, Bologna, Zanichelli, 1877

Odi barbare di Giosuè Carducci (Enotrio Romano), Bologna, Zanichelli, 1877

Poesie di Giosuè Carducci (Enotrio Romano), terza edizione preceduta da una biografia del poeta [di A. Borgognoni], Firenze,Barbèra, 1878ne con emendazioni ed aggiunte, Bologna, Zanichelli, 1875

Delle poesie latine edite ed inedite di Ludovico Ariosto, studi e ricerche di Giosuè Carducci, Bologna, Zanichelli, 1876
Odi barbare di Giosuè Carducci (Enotrio Romano), seconda edizione con prefazione di G. Chiarini, Bologna, Zanichelli, 1878

Nuove poesie di Giosuè Carducci (Enotrio Romano), edizione terza con prefazione di E. Panzacchi, Bologna, Zanichelli, 1879

Odi barbare di Giosuè Carducci (Enotrio Romano), terza edizione col ritratto dell'autore [dopo l'Indice, Bibliografia di alcune opere di Giosuè Carducci di U. Brilli], Bologna, Zanichelli, 1880

Juvenilia di Giosuè Carducci, edizione definitiva, Bologna, Zanichelli, 1880

Lettere di Francesco Domenico Guerrazzi, a cura di G. Carducci. Prima serie (1827-1833) e Seconda serie (1820-1859), Livorno, Vigo, 1880-1882

La poesia barbara nei secoli XV e XVI, a cura di G. Carducci, Bologna, Zanichelli, 1881 ("Collezione di classici italiani", 1)
Bologna, Zanichelli, 1881

Nuove odi barbare di Giosuè Carducci, Bologna, Zanichelli, 1882

Giambi ed epodi di Giosuè Carducci (1867-1872), nuovamente raccolti e corretti con prefazione, Bologna, Zanichelli, 1882

G. Carducci, Confessioni e battaglie, Roma, Sommaruga, 1882

G. Carducci, Confessioni e battaglie. Serie seconda, Roma, Sommaruga, 1883 [ma 1882]



1883 - 1893

G. Carducci, Confessioni e battaglie. Serie prima, Roma, Sommaruga, 1883

G. Carducci, Ca ira. Settembre 1792, Roma, Sommaruga, 18
ritratto dell'autore [con in fine Bibliografia delle principali opere di Giosuè Carducci a cura di U. Brilli], Bologna, Zanichelli, 1883

Lettere disperse e inedite di Pietro Metastasio, a cura di G. Carducci
, vol. I [unico] (1716-1750), Bologna, Zanichelli, 1883
("Biblioteca di scrittori italiani")

Letture italiane scelte e ordinate a uso delle Scuole del Ginnasio inferiore da G. Carducci e dal dott. U. Brilli
. Libri I-II-III, Bologna, Zanichelli, 1883

G. Carducci, Confessioni e battaglie. Serie terza, Roma, Sommaruga, 1884

G. Carducci, Conversazioni critiche, Roma, Sommaruga, 1884

Scritti di Alberto Mario scelti e curati da G. Carducci, vol. I, Bologna, Zanichelli, 1884
Letture italiane scelte e ordinate a uso del Ginnasio superiore da G. Carducci e dal dott- Ugo Brilli, libri I, II, III, Bologna, Zanichelli, 1884

Letture italiane scelte e ordinate a uso delle Scuole del Ginnasio inferiore da G. Carducci e dal dott. Ugo Brilli
, seconda edizione accresciuta e annotata, Bologna, Zanichelli, 1885

Letture italiane scelte e ordinate a uso del Ginnasio superiore da G. Carducci e dal dott. U. Brilli, libri IV, V, Bologna, Zanichelli, 1885

Scelte poesie di Vincenzo Monti con le varie lezioni a cura di G. Carducci, Livorno, Vigo, 1885

Letture italiane scelte e ordinate a uso delle Scuole secondarie inferiori da G. Carducci e dal dott. Ugo Brilli, quinta edizione rifatta e con più annotazioni, Bologna, Zanichelli, 1886

Letture italiane scelte e ordinate a uso delle Scuole secondarie suBologna, Zanichelli, 1886

Nuove odi barbare di Giosuè Carducci, seconda edizione con emendazioni ed aggiunte, Bologna, Zanichelli, 1886

Rime nuove di Giosuè Carducci
, Bologna, Zanichelli, 1887

Odi barbare di Giosuè Carducci (Enotrio Romano), quinta edizione col ritratto dell'autore [con la Bibliografia di U. Brilli], Bologna, Zanichelli, 1888 [ma 1887]

Letture italiane scelte e ordinate a uso delle Scuole secondarie superiori, terza edizione rifatta per intiero con molte emendazioni e annotata [i libri IV e V in tomi separati], Bologna, Zanichelli, 1887-1888

Il libro delle prefazioni di Giosuè Carducci, Città di Castello, Lapi, 1888 Rime nuove di Giosuè Carducci, seconda edizione riveduta, Bologna, Zanichelli, 1889
Bologna, Zanichelli, 1889

Terze odi barbare di Giosuè Carducci,
Bologna, Zanichelli, 1889

G. Carducci, Discorsi letterari e storici, Bologna, Zanichelli, 1889 ("Opere di G. Carducci", I)

G. Carducci, Primi saggi, Bologna, Zanichelli, 1889 ("Opere di G. Carducci", II) G. Carducci, Bozzetti e scherme, Bologna, Zanichelli, 1889 ("Opere di G. Carducci", III)

G. Carducci, Confessioni e battaglie. Serie prima, Bologna, Zanichelli, 1890 ("Opere di G. Carducci", IV)

G. Carducci, Ceneri e faville. Serie prima (1859-1870), Bologna, Zanichelli, 1891 ("Opere di G. Carducci", V)

G. Carducci, Juvenilia e Levia gravia, Bologna, Zanichelli, 1891 ("Opere di G. Carducci", VI)

G. Carducci, Storia del "Giorno" di Giuseppe Parini, Bologna
Rime nuove di Giosuè Carducci, seconda edizione riveduta,periori da G. Carducci e dal dott. U. Brilli, seconda edizione

Zanichelli, 1892

G. Carducci, Antiche laudi cadorine, Pieve di Cadore, Tipografia Berengan, 1892

Delle odi barbare di Giosuè Carducci, libri II ordinati e corretti, Bologna, Zanichelli, 1893

G. Carducci, Ceneri e faville. Serie seconda (1871-1876), Bologna, Zanichelli, 1893 ("Opere di G. Carducci", VII)

G. Carducci, Studi letterari, Bologna, Zanichelli, 1893 ("Opere di G. Carducci", VIII)


1894-1907


G. Carducci, Giambi ed epodi e Rime nuove, Bologna, Zanichelli, 1894 ("Opere di G. Carducci", IX)

Su l'Aminta di T. Tasso, saggi tre di Giosue Carducci, con una
pastorale inedita di G. B. Giraldi Cinthio, Bologna, Zanichelli, 1896

Cacce in rima dei secoli XIV e XV raccolte da G. Carducci per nozze Morpurgo-Franchetti
, Bologna, Zanichelli, 1896

Letture del Risorgimento italiano scelte e ordinate da G. Carducci, 2 voll.: I (1749-1830), II (1831-1870), Bologna, Zanichelli, 1896-1897

Le prime vittime di Francesco IV Duca di Modena. Notizie di Antonio Panizzi pubblicate da G. Carducci, Roma, Società editrice Dante Alighieri, 1897

Degli spiriti e delle forme nella poesia di Giacomo Leopardi, considerazioni di Giosue Carducci, Bologna, Zanichelli, 1898

G. Carducci, Studi, saggi e discorsi, Bologna, Zanichelli, 1898 ("Opere di G. Carducci", X)

G. Carducci, Rime e ritmi, Bologna, Zanichelli, 1899
Le Rime di Francesco Petrarca di su gli originali commentate da G. Carducci e S. Ferrari, Firenze, Sansoni, 1899 ("Biblioteca scolastica di classici italiani", diretta da G. Carducci)

G. Carducci, Poesie MDCCCL-MCM, Bologna, Zanichelli, 1901

G. Carducci, Confessioni e battaglie. Serie seconda, Bologna, Zanichelli, 1901 ("Opere di G. Carducci", XII)

G. Carducci, Ceneri e faville. Serie terza e ultima (1877-1901), Bologna, Zanichelli, 1902 ("Opere di G. Carducci", XI)

G. Carducci, Poesie MDCCCL-MCM, seconda edizione, Bologna, Zanichelli, 1902 . Carducci, Poesia e storia, Bologna, Zanichelli, 1905 ("Opere di G. Carducci", XVI)

G. Carducci, Prose MDCCCLIX-MCMIII, Bologna, Zanichelli, 1905

G. Carducci, Studi su Giuseppe Parini. Il Parini maggiore, Bologna, Zanichelli, 1907 ("Opere di G. Carducci", XIV)

G. Carducci, Odi barbare e Rime e ritmi, con un'appendice, Bologna, Zanichelli, 1907 ("Opere di G. Carducci", XVII)

G. Carducci, Studi su Giuseppe Parini. Il Parini minore, Bologna, Zanichelli, 1903 ("Opere di G. Carducci", XIII)

G. Carducci, Su Ludovico Ariosto e Torquato Tasso, Bologna, Zanichelli, 1904 ("Opere di G. Carducci", XV)

L'edizione nazionale

Nel 1935, nell'ambito delle celebrazioni del centenario della nascita di Giosue Carducci, l'editore Zanichelli ha avviato la stampa dell'Edizione Nazionale delle Opere che si è conclusa nel 1940 in trenta volumi.
Dal 1938 al 1960 l'editore bolognese ha pubblicato l'Edizione Nazionale delle Lettere di Carducci, in ventuno volumi, comprendente lettere spedite da Carducci a illustri corrispondenti dalLe prime edizioni delle poesie

Consultando questa rassegna bibliografica, scoprirai che la maggior parte dei testi poetici carducciani, prima di apparire in volume, sono stati stampati ora su riviste e giornali, ora in miscellanee ed opuscoli. Torquato Barbieri, conservatore dell’istituto dal 1950 al 1978, ne ha censito le prime edizioni in questo saggio pubblicato ne “L’Archiginnasio”, XCI, 1996. Le poesie sono elencate seguendo l’organizzazione del volume Poesie MDCCCL-MCM, curato da Carducci presso Zanichelli nel 1902. Dunque le composizioni sono ordinate nelle sei raccolte canoniche: Juvenilia, Levia gravia, Giambi ed epodi, Rime nuove, Odi Barbare e Rime e ritmi. 1850 al 1907. Nel 1968 è stato pubblicato il vol. XXII che raccoglie aggiunte e correzioni ai volumi precedenti.
Una nuova Edizione Nazionale delle Opere di Giosue Carducci è stata promossa con Decreto del Presidente della Repubblica, in data 25 giugno 1987, su proposta del Ministro per i Beni culturali e ambientali. L'editore Mucchi di Modena ne cura la stampa dal 2000.

 

Fonte: http://www.itcgdonlazzeri.it/premiocarducci/doc_carducci/Produzione%20carducciana.doc

 

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Giosuè Carducci vita e opere riassunto biografia

Giosuè carducci opere : San Martino, pianto antico, riassunti e commenti

  • 1865 - Inno a Satana
  • 1873 - Pianto antico, in Nuove poesie.
  • 1873 - Idillio maremmano, in «Monitore di Bologna», 12 settembre.
  • 1876 - Alle fonti del Clitumno
  • 1877 -Alla stazione in una mattina d'autunno, in Odi barbare.
  • 1878 - Davanti a San Guido
  • 1878 - Alla Regina d'Italia
  • 1899 - Jaufré Raudel, in Rime e ritmi.

 

 

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