Comunicazione facilitata

 

 

 

Comunicazione facilitata

 

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Comunicazione facilitata

 

Che cos’è la comunicazione facilitata?

La comunicazione facilitata è una tecnica che permette alle persone che presentano grosse difficoltà nell’interazione sociale e nella comunicazione con gli altri,di interagire usando la competenza dell’indicare.

La comunicazione facilitata è diretta a soggetti che presentano problemi neuromotori (disprassie)che compromettono l’utilizzo del linguaggio e, soprattutto in Italia, è usata particolarmente con ragazzi autistici (Oppenheim, 1974).

La comunicazione facilitata implica che un terapista abilitato (il facilitatore) offra un sostegno alla mano o al braccio di un individuo con un deficit di comunicazione (facilitato) per aiutarlo ad indicare delle immagini o lettere o ad usare una tastiera per digitare un testo.

Il supporto fisico, da cui non può prescindere questa tecnica, non è una guida al movimento ma un allenamento per le costruzioni di un gesto via via più indipendente e finalizzato.

Il supporto fisico aiuta infatti il soggetto a superare alcune difficoltà fisiche (nonché emotive) specifiche, quali uno scarso coordinamento occhio-mano, un tono muscolare basso o troppo elevato, problemi nell’isolare o estendere il dito indice, scarsa perseveranza nell’esecuzione di un compito, utilizzo di entrambe le mani per eseguire un compito che ne richiederebbe una sola, tremori, instabilità muscolare, problemi nell'iniziare un compito su comando, impulsività.

Con il passare del tempo il supporto regredisce ad un semplice tocco sulla spalla fino ad arrivare all’indipendenza nello scrivere.

Il fine di questa tecnica è l’utilizzo della dipendenza “dei mezzi e persone” per costruire un futuro nel quale la comunicazione possa essere più indipendente.

La motivazione scientifica del perché un soggetto si attivi con un tocco non è a tutt’oggi molto chiara; tuttavia sono in corso studi e ricerche che stanno confermando, almeno a livello empirico,  che il tocco o la pressione o il blocco dell’arto prima dell’attivarsi del movimento permette di organizzare a livello centrale una migliore precisione del movimento stesso (Biklen, 1990).

La principale competenza coinvolta nella tecnica della comunicazione facilitata è, infatti,la capacita di indicare.

Questa capacità si sviluppa nel bambino spontaneamente come prima forma di comunicazione esterna al proprio sé verso gli 8/9 mesi dalla nascita.

Nei bambini con danno neuromotorio o neuropsicologico (come, per esempio, l'autismo), questa competenza o non si sviluppa oppure si sviluppa in ritardo, e comunque non raggiunge mai un livello di precisione soddisfacente perché possa essere utilizzato nello scambio comunicativo.

 

Obiettivi:

La finalità di un progetto di Comunicazione Facilitata è aiutare la persona ad esprimere una comunicazione indipendente ed efficace nel maggior numero di contesti possibili, per poter così raggiungere il massimo livello di autonomia e affiancare psicologicamente il soggetto aiutandolo nel gestire l'indipendenza man mano acquisita Si tratta infatti di un aspetto spesso vissuto in modo ansioso dal soggetto. A motivo di ciò nel progetto sono coinvolti oltre ai singoli operatori, anche le equipe e le famiglie.

 

La Formazione del personale:

In particolare tutti i futuri facilitatori devono partecipare ad un percorso di training che includa apprendimenti teorici e pratici, singoli e di gruppo, sull'utilizzo della Comunicazione Facilitata e sulle sue applicazioni nell'ambito della varietà della disabilità comunicativa.

I facilitatori lavorano sotto la diretta supervisione di un formatore e supervisore, mantenuta nel tempo e costruita in base alle caratteristiche e agli obiettivi del progetto individuale di ogni singolo utente.

Ecco un breve estratto di un documento in cui la dott.ssa Crossley tratta la formazione del facilitatore (Crossley, R. 1994) :

“Tu sarai un buon facilitatore se controllerai sempre che la persona facilitata stia guardando il congegno di comunicazione mentre indica. Altrimenti gli osservatori potranno pensare che tu stia producendo il messaggio. Dai constante rinforzo, ripeti le parole e le frasi man mano che il messaggio viene costruito; se stai usando una cartellina di comunicazione dovrai ripetere ogni lettera in modo che l'utilizzatore sappia sempre che tu hai ben visto ciò che ha indicato e ti possa quindi correggere se necessario. Dai il minor supporto necessario perché la facilitazione è tesa a migliorare le abilità e le capacità di indicare e via via che questa capacità si sviluppa, la facilitazione deve essere ridotta. L'obiettivo è l'indipendenza”.

Inizialmente la formazione è stata curata direttamente dal prof. Biklen e dalla dott.ssa Crossley. Attualmente sul territorio italiano esistono dodici centri specializzati nella Comunicazione Facilitata che si occupano della formazione del personale.

 

Il Metodo:

Il soggetto va preventivamente osservato in luogo privo di  distrazioni; occorre che il facilitatore comprenda le reazioni al contatto fisico e possa inoltre capire con quale mano il soggetto sia predisposto alla scrittura.

Al fine di ottenere risultati il facilitatore deve eliminare i contatti fisici non essenziali, segnalare l'intenzione del soggetto di toccare e il punto che il soggetto vuole toccare, ridurre tutte le informazioni non rilevanti e aspettare a pretendere la risposta da parte del facilitato.

Nel momento in cui il contatto entra a far parte dell'esperienza a due è importante che le domande e le richieste siano calibrate e commisurate alle possibilità di risposta, è necessario usare un linguaggio semplice e parlare al soggetto come si parlerebbe ad un soggetto normale della stessa età, per poi aspettare pazientemente una risposta.

Non esiste una tempistica standard, quindi poiché i tempi di apprendimento del soggetto possono essere anche molto lunghi, l'intervento va gestito in modo da dare continuità e stabilità. Occorre quindi che il facilitatore prepari prima il piano di lavoro e preveda eventuali alternative, cerchi di evitare l'ansia dovuta ad elevate aspettative e dia un supporto fisico e psicologico scegliendo attività adatte.

Il training del soggetto facilitato prevede i seguenti passaggi: si inizia facendo indicare oggetti, colori, forme, e immagini cui viene associata la scelta sì o no. Si continua poi con parole singole, a coppie o scelte multiple.

Per il facilitatore è importante sorvegliare il contatto visivo, prestare attenzione a quello che viene scritto, tirare indietro e frenare la mano, ridurre gradatamente la pressione esercitata col tocco.

I passaggi della facilitazione vanno normalmente dall'isolare il dito indice, al “tocco” del palmo della mano, poi in successione del polso, dell'avambraccio, del gomito, della spalla, della testa o della gamba, fino a nessun tocco.

 

Strumenti:

La Comunicazione Facilitata non può prescindere dall'utilizzo di strumenti informatici, e negli ultimi tempi l'informatica ha prodotto numerose realtà proprio per venire incontro alle più svariate forme di disabilità: dai software specifici per personal computer a “comunicatori” creati ad hoc.

L'obiettivo finale deve restare comunque un uso sociale del computer che favorisca l'integrazione piuttosto che l'isolamento.

Relativamente all'uso del computer per la Comunicazione Facilitata, va richiesto che le macchine presentino le seguenti caratteristiche:

  • facile trasportabilità, per favorirne l'uso in diversi ambienti
  • resistenza
  • tasti attivabili con poca pressione, ma con opzione di non ripetizione in caso di pressione prolungata
  • schermo chiaro con caratteri abbastanza grandi
  • possibilità di sintesi vocale
  • possibilità di predizione dei vocaboli
  • programmi utili per compiti specifici (apprendimento di lettura e scrittura, calcolo, disegno, geometria ecc.) da potersi usare anche senza uso del mouse
  • accesso totale alle funzioni anche senza uso del mouse, ma tramite sensori, scansione, ecc.
  • costi contenuti o adeguata, parziale copertura dei costi.

La cosa che non si può chiedere alla macchina è quella di risolvere il “problema comunicazione o di sostituirsi al nostro compito di educatori. La Comunicazione Facilitata quindi non può legittimare l'assenza di un progetto più ampio. Le offerte tecnologiche offrono un buon vantaggio di possibilità rispetto a pochi decenni fa.

 

Vantaggi e limiti della Comunicazione Facilitata:

La Comunicazione Facilitata abitua il soggetto a perfezionare e migliorare la selezione del messaggio in uscita, a vivere il contatto con l'altra persona; aumenta inoltre il livello di autostima e di fiducia nei confronti del facilitatore e fa si che ci sia un reale confronto con la propria produzione comunicativa. Aiuta perciò a migliorare l'organizzazione del pensiero affermando il concetto di realtà, permettendo al soggetto di migliorare la propria vita sociale. Proprio per questo è importante l'inserimento della tecnica della Comunicazione Facilitata nell'ambito scolastico: apre nuove possibilità di apprendimento e socializzazione a soggetti con evidenti limiti nella comunicazione “standard” ma con capacità e competenze latenti.

Rimane ancora aperto il dibattito sulla validità e fondatezza della tecnica della Comunicazione Facilitata: sono state mosse accuse sostenendo che la comunicazione prodotta non provenisse dal facilitato bensì dal facilitatore (Rimland, B, 1993, 1999).

Gli studi effettuati non hanno verificato la validità della Comunicazione Facilitata in tutti casi, non potendola perciò definire un metodo scientifico valido in ogni situazione: i risultati sono legati a diverse variabili del soggetto di tipo neurologico (tremori, tono muscolare, sensibilità propriocettiva). Inoltre un'osservazione durante una sessione di Comunicazione Facilitata può diventare un fattore di disturbo nei confronti del soggetto (Szempruch – Jacobson, 1993).

A riprova dell'efficacia del metodo esistono però numerosi casi di soggetti che tramite la Comunicazione Facilitata hanno acquisito maggiori capacità comunicative, raggiungendo un livello di indipendenza ed autonomia superiore a quello iniziale.

 

Brevi cenni storici:

Gli antecedenti della Comunicazione Facilitata si possono rintracciare in alcuni lavori svolti nei primi anni settanta. Già negli anni sessanta comunque, si ha notizia di due pediatri newyorkesi, Goodwin e Goodwin, che si occuparono di più di 60 studenti con diagnosi di autismo alcuni dei quali erano in grado di digitare su uno strumento detto "la macchina per scrivere parlante"; dagli appunti non è tuttavia risultato se il braccio degli studenti fosse sostenuto in qualche modo. La Comunicazione Facilitata si distingue dalle altre forme di Comunicazione Aumentativa ed Alternativa soprattutto per il fatto di fornire un supporto fisico.

Nel 1974 fu pubblicato un articolo da Oppenheim nel quale si affermava che era stato possibile permettere ad alcuni studenti con autismo di scrivere, sostenendo loro la mano e riducendo gradualmente l’aiuto; già da questi esperimenti ci si rese conto di come nella Comunicazione Facilitata sia importante il fattore contatto-presenza del “facilitatore”

La Comunicazione Facilitata viene impiegata con questo nome per la prima volta in Australia all'inizio degli anni '70 da Rosemary Crossley, un'insegnante del St.Nicholas Hospital, con 12 bambini con handicap fisici e mentali. Benché dalle osservazioni della Crossley sembrasse che i bambini da lei trattati fossero in possesso di abilità intellettuali normali o superiori, tali risultati non furono considerati convincenti dai suoi superiori che non le consentirono di continuare il programma con bambini affetti da handicap grave.

Nel 1985 comunque l'autrice, sperimentò la tecnica con alcuni bambini affetti da autismo, i quali, secondo le sue osservazioni, rivelarono inaspettate competenze linguistiche a dispetto dei diversi problemi che essi avevano invece nella sintassi e nell'uso corretto dei pronomi con il linguaggio verbale.

Dopo essere stata allontanata dall'ospedale, Crossley aprì nel 1986 a Melbourne il DEAL (Dignity through Education and Language), un centro per la comunicazione di cui era coordinatrice del programma, iniziando a diffondere il metodo.

II prof. Biklen, docente di Scienza dell'Educazione Speciale presso 1'Università di Syracuse dello Stato di New York, condusse un'osservazione sui ragazzi autistici seguiti presso il Centro DEAL   dove operava la Crossley. Le constatazioni che fece lo indussero ad importare il metodo negli Stati Uniti ed a costituire presso 1'Università di Syracuse 1'Istituto per la Comunicazione Facilitata, dove promosse la formazione di "facilitatori".

Nel 1994, la sig.ra Patrizia Cadei, madre di un ragazzo autistico, introdusse il metodo in Italia dopo essersi formata presso il prof. Biklen,. La diffusione della Comunicazione Facilitata sta procedendo a macchia d'olio grazie ai genitori soci dell'ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) ed all'interno dell'associazione. I primi risultati ottenuti sono stati tali che lo stesso professor Biklen ha sollecitato la formazione di gruppi di supervisori sparsi sul territorio in modo da poter seguire con competenza le diverse esperienze in atto nei vari punti d'Italia.

Bibliografia:

  • Atti del Convegno del Comitato Tecnico e Scientifico e Linee Guida (Italia).
  • Biklen, D. (1990). “Communication unbound: Autism and praxis”, Harvard Educational Review, Cambridge, MA. N. 60 pp. 291-314.
  • Crossley, R (1994). “Improving Performance”, Facilitated Communication Digest, Syracuse, NY, FCI, Vol. 2 N. 4  (8/1994), p.15.
  • Franco, A. - Gioco, M. (2000) Introduzione alla Comunicazione Facilitata – Centro diagnosi, cura, ricerca Autismo di Verona, Azienda USSL 20 di Verona.
  • Oppenheim, R. (1974). Effective teaching methods for autistic children, Charles C. Thomas,  Springfield, IL.
  • Rimland, B. (1993). “Facilitated Communication: a light at the end of the tunnel?”, Autism Research Review International, San Diego, CA, ARRI,  Vol. 7 N. 3 (1993), p.15.
  • Rimland, B. (1999). “Study: Facilitated Communication based on the power of suggestion”, Autism Research Review International, San Diego, CA, ARRI,  Vol. 13 N.13 (1999), p.2.
  • Sellin, B. (1995). Prigioniero di me stesso. Viaggio dentro l'autismo, Bollati Boringhieri, Torino.
  • Szempruch, J., - Jacobson, J. W. (1993). “Evaluating the facilitated communications of people with developmental disabilities”, Research in Developmental Disabilities, Elsevier Ltd, Vol. 14, N. 4 pp. 253-264.

Bibliografia Internet:

  • http://www.itd.cnr.it ITD - Istituto per le Tecnologie Didattiche CNR
  • http://www.gli-argonauti.org Associazione ONLUS Gli Argonauti - Interventi per Autismo e DGS
  • http://www.autismo.it Progetto Horizon – Autismo Novofocus Italia
  • http://www.geocities.com/HotSprings/Spa/2576/ CF – Centro studi sulla Comunicazione Facilitata
  • http://www.alihandicap.org/ Osservatorio Regionale sulla Disabilità – Regione Piemonte

 

Fonte: http://eduprof.altervista.org/didattica/21/dps/comunicazionefacilitata.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

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