Aids cause sintomi trasmissione contagio

 


 

Aids cause sintomi trasmissione contagio

 

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AIDS

 

La Sindrome da ImmunoDeficienza Acquisita, (Acquired Immune Deficiancy Syndrome) altrimenti nota come AIDS, rappresenta lo stadio clinico terminale dell’infezione da parte del virus dell’immunodeficienza umana (Hiv).
Per sindrome, in medicina, si intente un insieme di sintomi che si manifestano nello stesso tempo nello stesso paziente.
Per immunodeficienza si intende una grave compromissione del sistema di difesa immunitario, che è indispensabile ad ogni essere umano per difendersi dalle infezioni e dai tumori in particolare.
Il termine acquisita, infine, indica che la malattia si è verificata dopo la nascita.
Il virus HIV quindi attacca il sistema immunitario del paziente che non è più in grado di difendersi dalle comuni malattie e dai tumori, ed è destinato alla morte.
Nel caso specifico dell'Hiv, le cellule bersaglio sono particolari cellule del sistema immunitario, fondamentali nella risposta adattativa contro svariati tipi di agenti patogeni. L'infezione da Hiv provoca quindi un indebolimento progressivo del sistema immunitario (immunodepressione), aumentando il rischio di infezioni e malattie – più o meno gravi - da parte di virus, batteri, protozoi e funghi, potenzialmente letali alla lunga distanza, e che in condizioni normali potrebbero essere curate più facilmente.
L’AIDS è stata riconosciuta come malattia nel 1981 negli USA e, con ogni probabilità, si tratta di un’epidemia che ha avuto origine dell’Africa equatoriale.
Secondo dati aggiornati al 2002, il virus HIV ha infettato più di 42 milioni di persone, delle quali la metà sono morte.
Il virus HIV è contenuto in grandi quantità nel sangue, nello sperma e nelle secrezioni vaginali delle persone infette; sono state trovate piccole quantità di virus anche nelle urine, nella saliva, nel sudore e nelle lacrime ma in quantità tali da non giustificare la preoccupazione per l’eventuale infezione.

 

Le fasi della malattia
Dopo essere entrata in contatto con l'Hiv, una persona può diventare sieropositiva e cominciare così a produrre anticorpi diretti specificamente contro il virus, dosabili nel sangue. La sieropositività implica che l'infezione è in atto (l’individuo che è stato contagiato dal virus ma che non ha ancora alcun sintomo della malattia) e che è dunque possibile trasmettere il virus ad altre persone. La comparsa degli anticorpi, però, non è immediata. Il tempo che intercorre tra il momento del contagio e la comparsa nel sangue degli anticorpi contro l'Hiv è detto “periodo finestra” e dura mediamente 4-6 settimane, ma può estendersi anche fino a 6 mesi. Durante questo periodo, anche se la persona risulta sieronegativa è comunque in grado di trasmettere l'infezione.
Da sieropositivi, è possibile vivere per anni senza alcun sintomo e accorgersi del contagio solo al manifestarsi di una malattia. Sottoporsi al test della ricerca degli anticorpi anti-Hiv è, quindi, l’unico modo di scoprire l’infezione.
Un caso famoso è stato quello di Earvin “Magic” Johnson che, nonostante abbia ammesso di essere stato infettato dal virus HIV ha continuato a svolgere la sua carriera di giocatore di basket per molti anni, in quanto privo di malattie o sintomi tali da impedirgli la pratica sportiva ad altissimi livelli e senza che ciò costituisse alcun rischio per tutti gli altri con cui ha continuato a giocare.
Il periodo di incubazione può durare anche diversi anni, fino a quando la malattia non diventa clinicamente conclamata a causa dell'insorgenza di una o più infezioni. A provocarle sono agenti patogeni che normalmente non riescono a infettare le persone sane, ma soltanto persone con un sistema immunitario fortemente compromesso. Gli agenti principali sono:

  • protozoi, uno dei quali è responsabile di una particolare forma di polmonite che provoca la toxoplasmosi, malattia che colpisce il cervello, l'occhio e raramente il polmone;
  • batteri, soprattutto quello responsabile della tubercolosi;
  • virus, tra cui Herpes;
  • funghi.
  • Nella fase conclamata dell'Aids si possono sviluppare diverse forme di tumore.

Vie di trasmissione
Esistono tre diverse modalità di trasmissione dell’Hiv: per via ematica, per via sessuale e per via materno-fetale.

La trasmissione per via ematica avviene con stretto e diretto contatto fra ferite aperte e sanguinanti e scambio di siringhe con un sieropositivo Durante le prime fasi dell’epidemia, quando erano minori anche l conoscenze sui sistemi di diffusione del virus, diverse persone sono state contagiate dall'Hiv in seguito a trasfusioni di sangue o alla somministrazione di suoi derivati. A partire dal 1985 questo tipo di trasmissione dell'infezione è stato praticamente eliminato, grazie a un maggiore controllo delle unità di sangue, al trattamento con calore degli emoderivati e alla selezione dei donatori, ma anche a un minor ricorso a trasfusioni inutili e ad un maggiore utilizzo dell’autotrasfusione.
La trasmissione attraverso il sangue rappresenta, invece, la principale modalità di contagio responsabile della diffusione dell’infezione nella popolazione dedita all’uso di droga per via endovenosa. L’infezione avviene a causa della pratica, diffusa tra i tossicodipendenti, di scambio della siringa contenente sangue infetto. Possono essere infatti veicolo di trasmissione dell’Hiv anche aghi usati, e in questo senso sarebbe opportuno sottoporsi ad agopuntura, mesoterapia, tatuaggi e piercing utilizzando aghi monouso e sterili. Con la stessa modalità è possibile la trasmissione sia dell’Hiv che di altri virus tra i quali quelli responsabili dell’epatite B e C, infezioni anch’esse molto diffuse tra i tossicodipendenti.

La trasmissione sessuale è nel mondo la modalità di trasmissione più diffusa dell’infezione da Hiv. I rapporti sessuali, sia eterosessuali che omosessuali, non protetti dal profilattico possono essere causa di trasmissione dell’infezione. Trasmissione che avviene attraverso il contatto tra liquidi biologici infetti (secrezioni vaginali, liquido pre-eiaculatorio, sperma, sangue) e mucose durante i rapporti sessuali. La trasmissione è possibile anche se le mucose sono integre.
Ovviamente, tutte le pratiche sessuali che favoriscono traumi possono provocare un aumento del rischio di trasmissione. Per questo motivo i rapporti anali sono a maggior rischio, perché la mucosa dell'ano è più fragile e meno protetta di quella vaginale. Ulcerazioni e lesioni dei genitali causate da altre patologie possono inoltre far aumentare il rischio di contagio.
 Il coito interrotto non protegge dall'Hiv, così come l'uso della pillola anticoncezionale, del diaframma e della spirale. Le lavande vaginali, dopo un rapporto sessuale, non eliminano la possibilità di contagio.

Hiv e gravidanza
La trasmissione da madre a figlio, o verticale, può avvenire durante la gravidanza, durante il parto, o con l’allattamento. Il rischio per una donna sieropositiva di trasmettere l’infezione al feto è circa il 20%. Oggi è possibile ridurlo al di sotto del 4% somministrando zidovudina (Azt, primo farmaco usato contro l’Hiv) alla madre durante la gravidanza e al neonato per le prime sei settimane di vita. Per stabilire se è avvenuto il contagio il bambino deve essere sottoposto a controlli in strutture specializzate per almeno i primi due anni di vita.
Tutti i bambini nascono con gli anticorpi materni. Per questa ragione, il test Hiv effettuato sul sangue di un bambino nato da una donna sieropositiva risulta sempre positivo. Anche se il bambino non ha contratto l’Hiv, gli anticorpi materni possono rimanere nel sangue fino al diciottesimo mese di vita, al più tardi entro i due anni. Il bambino viene sottoposto a test supplementari per verificare se è veramente portatore del virus o se ha ricevuto solo gli anticorpi materni.

 

Strategie di prevenzione
Poche semplici precauzioni possono ridurre, o addirittura annullare, il rischio di infezione da Hiv. Per evitare la trasmissione dell’infezione per via ematica:

  • evitare l’uso in comune di siringhe e aghi per l’iniezione di droghe
  • non sottoporsi ad agopuntura, mesoterapia, tatuaggi e piercing se gli aghi utilizzati non sono monouso o non sono stati sterilizzati
  • per gli operatori sanitari, fare attenzione nel maneggiare e utilizzare aghi e altri oggetti taglienti
  • per i medici, incoraggiare l’uso di autotrasfusioni e conformarsi in maniera rigida alle indicazioni per le trasfusioni di sangue: le donazioni di sangue vanno sempre sottoposte al test per l'Hiv, né devono donare sangue, plasma, sperma, organi per trapianti, tessuti o cellule le persone che abbiano avuto comportamenti a rischio.

Per evitare la trasmissione dell’infezione per via ematica sessuale:

  • avere rapporti sessuali mutuamente monogamici con un partner che non sia infetto
  • eventualmente, astenersi dai rapporti sessuali
  • nel caso di rapporti occasionali (vaginali, orogenitali o anali), utilizzare il profilattico.

L’uso corretto del profilattico può infatti annullare il rischio di infezione durante ogni tipo di rapporto sessuale con ogni partner. Nei rapporti sessuali il preservativo è l'unica reale barriera protettiva per difendersi dall'Hiv. Non vanno usati lubrificanti oleosi perché potrebbero alterare la struttura del preservativo e provocarne la rottura. È necessario usare il preservativo all’inizio di ogni rapporto sessuale (vaginale, anale, orogenitale) e per tutta la sua durata. Anche un solo rapporto sessuale non protetto potrebbe essere causa di contagio.
Per un uso corretto del profilattico è importante:
leggere le istruzioni accluse
indossarlo dall’inizio alla fine del rapporto sessuale
usarlo solo una volta
srotolarlo sul pene in erezione, facendo attenzione a non danneggiarlo con unghie o anelli
conservarlo con cura: lontano da fonti di calore (cruscotto dell'auto ed altro) e senza ripiegarlo (nelle tasche, nel portafoglio).
La pillola, la spirale e il diaframma sono metodi utili a prevenire gravidanze indesiderate, ma non hanno nessuna efficacia contro il virus dell’Hiv.

 

Come non si trasmette il virus
Il virus non si trasmette attraverso:
strette di mano, abbracci, vestiti, baci, saliva, morsi, graffi, tosse, lacrime, sudore, muco, urina e feci
bicchieri, posate, piatti, asciugamani e lenzuola, punture di insetti.
Il virus non si trasmette frequentando:
palestra, piscina, docce, saune e gabinetti, scuole, asili e luoghi di lavoro, ristoranti, bar, cinema e locali pubblici e mezzi di trasporto.

 

Il test dell'Hiv
Per sapere se si è stati contagiati dall’Hiv, è sufficiente sottoporsi al test specifico per la ricerca degli anticorpi anti-Hiv (test Elisa anti-Hiv) che si effettua attraverso un normale prelievo di sangue. Il test anti-Hiv è in grado di identificare la presenza di anticorpi specifici che l’organismo produce nel caso in cui entra in contatto con questo virus. Se si sono avuti comportamenti a rischio è bene effettuare il test al termine del sesto mese dall’ultimo rischio di contagio (periodo finestra), poiché gli anticorpi anti-Hiv possono presentarsi anche entro sei mesi di distanza dall’esposizione al contagio.
Bisogna tenere presente che durante il cosiddetto “periodo finestra” (periodo di tempo che va dal momento del contagio a quello della comparsa degli anticorpi) è comunque possibile trasmettere il virus pur non risultando positivi al test.

La Legge italiana (135 del giugno 1990) garantisce che il test sia effettuato solo con il consenso della persona. Il test non è obbligatorio, ma se si sono avuti comportamenti a rischio sarebbe opportuno effettuarlo.
Per eseguire il test, nella maggior parte dei servizi sanitari, non serve ricetta medica, è gratuito e anonimo. Le persone straniere, anche se prive del permesso di soggiorno, possono effettuare il test alle stesse condizioni del cittadino italiano.
Per la sicurezza del neonato, tutte le coppie che intendono avere un bambino dovrebbero valutare l’opportunità di sottoporsi al test. La legge prevede che il risultato del test venga comunicato esclusivamente alla persona che lo ha effettuato.
Sapere precocemente di essere sieropositivi al test dell’Hiv consente di effettuare tempestivamente la terapia farmacologica che permette oggi di migliorare la qualità di vita e vivere più a lungo.

 

Le terapie
Oggi i medici propongono la terapia Haart (Higly Active Anti-Retroviral Therapy) contro l'infezione da Hiv alle persone sieropositive, sulla base dei cosiddetti "valori" dei linfociti CD4 (cellule del sistema immunitario) e della carica virale (numero di particelle di Hiv nel sangue) che misura la velocità di replicazione dell'infezione.
La terapia è in genere composta da più farmaci antiretrovirali che permettono di ridurre la carica virale e migliorare la situazione immunitaria. Il medico potrà spiegare meglio quali sono le varie possibilità terapeutiche, i possibili effetti collaterali, le modalità di assunzione dei farmaci. Nel 1987 è stato introdotto il primo farmaco antiretrovirale, la zidovudina (Azt), in grado di inibire l'attività della trascrittasi inversa, fondamentale per la replicazione dell'Hiv. A questa molecola hanno fatto seguito altre con meccanismo d'azione simile. Successivamente si sono aggiunti il 3tc e il D4t, come farmaci sinergici rispetto all'azione dell'Azt, ma anche altri inibitori della trascrittasi inversa, come la nevirapina e l'efavirenz, che agiscono con un diverso meccanismo.

Nel 1997 è stata introdotta una nuova categoria di farmaci, gli inibitori della proteasi (come l'amprenavir), capaci di ostacolare l'enzima virale necessario per completare la sintesi del rivestimento esterno del virus.
A causa della forte tendenza dell'Hiv a mutare (la trascrittasi inversa è un enzima che spontaneamente introduce degli errori nel genoma virale), è necessario non soltanto trovare farmaci sempre nuovi, ma anche adottare delle terapie combinate. In questo modo si cerca di ridurre al minimo o quantomeno di ritardare l'insorgenza di ceppi virali multiresistenti. 
Sono inoltre in sperimentazione classi di farmaci mirate alla stimolazione e al supporto del sistema immunitario, piuttosto che a una diretta azione antivirale. Accanto a farmaci, sono in corso molti studi in diversi laboratori in tutto il mondo per mettere a punto un vaccino efficace, che possa associare a una azione preventiva anche una possibile azione terapeutica.
Nei Paesi occidentali i successi terapeutici contro l'Aids sono dunque in gran parte dovuti ai risultati ottenuti dalla ricerca scientifica che ha consentito di individuare farmaci dotati di potente attività antivirale.
Occorre tuttavia tenere ben presente che le attuali strategie terapeutiche non consentono la guarigione dall'infezione ma permettono di tenerla sotto controllo. È quindi essenziale individuare nuove strategie terapeutiche con meccanismi di azione diversi da quelli di cui oggi disponiamo.

 

Fonte:http://www.isgallarate.it/public/sys.insegnanti/MaterialeDidattico/173648AIDS.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Aids cause sintomi trasmissione contagio

 

L’AIDS COS’E’
di Paolo Spagnolli
Settembre 2002

 

L'AIDS è una malattia complessa caratterizzata dalla perdita delle difese immunitarie dell'organismo umano a causa dell'azione di un virus specifico, l'HIV (Virus Immunodeficienza Umana).
Le persone infette sono molto più facilmente esposte a malattie che l'organismo sarebbe normalmente in grado di combattere, così queste patologie diventano gravi e mortali.
Allo stato attuale delle conoscenze non c'è nessun tipo di cura che possa sconfiggere l'AIDS. Esistono, tuttavia, diversi farmaci o associazioni di farmaci che possono rallentare notevolmente l'evoluzione dell'infezione da HIV e la progressione della malattia. Sono disponibili anche farmaci efficaci per combattere le principali infezioni opportunistiche che si sviluppano nell’ammalato di AIDS, proprio per le ridotte difese immunitarie.

 

Siero positivo: che cosa significa

 

Esistono una serie di  esami del sangue che rivelano la presenza  del virus HIV.
La positività dei test indica che l'individuo è stato contagiato dal virus HIV (sieropositività). Tale sieropositività, se non si accompagna ai sintomi legati all'infezione HIV, non significa malattia (AIDS). Il soggetto sieropositivo può però trasmettere il virus ad altre persone.
La comparsa di anticorpi in quantità rilevabili avviene, in media, due mesi dopo il contatto con il virus. In questo periodo il soggetto può risultare sieronegativo pur essendo infetto e contagioso.
   Per l'identificazione dell'infezione da HIV sono disponibili varie metodiche, basate sulla identificazione degli anticorpi prodotti dal sistema immunitario contro l'HIV (metodiche sierologiche) oppure sulla ricerca di antigeni e molecole del virus stesso (metodiche virologiche).
Ai fini della diagnosi di infezione attualmente vengono utilizzati il test ELISA ed il test Western-Blot:

Test Immunoenzimatico (ELISA)
E' la metodica utilizzata per il test di screening, in quanto di facile esecuzione e di costo limitato. Questo test ricerca gli anticorpi prodotti contro alcuni antigeni virali, in particolare glicoproteina 41 e gp120, che dopo una prima infezione restano nell'organismo per tutta la vita. Il test ha una sensibilità di oltre il 95%, ma in alcuni casi si possono avere delle risposte errate:
- falsi positivi: il test risulta positivo in assenza di infezione. Può succedere in persone con malattie che alterano la funzione del sistema immunitario portando alla produzione di anticorpi anomali (es.: leucemie, linfomi, malattie autoimmuni, gravi epatopatie, ecc.);
- falsi negativi: il test risulta negativo anche se l'infezione è presente. Può succedere in persone che si sono infettate molto recentemente, ma nelle quali non si sono ancora formati gli anticorpi che reagiscono con il test; questo avviene solitamente nelle prime settimane (o mesi) dopo il contagio, e questo intervallo di tempo prende il nome di periodo finestra.
Per questi motivi un test negativo va sempre ripetuto fino ad almeno 6 mesi dopo un evento a rischio di contagio, ed un test positivo richiede sempre l'esecuzione di un altro test di conferma.
   Western Blot (WB)
E' un test dotato di maggiore specificità e sensibilità, utilizzato per confermare la positività di un test ELISA. Questa metodica permette di evidenziare la presenza di anticorpi diretti contro le maggiori proteine virali: il test viene definito positivo quando sono presenti almeno 2 degli anticorpi principali; se il test risulta dubbio o indeterminato va ripetuto dopo alcuni mesi.
   Vi sono poi metodiche basate sulla ricerca di antigeni o componenti virali, che vengono solitamente utilizzate non a fini diagnostici ma per il monitoraggio dell'andamento dell'infezione, in particolare in corso di terapia antiretrovirale:
   Antigenemia p24
La proteina p24 è un antigene del core virale, e la sua presenza nel sangue indica uno stato di attiva replicazione del virus. La positività dell'antigenemia p24 è più frequente nel periodo successivo al contagio e nelle fasi più avanzate della malattia. Questo test attualmente non viene più eseguito, in quanto superato per sensibilità dalla ricerca dell'RNA virale.
   Viremia (HIV-RNA)
Consente di ricercare molecole di RNA virale, la cui quantità nel sangue è direttamente proporzionale al grado di attività replicativa del virus. La viremia viene espressa in numero di copie di HIV-RNA per ml; ci sono vari tipi di test che possono essere utilizzati per la determinazione della viremia:
Q-PCR (Quantitative Polymerase Chain Reaction): noto con il nome di Amplicore Monitor Test (Roche), è la metodica più diffusa, ed ha un range di sensibilità tra 300 e 1.000.000 di copie;
   Nella pratica clinica questo test viene oggi impiegato principalmente per due scopi: la stadiazione dell'infezione ed il monitoraggio della risposta alla terapia antiretrovirale. Viene anche utilizzato per la diagnosi precoce di infezione in particolari situazioni, quali le esposizioni accidentali negli operatori sanitari e la trasmissione materno-fetale.
3.2 Trasmissione
   L'HIV è stato isolato in tutti i tessuti e liquidi biologici di un soggetto sieropositivo.Tuttavia la semplice presenza del virus in un materiale biologico non significa che il contatto con quello stesso materiale rappresenti un evento efficace per la trasmissione dell'infezione. Perché ciò avvenga è infatti importante che si verifichino due condizioni):
- una idonea via di trasmissione
- una adeguata quantità di virus
Una quantità di virus (carica virale) sufficiente a trasmettere l'infezione si può ritrovare solo in determinati liquidi biologici, quali sangue, liquido seminale, secreto vaginale e, in percentuale inferiore, nel latte materno  Altri materiali sono considerati a rischio solo se contaminati da sangue, in quanto la concentrazione di HIV è troppo bassa perché la trasmissione possa avvenire.
Pertanto l'HIV può essere trasmesso da persona a persona esclusivamente attraverso tre modalità:

  • Contatto con sangue infetto (trasfusioni, scambio di siringhe, contaminazione con aghi infetti);
  • Rapporti sessuali
  • Trasmissione verticale

   Un soggetto che ha contratto l'infezione in un modo, per esempio tramite contatto con sangue infetto, può trasmetterla per altra via, per esempio mediante un rapporto sessuale
Trasmissione sessuale
   La trasmissione sessuale dell'HIV rappresenta la modalità di contagio prevalente nel mondo, ed è il fattore maggiormente responsabile della rapida espansione dell'epidemia in Paesi asiatici quali l'India e la Tailandia.



   La probabilità di trasmissione dell'HIV per vari tipi di attività sessuali dopo un singolo contatto è stata calcolata utilizzando dati epidemiologici e modelli matematici.
Il rischio è decrescente per:
Rapporto anale non protetto
Rapporto genitale non protetto
Rapporto oro-genitale non protetto
Rapporto sessuale protetto
Rapporto oro-genitale protetto
Petting
Bacio profondo
Massaggi
   E' comunque difficile stabilire con certezza la percentuale di rischio di contagio in ogni singolo caso; infatti ci sono persone che si sono contagiate dopo un singolo rapporto, mentre altre non hanno contratto l'infezione anche dopo anni di rapporti con un partner sieropositivo.
   Ci sono comunque molti fattori che influenzano la possibilità che si verifichi effettivamente la trasmissione del virus
Fattori comportamentali:
- Numero di partners diversi
- Rapporti con persone ad alto rischio (prostitute, tossicodipendenti)
- Utilizzo del profilattico
- Tipo di rapporto
- Condizioni psichiche: l'utilizzo di droghe o alcolici  può infatti compromettere la capacità di giudizio, e quindi la consapevolezza di utilizzare adeguati strumenti di prevenzione in caso di rapporti a rischio.

  • Concomitante presenza di malattie sessualmente trasmesse:
    La presenza di altre malattie che interessano gli organi genitali, quali per esempio Condilomi, Herpes, lesioni ulcerative, ecc., favoriscono la trasmissione dell'HIV, per diversi motivi:
    - le lesioni sulla cute e sulle mucose costituiscono una comoda porta d'ingresso per il virus;
    - nelle zone infiammate c'è una elevata concentrazione di cellule bersaglio del virus, quali linfociti, monociti e macrofagi, per cui il virus trova subito un terreno ideale per la sua moltiplicazione;
    - i soggetti sieropositivi risultano maggiormente infettanti, in quanto nelle loro secrezioni sono presenti un maggior numero di particelle virali.
  • Fattori legati al singolo individuo:
    - Infettività: non tutti i soggetti sieropositivi sono infettanti allo stesso modo; la possibilità di trasmettere l'infezione infatti dipende anche dallo stadio dell'infezione e dalla quantità di virus presente nel sangue e nelle secrezioni genitali. In particolare la carica virale è solitamente più elevata nel periodo immediatamente successivo al contagio e nelle fasi più avanzate della malattia, ed è stato ampiamente dimostrato che l'infettività aumenta parallelamente all'incremento della carica virale
    - Resistenza all'infezione: per particolari caratteristiche genetiche e immunologiche alcuni individui sono particolarmente resistenti all'infezione, per cui non si contagiano anche se vengono esposti al virus .
  • Fattori legati al virus:
    - Carica virale: come detto prima, dipende essenzialmente dallo stadio dell'infezione e dalla terapia.
    - Genotipo virale: sono noti 17 genotipi diversi di HIV, e vari studi hanno dimostrato che alcuni di questi hanno una più elevata trasmissibilità per via sessuale, come per esempio il genotipo E, particolarmente diffuso in Tailandia.

NB: Questi fattori però non possono essere conosciuti a priori, per cui bisogna sempre considerare che può bastare anche un solo rapporto per contrarre l'infezione.
E' stato ampiamente dimostrato che il virus non è presente negli spermatozoi, ma si trova libero nel liquido seminale, oppure sotto forma di DNA provirale nel nucleo delle cellule mononucleate, anch'esse presenti nel liquido seminale. Per tale motivo è possibile ipotizzare la fecondazione artificiale nel caso di coppie discordanti, con uomo sieropositivo e donna sieronegativa. In Centri clinici specializzati viene infatti eseguito un particolare trattamento del liquido seminale, in grado di eliminare la parte potenzialmente infetta e di conservare invece gli spermatozoi, i quali vengono poi utilizzati per la fecondazione artificiale.
Trasmissione con il sangue
   L'HIV può essere trasmesso tramite trasfusione di sangue infetto o di emocomponenti preparati con sangue di una persona infetta. Infezioni secondarie ad emotrasfusioni erano descritte soprattutto prima del 1985, anno in cui si è reso disponibile il test per lo screening dei donatori. In seguito le segnalazioni di infezioni secondarie a trasfusione di sangue sono divenute sempre più rare; a ciò hanno contribuito diversi fattori, quali lo screening dei donatori, la ripetizione del test su tutte le unità di sangue prelevate, l'abolizione dei donatori professionali e l'educazione sanitaria dei donatori, in modo che questi evitino volontariamente la donazione se hanno avuto dei comportamenti a rischio.
   Recentemente (luglio 1999) in Australia è stato riportato un caso di infezione da HIV avvenuto tramite emotrasfusione, il primo dal 1985; il sangue proveniva da una donatrice che aveva donato il sangue durante il periodo finestra. Attualmente la Croce Rossa Internazionale stima che il rischio che avvenga un contagio con queste modalità sia di 1 caso ogni 1.200.000 trasfusioni, mentre nel 1995 i CDC di Atlanta riportavano un rischio di 1 ogni 500.000 trasfusioni.

Trasmissione parenterale
   La via parenterale è il modo più facile che ha il virus per poter essere trasmesso da un individuo all'altro; l'efficienza della trasmissione parenterale può infatti arrivare fino al 90%. Ciò è dovuto al fatto che il virus, arrivando direttamente nel torrente circolatorio, trova subito moltissime cellule bersaglio, rappresentate essenzialmente dalle cellule mononucleate (linfociti e monociti).
   Il fattore di rischio principale per la trasmissione parenterale dell'HIV è rappresentato senza dubbio dalla tossicodipendenza. Questa modalità di contagio è quella prevalente in Italia e in tutta l'Europa Occidentale. In Italia, soprattutto nelle grandi città del Nord, sono state descritte percentuali di sieropositività tra i tossicodipendenti di oltre il 60%. La trasmissione del virus tra i tossicodipendenti avviene principalmente tramite la contaminazione con sangue infetto di aghi e altri oggetti utilizzati per la preparazione della droga, i quali vengono spesso riutilizzati più volte e scambiati tra persone diverse. Uno studio condotto nel 1992, basato sull'impiego di un modello matematico costruito analizzando la presenza di HIV nel sangue residuo di siringhe utilizzate da tossicodipendenti sieropositivi, ha stimato in 1 ogni 150 iniezioni il rischio di contagio.
   Anche altre pratiche, come i tatuaggi ed il body piercing, sono a rischio per la trasmissione dell'HIV; infatti tali manovre vengono spesso eseguite da personale inesperto che ignora le corrette procedure di sterilizzazione degli aghi. Qualsiasi oggetto che superi l'integrità della barriera cutanea può essere infatti in grado di trasmettere infezioni quali l'HIV ed i virus dell'epatite, per cui tutti questi oggetti devono sempre essere adeguatamente sterilizzati.

Esposizione accidentale
   L'HIV è un virus poco resistente all'ambiente esterno, anche se in condizioni favorevoli può sopravvivere anche per due o tre giorni. L'essiccamento provoca una riduzione della carica virale di oltre il 90% in poche ore. In caso di ferita accidentale con materiale contaminato, perché avvenga effettivamente il contagio sono importanti vari fattori:
- Carica virale nel sangue residuo;
- Tipo di strumento con il quale avviene la contaminazione (per esempio una puntura con un ago cavo è più pericolosa della lesione con un ago pieno, in quanto il residuo di sangue è maggiore nel primo caso);
- Durata del contatto e profondità della lesione;
- Lesioni preesistenti dell'operatore e suo stato immunitario.
Complessivamente, dopo una esposizione accidentale con sangue contaminato il rischio di contrarre l'infezione è di circa lo 0,2-0,3%.

Trasmissione verticale
   L'HIV può essere trasmesso dalla madre al figlio. Questo può avvenire essenzialmente tramite tre modalità:
- durante la gravidanza attraverso la placenta (20-40%)
- durante il parto (40-70%)
- tramite l'allattamento (15-20%)
Per ridurre il rischio di infezione del neonato alle donne sieropositive viene solitamente praticato il parto cesareo e viene consigliato di non allattare. Uno studio, pubblicato nel 2000 su JAMA, condotto su una coorte di donne sieropositive del Kenia, ha dimostrato una riduzione fino al 44% della trasmissione verticale del virus nelle donne che non allattavano.
Complessivamente il rischio che il neonato resti contagiato è di circa il 15-25%, ma questa percentuale è stata notevolmente ridotta (fino a meno del 5%) con l'utilizzo di profilassi farmacologica durante la gravidanza e dopo il parto.
   Il rischio di trasmissione dell'infezione varia poi in base ad altri fattori legati alla madre, quali le condizioni cliniche generali, il livello di viremia, il numero di CD4+, la concomitante presenza di altre malattie sessualmente trasmesse.
   I bambini nati da madri sieropositive nascono anch'essi sieropositivi, in quanto gli anticorpi materni che identificano la sieropositività passano nel sangue del neonato durante la gravidanza. Poi, se il bambino non ha contratto l'infezione, questi anticorpi materni pian piano vengono smaltiti, per cui il bambino "diventa" sieronegativo. Se invece il bimbo ha contratto l'infezione, allora inizia a produrre anticorpi propri e quindi "resta" sieropositivo. Altra conferma della avvenuta infezione si può avere con la determinazione della carica virale (HIV-RNA).

Nella lista sottostante sono elencate le modalità attraverso le quali non si trasmette l'infezione.

- I comuni contatti sociali NON sono idonei alla trasmissione del virus; se così fosse le caratteristiche epidemiologiche dell'infezione sarebbero completamente diverse da quelle attuali.
- Un semplice bacio NON è a rischio per la trasmissione dell'HIV. L'unico ipotetico rischio è riferito al bacio profondo in presenza di lesioni sanguinanti del cavo orale.
- Una persona sieropositiva che ha dei colpi di tosse o degli starnuti NON è in grado di trasmettere l'infezione.
- Gli oggetti casalinghi quali le stoviglie NON sono idonei alla trasmissione del virus.
-NON c'è rischio di contrarre l'infezione frequentando piscine o bagni comuni. Il cloro uccide l'HIV, e la diluizione rende estremamente bassa la concentrazione del virus.
- Gli animali domestici NON trasmettono l'HIV; questo infatti è un virus che colpisce solo la specie umana.
- Le zanzare NON possono trasmettere il virus; se così fosse l'andamento dell'epidemia sarebbe stato molto diverso.  L'HIV non è in poi grado di sopravvivere all'interno dell'insetto, ed inoltre la zanzare succhia il sangue, non lo inietta.

 

http://www.assamicispagnolli.org/resoures/download/archivio/documenti/Altri/Italiaaidschecose.doc

autore: Paolo Spagnolli

 

VIRUS FREE TEST 2010 - RISPOSTE

 

1) Che differenza c’è tra HIV e AIDS?

  1. HIV è il nome del virus, AIDS è lo stadio in cui la malattia si manifesta.

Ci vogliono mediamente 10 anni perché l’HIV si manifesti in AIDS, ma per soggetti malnutriti può essere anche meno.

 

2) Come ci si può accorgere che una persona è positiva all’HIV?

  1. Solo con il test

Purtroppo, in Italia, il 60% dei pazienti scopre di essere sieropositivo solo nel momento in cui si manifesta l’AIDS. Per questo è importante diffondere la cultura del test.

 

3) Si può contrarre l'infezione da HIV usando lo spazzolino da denti di persone sieropositive?

  1. No, perché l'infezione da HIV si trasmette attraverso un contatto “diretto” con il sangue infetto.

Tuttavia è buona norma igienica non usare strumenti personali in comune, indipendentemente dalla conoscenza dello stato di sieropositività dell’altro.

 

4) Un figlio di due persone sieropositive nasce sieropositivo?
c) Di norma no, ma occorre ridurre il rischio con appositi trattamenti
I rischi maggiori di trasmissione si verificano al momento del parto e dell’allattamento, ma se la madre si sottopone al trattamento farmacologico con Antiretrovirali può salvare la vita del suo bambino. E’ questo il tema della campagna Cesvi “fermiamo l’AIDS sul nascere, che si concentra soprattutto sui progetti in Zimbabwe.

 

5) Esiste un vaccino contro l’AIDS?
c) No, ma sono in corso delle ricerche per trovarlo
IAVI è un partner internazionale di Cesvi che si dedica in particolare a promuovere la ricerca di un vaccino per l’AIDS. Per maggiori informazioni www.iavi.org

 

6) Qual è l’aspettativa di vita media di una persona sieropositiva?

  1. La stessa di una persona sana.

Se si sottopone alla cura con farmaci ARV. Negli anni ’80 l’AIDS era una malattia pressoché fatale, oggi, grazie ai progressi della medicina, una persona sieropositiva che si sottopone alle apposite cure farmacologiche ha un’aspettativa di vita uguale a quella di un soggetto sano.

 

7) Qual è la regione italiana con il più alto tasso di prevalenza?

  1. Emilia – Romagna

Con 9,5 casi ogni 100.000 residenti.

 

8) Qual è l’età media dei casi diagnosticati in Italia?

  1. 43 anni

Si calcola che i sieropositivi in Italia siano oggi circa 150.000, la cifra più alta tra i paesi dell’Europa Occidentale. La maggior parte non sa di essere positiva all’HIV.

 

9) Quante sono globalmente le persone affette da HIV/AIDS secondo i dati più recenti (UNAIDS 2007)?
c) 33 Milioni.
Il 69% vive nell’Africa Sub-Sahariana

 

10) Quale paese ha fatto registrare il più alto aumento nella vendita di preservativi?

  1. Brasile

70 Milioni nel 1993, 320 Milioni nel 1999

 

11) Quale uomo politico africano si è sottoposto pubblicamente al test per promuovere la prevenzione nel suo paese?

  1. Il Presidente sudafricano Zuma.

Anche in risposta al suo predecessore Mbeki, che aveva mostrato una pericolosa tendenza a negare il problema HIV/AIDS. Anche Zuma ha però un curriculum tutt’altro che limpido, avendo tra l’altro affermato in un’occasione che farsi una doccia dopo un rapporto poteva ridurre il rischio di contagio (cosa clamorosamente falsa). Il Sudafrica, che pure presenta indici di sviluppo paragonabili a quelli occidentali, è il paese che conta il maggior numero di sieropositivi al mondo: 5,7 Milioni, ossia il 18% della popolazione adulta.

 
12) Quanti tra i 15 paesi con la più alta prevalenza di HIV/AIDS si trovano in Africa?
C) 15
Cioè tutti. Il Paese con la prevalenza più alta al mondo è il piccolo regno dello Swaziland, situato tra Sudafrica e Mozambico: 26% della popolazione adulta.

 

13) Perché le donne sono particolarmente colpite, specialmente nei PVS e in Africa?

  1. Perché sono spesso costrette ad avere rapporti forzati dove non possono negoziare l’uso del preservativo
  2. Perché hanno meno accesso all’istruzione e faticano quindi ad assimilare i precetti della prevenzione.

qui ci sono due risposte giuste!

 

14) Quale celebre atleta ha dichiarato di essere sieropositivo sfidando tra i primi il tabù nel mondo dello sport?
C) Il giocatore di basket Magic Johnson

 

Per maggiori informazioni: www.cesvi.org
http://www.virusfreeday.it/pdf/VIRUS%20FREE%20TEST_RIDOTTO.doc

 

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