Beethoven

 

 

 

Ludwig van Beethoven vita opere riassunto

 

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Beethoven

 

Ludwig van Beethoven

Breve Biografia
Ludwig van Beethoven, nato a  Bonn, il 17 dicembre 1770 morto a  Vienna il  26 marzo 1827, è stato un compositore e pianista tedesco. Personalità inclassificabile, la sua arte si espresse in tutti i generi, e benché la musica sinfonica fosse la fonte principale della sua popolarità universale, è nelle opere per pianoforte e nella musica da camera che la sua influenza fu più considerevole.
Sebbene la sua  vita  fu segnata dal dramma della sordità, la sua musica celebra il trionfo dell’eroismo, della fratellanza tra i popoli e della gioia. Egli ha meritato nei primi anni del Novecento la celebre affermazione dello scrittore e Premio Nobel Romain Rolland «Egli è molto avanti al primo dei musicisti.  L’opera di Beethoven ha fatto di lui una delle figure più significative nella storia della musica.
La famiglia di Beethoven era di modeste condizioni e perpetuava una tradizione musicale da almeno due generazioni.Suo padre, Johan van Beethoven  era musicista e tenore alla Corte dell’Elettore. Uomo mediocre e brutale, dedito all’alcool, educò i suoi bambini con grande rigore.
La madre, Maria Magdalena van Beethoven, era nativa di Ehrenbreitstein, nei pressi di Coblenza e sposò in seconde nozze Johan van Beethoven.
Il 17 dicembre 1770 nella Chiesa di San Remigio di Bonn venne battezzato e registrato  il suo terzo figlio  con il nome di Ludovicus van Beethoven nel libro di battesimo. Non è possibile documentare con certezza la sua data di nascita che rimane generalmente accettata al 16 dicembre 1770.
Non passò molto tempo prima che Johan van Beethoven individuasse il dono musicale del figlio e tentasse di realizzare le sue doti eccezionali traendone il meglio per sé soprattutto dal lato economico. Pensando a Mozart bambino,  nel 1778 tentò di presentarlo come virtuoso di pianoforte attraverso la Renania, da Bonn a Colonia. Tuttavia mentre Leopold Mozart aveva dato prova di sottile pedagogia nell’educazione dei figli, Johan van Beethoven sembra essere stato capace soltanto di autorità e brutalità: pare che spesso, completamente ubriaco, costringesse Ludwig ad alzarsi da letto a tarda notte, ordinandogli di suonare il pianoforte o il violino per i suoi amici.
L’amicizia, iniziata sin dai tempi dell’infanzia, con il medico Franz Gerhard Wegeler gli schiuse le porte della casa della famiglia von Breuning, ai quali fu attaccato per tutta la vita. Helene von Breuning era la vedova di un consigliere di corte e richiedeva un insegnante di pianoforte per i propri figli. Ludwig, definito da Wegeler nelle sue memorie spesso stravagante e scontroso, venne trattato come un componente della famiglia, si ritrovò a perfetto agio e si mosse con disinvoltura in un ambiente intellettuale, fine e cordiale, dove si discuteva di arte e letteratura, e dove la sua personalità ebbe modo di svilupparsi con pienezza.
Nel 1784 viene nominato nuovo Principe elettore l’arciduca Maximilian Franz d’Asburgo, fratello dell’Imperatore Giuseppe II e Gran Maestro dell’Ordine Teutonico che, si occupa della nomina del nuovo Kapellmeister e nomina Ludwig, diventato ormai suo mercenario, al ruolo di secondo organista di corte con uno stipendio annuo di 150 fiorini. Nel 1789 s’iscrive all’Università di Bonn, fondata tre anni prima, per soddisfare quelle curiosità intellettuali indispensabili per chi, come lui, non si sente uno stipendiato di corte ma un artista indipendente. Beethoven venne notato dal conte Ferdinand von Waldstein e il suo ruolo si rivelerà determinante per il giovane musicista. Portò Beethoven una prima volta a Vienna nell’aprile 1787, soggiorno durante il quale avrebbe avuto un incontro fugace con Mozart, ma soprattutto, nel luglio 1792, presentò Beethoven a Franz Joseph Haydn il quale, appena reduce da una tournée in Inghilterra si era stabilito a Bonn. Dopo un concerto tenuto in suo onore, impressionato dalla lettura di una cantata composta da Beethoven, Haydn lo invitò a proseguire gli studi a Vienna sotto la sua direzione. Cosciente di ciò che rappresentava a Vienna l’insegnamento di un musicista della reputazione di Haydn fu quasi costretto ad accettare. Infatti, quasi privato dei suoi legami familiari a Bonn, Beethoven di fatto si era assunto il compito di essere a capo della famiglia a tutela dei fratelli Kaspar e Nikolaus. Con il permesso dell’elettore, che gli promise in ogni caso di conservargli il posto da organista e lo stipendio, la mattina del 3 novembre 1792 lasciò definitivamente Bonn e le rive del Reno per non farvi mai più ritorno, portando con sé una lettera di Waldstein rimasta famosa, nella quale il conte gli profetizzò, come in un ideale passaggio di consegne tramite Haydn, l’eredità spirituale di Mozart.
Alla fine del XVIII secolo, Vienna era la capitale incontrastata della musica occidentale e rappresentava la migliore possibilità per un musicista desideroso di fare carriera. Al suo arrivo, era ancora lontano dalla sua maturità artistica, cosa che lo distingueva fondamentalmente da Mozart e l’insegnamento di Haydn, per quanto di prestigio, risultò deludente sotto diversi aspetti. Infatti Beethoven si mise in testa rapidamente che il suo insegnante fosse geloso del suo talento ed Haydn non tardò ad irritarsi dinanzi all’indisciplina e all’audacia musicale del suo allievo.
Tuttavia Haydn esercitò un’influenza profonda e duratura sull’opera di Beethoven, che più tardi ebbe modo di riconoscere tutto ciò che doveva al suo insegnante.Nel suo studio conobbe inoltre un altro allievo, Antonio Casimir Cartellieri con il quale stringe rapporti di amicizia che durerà fino alla morte di quest’ultimo nel 1807. Terminato il suo apprendistato, Beethoven si stabilì definitivamente a Vienna. Poco dopo il suo arrivo era stato raggiunto dalla notizia della morte del padre, la fuga improvvisa del Principe elettore di Bonn, conquistata dall’esercito francese, gli fecero perdere sia la pensione del padre, che lo stipendio di organista. Le lettere di presentazione di Waldstein e il suo talento di pianista lo avevano fatto conoscere e apprezzare alle personalità dell’aristocrazia viennese, appassionata di opera lirica. Dopo aver pubblicato i suoi primi tre Trii per piano, violino e violoncello sotto il numero di opus 1, e quindi le sue prime Sonate per pianoforte, Beethoven diede il suo primo concerto pubblico il 29 marzo 1795 per la creazione del suo Concerto per pianoforte e orchestra n° 2 che fu di fatto composto per primo, all’epoca di Bonn.
Nel 1796 Beethoven intraprese un giro di concerti che lo condusse da Vienna a Berlino passando in particolare per Dresda, Lipsia, Norimberga e Praga. Se il pubblico lodò incondizionatamente il suo virtuosismo e la sua ispirazione al pianoforte, l’entusiasmo popolare gli valse lo scetticismo dei critici più conservatori, perlopiù rimasti seguaci di Mozart.
L’anno 1806 segnò una prima grande svolta nella vita del compositore. In gran segreto iniziava a prendere coscienza di una sordità che doveva irrimediabilmente progredire fino a diventare totale prima del 1820. Costretto all’isolamento per timore di dover rivelare in pubblico questa terribile verità, Beethoven si fece una triste reputazione di misantropo, della quale soffrì in silenzio fino al termine della sua vita. Cosciente dell’infermità che gli avrebbe impedito la carriera di pianista, dopo aver anche, per un momento, pensato al suicidio, si dedicò anima e corpo alla composizione.
In una lettera postuma indirizzata ai fratelli espresse tutta la sua tristezza e la fede nella sua arte.
Fortunatamente, la sua vitalità creatrice non si arrestò.
Tuttavia le difficoltà della sua condizione lo condussero ad una ulteriore evoluzione: privato della possibilità di esprimere tutto il suo talento si dedicò interamente alla composizione con un coraggio e una forza di carattere che si annunciava con l’eroismo trionfante della Terza Sinfonia.
Dopo il 1805, e nonostante il fallimento artistico del Fidelio, la situazione di Beethoven era tornata favorevole. In pieno possesso della sua vitalità creatrice, sembrò adattarsi al suo udito difettoso e trovare, almeno per qualche tempo, una vita sociale soddisfacente. Gli anni tra il 1806 e il 1810 furono quelli più fertili di capolavori.
Sul piano della vita sentimentale, Beethoven ha suscitato una notevole quantità di commenti da parte dei suoi biografi. Il compositore ebbe tenui relazioni con numerose donne, generalmente sposate, ma non conobbe mai quella felicità coniugale alla quale aspirava e della quale tesserà un’apologia nel Fidelio.
Mentre la sua situazione finanziaria diventava sempre più preoccupante, Beethoven cadde gravemente malato tra il 1816 e il 1817 e sembrò vicino al suicidio. Tuttavia, la sua forza morale e la ferrea volontà lo salvarono ancora una volta. Sempre più chiuso nell’introspezione e nella spiritualità, egli trovò la forza per superare queste prove e per cominciare l’ultimo periodo creativo che gli diede probabilmente le più grandi rivelazioni.
Il 2 dicembre 1826 ritornando a Vienna  su un carro scoperto e in una notte di pioggia, Beethoven contrasse una polmonite doppia da cui non doveva più risollevarsi.
Il 3 gennaio 1827 fa testamento, nominando il nipote Karl suo erede: il 23 marzo riceve l’estrema unzione e il giorno dopo perde conoscenza. Il 26 marzo 1827 Ludwig van Beethoven si spegne all’età di 56 anni. Nonostante Vienna non si occupasse più della sua sorte da mesi, i suoi funerali, svoltisi il 29 marzo, riunirono una processione impressionante di almeno ventimila persone.

 

Fonte: http://vincegit.altervista.org/alterpages/files/LudwigvanBeethovenbrevebiografia.doc

 

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Beethoven

 

Introduzione

Beethoven nacque a Bonn nel 1770 da una famiglia di musicisti che aveva difficoltà economiche, giacché il padre di Ludwig, Johann, era alcolizzato. Famiglia di musicisti, dicevo: il nonno di Ludwig van Beethoven, Ludwig  (pure lui si chiamava così), fu forse il primo musicista della famiglia. Egli lasciò la terra d’origine, ovvero le campagne fiamminghe, per recarsi a Bonn e stabilirvisi in qualità di strumentista della cappella arcivescovile. Il padre di Ludwig, Johann, fu stipendiato come tenore nella stessa cappella. Johann ebbe problemi e disordini psicologici, oltre che ristrettezze economiche, e –come anticipato- finì alcolizzato, morendo nel 1792.
Nello stesso anno 1792 Beethoven si trasferì a Vienna, dove morì nel 1827.
La biografia di Beethoven verrà riportata più tardi.
Beethoven è uno dei compositori e dei musicisti più importanti della storia della musica occidentale. Questo poiché egli fece da tramite tra il Classicismo (circa 1750-1800) e il Romanticismo (diciannovesimo secolo) musicali, esattamente come Josquin des Prez lo fu tra il Medioevo e l’età moderna (il Rinascimento in musica), Monteverdi tra il Rinascimento e il Barocco, Händel tra il Barocco e il Classicismo. Con questi compositori Beethoven condivide il fatto di avere al contempo portato all’apice, alla perfezione lo stile precedente e dato vita e il via ad un nuovo movimento stilistico, ponendone le basi musicali (quelle teoriche arrivano spesso dall’esterno, sovente da personaggi non musicisti, quali per esempio letterati e filosofi).
Per questo motivo conoscere almeno in parte Ludwig van Beethoven, ed in particolar modo la sua opera, è importante per chiunque voglia avere qualche conoscenza musicale, perlomeno della musica successiva al periodo in cui Beethoven visse, poiché tutta la musica successiva (e non solo quella “classica”, o “colta”) ne è rimasta influenzata.
La conoscenza della biografia di un compositore, in quest’ottica, è un elemento di secondaria importanza. Poiché però conoscere qualche aneddoto può essere divertente, riporto anche una piccola nota biografica di Beethoven, che può però benissimo essere trascurata dal lettore.

Biografia

Ludwig van Beethoven fu battezzato il 17 dicembre 1770 a Bonn. La sua famiglia era originaria del Brabante, in Belgio. Suo padre era musicista alla Corte di Bonn e, come detto, era un beone. Sua madre è sempre stata descritta come una donna dolce, modesta e premurosa. Beethoven diceva di lei che era " la sua migliore amica". La famiglia Beethoven ebbe sette bambini, ma solo tre ragazzi sopravvivettero; Ludwig era il maggiore dei fratelli.

Molto presto, Ludwig si interessò alla musica, e suo padre Johann gli diede la prima fondamentale istruzione musicale, quando ritornava a casa, dopo le prove o dopo essere stato alla taverna. Che il bambino manifestasse il dono della musica non lasciava nessun dubbio, e suo padre Johann pensò di farne un bambino prodigio, come fosse un novello Mozart.
Il 26 marzo 1778, all'età di 8 anni, Beethoven si presentò per la sua prima esibizione pubblica conosciuta, a Colonia. Per la circostanza suo padre dicharò che il giovanetto non aveva che sei anni . A causa di ciò, lo stesso Beethoven pensò sempre di avere due anni in meno della sua effettiva età; difatti, molti anni più tardi, quando riceverà a Vienna una copia del suo atto di battesimo, pensò che si trattasse dell' atto di battesimo di suo fratello Ludwig Maria, nato due anni prima di lui e deceduto in tenera età.
Ma le capacità pedagogiche e musicali del padre erano limitate. Ben presto Ludwig apprenderà la musica, in modo particolare organo e composizione, grazie a musicisti famosi come Gottlob Neefe. Quest' ultimo, particolarmente, si renderà conto delle capacità straordinarie di Beethoven. Facendogli conoscere, inoltre, grandi filosofi, antichi e moderni, Neefe introdurrà il giovane Beethoven allo spirito illuministico moderno.
Solamente nel 1782, a dodici anni, Beethoven pubblicò la sua prima opera: le 9 variazioni, in do minore per piano, su una marcia di Ernst Christoph Dressler (WoO 63). L' anno seguente, nel 1783 Neefe scrisse, nella " Rivista della musica" a proposito del suo alunno: " Se continua così, sarà sicuramente un nuovo Mozart ".
Nel giugno 1784, grazie alle raccomandazioni di Neefe, Ludwig è chiamato in qualità di organista, alla corte di Maximilian Franz, principe elettore di Colonia. Il compositore ha allora 14 anni.
Nella propria famiglia, Ludwig sostituisce finanziariamente suo padre che, spesso ubriaco, è sempre meno capace di lavorare e di assumere i suoi obblighi finanziari di padre di famiglia. Il giovane Beethoven si sentirà responsabile dei suoi due fratelli. Egli assumerà questa responsabilità per tutta la sua vita.
Cosciente egli anch' egli della predisposizione alla musica di Beethoven, Principe Maximilian Franz lo manda a Vienna a sue spese, nel 1787, per incontrare Mozart e rifinire la sua educazione musicale. Per quanto riguarda l' incontro tra Mozart e Beethoven, esistono solamente dei testi di veridicità incerta. Mozart avrebbe detto " non dimenticate questo nome, ne sentirete parlare ".
Ma una lettera richiamò Beethoven a Bonn: sua madre è morente. L'unica persona della sua famiglia con la quale era riuscito a creare dei legami affettuosi si spegne il 17 luglio 1787.
Cinque anni più tardi, nel 1792, Beethoven riparte per Vienna, Non rivedrà mai più la sua città natale.
A Vienna, il giovane musicista prende delle lezioni con Haydn, poi con Albrechtsberger e Salieri. Stupisce e seduce Vienna per la sua virtuosità e le sue improvvisazioni al pianoforte. Nel 1794, Beethoven compone la sua opus 1, i tre tri per Pianoforte, violino e violocello. L' anno seguente, Beethoven organizza la sua prima rappresentazione pubblica a Vienna durante la quale dirige le sue stesse opere.
Gli incontri che Beethoven ha a Vienna sono numerosi. Tutti gli esponenti della vita musicale e dell'aristocrazia ammirano il giovane compositore. Questi melomani saranno i più grandi mecenati e sostenitori di Beethoven. Il "Gran Mogol" , come lo definirà Haydn, si arrabbierà regolarmente con gli uni e gli altri, salvo fare poi autocritica e porgere le scuse a tutti. Il suo talento e la sua bontà d' animo scuseranno il suo comportamento eccessivo ed impulsivo.

Solo nel 1801 Beethoven confessa ai suoi amici di Bonn il timore di diventare sordo. A Heiligenstadt, nel 1802, redige un testo celebre dove spiega la sua ribellione al dramma che vive: lui, un musicista, sta per diventare sordo! Ma la musica lo richiama al lavoro, e così Beethoven si immerge nella composizione. Nascono così alcune opere grandiose. Alcuni teorici ritengono infatti che le ultime sonate per pianoforte siano così pianistiche (o, meglio, usano una scrittura pianistica così avanzata) proprio perché Beethoven non sentisse più bene il suono del pianoforte e che egli si immaginasse quindi il suono dei pianoforti futuri (che rispecchierebbero dunque i desideri beethoveniani), creando dunque delle opere più in avanti degli strumenti allora effettivamente disponibili.
Beethoven scrive la terza sinfonia in omaggio a un grande uomo, Bonaparte, che Beethoven inizialmente ammirava molto. Questo perché Napoleone era allora considerato come il liberatore dei popoli, generato della Rivoluzione francese e quindi portatore di speranza. Quando il Primo Console si dichiarerà Imperatore però, Beethoven cancellerà rabbiosamente il nome di Bonaparte dalla dedica di questa sinfonia.
La prima interpretazione pubblica della sinfonia Eroica si terrà il 7 aprile 1805, a Vienna.
In questo periodo Beethoven ha pure portato a termine la sua unica opera lirica, Leonore. In seguito la correggerà e scriverà per essa quattro ouvertures differenti. Il nome dell'opera diventerà allora Fidelio (il nome con cui noi oggi la conosciamo), contro la volontà del compositore .
Negli anni seguenti, l'attività creatrice del compositore è intensa. Compone parecchie sinfonie, fra cui la Pastorale, la famosa bagatella “Per Elisa” WoO 59 (che Beethoven intitolò semplicemente “Foglio d’album” e che sembra fu composta per una certa Teresa). In questi anni (primo decennio dell’Ottocento), Beethoven ha alcuni allievi. Diventa  suo allievo anche l’arciduca Rodolfo, fratello dell'imperatore, che diventerà anche suo amico e di riflesso uno dei suoi protettori.
Nel 1809, Beethoven pensa di lasciare Vienna, seguendo l' invito di Girolamo Bonaparte. La sua amica di sempre però, la contessa Anna Marie Erdödy, lo trattiene, con l'aiuto dei suoi più fedeli ammiratori: l’arciduca Rodolfo, il principe Lobkowitz ed il principe Kinsky. Questi ultimi si impegnano a versare a Beethoven una rendita annua di 4 000 fiorini, permettendogli di vivere senza alcuna costrizione finanziaria. L'unica condizione è che il compositore non dovrà lasciare Vienna. Beethoven accetta.
È proprio questa rendita che ha fatto di Beethoven il primo compositore indipendente (cfr. pag. 4). Prima di questo contratto musicisti e compositori erano dei servitori in seno ad una casa di un ricco aristocratico. Con Beethoven nasce invece una nuova era per la musica: il compositore è libero di scrivere quando vuole, ciò che vuole, su ordinazione oppure seguendo la propria ispirazione.
Purtroppo, uno dei suoi protettori, il principe Lobkowitz, ebbe verso il 1810 gravi difficoltà finanziarie da un lato e dall’altro il principe Kinski morì a causa di una caduta da cavallo ed i discendenti tentarono di disfarsi dell'obbligo finanziario contratto a favore di Beethoven. Egli, molto attaccato alla sua stabilità finanziaria , intraprenderà parecchi processi per salvaguardare la sua rendita e di riflesso la propria indipendenza economica.

Mälzel, l’inventore del metronomo, incontrò Beethoven e creò per lui diversi apparecchi acustici: dai cornetti acustici, ad un sistema di ascolto collegato al pianoforte.

Beethoven poi annoterà scrupolosamente il tempo metronomico sulle sue partiture affinché le sue opere siano interpretate secondo i suoi precisi desideri. Nell’esecuzione della Nona sinfonia per esempio si incontrano numerosi problemi proprio in riferimento ai tempi metronomici indicati da Beethoven, che sono spesso eccessivamente veloci e richiedono agli orchestrali una tecnica ed uno studio enormi dando loro in cambio un risultato musicale comunque insoddisfacente, in quanto troppo meccanico e troppo poco sentito, proprio a causa dell’eccessivo temperamento.

 

Il Congresso di Vienna che si tenne in quella città nel 1815, sarà il momento di massima gloria e riconoscimenti per Beethoven. Mentre re ed imperatori discutevano sul destino dell' Europa, il compositore fu invitato a suonare più volte davanti agli uomini più potenti del tempo, e di questo fu fiero per tutta la vita.

Il 15 novembre 1815 morì Kaspar Karl Beethoven,  fratello di Ludwig. Lasciò una moglie che il compositore soprannominerà “regina della notte” , parafrasando Il Flauto magico di Mozart, a causa della scarsa dirittura morale della vedova, così come un figlio, Karl, di solo 9 anni. Da questo momento la vita di Beethoven cambiò radicalmente, in quanto suo fratello aveva disposto che la tutela di suo figlio fosse “esercitata congiuntamente da sua moglie e da Ludwig”. Quest' ultimo prenderà molto sul serio il suo ruolo, ma Beethoven, celibe quarantacinquenne sordo ed ammalato, trovò problemi insormantabili a capire bene il bambino. Questo triste periodo condizionerà gli anni seguenti della vita del compositore, sempre alle prese con problemi giudiziari per la tutela del minore.
È proprio nel 1815 che si è soliti far cominciare il cosiddetto terzo periodo beethoveniano. Sono anni di scarsa ma intensa produzione. Sono del terzo periodo la Nona sinfonia, la Missa solemnis, gli ultimi quartetti per archi e le ultime sonate per pianoforte. In questi anni Beethoven abbozza anche una decima sinfonia.

Nel 1827, ritornando a Vienna su di un carro scoperto, dopo che aveva avuto un’ennesima lite con suo fratello, Beethoven prese un terribile raffreddore. La malattia complicherà la sua situazione di salute, già molto precaria. Si spegnerà circondato dai suoi più cari amici il 26 marzo 1827.
La cerimonia funebre si svolse alla chiesa della Santa Trinità. Si stima che tra 10 000 a 30 000 persone si riunirono per salutare per l’ultima volta Ludwig van Beethoven.
Franz Schubert, timido ammiratore del grande compositore che non ebbe mai il coraggio di avvicinarlo, sarà uno dei portatori delle fiaccole funebri, assieme a numerosi altri musicisti. Schubert, che morì nel 1828, fu seppellito vicino a Beethoven.

Gli scritti di Beethoven e la sua personalità

Propongo qui una telegrafica lista degli scritti di Beethoven, una breve descrizione del Testamento di Heiligenstadt, per poi concentrarmi con più calma sugli aspetti della personalità, senz’altro più complessa di quanto non possa mostrare nei limiti di questo lavoro, di Beethoven.

Abbiamo tre tipologie di documenti: le lettere, i "Quaderni di conversazione"(in cui raccolse pensieri, appunti riflessioni, domande dei suoi interlocutori), e il "Testamento di Heiligenstadt".
Anche dagli scritti, oltre evidentemente che dalla musica, emergono le caratteristiche romantiche (o perlomeno pre-romantiche) di Beethoven.

Cominciamo dal “Testamento di Heiligenstadt”. Esso è una sorta di testamento spirituale in cui Beethoven comunica il suo male interiore (caratteristica questa peculiare del Romanticismo), il suo struggimento per la sua infelice situazione personale (si pensi all’infanzia difficile, ma anche alle delusioni amorose, all’isolamento, alla sordità via via crescente). Questo documento storico è usato da molti musicologi per fissare l’inizio del secondo periodo compositivo del compositore di Bonn. Fra le righe del “Testamento di Heiligenstadt” possiamo infatti leggere le intenzioni future del musicista.

È con Beethoven che nasce la nuova figura, potremmo dire il nuovo cliché, di musicista, che corrisponde all’idea romantica che ci si farà dell’artista musico. Se fino al Settecento il musicista di successo era il diligente dipendente della Cappella locale (cfr. Bach) o il fidato responsabile della musica presso qualche principe (cfr. Haydn), con Beethoven il ruolo che il compositore è richiamato a coprire cambia radicalmente. È sì vero che, per certi versi, Mozart ha aperto la strada verso questa rivoluzione, ma il primo compositore di “nuovo stampo” è indubbiamente Beethoven. Vediamo di chiarire meglio la faccenda. Mozart fu forse il primo compositore di rilevanza storico-musicale ad acquisire lo status di libero musicista indipendente, ovvero di compositore-direttore-suonatore che compone opere su commissioni varie, e non più sotto il patrocinato di un contratto esclusivo con un signore o con un’associazione, quale poteva essere l’organismo ecclesiastico o municipale nel caso di Bach a Lipsia. Mozart però si doveva ancora preoccupare molto affinché le sue opere riscuotessero successo e plauso negli stessi ambienti per i quali avevano lavorato (e stavano ancora lavorando) i suoi predecessori ed i suoi colleghi compositori. Wolfgang Amadeus Mozart infatti, ebbe frequenti incontri con l’imperatore e i suoi funzionari, e si esibì sovente in presenza dell’imperatore stesso o di altri nobili, o di membri del cosiddetto alto clero.
Beethoven invece, anche grazie alla sempre maggior diffusione dei concerti pubblici , non fu più dipendente – a livello economico-professionale – dalla nobiltà, dalle commissioni ecclesiastiche (cattoliche e/o protestanti) e dalle accademie di musica, ma dal pubblico pagante e dagli editori. L’editoria musicale, che cominciò a fiorire nel Settecento, ebbe un incremento vertigionoso nel corso del diciannovesimo secolo (che arrivò, anche grazie all’affermazione del concetto di “repertorio fisso”, a sostituire, in Italia, i teatri d’opera nel detenere i diritti sulle opere dei musicisti; cfr. Ricordi e Sonzogno). Il fatto che Beethoven ebbe vari scambi epistolari e “commerciali” con alcuni editori non fa altro che riportare un’ulteriore caratteristica romantica condivisa (e per certi versi inaugurata) da Beethoven.
Ma torniamo al nostro discorso sulla figura del musicista romantico. Nel Romanticismo il musicista per antonomasia è un genio incompreso, di incredibile e indicibile acume che nessuno però è in grado di avvicinare. Ne derivano la delusione, la frustrazione, l’angoscia dell’isolamento e dello struggimento, il cosiddetto male del desiderio (Sehnsucht), le difficoltà psicologiche (cfr. certe scenate beethoveniane, o il tentativo di suicidio di Schumann, verosimilmente da ricondurre anche alla sua malattia alla mano, forse principale fattore all’origine della sua malattia nervosa).
Beethoven incarna per primo questo nuovo modello di musicista, come attestano alcune sue frasi, come questa:
“Noi, esseri finiti,
personificazioni di uno spirito infinito,
siamo nati per avere insieme gioie e dolori;
e si potrebbe quasi dire che i migliori di noi raggiungono la gioia attraverso la sofferenza".

Il musicista romantico ha poi un nuovo rapporto con il pubblico, che è insieme causa ed effetto di quello che ho chiamato il nuovo cliché di musicista. Il compositore romantico tende infatti a concepire la sua opera come un messaggio rivolto a tutta l’umanità (cfr. Nona sinfonia di Beethoven), magari a quella di un lontano futuro . Ciò favorisce, di riflesso, il sorgere di stili individuali ed azioni anticipatrici del loro tempo storico, in nome dell’avvenire, proprio come è il caso del terzo periodo beethoveniano.
Il problema è che il musicista romantico crea la propria forma e la impone al pubblico, che a sua volta è poco disponibile ad accettare qualsiasi cosa non corrisponda al gusto precostituito (ad eccezione dei piccoli ritrovi di intenditori che cominceranno ad aver luogo nel corso dell’Ottocento e che hanno il loro repertorio di inizio proprio nei Quartetti del terzo periodo di Beethoven). Da ciò direttamente deriva il fatto che il compositore proceda in una direzione e il pubblico in un’altra. La figura di musicista incompreso e afflitto viene quindi alimentata da questa particolare situazione. Situazione che influenza anche la programmazione: se nell’Ottocento c’è un rinnovato interesse verso la musica del passato (sia da parte dei compositori, che si rifaranno a determinate forme e modelli cinquecenteschi e seicenteschi, sia da parte del pubblico), diminuisce – da parte del grande pubblico – la comprensione per la musica contemporanea, ormai apprezzata solo dai musicisti e dalle persone di una certa cultura musicale. Di conseguenza la musica del passato viene eseguita e pubblicata sempre più, mentre quella contemporanea fa più fatica a conquistarsi un ruolo di rilievo nel panorama musicale.

Il compositore “moderno” non è più disposto ad assecondare il gusto dell’ascoltatore medio rinunciando ai propri desideri e a quanto la propria arte gli suggerisce. D’altro canto il Romanticismo è la sede della grande rivalutazione della musica in seno alle arti (e fors’anche delle arti per rapporto alla cultura, per cui la musica ci guadagnerebbe doppiamente). E Beethoven è anticipatore anche di questo processo, come si può vedere da questa frase (che pure denota la scarsa modestia del compositore): "La musica è una rivelazione più profonda di ogni saggezza e filosofia...
Chi penetra il senso della mia musica potrà liberarsi dalle miserie in cui si trascinano gli altri uomini."
(Ludwig van Beethoven).

Altra caratteristica romantica di Beethoven è l’amore e l’ammirazione per la natura. L’Ottocento è infatti il secolo dell’esaltazione delle passioni, ma anche della natura, dell’amore immerso nella natura, dell’esperienza naturale, e perfino della natura selvaggia, talvolta mostruosa. Senza arrivare a questo interesse per il grottesco, precipuo del romanticismo e condiviso solo da alcuni compositori ottocenteschi, Beethoven dimostra un’inclinazione, un’attenzione tutta particolare nei confronti dell’elemento naturale.
Dagli scritti emerge infatti un immenso amore per la natura, quasi in essa trovasse conforto, potendo grazie ad essa lenire i suoi problemi.
Scrisse alla sua amica Therese Malfatti nel maggio del 1810: "Quanto è fortunata Lei, che è potuta andare in campagna già così presto. Io non potrò godere tale beatitudine fino al giorno 8. Non c'è nessuno che possa amare la campagna quanto me. Dai boschi, dagli alberi, dalle rocce sorge l'eco che l'uomo desidera udire."
Nei "Quaderni di conversazione" troviamo: "Onnipotente, nella foresta! Io sono beato, felice: ogni albero parla attraverso te-O Dio! Che splendore! In una tale regione boscosa, in ogni clima, c'è un incanto-E' come se in campagna ogni albero mi facesse intendere la sua voce dicendomi: santo, santo!".
Quest’ultima frase attesta anche un importante tratto beethoveniano, l’ultimo che cito in questa sede. Si tratta dell’elemento religioso, della profonda spiritualità e fede di Beethoven. Beethoven che ci ha donato una musica di rara profondità e sensibilità, insieme seria e mistica. È possibile che questa caratteristica tipica di Beethoven sia in parte anche determinata dal profondo senso religioso di Beethoven. Egli, per quanto ci è dato sapere, era ammiratore di Napoleone nella sua fase umanitaria (ovvero prima del dispotismo inauguratosi con l’autoincoronazione del 1804), era fervo sostenitore degli ideali rivoluzionari di libertà, fraternità e egualità; era inoltre portatore degli ideali liberali (diffusisi proprio a partire dalla fine del Settecento); era infine animato da un profondo senso religioso, anche se non confessionale, di dedizione e venerazione (cfr. ultimo movimento della Nona sinfonia “über Sternen muss er wohnen”).

Molto si potrebbe e si dovrebbe ancora aggiungere, ma – come già detto ormai più volte – non è questa la sede.

Le opere

Esistono 138 opere numerate di Beethoven. Queste composizioni possiedono un numero attribuito dal compositore stesso, detto numero di opera (opus). Ma le composizioni che Beethoven o gli editori dell' epoca non ritennero degne di fare parte del catalogo generale sono ancora più numerose: Queste ultime sono identificate con un numero di WoO (Werke ohne Opuszahl ) dal catalogo Kinsky - Halm.
Beethoven scrisse:

  1. 9 sinfonie
  2. 32 sonate per pianoforte
  3. 10 sonate per violino e pianoforte
  4. 6 sonate per violoncello e pianoforte
  5. 1 sonata in Sib M per flauto e pianoforte
  6. 1 sonata in Fa m per corno e pianoforte
  7. Temi variati (6) op. 105 per pianoforte e flauto (o violino)
  8. Temi variati (10) op. 107 per pianoforte e flauto (o violino)
  9. Variazioni in Fa M op. 66
  10. 3 Trii per archi op. 9
  11. 1 Serenata per trio d’archi in Re M op. 8
  12. 7 Trii per pianoforte, violino e violoncello
  13. 10 Variazioni in Sol M op.121a per pianoforte, violino e violoncello
  14. 16 Quartetti per archi
  15. 1 Grande Fuga in Si b M op. 133 per quartetto d’archi
  16. 1 Trio in Sol M WoO 37, per flauto, fagotto, pianoforte
  17. 1 Trio in Sib M op. 11, per clarinetto, violoncello, pianoforte
  18. 1 Serenata in Re M op. 25, per flauto, violino, viola
  19. 1 Quartetto in Mib M op.16 bis per pianoforte e archi (vedi op.16)
  20. 1 Quintetto in Mib M op. 16, per pianoforte, oboe, clarinetto, fagotto, corno
  21. 1 Quintetto in Do M op. 29, per 2 violini, 2 viole, violoncello
  22. 1 Settimino in Mib M op. 20 per violino, viola, violoncello, contrabbasso, clarinetto, fagotto, corno
  23. 1 Ottetto in Mib M op. 103, per 2 oboi, 2 clarinetti, 2 corni, 2 fagotti
  24. 1 Lied con Variazioni in Re M WoO 74 per pianoforte a quattro mani
  25. 1 Sonata op. 6 per pianoforte a quattro mani
  26. 1 Variazioni (8) su un tema del conte Waldstein per pianoforte a quattro mani

(Una lista completa delle opere di Beethoven con la loro data e il loro numero di opera è facilmente consultabile al sito http://www.karadar.com/Cataloghi/beethoven.html.)

Tre periodi

Si è soliti dividere la produzione musicale di Beethoven in tre periodi. È evidente che questa è una classificazione a posteriori, una sorta di grammatica che cerca di mettere ordine e logica nel lavoro di un genio. Come tale non è, né potrà mai essere, una classificazione ordinata e sistematica, precisa, puntigliosa e accurata: ogni lavoro va conosciuto a sé e per rapporto al resto della produzione e non può essere ricondotto a caratteristiche di uno stile che sono state definite dai musicologi e non certo da Beethoven (che pure, nel cosiddetto “Testamento di Heiligenstadt”, diede qualche indicazione anche sotto questo aspetto). Questo discorso è importante che si faccia per far notare come ogni classificazione che si opera nella storia della musica sia di per sé qualcosa di arbitrario, aggiunto in seguito per sintetizzare la produzione di un compositore. È dunque probabile, oltre che possibile, che un brano che –per definizione– si vuole appartenga al primo periodo beethoveniano presenti già svariate caratteristiche del secondo periodo (o, meglio, caratteristiche ricondotte al modello di “secondo periodo” che ci siamo creati).
Non è questa la sede per approfondire questo discorso, né tantomeno di analizzare per filo e per segno quali opere vadano inserite in una lista piuttosto che nell’altra, né – a maggior ragione – di procedere a un’indagine di quali caratteristiche ci potrebbero portare in una direzione o nell’altra. Questo lavoro è lungo e fors’anche noioso. È generalmente svolto dai musicologi (e da qualche filologo) e non dai musicisti.
Anche i musicisti però necessitano di alcune conoscenze in questo campo, poiché essi devono saper riconoscere gli stili e interpretare i brani di conseguenza. Si tratta però qui di un tipo diverso di abilità e nozioni, più pratico, più volto al far musica che non allo studio di come gli altri l’hanno praticata. Sono due discipline diverse.
Trattandosi qui di una breve presentazione a livello di liceo non è mia intenzione addentrarmi in particolari stilistici eccessivamente tecnici e complicati. Cercherò di fornire una sintesi e una semplificazione al contempo chiare, facili ed esaustive, pur nei limiti di questo lavoro.

5.1    Il primo periodo

Si può far cominciare il primo periodo dalla nascita di Beethoven (che è forse la cosa più giusta da farsi, considerato che un compositore comincia a formare se stesso e la sua produzione fin dall’educazione musicale, ma anche umana, di base), oppure dalla prima opera composta (ma sarebbe qui difficile stabilire con esattezza quali siano i primi abbozzi beethoveniani di un’opera sua: già gli esercizi di contrappunto o di armonizzazione sono composizioni, ma non certo esemplificanti dello stile di Beethoven, né tantomeno delle sue intenzioni, siano esse presenti o future), oppure ancora dalla prima opera che Beethoven stesso ha considerato tale, dandole il nome di opera 1, ovvero i 3 Trii per pianoforte, violino e violoncello op.1, pubblicati nel 1792.
Questo primo periodo compositivo si spinge fino alla nascita del secondo, che viene fissata convenzionalmente alla data del già più volte citato Testamento di Heiligenstadt, datato del 1802.
Il primo periodo è ancora essenzialmente classico: mostra l’influenza dei suoi studi e dei suoi maestri, in particolare i 3 Trii dell’op.1 attestano l’influsso di Haydn, che fu maestro di Beethoven. Ciononostante Beethoven mostra fin da questi trii una certa indipendenza compositiva: questi brani non sono di Haydn, ma di Beethoven. Ciò si vede per esempio dal respiro largo tipicamente beethoveniano (anche se non si arriva, certamente, al respiro amplissimo del Romanticismo, che dovrà ancora attendere alcuni decenni), dalla scrittura indipendente ed elaborata del violoncello, prima effettuata solo da Mozart nei suoi trii.
Il primo periodo mostra già, tuttavia, molte caratteristiche passibili di importanti quanto interessanti sviluppi dei periodi successivi. Per esempio già i trii dell’op.1 mostrano 4 movimenti più lunghi di quelli di Haydn e, soprattutto, code lunghe. Vedremo infatti meglio in seguito che una delle peculiarità più rilevanti del secondo Beethoven (e, di riflesso, anche del terzo Beethoven) è proprio l’attenzione maggiore, sia in termini di qualità e intensità motivica e inventiva che in termini di quantità e durata, che Beethoven rivolge in modo particolare alla sezione dello sviluppo nei movimenti in forma sonata e alle code.
Nel primo periodo Beethoven comincia già a muoversi verso quest’ampliamento delle forme espandendo le strutture formali ereditate, attraverso l’introduzione di effetti e procedimenti nuovi o fino ad allora trascurati.
Nelle sonate per violino e pianoforte si vede come Beethoven abbia una notevole padronanza della scrittura violinistica. È infatti bene sapere che Beethoven, oltre al pianoforte, suonava anche il violino e ne prese lezioni anche a Vienna (da Wenzel Krumpholz e da Ignaz Schupanzigh, del quale divenne anche amico).
Ciononostante è il pianoforte lo strumento più legato alla carriera di Beethoven e che fu per lui la maggiore fonte di ispirazione. Beethoven curò infatti con molta attenzione le trenatadue Sonate per pianoforte, che compose lungo l’arco di quasi tutta la propria carriera: dal 1795 al 1822. Venti delle trentadue sonate sono appartenenti al primo periodo, in quanto vennero composte prima del 1803 (e il primo periodo termina approssimativamente nel 1802). Interessante è notare che tutte le sonate furono pubblicate entro un anno dalla composizione.
Per il pianoforte Beethoven ebbe un’attenzione particolare anche a proposito del timbro e delle possibilità sonore e tecniche. Come farà poi anche con gli strumenti a fiato, Beethoven si interessò molto di questi aspetti. Nel caso del pianoforte, Beethoven mostrò interesse per le tecniche costruttive e per tutta la vita chiese pianoforti più simili a quelli a noi contemporanei, ovvero con maggiore estensione e potenza sonora rispetto a quelli di allora, con pedali più versatili e meccanica più pesante (più vicina, quindi, ad un nuovo pianoforte a coda che non a un clavicembalo o a una spinetta). Beethoven, nelle sue sonate, portò talvolta il pianoforte ai limiti estremi delle sue potenzialità tecniche, nell’intento di raggiungere e sostenere sonorità orchestrali. Il pianoforte contemporaneo (quello a 88 tasti per intenderci) infatti ha la stessa estensione di un’orchestra sinfonica .
Se Beethoven influenzò l’evoluzione tecnica del pianoforte , anche il progresso tecnico dello strumento ebbe influenza sulla produzione del compositore. Se infatti le prime sonate di Beethoven sono ristrette nelle cinque ottave dei pianoforti del Settecento, Beethoven aumenta progressivamente l’estensione delle sue sonate, dapprima verso gli acuti e poi verso il registro grave. L’arricchimento della scrittura pianistica avvenne poi quando i fabbricanti tedeschi e viennesi (in anticipo rispetto a quelli inglesi e francesi) perfezionarono la meccanica ed estero la tastiera.
Già le prime quattro sonate per pianoforte (le tre dell’op. 2 e l’op. 7) sono ben più lunghe di quelle dei suoi predecessori, circa una volta e mezzo. Sono inoltre in quattro movimenti, come la sinfonia e il quartetto, e non in tre come le sonate classiche.


Note

La trasformazione di Leonora in Fidelio, con le correzioni del caso, è del 1814.

Nell’organizzare la prima della Nona sinfonia Beethoven fu molto agitato per la questione finanziaria, quasi di più che non per quella musicale (forse perché, praticamente sordo, non sentiva i problemi di esecuzione che l’orchestra aveva). Egli era infatti molto preoccupato di non ricavare dai biglietti soldi a sufficienza per pagare gli orchestrali, e lo fece notare più volte a chi parlò con lui nei giorni precedenti la prima della Nona, che avvenne a Vienna il 7 maggio 1824 e che, malgrado le difficoltà di esecuzione, sarà un successo, purtroppo però senza ricadute finanziarie.
I problemi finanziari continueranno a tormentare il compositore fino agli ultimi giorni della sua vita. In realtà però Beethoven non stava così male e infatti, dopo la sua morte, furono trovati alcuni titoli di credito che Ludwig aveva custodito per il nipote.

La tradizione dei concerti pubblici, ovvero dei concerti in cui il pubblico è costituito da persone paganti il biglietto, e non più di nobili invitati, si inaugura nel Settecento, nel Classicismo musicale. Ma la frequenza di questi concerti cresce linearmente lungo tutto l’arco della seconda metà del diciottesimo secolo, per raggiungere negli anni di vita di Beethoven una cifra mai avvicinata in precedenza. Nel Settecento i concerti privati e le accademie cominciarono infatti a sentire la concorrenza dei concerti pubblici. A Parigi nel 1725 si aprì un ciclo di concerti pubblici. Seguirono Lipsia nel 1763, Vienna nel 1771, Berlino nel 1790, Londra nel 1762 società di concerti prosperarono sporadicamente, nel 1765 avviarono una serie di concerti popolari. (date tratte da: Donald Jay Grout, Storia della musica in occidente, Biblioteca di musica Feltrinelli, 2002)

LUDWIG VAN BEETHOVEN alla contessa Erdödy, 1815.

Sembra che Clementi, riferendosi ai quartetti op.18 e op.59, disse a Beethoven: “Sicuramente non crederete che questi lavori siano musica”. E Beethoven, senza stupore né offesa, rispose: “Oh, questi lavori non sono per voi, ma per un’età più avanzata”.

I pianoforti dell’inizio della carriera di Beethoven avevano invece cinque, forse sei ottave, non di più.

Beethoven chiese infatti, esplicitamente, miglioramenti ai fabbricanti di pianoforti, in particolare ai pianai Matthäus Andreas Stein e Johann Andreas Streicher (cfr. lettera sui pianoforti Streicher di Johann Friedrich Reichardt del 1806: Elvidio Surian, Manuale di storia della musica, vol. III, Rugginenti editore, pag. 25).

 

Bibliografia

  • Elvidio Surian, Manuale di storia della musica, vol. III, L’Ottocento: la musica strumentale e il teatro d’opera; Rugginenti editore, Milano, 1999
  • Donald Jay Grout, Storia della musica in occidente, Feltrinelli, 2002
  • Enciclopedia Le Garzantine, Musica, Garzanti, 1999
  • Ludwig van Beethoven, Testamento di Heiligenstadt
  • Harvey Sachs, Direttori d’orchestra storici commentano la Nona sinfonia di Beethoven, Ricerca per il Conservatorio della Svizzera Italiana, 2003
  • Richard Wagner, L’interpretazione della musica (Über das Dirigieren), Pagano
  • Sebastiano Lava, La Nona di Beethoven dagli occhi di Wagner, ricerca di storia della musica presso il  Conservatorio della Svizzera Italiana, A. A. 2003/2004
  • http://www.homolaicus.com/arte/beethoven/beet.htm
  • http://www.karadar.com/Dizionario/beethoven.html
  • http://www.lvbeethoven.com/index_It.html

 

Fonte: citazione estratto da http://www.students.unibe.ch/user/lava/Ludwig%20van%20Beethoven%20x%20web.doc

Autore del testo: S. Lava

 

 

 

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