Iliade trama breve riassunto

 

 

 

Iliade trama breve riassunto

 

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Iliade trama breve riassunto

Libro I

Siamo nell'ultimo anno della guerra di Troia (che durò dieci anni). Una parte dell'esercito resta a sorvegliare Troia, mentre il resto compie delle spedizioni contro le città vicine. In questo modo è stata presa la città di Lirnesso. Quando il bottino viene diviso, ad Agamennone viene assegnata come schiava Criseide, figlia di Crise, sacerdote di Apollo, mentre ad Achille viene assegnata Briseide. Crise offre ad Agamennone un riscatto in oro per riavere la figlia, ma Agamennone lo tratta con durezza e lo caccia dal campo, dichiarando che Criseide rimarrà prigioniera per sempre. Il vecchio rimane sconvolto, si reca al tempio e chiede l'aiuto di Apollo. Il dio è furente per l'offesa arrecata al proprio sacerdote.
Una forte pestilenza invade il campo acheo. È Apollo che, sceso dall'Olimpo, colpisce con i suoi dardi uomini e animali.
Gli achei consultano Calcante, questi risponde che è l'ira di Apollo, provocata dal rifiuto di Agamennone di restituire Criseide. Agamennone cede e restituisce la fanciulla, ma chiede qualcosa in cambio: Briseide, la schiava di Achille. Da qui l'ira di Achille, i capi achei si sono alleati per vendicare Menelao, non per cupidigia. Se così non fosse, lui si ritirerà, insieme ai suoi guerrieri, i Mirmidoni. Agamennone dichiara ad Achille che può benissimo tornarsene a casa ed ordina ad Achille di consegnarli Briseide. Achille giudica tutto questo inaccettabile e si accinge a sguainare la spada, ma viene fermato dalla dea Atena, che gli preannuncia che Agamennone pagherà a caro prezzo i suoi errori.
Achille consegna la sua schiava, ordinando a Patroclo di condurla alla tenda di Agamennone.
Criseide raggiunge il padre e la pestilenza termina. Achille è furente, chiama sua madre, Teti, e le chiede di pregare Zeus affinché intervenga a favore dei suoi nemici troiani. Agamennone si accorgerà di quanto il suo esercito sia debole, privato di Achille e dei suoi uomini. Teti accetta e Zeus acconsente la sua richiesta, anche se con una certa incertezza: Era non sarà sicuramente contenta.
Achille si ritira sulla riva del mare, nella sua tenda, dimostrando di non voler più combattere. Poiché il loro capo non combatte, così fanno anche le sue schiere, i Mirmidoni.

Libro II

Zeus manda ad Agamennone un sogno menzognero, che lo persuade a conquistare Troia senza bisogno di Achille. Agamennone raduna gli altri capi achei e rivela il suo sogno, Nestore si dichiara d'accordo con lui: occorre radunare l'esercito ed attaccare Troia. Agamennone potrà così provare il suo valore.
Ma quando l'esercito acheo è radunato, Agamennone annuncia che Zeus l'ha abbandonato. La loro causa è perduta e avrebbero potuto tornare alle loro case.
Ma Era veglia, ha notato l'incontro tra Zeus e Teti, avverte quindi Atena, anche lei schierata con gli achei.
La dea va da Ulisse e gli infonde coraggio ed Ulisse riesce a ribaltare la situazione, riportando, con l'aiuto di Nestore, i soldati achei al loro posto, ad eccezioni di quelli di Achille, rimasti con il loro capo.
Intanto anche i troiani si sono radunati, i due eserciti avanzano nella pianura.

Libro III

Nel ventiduesimo giorno avviene la battaglia, gli eserciti si trovano faccia a faccia. Paride esce dalle file troiane e si offre di duellare con chiunque dei capi achei l'avesse voluto.
Il principe troiano è temerario, è sì un grande arciere, ma alla sua sfida risponde Menelao, re di Sparta. Egli, non solo è un grande guerriero, ma colui che è stato offeso da Paride, che gli aveva rapito la promessa sposa Elena.
Paride è paralizzato dalla vergogna e dalla paura e decide di ritornare in fretta fra le file troiane. Ettore lo rimprovera aspramente e gli dichiara che gli achei avrebbero dovuto lapidarlo come un criminale. Paride ritorna in se e riconosce il suo errore, affronterà quindi Menelao: il vincitore potrà tenere Elena per se.
Occorre proclamare una tregua. Menelao accetta e chiede a Priamo di unirsi a loro in un sacrificio che suggelli l'accordo. Priamo lascia la città, accompagnando i guerrieri nel loro omaggio agli dei.
Il duello ha inizio, sembra che Menelao debba trionfare. Egli è più forte ed esperto e pensa di essere dalla parte del giusto. Menelao sta per avere ragione di Paride, ma all'ultimo momento viene salvato dalla dea Afrodite che lo protegge. Menelao lo cerca tra le file troiane, ma nessuna sa dove sia.
A quel punto Agamennone lo dichiara vincitore e richiede la restituzione di Elena ed una cospicua cifra come risarcimento.

Libro IV

La tregua rallegra i troiani, ma non sanno come risolvere il problema di Paride, che è sfuggito al duello. Ma Atena non vuole attendere: la battaglia deve riprendere. Appare quindi tra i troiani sotto le spoglie di uno dei figli di Priamo, si avvicina a Pandaro, re di Licia ed arciere infallibile.
La dea gli indica Menelao, puntandolo col dito, che corre tra le file troiane, ben deciso a riprendersi la sposa. Colui che uccidesse il re di Sparta, sarebbe onorato da tutti i troiani e gli chiede se ne fosse stato capace. Il principe, adulato dalla dea, prende la mira e scocca la freccia. Il colpo è preciso, sarebbe stato mortale se Atena non ne avesse deviato la traiettoria, ferendo leggermente Menelao. Ma il suo vero obiettivo è raggiunto: la tregua è rotta.
Agamennone raduna le truppe achee, mentre i troiani avanzano in ordine di battaglia, con loro c'è Ares, mentre Atena si schiera tra le file degli achei.

Libro V

Tra gli achei si distingue Diomede, figlio di Tideo, Atena gli ispira atti eroici e riesce anche a persuadere il fratello Ares a lasciare il campo di battaglia, affinché la lotta avvenga solo tra mortali e dare la vittoria al migliore.
Gli achei hanno la meglio, anche Agamennone, Idomeneo e Menelao, si battono valorosamente. Diomede è instancabilmente all'attacco, finché Pandaro, sul carro portato da Enea, lo colpisce con una freccia, ferendolo ad una spalla.
Atena tradisce la parola data ad Ares, torna sul campo, toglie la freccia dalla spalla di Diomede e gli guarisce la ferita. Diomede riprende a battersi, ma a piedi, il suo carro è stato rovesciato. Si getta contro Pandaro ed Enea per affrontarli. Lancia il suo giavellotto contro Pandaro e lo uccide. Enea lo attente a piè fermo, brandendo lancia e scudo.
Diomede prende una pietra enorme e la scaglia verso di lui. La morte lo avrebbe colto, se in suo favore non fosse intervenuta Afrodite. L'intervento di Afrodite a favore dei troiani non è determinato da sentimenti guerrieri, ma da sentimenti materni, in quanto Enea è suo figlio. La dea lancia il suo velo sul figlio e lo trascina fuori dal campo di battaglia.
Diomede li insegue e scaglia nuovamente il giavellotto, colpendo Afrodite. La ferita costringe la dea a lasciare il figlio. Ma interviene un altro dio, Apollo, anche lui schierato con i troiani, rialza il principe privo di sensi e rimprovera Diomede di essersi misurato con gli dei.
Diomede indietreggia, spaventato. Apollo avvolge Enea in una nube, trasportandolo in un luogo sicuro. Quindi crea un'immagine di Enea, su cui il resto degli achei si lancerà per ucciderlo.
Nel frattempo Ettore e Sarpedonte tornano alla carica. Anche Enea ritorna in campo accompagnato da Ares. Sarpedonte lotta contro il figlio di Eracle, lo uccide, ma viene nel contempo ferito. I troiani respingono gli achei.
Atena ed Era non possono sopportare questa situazione, tentano di incitare gli achei ricordando il coraggio di Achille. Atena prende il posto dell'auriga di Diomede, con in testa l'elmo di Ade, che la rende invisibile. La dea si scaglia col carro verso Ares e guida il giavellotto di Diomede, che ferisce il dio della guerra. Ares lancia un grido di dolore e si rifugia sull'Olimpo.
I troiani vedono sfuggire la vittoria, ma Ettore ed Enea contengono la controffensiva achea, mentre Nestore li esorta a massacrare tutti i troiani.

Libro VI

Eleno consiglia ad Ettore di ritornare in città e di offrire un sacrificio in onore di Atena, affinché cessino i danni provocati da Diomede. Ettore si affretta verso Troia.
Diomede vede un troiano che avanza verso di lui, impressionato dal suo coraggio gli chiede il suo nome: è Glauco, cugino di Sarpedonte. Diomede non si batterà con lui, le loro famiglie sono legate da lunga amicizia e i due guerrieri rimarranno fedeli a questo ricordo, suggellandolo con lo scambio delle armi.
A Troia Ecuba prega Atena di risparmiare il suo popolo, offrendole la sua veste più bella, ma Atena respinge la sua preghiera. Intanto Ettore è alla ricerca di Paride, lo trova mentre sta ripulendo le sue armi a fianco di Elena. Ettore lo rimprovera, ingiungendogli di tornare immediatamente a battersi. Elena confessa ad Ettore i suoi rimorsi, sentendo su di se il peso di tutti quei morti.
Ettore le parla con dolcezza, rassicurandola, quindi si reca dalla moglie Andromaca e dal figlio Astianatte. Andromaca si trova sui bastioni della città, da dove osserva lo svolgersi della battaglia. Vede il marito e gli corre incontro piangendo di gioia nel vederlo sano e salvo. Lo supplica di non tornare a combattere. Ma Ettore le ricorda che lei è la moglie di un principe che ha il dovere di essere prode.

Libro VII

Ettore, Paride e Glauco, rafforzano il coraggio dei troiani, mentre Atena ritorna in campo a prestare soccorso agli achei. Qui incontra Apollo, che approva il suo suggerimento di uno scontro tra un campione di entrambe le parti. Apollo stesso ne ispira l'idea ad Ettore.
Il principe troiano si fa avanti, ma nessuno risponde alla sua sfida. È allora Menalo a proporsi, vergognandosi della mancanza di coraggio degli Achei, dichiarando di essere pronto alla sfida. Ma Agamennone convince il fratello a rinunciare, nemmeno Achille ha raccolto la sfida di Ettore. È Nestore che si rivolge agli achei, affinché scelgano un campione. Il campione viene scelto dalla sorte e il designato è Aiace.
Il duello inizia e si prolunga fino al calare della notte, senza vinti ne vincitori. Ettore rende omaggio alle qualità di Aiace, quindi si scambiano doni e si separano.
Una nuova tregua viene proclamata, affinché possano essere seppelliti i morti.

Libro VIII

Siamo al venticinquesimo giorno. Sta per iniziare la seconda battaglia. Zeus ordina agli dei di non intervenire più. Solo Atena chiede di poter almeno dare consigli, Zeus glielo concede. Quindi si dirige sul monte Ida, da qui seguirà lo svolgersi della lotta.
La battaglia inizia. Zeus, smentendo se stesso e ricordando le promesse fatte a Teti, interviene creando scompiglio in campo acheo, scagliandovi i suoi fulmini.
I troiani avanzano, anche Ulisse abbandona il campo, convinto che sia inutile combattere contro Zeus. Il vecchio Nestore rimane solo sul suo carro, nel centro del campo di battaglia. Paride scaglia una freccia e gli uccide un cavallo, creando uno sbilanciamento dell'attacco. Anche Ettore si lancia contro il vecchio re.
Diomede accorre in suo soccorso, ma Nestore gli consiglia di ritirarsi, e, nonostante le accuse di vigliaccheria da parte di Ettore, si ritira. Nestore sa che Zeus è contro di lui.
I troiani inseguono il nemico fin nel suo campo. Era tormenta Agamennone affinché schieri nuovamente i suoi guerrieri.
Teucro, il miglior arciere acheo, compie imprese magnifiche dall'alto dello steccato, riuscendo a colpire anche l'auriga di Ettore. Bloccato, Ettore adotta la tattica di Diomede, prende un masso e lo scaglia contro l'arciere, fratturando la spalla di Teucro. Gli achei rifluiscono verso la loro flotta.
Vedendo la ritirata dei loro protetti Era ed Atena sono pronte a scendere in campo, ma Zeus vede tutto e le richiama sull'Olimpo. Lì, vengono minacciate da Zeus: se si azzarderanno nuovamente ad intervenire saranno gettate nel Tartaro. Ettore può essere sconfitto solo da Achille.

Libro IX

Agamennone, cosciente della situazione di pericolo, convoca un consiglio di guerra. Egli annuncia che la causa è persa, visto che Zeus si è schierato contro di loro. Diomede lo accusa di vigliaccheria, suggerendogli, se vuole, di tornare ad Argo. Nestore appoggia Diomede e consiglia Agamennone di ascoltare il parere di altri, prima di rivelare la sua pusillanimità.
Nestore prosegue ricordando l'offesa fatta ad Achille; a questo atto, occorre porre rimedio e senza indugio. Agamennone ammette i propri torti e promette di restituire Briseide, insieme con doni, affinché Achille possa perdonare, ponendo fine alla loro lite. Inoltre offrirà in sposa ad Achille una delle sue figlie. Nestore approva la decisione.
Viene creata un'ambasceria formata da Ulisse, Aiace il grande e Fenice (figlio del re di Beozia).
I tre si recano da Achille, trovandovi anche Patroclo che pizzica distrattamente la lira. Achille è in lite solo con Agamennone e quindi li accoglie con cortesia.
Ulisse racconta della gravità della situazione, se l'attrito è solo fra lui ed Agamennone, dovrebbe pensare a tutti gli altri capi achei, che non gli hanno recato offesa.
Achille risponde che vi era un tempo in cui provava piacere in battaglia, ma ora la sua gloria era stata offuscata dalle parole di Agamennone e si gode tutto l'incanto della pace. Rifiuta di ritornare sul campo di battaglia e dichiara che ritornerà presto in patria.
Aiace, rivolgendosi ad Ulisse, dice che è inutile rimanere, visto che Achille è irremovibile.
Achille conferma, ribadendo che non alzerà la sua mano contro Ettore, a meno che questi non minacci la sicurezza dei suoi uomini e delle sue navi.
Ulisse e gli altri, riportano la notizia al campo acheo, dove Agamennone e gli altri capi rimangono costernati. Gli achei si preparano a difendere le loro navi.

Libro X

Agamennone non riesce a dormire, sente i brusii dei festeggiamenti troiani entro le mura. Chiama i suoi compagni, ritiene che sia opportuno approfittare della situazione e mandare qualcuno a spiare quanto accade, ottenendo notizie utili per la battaglia dell'indomani. Diomede si offre volontario e chiede ad Ulisse di accompagnarlo.
Anche Ettore ha avuto la stessa idea, così, mentre Ulisse e Diomede si fanno strada tra i cadaveri, i troiani mandano Dolone a spiare gli achei.
Dolone lascia la città coperto da una pelle di lupo. Dal campo nemico non giungono rumori.
Dolone è convinto in una facile missione, ma viene inseguito da Ulisse e Diomede, che erano nascosti tra i morti. I due gli sbarrano la strada, se non gli indicherà la posizione dell'esercito e dei posti di guardia troiani, lo uccideranno. Dolone è spaventato e cede, consegnando le informazioni, ma ora che ha parlato, viene ucciso.
Utilizzando le informazioni carpite a Dolone, i due achei si dirigono verso il campo di Reso re della Tracia. I guerrieri dormono ed i loro cavalli sono legati.
Diomede ed Ulisse massacrano gli uomini addormentati, uccidono il loro re e slegano i cavalli. Atena li convince a ritornare, in quanto Apollo sta avvertendo i troiani.

Libro XI

Siamo al ventiseiesimo giorno, la terza battaglia comincia all'aurora.
Quasi tutti i capi achei si trovano a mal partito. Diomede viene ferito gravemente, Ulisse sfugge per poco alla morte, aiutato da Menelao e Aiace.
Nestore vede Macaone, il medico, colpito da una freccia di Paride. Idomeneo lo supplica di farlo portare subito all'accampamento, la sua vita è preziosa.
Achille osserva la battaglia dalla sua nave. Da li vede il carro di Nestore entrare nell'accampamento con un ferito e chiede a Patroclo di informarsi.
Patroclo va alla tenda di Nestore. Il vecchio re coglie l'occasione per intervenire, Patroclo potrebbe consigliare utilmente il suo più giovane amico. Se Achille non vuole combattere, che almeno mandi Patroclo, alla testa dei Mirmidoni. Potrebbe persino indossare le armi di Achille, facendo credere ai troiani che sia tornato in battaglia.

 Libro XII
Gli achei sono ormai sulla difensiva, schierati dietro il muro costruito a difesa della flotta.
Ettore e i troiani scendono dai carri, attraversano a piedi la trincea, per pendere d'assalto il baluardo; vicino ad Ettore, Sarpedonte e Glauco.
Dal monte Ida, Zeus manda un forte vento, che solleva la polvere, spingendola verso gli achei e creando loro problemi nella visione.
Ettore guida l'attacco contro una porta del bastione. Sarpedonte e Glauco attaccano un'altra porta; stanno quasi per forzarla, quando intervengono Aiace e Teucro. Quest'ultimo colpisce Glauco con una freccia, ferendolo gravemente.
Ma l'azione distogli parte delle forze achee, favorendo Ettore, che, a colpi di pietra, abbatte una traversa della porta, aiutato in questo da Zeus che gli guida la mano.
I troiani penetrano nell'accampamento e gli achei sono costretti a rifugiarsi sulle proprie navi.

Libro XIII

Zeus non è l'unico ad osservare gli avvenimenti. Poseidone osserva la lotta dall'alto di un picco dell'isola di Samotracia. Egli è furente: alleato degli achei, non sopporta questa apparente alleanza di Zeus con i troiani. Decide quindi di apparire sotto le spoglie di Calcante di fronte ad Aiace. Lo tocca col bastone e gli dice di non preoccuparsi delle altre porte, ma di concentrarsi nella difesa di quella appena presa da Ettore. Quindi lo lascia e scompare alla sua vista. Aiace di Locride ha visto tutto: quello che ha parlato ad Aiace il grande era un dio.
Poseidone prosegue il suo giro nell'accampamento, incoraggiando chiunque incontri. Ettore vede sfuggire la vittoria, la resistenza achea si fa più forte.

Libro XIV

Anche Era osserva la battaglia, felice nel vedere Poseidone che aiuta gli achei e decide quindi di distogliere l'attenzione di Zeus dal fratello.
Prende la cintura di Afrodite ed ottiene la complicità di Ipno, assicurandogli in moglie una delle Grazie. L'intento di Era è raggiunto, Zeus si addormenta tra le braccia dela consorte, con Ipno a tenergli chiusi gli occhi. Quindi avverte Poseidone che può continuare la sua opera di conforto presso gli achei.
Poseidone incoraggio e rincuora a turno Menelao, Diomede, Agamennone, Idomeneo e Ulisse. Intanto Aiace il grande e Aiace di Locride massacrano i troiani intorno alla breccia creata da Ettore. Lo stesso Ettore riceve un colpo, e cade a terra privo di sensi. I suoi soldati lo portano fuori dal campo di battaglia.
I troiani sono abbattuti e ricacciati al di là della breccia, spinti oltre le trincee ed inseguiti accanitamente da Aiace di Locride.

Libro XV

Zeus si sveglia e vede il ribaltamento della situazione. Si rivolge ad Era e le chiede se la responsabile sia lei. La dea risponde di essere innocente: è tutta opera di Poseidone. Zeus ripete i suoi ordini, nessuno deve immischiarsi nella battaglia.
Zues manda un messaggio a Poseidone attraverso Iris: deve abbandonare il campo di battaglia. Il dio del mare, a malincuore, obbedisce. Poi Iris va da Apollo, che Zeus vuole avvertire delle sfortune di Ettore. Apollo si affretta sul corpo di Ettore per rianimarlo, gettando nella costernazione gli achei, che lo credevano morto.
Sorretti da Apollo, i troiani seguono Ettore, che si lancia contro le fortificazioni achee. Teucro cerca di lanciargli una freccia, ma l'arco di spezza.
Un cattivo presagio, che scoraggia gli achei e quindi fuggono sulle navi.
Aiace, saltando da una nave all'altra, protetto dal suo scudo, tenta di reggere e respingere l'assalto.

Libro XVI

La nave di Protesilao viene incendiata. Dal campo, Achille vede i bagliori dell'incendio, non è più indifferente o dispettoso di fronte a ciò che accade. L'ira di Achille sta per cedere, Patroclo gli chiede di poter indossare le sue armi e di partecipare alla battaglia. Achille lo lascia andare, purché si limiti a difendere le navi. Non combatte Achille, ma ora combatte Patroclo, con le armi di Achille, e con lui i Mirmidoni.
L'apparizione di un eroe che assomiglia ad Achille, è sufficiente a capovolgere la situazione. Gli achei cacciano i troiani, Patroclo, dimenticando la promessa fatta, insegue il nemico fino al campo di battaglia.
Sarpedonte è ferito a morte. Glauco ne è profondamente addolorato. Attorno al corpo dell'eroe morente, si accende una lotta accanita. Gli achei si impadroniscono delle sue armi, ma il corpo viene preso da Apollo, che lo porta con sé, lontano dall'orrore della battaglia. Poi lo affida a Ipno e Tanato, affinché lo riportino nel suo regno, in Licia.
Patroclo sente la vittoria vicina, si apre un varco verso le mura di Troia, lanciandosi all'assalto dei bastioni. Ma non prosegue nel suo tentativo, fermato dalle parole di Apollo. Non riuscirà mai a conquistare Troia, ne Achille, ne Patroclo la conquisteranno, perché il destino ha deciso diversamente.
Patroclo si ritira, continuando la battaglia nella piana. Ma la sua gloria è di breve durata. Anche Apollo ritorna sul campo di battaglia e lo colpisce violentemente sul dorso. L'elmo rotola sul terreno e Patroclo cade tramortito. Tenta di riunirsi ai Mirmidoni, ma privo di armatura, perché scoltagli da Apollo e di armi, viene colpito da euforbo poi Ettore lo vede, lo raggiunge e lo uccide, ma prima di morire, Patroclo, predice la morte a Ettore, per mano di Achille. Cerca poi di impossessarsi della biga di Achille, ma l'auriga gli sfugge.

Libro XVII

Menelao ha visto tutto e si erge a difensore del corpo di Patroclo. Ettore sta allontanandosi, ma viene richiamato da Apollo. Menelao è costretto alla ritirata e ad abbandonare il cadavere. Ettore si impossessa delle armi che erano di Achille e le indossa. Ma quando cerca di impossessarsi del corpo, Aiace il grande gli sbarra la strada. Ettore si accontenta, l'armatura gli dà un senso di invincibilità.
Anche Zeus, che osserva, è contento, sa che la sua promessa a Teti, sarà mantenuta: non manca molto al rientro in campo di Achille.
Nel frattempo, il corpo di Patroclo è difeso da Menelao, Aiace ed i loro soldati. Viene mandato un messaggero ad Achille, affinché abbia la notizia della morte del suo amico.

Libro XVIII

Antiloco porta la notizia. Appresa la perdita di Patroclo, in Achille nasce un nuovo e più fiero dolore, una nuova e più fiera ira, che cancella la prima e la sostituisce. I lamenti di Achille attirano la madre Teti. Alla madre dichiara di desiderare una sola cosa: la morte di Ettore. Non importa vivere o morire. Teti sa benissimo che non sopravviverà a lungo ad Ettore, ma quello che importa ora è fornirgli nuove armi. Promette al figlio che l'indomani avrà quello che gli serve direttamente da Efesto, l'armaiolo divino.
Nella piana gli achei battono nuovamente in ritirata. Aiace il grande e Aiace di Locride, si alternano senza posa alla guardia del copro di Patroclo.
Era manda un messaggio ad Achille. Anche se non può combattere, Achille deve mostrarsi in battaglia, affinché i suoi amici possano contare sulla sua presenza, rafforzandone lo spirito.
Achille ritorna in battaglia, vi ritorna senza armi, rivestito da Atena con un manto splendente: l'eroe sembra un dio.
Si alza sopra ad un rialzo ed emette un triplice urlo e per tre volte Atena gli fa eco; i cavalli dei nemici drizzano la criniera per lo spavento e volgono in fuga verso Troia, portando con se rovinosamente carri e armati.
Gli achei approfittano della confusione respingendo i troiani. Il corpo di Patroclo viene posto al sicuro. Era ordina ad Elio di tramontare, affinché l'oscurità giunga prima.
Ettore, vista la presenza di Achille, decide di ritornare all'interno delle mura, nonostante l'opposizione di Polidamente. Durante la notte i troiani si riprenderanno, e al levar del giorno, ricominceranno la lotta.
Efesto ha pronte le nuove armi e le consegna a Teti.

Libro XIX

Siamo nel ventisettesimo giorno: la quarta ed ultima battaglia. Teti trova Achille con il corpo di Patroclo tra le braccia. L'eroe ringrazia la madre per la nuova armatura. Teti chiede ad Achille di riprendere ora il combattimento, promettendo che il corpo dell'amico non si corromperà. Al suo ritorno, Patroclo avrà le onoranze funebri che gli spettano.
Achille e Agamennone si sono riconciliati. Ulisse chiede che i soldati possano mangiare, ma era Patroclo che si occupava di ciò e per questo Achille rifiuta di mangiare.
Zeus si chiede se ciò sia normale ed avverte Atena. La dea si reca presso Achille e gli infonde la forza divina.
Achille sale sulla biga e parla dolcemente ai suoi cavalli. Lo riporteranno indietro o rimarrà anche lui sul campo di battaglia? Era da voce ad uno dei cavalli: «È Apollo che ha ucciso Patroclo, anche se il fatto è attribuito ad Ettore. Anche lui morirà, per ordine di un dio». Achille risponde, sa che la sua vita è alla fine, ma prima deve dare battaglia ed uccidere il principe di Troia.

Libro XX

Zeus raduna gli dei sull'Olimpo. Ora è libero da ogni promessa, si limiterà a guardare. Le altre divinità hanno campo libero, potranno intervenire come meglio vorranno.
Era, Atena, Ermes, Poseidone ed Efesto si schierano con gli achei, Ares, Artemide, Apollo, Afrodite, Leto e il dio del fiume Scamandro con i troiani.
Apollo si avvicina ad Enea, esitante nel battersi con Achille, con cui già si è battuto, rischiando la vita. Apollo gli ricorda che è figlio di Afrodite e lo incoraggia a lanciare una sfida ad Achille. Il colpo mortale di Enea non supera la corazza di Efesto, anzi, ancora una volta sta per essere ucciso da Achille, se non fosse per Poseidone che lo salva: per lui è pronta una nuova vita.
Apollo parla anche a Ettore, raccomandandogli di non affrontare Achille, che in questo momento è più forte di lui. Ettore segue l'avvertimento, fino a quando Achille non gli uccide il fratello Polidoro. Si precipita verso Achille e lo sfida. Achille è compiaciuto ed Atena è al suo fianco. Ettore gli lancia contro il giavellotto, ma Atena ne devia la traiettoria mortale. Achille si getta su di lui, ma Apollo lo afferra, lasciando al suo posto una nube opaca. Achille urla di rabbia alla vista di Apollo che aiuta il suo nemico, passando sotto silenzio l'aiuto offertogli dalla sua protettrice.
Privato della vittima, Achille si sfoga su chiunque gli sta intorno, massacrando senza pietà.

Libro XXI

La furia di Achille fa strage, metà delle truppe troiane vengono ricacciate al di là del fiume Scamandro, sul quale veglia il dio Xanto.
Per ordine di Achille, i Mirmidoni massacrano in gran quantità le truppe troiane sulle sponde del fiume. Xanto è offeso, manda sui Mirmidoni alte onde, che li obbligano ad indietreggiare.
Achille fatica a passare tra la moltitudine di corpi. Era chiede aiuto ad Efesto, che manda un fuoco sulla pianura, bruciando tutti i cadaveri. Terra ed acqua si riscaldano, per evitare pericoli Xanto è costretto a richiamare le acque nell'alveo del fiume.
Intanto gli dei si battono fra loro. Atena fa cadere Ares gettandogli una pietra addosso. Afrodite accorre in aiuto del figlio, ma Atena le assesta un colpo al petto. Quindi Atena ed Era si ricongiungono, rallegrandosi a vicenda. Ora è Poseidone che sfida Apollo, che calmo gli risponde che gli dei non combattono tra loro. Artemide lo copre di scherno, accusandolo di vigliaccheria.
Approfittando della confusione, Era assale Artemide, le strappa l'arco e con questo la colpisce. Artemide fugge, demoralizzata.
Priamo osserva dalla città, vedendo i troiani ritirarsi, fa aprire le porte affinché vi trovino scampo. Apollo ispira in Agenore il coraggio di affrontare Achille. Agenore gli si para davanti e gli lancia la spada, ma ancora una volta l'armatura divina gli salva la vita. Achille gli si scaglia contro, ma Agenore indietreggia e ritorna in città. Achille lo insegue, ma le porte gli si chiudono davanti.
I troiani ancora vivi sono in salvo. Tutti tranne uno: Ettore. L'eroe è di fronte alla porta Scea, deve battersi con Achille, lo sa. Priamo lo implora di mettersi in salvo, ma nonostante le sue suppliche e le lacrime di Ecuba, Ettore attende Achille.

Libro XXII

Achille sta inseguendo Agenore, ma quando il guerriero si ferma e si volta, si accorge che non è lui, ma Apollo. Con questo stratagemma ha permesso al guerriero troiano di mettersi in salvo. Ma ora Achille torna indietro e va verso le mura di Troia, dove lo attende Ettore.
Ettore vedere avvicinarsi Achille, protetto dalla sua armatura invincibile e si perde d'animo. Si mette a correre lungo le mura, inseguito da Achille. Gli dei assistono alla scena, Zeus non si oppone al disegno di Atena, che vuol far pendere la bilancia a favore del suo eroe. La dea appare ad Ettore, sotto le forma del fratello, Deifobo, e lo convince a fermarsi e a battersi, visto che ha percorso già tre volte il giro delle mura.
Dalle mura assistono i troiani, mentre gli achei assistono dal campo, schierati in fila, come un muro di bronzo.
La vittoria di Achille è scontata, egli non combatte da solo. Insulta Ettore morente, giurando che non permetterà che i troiani rendano gli onori funebri alla sua salma. Nell'ultimo respiro, Ettore avverte Achille, anche la sua ora sta per arrivare. Tra non molto, Apollo e Paride, chiederanno conto di quanto ha fatto, proprio lì, dove sta morendo.
La famiglia reale vede Ettore morire, e con orrore, le mutilazioni che la ira di Achille provoca sul suo corpo. Achille trafigge i talloni di Ettore, lega i piedi e attacca la corda alla propria biga. Vi sale sopra e trascina il corpo del principe per tutto il campo di battaglia, con la testa nella polvere. Il vecchio Priamo si precipita alle porte della città, nel tentativo di fermare Achille, ma il popolo lo trattiene.
[modifica]

Libro XXIII

Achille getta il corpo di Ettore ai piedi di quello di Patroclo. Agamennone lo prega di venire a mangiare con lui e con gli altri capi achei, facendogli preparare dell'acqua bollente per ripulirsi del sangue della battaglia. Achille non vuole, non farà niente, finché Patroclo non avrà ottenuto le onoranze funebri. Quindi, stremato, si addormenta.
In sogno gli compare Patroclo, che gli chiede di assicurarsi che le sue ceneri e quelle di Achille, vengano chiuse in una stessa urna, perché possano restare di nuovo insieme. Nel sonno cerca di abbracciare l'amico tanto amato, ma si sveglia in solitudine.
Davanti al rogo funebre, Achille giura che il suo uccisore non riceverà le onoranze funebri e che il suo corpo sarà gettato in pasto ai cani.

Libro XXIV

Il furore di Achille non accenna a concludersi. L'eroe piange e trascina attorno alla tomba il corpo di Ettore. Il suo corpo rimane luminoso, protetto da Apollo, che impedisce alla morte di aver presa su di lui. Dall'Olimpo gli dei assistono con animo afflitto.
Unica è Era, che non riesce a perdonare Paride e i troiani. Ermes propone di portar via il corpo di Ettore, ma nessuno risponde. Apollo li rimprovera con parole aspre e scoppia una lite tra lui ed Era. Interviene Zeus, che fa venire Teti, informandola che la condotta del figlio spiace agli dei. Che faccia quindi in modo di fermare Achille, facendogli restituire il corpo alla famiglia. Teti obbedisce e va dal figlio.
Iris viene mandata a Troia, per suggerire a Priamo di offrire un riscatto in cambio del corpo del figlio. Priamo è d'accordo ed annuncia ad Ecuba la decisione presa. La regine è sgomenta, convinta com'è che Achille ucciderà anche il suo sposo. Nulla potrà trattenere Priamo, che Achille lo uccida pure, a lui poco importa, basta che riesca a stringere il corpo del figlio prima di morire.
Ordina quindi ai figli di radunare un tesoro per il riscatto e lo fa caricare sulla biga. Ecuba offre al marito una coppa d'oro, che faccia almeno un sacrificio a Zeus offrendogli del vino, affinché lo faccia tornare incolume. Zeus gradisce il sacrificio e lo fa capire facendo volteggiare un'aquila sopra la città.
Fiducioso Priamo si incammina, guidato da Ermes travestito da mirmidone arriva alla tenda di Achille. Colpito dal coraggio del vecchio re, Achille lo tratta con rispetto. Poiché Teti glielo ha chiesto, renderà il cadavere al padre.
Il comportamento di Priamo lo commuove, quando Priamo dice di non aver dormito dalla morte del figlio, Achille gli offre il modo di riposarsi.
Nella notte Ermes sveglia Priamo, non deve riposare tra i nemici. Il re guida il corteo e rientrano nella città al sopraggiungere dell'alba. Cassandra li vede arrivare dalla mura e lo annuncia alla popolazione. Viene preparato il rogo funebre per Ettore.
Il popolo troiano piangerà il suo principe per nove giorni.
Il poema finisce con questi atti di misericordia, in un sentimento di universale pietà e infelicità.

 

Fonte: http://www.medialeonardo.it/materialifranco/Iliade/Iliade%20-trama.doc

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