Psicologia dei gruppi di lavoro

 


 

Psicologia dei gruppi di lavoro

 

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Psicologia dei gruppi di lavoro

 

Riassunto libro FARE SQUADRA

Psicologia dei gruppi di lavoro

CAP. 1 Introduzione

Sin dalla rivoluzione industriale  l’organizzazione del lavoro si fonda sulla divisione dello stesso.

Smith: descrizione della produzione di uno spillo attraverso 18 operazioni affidate ad altrettanti operai.

Con Taylor ed il taylorismo si ha una vera e propria analisi scientifica dell’attività lavorativa.

Il suo metodo consisteva in 4 punti di base:

  • Scomposizione del ciclo lavorativo in unità semplici
  • Assegnazione di ciascun compito alla persona con le attitudini fisiche e intellettuali migliori
  • Addestramento de lavoratore allo svolgimento della propria unità di lavoro
  • Retribuzione definita sulla base della quantità di lavoro prodotta nel tempo ed in rapporto alle capacità del lavoratore, individuando operai di prima, seconda e terza classe.

 

Nel Novecento vi è un cambiamento nelle organizzazioni, rappresentato dal progressivo distacco dagli aspetti produttivi e da un’attenzione crescente alla gestione delle relazioni con l’ambiente che le circonda, ovvero il mercato.

Le organizzazioni divengono luoghi in cui si elaborano e si producono diverse informazioni.

Il gruppo di lavoro acquista una posizione centrale, strategica, con una funzione che va al di là della soddisfazione dei bisogni sociali. Diviene il motore produttivo delle organizzazioni che agiscono in un ambiente complesso che richiede flessibilità e adattabilità al cambiamento.

Quindi il gruppo è: un insieme di persone che condividono un obiettivo comune.

Brown sostiene che: un gruppo esiste quando due o più individui definiscono se stessi come membri e quando la sua esistenza è riconosciuta da almeno una terza persona.

 

Il gruppo è caratterizzato sia da un sentimento di appartenenza condiviso dai membri sia da un riconoscimento esterno, la mancanza di uno di questi elementi facilmente comporta il fatto che non ci troviamo di fronte a un gruppo, ma a un semplice aggregato di persone.

Gli elementi che caratterizzano i gruppi, compresi i gruppi di lavoro, sono: obiettivi interni al gruppo o esterni, la numerosità, l’interazione prolungata, la conseguente presenza di relazioni affettive tra i membri che fanno da collante, la percezione del gruppo come unità a sé stante e la presenza di norme e ruoli.

 

I gruppi possono essere formali o informali:

  • I gruppi informali o spontanei sono quelli che si formano sulla base di reciproche scelte da parte di ciascun componente (es. gruppo di amici)
  • I gruppi formali sono gruppi in cui i membri non si sono scelti, ma sono stati reclutati dall’esterno (es. un gruppo di ricerca, una squadra di calcio, un gruppo di lavoro).

 

I gruppi di lavoro si caratterizzano rispetto ai gruppi sociali, poiché sono sempre gruppi formali, hanno obiettivi esterni assegnati dall’organizzazione a cui appartengono e sono provvisti di mezzi per raggiungerli.

 

Vi sono 4 tipi di gruppi di lavoro:

  • I gruppi di lavoro stabili: sono gruppi definiti dalle diverse funzioni organizzative all’interno dei quali sono presenti ruoli, compiti e mansioni specifiche per ogni componente del gruppo;
  • Task forces: gruppi che vengono costruiti ad hoc per la realizzazione di uno specifico obiettivo e che si sciolgono dopo aver portato a termine l’obiettivo.
  • Team: gruppi composti dai membri con un alto livello di competenze professionali cui vengono affidati compiti particolarmente complessi.
  • Team autogestiti: si caratterizzano per un’autonomia ancora maggiore nella gestione dei processi per il raggiungimento degli obiettivi.

 

Weber Klimoski hanno individuato una quinta tipologia di gruppo di lavoro: l’equipaggio (crew), si distingue per la tecnologia che utilizza.

Tutti i gruppi di lavoro condividono il fatto  che gli elementi di appartenenza e di riconoscimento esterno non siano automatici, ma vadano costruiti nei processi e nelle dinamiche che si sviluppano nell’ambiente operativo in cui operano e interagiscono. Il contesto è importante, ogni gruppo di lavoro è un gruppo situato, un sistema organizzato di relazioni tra persone, mezzi e obiettivi che agiscono in un particolare ambiente organizzativo.

CAP. 2 Strutture di gruppo

Osservando un gruppo è da considerare importante la variabile tempo.

Si distinguono due dimensioni di osservazione, e si attribuiscono le strutture al campo dell’osservazione del gruppo a un determinato momento, mentre i processi non sono altro che il dispiegarsi delle strutture nel tempo. Le due dimensioni sono tra loro interdipendenti: le strutture influenzano i processi e viceversa.

 

Un istantanea del gruppo consiste nel considerare l’insieme delle relazioni affettive: chi è attratto da chi e chi invece risulta antipatico.

La qualità e il tipo di relazioni sono una variabile che influenza la coesione del gruppo, il clima, la qualità della comunicazione, la motivazione e la partecipazione dei membri.

Moreno ha cercato di definire, anche graficamente, la struttura affettiva dei gruppi. (esperimento: opinioni di bambini di una classe elementare, riguardo preferenze e rifiuti tra compagni)

In tal modo strutturò un diagramma. Nella realtà di tutti i giorni non è possibile strutturare un sociogramma, ma si può essere sensibili ugualmente al tipo di relazioni presenti nel gruppo, per tal motivo ci possono venire in aiuto tanti elementi e comportamenti che noi adottiamo nel relazionarci agli altri. Una tra questi è la prossemica (corpi nello spazio).

Una seconda linea di osservazione dei gruppi è data dai canali di comunicazione. La struttura di comunicazione descrive i canali lungo i quali si sviluppa il flusso delle informazioni.

Le modalità con cui i membri si scambiano le informazioni sono definite <<reti di comunicazione>>.

Un altro elemento è il tipo di potere che viene esercitato o che derivazione di esso:

  • Potere di ricompensa:un primo modo per modificare un comportamento o un atteggiamento è dato dalla possibilità di fornire ricompense o punizioni. Es. l’addestramento degli animali.
  • Potere di coercizione: il cambiamento di A su B viene ottenuto tramite la minaccia, qui la punizione è il metodo utilizzato per ottenere obbedienza. Es. la minaccia sulla propria vita, come nel caso di un ostaggio o una rapina a mano armata.
  • Potere di esempio: attraverso l’esempio di un modello cui si fa riferimento avviene il cambiamento.  Es. l’adeguarsi del modo di vestirsi degli adolescenti a una star della musica o del cinema.
  • Potere di competenza: è la competenza attribuita e riconosciuta alla persona, che provoca il cambiamento. Es. il medico che prescrive al paziente una determinata cura.
  • Potere legittimo: si caratterizza per l’attribuzione dall’esterno del potere.
  • Potere dell’informazione: è l’informazione stessa, indipendentemente dalla forma cui deriva, che ha di per sé la capacità di far cambiare atteggiamenti, comportamenti ed emozioni.

 

Un altro elemento è lo status, ovvero il differente valore attribuito dall’organizzazione alle posizioni interne a certi gruppi o a quelle concordate tra i membri.

Un ultimo elemento di osservazione del gruppo è la struttura di ruolo.

Un ruolo è un aspettativa di comportamento legata a una certa posizione occupata all’interno del gruppo o all’interno della struttura sociale.

Nei gruppi si possono distinguere due principali categorie di ruolo: i ruoli emergenti e i ruoli prescritti dall’organizzazione.

Ogni gruppo sembra composto da persone fra loro uguali, ma nel procedere del suo sviluppo, si nota come alcune persone assumano comportamenti diversi.

  • Nel gruppo possiamo trovare il ruolo orientato al compito: persona particolarmente attenta per il compito e per la sua realizzazione.
  • Possiamo trovare il ruolo di mantenimento: persona che si caratterizza per il concentrarsi sulle dimensioni socio emotive.
  • Infine possiamo trovare il ruolo di ostruzione o individualistico: persona che è concentrata sui propri obiettivi personali.

Anche il ruolo di ostruzione è importante nei gruppi, soprattutto nei casi di groupthink, ovvero in quei frangenti dove il gruppo, per motivi diversi, individua una soluzione unica al problema in modo acritico e senza aver considerato alternative, rischiando di incorrere in errore.

I tre tipi di ruoli sono presenti in ogni gruppo e sono intercambiabili.

 

Accanto ai ruoli emergenti vi sono quelli prescritti dall’organizzazione, ovvero determinati dalla struttura organizzativa e relativi alle funzioni e posizioni di quest’ultima.

Quaglino, Casagrande e Castellano descrivono 4 aree proprie del gruppo di lavoro, alle quali afferiscono determinati ruoli:

  • Area di presidio del risultato, abbiamo il conservatore e il realizzatore.
  • Area di presidio del lavoro, abbiamo il metodologo che utilizza il problem solving, e il negoziatore.
  • Area di presidio delle relazioni, abbiamo il comunicatore e il facilitatore.
  • Area di presidio della qualità del lavoro, abbiamo l’innovatore e il creativo.

 

Il conflitto di ruolo si ha quando le richieste di un determinato ruolo sono incompatibili con quelli di un altro.

L’ambiguità di ruolo si ha quando il ruolo che dobbiamo assumere non è chiaramente definito, come pure le aspettative di comportamento ad esso legate.

 

CAP. 3 Norme, cultura di gruppo e socializzazione

In un gruppo dopo un certo lasso di tempo si formano alcune norme.

Brown considera la norma <<una scala di valori che definisce una gamma di atteggiamenti e comportamenti accettabili (e inaccettabili) per i membri di un’unità sociale>>.

Le norme sono legate ai gruppi di appartenenza, regolano e sanciscono i comportamenti stessi, indicando non solo ciò che è giusto o sbagliato, ma anche ciò che si deve fare o non fare per raggiungere determinati scopi comuni.

Le norme rispondono a precise funzioni, in particolare:

  • Consentono il raggiungimento degli obiettivi.
  • Permettono l’identificazione e mantenimento del gruppo.
  • Definiscono la realtà sociale.
  • Permettono di coordinare le attività.

Le norme possono essere di due tipi: esplicite e implicite.

  • Le norme esplicite sono codificate e rese a tutti note.
  • Le norme implicite non sono palesi, ma si riconoscono facilmente nel momento in cui vengono violate.

Vi sono norme fondamentali per l’esistenza e il raggiungimento degli obiettivi da parte del gruppo, dette centrali; e norma periferiche, la cui violazione non compromette il gruppo stesso.

 

Le norme sono espressione di ciò che il gruppo nel suo insieme fa e di ciò che il gruppo è. Non agiscono in un vuoto sociale, ma si radicano nel contesto da cui di originano e in cui hanno effetto. Questo contesto è definito <<cultura di gruppo>>.

Ogni cultura di gruppo non può essere analizzata se non nella storia del gruppo stesso, come ogni norma non può essere considerata se non nella sua applicazione e nella sua funzionalità rispetto al gruppo e agli obiettivi.

Questi elementi influenzano le strutture e ne sono influenzati. Così come l’applicazione delle norme è influenzata dalla struttura di status, così la struttura di comunicazione può facilitare o meno l’assimilazione e l’accomodamento della cultura di gruppo: una rete completamente aperta favorisce la partecipazione delle persone, ma anche il confronto di idee, aspettative, immagini di cosa si deve fare, per quale motivo e come; questo agevolerà la definizione di una visione comune che integra in sé punti di vista differenti e che favorisce al tempo stesso l’assimilazione dei componenti del gruppo.

Inoltre osservando la struttura affettiva si può vedere che ogni integrazione di una nuova persona non può non passare attraverso la relazione con gli altri e, quanto più il gruppo è coeso, tanto più sarà necessario per il nuovo arrivato avere una o più persone che lo aiutino a entrare nella rete di relazione, cosa che non accade in strutture affettive con pochi legami tra i membri, che al tempo stesso risultano poco coese.

Una cultura di gruppo orientata alla novità permetterà più facilmente alla persona nuova di inserirsi nella rete di relazioni rispetto a una cultura di gruppo di tipo chiuso e diffidente.

Cercare i motivi per cui un gruppo non è efficace, oppure mostra scarsa efficienza, perché il turn over è alto, o il livello di motivazione basso, significa in un primo tempo soffermarsi su un’analisi delle strutture del gruppo. Successivamente, occorre mettere in relazione le variabili (ruoli, potere, status, relazioni tra i membri) con gli obiettivi del gruppo e soffermarsi su come si declinano nel suo agire, ovvero: considerare le norme implicite ed esplicite e la cultura sottostante di cui esse sono espressione e come quest’ultima viene costruita, trasmessa e modificata.

 

 

CAP. 4 Conflitto

Il conflitto è un disaccordo tra individui o gruppi che divergono per atteggiamenti, credenze, valori, bisogni.

Vi sono diverse fonti di conflitto, tra cui:

  • Obiettivi: che possono essere individuali, di gruppo e organizzativi.
  • Potere: è un’altra fonte di conflitto, per quanto riguarda sia il suo ottenimento sia la sua gestione.
  • Risorse/ricompense: si può concorrere per differenti tipi di risorse, denaro, quote di mercato, materie prime, clienti, una posizione all’interno dell’azienda, etc…
  • Percezioni: il diverso modo di vedere una situazione, nonché la relazione e le aspettative ad essa legate.
  • Valori: conflitti a livello più profondo quando si tratta di scale di valori.
  • Sentimenti ed emozioni: il conflitto è dato dal mancato riconoscimento reciproco di sentimenti.
  • Bisogni: conflitti tra differenti bisogni.

 

Affrontare il conflitto e gestirlo in modo costruttivo significa essere coinvolti in una ricerca di un terreno comune, dove accanto alle proprie posizioni è indispensabile tenere presenti anche le posizioni dell’altro.

Gestire il conflitto significa creare i presupposti per una relazione e mantenere una motivazione ad essa: in questo modo è possibile una soluzione del conflitto di tipo integrativo e una sua gestione secondo il modello della teoria dei giochi <<a somma variabile>>.

Tuttavia, non sempre è possibile una simile gestione: nel caso in cui le parti non siano motivate a trovare un common ground e a mantenere una relazione soddisfacente in cui muoversi per la ricerca di soluzioni comuni ai propri problemi, ci troveremo facilmente a gestire i conflitti secondo giochi a somma zero, con il rischio di cadere all’interno di una escalazione del conflitto stesso e con conseguenze proprie dei conflitti deteriori.

 

Quando si parla di ambienti competitivi ci si riferisce a situazioni dove la gestione dei conflitti è legata a strutture di valori che richiamano il detto mors tua vita mea, ovvero del tipo vinci/perdi, dove vengono frustrati i propri bisogni sociali e di sicurezza con conseguenze negative sia a livello emotivo sia a livello di motivazione al lavoro e dove, infine, sono frequenti azioni di ostacolamento.

Inoltre poter gestire il conflitto in modo integrativo e cooperativo porta notevoli vantaggi: un aumento del senso di autoefficacia sia del gruppo nel suo insieme sia di ciascun componente, una maggiore coesione rappresentata da legami sociali più forti, fiducia e rispetto e un aumento delle capacità dei membri del gruppo nel risolvere futuri conflitti.

 

CAP. 5 Leadership

 

La leadership è un concetto complesso così come la figura del leader che si trova a mediare tra individuo, gruppo e organizzazione.

Dagli studi effettuati è emerso che un leader è una persona con tratti come intelligenza, intuizione, responsabilità, iniziativa, pertinacia, fiducia in sé. Non sempre persone con tratti di leader, lo sono sempre in tutte le situazioni. La leadership, inoltre, non sempre è una questione unicamente di geni. Leader si nasce, ma lo si può anche diventare.

 

Sono stati individuati tre tipi di comportamento del leader:

  • Stile autocratico: il leader organizza le attività del gruppo, esclude i membri dalle decisioni, rimane distaccato e isolato dal gruppo stesso.
  • Stile democratico: il leader, amichevole e disponibile, cerca di diventare un membro del gruppo, discute con quest’ultimo ogni decisione e attività, si preoccupa di rendere tutti i membri partecipi e agevola le relazioni.
  • Stile permissivo o laissez faire: il leader lascia il gruppo libero di agire intervenendo pochissimo.

 

Gordon ha formulato un modello pratico di gestione della leadership. Questo è molto affascinante e ricco di spunti operativi, ma non è esente da critiche. Agire la leadership, come suggerisce Gordon, prevede una motivazione di base da parte dei membri del gruppo che non sempre è facile riscontrare. Per tal motivo il modello può risultare efficace nella misura in cui il leader trova nel gruppo un sufficiente livello di motivazione che favorisca l’atteggiamento cooperativo dei membri nel momento in cui risulta necessario essere asserivi.

 

Il leader non è solo colui che possiede certi tratti di personalità, come pure solo colui che si comporta in un certo modo. Non è nemmeno sufficiente definire leader chi occupa una certa posizione nell’organizzazione e a cui viene fornito un certo potere con il relativo status. Non si può affermare che il gruppo elegge un proprio membro come leader. Tuttavia queste dimensioni nel loro insieme fanno un leader.

La leadership è un processo in cui attraverso il leader una persona da individuo diviene membro di un gruppo. Il leader è colui che per posizione occupata, ma soprattutto per capacità di lettura dei processi di gruppo e di attenzione ai differenti punti di vista, riesce a traghettare ciascun membro del gruppo in questo passaggio, avendo come riferimento sia i bisogni dell’organizzazione, sia i bisogni dell’individuo.

 

Maslow si è occupato in modo approfondito di motivazione.

La motivazione si riferisce alle forze che sospingono e dirigono il comportamento rendendolo possibile.

Maslow ha proposto una scala di bisogni fondamentali a cui l’uomo risponde con i propri comportamenti:

  • Bisogni fisiologici, alla base
  • Bisogni di sicurezza
  • Bisogno di affetto e sentimento di appartenenza
  • Bisogno di stima
  • Bisogno di autorealizzazione.

La soddisfazione di questi bisogni è condizionata dalla loro sequenzialità.

 

Herzberg, rifacendosi alla piramide di Maslow, ha evidenziato le componenti necessarie per un’esperienza lavorativa soddisfacente, individuando:

  • Il successo
  • Il riconoscimento
  • Il lavoro in sé
  • La responsabilità
  • La promozione.

 

CAP. 6 Efficienza ed efficacia

L’efficienza e l’efficacia dei gruppi di lavoro non sono univoche e considerare un gruppo efficace nella misura in cui fa quello per cui è nato risulta essere una risposta troppo semplice, se non addirittura semplicistica.

L’efficienza e l’efficacia dipendono da diversi fattori, in particolare, dalla natura del compito, dalla qualità dei membri del gruppo, dalla posizione di questo nell’organizzazione e, non ultimo, dal clima socio affettivo presente all’interno del gruppo stesso.

Spesso le cause dell’inefficienza sono da ricercare non tanto nei limiti dei singoli, quanto nelle relazioni che legano tra loro le persone e nei processi che attraverso queste relazioni si attuano.

I risultati dei gruppi di lavoro riuniti per risolvere un problema, possono essere meno produttivi e validi dei risultati ottenuti dal singolo, proprio in funzione delle variabili clima, relazioni, etc…

I processi imperfetti, il clima, le modalità di presa di decisione sono tutti elementi che possono aiutarci ad avere un quadro delle possibili cause di successo e insuccesso.

Al fine di avere un approccio efficace alla gestione dei gruppi, è importante non cedere al riduzionismo delle responsabilità del singolo: un atteggiamento positivo nei confronti della complessità o meglio, della pluralità, può aiutare ad avere una visione d’insieme articolata e completa e permette di centrarci sul problema piuttosto che affrettarsi verso soluzioni stereotipate e lontane da esso.

Tutto ciò presuppone una fiducia nelle potenzialità del gruppo e una convinzione della sua superiorità rispetto al singolo, convinzione non a priori e ideologica, ma supportata da dati empirici.

 

CAP. 7 Decisione

Decidere è un’azione che intraprendiamo quotidianamente, sia per conto nostro, sia con altri.

Tuttavia per quanto possa sembrare semplice, è un processo articolato, complesso e ricco di insidie.

Nell’ambito del gruppo, accanto alle possibili trappole proprie di n sovraccarico di informazioni che il singolo si trova a dover gestire, si affiancano difficoltà relative alle dimensioni relazionali.

Il gruppo è avvantaggiato rispetto al singolo nel gestire una quantità di informazioni maggiore e nell’elaborarle, cosa che fa pensare a una costante superiorità del gruppo rispetto al singolo nel prendere decisioni di qualità.

Tuttavia il gruppo non è esente da difficoltà quando si trova a subire pressioni verso il conformismo, ossia quando è vincolato da una struttura di valori rigidi che mette l’unanimità al di sopra di ogni cosa e che vede invece la diversità di opinione come una minaccia all’unità.

È il caso dei groupthink, o dell’effetto della polarizzazione, dove la pressione al conformismo risulta più che mai evidente.

Come per il singolo, anche per il gruppo esistono strategie e strumenti per ovviare a queste trappole cognitive e relazionali. Vi sono strategie di presa di decisione che favoriscono la partecipazione e la presa in carico in modo responsabile dei processi produttivi (team a responsabilità condivisa) permettano al gruppo di esprimere al massimo le proprie potenzialità di agente che decide.

A queste si aggiunge anche la possibilità di condividere e confrontare conoscenze, competenze e informazioni al fine di costruire efficaci ed efficienti modelli mentali comuni del proprio lavoro di gruppo, come accade nel caso del teamthink.

Anche a livello di immagine organizzativa e struttura, i recenti dati di ricerca confermano l’importanza della partecipazione e del controllo sui processi, sugli strumenti e sull’output da parte del gruppo di lavoro, sia per quanto riguarda la motivazione dei singoli, sia per quanto riguarda l’acquisizione e il mantenimento di un vantaggio competitivo da parte dell’organizzazione.

Diviene pertanto sempre più importante integrare le tre dimensioni: individuo, gruppo e organizzazione; sia attraverso le strategie di selezione del personale, formazioni e supervisione, etc… (livello individuale), sia attraverso le strategie di gestione del gruppo e delle dinamiche (livello di gruppo), sia infine attraverso le strategie di strutturazione dell’organizzazione stessa e della sua cultura (livello organizzativo).

 

Groupthink = gruppo-pensiero, situazione in cui il gruppo giunge a una decisione in modo acritico, senza aver considerato tutte le possibili alternative individuando la migliore.

Teamthink = si definisce per una rappresentazione condivisa del futuro. È uno dei processi alla base dell’efficienza delle decisioni di gruppo e dell’utilizzo delle risorse dello stesso.

Groupmind = mente di gruppo, modalità alla base di prese di decisioni efficaci.

 

CAP. 8 Diventare un team

Il sentirsi parte di un gruppo, il sentimento di appartenenza, risulta alla base di qualsiasi gruppo sociale, compresi quelli di lavoro.

Ciò che differenzia un gruppo da un semplice insieme di individui e ciò che ci fa sentire parte di esso è l’interdipendenza. Ogni gruppo per giungere alla sua maturità segue un processo in cui gli individui, da semplici componenti indipendenti con propri obiettivi, costruiscono una serie di relazioni che li portano, attraverso l’accettazione di una condizione di reciproca dipendenza con gli altri membri del gruppo, a ristrutturare le proprie proprietà integrando gli obiettivi personali con gli obiettivi del gruppo per realizzare un fine comune e un comune destino.

Tuckman dall’osservazione di diversi gruppi di lavoro ha individuato 5 stadi di sviluppo dei team:

  • Forming, formazione del gruppo stesso
  • Storming, conflitto tra i membri del gruppo
  • Norming, definizione delle norme di gruppo
  • Performing, realizzazione dei propri obiettivi
  • Adjourning, raggiunti gli obiettivi, il gruppo è destinato a sciogliersi.

Wheelan, come Tuckman, ha individuato 5 stadi di sviluppo:

  • Dipendenza e inclusione, momento in cui gli individui entrano nel gruppo
  • Controdipendenza e conflitto, i componenti realizzano che il gruppo non soddisfa i bisogni di ciascuno di loro, nasce il conflitto
  • Fiducia e struttura, definizione attraverso la negoziazione, dopo il conflitto, degli obiettivi di gruppo
  • Lavoro, produttività, efficienza ed efficacia del gruppo
  • Fine del gruppo, raggiunti gli obiettivi, il gruppo si scioglie.

 

 

Fonte: http://www.hafricah.net/public/Appunti/Fare%20squadra.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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Psicologia dei gruppi di lavoro

Capitolo uno

Nozioni e tipi di gruppi

All’origine della noità: come bisogno e come sentimento

 

Il significato etimologico della parola gruppo

  • kruppa: germanico, nodo, groviglio
  • groupe: francese, insieme di personaggi nelle arti figurative

 

Un individuo è tale solo se in relazione ad altri individui, solo se immerso e attraversato da una dimensione gruppale in grado di dare senso al suo esserci. I fenomeni psicologici non possono essere compresi facendo astrazione dai contesti intersoggettivi nei quali prendono forma, quindi la nostra mente è ontogenicamente e fitogenicamente gruppale. La nostra mente ha una fondazione storicistico-relazionale in quanto tutta la nostra vita è intenzionata da una storia che ci viene trasmessa attraverso le parole, gli affetti, riassunti di tutta la nostra cultura.

Lavorare in termini gruppali significa eliminare la convinzione che lavoriamo con un oggetto-gruppo: lavorare con i gruppi è lavorare con un oggetto che abita dentro di noi, il mondo gruppale interno che si scontra con uno esterno.

 

GRUPPO: costrutto della mente, organizzazione mentale, operatore psichico, sentimento di appartenenza, emozione, complesso reticolo di interrelazioni psichiche.

 

Cooley: distinzione tra gruppi primari – unità fondativa delle società, caratterizzati da interazione diretta tra i membri, numero ristretto di persone, legami intimi che favoriscono il senso di appartenenza (famiglia, compagni di gioco…) - e gruppi secondari – relazioni indirette e formali, dimensione emozionale si limita alla necessità di condividere un obiettivo (sistemi sociali, enti economici, ospedalieri…).

 

  1. piccolo gruppo
  2. gruppi di appartenenza
  3. gruppo di riferimento
  4. gruppo interno
  5. esterno
  6. naturale
  7. sperimentale
  8. formale
  9. informale

 

Anzieu e Martin differenziano:

gruppo primario e secondario da altri fenomeni:

  • folla: moltitudine di persone senza condivisione di progettualità
  • massa: numero ancora più vasto di persone non riunibili in uno stesso luogo
  • banda: numero finito di membri aggregato per qualche somiglianza
  • raggruppamento: insieme di persone che si incontrano con un obiettivo e con forme di rappresentanza
  • piccolo gruppo: numero ristretto di persone accomunate da un obiettivo
  • organizzazione o gruppo secondario: persone che attraverso ruoli perseguono un obiettivo
  • gruppo allargato: numero di persone riunite per esprime opinione su tema comune

 

Per poter classificare i diversi gruppi è importante avere presente le variabili psicosociali che orientano il lavoro gruppale:

  • origine
  • obiettivi
  • tipo di interazione
  • durata
  • composizione
  • rapporto con l’organizzazione

 

Dipendentemente dagli obiettivi è possibile classificare i gruppi in:

  • di discussione
  • di decisione
  • di informazione
  • di osservazione
  • di orientamento
  • di sostegno
  • di counseling
  • di ricerca
  • di prevenzione
  • di educazione al benessere

 

Nel corso del lavoro con il gruppo possono verificarsi serie di difese:

  • accoppiamento: formazione di una coppia perché un soggetto non riesce a relazionarsi con il resto del gruppo
  • fuga nel passato: meccanismo che allevia la pressione di un gruppo sul presente, discutendo di eventi passati
  • fuga all’esterno: il gruppo sembra attratto da argomenti lontani dalle attuali discussioni
  • fuga nell’amore: proclama in modo esagerato la propria lealtà al gruppo
  • spostamento del conflitto: si allontanano gli scontri e le discussioni che andrebbero gestite
  • confusione di ruolo: si verifica quando un membro del gruppo assume la conduzione
  • fuga nella virtù: si esprime sottoforma di fedeltà alle regole
  • assistenza del conduttore: ruolo di aiutante
  • lamento per evitare l’aiuto: si critica l’associazione per evitare le critiche
  • attacco e fuga: tensione per evitare collaborazione

 

Nel corso del lavoro con il gruppo possono verificarsi serie di episodi:

  • silenzi
  • condensazioni: sbocchi improvvisi di confidenze
  • risonanza: seguire la lunghezza d’onda
  • transfert: trasferimento delle precedenti esperienze

 

Nel corso del lavoro con il gruppo possono verificarsi serie di fenomeni:

  • socializzazione del linguaggio: indicatore della transizione verso l’universo gruppale.
    Io -> noi
  • interdipendenza: relazione complementare, simmetrica e non dipendente
  • sala degli specchi: mirroring, capacità di rispecchiare parti di sé negli altri e viceversa
  • accettazione delle differenze

 

Capitolo due

Pensare di gruppo e lavorare con i gruppi

(concetti più importanti)

 

Pensiero di gruppo: possibilità di riconoscersi in un prodotto risultato dalla messa in comune di pensieri individuali

Pensare di gruppo: pensiero flessibile, orientato alla costante revisione del precedente stato di coscienza e conoscenza

 

Fattori costitutivi della cultura di gruppo:

  • differenziazione della leadership: ripartizione delle funzioni. Il dissenso è un valore, l’obbedienza è flessibile
  • trattamento dei conflitti tramite la condivisione: i conflitti non risolvibili possono essere risorse, gestibili momento per momento
  • potere psichico, oggetto di conoscenza scientifica
  • il potere è a somma variabile: il potere è plurale, quello di un membro accresce quello di un altro membro
  • centralità del futuro: polidimensionalità temporale. Presente-passato-futuro si intersecano
  • polidimensionalità dei metodi conoscitivi
  • pluralismo normativo: non esistono tabù e violazioni di norme. Il crescere degli altri fa crescere anche me stesso.

 

Capitolo tre

Storia e collocazioni concettuali

Il gruppo in psicologia clinica e sociale

 

Gruppi nell’area clinica e psicoterapeutica

Il primo caso di utilizzo del set gruppale con fine terapeutici è stato individuato nel lavoro di Pratt (1904). Dello stare in gruppo era utilizzata la potenzialità ad avere influenze sulle dimensioni relazionali e sulle risonanze affettive del disturbo.

 

I gruppi psicoanalitici

La prima esperienza è stata da fatta da Burrow. Da allora si differenziano analisi mediante il gruppo, in gruppo e di gruppo. Burrow sosteneva l’esistenza di una primaria tendenza aggregativa ricolta alla solidarietà, ostacolata però nella sua piena realizzazione dall’imposizione dei codici morali convenzionali di comportamento. In chiave psicoterapeutica il gruppo è l’unica possibilità di trattamento dei conflitti psichici perché permette la messa in crisi delle false immagini di sé dettate dai ruoli e dalla morale sociale.

 

Terapia psicoanalitica IN gruppo

Le prime esperienze risalgono agli anni 30. Figura rappresentativa è Slavson che giunse alla psicoterapia di gruppo dal lavoro con gruppi di bambini. Il gruppo si costituisce, secondo il nostro autore, come riproduzione del nucleo familiare originale. Non si attribuisce al gruppo un valore terapeutico perché la coesione potrebbe essere di ostacolo al lavoro analitico. Il gruppo sarebbe allora una sorta di cassa di risonanza in cui l’inconscio individuale può meglio risuonare ed essere visualizzato. Wolf introdusse nel trattamento la seduta alternata, una seduta settimanale gestita dai pazienti in assenza dell’analista, in cui si nota che le dinamiche interpersonali non sono da considerarsi ostacoli, poiché si creano indipendentemente dalla presenza del conduttore.

 

Terapia psicoanalitica DI gruppo

Conflitto focale di gruppo: gruppo come totalità agente sugli individui e sui loro conflitti inconsci. Conflitto inconscio condiviso dai componenti. Si determina a partire dalla contrapposizione di un motivo disturbante (desiderio) e un motivo reattivo (paura). La soluzione del conflitto focale di un gruppo risulta essere un accomodamento delle forze opposte e le soluzioni del conflitto possono essere di natura restrittiva. Perché si arrivi alla soluzione è necessario l’intervento del leader del gruppo.

 

Terapia psicoanalitica ATTRAVERSO il gruppo, Foulkes e la gruppo analisi

Analisi di gruppo: metodo che deriva dalle esperienze di Foulkes, forma di psicoterapia praticata dal gruppo nei confronti del gruppo.

Il gruppo analitico è un amatrice interattiva di comunicazioni inconsce. Tutti i fenomeni che si verificano “sono parte di una gestalt, di una configurazione nella quale esse costituiscono le figure (primo piano) mentre il campo (sfondo) è rappresentato dal resto del gruppo”. la situazione può essere descritta come un insieme di persone (max 8) che periodicamente si incontrano in presenza di un terapeuta e che a determinate condizioni stabilite possono produrre e analizzare i propri sintomi, i propri modi di interagire allo scopo di giungere a una soluzione dei conflitti. Il conduttore deve avere come obiettivo l’analisi, cioè il costruire e mantenere la situazione analitica di gruppo.

Lewin:

-teoria dinamica della personalità: dinamica, in continuo cambiamento in riferimento al campo psicologico nel quale si situa

-teoria del campo: i fenomeni psicologici sono analizzabili come fenomeni che hanno sede nel campo psicologico e dunque nel campo dell’interrelazione tra persona e ambiente

-spazio di vita: insieme dei fatti che determinano il comportamento di una persona: C = f (P,A)

-gruppi operativi: finalità è mobilitare, elaborare e rimuovere le strutture stereotipate di pensiero che hanno origine dall’ansia che si determina in presenza di ogni cambiamento

-gruppi interattivi: la caratteristica risiede nell’accento posto sugli aspetti comunicativi che si realizzano tra i partecipanti. Altra caratteristica è il numero molto limitato dei componenti. Si da importanza alla funzione che ricopre l’individuo e alla comunicazione che mobilita.

 

Bion con il termine gruppo indica un insieme di persone che si trovano allo stesso grado di regressione per effetto delle rinuncia che derivano dal contatto di ciascuno con la vita affettiva del gruppo. ciò che consente all’individuo di entrare immediatamente in combinazione con uno schema prestabilito di comportamento viene chiamato valenza: definita come capacità del singolo di combinarsi istantaneamente e volontariamente con un altro per condividere un assunto di base. L’individuo deve stabilire un contatto con la vita emotiva del gruppo e ciò gli pone il problema di evolversi e differenziarsi e pertanto di affrontare timori connessi con questa evoluzione. Queste complicazioni lo portano ad una regressione.

Assunti di base modulano stati emotivi del gruppo. in verità lo stato emotivo precede l’assunto di base e segue alcuni fenomeni proto mentali dei quali è espressione. Gli assunti di base individuati e ritenuti fenomeni tipici del gruppo sono:

  • assunto d.b. di dipendenza: il gruppo si riunisce in attesa di protezione e difesa da un capo dal quale dipende e viene nutrito (questo assunto si incarna con la chiesa)
  • assunto d.b.  di accoppiamento: determina un sentimento di speranza per l’avvento di un messia che dovrà nascere dal rapporto tra due componenti del gruppo ma in realtà non deve mai realizzarsi (incarnato con l’aristocrazia)
  • assunto d.b. di attacco/fuga: gruppo teso alla lotta o in difesa da qualcosa. Il capo è colui che guida questa difesa o questa lotta (incarnato con l’esercito)

 

Gli assunti di base non devono essere visti come collegati in sequenza ma piuttosto come successione circolare. 

 

Capitolo quattro

Variabili di un gruppo

I parametri fondativi del gruppo

 

  • consulenza psicologica gruppale come ricerca-intervento

forma di ricerca-intervento orientata alla riflessione sui processi mentali. Indica in specifici contesti la competenza di accogliere e analizzare la domande dell’utenza e della committenza, di progettare interventi, ci strutturare set set-ting funzionali

  • rappresentazioni sociali

attive: complesso degli insieme psico-socio-cognitivo-affettivi: modi di ricostruzione della realtà che tengono conto del sistema cognitivo dei valori del soggetto e del suo contesto. I processi che la costituiscono: oggettivazione e ancoraggio

  • contesto, istituzione, collusione

il Contesto è l’insieme delle relazioni e della loro struttura organizzativa. Il soggetto vive la propria esperienza. Collusione: insieme delle simbolizzazioni affettive evocate inconsciamente nel contesto dai partecipanti.

  • set/setting

insieme dei parametri visibili e invisibili che definiscono il campo entro e attraverso il quale è possibile una consulenza scientifica di natura psicologica.

Set: insieme delle condizioni operative visibili nell’intervento clinico

Setting: insieme invisibile delle concezioni scientifiche, professionali e personali dello staff.

  • cultura:

insieme delle peculiari e soggettive modalità affettive e cognitive presenti nella nostra relazione con il mondo interno ed esterno

  • cultura organizzativa:

modula l’unicità o la pluralità di potere secondo le esigenze funzionali, i conflitti sono accolti  come espressioni dinamiche collettive

  • analisi della domanda

consente il chiarimento delle dinamiche collusive che si determinano nel rapporto richiesta-offerta tra l’utente e lo psicologo. Orientamento pragmatico. Il gruppo può essere utilizzato per compiere l’analisi della domanda anche laddove si intuisca la necessità di un intervento individuale.

 

Elementi di base del gruppo di lavoro

Le variabili cruciali di osservazione e intervento gruppale per lo psicologo sono:

  1. obiettivo: risultato atteso dal gruppo di lavoro, coerente con i risultati attesi dall’organizzazione. Deve essere: definito, costruito su fatti, perseguibile e misurabile.
  2. metodo: insieme di principi che orientano le attività del gruppo. Richiede: analisi delle risorse e dei vincoli, discussioni di confronto, raccolta di dati concreti.
  3. ruoli: insieme di comportamenti che ci si aspetta da chi occupa una posizione all’interno del gruppo. È influenzato da: aspettative, conoscenza del ruolo, motivazione a ricoprirlo, consapevolezza delle proprie competenze.
  4. leadership: espressione della funzione di influenzamento. Determinate per: prestazioni, comunicazione, decisioni del gruppo. Differenziare leadership formale o istituzionale (condurre il lavoro del gruppo, scelta dall’organizzazione) da leadership informale o funzionale (negoziazione e condivisione individuo-gruppo). La leadership efficace è l’esito dell’incontro tra le aspettative del gruppo. Definita anche leadeship di servizio
  5. comunicazione: processo di scambio di informazioni ed influenze che orienta le relazioni interpersonali. Componenti principali: confronto, scambio, ascolto, esposizione, feedback. Lo stile di comunicazione è l’insieme di caratteristiche linguistiche, relazionali e pragmatiche.
  6. clima: insieme di elementi che colgono la qualità dell’ambiente del gruppo, la sua atmosfera. Aspetti salienti: percezioni, vissuti, sentimenti dei membri.  
  7. sviluppo: evoluzione di un processo che integra il sistema di competenze e quello esterno in modo interdipendente. Può rivelarsi attraverso: capacità strategiche, innovative e informative, operative.

 

Capitolo cinque

Il gruppo nella formazione

 

Il gruppo di formazione costituisce una tecnica finalizzata a favorire la crescita personale e collettiva nei mondi del lavoro e della polis.

 

Quale gruppo, quale formazione

I processi formativi sono attivi ben al di là dell’aula. Ciò che si verifica nell’aula è in attività relazionale con la mente individuale e contribuisce ampiamente all’attribuzione di senso che il soggetto conferisce all’esperienza che all’interno dell’aula stessa prende forma. L’impegno mentale dei soggetti è situazione che si costituisce come sfondo e fondamento della possibilità o dell’impossibilità. Non esistono forme pure del gruppo di formazione come tecnica ma costruzioni di spazio per il sociale e il mentale che prendono “forma di gruppo di formazione”.

- formazione è iterativo di forma

- formazione o è trans-formazione oppure si riduce a semplice informazione

Fare formazione significa prendere parte ai processi di guida delle organizzazioni.

 

Formare mediante il gruppo: a che cosa e da quale prospettiva

La formazione informativa non consente la maturazione della capacità di analizzare ciò che è istituzione interna ed esterna. La formazione informativa ha un valore nell’apprendimento di concetti e operatività semplici ma non in quelli che richiedono autonomia decisionale. Il gruppo di formazione ha finalità e metodologie diverse da quelle tradizionali: semplice trasmissione di informazioni, quindi richiede la promozione e lo sviluppo di competenze formative idonee all’acquisizione di capacità di operare secondo il pensiero complesso. Tre aree della formazione:

  • esplicativa
  • implicativa
  • applicativa

 

Il gruppo di formazione: questioni di setting, conduzione, obiettivi

Il formatore conduttore è il garante della possibilità che si attivino spazi di insaziabile saturazione che consentono il lavoro di elaborazione soggettiva dei temi proposti dalla formazione.

 

Obiettivi:

il piccolo gruppo può costituirsi come attivatore di una nuova cultura psicologica dove siano consentiti la tolleranza e l’accettazione della presenza contemporanea di più piani del discorso. Permette ai soggetti un’efficace lavoro di conoscenza e crescita della propria identità professionale e del proprio rapporto con il lavoro.

 

Setting:

laboratorio fuori dl quotidiano, contesto relazionale condiviso, spazio mentale per il mentale. Campo contransferale: campo attivamente costruito e attraversato da universi mentali propri dei partecipanto.

 

Gruppo di formazione e istituzione

Il gruppo può intervenire direttamente solo su sé stesso e su ciò che in esso può essere contenuto. L’organizzazione nel lavoro formativo è un elemento centrale.

 

Tecniche:

il formatore non applica ma utilizza del tecniche, le sceglie, le trasforma, in funzione dei vincoli, degli obiettivi. Metodi attivi: apprendimento come apprendimento dall’esperienza, risultato del lavoro che ci si trova ad esperire. Caratterizzano la formazione centrata sul gruppo, basata sulla presa di coscienza orientata all’appropriazione e produzione autonoma di modelli a partire dall’esperienza. Presupposto fondamentale è il rapporto apprendimento-azione.

 

La lezione

Le metodologie didattiche che fanno perno sulla lezione si differenziano dai metodi attivi. Le lezioni se pur centrate sul ruolo del relatore sono congruenti con un impianto metodologico generale che intenda attivare i partecipanti nel processo di apprendimento. Gli accorgimenti per rendere più attiva la lezione vanno assunti tenendo presente che la progettazione riguarda sia il cosa sia il come.

 

Le tecniche di gruppo: accorgimenti:

il lavoro formativo richiede in genere che siano costruiti ad hoc piccoli gruppi come contenitore per le esperienze da realizzare; richiede che ai sottogruppi sia assegnato un compito da svolgere in un tempo variamente determinabile.

 

Tecniche di gruppo. Il metodo dei casi

Affidare a un gruppo il racconto di una situazione problematica e promuovere una discussione per analizzare il problema per comprendere meglio le ragioni dei comportamenti agiti dai diversi ruoli in gioco. Si distinguono:

  • studio dei casi
  • business games
  • autocasi

 

Tecniche di gruppo, il role play:

richiedere ai partecipanti di rappresentare ruoli in interazione tra loro. La validità del role playing poggia sulla funzione della simulazione intesa come mimesi della realtà agita praticamente. La dimensione ludico-mimetica funziona nella misura in un la situazione rappresentata appare credibile. Tre diverse centrature:

  • sul problema che viene agito:
  • sui ruoli che agiscono il problema
  • sul mondo interno di chi rappresenta i ruoli

 

Fasi di progettazione:

  • preliminare: costruzione
  • in loco: da gestire con la flessibilità che la situazione richiede

 

Capitolo sei

Il T-group

 

Ha caratterizzato la psicologia sociale più interessata alla ricerca del piccolo gruppo psicologico.

Il gruppo di addestramento (training group): esperienza di apprendimento per implicazione diretta attraverso la quale i partecipanti acquisiscono una maggior sensibilità ai fenomeni del gruppo.

 

L’utilizzo va fatto risalire alla capacità intuitiva di Lewin: il senso è rappresentato da dinamica di gruppo. si fa riferimento alla conoscenza dei fenomeni ed al metodo di intervento per il cambiamento dell’individuo nel gruppo.

Il gruppo è un insieme dinamico che si basa sull’interdipendenza dei membri che lo compongono.

 

Aspetti operativi:

strumento di sensibilizzazione al lavoro di gruppo. tecnica che ha lo scopo di aumentare al massimo le capacità umane.

Obiettivi:

  • imparare dall’esperienza
  • acquisire conoscenza di sé
  • maggiore sensibilità verso i problemi degli altri
  • stabilire un comportamento in  funzione della realtà e non di preconcetti

 

[gruppo non strutturato, non si pongono compiti prefissati, partecipano persone diverse fra loro, spazio autogestito. Ciascuno è contemporaneamente osservatore e partecipante. L’obiettivo: che il gruppo sviluppi una sua cultura]

 

Il trainer: facilitatore dei processi interattivi, agevola l’apprendimento e segue la fase che il gruppo attraversa. Deve accrescere le capacità e analizzare le difficoltà comunicative. Deve essere autentico, neutrale e tollerante.

 

È possibile rilevare tre modalità di utilizzo:

- working group

- come gruppo di psicoterapia

- come gruppo autocentrato

 

Capitolo sette

Gruppo mediano allargato

 

Main e Jones in Inghilterra utilizzarono per primi gruppi allargati con un gruppo di partecipanti superiori a 30.

Dobbiamo a L. Ancona l’introduzione in Italia l’introduzione del grande gruppo. Si ritiene che sia abbastanza difficile definire cosa sia il g.g. (grande gruppo).

 

Fondamentale è il setting: una grande sala, sedie in cerchi concentrici, da quelli a diametro minore a quelli più espansi verso la periferia.

Le sedute si svolgono in 90 minuti. Sono previste a conclusione dell’attività momenti finali di restituzione da parte dei conduttori. Uno dei criteri per la riuscita è la non categorizzazione dei soggetti. Da un punto di vista clinico è importante il fenomeno psico-socio-relazionale che si verifica all’interno del g.g. e che dà l’idea delle forti resistenze delle persone a vivere pienamente questa esperienza.

 

Gran parte dei fenomeni psicogruppali sono da ricondurre alla particolare disposizione dei membri. Ciascuno parla avendo alle spalle persone che non vede, che non si sa come ascoltano e cosa pensano. La sensazione più comune è di essere incompresi o giudicati.

 

Il gruppo mediano:

partecipazione di un numero da 17 a 40 unità. Diversamente dal setting del g.g. la disposizione è di tipo circolare. Il suo utilizzo spazia dal lavoro psicosociale alla psicoterapia vera e propria.

“secondo la definizione ufficiale del Median Group Section di Londra *_* , l’obiettivo del gruppo mediano è imparare a reggere la frustrazione, a pensare e a coltivare un dialogo favorendo un processo cosciente che conduce all’espansione della propria mente verso molte prospettive diverse e all’evoluzione dell’outsigth”.

 

Ancona afferma che i principali fattori che si animano nel setting mediano sono il mirroring, la risonanza, la correzione dell’immagine del proprio io e del self relazionale.

 

Capitolo otto

I gruppi telematici

 

Viviamo nell’era dell’informazione. Il computer diventa il mezzo di comunicazione, in modo uno a molti. Il destinatario ha una capacità di scelta limitata.

Nel caso della comunicazione telematica, oltre alla velocità, notiamo che ogni nodo può contemporaneamente trasmettere e ricevere: modello molti a molti.

 

Gruppi virtuali e reti telematiche:

da un punto di vista della psicologia dei gruppi, le nuove tecnologia favoriscono l’emergere di gruppi virtuali (“aggregato di persone che condivide gli stessi spazi, tempi e collabora per obiettivo comune”) in grado di porsi in contatto dando vita a comunità internazionali. I gruppi in rete nascono, vivono e muoiono con rapidità straordinaria.

 

Realtà e virtualità dei gruppi in rete

L’assenza del corpo consentirebbe una comunicazione libera da pregiudizi. Chiunque può decidere di essere chi vuole. Il fenomeno della disinibizione è uno dei più interessanti: indicatore sociale che creerebbe una sorta di “vuoto sociale” in grado di favorire una modalità di comunicazione più aperta. Siamo abituati a pensare al gruppo come spazio in cui si condividono lo spazio e la compresenza dei corpi; in internet, invece, lo spazio si virtualizza facendo del cyber-spazio un’astrazione condivisa. Vanno analizzate le relazioni individuo-computer e individuo-individuo tramite computer: così si definisce gruppo virtuale quella modalità relazionale plurale nella quale sono assenti i corpi e la comunicazione visiva-acustica, e sono mediati dalla tecnologia. Il cyber-spazio lascia la dimensione strutturale per divenire uno spazio psicologico tra interno ed esterno.

 

Tipologie dei gruppi virtuali:

due grandi categorie:

. gruppi formati da persone che si conoscono nella vita reale

. gruppi formati da persone che non si conoscono

 

In funzione delle svariate applicazioni telematiche utilizzate possono prendere forma altre realtà gruppali. Si pensi all’utilizzo delle mail e mailing list.

 

Gruppi di lavoro virtuali: forma di organizzazione utile quando per un progetto devono esser eunite persone lontane.

 

Capitolo nove
Il focus group

 

“tecnica qualitativa di rilevazione dei dati che si basa sulle informazioni che emergono da una discussione di gruppo centrata su un tema, un argomento che il ricercatore desidera trattare in profondità”

 

I protagonisti:

- il committente: persona che commissiona la ricerca

- il ricercatore (può coincidere col committente): pianifica la ricerca

- il moderatore: gestisce il gruppo

- i partecipanti

 

Tipologie di focus group:

 

[le differenze fanno riferimento a: setting, ruolo del moderatore, garanzia di anonimato, costi]

 

  • full group: 4-6 partecipanti. Moderatori e partecipanti sono nella stessa stanza. 90-120 minuti. Moderatore riduce al massimo gli interventi.
  • mini group: 8-10 partecipanti. Moderatori e partecipanti sono nella stessa stanza. 90-120 minuti. Moderatore riduce al massimo gli interventi.
  • gruppi tefonici: distanza spaziale tra moderatori e partecipanti. 60 minuti. Il ruolo del moderatore è vicino a quello di un intervistatore. L’anonimato è più garantito perché manca il contatto diretto

 

Metodo che appartiene alla ricerca qualitativa. Studio di argomenti e comportamenti complessi, volto alla comprensione di opinioni, comportamenti e valori differenti.

 

Fasi di attuazione del progetto:

  • identificazione del problema
  • progettazione
  • realizzazione
  • valutazione

 

Fasi del focus group:

  • Pianificazione: stabilire le modalità con le quali il ricercatore intende procedere alla raccolta e all’analisi delle informazioni. Bisogna stabilire il momento ed il luogo in cui svolgere l’attività. Nel f.g. strutturato il moderatore pone domande precise e i partecipanti devono rispondere in modo puntuale il f.g. non strutturato si sviluppa intorno a domande aperte.
  • Reclutamento: definire le caratteristiche del campione in base agli obiettivi della ricerca. Si possono utilizzare
    • Gruppi omogenei: i membri hanno caratteristiche simile per qualche aspetto interessante nell’ambito della ricerca, tipologia più semplice da gestire. I partecipanti si sentono più liberi di esprimersi.
    • Gruppi disomogenei: composti da membri con caratteristiche molto differenti. Indicati in casi in cui è necessario avere una molteplicità di punti di vista.

 

La figura del moderatore: organizzare e coordinare discussione del gruppo. durante la fase di pianificazione collabora col committente per stabilire il fine della ricerca e il proprio ruolo all’interno della stessa.

 

Le domande del focus group
I partecipanti sono invitati a rispondere alle domande formulate dal moderatore.
La stesura delle domande avviene nella fase di pianificazione:il processo prevede innanzitutto che sia chiarito qual è l’obiettivo della ricerca;successivamente si stila un elenco di temi che di desiderano sviluppare;poi il ricercatore scrive le domande ponendo attenzione alla loro sequenza e infine le domande verranno riviste.
La guida del moderatore è uno strumento che può assumere due forme:

  1. topic guide: scaletta di argomenti chiave concernenti la ricerca. Si utilizza nella fase esplorativa di una ricerca.
  2. questioning route: si ritrova nelle ricerche in ambito accademico. Per la stesura il ricercatore deve conoscere molto bene sia il tema dell’indagine sia le caratteristiche dei partecipanti.
    le domande sono estremamente specifiche e complesse.

 

Le domande dovrebbero essere chiare brevi e comprensibili. Generalmente la prima domanda è quella di apertura che richiede poco tempo per la risposta, successivamente si pone la domanda introduttiva dopo la quale, avendo introdotto l’argomento,si formula la domanda di transizione, che ha la finalità di mettere in relazione il tema di indagine con le esperienze personali.
Il fulcro della discussione è dato dalle domande sostanziali. La domanda finale chiude la discussione e consente una riflessione sulla sessione.

Se le risposte sono varie il moderatore può utilizzare alcune strategie:

  • domande di tipo probe:approfondimento
  • domande follow up: chiariscono le opinioni dei partecipanti
  • domande unplanned o serendipitous: domande spontanee quando nel corso della sessione emergono informazione di cui il ricercatore non era a conoscenza durante la fasi di pianificazione

 

Capitolo dieci

I gruppi di auto aiuto

 

La possibilità di essere aiutati aiutando costituisce un fenomeno sempre più presente nel panorama mondiale.

 

Nascita e crescita dei gruppi di a.a.

È possibile rintracciare due date di nascita:

- origine della specie umana

- 1935, nascita, in America, del gruppo degli Alcolisti Anonimi

Oggi il gruppo si propone come una aggregazione spontanea nella quale si scambiano informazioni. L’auto aiuto fornisce supporto a persone che si sentono sopraffatte da un evento o una situazione ingestibile.

 

Dal welfare state al welfare community

Lo stato del benessere (W.S.) garantisce a ogni suo cittadino degli standard minimi di reddito, alimentazione, salute, educazione, come diritto politico.

Il benessere (W.C.) si colloca in una dimensione comunitaria che compete a tutti l’assistenza della comunità.

 

Come possono essere d’aiuto i gruppi di auto aiuto?

Non sono indicati per tutti, essi offrono un metodo efficace di integrazione dei diversi servizi di cura perché:

  • modificano in senso positivo il corso della malattia della persona
  • si possono trovare e organizzare dovunque
  • sono gratuiti

 

Cosa si intende per gruppi di a.a.?

gruppi ristretti fondati sull’interazione face-to-face composti da membri che condivino esperienze comuni. Insiemi di persone o famiglie che si trovano insieme per superare disagi comuni attraverso il reciproco sostegno comune. Per a.a. si intende: auto: non da soli ma l’uno con l’altro, aiutarsi reciprocamente. I componenti sono pari, coinvolti nella richiesta e offerta di ascolto e aiuto reciproco. I membri comunicano in modo diretto sulle esperienze, abbassano le normali difese, si scambiano vicendevolmente informazioni e conoscenze.

Possono essere gruppi aperti (non hanno durata prestabilita e consentono il fluire dei membri) o chiusi (non consentono l’ammissione di nuovi membri), a seconda degli obiettivi e delle caratteristiche.

Per accedere a un gruppo bisogna sostenere un colloquio che serve a stabilire la compatibilità tra persone e gruppo.

 

Primo incontro: esplicitazioni regole importanti. La collaborazioni mira a disincentivare comportamenti competitivi.

 

Aiutarsi online:

modo moderno di concepire la cura. L’accesso alle reti sta modificando il rapporto gente-sistema sanitario e sta trasformando lo stesso concetto di salute.

Bisogna parlare di gruppi reali in ambiente virtuale, non di gruppi virtuali, perché formati da persone reali.

Dal punto di vista metodologico un intervento in rete avviene in 3 fasi:

  • conoscitiva (anamnesi): mail - consulenza
  • valutazione qualitativa e quantitativa del disagio: mail - consulenza
  • elaborazione di un progetto mirato in base alla diagnosi

 

Si cura attraverso la relazione, anzi è la relazione che cura. L’utilizzo della psicoterapia online assume il significato di una fuga dalla realtà, di un agito che evita l’impatto con il reale.

 

Fonte: http://www.hafricah.net/public/Appunti/elementi%20psicologia%20dei%20gruppi.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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