Psicologia del lavoro domande e risposte

 


 

Psicologia del lavoro domande e risposte

 

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CAPITOLO 1

  • Illustrare brevem. i princip. elem. di diversificaz. della fx. lav. cercando di mettere in risalto la loro rilevanza psicosoc.
  • Specificare le conseguenze psicologiche, organizzative e soc. della pres. crescente di lavoratori ad elevata scolarizzaz.
  • Descrivere il fenomeno della femminilizzazione della forza lavoro e i suoi effetti psicosociali
  • Delineare in cosa consiste il management della diversità (Il management delle diversità)
  • Illustrare i possibili effetti psicologici e sociali delle situazioni di downsizing, ristrutturazione e fusione
  • Indicare gli aspetti principali del cambiamento delle strutture di lavoro dal punto di vista dei compiti lavorativi
  • Fac. rif. al cam. delle esig. e delle rich. lavorative da parte delle organiz, precis. quali tipi di compet. profess. risulta + imp. per i lav.
  • Specificare le dfferenti ragioni che sottolineano l’importanza della qualita’ della vita lavorativa
  • Riassumere in breve gli ambiti tematici tipici della psic. del lav, della psic. dell’organizzaz. e della psic. delle ris. umane
  • NO
  • Commentare il quadro delle attività svolte dallo ps. del lav. cercando di riconosc. le princ. caratt. di q.sto profilo profess.
  • Precis. il sign. delle 3 sfide: spinta all’effic, qualità e beness, gest. della diversità (Qualità, beness, efficienza 3 componenti)

CAPITOLO 2

  • Chiarire le rag. per le quali la psico. del lavoro si propone di studiare le componenti valoriali dell’esperienza lavorativa
  • Illustrare in cosa consistono i valori del lavoro e quali dimensioni in genere li caratterizzano (I valori del lavoro)
  • Specificare i diff. asp. dei valori messi in risalto assumendo ora una prospett. individuale ora una prospett. soc. (I val. del lav.)
  • Precisare e commentare le dimens. empiriche adottate dall’indagine comparativa internazionale meaning of work(I val. del lav.)
  • Descr. le F. psicos. del lav. notando le diff. di accento pres. nelle posiz. di Wallon, Neff, Jahoda, jJaques (F. psicosoc. del lav.)
  • Definire gli elementi costitutivi della sintesi delle funzioni psicologihe del lavoro proposta da Shimmin (Teoria di Shimmin)
  • Riassumere le caratt. delle rappresentazioni del lavoro emergenti dall’esempio di ricerca empirica riportato nel capitolo
  • Precisare le interazioni tra rappresentazione sociale del lavoro e atteggiamenti
  • Illustrare il ruolo degli atteggiamenti verso il lavoro e le loro connessioni con le condotte lavorative
  • Descrivere in cosa consiste l’interesse per le reazioni affettive e i sentimenti che caratterizzano l’esperienza lavorativa

CAPITOLO 3

  • Specificare le componenti della condotta lavorativa che ricevono maggiore attenzione nell’analisi psicologica
  • Indicare quali fattori esterni ed interni sono coinvolti nella costruzione della condotta lavorativa
  • L’an. psicolog del lav. presupp. intersc. discipl. sistem. Indicare quali approcci disciplinari appaiono più rilevanti e xché?
  • Presentare i livelli di analisi della condotta lavorativa e giustificare le ragioni di tale impostazione metodologica
  • Illustrare e commentare lo sch per l’an. psico del lav. di Leplat e Cuny (1977, 1984). (Illustr. e comm. lo sch. di L. e C.)
  • Indicare in cosa consistono le condizioni di esecuzione del lavoro, gli obiettivi e le caratteristiche dei lavoratori?
  • NO
  • NO
  • Delineare e commentare i significati della nozione di attività lavorativa e di esiti del lavoro
  • Illustrare le principali funzioni dell’analisi del lavoro e i differenti tipi di risultato dell’analisi
  • Riassumere i principali orientam. metodologici adottati per l’analisi del lavoro ed i loro vantaggi e svantaggi
  • Presentare le caratt. principali degli strum. più comunem. adottati nell’analisi del lav. (Strum. comuni di analisi del lavoro)

CAPITOLO 4

  • Effettuare un confronto critico fra i differenti approcci teorici che affrontano il tema delle scelte occupazionali
  • Indic. quali sono i princ. fatt. di differenziaz. dei proc. di scelta occupaz. (Quali sono i fen. che indirizz. la scelta al lav?)
  • Indicare le differenze tra processi di scelta e presa di decisione occupazionale
  • NO
  • Indicare quali sono i principali compiti ed esiti della situazione di ingresso lavorativo
  • Illustr. in cosa cons. il ciclo transiz. e come si delin. i proc. di adatt. lavorat. descr. da Nicholson (Le tappe dell’ingr. lavorat)
  • Specif. quali ris. Pers. e soc. possono differenz. il modo in cui la transiz. lavorat viene affront, dalle pers. (Asp. della socializz.)
  • Cosa si intende con la nozione di tattiche di socializzazione organizzativa? (Aspetti della socializzazione)
  • Illustrare le paricolarità delle differenti tattiche di socializzazione organizzativa (Aspetti della socializzazione)
  • Indic. q.li tipi di esiti o indicat. della qual. dei proc. di socializz. occupaz. vengono consid. dalla ps. del lav. (Asp. della socializ.)
  • Spiegare in che senso le modalità di selezione si collegano al tema della socializzazione occupazionale
  • Delineare i passi più significativi di un percorso di selezione del personale
  • Ill. le princip. diff, i vant. e gli svant. dell’appr. psicometric. e di q.lo clinico alla selez. del pers. (Il processo della formazione)
  • Descrivere le ragioni che giustificano il considerare la formazione come ambito di socializzazione
  • Indicare quali sono i contributi originali della psicologia allo sviluppo dei processi di formazione

CAPITOLO 5

  • Sp. la nat. de D. motivaz. che contradd. l’esp. Lavorat. dal p.to di vi. dei lavorat e delle org. (La moti. vista dal dip. e dall'azie)
  • Illust. le diff. tra le teo motivazionali centrate sui bis. e quelle che si rifanno alle caratt. del lav. e alla pratica del job design
  • Indicare a quali domande motivazionali cerca di rispondere il modello motivazionale di Vroom
  • Indicare i tratti distintivi della goal setting theory (Descrizione della goal theory)
  • Cfr. la teo dell’equità e le teo della giustizia cercando di mettere in evidenza gli elem. in comune e quelli differenziali
  • Specificare le connessioni tra motivazioni al lavoro e contratto psicologico (Relaz. tra motivazione e contratto psicologico)
  • Spiegare come si definisce il contratto psicologico e come si forma (Contratto psicologico e formazione)
  • Illustrare i contenuti e la tipologia di contratto psicologico
  • Delineare le possibili applicazioni della nozione di contratto psicologico
  • Identificare i possibili effetti della rottura e della violazione del contratto psicologico

 

CAPITOLO 6

  • Ill. i tipi di abil, gli asp. di person. e le car. sociocul. che la ps. del lav. mette in risalto per df. le ris. individ. nec. x la prestaz. lavor.
  • Cfr. le diff. sottolineature della definiz. di competenza profess. pres. nella letterat. e riconoscere i vari significati che essa riassume
  • Soff. sugli approcci razional. e su q.lli interpret. mettendone in evid. gli asp. differenz, come emergono dagli es. descritti (Descr. i principali mod. di competenza professionale)
  • Illustrare le caratteristiche del modello Risorse personali, repertori di abilità e contesto
  • Descrivere i sottoins. delle competenze trasversali, delle richieste del contesto organizzativo e delle risorse della pers.
  • Spec. la nat. e caratt. dell’attività lavorativa e delle prestaz. con particolare riguardo agli asp. energetici e computazionali
  • Indic. le princ. finalità della valutaz. delle prestaz. lavorat. (La valutaz. del dip. - La valutaz. soggett, come viene effett.)
  • Individ. la logica e gli elem. essenziali di un adeguato sist. di valutaz. delle prestaz. lavorative (La valutaz. del dip. - La valutaz. soggett, come viene effett.)
  • Delineare i diff. criteri x la valutaz. delle prestaz. lavorative (La valutaz. del dip. - La valutaz. soggett, come viene effett.)
  • Identific. i princip. errori da evitare nella valutaz. delle prestaz. lavorat. (La valutaz. del dip. - La valutaz. soggett, come viene effett.)

CAPITOLO 7

  • Definire in breve le differenti forme di gruppo di lavoro che si presentano in una organizzazione
  • Indicare in cosa consistono i proc. di costruz, operativi, di ricostruz. e di interaz. con l’amb. che avvengono in un GdL
  • Descrivere in breve le funzioni delle strutture interne al GdL
  • Illustrare i criteri di valutazione del buon funzionamento di un GdL
  • Elencare e descrivere i fattori che influenzano il funzionamento di un gruppo di lavoro
  • Df. in breve i fen. di riscky shift, groupthink, social loafing e free riding e i loro eff. sul funz. del gr. di lav. (Social loafing, risky shift, groupthink e free riders)
  • Presentare le caratteristiche distintive dei GdL temporanei (Caratteristiche dei gruppi di lavoro temporanei)
  • Illustrare le specifiche proprietà dei work team
  • Descrivere in cosa consiste il processo di cooperazione tra i membri di un Gdl
  • Precisare gli eff. interni al GdL determinati dalle relazioni con altri GDL (Descrivere le interrelaz. tra gdl nelle organizzaz)
  • Specificare le differenti tattiche di influenza sociale che si presentano nei GDL
  • Illustrare e commentare le principali differenze tra leader e manager (Differenze tra leader e manager)
  • Descrivere gli indicatori usati per riconoscere e valutare una leadership efficace
  • Presentare in breve le grandi categorie di approcci allo studio della leadership
  • Precisare le principali caratteristiche distintive della leadership transazionale e di quella trasformativa

CAPITOLO 8

  • Ill i sign. della soddisfaz. Lavorat. e i diff. approcci di studio (Principali teo della soddisfaz.) (Soddisfaz. lavorativa ambientale)
  • Descrivere le relazioni tra soddisfazione lavorativa, prestazione e appartenenza organizzativa
  • Spec. le relaz. tra soddisfaz. lavorativa e i fen. dell’assenteis. e del turnover (Relaz. tra soddis. lavorativa e assenteis/turnover)
  • Delineare le dimensioni e le determinanti del commitment 
  • Specificare le somiglianze e le differenze tra commitment e involvement
  • Indicare le caratteristiche e le principali dimensioni del benessere lavorativo secondo il modello di Warr (Teoria di Warr)
  • Descrivere i nove fattori ambientali che influenzano il benessere lavorativo (Teoria di Warr)
  • Delineare significato e funzioni psicologiche e organizzative dei ricavi lavorativi di carattere materiale (I ricavi materiali)
  • Definire brevemente caratteristiche ed effetti della fatica
  • Descrivere la nozione di carico di lavoro mentale soffermandosi sui principali tipi di misura
  • Illustrare i vari tipi di errore umano
  • Descrivere i differenti approcci allo studio dello stress lavorativo
  • Delineare le conseguenze personali, organizzative e sociali dello stress lavorativo
  • Mettere in evidenza le principali strategie di coping di gestione dello stress
  • Individuare le conseguenze psicologiche e sociali della perdita o della mancanza di lavoro

Elencare ed illustrare i 9 attributi dell’ingresso nel lavoro


  • Illustrare brevem. i princip. elem. di diversificaz. della fx. lav. cercando di mettere in risalto la loro rilevanza psicosoc.

L’attuale forza lavoro si caratterizza per una serie di processi di diversificazione che la trasformano in una sorta di melting pot di talenti, culture, esigenze, bisogni e competenze operative di cui la psicologia del lavoro deve tener conto, per comprendere le risposte lavorative nelle specifiche situazioni organizzative e per intervenire adeguatamente. A differenza del passato infatti, si assiste all’inserimento nel mercato del lavoro di forze lavoro diverse: importante il recente inserimento delle donne (a causa soprattutto della diminuzione di figli a carico), degli immigrati (minoranze etniche che si recano nel nostro paese con la speranza di trovare un lavoro migliore), e da ultimo ricordiamo i disabili (persone con handicap fisici e mentali ma che per legge ai giorni nostri le aziende devono assumere per permettere anche a loro di vivere una vita abbastanza normale). In Italia si assiste a un crescente sviluppo del settore terziario (62% di occupati), seguito da quello industriale (35%) e, sempre in calo, quello primario (agricoltura 3%). Si registra un continuo decremento di ingressi lavorativi di giovani tra i 18 e i 24 anni; i tassi di disoccupazione giovanile rimangono molto elevati, con un duplice fenomeno: giovani che si immettono nel mercato del lavoro precocemente e con modesti livelli di scolarizzazione, e giovani che permangono a lungo nel sistema formativo e familiare, sperando in una futura sistemazione di prestigio. Il decremento occupazionale riguarda anche gli anziani sopra i 55 anni, dovuto a processi di trasformazione tecnologica e organizzativa che hanno portato a pre-pensionamenti, mobilità e cassa integrazione, per un ringiovanimento della forza lavoro e per il contenimento dei costi economici di mantenimento della forza lavoro matura (stipendi e investimenti di formazione). Ora si assiste a un’inversione di tendenza, con innalzamenti dell’età pensionabile e incentivi a rimanere. L’espansione dei lavoratori di mezza età (40-55 anni), unito all’appiattimento delle gerarchie, ha generato un incremento di competitività per posizioni organizzative più pregiate e redditizie; essendoci però minori probabilità di successo, le aziende hanno ricercato incentivazioni alternative per mantenere buoni livelli di produttività, comportando un aumento del costo del lavoro. Inoltre, l’immissione di giovani ad alti livelli di formazione tende ad attivare conflitti intergenerazionali più o meno espliciti. In Italia, a caratterizzare la forza lavoro troviamo anche la grande eterogeneità dei livelli di istruzione, cui tendono a corrispondere forte segmentazione sociale e percorsi sociali differenziati. Dato preoccupante quello dei modesti livelli di istruzione, con quasi la metà di occupati senza diploma e circa un 10% di laureati; coloro che abbandonano la formazione prematuramente iniziano a lavorare in giovane età in posizioni poco qualificate, ma altrettanto velocemente raggiungono i requisiti per il pensionamento ed escono dal mercato, con evidenti ripercussioni sui costi di welfare.

  • Specificare le conseguenze psicologiche, organizzative e soc. della pres. crescente di lavoratori ad elevata scolarizzaz.

La notevole espansione economica e l’arricchimento delle forme di lavoro, divenute più complesse e tecnologicamente trasformate, hanno comportato l’esigenza di un lavoratore meglio qualificato. In USA e in molti paesi europei ciò si è tradotto in forti investimenti sulla formazione scolastica e professionale. I livelli minimi di conoscenza non si limitano più al leggere, scrivere e far di conto, sono richieste abilità informatiche, conoscenza di lingue straniere, abilità sociali e di comunicazione; dunque un lavoratore maggiormente istruito e formato, più che specializzato sul piano tecnico. Ciò comporta la difficoltà di riutilizzare forza lavoro liberatasi da processi di ristrutturazione e ridimensionamenti di personale, nonché il rifiuto da parte dei giovani istruiti di svolgere attività non congruenti con il livello formativo posseduto e con le aspirazioni professionali elaborate nel corso di studi. Inoltre, l’immissione di giovani ad alti livelli di formazione tende ad attivare conflitti intergenerazionali più o meno espliciti.

  • Descrivere il fenomeno della femminilizzazione della forza lavoro e i suoi effetti psicosociali

Dal secondo dopoguerra l’immissione delle donne nel mercato occupazionale ha seguito un ritmo crescente, in tutti sett. e sopratt. nel terziario. A facilitare questo fenomeno di femminilizzazione diversi fatt, tra i quali la possibilità di indipendenza economica, il ridotto numero di figli, esigenze economiche di reddito domestico, crescita dei servizi per l’allevam. e l’educaz. dei figli; rilevanti gli effetti di emancipaz. socioculturale e di benessere economico. Eppure l’increm. di occupaz. femminile (doppio rispetto all’incremento maschile) non ha proceduto di pari passo con quello del reddito, poiché il livello di discriminazione di trattamento economico permane elevato (ad esempio i livelli salariali medio-alti e elevati si distribuiscono per il 27% tra le donne e per il 44% tra gli uomini). Ciò ha prodotto problemi di rilevanza psicosociale, come la questione della “doppia carriera” (in azienda e domestica), ovvero l’equilibrio da raggiungere tra spinte alla carriera e cure parentali; le legittime aspirazioni a competere per posizioni prestigiose contro i costi sul piano personale e familiare; le esigenze di riequilibrio dei tempi di lavoro e dei tempi familiari attraverso contrattazioni specifiche (part-time); le condizioni sociali e organizzative che minacciano la qualità della vita lavorativa della donna per i numerosi fattori di stress, ambiguità e incertezza di riuscita in professioni maschili, ostacoli alle promozioni, minacce e invidie dei colleghi maschi, stereotipi sessisti e trappole culturali (ridotto coinvolgimento organizzativo delle donne,  presunta incapacità a comandare…), nonché gli effetti del declassamento di prestigio di professioni a dominanza femminile (infermieristiche, educative, psicologi, insegnanti..)

  • Delineare in cosa consiste il management della diversità

Tale termine assume come centro dell’attenzione manageriale i differenti gruppi minoritari che caratterizzano la forza lavoro, intesa come sistema eterogeneo di elementi. Il management delle diversità nasce dall’esigenza di trovare un equilibrio concreto tra diritti individuali e collettivi nell’affrontare le differenze con i gruppi minoritari (etnici, religiosi, di età, di genere) che fanno della forza lavoro un sistema eterogeneo di elementi  più che una categoria interpretativa unitaria. Tale assunzione di responsabilità delle organizzazioni si concretizza nell’analisi e la comprensione delle differenze culturali, nell’individuare strategie comunicative efficaci a ridurre il consolidamento di stereotipi, nel cercare le forme di compatibilità possibili per una cooperazione integrativa. L’utilizzo di interventi formativi e psicosociali per assistere le vittime di pregiudizi o ridurre tensioni e microconflittualità organizzative si sta estendendo ai vari momenti della vita organizzativa; molte grandi imprese multinazionali sono orientate in tal senso anche da pressioni sociali, economiche e legali, anche nel nostro paese, che solo recentemente si sta scoprendo come società multiculturale e multirazziale. Accanto dunque alla semplice diagnosi delle differenze, si guarda al potenziamento di abilità sociali e linguistiche di base, alla familiarizzazione dei modi di vita nei contesti sociotecnici, dei diritti, delle regole e delle forme di disciplina del lavoro, della formazione di competenze  cognitive, sociali, tecniche. Grazie a questi programmi si cerca infatti di agevolare i gruppi minoritari che si accingono per la prima volta ad entrare nel mondo del lavoro in un paese che non è quello di origine. Tra i gruppi minoritari, va ricordata la situazione difficoltosa dei DISABILI ,ovvero persone,con menomazioni e deficit nelle capacità di gestire la propria vita personale e lavorativa. A queste persone infatti, anche se si trovano in situazioni svantaggiate rispetto ai lavoratori “normali “, non deve essere negato  il diritto al lavoro. -Per queste e molte altre ragioni, per cercare il più possibile di mantenere una situazione di  uguaglianza all’interno della società, è stata introdotta nella nuova normativa, maggiore flessibilità nelle modalità di assunzione di disabili: il disabile quindi, in questa prospettiva, diviene un lavoratore che può usufruire di una appropriata formazione professionale, del tirocinio prelavorativo, e avvalersi di specifiche modalità di collocamento professionale mirato. -I soggetti che sono tenuti all’assunzione, non sono solamente i datori di lavoro pubblici e privati di imprese medio-grandi e grandi (obbligo di assunzione di disabili fino al 7% per strutture di più di 50 dipendenti), ma anche delle piccole imprese tra 15 e 35 dipendenti;inoltre, sono rese possibili assunzioni per “chiamata nominativa” e vengono introdotti meccanismi di concentrazione e di controllo per evitare prevaricazioni e abusi. Anche in questo caso quindi, risulta di grande ed estrema importanza per evitare che la presenza di disabili nei contesti lavorativi diventi un problema, la presenza sistematica di un “management  delle diversità”.

  • Illustrare i possibili effetti psicologici e sociali delle situazioni di downsizing, ristrutturazione e fusione

Il downsizing è il ridimensionam. di un’impresa con riduz. più o meno ampia degli organici, trasformatasi da necessità in mom. di crisi a vera e propria strategia manageriale, per esigenze di riduz. delle spese e di remuneraz. immediate degli investim. Gli eff. sul sist. economico e sociale sono deleteri, in quanto si perde forza lav. qualificata, si eleva la disoccupaz. e si riducono le possibilità di consumo dei beni prodotti; si producono effetti di disuguaglianza sociale, poiché solo pochi dei lav. di mezza età riescono a rientrare nel mercato del lav. Gli eff. psicosoc. si estendo anche ai familiari e agli stessi lav. rimasti nell’azienda ridimensionata (sindrome dei sopravvissuti), con riduz. della fiducia e della lealtà organizzativa, competiz. int. eccessiva, sorgere di conflitti intergenerazionali, ansia per il proprio futuro. La ristrutturaz. organizzativa, attuata per rendere più snella e flessibile l’organizzaz, si divide in ristrutturaz. ingegneristica (es. riduz. dei reparti) e riprogettaz. (dei proc. di produz. dei beni). In entrambi i casi gli interventi promuovono organizzaz. a bassa intensità di manodopera, contrapposte a quelle incentrate su mod. di mestiere. Ne deriva una riduz. della forza lav. int. a favore dell’esternalizzaz. di attività ritenute non essenziali (outsourcing), svolte da lavoratori non più dip. Nascono dunque le aziende snelle, definite veloci e adattabili, a bassa gerarchizzaz. (piatte) e forte trasversalità, costanti negli interventi formativi per l’arricchim. delle competenze professionali. Tuttavia queste riorganizzaz. avvengono in un contesto di globalizzaz, dove il lav. a basso costo dei paesi in via di sviluppo rappresentano una forte attrattiva per le aziende a esportare le tecnologie, sacrificando i propri lavoratori e i nuovi mod. organizzativi progettati. Fus. e incorporaz. aziendali Il cfr. tra culture organizzative diverse, in seguito alla nascita di una nuova organizzaz. a partire da strutt. precedenti, può comportare notevoli conseguenze sul piano della vita lavorativa int. Radicali modifiche nel management, nelle reg. e negli stili di lav. possono generare insoddisfaz, conflitti, climi soc. di nostalgia per il passato e disimpegno per un fut. ambiguo; i nuovi stili di leadership richiesti devono essere tali da garantire apertura mentale, sensibilità percettiva, scambio informativo e comunicaz. facilitante. Nelle situaz. di fus. aziendale persistono sottogr. con una loro storia e cultura organizzativa, con differenze percettive e comportamentali dei membri, che portano dunque a confronti sociali, competizioni e discriminazioni. Possono contribuire a ridurre i rischi di frammentazione l’analisi psicologica dei ruoli e la ricerca di modelli comunicativi efficaci, l’attivazione di strategie di partecipazione, la valorizzazione delle differenze per la costruzione di significati condivisi.

  • Indicare gli aspetti principali del cambiamento delle strutture di lavoro dal punto di vista dei compiti lavorativi

Uno dei fattori di maggior cambiamento nei contesti lavorativi riguarda l’utilizzo delle nuove tecnologie a base informatica; quando una nuova tecnologia viene introdotta si modificano i compiti lavorativi, e risultano toccati molti altri aspetti che concorrono a definire le nuove prestazioni. Infatti vi sono influenze nelle condizioni di esecuzione del lavoro e modifiche nel livello di impegno cognitivo richiesto, nonché nel tipo di conoscenze e competenze da privilegiare. Bisogna inoltre considerare come e quanto i nuovi compiti lavorativi possano essere integrati nei profili professionali precedenti e se siano necessarie modifiche nell’assetto organizzativo. I nuovi tipi di lavoro sono insiemi di esigenze e di richieste al lavoratore, e richiedono risorse cognitive, relazionali e capacità operative maggiori rispetto al passato; sei proprietà principali definiscono i nuovi lavori e i nuovi compiti: 1. distanza tra l’operatore e gli esiti della sua azione (minori punti di riferimento fisici e sensomotori). 2. continuità delle variabili in gioco (coesistenza di modi diversi di rappresentazione delle informazioni). 3. accelerazione dei processi (riduzione dei tempi di risposta dell’operatore). 4. instabilità dei processi lavorativi (richieste capacità attentive e diagnostiche di previsione e di presa di decisione per far fronte alle varianze e scostamenti dagli standard dei lavori ad alta tecnologia). 5. compresenza di fattori dinamici e cicli differenti (richiesti supplementi di attenzione e capacità diagnostica di processi che vanno in parallelo con tempi di inizio e fine diversificati; abilità relazionali e comunicative per il susseguirsi di gruppi di lavoro differenti nella gestione di un’attività). 6. cooperazione (aumentate le connessioni tra le parti del sistema sociotecnico con le reti comunicative, aumenta l’esigenza di un lavoro cooperativo, di interpretazione della situazione di cui nessuno ha una visione globale, di scambio di informazioni a livello anche interaziendale, nazionale o internazionale, di negoziazione con altre linee possibili di azione, ma soprattutto di condivisione consensuale del compito).

  • Facendo riferim. al cambiam. delle esig. e delle rich. lavorative da parte delle organizzaz, precisare quali tipi di compet. profess. risultano più imp. per i lav.

Con i cambiamenti del lavoro una parte notevole delle mansioni operaie e impiegatizie sono state eliminate o trasformate radicalmente, travolte soprattutto dall’evoluzione tecnologica; si sono sviluppate tendenze alla professionalizzazione in area informatica, nella gestione dell’informazione, della promozione, delle vendite e del rapporto con i clienti, del controllo di qualità. Il lavoro polivalente con patrimonio tecnico domina la scena organizzativa, assieme a ruoli fondamentali di coordinamento e commerciali. Le figure professionali più richieste risultano da un’indagine: tecnici, agenti, consulenti, venditori, agenti di assicurazione, programmatori, sistemisti, informatori medico-scientifici, animatori. Tale panorama rispecchia l’importanza del lavoro intellettuale, con meccanismi di sviluppo di competenze professionali pregiate. Anche le figure manageriali risentono della spinta alla professionalizzazione, che arricchisce di nuove competenze tecniche e professionali le tradizionali figure di comando. Per tutte le figure professionali emergenti si richiedono conoscenze tecniche, competenze nei linguaggi informatici, nelle lingue straniere, nell’economia aziendale e soprattutto competenze cognitive e sociali per inserirsi in un contesto lavorativo, per diagnosticare i problemi e risolverli, per assumersi responsabilità, prendere iniziative, continuare ad apprendere, coinvolgersi con gli obiettivi dell’impresa ecc… Per le figure professionali tradizionali di livello medio-basso, le organizzazioni richiedono competenze di adattamento comportamentale rispetto ai tempi di lavoro e alle velocità di ingresso-uscita (flessibilità occupazionale). Ma i cambiamenti riguardano anche i sistemi di regolazione sociale e i rapporti tra lavoratori e organizzazione, dunque la necessità di possedere competenze psicosociali che garantiscano collaborazione, cooperazione effettiva e fiducia reciproca. Le imprese si dimostrano sempre meno interessate a profili professionali definiti e compiuti, che comunque esse stesse intendono formare e certificare nel corso dell’esperienza) e molto più orientate verso formazioni di base ricche e coerenti sul piano delle conoscenze teoriche e metodologiche, che permettano un arricchimento formativo on the job da utilizzare prevalentemente nei confronti di coloro che hanno possibilità di sviluppo professionale all’interno delle imprese.

 

  • Specificare le dfferenti ragioni che sottolineano l’importanza della qualita’ della vita lavorativa

Vi è una crescente attenz. alle caratt. dei contesti lavorativi, in quanto concepiti come condiz. necessarie per raggiungere e mantenere l’efficienza produttiva. Negli anni ‘70 si verifica l’applicaz. di sist. di management aziendale di tipo partecipativo: tali sist. facilitavano la diffus. dei mod. organizzativi che riconoscevano il val. pratico del coinvolgim. personale dei lav, della soddisfaz. lavorativa, della qualità dell’amb. lavorativo. Per raggiungere e mantenere una efficienza produttiva che risponda alle sfide competitive del mercato, è in atto una rinnovata attenz. alle caratt. dei contesti lavorativi; lo sforzo di miglioram. dell’amb. di lav. parte anche dalla spinta di press. e contestaz. delle organizzaz. sindacali e dei lav. a rischio di malattie e infortuni; numerose imprese chiedono consulenze di esperti per una impostaz. dell’ergonomia degli spazi, delle macchine, delle modalità di interaz. uomo-macchina-amb. Purtroppo, nonostante le continue prese di posiz. della CE in tema di prevenz. dei rischi e di qualità del lav, nonostante la pioggia di normative che puniscono carenze strutturali e organizzative, omiss. e condotte pericolose, il n. di infortuni e la persistente diffus. di malattie professionali stanno a indicare che la qualità della vita lavorativa rimane ancora un ob. da perseguire. A risentirne ovviam. è l’intero clima psicosoc, sogg. agli eff. Neg. del sovraccarico di lav, del sovraccarico mentale, della disoccupaz. e sottoccupaz, del lavoro minorile, delle situaz. di segregaz. e discriminaz, per il difficile bilanciare delle esigenze lavorative delle donne con quelle della vita familiare. L’importanza dunque della qualità della vita lavorativa va assunta sotto due prospettive di intervento: a) ripensare gli assetti interni e le pratiche organizzative patologiche; b) analizzare e intervenire sull’intrusività del lav. nella vita quotidiana e ridurre gli ostacoli alla costruì. di legami significativi pers-organizzaz.

  • Riassumere in breve gli ambiti tematici tipici della psic. del lav, della psic. dell’organizzaz. e della psic. delle ris. umane

Ps. del lavoro intende studiare scientificam. le condotte lavorative, cioè le cogniz, i sentim, i comportamenti connessi con l’esperienza del lavorare; capire la natura dell’attività lavorativa in differenti condizioni di attuazione. Attenzione su prescrizioni del compito e del ruolo, condizioni di esecuzione, ambiente tecnico, fisico e sociale, tecnologie e strumenti, e sulla persona come agente che persegue scopi, che apprende, che interagisce, che comunica, che progetta alternative, che prova emozioni e subisce effetti intra ed extra-lavorativi. Ps. dell’organizzazione concerne le persone in quanto membri di gruppi, il funzionamento dei team e le organizzazioni come costruzioni collettive e artefatti sociali. Attenzione sulle percezioni sociali reciproche, sui meccanismi di influenza sociale, sulle comunicazioni, sulle relazioni intergruppi, sulla cooperazione e sul conflitto, sul potere organizzativo, sui processi di decisione sociale e di negoziazione, sulla progettazione organizzativa, sulla valutazione di efficacia ed efficienza. Ps. delle risorse umane riguarda le modalità di gestione delle persone dal loro ingresso, delinearsi della carriera, fino a separazione e uscita organizzativa. Attenzione sui processi di orientamento, inserimento e socializzazione lavorativa, natura del contratto psicologico tra individuo e organizzazione, sul coinvolgimento personale con il compito, gestione dei sistemi premianti. La psicologia del lavoro persegue il duplice obiettivo di: analisi dei fatti e dei processi psicologici e sociali; proposta di soluzione dei problemi concreti nei contesti di lavoro.

  • NO

 

  • Commentare il quadro delle attività svolte dallo ps. del lav. cercando di riconosc. le princ. caratt. di q.sto profilo profess.

1.Svil. e gest. delle risorse umane (selezione, valutazione, assessment, riqualificazione, sviluppo di carriera). 2.Studio e costruzione di strumenti per rilevazione di abilità e attitudini (test, questionari, griglie di rilevazione per i giudizi. 3.Analisi e proposte di intervento sul conflitti sociali sul posto di lavoro. 4.Interventi sulla motivazione e coinvolgimento del personale. 5.Analisi organizzativa e progettazione di ambienti organizzativi, metodi di lavoro e modalità di comunicazione efficace. 6.Indagini di mercato, rilevazione di dati psicosociali (per la promozione di prodotti, per i cambiamenti di atteggiamento e comportamento). 7.Progettazione di campagne di comunicazione. 8.Valutazione e intervento sulle strutture organizzative (per il miglioramento di efficacia ed efficienza). 9.Interventi di umanizzazione degli ospedali e delle strutture socio-assistenziali. 10.Analisi dei fabbisogni formativi e contributi alla progettazione formativa. 11.Formazione e aggiornamento professionale del personale. 12.Formazione specifica su abilità di tipo psicosociale. 13.Rilevazioni e valutazione della qualità dei servizi. 14.Studio, progettazione di interventi e valutazione dell’adattamento dell’individuo all’ambiente di lavoro. 15.Studio, progettazione e valutazione dell’adeguatezza del rapporto uomo/strumenti. 16.Progettazione e valutazione di interventi per la sicurezza sul posto di lavoro. 17.Studio, progettazione e valutazione di nuove tecnologie e impatto sugli utilizzatori

  • Precisare il significato delle tre sfide: spinta all’efficienza, qualità e benessere, gestione della diversità

Spinta all’efficienza: riguarda il come far aumentare l’efficienza produttiva di una organizzazione evitando la strategia del downsizing e dell’outsourcing, gli ex del downsizing o delle ristrutturazioni o dell’outsourcing infatti, rispondono ad una strategia classica dell’aumento dell’efficienza valorizzando un solo obiettivo: RIDUZIONE DEI COSTI DELLE RISORSE UMANE E L’AUMENTO DEI TEMPI LAVORATIVI. L’avere a disposizione una forza lavoro più istruita permetterebbe di accrescere l’efficienza attraverso una gestione migliore delle risorse umane, migliorandone le competenze cognitive, sociali e tecnico-professionali ai vari livelli. Potenziare i sistemi di competenze permette inoltre di riorganizzare le attività lavorative, di svolgere compiti diversificati in funzione degli obiettivi, di utilizzare al meglio le nuove tecnologie, strategie di accrescimento della qualità dei prodotti e dei servizi, dunque per assicurare un vantaggio competitivo dell’organizzazione. La valorizzazione di lavoratori competenti ha stimolato la costituzione di team, spesso autogestiti e responsabili, che si impegnano nel trovare modi migliori di operare e facilitano la creazione di risposte innovative, particolarmente apprezzate per il loro valore economico. L’innovazione nasce quando un’organizzazione crea un clima psicosociale di non conformità, interazione sociale fluida, quando premia la creatività e l’assunzione di rischi decisionali. Qualità e benessere: attenzione sui criteri e le regole socialmente condivise con cui gestire un’organizzazione che si sta rendendo flessibile, piatta e veloce: quali criteri adottare per le assunzioni, per l’assegnazione dei compiti, per progettare spazi e procedure lavorative, per motivare al risultato, per stabilire rapporti significativi con i clienti, quali limiti porre nell’utilizzazione delle risorse tecniche, ambientali e umane, quali caratteristiche dovrebbe avere l’ambiente lavorativo per ridurre fatica, carico mentale, insoddisfazione, stress, violazioni reciproche dei diritti e dei doveri. Tutto ciò si traduce in una etica organizzativa che riconsideri il profitto anche in termini di prosperità e benessere collettivo. Gestione della diversità: la diversità sociale che caratterizza l’azienda odierna ha reso necessario un ripensamento negli assunti di base nelle credenze, nelle attribuzioni di valore, nella diversità dei compiti dei vari gruppi di lavoro. La similarità dei comportamenti lavorativi da esplicitare appare più difficile rispetto al passato: i progetti ,le aspettative verso il lavoro, le forme di rapporto con l’organizzazione raggiunge il livelli di personalizzazione del rapporto di lavoro. Dunque al normale contratto giuridico che lega il lavoratore all’organizzazione definendo diritti e  doveri, si aggiunge un contratto psicologico. Bisogna affrontare la crescente diversità in modo che produca risultati positivi per il sistema organizzativo e per le persone: le modalità per facilitare l’integrazione e il coordinamento richiedono un ripensamento dei criteri di selezione, allocazione del personale, comando e sviluppo delle carriere. Emergono esigenze di giustizia e di equità procedurale e distributiva e di promozione della consapevolezza e accettazione delle differenze concepite come risorse collettive. Bisogna altresì valorizzare le differenti culture.

 

  • Chiarire le rag. per le quali la psico. del lavoro si propone di studiare le componenti valoriali dell’esperienza lavorativa

La psico. del lav. si è a lungo occupata dei significati dell’esp. lavorativa, visti come forma particolare di transaz, di scambio multidimensionale, regolato formalm. da contratti. Spesso se ne è occupata in una prospett. funzionale: l’attenz. è stata posta sull’efficienza di questa interaz, sul modo migliore di impostare e realizzare le attività dell’individuo rispetto ai compiti assegnati; sui fatt. int. o est. che possono facilitare o ostacolare il conseguim. dei risultati attesi, sull’equilibrio del trade-off tra energie investite e ricavi. Molto imp. è anche lo sforzo di cogliere il senso più generale di tale interazione anche in rapporto alle riflessioni di ordine valoriale ideologico (Furnham 1997) e ai movimenti sociali che si sono sviluppati sul tema del lavoro, riconosciuto come speciale attività umana, in grado di incidere significativamente anche sulla natura, sulla forma e sulle dinamiche collettive della società (Accornero 1980;2000). Il lavoro non è un’attività qualsiasi che si ripete uguale a se stessa in risposta agli stessi stimoli: per questo tutte le diverse proprietà di tale attività devono essere tenute presenti in sede di analisi. Il lavoro è un’attività complessa che coinvolge il corpo e la mente, che implica costi energetici, che si fonda su relazioni tra una persona e altre persone, oggetti e informazioni, che produce  e scambia ricchezza economica e sociale. La persona inoltre, non percepisce in modo neutrale gli oggetti lavorativi  con cui entra in contatto, e la natura dei compiti assegnati ;in altri termini, la condotta lavorativa non è spiegata da semplici automatismi psicomotori. La condotta lavorativa può essere vista infatti come l’espressione di complessi PROCESSI SOCIOCOGNITIVI. Tali processi strutturano appunto il modo di vedere la realtà sociale e lavorativa e, ordinandola e semplificandola, rendono possibile un equilibrio tra momenti di assimilazione e di accomodamento propedeutici alle sequenze di azione che caratterizzano una condotta lavorativa.

  • Illustrare in cosa consistono i valori del lavoro e quali dimensioni in genere li caratterizzano

I valori del lavoro sono un insieme di costrutti ipotetici che delineano idealmente: 1.cosa dovrebbe essere il lavoro in termini di finalità e di scopi per la persona e la società (finalismo); 2.cosa dovrebbe essere giusto fare e quali condotte tenere nei differenti contesti lavorativi (etica del lavoro). Tali valori, che sono condivisi in una certa cultura, hanno la qualità di attrarre e sostenere l’azione degli individui o di respingere certe direzioni di azione (valenza motivazionale). Assumono la forma di rappresentazioni cognitive dei bisogni umani e delle esigenze sociali, di sistemi di credenze relative al rapporto tra mezzi  e fini delle azioni umane nei VARI COMPITI LAVORATIVI. I valori del lavoro sono considerati alla base dei processi di costruzione dell’identità sociale e professionale, di socializzazione e integrazione sociale, di ricerca dell’utilità sociale, di sviluppo personale e sociale (ex di valori: riuscita sociale, altruismo, impegno, responsabilità, correttezza, onestà). In passato ha avuto un ruolo importante la componente etica presente nella definizione dei valori del lavoro, cioè i principi generali che si presume possano guidare la correttezza delle condotte lavorative (un esempio di ciò è dato dalla cosiddetta “etica protestante del lavoro” [Furnham 1997]. Il concetto fu usato per la prima volta da Weber per interpretare le corrispondenze tra spirito religioso protestante e sviluppo del capitalismo). Secondo Dose i valori del lavoro possono essere considerati all’interno di un continuum che vede a un polo le preferenze individuali connesse con i bisogni che le persone vogliono soddisfare nel lavoro e all’altro polo le connotazioni di dover essere (obblighi morali). Quindi i valori del lavoro sono degli standard valutativi collegati al lavoro e al conteso lavorativo coi quali gli individui riescono a discernere ciò che è giusto e a valutare l’importanza delle loro preferenze. Alcuni valori del lavoro possono avere il grado di consenso sociale come base per la loro sottoscrizione mentre altri valori lavorativi sono egualmente ritenuti accettabili in base alle scelte di ciascun individuo.

  • Specificare i diff. asp. dei valori messi in risalto assumendo ora una prospettiva individuale ora una prospettiva sociale

Prospett. individuale: sostiene che fanno parte della definiz. dei val. del lav. le preferenze e le convinz. personali sugli esiti che ci si dovrebbe aspettare dal lavoro operando in un certo modo: un’esistenza confortevole, la sicurezza personale e familiare, un senso di realizzaz. e di dignità personale e un’esp. stimolante. Il sistema di credenze si arricchisce poi a livello di comportamenti e di qualità da privilegiare (autocontrollo, deferenza, creatività, ecc). I valori del lavoro riflettono e influenzano ciò che le persone concrete vogliono ricavare attraverso il lavoro: distinzione tra valori del lavoro: 1.intrinseci: lavoro interessante, stimolante, al quale si può contribuire personalmente, ecc; 2.estrinseci: lavoro che assicura un elevato stipendio, sicurezza, che fornisce uno status sociale soddisfacente, ecc. Le persone fanno riferimento ad entrambi i tipi di valori come schema interpretativo e come guida alle loro decisioni, ma si differenziano per l’importanza relativa loro attribuita in base alla propria storia personale, ai livelli di istruzione, alla provenienza sociale o al tipo di lavoro svolto. Ad es. sul piano pratico, i dirigenti dovrebbero conoscere gli schemi di riferimento che i loro dipendenti privilegiano per impostare le loro decisioni in merito ai tipi di compiti da affidare e di impegni da richiedere. Prospettiva sociale: accento posto su un insieme di criteri socialmente condivisi che orientano le interpretazioni e le scelte individuali e che definiscono le modalità e le forme di appartenenza sociale. Sono utilizzati come prescrizioni atte a salvaguardare: · il bene comune; · il bene individuale e le mete desiderabili ( prospettiva utilitaristica); · i diritti di cittadinanza sociale; · l’equità. L’indagine empirica ha trovato numerose contraddizioni tra valori del lavoro definiti in termini generali e sistemi di credenze dei gruppi sociali concreti. Già il classico lavoro empirico di Dubin mostrava ampie differenze tra i lavoratori sulla centralità del lavoro nella loro vita, vista come indicatore essenziale del valore attribuito al lavoro. I lavoratori ad elevata centralità apprezzavano del lavoro la responsabilità sperimentata, la fiducia reciproca rispetto ai superiori, le opportunità di avanzamento, ecc; i lavoratori con punteggi di bassa centralità del lavoro apprezzavano soprattutto la quantità di tempo disponibile per se stessi, il conoscere in anticipo i compiti da svolgere, il poter parlare con i colleghi durante il lavoro  l’adeguatezza dei sistemi salariali, e la possibilità di lavorare in imprese moderne con condizioni di lavoro favorevoli.

 

  • Precisare e commentare le dimens. empiriche adottate dall’indagine comparativa internazionale meaning of work

L’indagine comparativa internazionale Meaning of work (1987) costituisce un es. dello sforzo di articolare meglio la tematica dei valori del lav. Essa si è proposta di operazionalizzare il costrutto val. del lav. assumendo una prospettiva multidimensionale, e prestando attenz. sia alla percez. di asp. particolari del lav. che hanno un rilievo per le preferenze individuali sia al valore più gen. del lav. come sist. normativo ed etico. Sono state individuate 5 dimensioni con cui considerare il modo con cui le persone attribuiscono un valore al lavoro: centralità del lavoro: grado di importanza del lavoro per l’individuo misurata sia confrontando il lavoro con altre dimensioni della vita personale e sociale, sia in assoluto, mediante l’utilizzo di una lottery question (se avessi abbastanza soldi per  vivere continueresti a lavorare?); importanza attribuita a specifici aspetti del lavoro; scopi generali del lavoro: analizzare gli orientamenti e le ragioni per le quali si lavora; riferimento a diritti e doveri del lavoro: riguarda gli standard di valutazione sociale adottati dalle persone; identificazione con il ruolo professionale: vista come una componente di valorizzazione della funzione lavorativa correlata con l’intenzione di impegno personale sul lavoro. Fra i risultati ottenuti emerge che il lavoro tende a diminuire sia la centralità assoluta che quella relativa, e continua ad essere valutato ad es. dopo la famiglia. In ogni caso ci sono notevoli differenze tra paese e paese; ad es. la centralità del lavoro è più rilevante in GIAPPONE rispetto agli USA che a loro volta superano il livello della GERMANIA. Quando il confronto tra valore del lavoro ed altre sfere della vita viene effettuato in termini generali si osserva una grande omogeneità e stabilità delle attribuzioni e una tendenza ad assegnare al lavoro una posizione molto alta nella scala di importanza adottata dalle persone almeno quando sono richieste di effettuare delle comparazioni. AD Es. in indagini rappresentative di livello locale su giovani adulti con la tecnica della lottery question emerge che il lavoro continua a costituire un fattore saliente per il futuro personale e, soprattutto per i maschi, la sua concezione continua ad essere stabile rispetto ad una serie di eventi significativi legati all’età, alle tappe di carriera e allo status matrimoniale. Il quadro dei dati empirici tende a modificarsi quando si tiene conto della storia lavorativa delle persone, dei contesti attuali di esperienza e degli scopi personali. Fraccaroli mostra variazioni rapide nel grado di centralità del lavoro in rapporto al procedere dell’esperienza lavorativa: coloro che hanno trovato facilmente lavoro tendono a divenire più critici e a svalutarne successivamente la salienza rispetto a lavoratori che hanno avuto delle difficoltà e che sono nella condizione di poterlo perdere.

  • Descrivere le funz. psicosoc. del lav. notando le diff. di accento presenti nelle posizioni di wallon, neff, jahoda, jaques

WALLON: la specificità del contesto dell’attività lavorativa si focalizza sul fatto che il lav. è un’attività coatta, un comportam. caratterizzato dai vincoli connessi con le esigenze del compito da svolgere. Anche Meyerson assume questo p.to di vista differenziando il lav. dall’attività umana, intesa come espress. di condii. ottimali di libertà e di esigenze prof. della personalità. Tale componente di costrittività deve essere considerata la base per analizzare le prestaz. lavorative, per proporre miglioram. e riprogettaz, ma anche per comprendere atteggiam. sfavorevoli, variaz. motivazionali e di impegno. NEFF: riprende la connotaz. strumentale del lav, inteso come attività diretta al perseguim. di scopi che hanno un val. per la pers, per definire il lav. come goal directed action. Tale connotaz. fa parte del senso comune, del linguaggio con cui si usa parlare del lav. nei suoi tratti essenziali, quali: ·il lav. è una tipica attività tesa a procurare mezzi di sussistenza; ·tesa a mantenere la continuità della specie; ·tesa a modificare certi asp. dell’amb. in modo che sia adatto alla vita umana. Su q.sti tratti possono fondarsi ulteriori funz. e significati per l’individuo e per la società in un intreccio complesso di fatt. economici, valoriali e culturali, tecnici, psicologici e soc. JAHODA: sottolinea le funz. del lav. per equilibrare il rapporto tra persona e contesto sociale. Riconosce nelle funzioni psicologiche svolte dal lavoro la fonte principale dei significati di tale attività per le persone. Viene elaborato il modello delle funzioni latenti, uno schema di carattere normativo dal quale derivare previsioni sugli effetti di deprivazione del lavoro e che risulta basato sull’assunzione che il lavoro, oltre alla funzione manifesta di assicurare proventi economici per la sussistenza psicofisica, offra un’ulteriore serie di benefici significativi e apprezzati dalle persone. Sono funzioni latenti che permettono alla persona di progettare e realizzare un’esperienza significativa per mezzo del lavoro: a) il lavoro struttura e organizza il tempo; b)permette e facilita i contatti sociali; c)contribuisce alla creazione di un ruolo sociale e dell’identità; d)fornisce un collegamento tra scopi individuali e sociali; e)rinforza le possibilità di svolgere attività. Ma queste funzioni presuppongono una notevole disponibilità e stabilità del lavoro, la prevedibilità dei percorsi occupazionali, una netta distinzione tra lavoro e non lavoro, la normalità dell’integrazione sociale per mezzo del lavoro, l’omogeneità delle tutele sociali degli inserimenti lavorativi. JAQUES: parte dal presupposto che l’attività lavorativa sia fondamentale per l’equilibrio psicologico e la sanità mentale dell’individuo che lavora per vivere. Egli definisce come lavoro non tanto lo svolgimento del compito, quanto l’applicazione di conoscenze e l’esercizio di discrezionalità all’interno di uno spazio di azione che trova i suoi confini nelle prescrizioni dettate dall’esterno. Viene cioè messo in risalto il momento di elaborazione mentale interposto tra stimoli/richieste ambientali e risposte significative.

  • Definire gli elementi costitutivi della sintesi delle funzioni psicologihe del lavoro proposta da Shimmin

Shimmin ha fornito un contributo di sintesi sui criteri per delineare il significato del lav. per le pers. Esso è un’attività che: ha uno scopo; ha carattere strumentale; procura reddito; rende necessaria la spesa di energie; presenta aspetti di obblighi e costriz. Tale serie di criteri va completata per ridurne il grado di astraz, tenendo conto delle caratt. strutturali dell’amb. in cui si opera, del tipo di lav. svolto, della qualità dei ricavi nello scambio effettuato con la propria organizzaz. delle diff. di storia lavorativa e personale tra gli stessi lavoratori. Le definiz. troppo generali disincarnano il lav, lo fissano in modo fotografico come ins. di tratti e attributi presentati in modo aulico, validi in un certo mom. storico. Vanno poi aggiunti i significati attribuiti dalle pers. concrete: ciò, secondo Shimmin, riguarda la funz. di riconoscimento sociale: il lavoro va considerato come un impiego all’interno del sistema sociale ed economico che è percepito dall’individuo come la sua occupazione principale, per la quale egli è riconosciuta dagli altri da cui deriva il proprio ruolo nella società.

  • Riassumere le caratt. delle rappresentazioni del lavoro emergenti dall’esempio di ricerca empirica riportato nel capitolo

Il contributo “Immagini del lav.” di Romagnoli e Sarchielli ha cercato di esplorare il proc. di ricostruz. soc. dei significati del lav. facendo emergere in 3 gr. di lavori manuali dipendenti di aziende, operatori di cooperative e lavoratori irregolari: a)una schematizzazione forte del campo di rappresentazione ovvero dell’ampia lista di caratteristiche significative  positive e negative che è presente in modo astratto nella mente delle persone quando si riferiscono al lavoro; pochi attributi del lavoro sono sufficienti per parlarne in maniera adeguata nei vari contesti sociali e per intendersi tra le persone sul suo valore; b)una articolazione in pochi elementi centrali ed altri periferici dei vari significati; c)una sottolineatura funzionale o strumentale del lavoro rispetto agli scopi attesi e desiderati dalle persone; d)una netta differenza nel modo di ragionare (e di attribuire significati valoriali)sul lavoro in generale come attività umana rispetto al lavoro concreto , al proprio job svolto. Qui Il campo di rappresentazione si fa più ricco e mette in luce i ricavi possibili, considera molti aspetti del lavoro come riferimento per l’attribuzione di significati; prevale comunque l’attenzione su aspetti di ordine individuale (es la soddisfazione). Le rappresentazioni emerse mostrano l’esistenza di poche tracce di un’eredità culturale condivisa nei suoi tratti essenziali nei confronti del lavoro, ma si presentano come rielaborazioni e ricostruzioni dell’oggetto lavoro in rapporto all’esperienza diretta.

 

  • Precisare le interazioni tra rappresentazione sociale del lavoro e atteggiamenti

Le rappresentazioni sociali del lavoro si prestano più facilmente dei valori a considerare i dinamismi decisionali che operano nello spazio soggettivo delle persone. Costituiscono sistemi conoscitivi coerenti che scelgono la funzione di far reinterpretare la realtà concreta, controllare e orientare le risposte delle persone ai fenomeni connessi con il lavoro che stanno per incontrare o nel quale sono coinvolte. Esse nascono nell’interazione sociale che si sviluppa nei contesti di vita a fronte di fatti ed eventi che sono rilevanti per gli individui e gruppi che chiedono una presa di posizione. Esiste una possibile connessione tra rappresentazione sociale del lavoro e atteggiamenti lavorativi: le rappresentazioni sociali non hanno solamente la caratteristica di rendere più semplice la descrizione della realtà lavorativa alla diretta portata delle persone, ma di orientare le persone stesse a valutarla: si arricchiscono le componenti valutative e l’interazione persona-realtà lavorativa. Tale dimensione valutativa si esplicita, si organizza e facilita la selezione degli elementi cognitivi che possono avere un rilievo per le decisioni comportamentali. GLI ATTEGGIAMENTI SVOLGONO UN RUOLO DI MEDIAZIONE TRA RAPPRESENTAZIONE SOCIALE DEL LAVORO E CONDOTTA. La teoria del comportamento pianificato di Ajzen e Madden riconosce una relazione non immediata tra atteggiamenti e condotte. Essa sostiene che il comportamento risulta spiegato soprattutto dalle intenzioni comportamentali a loro volta connesse sia con la percezione di controllo della situazione, sia con le norme soggettive, sia con gli atteggiamenti espressi come valutazione delle conseguenze del comportamento considerato.

  • Illustrare il ruolo degli atteggiamenti verso il lavoro e le loro connessioni con le condotte lavorative

Le rappresentazioni sociali come insiemi di credenze e significati socialmente condivisi sul lavoro plasmano gli atteggiamenti rispetto al lavoro stesso, così vengono sostenuti gli atteggiamenti espressi dalla singola persona nei confronti dell’oggetto lavoro che hanno una più esplicita connotazione valutativa, espressa in forma semplificata con giudizi di tipo “favorevole/contrario”. Gli atteggiamenti verso il lavoro riguardano insiemi di opinioni e di sentimenti su come il lavoro si presenta in una situazione concreta determinando effetti più o meno valorizzati dalle persone; si fa riferimento ad aspetti specifici del lavoro che si sta svolgendo. Gli atteggiamenti verso il lavoro sono superficiali, modificabili rapidamente e legati ad eventi ed episodi della vita lavorativa.

  • Descrivere in cosa consiste l’interesse per le reazioni affettive e i sentimenti che caratterizzano l’esperienza lavorativa

Un concetto correlato a quello di atteggiamento è quello di reazioni affettive nei confronti del lavoro (work moods) ovvero stati d’animo, emozioni, che derivano dall’esperienza presente. Risultano variabili e transitori ed esprimono sensazioni globali nei confronti del lavoro svolto e dei singoli eventi che quotidianamente lo caratterizzano. Molti fattori lavorativi e non lavorativi possono causare un cambiamento nello stato affettivo-emozionale e nelle risposte comportamentali senza necessariamente determinare cambiamenti di atteggiamento o modifiche nelle rappresentazioni del lavoro o nei valori di fondo. Prestare attenzione ai moods significa considerare che un contesto lavorativo è fatto anche di emozioni, stati d’animo positivi, negativi o di indifferenza. Gli stati emozionali possono influenzare il modo di progettare, impostare le attività e di eseguire i compiti. Ciò attraverso una eccessiva concentrazione su certi aspetti dell’attività che impedisce di mantenere una visione unitaria di quanto deve essere fatto, di sincronizzare i differenti processi mentali e di integrarli sul piano dell’esecuzione. Fineman definisce le organizzazioni anche come arene emotive e sostiene che molti degli obiettivi organizzativi, delle strategie di azione, del modo di organizzare e gestire le persone risultano poco comprensibili se si resta sul piano razionale e si analizzano solo i processi di tipo cognitivo. In realtà essi risentono del livello di mobilizzazione delle emozioni. Vi sono poi emozioni e sentimenti che si attivano spontaneamente e sono analizzabili come fattori che possono influenzare il comportamento lavorativo e il clima psicosociale che si respira in un  reparto o un ufficio.


  • Specificare le componenti della condotta lavorativa che ricevono maggiore attenzione nell’analisi psicologica

Il lavoro è costituito da compiti o mansioni + condotte dettate da aspettative (Novara e Sarchielli 1996). Queste condotte determinano sia il prima che il durante che il risultato del lavoro. Gli elementi che determinano le condotte sono: 1)Corporeità (fisico) 2)Funzioni mentali/sensazioni 3)Sentimenti ed emozioni 4)Significati dell’esperienza lavorativa. Ogni lavoratore fa parte di un sistema tecnico (relazione uomo/macchina/ambiente)  di un sistema sociale interno  (scambi formali e informali)e di un sistema sociale esterno (eventi/vita). La condotta lavorativa si articola in differenti componenti: gesti motori, percezione ed elaborazione di segnali, regolazione di attività, progettazione e pianificazione delle azioni da eseguire. Le componenti si combinano in maniera differente a seconda del compito, degli strumenti, delle finalità, delle condizioni esterne. Il lavoro è dunque visto come: 1.sequenza di operazioni e attività gestuali: predominanza del lavoro manuale, in un certo lasso di tempo (studi del taylorismo). 2.elaborazione di informazioni: componenti percettive e in senso lato cognitive della condotta lavorativa, in relazione agli stimoli effettivi dell’ambiente e a combinazioni di risposte del lavoratore ai segnali del contesto lavorativo (comunicazione uomo-macchina-ambiente). 3.attività di regolazione: il lavoratore considera le azioni in rapporto agli obiettivi da raggiungere e provvede a quelle azioni necessarie a riportare l’equilibrio nel sistema precario e incerto a causa di imprevisti e varianze nel normale fluire delle interazioni uomo-macchina-ambiente. 4.attività simbolica: rappresentazione dell’attività e dei processi lavorativi che dipende dalle informazioni prelevate dall’ambiente, per impostare e padroneggiare l’esperienza lavorativa (immagini operatorie di Ochanine che, accentuando gli aspetti rilevanti sul piano funzionale, rendono possibili simulazioni mentali anticipate delle attività; modelli mentali e ricostruzioni soggettive della realtà). In pratica si può sostenere che il lavoratore esperto si basi su immagini mentali e piani di azione migliori e più duttili rispetto alle concrete situazioni, gli inesperti tendono invece ad usare rigidamente schemi di azione che mal si adattano alle circostanze.

 

  • Indicare quali fattori esterni ed interni sono coinvolti nella costruzione della condotta lavorativa

La condotta lavorativa può essere definita come classe particolare di comportam. complessi acquisiti nel corso dell’esp. delle pers. Tali comportam. derivano dall’interaz. tra fatt. est. (di carattere tecnico, organizzativo, economico, culturale, soc.) e fatt. int. (aspettative della pers, sue motivaz, desideri, scopi, personalità, stati fisici, ecc.) Inoltre vanno considerati gli outcomes, cioè il ruolo degli esiti del lav, ad es. liv. salariali o effetti del sist. premiante, soddisfaz, carriera ecc. Da ricordare che i seguenti fatt. che verranno citati in seguito, agiscono come condiz. facilitante o ostacolante la costruzione della condotta lavorativa ottimale: FATTORI ORGANIZZATIVI struttura, regole, supervisione/potere, clima psicosociale, cultura organizzativa. FATTORI INTERNI età, sesso, scolarizzazione, personalità, motivazioni/aspettative, abilità/skills. FATTORI LEGATI AL RUOLO SOCIALE E ORGANIZZATIVO. FATTORI DELL’AMBIENTE FISICO influenza sul benessere fisico psicologico e sociale (ex rumore, vibrazioni, vapori, polveri, microclima..). FATTORI LEGATI ALLE TECNOLOGIE. OUTCOMES salario, carriera, benefit, appartenenza sociale. FATTORI GRUPPO/GRUPPI dimensioni, relazioni, appartenenza, cooperazione, conflitti. FATTORI LEGATI AI COMPITI complessità, ritmi, tempi, esigenze, richieste. FATTORI EXTRA-LAVORATIVI pendolarismo, esigenze della famiglia, tempo libero. FATTORI INDIVIDUALI con effetto diretto sulla condotta  lavorativa (alcol, caffeina, diete, patologie, disturbi) fatica fisica e mentale non ristorata normalmente.

  • L’an. psicolog del lav. presupp. intersc. discipl. sistem. Indicare quali approcci disciplinari appaiono più rilevanti e xché?

La psicologia del lavoro da sola non può soddisfare tutte le esigenze di conoscenza delle condotte lavorative, in quanto gli approcci monodisciplinari sono inadeguati a recepire la complessità e l’articolazione delle risposte individuali. Fattori concomitanti (stratificazione sociale, condizioni economiche, abitudini di vita, mutamenti valoriali) e altri fattori che concorrono alla costruzione della condotta lavorativa esigono una collaborazione interdisciplinare tra: 1.psicologia appare evidente il suo contributo alla conoscenza del funzionamento psicologico delle persone nei contesti di lavoro. Essi riguardano ad es: percezione, memoria, apprendimento, meccanismi di pensiero, processi di decisione, emozioni, processi comunicativi e di linguaggio, motivazioni, personalità, fasi di sviluppo, differenze individuali. Da ricordare anche i processi più complessi che sono oggetto di studio della psicologia del lavoro come: valutazione dei risultati del lavoro, progettazione attività lavorative, disegno delle interazioni uomo-macchina ambiente, progettazione di oggetti, di strumenti e di ambienti lavorativi che sono oggetto di sistematica riflessione psicologica e degli interscambi con l’ergonomia. 2.psicologia sociale percezione sociale delle persone, genesi e possibilità di cambiamento di atteggiamenti e stereotipi, rappresentazioni sociali, formazione e funzionamento dei gruppi, processi di decisione nei gruppi di lavoro, leadership, conflitti, processi di socializzazione nella vita lavorativa. 3.sociologia tratti distintivi del contesto sociale di lavoro: struttura sociale e sue funzioni, valori di riferimento, significati collettivi, differenze sociali (stratificazione), funzionamento di gruppi di ampie dimensioni e movimenti collettivi (lavoratori, sindacati). 4.scienze organizzative e del management tipi di organizzazione, rapporti tra org. e ambiente, modelli di cambiamento organizzativo, strategie politiche e dei rapporti di potere, stili di leadership. 5.economia conoscere meglio l’ambiente di lavoro (valorizzazione, produzione e scambio di beni); conoscere i meccanismi che regolano il mercato del lavoro, il funzionamento del sistema economico a vari livelli, le politiche economiche e sociali. 6.medicina del lavoro relazione stretta con la psicologia del lavoro per il comune interesse per il benessere dei lavoratori, precisando i fattori di rischio ambientale (inquinanti, sostanze tossiche, polveri, fumi, vapori, rumori,vibrazioni…) e monitoraggio rigoroso del livello di qualità dei contesti di lavoro (per scompensi psicosomatici, malessere psicologico, malattie a determinazione multifattoriale). 7.antropologia, diritto e scienze informatiche antropologia: ruolo della cultura come tramite del rapporto dell’uomo con l’ambiente naturale, attraverso lo studio delle culture organizzative, imprenditoriali, dei gruppi sociali; diritto: grave lacuna della psicologia del lavoro la ridotta conoscenza delle regole formali che strutturano i rapporti di lavoro, e che determinano effetti soggettivi di rilievo psicologico; importanza delle scienze informatiche: comprensione e intervento nei contesti lavorativi ad alta tecnologia, studio dei meccanismi mentali della condotta, dell’ergonomia cognitiva, miglioramento della compatibilità delle interfacce tecniche, sviluppo di software usabili.

 

  • Presentare i livelli di analisi della condotta lavorativa e giustificare le ragioni di tale impostazione metodologica

Essendo le condotte lavorative assai complesse nel loro modo di costituirsi ed esprimersi, det. e collegate a un n. rilevante di fatt. int. ed est. alla pers, è fondamentale mantenere l’esigenza di distino. analitica e contemporaneam. considerare la pers. nella sua globalità, per costruire o convalidare una specificità metodologica rispettando la complessità dei fenomeni in esame.  Si considerano a tal fine 3 liv. di analisi: liv. individuale si considerano gli attributi della pers. e proc. che caratterizzano il suo rapporto con il contesto lavorativo; considerare il lavoratore con i suoi valori, aspettative, preferenze, risorse cognitive, affettive, relazionali usabili per affrontare il lavoro assegnato. Lo si astrae dunque dal resto (famiglia, gruppo di lavoro) e si considerano salienti le sue proprietà psicologiche percettive, mnestiche, gli stili di apprendimento, attitudini e interessi, caratteristiche della personalità, stili di azione prevalenti. Gli interventi professionali dello psicologo del lavoro riguardano comunemente questo livello: la selezione iniziale, l’addestramento/formazione, la valutazione delle prestazioni, aspettative, benessere psicologico, analisi e la progettazione delle interfacce tecniche usate nel lavoro; livello di gruppo considerare la partecipazione del lavoratore a un gruppo di lavoro, per rilevare le relazioni interpersonali, la comunicazione, la cooperazione con i colleghi, la capacità di leadership. I comportamenti del lavoratore dipenderanno dalla sua percezione di appartenenza al gruppo, il grado di socializzazione lavorativa, il tipo di influenza sociale, i conflitti intragruppo, il coinvolgimento. Gli interventi professionali dello psicologo del lavoro  a questi livelli riguarderanno valutaz. della produttività del gruppo, la formazione e lo sviluppo di abilità sociali e comunicative, fattori di benessere psicologico; livello di organizzazione organizzazione come sistema sociale fatto di molti gruppi che interagiscono tra loro e influenzano i singoli lavoratori e i gruppi di lavoro; lavoratore non come singolo ma in quanto membro di un gruppo di lavoro, dunque focalizzazione sulle regole condivise ed elaborate nel gruppo, sulle caratteristiche delle relazioni tra gruppi, sulle forme di integrazione sociale. Gli interventi a questo livello sono multidisciplinari di diagnosi organizzativa, di analisi del clima psicosociale, di formazione di tecniche di negoziazione.

  • Illustrare e commentare lo schema per l’analisi psicologica del lavoro di Leplat e Cuny (1977, 1984)

Lo schema di Leplat e Cuny serve per lo studio psicologico dettagliato delle attività e dei compiti per definire una mansione e va sotto il nome di Task e Job analysis. E’ uno schema sistemico diviso su 3 livelli. 1^ livello -> fattori che specificano le esigenze e le condizioni del lavoro (caratteristiche dell’operatore, obiettivi e condizioni di esecuzione); 2^ livello -> Attività della persona (elaborazione mentale e azione); 3^ livello -> Esiti del lavoro svolto (conseguenze per l’operatore e prestazioni effettuate ed effetti sul sistema). Esso distingue tra le esigenze (Work oriented analysis) e la condotta lavorativa vera e propria (Worker oriented anylisis).


 



                                                                                                                             I liv.

 

                                                                                                                             II liv.

 

                                                                                                                             III liv.

 

  • Indicare in cosa consistono le condizioni di esecuzione del lavoro, gli obiettivi e le caratteristiche dei lavoratori?

Condizioni di lavoro. Riguardano gli aspetti concreti del contesto lavorativo inerenti l’organizzazione del lavoro, la tecnologia di produzione, l’ambiente sociale e l’ambiente fisico. Organizzazione del lavoro: definizione e distribuzione dei ruoli lavorativi e delle mansioni; valutazione dei carichi di lavoro; modalità di esecuzione dei compiti (individuale o di gruppo); presenza di norme standard; costrizioni temporali; pianificazione del lavoro (modalità partecipative, canali di comunicazione e informazione, o separazione tra progettazione e produzione); strutture di comando più  o meno gerarchizzate, decentramento di responsabilità e di verifica partecipata degli obiettivi assegnati. Tecnologie di produzione: livello di complessità delle tecnologie utilizzate per lo svolgimento dei compiti di valutazione dello spazio di lavoro operatore-utensile-oggetto, in cui le distanze tra operatore e oggetto si ampliano man mano che le tecnologie si complicano. Ambiente sociale: contesto sociale entro cui si svolgono le attività lavorative, dunque relazione tra organizzazione e ambiente esterno (norme del mercato del lavoro, politiche economiche, risorse ambientali); caratteristiche dell’organizzazione come sistema sociale multigruppo (struttura organizzativa, sistemi di comando, sistema premiante, comunicazione interna/esterna, cultura organizzativa); caratteristiche dei gruppi di lavoro (relazioni interne, clima psicosociale, rapporti tra gruppi). Ambiente fisico: fattori di influenza diretta sulla qualità dell’esperienza lavorativa e possibili esiti di patologie, fatica fisica e mentale, stress, infortuni… Dunque interesse per vincoli ambientali (es. caratteristiche degli edifici, layout degli impianti, illuminazione, temperatura, umidità, rumore, vibrazioni, qualità dell’aria) e distribuzione delle stazioni di lavoro (sedie, tavoli, monitor, elementi decorativi, privacy, barriere architettoniche). Obiettivi del lavoro. Quanto l’organizzazione a livello generale, ma soprattutto locale (ufficio, reparto) richiede come traguardo da raggiungere con il lavoro, in termini quantitativi e qualitativi; esigenze alle quali rispondere in un certo tempo, con certi strumenti, con impiego di certe risorse. Esigenze fisiche spostamenti, uso di macchinari, sforzi dinamici, posture, turni di lavoro. Esigenze sensoriali segnali visivi, uditivi, loro frequenza, dispersioni, ridondanze. Esigenze senso motorie dispositivi di segnalazione e di comando, intervalli di risposta. Esigenze cognitive discriminazione dei segnali, informazioni da trattare, rischi di distorsione percettiva, livelli e tipi di attenzione, vigilanza, memoria, problemi da diagnosticare e risolvere, carico mentale. Esigenze relazionali/comunicative percezione sociale delle persone, riconoscimento e comprensione dei linguaggi, scambi informativi, effetti di influenza sociale, interazione cooperativa. Esigenze di fronteggiamento assunzione di responsabilità, decisione, soluzione del problema, regolazioni uomo-macchina e uomo-uomo. Caratteristiche dei lavoratori. Possesso di requisiti, risorse e competenze che il lavoratore deve avere per affrontare la serie di compiti assegnati. La psicologia del lavoro ha sviluppato un’analisi differenziale (qualitativa e quantitativa) delle risorse e competenze personali, in generale: Caratteristiche fisiche generali: integrità sensoriale, motoria, stato di salute psicofisica. Caratteristiche biografiche: curriculum vitae (età, genere, esperienze, scolarizzazione). Caratteristiche cognitive e di competenza professionale: memoria, tempi di reazione, conoscenze generali, capacità tecnico-professionali – saper fare – competenze trasversali di situarsi positivamente nel contesto lavorativo. Livelli motivazionali: aspettative, preferenze di rinforzi. Rappresentazioni e significati del lavoro: orientamento strumentale verso ricavi di natura intrinseca/estrinseca. Aspetti rilevanti della personalità: ottimismo, fiducia organizzativa, autoefficacia, locus of control lavorativo)…

  • NO

 

  • NO

 

  • Delineare e commentare i significati della nozione di attività lavorativa e di esiti del lavoro

Attività lavorativa. Leplat e Cuny usano il termine per indicare due asp: quello osservabile (comportam. espressi in seq. di az. e gesti) e quello non osservabile, cioè la concezione di attività come “lavoro psicologico” funzionale all’azione. Si tratta della fase di elaborazione, strutturazione cognitiva e anticipazione della prestazione finale. Infatti il lavoratore trasforma attivamente i compiti assegnati in compiti effettivi attraverso: 1) percezione e rappresentazione dei compiti 2) interpretazione e ridefinezione dei compiti in rapporto al contesto tecnico, organizzativo, locale  3) formulazione di ipotesi operative e di eventuali alternative di azione  4) decisione finale sui corsi di azione da seguire. Questa operazione traduttiva ha carattere fortemente soggettivo. Prestazioni ed esiti. Le prestazioni indicate al terzo livello dello schema di Leplat e Cuny sono il risultato finale delle attività e una serie di conseguenze che riguardano il lavoratore. Le prestazioni sono valutabili quantitativamente e qualitativamente rispetto a norme standard o rispetto a obiettivi assegnati, rispetto a criteri di sicurezza, di soddisfazione del lavoratore e dei clienti oltre che dei responsabili. Le conseguenze per il lavoratore sono gli aspetti legati allo sforzo e alla fatica, il carico mentale, gli effetti di stress acuto e cronico, i livelli di soddisfazione. Da notare cmq che essi hanno  un collegamento con le condizioni di lavoro mediato dall’attività e che con elevata probabilità, producono effetti di retroazione su molte delle caratteristiche dell’operatore considerate tra le condizioni di avvio dell’attività di lavoro.

  • Illustrare le principali funzioni dell’analisi del lavoro e i differenti tipi di risultato dell’analisi

Funz. e usi dell’analisi del lav. Politiche del personale: valutaz. delle prestaz. (se il lav. viene svolto adeguatam. risp. alle richieste), selezione del personale (conoscenza delle attività e delle esigenze lavorative richieste), pianificazione strategica del personale (quali tipi di persone vanno assunte, in quali tempi, per quali nuove finalità produttive), sistema premiante (equa distribuzione dei riconoscimenti materiali o immateriali o alla carriera, quando si conoscono le capacità, lo sforzo, le responsabilità, le condizioni di lavoro). Job design info sul tipo di relazione tra lavoratore e strumenti di lavoro e sui rapporti nei gruppi di lavoro, per valutare il modo migliore di svolgere un lavoro e per eventuali correzioni alla progettazione delle attività. Sicurezza lavorativa condizioni tecniche, organizzative e ambientali per riconoscere i fattori di possibile rischio per il benessere fisico e psicosociale del lavoratore e del gruppo. Formazione progettazione e impostazione dei percorsi formativi, scelta dei metodi di formazione e dei tempi di realizzazione di un progetto formativo: implica conoscere esattamente quali tipi di conoscenze e capacità implementare nel lavoratore. Orientamento progetti di orientamento al lavoro nei confronti dei giovani al loro primo ingresso e degli adulti in condizioni di mobilità o cambiamento lavorativo. Risultati dell’analisi del lavoro: con l’analisi del lavoro, si ottengono 2 tipi di risultati: una descrizione del lavoro, e una specificazione delle caratteristiche del lavoratore. La descrizione del lavoro illustra come è fatto un lavoro in sé,astraendosi, almeno provvisoriamente, dal lavoratore che lo volge, la specificazione del lavoro si sofferma invece sulla persona che lavora. Cambia dunque l’unità di analisi. Es. di traccia di una buona descrizione del lavoro: 1.LAVORO IN SE’=come si chiama questo lavoro?quali compiti sono svolti?ci sono differenze di responsabilità e doveri? 2.INTERVENTI=con quale grado di chiarezza di obiettivi si opera?con quale complessità? 3.MODALITA’ E PROCEDURE=con quali mezzi si svolgono i compiti? 4.COMBINAZIONI DI LAVORO. 5.I RISULTATI DEL LAVORO=descrivere i risultati attesi dall’attività lavorativa espressi in termini di prodotti e servizi. Il risultato della specificazione invece, è dato da una serie di inferenze circa qualità e attributi necessari per lo svolgimento delle attività e dei compiti di un lavoro.

  • Riassumere i principali orientam. metodologici adottati per l’analisi del lavoro ed i loro vantaggi e svantaggi

Metodi di analisi. Metodi data based o di archivio numerose info esistenti  sul lavoro e sul contesto lavorativo: consultare archivi e data base presenti nel sistema organizzativo, ma anche testimoni di situazioni critiche, documenti ufficiali e letteratura scientifica di settore, pubblicazioni; considerare indicatori statistici di fenomeni rilevanti quali assenteismo, turnover, incidenti e infortuni, difetti di produzione. Metodi diretti o osservativi (come taylorismo) analisi dei tempi di realizzazione dei compiti per ottimizzare le operazioni e renderle standard; rappresentazioni grafiche delle fasi di un processo lavorativo, indicando presenza di differenti lavoratori, tipi di compito svolto nelle fasi, esiti delle attività in ogni fase (flow charts); diagrammi delle relazioni causa-effetto tra le variabili del processo lavorativo; osservazione dettagliata dei segmenti di attività (work sampling), videoregistrazioni; misurazioni di tipo psico-fisiologico e rilievi sulle condizioni ambientali. Metodi indiretti o soggettivi forte partecipazione alle varie fasi dell’indagine da parte delle persone oggetto di analisi: si richiede al lavoratore di collaborare nella raccolta delle info rilevanti, nella valutazione soggettiva dei vari fattori, nei risvolti soggettivi emozionali del lavoro attuato. Possono essere partecipativi in senso stretto (narrazione di eventi e riflessioni guidate sulle interpretazioni, interviste e colloqui, focus group, diari) oppure di natura psicometrica (check-list di eventi, attribuzione di punteggi a scale di tipo Likert – rating scale- o mettere in ordine di importanza certi fattori – ranking scale), autodescrizione con schede di self reporting o veri e propri test standardizzati. Per tutti i metodi indicati occorre tenere in considerazione gli errori e distorsioni informative in cui si può incorrere, che provengono dalle stesse fonti (resistenze e paura di valutazione, scarse capacità di autodescrizione, sottostima di aspetti rilevanti…) oppure che riguardano la base dati utilizzata, o ancora errori derivanti dallo stesso contesto di analisi (pressioni temporali, resistenza degli attori); i possibili rimedi sono: utilizzo di differenti fonti di informazione, di diversi strumenti qualitativi e quantitativi, utilizzo di analisti bene addestrati e di formazione diversa, sufficiente disponibilità di tempo.

  • Presentare le caratteristiche principali degli strumenti più comunemente adottati nell’analisi del lavoro

Alcuni strumenti hanno una natura qualitativa, mentre altri molto strutturati permettono una quantificazione delle info. Alcuni strumenti si prestano di più a descrivere il lavoro, altri a descrivere le caratteristiche e i requisiti del lavoratore. Alcuni hanno ampia applicabilità e sono di più facile utilizzo, mentre altri richiedono analisti molto ben addestrati in grado di gestire procedure di analisi molto complesse. Strumenti qualitativi. Diario delle attività poco strutturato, non molto sofisticato dunque facilmente applicabile: il lavoratore, dopo breve istruzione, registra sistematicamente le attività svolte in un tempo stabilito, in forma narrativa; può seguire un colloquio di approfondimento. Tecnica dell’incidente critico elaborato da Flanagan, centrato sul lavoratore: si richiede il racconto dettagliato di un incidente, cioè un evento attinente un’attività che la fa discostare significativamente dalla norma, come aver mancato un certo obiettivo; critico perché sottolinea gli effetti di cambiamento o perturbazione dell’attività. Strumenti quantitativi. Check list e questionari valutano diverse centinaia di compiti concernenti una mansione, il grado di difficoltà, di importanza, di impegno e sforzo per eseguirli, ecc..; si assegnano punteggi ai diversi item e si fanno confronti tra le mansioni. Inventari di compiti con parecchie decine di item e richiesta al lavoratore di valutare quanto spesso un certo compito è svolto, quanto tempo richiede, quanto è critico per la mansione assegnata, quali sono i collegamenti tra i vari compiti. HTA Hierarchical Task Analysis scomposizione progressiva della mansione in una serie di compiti e sottocompiti, focalizzandosi sugli scopi o prodotti finali del lavoro, disposti gerarchicamente. FJA Functional Job Analysis intervista dell’analista a un lavoratore combinata con metodi di osservazione diretta, analizzando il grado di interazione con dati, persone, cose. PAQ Position Analysis Questionnaire 194 domande su elementi specifici della mansione che riguardano sei dimensioni: acquisizione info, processi mentali e cognitivi richiesti, output del lavoro, rapporti interpersonali richiesti, contesto lavorativo fisico, tecnico e organizzativo; ciascuno dei 194 elementi viene valutato in funzione di differenti scale di valutazione (importanza per la mansione di un dato elemento, tempo richiesto, grado di estensione del dettaglio..)

 

  • Effettuare un confronto critico fra i differenti approcci teorici che affrontano il tema delle scelte occupazionali

PROC. DI SCELTA: coinvolgono desideri, prog, capacità e la stessa identità pers. e soc. dell’individuo. Il lav. dà una forma ai contenuti della ns. vita che si attuano attraverso proc. di scelta maturati nel t.po: questi 2 orientam. (contenuti o proc. di scelta) sono alla base dei mod. teorici. ðGli approcci psicodinamici e motivazionali: le pers. ricercano completezza e soddisfaz, in ogni asp. della loro vita, quindi, anche per quanto riguarda il lav. La scelta occupazionale più adeguata è quella che provvede alla soddisfaz. dei bis. più prof. di raggiungere o mantenere una personalità lavorativa equilibrata e che permetta di acquisire le gratificaz. attese tramite un buon adattam. psicologico alla realtà. Si tende a considerare l’inclinaz. professionale come una disposiz. della pers. verso un campo specifico di attività. Gli studi sul need of achievement (McClelland ‘61) tendono a confermare che ad es, prof. motivaz. altruistiche predisporrebbero a profess. di aiuto, motivaz. autoespressive a profess. creative ecc. Critiche: questi orientamenti non spiegano i processi di scelta, ma sono molto utili ad es per gli interventi di aiuto e i counselling orientativo, di autoconsapevolezza delle proprie risorse per riprogettare il proprio futuro professionale. ðLa prospettiva psicometrica (Holland e Gottfredson 1992) che considera i tratti della persona stabili e quindi strumenti per le scelte occupazionali. E’ stata definita una tipologia di persone con 6 tipi di individualità: realistica, convenzionale,imprenditiva,sociale,artistica,investigativa.  In base alla personalità si sceglierà un lavoro. Critiche: forte accento sui tratti e nessuna su fattori situazionali, sui sistemi di competenza, conoscenza e capacità. ðApprocci cognitivo-comportamentali: nascono dalla psicologia dell’orientamento e dal counselling di carriera (Peterson e Cortes e Gonzales 2000)  sono caratterizzati dallo scopo di ridurre le credenze professionali illusorie elaborate dalle persone nel periodo prelavorativo(effetti del contesto scolastico-familiare e formativo), e di migliorare i procedimenti per prendere decisioni efficaci circa il lavroro. La ricerca di lavoro è vista come un problem solving, nel quale sono richieste metacognizioni (quali autoconsapevolezza, automonitoraggio dei processi conoscitivi e dei propri stili es. di apprendimento, di decisione ecc) che possono essere anche potenziate e facilitati da un counsellor. Focus sulla persona come attore  che è in grado di autocostruire la propria realtà personale e lavorativa. ðProspettive evolutive: basate sullo sviluppo del self-concept (Super 1980),e sui suoi cambiamenti come conseguenza delle varie esperienze di vita tra le quali hanno un peso rilevante quelle lavorative; il lavoro infatti comincia ad influenzare fino dall’infanzia le persone come riflesso delle aspettative poste dagli adulti sui bimbi e delle pressioni dei mezzi di comunicazione di massa che indirettamente promuovono valori, stili di vita mete e successo.. il SELF CONCEPT, è inteso come guida e  strumento di continuità dell’esperienza soggettiva nel corso degli stadi di vita di una persona, i quali invece indicano transizioni e cambiamenti influenzati anche dalle situazioni socio-economiche, oltre che da competenze e opportunità. La possibilità di affrontare problemi legati alla carriera sono ispirati da strategie di coping, come la career maturity, che è in grado di attingere a risorse fisiche, sociali e psicologiche per far fronte alla situazione. Secondo questa prospettiva, la scelta legata al lavoro è occasione di cambiamento personale e deve consentire lo sviluppo degli aspetti del Sé congruenti con la propria personalità, anche se riscontri empirici sembrano indicare che le scelte sono guidate più da aspetti del Sé ideale che non dal Sé percepito e reale. ðModelli derivanti dalla Social Learning theory. Sono influenzati dalla nozione di  self-efficacy di Bandura (‘86) che esprime le autopercezioni come : a) Qualità possedute rispetto al compito da eseguire b) stima di poter riuscire c) importanza del compito rispetto al self . Queste esprimono la percezione di una persona di saper padroneggiare ed esercitare un controllo sulla situazione (human agency) e tali credenze influenzerebbero anche carriere e condotte lavorative quali perseveranza, riorganizzazione delle proprie competenze ecc. Krumboltz (’79) ipotizza che anche le condizioni ambientali (facilitazioni per i giovani, cambiamenti tecnologici, risorse familiari) influenzano i percorsi di carriera, ma che è sempre la self-efficacy il centro propulsore. In altri termini il processo di scelta dipenderà dalle qualità soggettive del self e dalle condizioni ambientali. ðApprocci di contingenza: rimarcano l’importanza dei fattori socioculturali ed economici nella scelta del lavoro (Roberts 1968), sottolineando che la maggior parte delle persone vive un mismatch a causa della impossibilità di scegliere il lavoro, soprattutto per chi ha basso livello di scolarizzazione. La “vocazione” lavorativa, infatti sembra essere solo di coloro che grazie anche a una situazione economica più vantaggiosa ha potuto studiare più a lungo. Per quanti hanno livelli di qualificazione medio-bassi o che si avviano a carriere di non elevato prestigio è importante colmare la discrepanza cognitiva che deriva dal confronto di ciò che ci si aspettava e ciò che si è ottenuto. Questo processo di sense-making permette di ridurre la dissonanza cognitiva del soggetto, inducendolo a conciliare le proprie aspirazioni con il lavoro e illudendolo di aver comunque operato una scelta. Questo atteggiamento di disponibilità, adattamento ed accettazione, però, può indurre il neolavoratore insoddisfatto a divenire eccessivamente critico nei confronti di se stesso.

2) Indicare quali sono i principali fattori di differenziazione dei processi di scelta occupazionale
Tutti gli approcci concordano sul fatto che la scelta occupazionale è un proc. lungo sul quale intervengono molti fatt. in grado di modularlo. I Fatt. differenziali sono di tipo individuale e sociale: AD Es: Abilità intellettuali: sono assai frequentem. correlate agli esiti positivi delle scelte professionali sopratt. in relaz. alla congruenza fra q.ste risorse e le richieste cognitive di molti ruoli professionali; tali risorse appaiono in stretta corrisp. con i liv di scolarizzaz. richiesti per occupaz. impegnative e di prestigio; tendenza generale che xò non deve creare equivoci: infatti per un gran n. di occupaz. non sono richieste particolari competenze collettive (bassa qualità professionale) né le pers. che le svolgono sono necessariam. meno dotate; le ragioni del loro attuale inserim. occupazionale possono infatti essere numerose. Da un punto di vista empirico, si rileva cmq che le persone intellettualmente dotate effettuano decisioni più efficaci e realistiche  e meno legate all’influenza del proprio contesto sociale. Condizioni socioeconomiche e familiari: Influenza che si esplica attraverso l’interpretazione del lavoro come valore (o no) trasmesso fin dall’infanzia, la familiarità con certi tipi di lavoro (es. il lavoro dei genitori)  e infine influenza diretta della carenza di risorse economiche, soprattutto nel caso di percorsi formativi lunghi. Influiscono anche il modello paterno (come ho visto mio padre gestire l’esperienza lavorativa)  e stili educativi adottati (es. status connesso all’occupazione dei genitori, eccessiva invadenza di questi ultimi sulle scelte dei figli, ovvero orientare le scelte dei figli sulla case di giudizi astratti e non condivisi coi figli stessi). Genere. Le immagini sociali stereotipate in merito alle occupazioni “femminili” rischiano di distorcere il processo decisionale facendo prevalere variabili esterne rispetto alle aspettative soggettive. L’orientamento verso le professioni femminili spesso stereotipiche (insegnanti-infermieri-psicologi-segretarie) implica sia una preventiva restrizione del campo delle opportunità professionali verso occupazioni meno prestigiose, meno pagate, con limitato potere di influenza sociale, e in posizioni medio basse della gerarchia delle occupazioni sia il rischio di femminilizzazione incontrollata anche di altre professioni. Scuola ed esperienze formative: è un potente fattore di differenziazione delle scelte occupazionali e di carriera. Il percorso formativo, oltre ad aver potenziato la consapevolezza nelle proprie potenzialità, ha messo in contatto i giovani con figure di riferimento che hanno contribuito a proporre modelli ed attivare stimoli decisionali. La Socializzazione prelavorativa è un modo di analizzare l’esperienza scolastica, familiare e del tempo libero identificando i fattori che possono avere un peso nell’orientare le persone nella costruzione delle loro carriere. Si tratta di una fase importante dello sviluppo che prevede numerosi momenti di criticità diluiti nel tempo. Questo studio, che per il momento si è concentrato sull’avvio al lavoro (transizione scuola-lavoro), mette in luce alcune dimensioni importanti per l’avvio alla carriera lavorativa quali: ·formazione delle rappresentazioni del lavoro, i suoi valori e i suoi significati; ·informazioni relative ai compiti lavorativi, al sistema occupazionale, alle regole lavorative; ·competenze effettive; ·conoscenza di sé e delle qualità personali e di interazione sociale; ·progetti e aspettative future. In concreto si possono indicare due variabili principali con cui misura l’andamento della socializzazione pre-lavorativa: 1.Grado di realismo da PARTE DEL SOGGETTO  nella rappresentazione della vita lavorativa in un certo contesto. 2.Grado di congruenza tra aspettative/desideri/capacità della persona e risorse/opportunità presenti nel contesto occupazionale che potranno indicare aree critiche sulle quali intervenire per eventuale sostegno e/o potenziamento.

  • Indicare le differenze tra processi di scelta e presa di decisione occupazionale

Per quanto riguarda i processi di scelta, i differenti approcci mettono in luce momenti fondamentali del lungo processo di costruzione delle scelte ma solo in misura più limitata emerge un interesse per la vera e propria fase decisionale rispetto ad un percorso formativo breve o lungo e rispetto all’inserimento occupazionale stabile o temporaneo. Si può anzi sostenere che le teorie sulla scelta occupazionale sono assai ampie e ambiziose dal punto di vista degli obiettivi di identificazione dei numerosi fattori in gioco nell’orientare alla selezione di determinate aree occupazionali, percorsi di carriera e occupazioni, ma molto meno precise dal punto di vista della descrizione dei processi di decisione concreti e degli attori effettivamente coinvolti;concetti che si esaminano invece all’interno della presa di decisione. Nell’ambito della presa di decisione esistono alcuni esempi di modelli di decisione occupazionale tra cui: ðIl modello di Gelatt rappresenta la decisione rispetto all’occupazione come una sequenza di 5 passi che aiuterebbero a semplificare il compito del decisore: a)riconoscere le necessità  di prendere una decisione e identificare gli obiettivi b)raccogliere le informazioni sulla situazione, su di sé e sui possibili corsi di azione c)Usare i dati per specificare i possibili corsi di azione, gli esiti, la probabilità di riuscire ad ottenerli e la loro desiderabilità d)analizzare il proprio sistema di valori e) valutare gli elementi e prendere una decisione provvisoria. Sul piano pratico, questo modello,Sottolinea gli atteggiamenti con cui si affronta la decisione, l’intuitività e mira a costruire responsabilità diretta nelle persone sul proprio futuro (domande: cosa vuoi ?,cosa vuoi sapere?, in cosa credi?, cosa fai per ottenerlo?). ðIl modello di Gati (1986) si basa sul fatto che la situazione decisionale presenta 2 tipi di incertezze: 1)riguarda il decisore ovvero, l’insicurezza sulle preferenze immagini di sé e valori occupazionali 2)deriva da carenze informative e difficoltà a stabilire cosa succederà dopo, a distanza della decisione. Per Gati si può fare una scelta soddisfacente distinguendo bene tra un corretto percorso decisionale e il risultato della decisione (Career decision making) e consta di 9 fasi: a)studio alternative b)aspetti rilevanti per la persona c)ordinarli per importanza d)range di accettabilità e)eliminazione di ciò che è fuori range f)rifiltro del range g) informazioni aggiuntive per comparazioni h)ordine di desiderabilità i)analisi dei costi e dei benefici. E’ un modello ad eliminazione sequenziale che giunge a considerare anche forme di compensazione (es laurea troppo lunga, ma con esami più semplici più diluiti nel tempo…). La decisione mette in gioco anche emozioni e motivazioni che generano spesso conflitti interni che possono essere vissuti, soprattutto in età giovanile, con atteggiamenti quali indecisione e procrastinazioni.

  • NO

 

  • Indicare quali sono i principali compiti ed esiti della situazione di ingresso lavorativo

Ingresso NEL MONDO DEL LAV. rappresenta l’incontro con altre pers, amb, regole sociali, ruoli e compiti da svolgere e il passaggio ad una nuova situazione sociale ricca di stimoli psicosociali da decifrare interpretare e sui quali impostare la propria condotta. Il lavoro è visto come una transizione psicosociale caratterizzata da definizione del Sé, progettazione del proprio futuro, attribuzione di significati nell’esperienza lavorativa, costruzione di appartenenze sociali e sviluppo di competenze professionali.   Questo richiede un tempo più o meno lungo per un’adeguata ristrutturazione cognitiva, per l’accettazione del giudizio altri senza sostegno emotivo ed evitando eccessiva disponibilità (portato dalla sensazione di inadeguatezza rispetto al ruolo sociale), per trovare congruenza tra la situazione sperimentata e le aspettative. Da ultimo si deve anche ricordare che la situazione di ingresso rappresenta un possibile CONFLITTO  tra differenti obiettivi: da un lato il contesto organizzativo incarnato dai responsabili, e dall’altro il neoassunto che deve trovare una possibile congruenza tra la situazione sperimentata e le aspettative i bisogni e progetti che lo hanno spinto ad entrare. Si occupa di questi aspetti la Socializzazione lavorativa (Sarchielli ‘78) definita anche : socializzazione occupazionale ( socializzazione al lavoro, prelavorativo e socializzazione nel lavoro) e organizzativa (fattori organizzativi e di interazione persona-ambiente).

  • Illustrare in cosa consiste il ciclo transizionale e come si delineano i proc. di adattam. lavorativo descritti da Nicholson

Per Nicholson (‘87) l’ingresso lavorativo costituisce il prototipo delle transizioni, che in maniera ricorsiva, caratterizzano l’esperienza lavorativa di quasi tutte le persone. ð Ciclo transizionale di Nicholson ð 4 fasi del ciclo: 1)preparazione (aspettative, desideri, risorse); 2)incontro (Fronteggiamento e attribuzione di senso); 3)Adattamento (cambiamenti personali e di ruolo); 4)stabilizzazione (coinvolgimento ed efficacia operativa). I processi di cambiamento/adattamento secondo Nicholson sono 2: Innovazione del ruolo o sviluppo (cambiamenti di piccola portata, procedure, tempi ecc.) e cambiamento personale (cambiamenti di stili di condotta). Incrociando le due dimensioni di modalità di cambiamento/adattamento si ottengono i seguenti tipi di adattamento: ·Replica ð riguarda quelle transizioni che implicano modesti adattamenti rispetto alla persona e al ruolo lavorativo. ·Assimilazione ð transizioni che implicano cambiamenti nella persona es. notevoli impegni di apprendimento connessi con i compiti da assimilare e padroneggiare. ·Determinazione ð Cambiamenti nel ruolo lavorativo ma non nella persona. ·Esplorazione ð  Modifiche sia della persona che del ruolo lavorativo le competenze tecniche e sociali della persona rendono possibile una negoziazione delle caratteristiche del ruolo che si modifica con vantaggi reciproci per la persona e l’organizzazione.
 

 

 

 


  • Specie. quali risorse personali e soc. possono differenziare il modo in cui la transiz. lavorativa viene affrontata dalle pers.

ð Alcune risorse personali e soc. possono differenziare il modo con cui la transiz. lavorativa viene affrontata dalle pers. 1 Esp. pre-lavorative (stage, tirocini ecc.) che preparano agli inevitabili mismatches sul piano delle aspettative, ad avere maggior fiducia in sé e nell’affrontare richieste lavorative. 2 Asp. della personalità lavorativa e caratt. personali quali stili di identità (orientata alle info, alle norme, di evitam. ecc), stima di sé (self-efficacy e self-monitoring) orientam. affettivi generali della pers. nell’affrontare le diverse situaz. di vita (le persone che hanno una  visione positiva della realtà tendono a mantenere questa prospettiva ottimistica anche nelle situaz di ingresso lavorativo, vivono il lavoro come una sfida attraente, ciò aumenterebbe l’impegno ad adottare strategie di cambiamento di sé e della situaz lavorativa per trovare un equilibrio più soddisfacente tra le richieste lavorative e le aspettative individuali).

 

  • Cosa si intende con la nozione di tattiche di socializzazione organizzativa?

Tattiche di socializzaz. organizzativa: strategie adottate dalla pers. per interpretare le caratt. della situazione, per ritrovare un significato e per decidere come muoversi; ci si riferisce però, anche al contesto lavorativo come utilizzatore di precise modalità di intervento per influenzare la condotta, gli atteggiamenti e i valori. Risulta talmente importante tenere conto di queste modalità di intervento da parte delle organizzazioni, che spesso quando si parla di socializzazione occupazionale e organizzativa ci si limita a intendere ciò che viene trasmesso dall’organizzazione per facilitare il processo di assimilazione e di conformità dei nuovi arrivati. EX PROGRAMMI DI INSERIMENTO- AI RITI DI ACCOGLIENZA DEI NEOASSUNTI- ALLE MODALITA’ DI AFFIANCAMENTO-APPRENDISTATO).

  • Illustrare le paricolarità delle differenti tattiche di socializzazione organizzativa

Le tattiche di socializzaz. organizzativa (Van Maanen e Shein 1979)  possono essere divise in due tipi: Socializzazione istituzionale: modalità di intervento che incoraggiano il neofita ad aderire ai ruoli previsti. Socializzazione individuale: tattiche centrate sulle persone.
 

 

 


 

EFFETTI

 

Cambiamento personale
Soddisfazione lavorativa
Commitment organizzativo
Identificazione
Intenzione di non lasciare

 

Innovazione di ruolo
Ambiguità di ruolo
Conflitto di ruolo
Sintomi di stress
Prestazione

 

Esistono 3 metodi di training per sviluppare nei neofiti una maggiore e più rapida consapevolezza delle proprie azioni lavorative: Coaching: “allenatore”  relazione tra neofita e lavoratore esperto con responsabilità di tipo gerarchico, evidenzia passo dopo passo i corsi di azione più opportuni. Mentoring: Relazione tra neofita e lavoratore esperto al di fuori della linea gerarchica, vengono offerti sostegno, anche emozionale, consigli e feedback sull’inserimento, instaura un rapporto più significativo sul piano interpersonale, interessato soprat alla formazione, rapporto formativo di più lunga durata. Tutoring: Relazione tra neofita e professionista basata sul principio della trasmissione diretta del sapere con tecniche dell’apprendimento metacognitivo (fornire modelli, incoraggiare la consapevolezza e la rielaborazione cognitiva delle azioni e dei risultati).Relazione tipica dell’apprendimento di una professione in senso stretto che richiede un lungo periodo di tirocinio o apprendistato professionale.

  • Indicare quali tipi di esiti o indicatori della qualità dei proc. di socializz. occupaz. vengono considerati dalla psico del lav.

Un buon andam. del processo di socializzazione deriva da un’accettabile congruenza tra aspettative, interessi e scopi di entrambi gli attori sociali che si confrontano nelle diverse fasi del processo. Possiamo considerare una persona ben socializzata quando è adattata e conforme alle aspettative oppure che abbia condotte che facilitano l’impegno e il coinvolgimento con l’organizzazione. Possiamo delineare 2 estremi di un conituum degli esiti della socializzazione: a)condizioni di ultrasocializzazione (adesione rigida e totale dei modi di pensare e delle condotte alle aspettative e alle richieste dell’organizzazione). b)socializzazione non riuscita (incapacità totale di interloquire e interagire con  organizzazione). E’ possibile effettuare una categorizzazione degli esiti:  Caratteristiche e la forma della traiettoria di carriera ‚ Benessere psicologico ƒ Capacità di prestazione „ Livello di impegno e continuità nell’apprendimento … Tipo di identità personale e sociale † Tipo di interazione sociale sperimentata ‡ Interazione con l’organizzazione.

  • Spiegare in che senso le modalità di selezione si collegano al tema della socializzazione occupazionale

La selezione del personale, ha avuto un certo credito nel mondo imprenditoriale, ha stimolato lo sviluppo di metodi e procedure sofisticate, è stata al centro di numerose discussioni scientifiche, politiche. A questo proposito è bene ricordare che in molti paesi esistono leggi nazionali volte a garantire trasparenza ed equità nella selezione del personale da assumere, al fine di evitare di discriminare minoranze socialmente svantaggiate. U.E si sta elaborando una direttiva relativa all’equità di trattamento occupazionale che concerne le forme di accesso al lavoro, la carriera, le promozioni. Il momento della selezione, rappresenta non solo una fase fondamentale per la vita dell’organizzazione ma anche il modo con cui si realizza un’occasione di conoscenza, di scambio informativo esplicito e di comunicazione informale tra la persona e l’organizzazione; per queste ragioni la selezione è considerata strettamente collegata ai processi di socializzazione, concludendo infatti, si può affermare che le pratiche di selezione completano il quadro informativo che contribuisce ad arricchire le risorse della persona nella fase di transizione al lavoro. L’acquisizione di personale tramite società di lavoro interinale e temporaneo sono utili, ma solo per profili medio-bassi, proprio per questi motivi si tende a fare ricorso all’acquisto dall’esterno. Risulta cmq come sia importante il ruolo decisivo dei responsabili della funzione di selezione del personale sia nell’analisi del lavoro e del profitto professionale sia nell’avvio del reclutamento.

  • Delineare i passi più significativi di un percorso di selezione del personale

Identifichiamo i seguenti passi significativi: ·Identificaz. del bisogno e analisi della posiz. di lav. da ricoprire prima di ipotizzare un certo percorso di selezione o di decidere su una procedura selettiva. ·RECLUTAMENTO insieme di modalità con cui un’organizzazione esplicita la sua richiesta di candidati da valutare per l’assunzione ·SCREENING INIZIALE: analisi delle domande (curriculum)che può essere semplificata dalla chiarezza delle procedure di reclutamento. ·SELEZIONE: tramite test- interviste(colloqui)-metodi di gruppo. ·ACCOGLIEMENTO/PRIMA ALLOCAZIONE. ·TRAINING. ·PIANIFICAZIONE CARRIERA E ALLOCAZIONI SUCCESSIVE

  • Illustrare le principali diff, i vantaggi e gli svantaggi dell’approccio psicometrico e di quello clinico alla selez. del pers.

La prospett. psicometrica nel reclutam. del personale si propone di effettuare la selez. attrav: Test di efficienza, test reattivi che indagano sulla strutt. di personalità, test di situazione e test di campioni di lavoro (book di progetti e disegni). I test devono rispondere a requisiti di attendibilità (coerenza e grado di concordanza tra due misure distinte) e validità (il test deve misura effettivamente ciò che si propone di misurare). Passi x la costruzione di un test: 1.analisi del lavoro e del criterio della prestazione in termini operazionali (quindi misurabili). 2.scelta delle variabili di previsione (della prestazione). 3.predisposizione dello strumento e somministrazione su un gruppo sperimentale di soggetti rappresentativi della popolazione in esame. 4.determinazione della forma finale del test. Non vale la pena usare queste procedure quando le mansioni non richiedono particolari abilità o tutti i candidati sono molto qualificati (per via del tasso base, percentuale di candidati scelti a caso che potrebbero ben riuscire sul lavoro) o, ancora quando il numero di candidati è eccessivamente basso (antieconomico) o eccessivamente alto rispetto ai posti disponibili (potrebbe non essere realistico una selezione operata in questo modo). L’Approccio clinico prevede invece colloqui o interviste di selezione (per questo motivo si avvicina molto di più al concetto di “socializzazione”); infatti, il candidato cercherà nel poco tempo disponibile di fornire una buona immagine di se stesso, di conoscere meglio cosa si richiede da lui nel lavoro, di avere un’idea del contesto organizzativo in cui intenderebbe inserirsi. Diversi tipi di intervista: ·Pre-selezione: Di breve durata, incentrata sugli aspetti curricolari. ·Intervista psicologica: Diagnosi motivazionale e/o di personalità. ·Intervista tecnica/professionale: Per evidenziare competenze specifiche. ·Intervista mista: Attuata da imprese di piccole dimensioni, generalmente da non psicologi. ·Intervista finale: Attuata dal responsabile del personale per l’assunzione. Questo approccio potrebbe dare atto a distorsioni riguardanti la diversità nella salienza di obiettivi ,di percezioni e di attribuzioni reciproche, l’influenza delle prime impressioni anche se il colloquio è condotto da esperti, e dei dati curricolari scritti, le conclusioni del colloquio poi, possono risentire dei pregiudizi dell’intervistatore, delle sue aspettative, anche la quantità o qualità di informazioni che possiede sul mercato del lavoro o sull’ambiente organizzativo può influenzare preventivamente il colloquio. Per tale motivo il colloquio non sembra poter essere utilizzato con risultati univoci, il suo grado di validità predittivo e di attendibilità è assai modesto proprio per la natura interpersonale dell’approccio. Per migliorare le potenzialità di questo tipo di approccio sarà possibile strutturare il colloquio come una conversazione guidata seguendola seguente procedura: 1) analisi preliminare del lavoro 2) Descrizione del lavoro mettendone in luce le caratteristiche 3) descrizione chiara delle richieste 4) esplicitare i criteri essenziali per la selezione 5) dare un valore e graduare questi criteri 6) equilibrio e struttura finale dell’intervista. Rientrano in questo tipo di approcci i metodi di gruppo che, attraverso la simulazione ed esperienze di role-playing evidenziano le condotte dei candidati, rilevate attraverso videoregistrazioni e osservate da personale qualificato per evidenziare la qualità delle relazioni. Si conclude dicendo che vi sono ancora parecchie perplessità sulla validità delle procedure di selezione essendoci una quantità di variabili che esulano da quanto si può osservare in sede di selezione. Si conviene con Novara (’81) che indica questi strumenti come occasione per giungere ad un giudizio prognostico che non può però svincolarsi da dettagliata analisi di altri fattori che caratterizzano la situazione lavorativa.

  • Descrivere le ragioni che giustificano il considerare la formazione come ambito di socializzazione

LA FORMAZ. è un ins. strutturato di opportunità di trasmiss. e di acquisii. di un sapere tecnico-professionale e psicosociale. FORMAZ.=1 delle componenti del sist. di gest. del personale. Funz. della formaz. possono essere sintetizzate in q.sto modo: orientare e talvolta trasformare le conoscenze, le skills, le abilità e le caratt. personali in risorse da investire nel contesto lavorativo in risp. alle esigenze dei vari compiti e ruoli e alle aspettative personali di crescita professionale. Le 3 grandi funz. della formaz.: ð funz. di mantenim. raggiungere e mantenere uno standard accettabile di qualità e quantità delle prestazioni professionali per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. ð Funzione di socializzazione accelera e/o sostiene i processi di inserimento sociale dei lavoratori e la loro socializzazione. ð Funzione motivante cioè verifica e confronto tra le aspettative della persona e quelle dell’organizzazione, accentuando la fiducia e il sentimento di appartenenza nei confronti dell’organizzazione. FRUITORI DELLA FORMAZIONE: soggetti al loro primo ingresso, coloro che si specializzano su particolari mansioni, chi deve riconvertire il proprio bagaglio professionale in seguito a modificazioni tecnologiche, coloro che a seguito di licenziamenti intendono prepararsi ad un nuovo lavoro, chi intende aggiornare le proprie conoscenze professionali….Come si può notare, la formazione, è un processo che coinvolge un numero elevato di utenti nell’ambito del lavoro ecco quindi uno dei principali motivi che spingono a considerare la formazione come ambito di socializzazione.

  • Indicare quali sono i contributi originali della psicologia allo sviluppo dei processi di formazione

1° CONTRIBUTO: Caratteristiche che facilitano l’apprendimento negli adulti in ambienti lavorativi: ð Apprendimento dall’esperienza; ð Feedback, informazioni di ritorno utili sia durante lo svolgimento di un’attività, sia al termine della stessa; ð Forme di rinforzo riconoscimento dell’impegno e della qualità della prestazione rinforza gli apprendimenti stessi. Dalla psicologia cognitivista, rileviamo anche, a proposito di apprendimento: - Apprendimento di compiti semplici (prima) e complessi (successivamente); - Metacognizione: capacità di monitorare i propri progressi per valutarli, aumentando la propria consapevolezza e una posizione attiva sia nei confronti del compito che dei processi socializzativi; - Modelli mentali: un accurato quadro mentale degli oggetti e delle relazioni tra loro facilita i compiti di apprendimento particolare dei funzionamento di macchine. Il lavoro oggi è più astratto, richiede impegno cognitivo, attenzione focalizzata e comprensione di  segnali e simboli più che di oggetti fisici interazioni sociali dirette o mediate dall’elettronica. Ciò comporta da parte degli psicologi un’analisi delle competenze cognitive e relazionali che si muovono lungo due direzioni di indagine: Expertise (pratica di strategie di autoregolazione per una performance competente). Apprendimento esperienziale (per agevolare la comprensione delle rappresentazioni di tipo idiosincratico, esperienze accumulate anche relative ai gesti, alle posture e ai linguaggi, senza nessun ordine apparente). 2° CONTRIBUTO: Individuazione dei metodi di progettazione (training design). Prevede una precisa indagine psicologica sull’organizzazione sui ruoli e compiti lavorativi in modo da proporre un pacchetto formativo lontano il più possibile dallo “standard” che si articola in vari momenti: analisi organizzativa, del lavoro, delle persone. Questo passaggio permette di ridefinire gli obiettivi nei termini di prestazioni comportamentali attese, misurabili e valutabili dopo l’intervento formativo. Rinnovamento di metodologie e tecniche di realizzazione e conduzione dell’intervento formativo: tramite approcci clinici e psicosociali e l’introduzione di modalità partecipative di formazione particolarmente innovative come ad es. l’istruzione assistita da computer e realtà di simulazioni informatiche e modalità partecipative di gruppo come focus group, business games, gruppi di discussione. Le tecniche di intervento formativo più qualificato, infine,  tendono anche ad incorporare principi assunti dalle esperienze più avanzate di action-research (utilizzo di linguaggi e significati condivisi, processi personali e di gruppo).

 

  • Specif. la nat. delle D. motivaz. che contraddistinguono l’esp. lavorativa dal p.to di vista dei lavoratori e delle organizz.

Considerato che l’interesse delle organizzazioni è sempre verso lavoratori motivati (il che significa quasi sempre disponibili ad impegni crescenti) e che recenti indagini rivelano che solo il 20% dei lavoratori sarebbe adeguatamente motivato, ci si chiede se la gran quantità di teorie motivazionali fin qui elaborate non siano solo un faticoso tentativo di giustificare l’investimento di energie e risorse personali, in contesti di lavoro troppo spesso frustranti e poco significativi per le persone. Lo studio delle motivazioni al lavoro, riguarda un set di forze che hanno diversa origine, e che in determinate circostanze, danno avvio o sostengono una condotta lavorativa, influenzandone la  direzione(quali dei possibili corsi di attività viene scelto dal lavoratore) – intensità (livello dello sforzo con cui si svolgono le attività scelte) – persistenza( il lavoratore attua la sua prestazione con continuità anche davanti ad ostacoli, condizioni difficili..)nel corso del tempo. Per valutare nella giusta ottica la motivazione non si deve incorrere, innanzitutto, nell’errore di giudicare in termini motivazionali il successo: il conseguimento di un risultato lavorativo, infatti, è normalmente frutto di molti fattori, solo alcuni dei quali controllabili dalle persone e di diretta rilevanza motivazionale. Appare riduttiva la concezione della motivazione al lavoro focalizzata esclusivamente sull’individuo e che prescinda dalla situazione e dall’interscambio persona-contesto quotidiano. Di notevole importanza, sono anche i fattori sociali ovvero le persone con cui si collabora, ai gruppi di appartenenza o di riferimento, ai patti siglati sin dalla fase di ingresso lavorativo…vi sarebbero poi anche da considerare anche fattori esterni non sociali es. ambiente fisico, i mezzi, gli strumenti, l’organizzazione..). Le teorie esposte guardano in modo diverso la sequenza di input (sforzo, impegno, esperienza…) ð prestazione (quantità e qualità del lavoro) ð risultati attesi (sicurezza, benefit, prospettive di carriera…) e dunque sottolineano aspetti diversi sia rispetto ai contenuti che hanno rilevanza motivazionale sia ai processi psicosociali che intervengono.

  • Illust. le diff. tra le teo motivazionali centrate sui bis. e quelle che si rifanno alle caratt. del lav. e alla pratica del job design

Teo dell’interesse economico (Taylor) Organizzaz. Scientifica del lav. basata sulla chiarezza del compito assegnato. Metodo incentivante: benefit economici e complesso sist. di premi-puniz. Teo della Gerarchia dei Bisogni (Maslow ‘40): gli individui hanno dei bisogni organizzati dal basso all’alto in ordine gerarchico (fisiologici, di sicurezza, sociali, stima, realizzaz.), perciò il lavoratore si chiederà quali risultati lavorativi dovrà ottenere per soddisfare tali bisogni. Teo suggestiva ma di carattere troppo gen. che non tiene conto delle diff. individuali e socioculturali, che tende a semplificare eccessivamente la realtà. Teoria delle caratteristiche del Lavoro (Hackman e Oldham) Ovvero: come progettare un lavoro perché sia motivante. ðjob design: arricchimento del lavoro che avrebbe anche una funzione motivante. Indicano 5 fattori critici per la motivazione e soddisfazione lavorativa:  (a) varietà delle capacità richieste (b) identità del compito (c) compito significativo (d) autonomia (e) feedback. Motivazione Potenziale = [(a+b+c)*d*e] / 3. Assume una posizione centrale in questo modello una variabile psicologica(la forza del bisogno di crescita personale e professionale). Quando essa raggiungerà valori elevati tenderà a far aumentare l’interesse per le 5 caratteristiche del lavoro, concorrendo con le 3 percezioni (SKILL VARIETY-TASK IDENTITY-TASK SIGNIFICANCE)che influenzano la percezione del lavoro, ad ottenere incrementi nelle motivazioni intrinseche, nella qualità delle prestazioni, nella soddisfazione lavorativa e riduzione di tassi di assenteismo e di turnover.

  • Indicare a quali domande motivazionali cerca di rispondere il modello motivazionale di Vroom

Mentre le Teo dell’interesse economico (Taylor), della Gerarchia dei Bisogni (Maslow ‘40) e delle caratteristiche del Lavoro fanno riferimento implicito a un modello universale di attivazione interna (bisogni) o interna/esterna (bisogni e caratteristiche del lavoro)della risposta lavorativa, con le teorie cognitive ci si sposta sui meccanismi di elaborazione della condotta e sulla mobilitazione delle risorse cognitive/psicosociali , rispetto ad uno scopo. Teoria della motivazione al lavoro di Vroom (‘64) Motivazione come risultato di 3 variabili che nel loro insieme indicano un’attesa di esiti futuri positivamente valutati dalla persona: Valenza (attrattiva, preferenza,desiderabilità di un certo risultato); ‚Strumentalità ( quanto un lavoratore crede che la sua prestazione influenzerà il risultato); ƒAspettativa (percezione di quanto lo sforzo possa effettivamente condurre alla ricompensa attesa). Tali variabili sono legate in forma moltiplicativa, Ma basta che una di queste variabili sia nulla per azzerare il livello motivazionale (M=V*S*A) La teoria di VROOM è stata molto popolare e ha avuto parziali conferme nella sua capacità predittiva. Sulla stessa linea concettuale che collega la definizione della situazione operata dalla persona, l’impegno motivazionale, e la prestazione, da ricordare il contributo di PORTER e LAWLER. Connessione tra motivazione-prestazione-soddisfazione (Porter e Lawler) Impegno e sforzo del lavoratore sono correlati da diversi fattori di natura cognitiva (abilità, grado di chiarezza con cui è percepito il proprio ruolo …) che sono rilevanti per capire che i sistemi di preferenze dei lavoratori sono soggettivi. Un’attenta dirigenza dovrebbe tenerne conto nelle definizioni delle strategie.

  • Indicare i tratti distintivi della goal setting theory

È una tecnica motivazionale nata nel contesto dell’orientamento di management che sostiene l’importanza della resp. dei dirigenti nel definire obiettivi dell’attività concreta da svolgere e della connessone fra conseguimento di obiettivi e compensi. Goal Setting Theory (LOCKE) fissa l’importanza degli OBIETTIVI ai fini della motivazione, essi devono avere 2 caratteristiche: a)devono essere obiettivi difficili ma realizzabili; b)devono essere obiettivi ben chiari e specificati; c)il lavoratore deve essere coinvolto nel conseguimento degli obiettivi stessi; d)ci deve essere feedback dei colleghi e superiori; e)i motivi devono essere definiti in modo efficace. In questo approccio diventa importante la partecipazione dei lavoratori a questo processo  di definizione di obiettivi , questa partecipazione stessa è influenzata da: ·fattori esterni (potere di influenza dei dirigenti che indicano gli obiettivi); ·fattori di interazione sociale: possibilità di partecipare alla definizione degli obiettivi; ·fattori interni come quelli connessi alla percezione di sentirsi capaci di realizzare gli obiettivi. Altri fattori riconoscono l’importanza delle capacità possedute, della complessità dei compiti e di alcune caratteristiche personali . Fra questi ultimi sono da ricordare I fattori come la stima di sé e soprattutto il locus of control (I lavorat. con un locus interno, I risultati dipendono dall’impegno e dalle scelte personali-hanno un maggiore risultato perche’ sentono di poter contare sulle proprie capacità) (mod. Locke). A queste considerazioni si aggiunge la teoria di BANDURA  (teoria dell’autpregolazione) che sottolinea l’importanza della SELF-EFFICACY: la differenza fra la situazione attuale e quella che si desidera crea nel lavoratore delle aspettative che lo inducono a mettersi nel percorso decisionale del goal setting theory.

 

 

  • Cfr. la teo dell’equità e le teo della giustizia cercando di mettere in evidenza gli elem. in comune e quelli differenziali

Teoria dello scambio (Adams): nelle interazioni sociali le persone desiderano ottimizzare I benefici e minimizzare I costi in una relazione di do ut des. La relazione fra lavoratore e organizzazione è costituita da imput (contributi in termini di competenze, esperienza, tempo ecc) e output (stipendio, status, possib. di carriera). La motivazione sarà tanto + alta se il lavoratore percepisce il rapporto input/otput equilibrato rispetto agli altri colleghi del gruppo, ai soggetti di precedenti esperienze lavorative e alle credenze ideali del lavoratore. Principio del confronto sociale (Festinger) gli altri soggetti vengono percepiti come una fonte di conoscenza di sé e della propria esperienza attraverso dei confronti sistematici per verificare l’equità del rapporto input-output. Quando il soggetto percepisce la NON EQUITA’ (mod.di Adams) ci saranno conseguenze negative sul livello delle motivazioni  dovute alla tensione e al disagio vissuti dal lavoratore. Quando la persona percepisce la NON equità sarà portata ad adottare le seguenti strategie: ·modifica degli imput ( es.abbassamento dei risultati); ·modifica dei referenti con cui confrontarsi; ·modifica delle percez. Imput/output (quanto impegno, quale qualità del lavoro; ·cambiare lavoro. Teoria della giustizia organizzativa (Greenberg): teoria diffusa recentemente sulla scorta del fatto che non basta considerare i bisogni o i collegamenti fra aspettative attività e risultati, il tutto senza considerare la realtà o i contesti ove questi processi psicologici hanno luogo. Nella teoria della giustizia org.si considerano due concetti chiave: ·la giustizia distributiva: consapevolezza che I ricavi (stipendio) siano corrispondenti alle attese e non determinino situazioni di non equità fra I lavoratori. ·La giustizia procedurale: consapevolezza che le risorse I premi o le punizioni sono allocate in modo adeguato. Come nel modello di Adams, nella teoria della giustizia organizzativa la discriminante è rappresentata dal livello di percezione di adeguatezza da parte dei lavoratori e non I reali risultati . ad es. se I lavoratori si rendono conto che nella organizzazione prevalgono criteri non trasparenti ed equi I lavoratori stessi tenderanno ad adottare atteggiamenti di riduzione dell’impegno o di conflitto individuale o collettivo, in altri casi può portare alla rottura delle condizioni di dialogo fra il lavoratore e l’organizzazione. Con tutte le conseguenze del caso. Un fattore di similitudine fra la teoria dell’equità e della giustizia è rappresentato dal fatto che entrambe le teorie sono  poco propense alla valutazione delle motivazioni in sé, ad es. se un lavoratore sia impegnato perché motivato da un forte desiderio di successo mentre un lavoratore più modesto abbia scarso livello di aspettative e ambizioni. Questa considerazione appare troppo riduttiva perché non tiene conto di numerosi altri fattori in gioco (l’assenza di opportunità, scarse capacità, la presenza di superiori poco capaci ecc.). In queste due teorie invece si tiene ben conto dei vincoli fra la persona e l’organizzazione nelle varie sfaccettature della relazione stessa. La risposta ai contesti lavorativi, gli adattamenti ai contesti per il raggiungimento dei risultati attesi,il controllo del proprio impegno in rapporto all’interpretazione della situazione stessa. Nel momento in cui il lavoratore cercherà ricavi dal lavoro in termini di carriera il proprio impegno lavorativo risulterà finalizzato da un rapporto di RECIPROCITA’ tra soggetto e organizzazione. Questo contratto reciproco sarà sorretto non solo dalla conoscenza dei reciproci diritti e doveri, ma anche dal sentimento di APPARTENENZA alla organizzazione stessa e dal riconoscimento e orgoglio che en scaturisce.

  • Specificare le connessioni tra motivazioni al lavoro e contratto psicologico

Le teo dell’equità e della giustizia organizzativa, si pongono il probl. di collocare le motivaz. al lav. nel contesto delle interaz. tra le pers. e l’organizzaz. e dei significati di tale forma di relaz. Viene messo in primo piano il significato specifico della relaz. di lav: uno scambio di richieste e di risposte, ma anche di attese reciproche che trovano un accordo un p.to di equilibrio possibile tra esigenze diverse. In un dato mom. e contesto organizzativo. Secondo la prospettiva di RECIPROCAZ. infatti, l’organizzaz. fa certe cose nei confronti del dipendente e si astiene dal farne altre, in cambio il dipendente risponde col suo lavoro cercando di farlo bene, insomma entrambe le parti di questo contratto sono guidate da convinzioni su ciò che è giusto ed equo. Dunque già negli anni 60 si disponeva della nozione di contratto psicologico per cercare di capire il funzionamento del rapporto tra persona e organizzazione sia con finalità di gestione delle risorse sia in una prospettiva motivazionale. Il tipo di contratto psicologico, influisce sul comportamento organizzativo;esso può spiegare ad esempio impegno e coinvolgimento personale extraruolo (motivazione forte verso gli scopi organizzativi),nel caso in cui naturalmente l’organizzazione corrisponda alle attese e meriti una effettiva identificazione da parte dei lavoratori.

  • Spiegare come si definisce il contratto psicologico e come si forma

Il concetto di reciprocazione. E’ una prospettiva nata negli anni 60 ad opera di Agryris e Schein che riprendono la norma della reciprocità come uguale ripartizione fra diritti e doveri nei soggetti attori dello scambio (lavoratore e organizzazione) come presupposto per preservare l’identità e il valore dei soggetti stessi. L’impegno motivazionale si estende oltre i diritti e doveri reciproci poiché sostiene l’identità della persona e la sua piena “cittadinanza organizzativa” e questo non può, ovviamente, esplicarsi in contesti di lavori distruttivi o alienanti nonché in contesti coercitivi e di forte ingiustizia sociale. SECONDO SCHIEN la nozione di contratto psicologico implica una bilateralità: un insieme di aspettative circa gli obblighi reciproci che una relazione di scambio deve comportare. ROUSSEAU contratto psicologico=insieme di credenze circa gli obblighi reciproci chesi instaurano tra il lavoratore stesso e l’organizzazione;esso ha origine quando la persona inferisce promesse che generano tali credenze. Ci sono asp. meno formalizzabili, che restano sullo sfondo, connessi con le aspettative che gli attori elaborano, che hanno 1 ruolo di attivaz. delle condotte pur non essendo esplicitam. concordate e che influenzano l’andam. delle relaz. di lav. E’ su q.sti asp. che si delinea il contratto psicologico e si sviluppano le sue funz. Nella formaz. del contratto psicologico e nelle diff. che possono riscontrarsi tra i vari contratti si ritrovano i fatt. in gioco nella socializzaz. prelavorativa e nell’ingresso al lav. FUNZIONI PRINCIPALI DEL CONTRATTO PSICOLOGICO: 1.Aumentare i legami fra persona e organizzazione. 2.Ridurre l’incertezza a livello organizzativo. 3.Accrescere la consapevolezza di poter contare sull’organizzazione. 4.Regolare gli investimenti in risorse da parte del lavoratore nella organizzazione di cui fa parte.

  • Illustrare i contenuti e la tipologia di contratto psicologico

Dal punto di vista dell’organizzazione (obblighi organizzativi): ®I ricavi del lavoro (lavoro interessante, lo stipendio, I benefit, le prospettive di carriera). ®Informazioni e sviluppo professionale (feedback sulle prestazioni , comunicazione a due vie v-alto e v-basso). ®Il contesto fisico e logistico di lavoro. Dal punto di vista del lavoratore (obblighi del lavoratore): ®rispetto degli orari di lavoro. ®fare il lavoro in qualità e quantità adeguate. ®assicurare onestà e lealtà v/l’organizzazione (difendere gli interessi dell’azienda). ®il rispetto della proprietà. ®mantenere una buona presentazione di sé ed avere atteggiamenti flessibili. Il contratto potrà essere di 2 TIPI: 1.contratto TRANSAZIONALE fondato sullo scambio economico, cioè su obblighi specifici da fare in un determinato arco temporale e non prevedono un intenso apporto da parte del lavoratore. 2.contratto RELAZIONALE che riguarda accordi di lunga durata che non sono quantificabili subito in denaro e non sono immediatam. specificati a priori. Gli attori sociali saranno legati profondamente fra di loro con coinvolgimenti affettivi di lealtà sostegno  e percezione di equità e giustizia

 

 

  • Delineare le possibili applicazioni della nozione di contratto psicologico

Il contratto psicologico costituisce una noz. interessante per intercettare i cambiam. in atto nelle relaz. di lav, per decifrare le forme di relaz. personalizzata tra lavoratore e organizzaz, per comprendere la possibilità che si instaurino ancora legami imp, anche affettivi e di identificaz. con i contesti organizzativi. La noz. di contratto psicologico può aiutarci a comprendere la diversa fenomenologia dei rapp. tra pers. e organizzaz, le variaz. nel t.po nel grado di coinvolgim. lavorativo e organizzativo, le modalità di riconsiderare i costrutti motivazionali in una prospett. che valorizza il ruolo dinamico dell’interaz. tra pers. e organizzaz. Quindi il contratto psicologico rappresenta una nozione interessante per captare I mutamenti in ambito lavorativo e per decifrare le realzini fra organizzazione e lavoratore e per riconsiderare I costrutti motivazionali in un approccio mutevole dell’interazione fra persona e organizzazione. Anche le relazioni sindacali possono essere riconsiderate ad es. con la diminuzione della protezione sociale dei lavoratori o con la diminuzione delle interazioni sociali, con un potenziamento della gestione risorse umane da parte della organizzazione.

  • Identificare i possibili effetti della rottura e della violazione del contratto psicologico

I fenomeni di assenteismo al lav, elevato turnover, l’insoddisfaz. e delusione da parte dei lavoratori, possono essere in parte spiegati anche con la possibile violaz. del contratto psicologico o con la percez. del fallim. degli adempimenti previsti. Le cause di tale fallim. sono imputabili all’int. o all’est. dell’organizzaz. o alla condotta del lavoratore stesso. Una recente ricerca  evidenzia: ·le organizzazioni spesso non rispondono agli obblighi assunti; ·tali inadempimenti riguardano spesso singoli aspetti dello scambio di comunicazione in ambito lavorativo; ·la rottura di questo contratto psicologico ha ampi effetti fra I lavoratori (aumento di insoddisfazione, riduzione dell’impegno, diminuzione del senso di appartenenza). MORRISON E ROBINSON hanno recentemente studiato gli effetti della rottura del contr.psicol.postulando che la rottura stessa è dovuta a 2 cause principali: 1.RINNEGO, l’organizzazione rinnega le promesse fatte; 2.INCONGRUENZE fra le credenze del lavoratore e quelle dei rappresentanti dell’organizzazione. (ambiguità nella comunicazione, comunicaz.inadeguate, esistenza di schemi distanti fra I 2 attori. Nel RINNEGO, la percezione di mancato adempimento delle promesse risulta modulata da due fattori: ·la SALIENZA PSICOLOGICA (l’importanza della promessa per il soggetto); ·il LIVELLO DI VIGILANZA (se il lavoratore si impegna nel monitoraggio dell’andamento delle relazioni lavorative e degli impegni assunti reciprocamente). Se il lavoratore è sicuro di sé o ha delle alternative al lavoro potrà chiarire subito la situazione di incongruenza percepita. Questo porterà ad una situazione di confronto e di valutazione che potrebbe portare anche ad una situazione di rottura del contratto psicologico stesso. Percepire la rottura del contr. porterà a reazioni emotive: a) di riconoscimento di ingiustizie a livello dell’organizzazione, b) si attribuiscono le responsabilità a situazioni di mancato incremento della fiducia nella organizzazione c) si mette in discussione il patto sociale che sta a monte del rapporto d) si riconosce la gravità del contratto psicologico violato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  • Illustrare i tipi di abilità, gli asp. di personalità e le caratt. socioculturali che la psico del lav. mette in risalto per definire le risorse individuali necessarie per la prestaz. lavorativa

Nell’ambito della psico del lav, il termine “risorse” viene usato per indicare 3 grandi ins. di caratt. o attributi della pers. che sono considerati per diagnosticare, comprendere, e intervenire sulla relaz. tra pers. e lavoro per migliorare il grado di adattamento lavorativo e di efficienza nelle prestazioni e sono: 1.le CAPACITA’; 2.LE CARATTERISTICHE DELLA PERSONA; 3.LE CARATTERISTICHE SOCIO CULTURALI. 1-LE CAPACITA’ sono ciò che un lavoratore è capace di fare (skill) e I processi psicologici che stanno alla base di una risposta adeguatamente competente (abilità come costrutto concettuale nella condotta osservata). Le abilità possono essere: a) abilità cognitive: l’intelligenza in generale, le capacità verbali e di ragionamento, l’abilità numerica, spaziale, le capacità deduttive e di ricordo. b) abilità  sensoriali: importanti in quegli ambiti lavorativi che richiedono capacità percettive e di interpretazione dei diversi segnali e di selezione da parte del lavoratore delle risposte stesse che possono a volte essere simultanee e precludere diversi compiti (es. medico infermiere). c) Capacità fisiche: richieste in alcuni ambiti lavorativi, possono essere abilità prettamente manipolative o che coinvolgono l’intera fisicità (in questo caso si tiene conto della forza statica della flessibilità e dell’equilibrio del corpo. Nel primo caso invece si tiene conto dei tempi di reazione, di destrezza digitale ecc.). 2-LE CARATTERISTICHE DELLA PERSONALITA’: in senso lato come insieme di pattern di modi di pensare sentire, di condotta personale che risultano in continua interazione e adattamento con le diverse situazioni lavorative. Si considera ad es. il livello di consapevolezza della persona, il suo concetto di sé la sua flessibilità cognitiva, la relazione con gli altri e con l’ambiente mediante livelli diversi di adattamento. Anche il LOCUS OF CONTROL (interno o esterno) viene usato in queste considerazioni, il LoC interno darà alle persone la consapevolezza che cio’ che succede dipende dal loro impegno e dalla loro responsabilità risulteranno quindi più motivate e + motivabili, il LoC esterno invece rende le persone meno motivate perché pensano che le loro azioni non influenzino Il raggiungimento dei risultati. Il SELF MONITORING è un’altra caratteristica delle persone che hanno la capacità di regolare e monitorare I propri comportamenti in base alle attese e alle aspettative delle organizzazioni. Il SELF EFFICAY (studiato da Bandura) è un altro elemento che consiste nella cognizione delle capacità della persona in particolari prestazioni lavorative. Un lavoratore con elevato self efficacy producono risultati migliori e sono in grado di rinforzare il loro impegno personale. 3-LE CARATTERISTICHE SOCIO-CULTURALI: sono elementi di distinzione dei lavoratori e spiegano le differenze nell’approccio della vita lavorativa. Le cognizioni possedute sono di rilevanza per il lavoratore in quanto collegati all’inserimento nella professione, agli esiti lavorativi, allo svolgimento delle prestazioni ecc. si possono riassumere in 3 classi: a.la formazione scolastica; b.le conoscenze che derivano dalla formazione professionale; c.le esperienze lavorative.

  • Cfr. le diff. sottolineature della definiz. di competenza professionale presenti nella letteratura e riconoscere i vari significati che essa riassume

Il termine competenza è dato dalla capacità del sogg. di mettere in pratica det. conoscenze, skill e atteggiam. in un dato contesto. In realtà è un concetto molto vago ed evocativo che nella letteratura internazionale ha trovato cmq dei p.ti di concomitanza: 1.le competenze infatti riguardano un SET VARIO di skills, motivaz, abilità valori , interessi e credenze, 2.si associano ad una prestazione che ha un esito positivo, riuscito, 3. sono la combinazione di elementi diversi che si valutano concretamente in determinate situazioni valutando le persone per livello di raggiungimento delle prestazioni. Sarchielli definisce i diversi significati attribuiti alle competenze professionali che sono: A)competenze come insieme di attributi connessi al posto di lavoro: approccio tecnico: il lavoro quindi definisce in termini obiettivi I confini e il contenuto dell’insieme delle capacità della persona. L’accento viene posto sulla condotta osservabile mettendo in luce le skills che connotano il lavoratore competente. B)Competenza come attributo della persona: il riferimento sarà il singolo lavoratore e la sua qualifica profess. Il patrimonio della persona viene quindi speso in vari contesti nei quali il singolo potrà dare visibilità alle competenze che egli possiede. C)Competenza come esperienza personale e costruzione collettiva: molti autori mettono l’accento sulla costruz. sociale delle skills e sulle modalità con cui I soggetti elaborano meccanismi di risposta e di difesa alle difficoltà lavorative. Nel lavoratore competente le conoscenze, le rappresentazioni del lavoro, gli schemi di pianificazione delle azioni verranno strutturate nel lavoratore in modo tale da poter operare con continuità sui fenomeni variegati dell’ambiente lavorativo. D) Compet. professionale vista come partecipazione a una comunità di pratiche professionali: la competenza professionale come frutto di professionalità collettiva, cioè come risultato della cooperazione e delle autoregolazioni sociali. In tutte queste definizioni si tende però a trascurare l’esperienza professionale in sé, in realtà nell’attività lavorativa la capacità di decifrare I punti critici di una situazione e di prospettare alternative di azione costituiscono la mentalità di ricerca che costituisce il nucleo della competenza stessa.  Questa mentalità di ricerca non sempre deriva dall’esperienza lav0rativa o dalla formazione del soggetto ma prevede capacità di riflessione e di valorizzazione delle diverse esperienze personali, sociali e anche lavorative del soggetto. Nella situazione concreta perciò si potranno avere anche la produzione di nuove regole o la creazione da parte del lavoratore di risposte ad hoc per giungere alla soluzione del problema. Il tutto al fine di padroneggiare le incertezze e la vaghezza della situazione lavorativa. Nella competenza sono quindi in gioco livelli diversi  con connotazioni: a)di potenzialità che sintetizzano un insieme di componenti come le conoscenze generali, le abilità tecniche le capacità di trasferimento delle abilità stesse, gli atteggiamenti e gli attributi per affrontare e gestire I ruoli lavorativi. b)Le connotazioni situazionali la selezione delle azioni da intraprendere viene effettuata in condizioni di esercizio dell’attività e in contesti di esperienza. Il nucleo centrale delle competenze è quindi dato dalla MENTALITA’ e dalle STRATEGIE di collegamento fra capacità e richieste. Attraverso l’esperienza si strutturano le cognizioni  le abilità finalizzate alle risposte ai problemi e all’azione efficace e risolutiva. . la risposta di un esperto appare quindi fluida, spontanea economica ed autoregolata. E’ utile distinguere anche fra -abilità di prodotto (danno un esito tangibile e quantificabile in un prodotto, implicano una attenzione alle procedure) -abilità di processo (il lavoratore organizza il suo comportamento in modo da produrre il risultato da conseguire, sono abilità cognitive che riguardano la consapevolezza con cui si procede al modo di pensare e di eseguire la prestazione).

 

 

 

 

  • Soff. sugli approcci razional. e su q.lli interpret. mettendone in evid. gli asp. differenz, come emergono dagli es. descritti

Nel percorso professionale delle persone sarà di grande rilievo il percorso di formazione e di apprendimento sociale che tenderà a consolidarsi e a fornire al lavoratore maggiore potere si scambio rispetto alle organizzazioni. Maggiori competenze quindi non garantiranno il posto di lavoro ma sapere e capacità aumenteranno la occupabilità della persona. Ricordiamo 2 modelli sulla natura delle competenze professionali: 1. modello razionalistico: la competenza viene concepita come un insieme di attributi della persona che valorizzano le sue prestazioni osservabili. Questo modello risulta essere troppo semplificante e astratto tanto che non riesce a dar conto ai numerosi adattamenti che la persona competente porrà in atto per realizzare Il suo obiettivo lavorativo. Perciò l’insieme di attributi del soggetto che si confronta con l’attività lavorativa definisce le scelte comportamentali , non conta quindi sapere cosa il lavoratore dovrebbe o potrebbe fare (prescrizioni e capacità) ma ciò che è disposto a fare e ciò che farà effettivamente nelle condizioni date. 2. Modelli interpretativi e fenomenologici: studiano la relazione fra persona e lavoro riconoscendo l’importanza dell’esperienza vissuta. La competenza è il sapere che viene utilizzato e contestualizzato in funzione degli obiettivi da raggiungere in una data situazione, il tutto senza escludere  l’importanza dell’esperienza e del bagaglio del lavoratore. Questo approccio si snoda quindi nell’adattamento necessario per padroneggiare le risposte professionali  efficaci in determinati contesti. Questo approccio manca del grado di formalizzazione tant’è che non si pone il problema delle differenze individuali dei singoli nè delle modalità di integrazione fra risorse e contesto. ESEMPIO 1: MOD. DELLE COMPETENZE DI SUCCESSO: Modello di SPENCER E SPENCER (1993) che teorizzano le 5 caratteristiche che definiscono le competenze del successo: 1. motivazioni: cioè la spinta v-obiettivi e risultati da parte dei lavoratori che si sentono continuamente in grado di affrontare impegni per migliorare le proprie prestazioni. 2.Tratti: caratteristiche che supportano determinati azioni (es. resist. allo stress, spirito di iniziativa ecc). 3.Immagine di sé: inteso come fiducia in sé stessi e convinzione di riuscire nei compiti assegnati. 4.Conoscenze disciplinari: info tecniche professionali circa il lavoro o il sistema di interazioni sociali (allora ci si riferisce alle capacità di tipo interpersonale. 5.Skills: capacità cognitive e comportamentali finalizzate alla performance. I due autori usano la metafora dell’ICEBERG (skills e conosc. sono visibili in superficie mentre le motiv. i tratti e l’immagine di sé sono + profondi e quindi + stabili e meno influenzabili da attività formative. In stretto collegam. con q.sto mod. viene considerato quello motivazionale di Boyatzis che si basa sulla teoria di Goleman (intell. emotiva) distingue 2 tipi di competenza che si integrano x giungere alla riuscita professionale: LA COMPETENZA PERSONALE: 1.Autoconsapevolezza emotiva (riconoscere le emozioni personali e I loro effetti) la valutazione di sé (conoscere I propri punti di forza e di debolezza) fiducia in sé (riconoscere di avere potenzialità). 2.Gestione di sé stessi riferibile alla adattabilità (flessibilità nell’affrontare gli ostacoli e I cambiamenti) autocontrollo, coscienziosità, iniziativa orientamento alla riuscita, fedeltà. LA COMPETENZA SOCIALE: 1.Consapevolezza sociale (empatia) orientamento al servizio, consapevolezza organizzativa (conoscere i legami politici all’interno delle organizz.). 2.capacità sociale (leadership, ispirare i gruppi, lo sviluppo degli altri, gestire i conflitti, gestire i cambiamenti creazione di legami, comunicazione chiara e convincente, gestire e creare legami. ESEMPIO 2: MODELLO DINAMICO COSTRUTTIVISTA: Leplat propone di considerare la persona e il lavoro in un insieme dinamico, si focalizza sui processi che sostengono il lavoro e che sono riconducibili alla persona intesa come soggetto  considerando le forme di interazione fra persona stessa e contesto lavorativo. Ruolo dinamico del contenuto lavorativo, idea che quando parliamo di competenza si ha a che fare con saperi in uso ovvero con insiemi conoscitivi complessi, strutturati e operatori adattati alle azioni che si svolgono e alla loro variabilità. Abilità e competenze intese come procedure di soluzione: 1.sono finalizzate rispetto ad uno scopo; 2.non riguardano tratti biologici determinati ma sono apprese; 3.sono organizzate a livello della struttura cognitiva in unità più ampie che combinano differenti elementi; 4.sono inferibili dalle prestazioni

  • Illustrare le caratteristiche del modello Risorse personali, repertori di abilità e contesto

Q.sto mod. voleva semplificare gli elem. fondamentali di un sist. di R. della pers. dando conto del saper essere e saper agire in un contesto dato. La partenza era dunque semplice, cercare di capire come il lavoratore si muove, sulla base di quali proc. risp. alle esigenze, come può mantenersi in posiz. di attivo conduttore del proprio comportamento lavorativo e dei progressivi apprendimenti. Si tratta dunque di un modello sistemico che prevede 3 sottosistemi interconnessi da relazioni più o meno forti: risorse del soggetto-il repertorio di abilità-le richieste del contesto organizzativo. In generale dunque, la competenza secondo questo modello risulta essere la piena capacità di analizzare, comprendere e valutare determinati problemi concreti usufruendo delle risorse personali disponibili e delle condizioni situazionali. obiettivo centrale del modello risorse personali repertori di abilità e contesto:modellizzare e schematizzare la relazione persona-lavoro. l’applicazione di questo modello va sotto il nome di modello isfol che si propone di individuare degli standard minimi utilizzabili nei sistemi di formazione, il suo intento comunque spazia anche oltre il sistema formativo essendo centrato sugli obiettivi di modellizzare e schematizzare il rapporto fra persona e lavoro.

  • Descrivere i sottoins. delle competenze trasversali, delle richieste del contesto organizzativo e delle risorse della pers.

COMPETENZE TRASVERSALI: etichetta usata per denominare un vasto ins. di capacità e abilità della pers, che sono implicate in numerosi tipi di compiti lavorativi – dai più elementari ai più complessi - e che si esplicitano in situaz. operative diverse tra loro. In altre parole ci si riferisce alle abilità e capacità di carattere gen, relative ai proc. di pensiero e cogniz, alle modalità di comportam. nei contesti soc. e di lav, alle capacità della pers. di usare strategie di apprendim. e autoregolaz. della condotta. vi sono 3 grandi macro cat. (diagnosticare-relazionarsi-affrontare) che includono capacità e abilità dello stesso gen. che costituiscono un patrimonio o val. aggiunto per la pers. Tali macro cat. si trovano nel centro del sist. operativo della pers. e si connettono da un lato alle risorse cognitive (conoscenze) e psicosoc. della pers. (val-atteggiam-motivaz) e dall’altro lato, alle specifiche esigenze/richieste del contesto lavorativo che svolgono una funz. di fatt. di attivaz. Q.ste macro cat. comprendono abilità e capacità caratterizzate: ·da un alto grado di trasferibilità a compiti e contesti diversi; ·da un ampio spessore (estens. notevole che comprende elem. subordinati e di dettaglio crescente; le competenze di cui stiamo parlando fanno dunque riferim. ad operaz. fondamentali proprie di qualunque pers. posta davanti ad un compito o ad un ruolo lavorativo (e non) ed in q.sto consiste il significato della loro trasversalità: diagnosticare (situaz. compito),relazionarsi con gli altri per risp. alle richieste della situaz. lavorativa, affrontare le richieste specifiche. All’interno del modello delle competenze trasversali, abbiamo 2 sotto-sistemi: RICHIESTE DEL CONTESTO ORGANIZZATIVO: Rappresentano fattori di attivazione sia delle competenze trasversali sia di quelle tecnico-professionali specifiche. In altri termini il contesto ha un duplice ruolo: 1.è intrinsecamente necessario al modello, ovvero è il contesto che richiede di attivare qualità,quantità,livelli delle abilità trasversali (del repertorio indicato). 2.è il luogo della reinterpretazione, traduzione operativa e adattamento delle abilità di carattere trasversale alle situaz. specifiche al fine di Ottenere risultati apprezzabili x persona e organizzazIone. RISORSE DELLA PERSONA: il soggetto cerca di comprendere la situazione lavorativa adeguando  i propri schemi cognitivi attuali (conoscenze su di sé e i propri limiti..)alle esigenze del compito, cercando di immettersi nella condizione migliore per accedere a conoscenze più generali e per attuare risposte efficaci rispetto alla situaz problematica. Per fare questo, non basta il repertorio di abilità attuali (trasversali), occorre attingere al sistema di risorse psicosociali, permettendo di progettare soluzioni pertinenti agli scopi che si intendono perseguire nello specifico contesto. a questo proposito differenti piani sono direttamente  coinvolti: ·sul piano cognitivo es. tipi di saperi posseduti, del loro grado di strutturazione; ·sul piano dell’immagine di sè es. livello di autostima del sogg, percezione di autoefficacia, appartenenza sociale; ·sul piano valoriale e delle rappresentazioni sociali: disporre contenuti mentali relativi al lavoro (atteggiamenti-aspettative..); ·sul piano motivazionale e progettuale prerequisiti aventi un valore di sostegno e di mantenimento della direzione di scelta di progetti personali.

  • Spec. la nat. e caratt. dell’attività lavorativa e delle prestaz. con particolare riguardo agli asp. energetici e computazionali

Attività lavorativa=seq. di az. lavorative e la fase di elaborazione di tali sequenze; condotta di un attore diretta ad uno scopo, pianificata e intenzionale; Prestazione lavorativa=si considerano gli esiti dell’azione. ATTIVITA’LAVORATIVA: Leplat e Cuny la definiscono come una condotta di un lavoratore che orientata ad uno scopo ben pianificato e intenzionale. Per capire meglio l’attività lavorativa possiamo utilizzare 2 sistemi differenti proposti da MEIJMAN e MULDER: ·Un SISTEMA COMPUTAZIONALE (o delle risorse cognitive) che comprende gli elementi che mettono in grado la persona di elaborare le informazioni (memoria dichiarativa procedurale di lavoro) raccolte e riconosciute dal contesto di lavoro. ·Un SISTEMA ENERGETICO che riguarda le energie necessarie per affrontare le richieste dei compiti e comprendere le motivazioni, emozioni, stati psicofisiologici, le energie compensatorie, e in senso più generale le risorse della personalità. ENTRAMBI i sistemi intervengono per delineare il modo con cui i compiti vengono rappresentati e sono impostati i possibili piani di azione che appunto tengono conto delle motivazioni, delle competenze, delle esperienze precedenti delle condizioni effettive di esecuzione. In altre parole, ciò che viene fatto viene confrontato con la rappresentazione del compito e con la percezione iniziale delle richieste e gli eventuali scostamenti attivano risp. di autocorrezione. Ad es. ROE (1999) definisce l’interazione fra motivazione e azione studiando l’interazione fra sistema energetico e sistema computazionale. Per facilitare il conseguimento dei risultati, Roe identifica 5 passaggi: 1.individuare gli ob. dell’azione:alcuni definiti dall’organizzazione altri definiti dalle aspettative della persona o dal contratto psicologico. 2.funzione di filtro degli obiettivi: ossia verificare quanto siano compatibili di considerare il loro grado di importanza per precisare quanto il soggetto sia coinvolto nel perseguimento degli obiettivi. 3.determinazione dei tempi di azione: gli obiettivi vengono inseriti in tappe temporali nella memoria a lungo termine, e vengono riattivati all’occorrenza. 4.fase del feedback delle altre persone nel corso dell’esperienza lavorativa (da risorse personali come la self efficacy). 5.costruzione di piani di azione I processi di autoregolazione dell’azione lavorativa fondata sui risultati e sul feedback.

  • Indicare le principali finalità della valutazione delle prestazioni lavorative

Le finalità della valutazione delle persona sono molteplici e riguardano la possibilità di capire gli errori umani e di migliorare l’accuratezza delle prestazioni , di ridurre la fatica e migliorare l’accuratezza delle prestazioni migliorando l’efficacia e l’efficienza. Le finalità delle valutazioni sono essenzialmente 2: FINALITA’ INDIVIDUALI: la valutazione permette al lavoratore di controllare quanto il suo lavoro si avvicina agli obiettivi assegnati, di essere consapevole del proprio lavoro e di migliorare la propria impostazione lavorativa qualora si renda necessaria per il conseguimento dei risultati qualitativi e quantitativi. La valutazione ha spesso connotazioni negative per il lavoratore che teme giudizi ingiusti, in realtà è invece una occasione di feedback con l’organizzazione per verificare il lavoro effettuato, sulle potenzialità ancora inespresse delle risorse, sul lacune che possono essere colmate ecc FINALITA’ PER L’ORGANIZZAZIONE: ogni org. valuta le prestazioni dei suoi lavoratori al fine di verificare il rendimento delle sue risorse, e di considerare le prestazioni e le capacità di chi pone in essere queste prestazioni. . La valutazione è utile per ripartire I compiti e le carriere, per individuare dei piani di sviluppo personale e di formazione.

 

  • Individuare la logica e gli elementi essenziali di un adeguato sistema di valutazione delle prestazioni lavorative

Progettando un adeguato sist. di valutaz. appare possibile ottenere info di 2 tipi: ·Sulla quantità e qualità delle risorse disponibili a un mom. dato (valutaz. delle pers. in rapp. ad un ob. da raggiungere); ·Sull’ins. delle risorse disponibili e di quelle aggiuntive (si tratta di conoscere le caratt. delle pers. e le loro aspiraz. e i loro prog. x fare delle previsioni sul loro futuro utilizzo). Quando si propone di valutare il contributo che le pers. forniscono con il loro lav. all’organizzaz. spesso si va incontro inconsapevolm. a 2 errori di stima: 1)ridurre ogni apporto personale solo in termini di produttività trascurando altri asp. tra cui il coinvolgimento personale 2)sovrastimare ciò che le persone dovrebbero fare sul lavoro. L’oggetto della valutazione può riguardare: ·GLI ESITI DEL LAVORO SVOLTO; ·PROCESSI E SEQUENZE DI ATTIVITA’ necessari per i compiti e i comportamenti manifesti; ·DIMENSIONI PSICOSOCIALI Più COMPLESSE come gli atteggiamenti valori aspettative. Spesso gli oggetti della valutazione si mescolano soprattutto se si vuole effettuare una diagnosi del potenziale umano, per quanto riguarda i vari sistemi di valutazione, si adotta la seguente tripartizione degli oggetti da valutare: 1.TRATTI PERSONALI (aspetti della personalità,motivazioni,lealtà organizzativa..); 2.COMPORTAMENTI (ciò che il lavoratore sta facendo e il come lo fa). 3.RISULTATI (gli effetti del lavoro svolto misurati con vari parametri).

  • Delineare i differenti criteri per la valutazione delle prestazioni lavorative

Il sist. di valutaz. deve essere condiviso dalle diverse parti per correttezza degli ob, delle metodologie e dei risultati della valutaz. stessa. I criteri di valutaz. sono: 1.qualità delle prestaz. risp. ad 1 standard 2.tempestività (quanti e quali attività sono concluse nei t.pi assegnati) 3.efficienza (quanto è massimizzato l’uso delle risorse economiche umane e tecniche x il raggiungim. degli ob. 4.quantità delle prestaz. (misura numerica dei risultati ottenuti in rapp. ad uno standard) 5.liv. di autonomia del sogg. 6.impatto interpersonale, cooperaz. coi colleghi, coinvolgim. 7.bisogno di coordinam. e supervisione (liv. di autonomia nello svolgim. delle attività).

  • Identificare i principali errori da evitare nella valutazione delle prestazioni lavorative

1. effetto alone esprime l’incapacità di discriminare tra differenti aspetti della prestazione del lavoratore. si è guidati da una teoria implicita della personalità in base alla quale vengono fatte delle connessioni tra qualità e attributi senza alcuna verifica empirica. 2.effetto indulgenza/severita’ può capitare che un valutatore adotti un modo di giudicare fortemente sbilanciato verso il lato positivo.(giudice di manica larga). 3.effetto tendenza centrale il valutatore adotta di base i valori medi della scala per tutti, con scarsa attenzione agli scostamenti dalla media. 4. effetto contrasto il valutatore può rischiare di dare un giudizio non basandosi sui fatti ora osservati, ma restando influenzato da osservazioni precedenti. (quando si devono giudicare tante persone). 5.effetto primacy e di recency alcuni eventi e caratteristiche della persona che compaiono a ridosso della valutazione restano in primo piano durante la fase valutativa mascherando situazioni precedenti che non vengono tenute in considerazione. effetto della prima impressione. 6. effetto persona simile a me valutatore proietta sulla persona da valutare certe qualità o difetti propri, utilizzando ciò per emettere il proprio giudizio. 7.effetto stereotipi del valutatore comprende favoritismi, ostilità steoreotipiche espresse da valutazioni troppo basse o alte solo x alcuni individui che fanno parte di gruppi svalutati dal valutatore uno dei bias più gravi. le reazioni dei valutati potranno essere di adattamento comportamentale o a forme tattiche di compiacenza o a risposte aggressive o di rifiuto della valutazione stessa. visto che la valutaz. è una pratica necessaria seppure imperfetta, sono state via via studiate delle soluz. per rendere questo processo il + coerente possibile (aumentare il num. di persone che valutano, addestrare i valutatori). vengono adottate strategie nuovo per la valutazione, esse sono: ·autovalutazione da parte del lavoratore, ·valutazione da parte dei colleghi, ·valutazione da parte dei clienti o utenti (customer satisfaction) valutazione a 360 gradi (utilizzo di colleghi, superiori e subordinati e dei clienti. gli strumenti per la valutazione sono (krumm): ·procedure di ranking (ordinare la prestazione globale del soggetto), ·procedure di classificazione, inserire le persone in categorie di eccellenza, ·scale grafiche di valutazione (rating), ·scale grafiche riferite a comportamenti, ·scale a scelta obbligata, ·descrizioni libere, ·interviste di valutazione e feedback. Se la valutazione risulterà corretta (anche se il sistema di valutazione è imperfetto), se  cioè viene mantenuta la sua indipendenza e la sua chiarezza e trasparenza, I lavoratori possono partecipare al successo e alla condivisione della delicata operazione di valutazione.

  • Definire in breve le differenti forme di gruppo di lavoro che si presentano in una organizzazione

I GDL sono un ins. di pers, di mezzi e di ob. predisposti per realizzare det. Prog. dell’organizzaz. Il Gdl è una componente importante dell’organizzaz. che rappresenta un p.to di osservaz. e di visuale speciale dal quale osservare i singoli componenti del gr, analisi che non sarebbe possibile se ci si concentrasse solo sul singolo. E’ una sorta di micro sist. sociale che fonda il so rapporto in condizioni di reciprocità e sul sentimento di appartenenza orienato al raggiungimento degli obiettivi. Gorge e jones  individuano I GRUPPI FORMALI cioè le strutt.artificialmente create per raggiungere determinati scop. alle quali vengono assegnate delle risorse con determinati spazi di manovra relativamente a parametri temporali, spaziali di ambito ecc. Essi sono: 1.GDL STABILI insieme di lavorat.stabilmente organizzati x la ripartizione delle mansioni e x raggiungere gli scopi prefissati. 2.TASK FORCES gruppi di lavoratori messi a lavorare insieme per un determinato scopo, quando questo si raggiunge Il gruppo termina la sua attività (gruppi temporanei). 3.TEAM GDL con elevata coesione fra I membri che sono connotati da una elevata competenza specifica e professionalità pregiata, presupp elevata cooperazione e coesione e interdipendenza. 4.TEAM AUTOGESTITI si concordano I modi e I tempi per realizzare I risultati concordati, il tutto in perfetta autonomia e in modo efficace ed efficiente. I GRUPPI INFORMALI sono dei Gruppi che emergono nella organizz. E che hanno scopi e interessi comuni (es gruppi amicali e gruppi di interesse). I GRUPPI SINDACALI sono invece quei g. né formali né informali la cui appartenenza è volontaria ed esprime una aggregazione x interessi., essendo previsti dalla legge hanno anche un ruolo formale. La psico.del Lavoro ha messo in luce l’effetto dell’appartenenza sindacale sugli attegg.e le percezioni del lavoro

  • Indicare in cosa consistono i proc. di costruz, operativi, di ricostruz. e di interaz. con l’amb. che avvengono in un GdL

Teoria elaborata da MC GRATH che valuta il GdL nella prospettiva più ampia di forte interazione e sociale con l’ambiente in cui è inserito. Individua 4 macro processi che caratterizzano un GdL. PROC. DI COSTRUZIONE: in questa fase vengono acquisiti I mezzi e le persone e individuati gli scopi e le strategie per il raggiungimento degli ob. Fase di start up costituita da 3 processi. A) le persone socializzano e si ambientano, vengono a conoscenza degli scopi delle tecnologie e dei meccanismi B) adattamento dei mezzi alle persone e agli obiettivi, (definizione di ruoli, degli strumenti e sperimentazione degli ambienti e spazi di lavoro) C) rilettura dei tempi e dei modi di raggiungere gli obiettivi assegnati. PROCESSI OPERATIVI:operazioni messe a punto per realizzare gli scopi prefissati dalla org., risoluzione degli eventuali conflitti interni, soluzione dei problemi tecnici, esecuzione vera e propria dei compiti. PROCESSI DI RICOSTRUZIONE processi di cambiamento del Gruppo stesso di fronte al conseguimento di un obiettivo. E’ la fase di apprendimento collettivo che spesso porta a mutazioni genetiche del gruppo stesso, mutazioni ed evoluzioni che persistono nel tempo e influenzano le sue strutt. interne. PROCESSI DI INTERAZIONE CON L’ESTERNO: il successo di un GDL richiede un costante monitoraggio e controllo v I rapporti con l’ambiente circostante (sia int.che esterno), ciò si realizza con confronti con altri gruppi, interazioni, trasferimento delle conoscenze acquisite, superamento di ostacoli tecnici ecc. tutta questa attività può mutare notevolmente la struttura interna al gruppo  e attraverso il feedback con l’esterno , ne garantisce la crescita e la  sopravvivenza stessa.

  • Descrivere in breve le funzioni delle strutture interne al GdL

Il GdL è portatore di diverse strutt. che se non definite rigidam. possono essere parzialm. modificate al suo int. 1.STRUTT. AFFETTIVA viene sottolineata l’importanza sulle preferenze affettive dei componenti del GDL, 2.STRUTT. DI COMUNICAZ, si cerca di individuare quale strutt. sia più adatta per il risultato del GDL, nella realtà il grado di centralizzaz. o di decentram. del GDL dipenderà da molti fatt. (tipo di gerarchia, spazi di lav, eterogeneità fra i membri ecc.), 3.STRUTT. DI STATUS, valore attribuito alle posizioni interne ai gruppi. Viene richiesta la giustizia distributiva da parte della organizz. Per evitare privilegi e scompensi all’interno del GdL, 4.STRUTTURA DI POTERE, modello classico di French e Raven in cui viene definita la tipologia delle forme di potere che caratterizzano la struttura del GdL (P.coercitivo, P.di dare ricompense, P. di competenza ed esperienza, P.di informazione e di autorità)—es. il P.coercitivo pone il lavoratore senza chanches di risposta, determinando da parte sua diverse strategie per risolvere la situazione o di  rigida sorveglianza, 5.STRUTTURA DI RUOLI, differenziazione e articolazione all’interno dei GdL, ci sono I ruoli prescritti e quelli emergenti che si sviluppano con il procedere dell’attività del G. Importante risulterà anche l’analisi della divergenza fra ruolo prescritto e ruolo percepito, questa situazione di ambiguità porterà a conflitti e frustrazioni che comprometteranno la produttività del gruppo stesso.

  • Illustrare i criteri di valutazione del buon funzionamento di un GdL

Esistono quattro grandi categorie di criteri di valutazione del funzionamento di un gruppo di lavoro che si dovranno integrare fra loro insieme al grado di adattamento e conoscenza degli scopi e alla capacità di tener conto dei vincoli.: a) quelli riferiti alla produttività ed efficienza del gruppo (ad esempio, velocità nel raggiungere il risultato, qualità e quantità del prodotto); b) quelli concernenti le interazioni tra i membri (identificazione, sentimenti di appartenenza, sentimenti di coesione, clima psicosociale ecc.) che vanno sotto il nome generico di soddisfazione; e) quelli riferiti alla soddisfazione dei clienti o degli utenti del gruppo di lavoro; d} quelli connessi con il giudizio dei responsabili dell'organizzazione. In pratica, si ritiene riduttivo basarsi solo su un criterio unico (ad esempio, una misura statica di produzione o di benessere psicologico intragruppo) e si cerca di integrarli con misure relative al grado di adattamento (la capacità del gruppo di affrontare e risolvere i problemi e di reagire ai mutamenti delle richieste ambientali), al grado di conoscenza degli obiettivi e dei modi di conseguirli, alla capacità di tenere conto dei vincoli e delle risorse interne ed esterne, al grado di integrazione tra le persone, i loro interessi e quelli dell'organizzazione dove il gruppo è inserito.

  • Elencare e descrivere i fattori che influenzano il funzionamento di un gruppo di lavoro

Nei proc. valutativi incideranno i seg. fatt: dimens, omogeneità, reti comunicative, variabili ambientali, coesione e norme, interdip, disegno organizzativo e specifici proc. Int. dei gdL. Dimens, nei g. grandi si hanno più conoscenze, skills e risorse, ma l’efficienza può risultare compromessa a causa di probl. di comunicaz, incomprens, cali di motivaz e quindi di produttività, l’organizz. accurata costerà + tempo e + energia. Omogeneità, si ritiene che maggiore omogeneità dei membri porti ad un grado di funzionam. ed efficienza migliori. Anche se spesso il grado di diversità può portare a maggiori occasioni di cfr. Ciò che conta maggiorm. è la flessibilità nella operatività del g. stesso. Reti comunicative, la tecnologia facilita lo scambio di info all’int. del G e non solo, anche le decis. possono essere prese con maggiore tempestività ed efficienza. Variab. ambientali la densità sociale, la collocaz. degli sp, la necessità di privacy in alcune professioni, alcune variabili ambientali e architettoniche (microclima, rumori ecc) rappresentano variabili imp. e denotano come l’organizzaz. fornisca gli strum. atti al raggiungim. degli ob. stabiliti. Coesione e norme la coesione è il sentim. di attraz. fra i membri del g, è più facile nei G piccoli e omogenei che hanno un buon successo lavorativo. Argyle ne identifica gli eff. pos. sulla produttività del G. (maggiore cooperaz. e cfr) ma se troppa può compromettere la produttività stessa (t.po eccessivo nelle interaz. soc. fra i membri del g. che chiacchierano ecc.). La coesione e le norme interagiscono quando nel G ci sono standard di comportam. di alto o basso liv, la coesione aum. la direz. del gr. nella direzione prevista dalle norme. INTERDIPENDENZA casi in cui ciascun soggetto del G deve svolgere autonomamente il proprio compito (interd. Cumulativa—somma dei contributi dei singoli,  o sequenziale—ordine secondo il quale il lavoro di un membro è l’input x il lavoro del membro successivo, interdip. reciproca—scambi reciproci fra I membri es. pronto soccorso. DISEGNO ORGANIZZATIVO qualità dei compiti, grado di autonomia, motivazione dei membri. SPECIFICI PROCESSI INTERNI Beehr estende la teoria di Bandura del self efficacy, considera elem.percettivi che possono influenzare le prestazioni. Conoscere l’impegno di tutti I membri aumenta il livello di motivazione collettivo (fare squadra, serrare i ranghi).

  • Definire in breve i fenomeni di riscky shift, groupthink, social loafing e free riding e i loro eff. sul funzionam del gr. di lav.

La produttività nei GDL può variare in considerazione della presenza dei seguenti fenomeni: ·riscky shift: Il GdL può orientarsi  tendenzialmente v-decisioni rischiose o prudenti a causa di una polarizzazione delle opinioni del G stesso. Una volta presa una linea di condotta si dovrà seguire per coerenza poiché avrà prodotto nei componenti del GdL un coinvolgimento affettivo e una revisione rischia di creare scompensi e demotivazioni. ·Groupthink: in situazioni di urgenza il GdL riduce la concentrazione e la ricerca di info corrette affidandosi al leader e alle norme in vigore. E’ una forma estrema e pericolosa dello ‘spirito di corpo’ che può provocare gravi danni Es. Caduta del Challenger nel 1986, il team della Nasa lavorava in fase di Grupthing e ha quindi sottovalutato importanti segnali di pericolo. Per prevenire questa situazione si dovrà: a)esprimere sempre il proprio punto di vista e valorizzare le singole idee, b)non emarginare chi esprime dubbi c)cercare info anche all’esterno del GDL d)suddividere in sottogruppi e valutare la situazione in dettaglio e) imparzialità del leader f)testare la decisione scelta e se c’e’ tempo valutare anche quelle scartate. ·social loafing (inedia , ozio sociale), I membri del G si impegnano meno in un compito a cui dovrebbero contribuire tutti, questo disimpegno si crea particolarmente in G abbast. grandi in cui ci sarà la possibilità di ‘nascondersi dietro gli altri’, le ragioni sono 2: a)un soggetto non collega il suio impegno ai benefici e ai ricavi, riduce così il suo impegno senza rischiare sanzioni b) un soggetto ritiene il suo contributo non indispensabile, la sua motivaz. si abbassa e si riduce anche l’impegno e quindi l’efficienza. – il SL si collega al sucker effect, quando cioè un soggetto percepisce che lavora troppo rispetto agli altri che tendono a sfruttare la sua disponibilità, lui si prenderà maggiore tempo e ridurrà a sua volta il suo impegno. Tutto questo si può evitare verificando la giustizia distributiva delle ricompense, le valutazioni e I riconoscimenti delle responsabilità dei singoli. ·free riding. Fenomeno simile al SL, un  membro ridurrà il suo impegno consapevole che comunque il GdL riuscirà a tollerare ugualmente il suo mancato contributo ben sapendo che gli altri sopperiranno. E’ un fenomeno dovuto alla mancanza dello spirito di appart. del G e la mancanza di collegamento fra impegno ed esiti comuni.

  • Presentare le caratteristiche distintive dei GdL temporanei

GdL definiti dall’organizzazione (g. di studio, task forces attivati ad hoc per la soluz. di determinate situazioni). Appena il probl. sarà risolto SI SCIOLGONO o si trasformano in qc di diverso. Sono utilizzati sempre più spesso x la loro flessibilità e capacità di manovra. Possono tuttavia risentire di difficoltà relative ai conflitti intragruppo, alla disomogeneità dei membri, come nei Gdl permanenti la mancanza di efficienza è ascrivibile alla definiz.di obiettivi poco chiari e della mancanza di chiarezza nelle risorse da utilizzare, scarsa definizione degli scopi vista la mancanza del sistema condiviso di norme e di spirito di gruppo (ricordiamo la temporaneità)

  • Illustrare le specifiche proprietà dei work team

WEST lo definisce come un GDL con obiettivi molto chiari, una notevole consapevolezza dei membri del contributo di ciascuno, la regolazione dei processi psicosociali, processi cognitivi ben efficaci. Sono GDL ad elevata performance con elevati standard di conoscenze e capacità la presenza di comunicazione efficiente, rappresentazione comune degli scopi, senso positivo del futuro che aspetta i singoli individui, condivisione delle responsabilità, relazioni sociali di elevata qualità.

  • Descrivere in cosa consiste il processo di cooperazione tra i membri di un Gdl

Il Gdl è visto come una entità funzionale che per essere definita tale deve possedere det. requisiti e R. a principi gen, (comunanza di ob, interdip. fra i membri, funzionalità delle strutt. int). Q.sta prospett. risulta troppo restrittiva xché marchia fenomeni non previsti come disfunz. Ad es. la COOPERAZ. è un asp. Imp. dell’interdip. del GDL (lavorare insieme x un ob. comune). Si notano xò che in molti GDL ci sono perdite di t.po, conflitti, scarsità di consapevolezza ecc. la risposta viene ricercata frequentemente nelle idiosincrasie individuali o nella cattiva gestione del potere da parte del leader. Bisogna superare la visione individualistica o normativa (aumentare le norme di coop. e minacciare sanzioni) e COSTRUIRE COSI’ UN ORDINE DI SIGNIFICATI COMUNI per definire la cooperazione e i motivi per metterla in atto. La cooperazione rappresenta una delle scelte più efficaci del processo di organizzazione basato sulla condivisione dei significati e degli impegni da mettere in pratica. Si ricorda il lavoro di Mantovani che cerca di studiare la cooperazione nei GDL anche se le ricerche empiriche riguardano periodi di tempo relativamente brevi in cui vengono eseguiti compiti elementari e standardizzati. Mancano ricerche a maggiore spettro temporale e qualitativo in termini di funzioni cognitive utilizzate all’interno dei GDL.

  • Precisare gli effetti interni al GdL determinati dalle relazioni con altri GDL

E’ importante nel GDL analizzare le interrelazioni fra I diversi gruppi e il loro coordinamento da parte dell’organizzazione di cui fanno parte. Es: individuare la dimensione ottimale dei GDL, migliorare la comunicazione, tener conto dei sistemi tecnologici, assicurare la composizione interna, sperimentare tipi di leadership efficiente. Tajfel afferma che la maggior parte degli studi sulle relazioni intergruppi si fondano sulla logica individualistica che sovrastima le caratteristiche individuali. Tale prospettiva può essere rivista se si considerano 2 criteri di definizione: esterni (si riconoscono x designazione fatta da altri, è un gruppo di operai ecc.) ed interni (riguardano la consapevolezza dei membri, la loro valutazione e I risvolti emotivi) es. sentimento di appartenenza. SHERIF studia in psicologia sociale la logica competitiva (I GDL vengono messi in competizione fra loro in una sorta di principio militare) come portatrice di vantaggi (aumento della strutturazione interna, adesione e obbedienza al leader, lealtà di gruppo, e aumento della produttività) ma anche di svantaggi (diffusione di percezioni distorte es. negazione dei propri limiti, se il confronto è estremizzato rischia di portare effetti negativi sia x chi vince sia x chi perde, es. la competizione è inutile tanto non vinceremmo mai): il risultato sarà uno stato di tensione e una sorta di ostilità fra I GDL che si riflette sulla coesione e sulla collaborazione fra le varie componenti dell’organizzazione. TAJFEL affronta in questo contesto dei GDL anche le DISCRIMINAZIONI  che si verificano in una situazione di risorse scarse e per rafforzare le specificità del proprio GDL. Le strategie proposte per ridurre  le discriminazioni sono: A) aumentare la collaborazione attraverso l’individuazione dell’obiettivo superiore comune a tutti I membri del GDL.  B) aumentare le occasioni di scambio fra I membri del GDL aumentare quindi la cooperazione, lo scambio comunicativo, il premiare le situazioni di collaborazione. C) promuovere rotazione fra i membri dei gruppi, attenuare sintomi conflittuali, sorvolare sui contrasti.

 

 

 

  • Specificare le differenti tattiche di influenza sociale che si presentano nei GDL

La leadership è una funzione all’interno dei GDL ma al tempo stesso anche un MODO di articolare le strutture interne, di coordinarle in funzione degli scopi e di autoregolare i dinamismi interni  e I rapporti con l’ambiente. Nel modello delle organizzazioni veniva privilegiato il modello dell’autorità come ordine superiore indiscutibile come mezzo per controllare e regolare e identificare i mezzi per raggiungere gli scopi prefissati. Questo modello piramidale-gerarchico presuppone un elevato tasso di stabilità ambientale, una perfetta disponibilità di informazioni da parte dell’organizzazione e l’adesione da parte dei soggetti alle direttive superiori. In quest’ottica il leader sarà visto non come una funzione sociale all’interno del GDL ma come un capo al quale è stato assegnato un ruolo di organizzazione dall’alto. Caratteristiche del leader sono: persuasione razionale, ispirazione, consultazione, ingraziarsi, scambio, attrattiva personale, coalizione, legittimazione dall’organizzazione, pressione. Le varie forme di influenza sociale all’interno dei GDL sono: ·potere: capacità di influenzare e di superare le resistenze degli altri assicurandosi adesione, questa capacità può produrre esiti più o meno desiderabili per gli individui di GDL; ·controllo, modalità con cui si verifica il conseguimento di standard specificati e condivisi dal GDL; ·leadeship, persuadere gli altri e mettere temporaneamente in 2’ piano I propri interessi per perseguire uno scopo comune percepito come importante x il GDL, I membri sono volontariamente coesi fra loro al di là dei meccanismi premi-punizioni, come per il caso dell’autorità di potere; ·Leadership carismatica, ciascun membro del GDL può mettersi in risalto indipendentemente  dal suo riconoscimento formale e questo perché ci sono leader informali che esercitano influenza sociale per la quale I membri del GDL si sentono ‘seguaci di un capo’ ripongono fiducia in lui.

  • Illustrare e commentare le principali differenze tra leader e manager

Kotter (1990) e Zleaznik (1992) sostengono che le diff. riguardino sia l’ogg. su cui esercitano i 2 ruoli sia le priorità. Dirigere richiede focalizzare la pianificaz, realizzaz, controllo e assunzione di responsabilità rispetto al risultato. Essere leader richiede il saper guidare, motivare, premiare ecc. al fine di raggiungere un obiettivo. 4 sono i ruoli dove si evincono le maggiori differenze tra leader e manager: ·Decidere cosa si deve fare: Manager=modalità tecniche della pianificazione Leader=progettazione di relazioni interne,opportunità di crescita e cambiamento e creazione del consenso. ·Creare reti di interazione sociale per svolgere il lavoro:Manager: Schemi e regole di organizzazione per una chiara struttura sociale e tecnica. Leader: Condividono con le persone una visione futura x intraprendere insieme una certa direzione di marcia. ·Dirigere il lavoro produttivo: Dirigenti= Problem solvers Leader = Sviluppo delle persone e potenziamento dello spirito di iniziativa. ·Assicurare il livello di prestazione: Manager= schemi di controllo standard e procedure di misura Leader = creano una tale collaborazione e coinvolgimento per cui non è necessario un controllo standardizzato.

  • Descrivere gli indicatori usati per riconoscere e valutare una leadership efficace

• II tipo di prestazione conseguita dal gruppo di lavoro sul piano quantitativo e qualitativo. Si fa riferimento non solo all'efficienza e alla produttività del gruppo bensì anche al clima psicosociale e al grado di soddisfazione intragruppo, a fenomeni sintomatici di malfunzionamento organizzativo (quali l'assenteismo, il turnover, gli incidenti, gli sciope­ri, il sabotaggio e forme di conflittualità sociale, non ben gestite), alle soddisfazioni dei vari clienti/utenti del gruppo. • Le valutaz. dei membri del gruppo, degli altri leader e dei superiori; in questo caso, è assai probabile che i giudizi forniti siano fortemente correlati con il tipo di relazioni esistenti nel gruppo di lavoro. In genere, tali valutazioni sono assai utili per una valutazione di carattere globale, anche se i diversi attori faranno riferimento in realtà a criteri differenti. Ad esempio, saranno chiamati in causa dai subordinati la fiducia o la credibilità del loro leader, la sua competenza interpersonale e i valori di riferimento, mentre da parte dei colleghi del leader potranno essere valorizzate di più le sue competenze tecniche o le capacità dimostrate anche in altre situazioni. • I giudizi di specialisti o consulenti esterni che valutano il leader in determinati compiti ed esercizi (simulazioni, assessment centers, interviste, discussioni di gruppo ecc.). In genere, questo tipo di prove ha un modesto valore predittivo circa l'effettiva efficienza del leader, mentre possono servire a individuare certe caratteristiche che corrispondono in grado diverso a un certo modello di leader percepito come positivo e coerente con i modelli organizzativi attuati. • Le autovalutazioni degli stessi leader possono costituire una ulteriore base di informazioni di cui tenere conto; esse, anche se inficiate da un bias autoprotettivo, valgono, soprattutto, per cercare di comprendere le caratteristiche dello stile attribuzionale del leader stesso. • Lo studio della carriera del leader rappresenta una modalità di ricostruzione degli incidenti critici che hanno punteggiato la sua esperienza precedente ovvero un'analisi dei successi e degli insuccessi che questi ha avuto nell'ambito di uno o più gruppi di lavoro, nel corso del tempo. Questo tipo di indagine sembra rivelare che l'incompetenza del leader è spesso associata alla sua incapacità di essere credibile e affidabile, a una eccessiva esigenza di controllo, a un inadeguato equilibrio emotivo, alla tendenza a sfruttare gli altri, all'incapacità di percepire e di provvedere alle esigenze del personale o di prendere decisioni.

  • Presentare in breve le grandi categorie di approcci allo studio della leadership

Sono 3: 1-Approcci focalizzati sulla figura del leader 2-approcci di contingenza 3-approcci focalizzate sulle percezioni dei leader-seguaci. 1-Approcci focalizzati sulla figura del leader. Talenti personali innati o acquisiti?Soprattutto innati ( uniti al carisma).Università dell’Ohio e del Michigan fecero studi precisi sui comportamenti del leader ; si misero in luce 2 dimensioni:I capi orientati verso i dipendenti e i capi orientati sul compito. Sono 2 dimensioni indipendenti. 2-Approcci di contingenza: Fiedler (1967) contingency model, egli utilizza i risultati degli studi delle 2 università ricorrendo a) 3 fattori contingenti:a-relazioni tra leader e dipendenti b)struttura del compito c) potere accordato al leader. Le combinazioni determinano un punteggio assegnato dal collaboratore meno preferito (Last preferred coworker). Vroom e Yetton (1973) hanno studiato gli stili del leader nel processo di presa delle decisioni. Il grado di appropriatezza delle decisioni non dipende dalle qualità del leader ma dalla precisione della diagnosi che il leader fa della situazione.(Normativ decision making model). House and Evans (1971/74) Path Goal Model: il leader deve definire un sentiero (percorso motivante). Hershey e Blanchard: (1982) SITUATIONAL LEADERSHIP THEORYsi basa su 3 variabili= quantità di orientamento, quantità di supporo emotivo, livello di maturità dei collaboratori. 3 Approcci focalizzati sulle percezioni leader seguaci: Graen (1975) MODELLO DEI LEGAMI VERTICALI DIADICI In questo approccio si pone attenzione al rapporto tra leader e subordinati, i quali non sono considerati come un gruppo omogeneo; vanno invece prese in esame le relazioni tra ciascun collaboratore e il capo. Alcuni membri formeranno un vero e proprio in-group caratterizzato da rapporti speciali dei singoli con il leader, relazioni di scambio informativo e di sostegno, forte interdipendenza e discrezionalità; gli altri, in quanto di fatto percepiti come out-group, instaureranno relazioni con il leader legate prevalentemente al compito e di carattere formale.

  • Precisare le principali caratteristiche distintive della leadership transazionale e di quella trasformativa

Burns (1978) i leader transazionali fondano la loro capacità di influenza sul riconoscim. di rapp. di scambio attrav. la ricompensa contingente e la gest. per eccez. (monitorando i comportam. lavorativi). I leader trasformativi si focalizzano sui bis. e sui signific. attribuiti dalle pers. al loro agire. Seguono 4 princ.: consideraz. individualizzata, stimolo intellettuale, ispiraz. ad una vis. ottimistica del futuro, carisma.

 

  • Illustrare i significati della soddisfazione lavorativa e i differenti approcci di studio

Illustrare i significati della  soddisfazione nel nostro lavoro significa entrare  in un sistema complesso di elementi che compongono il nostro vissuto; primo tra tutti la componente emozionale( sentirsi di buon umore, la gioia, l’entusiasmo o al contrario la tristezza, l’infelicità, la scontentezza), quindi emozioni negative o positive a seconda di ciò che viviamo. Altro elemento importante è l’aspetto cognitivo visto come la capacità di generare un giudizio di costi – benefici sull’attività  lavorativa svolta. Va da se quindi che l’esperienza lavorativa è condizionata dall’atteggiamento verso l’esperienza stessa. Se vogliamo considerare alcuni approcci di studio, dobbiamo muoverci soprattutto negli studi motivazionali. - modelli di discrepanza. Sostengono che la soddisfazione lavorativa deriva dalla mancanza di discrepanze tra le percezioni del lavoro attualmente svolto e alcuni stati psicologici; in particolare, ci si riferisce ai bisogni, ai valori, alle aspettative, alle credenze su ciò che si ritiene giusto e corretto. La soddisfazione deriva da un confronto tra ciò di cui le persone avrebbero bisogno, e ciò che le persone desiderano, sono interessate ad ottenere, o si aspettano di ottenere o riterrebbero giusto e corretto ottenere al lavoro. Rientrano in q.sta cat. le teorie basate sui bisogni (quando i bisogni sono soddisfatti la tensione che essi provocano verrà eliminata e l’equilibrio che si determina costituisce la fonte di soddisfazione individuale). Gli approcci che si focalizzano sui valori del lavoro, gli approcci valoriali e quelli basati sulle aspettative risultano più adatti ad interpretare le differenti relazioni dei lavoratori in rapporto al valore che essi attribuiscono a una data caratteristica del lavoro. Lo stesso si può dire con riferimento alle teorie motivazionali della giustizia operativa. La discrepanza in questo caso deriva dal confronto tra ciò che si ottiene e ciò che sarebbe corretto ottenere se si fosse trattati in maniera giusta e corretta. - approcci centrati su aspetti della personalità. Partono dall’esigenza di dar conto delle molte differenze individuali nella soddisfazione lavorativa e si basano sull’assunto che, se a parità di condizioni lavorative si evidenziano tali differenze, si può ipotizzare che esse siano correlate a caratteristiche della persona come caratteristiche del self, capacità di tollerare lo stress, atteggiamenti generali verso la vita. Locke e Latham si soffermano sul ruolo della self efficacy come fattore di differenza individuale soprattutto per lavori di elevato prestigio sociale. L’affettività negata è un tratto che ha una certa stabilità e riduce la possibilità di percepire l’esperienza lavorativa come soddisfacente, le persone provano sentimenti di preoccupazione e ansia, tensione e stress. Warr la associa alla scarsa soddisfazione in relazione ad aspetti a intrinseci del lavoro. Questi approcci legati ai tratti sono stati criticati perché mettono in secondo piano le interazioni tra persona e ambiente e le particolari forme di equilibrio raggiunto sia per le implicazioni operative sul piano della gestione delle risorse umane nell’organizzazione. - aspetti situazionali. L’attenzione è posta sulle caratteristiche della situazione lavorativa e in particolare sulle varie componenti del lavoro che hanno una rilevanza per la persona. Si considerano i numerosi aspetti della situazione lavorativa che risultano differentemente valutati dai lavoratori come possibile fonte di soddisfazione. Es. il Minnesota Satisfaction Questionnair ne elenca 20 voci. Si può cercare di semplificare le cose rifacendosi a 4 grandi categorie di aspetti del lavoro che sono presi in considerazione dalla persona per elaborare la propria valutazione cognitivo affettiva di soddisfazione: 1. aspetti concreti, tangibili: occorre considerare i ricavi tangibili, come un elemento importante collegato alla soddisfazione, soprattutto in considerazione del fatto che in molte esperienze lavorative risulta difficile trovare altri aspetti di significato positivo per la persona. Soddisfazione ed insoddisfazione sono considerate 2 dimensioni indipendenti che posono convivere nella stessa esperienza personale. Sottolinea l’importanza degli aspetti di progettazione del lavoro, di miglioramento delle condizioni operative che attenuano i rischi di insoddisfazione, tuttavia non ha ricevuto sufficienti conferme sul piano della ricerca empirica 2. aspetti sociali: sono state considerate le relazioni interpersonali e il clima psicosociale come fonte di soddisfazione e ci si è incentrati sul clima organizzativo, cioè un insieme di percezioni, credenze e sentimenti che i lavoratori elaborano rispetto alla loro organizzazione e rappresentano lo sfondo sul quale si delineano le valutazioni specifiche sul proprio lavoro che determinano la vera e propria soddisfazione lavorativa. Hackman osserva che nel gruppo di lavoro si sviluppano sentimenti di soddisfazioni connessi con l’appartenenza a un gruppo ritenuto prestigioso. Altri elementi da considerare sono la qualità delle relazioni con subordinati e clienti/utenti. Due sono le variabili che entrano in gioco: l’entità delle relazioni e la loro funzionalità. 3. il lavoro in sé: si considerano le caratteristiche del lavoro. Queste sono alla base del modello motivazionale di Hackman e Oldham come il grado di autonomia, lo svolgere attività significative e dotate di un’identità o feedback ricevuto per quanto viene effettuato. Anche la progettazione (job design) o riprogettazione del lavoro sembrano avere un rilievo per la soddisfazione, visto che possono migliorare le condizioni lavorative. Gli interventi di riprogettazione si caratterizzano per 1 ampliamento sia delle conoscenze e delle skills sia dei compiti che il lavoratore deve affrontare. 4. altri aspetti della situazione lavorativa: la sicurezza e stabilità del posto e condizioni fisico ambientali. Per quanto riguarda le condizioni lavorative fisico ambientali sembrano essere salienti influenzare negativamente il giudizio di soddisfazione solo quando appaiono molto inadeguate ovvero quando l’ambiente risulta poco confortevole o rischioso o quando nel confronto con gli altri, viene percepita una situazione di ingiustizia o di inadeguatezza del trattamento ricevuto. La sensibilità percettiva rispetto all’ambiente e ai suoi rischi può modificarsi in rapporto ai livelli culturali della forza lavoro, alle posizioni lavorative, alla natura del contratto psicologico, alla percezione di equità e giustizia organizzativa e ai processi di adattamento. Anche il grado di potere, responsabilità e controllo e di prestigio possono contribuire al livello di attaccamento al lavoro e indirettamente al grado di soddisfazione provata nel lavoro.

  • Descrivere le relazioni tra soddisfazione lavorativa, prestazione e appartenenza organizzativa

Se decidiamo di fare una correlazione tra SODDISFAZIONE e prestazione e appartenenza organizzativa dobbiamo tener da conto gli studi effettuati da Leplat e Cunj, da Gorge, Jones e Quaglino. I primi chiedono di valutare con attenzione e soppesare le variabili in gioco e che non è detto che un lavoratore soddisfatto lavori di più. Tanto più che nella ricerca di Argyle del 1987 si dimostra quanto sia poco incidente la soddisfazione del lavoratore sul livello produttivo. I secondi hanno parlato di cittadinanza organizzativa inteso come appartenenza a qualcosa di più profondo e complesso di una semplice comunità. Si tratta di sentirsi parte di qualcosa di più che un posto di lavoro, è in concreto una adesione una disponibilità che và addirittura al di là dell’orario di lavoro. Spesso questo aspetto viene sottovalutato dai dirigenti di strutture e così si perdono importanti motivazioni e importanti motori organizzativi.

  • Specificare le relazioni tra soddisfazione lavorativa e i fenomeni dell’assenteismo e del turnover

2 sono i più evidenti risvolti della non soddisfaz. lavorativa: l’assenteismo e il turnover. Oltre agli evidenti risvolti organizzativi, ossia disagio per le sostituz, rallentam. delle attività produttive, costi di formaz, inefficienza e inefficacia; ci troviamo ad affrontare un probl. di costi economici, di costi soc. (micro conflittualità e antagonismi). Secondo Carmignani, l’assenteismo e il presenteismo sono 2 condotte che hanno una base motivazionale. Tali comportam. spesso devono tener conto di come si percepisce in termini generali il posto di lav: la strutt. gerarchica,il clima organizzativo, la nat. delle reg. le politiche di gest. delle pers, la scadente qualità del lav, la noia, la tens. eccessiva ecc. Purtroppo troppo spesso negli ultimi anni si è accettato q.sto probl. come costo di organizzaz. Qualcosa sta cambiando socialm. poiché negli ultimi studi effettuati si nota come i colleghi abbiano giudizi nega. nei cfr. degli assenteisti che causano anche rimproveri da parte dei sup. ed eff. neg. sul salario. Per ciò che riguarda il Turnover, lo possiamo anche considerare come una valvola di sicurezza con la quale il lavoratore fugge dal posto per cercarne uno migliore. Lo intendiamo come uscita volontaria da una organizzaz. che può avvenire per diff. rag. Alcuni es. di turnover sono: -attrattività, scelte lavorative più attraenti e interessanti. - scelte strategiche, in attesa di una occupaz. migliore considerata affine alle proprie capacità. -scelta forzata, la propria identità è troppo lontana dalla realtà organizzativa vissuta. -esigenze extraruolo, cambiam. dovuti di ordine familiare. –risp. impulsiva, totale insoddisfazione percepita del posto di lavoro -caratteristiche del ruolo, alta professionalità altamente ricercate dal mercato.

  • Delineare le dimensioni e le determinanti del commitment 

Il commitment è un legame tra la persona e un organizzazione in tutte le sue ramificazioni, ossia tra lavoratore e capo, tra l. e gruppo, tra l. e ambiente, tra l. e organizzazione nel suo complesso e segna l’intensità del legame tra questi soggetti. Il commitment  viene studiato sul piano empirico distinguendolo su tre piani: affettivo, di continuità e permanenza, normativa. Affettivo, delinea i sentimenti positivi che esprimono l’attaccamento all’organizzazione. Permanenza, voler rimanere in questa esperienza visti anche i risvolti negativi di lasciare il posto. Normativa, riguarda gli obblighi di lealtà e fedeltà per la fiducia ricevuta, insomma per contraccambiare e mantenere i rapporti attuali. Le determinanti, pur non essendoci uno studio esauriente, in generale si può dire che per il C. affettivo, le variabili organizzative hanno un peso rilevante( correttezza, equità verso il personale, sviluppo della carriera ecc.). Le variabili connesse al lavoro svolto (autonomia, significato del lavoro, sviluppo competenze sul lavoro ecc.). Per ciò che riguarda il C. di permanenza vi sono variabili di tipo personale ( valutazione costi benefici,fattori esterni, grado di attrattività di altre aziende situazioni di conflitto personale. Il C. Normativo è basato su obblighi morali ( valori del lavoro e degli stili di comportamento leale, onesto, disciplinato centrato sugli scopi ecc.) insomma fattori che riguardano il clima di fiducia tra lavoratore e organizzazione.

  • Specificare le somiglianze e le differenze tra commitment e involvement

Involvement: si focalizza sui legami tra persona e lavoro che hanno un rilevo per il self, che rendono esplicita la posizione di maggior e o minore centralità del lavoro tra gli interessi della vita. La persona sente di potersi esprimere nel lavoro e nella situazione sia a livello affettivo/emotivo sia a livello cognitivo sia a livello comportamentale. L’esperienza lavorativa consente un adeguato fit tra persona e organizzazione rinforzando l’involvment. Brown si sofferma a considerare gli antecedenti dell’involvement che possono giustificarne la diffusione, risulta collegato a caratteristiche della persona e dipendente da variabili situazionali, in particolare sono rilevanti le caratteristiche dei posti di lavoro. Commitment: legami tra persona ed organizzazione di differente intensità rispetto a vari oggetti organizzativi. C’è un continuum di tali legami: a un estremo si collocano le situazioni non commitment (alienazione, percezione dell’inesistenza di legami psicologicamente affettivi), all’altro le situazioni in cui vi è forte interiorizzazione di tali legami e la persona si autodescrive soprattutto in termini di ruolo lavorativo in una data organizzazione. Kelman sottolinea l’esistenza di 3 processi che implicano gradi relazionali di differente intensità e svolgono funzione di influenza sociale: quando una persona entra nel lavoro assume le richieste dell’organizzazione acquisendo sufficienti elementi di gratificazione ed evitando i rischi di insuccesso nella ricerca di un lavoro. Poi negozia forme di appartenenza e diventa membro dell’organizzazione infine accoglie i contenuti organizzativi in pieno in quanto percepiti come fonte di ricompensa intrinseca rispetto alle attese a all’immagine di sé.

  • Indicare le caratteristiche e le principali dimensioni del benessere lavorativo secondo il modello di Warr

Il benessere lavorativo è considerato outcomes dell’esp. lavorativa. Riguarda un insieme di sentimenti, percezioni e valutazioni che i lavoratori elaborano in relazione a quanto svolgono quotidianamente per far fronte alle richieste lavorative attivare un insieme di attività cognitive e psicomotorie che sostengono le prestazioni in uno specifico contesto di lavoro Il modello di Warr sul benessere psicologico usa 2 dimensioni indipendenti per considerare lo spazio del benessere psicologico: la soddisfazione e l’attivazione. L’incrocio tra queste individua gli spazi entro cui possono collocarsi le differenti esperienze soggettive, espresse come emozioni. Per rendere empiricamente utile questo schema logico sono delineati gli assi principali che hanno maggior rilevanza per il benessere psicologico, inteso sostanzialmente come benessere affettivo. Warr suggerisce di usare per la prima dimensione le stesse scale normalmente utilizzate per lo studio della soddisfazione o del commitment organizzativo; per la seconda dimensione sono valide le scale di stress connesse con il lavoro, mentre per la terza dimensione si può fare riferimento alle scale di burnout e fatica. Lo schema generale del benessere affettivo comprende una serie di determinati ambientali non legate al lavoro, determinanti ambientali specifiche del lavoro e caratteristiche personali..queste diverse determinanti convergono ad influenzare i tre assi del benessere specifico connesso al lavoro e i tre assi del benessere context free. le percezioni e i sentimenti che originano sul lavoro influenzano quelli fuori dal lavoro e viceversa.

  • Descrivere i nove fattori ambientali che influenzano il benessere lavorativo

Il vitamin model di Warr: poiché il lavoro oltre alla funzione di sostegno economico svolge 5 funzioni importanti la sua carenza procurerà gravi conseguenze per il benessere psicologico. Warr identifica 9 categorie di determinanti ambientali del benessere che funzionano tuttavia in maniera differente. Alcune si comportano come se fossero vitamina C: la sua carenza determina effetti negativi sull’organismo, mentre la sua presenza determina effetti positivi. La D: sono essenziali per la salute, ma il loro sovradosaggio può determinare velocemente conseguenze molto dannose per l’organismo. Le nove determinanti sono raggruppabili in 2 categorie: quelle che hanno effetti costanti e quelle che sono caratterizzate da un possibile decremento addizionale dl benessere. ·determinanti ad effetti costatanti: comprendono la disponibilità di denaro, la sicurezza fisica, una posizione sociale ben valutata. ·Determinanti con decremento addizionale. Si tratta di fattori che se superano una certa soglia si rivelano controproducenti per la salute: le opportunità di controllo personale, opportunità di utilizzo delle capacità, opportunità di contatti sociali, obiettivi generati esternamente, chiarezza ambientale, varietà. È importante avere a disposizione un ambiente con ridotte incertezze e ambiguità abbastanza prevedibile per facilitare le condotte lavorative. Tuttavia un eccesso di stabilità facilita comportamenti routinari.

  • Delineare significato e funzioni psicologiche e organizzative dei ricavi lavorativi di carattere materiale

Il lav. è una situaz. di scambio concreto di en, t.po, impegni in cui gioca un ruolo centrale la contropartita materiale offerta dall’organizzaz: la retribuì. concreta. La condii. lavorativa e i lav. potrebbero essere classificati secondo un continuum bipolare di possibili ricavi pos. e negativi per la soddisfazione, il benessere, il committent ecc. Le modalità con cui la retribuzione del lavoro viene effettuata oltre che il suo ammontare rappresentano una parte consistente del sistema premiante che caratterizza una organizzazione. Gli effetti principali della distribuzione di ricompense tangibili sono abbastanza chiari e persino ovvi: l’aumento di tali ricompense migliora le condizioni di vita, gli stili di consumo, la gestione del tempo libero, il prestigio sociale. Tali criteri possono fare riferimento al valore attribuito ai compiti e ai ruoli assegnati, all’importanza e al pregio delle competenze possedute ed espresse nel lavoro, all’anzianità lavorativa… Sulla base della scelta di uno o l’altro di questi criteri o di loro combinazioni potrà essere disegnato un sistema di retribuzioni che determina conseguenze diverse. Oltre alla rilevanza dei criteri con cui costruire un sistema di retribuzione si è messo in risalto il significato differenziale di ricavi materiali e della retribuzione in relazione alle persone, ai loro ruoli e alle condizioni culturali e socioeconomiche di partenza. Si è confermata questa attenzione a specificare il tipo di ricavi materiali diretti e indiretti e a calibrarli in funzione delle attese e delle motivazioni differenziali delle persone e in rapporto ai principi della giustizia distributiva e procedurale.

 

 

  • Definire brevemente caratteristiche ed effetti della fatica

La fatica ha costituito una sorta di vessillo degli scontri soc. in favore del miglioram. delle condiz. di lav.. Viene considerata sulla base degli eff: a. un decrem. delle capacità di lav. e delle prestaz. lavorative; b. un’esp. soggettiva di disagio e avversione per l’attività, una tendenza a ridurre la spinta a continuare il lavoro e a cercare il riposo. Per molto tempo si è trascinato il problema della distinzione tra fatica fisica o organica e una mentale intesa come insieme di vissuti spiacevoli conseguenti al lavoro mentale prolungato ma anche relativamente indipendenti dalla fatica fisica. Hancock e Desmond sostengono che la fatica si riferisce ad uno stato dei muscoli, dei visceri e del sistema nervoso centrale dell’organismo nel quale le precedenti attività fisiche e/o i processi mentali, in assenza di un riposo sufficiente determinano una insufficiente capacità cellulare e o di energia sistemica per mantenere l’originale livello di attività e/o elaborazione usando le normali risorse. E sottolinea le conseguenze della fatica. esse costituiscono nell’impossibilità di mantenere il livello delle attività mentali e psicomotorie in condizioni di uso delle normali risorse. Non necessariamente si verifica un decremento delle prestazioni, esso si determina solo se non esiste la possibilità di compensare in qualche altro modo l’attuale carenza. Quando si parla di effetti soggettivi ci si riferisce alla consapevolezza soggettiva più o meno esplicita del non riuscire ad andare avanti con il lavoro,del rischiare di commettere errori, o del peggioramento delle prestazioni, della necessità di prendere provvedimenti per bloccare la situazione attuale ed evitare peggioramenti ulteriori. Da qui il tema della fatica ha un notevole rilievo per quanto riguarda le strategie di intervento collettivo. Si è sviluppato un ampio campo di studi relativo al carico di lavoro mentale. Si riferisce all’ammontare delle richieste fatte al lavoratore dal compito e ai costi psicologici per attuarlo. Ci si riferisce alle risorse disponibili nel sistema esecutivo della persona e investite per far fronte alle richieste del compito. Se la persona è costretta a proseguire il lavoro in condizioni di carico eccessivo si produrranno conseguenze negative per la prestazione, possibili rischi di errore e di incidenti, fatica mentale.

  • Descrivere la nozione di carico di lavoro mentale soffermandosi sui principali tipi di misura

Ci sono ovviamente stretti collegamenti tra fatica e carico di lavoro, carico di lavoro sottolinea un sovraccarico di carico di lavoro, ossia una situazione caratterizzata da molti impegni e cose da fare con la possibilità di sovraffaticarsi. Carico di lavoro si riferisce specificamente all’ammontare delle richieste fatte. Si fa riferimento alle energie necessarie per portare a termine determinati compiti. Il limite della soglia di sopportabilità è individuale, pertanto l’utilizzo al di sopra della soglia di carico potrà causare un esaurimento e un deterioramento delle prestazioni. Numerosi sono i fattori che influenzano il carico di lavoro che sono stati inseriti nelle seguenti categorie: 1. (fattori fisico ambientali,) come ad es. il rumore le vibrazioni, caratteristiche del compito, grado di rigidità delle procedure, tipo di organizzazione e interdipendenza, limitazioni temporali. 2. fattori legati alle caratteristiche della persona; livello di competenza, stati psicofisiologici come il livello di vigilanza, i ritmi di veglia-sonno; aspetti della personalità come ansia e depressione; tipo di motivazioni per l’attività lavorativa e atteggiamento verso i compiti ecc. 3. fattori di natura sociale come tipo di adattamento  alla situazione , le modalità di comunicazione con i colleghi , effetti extra lavorativi. Per poter  misurare questi fattori sono stati individuati alcuni metodi: Metodi comportamentali: in concreto un compito secondario standardizzato viene richiesto in aggiunta a quello primario con l’indicazione di svolgerlo se e quando lo svolgimento del compito primario lo permette. La valutazione resa nel compito secondario( per qualità e quantità) potrà rendere esplicita la natura della capacità residua e permetterà di confrontare diversi compiti primari. Metodi soggettivi sono basati sul Self report sono molto apprezzati ma troppo spesso manipolabili per motivi personali, organizzativi, sociali. Vengono utilizzati per  valutare lo sforzo percepito. Sulla difficoltà dei compiti richiesti, sulla percezione dell’urgenza temporale, sulla sensazione di stress legate al compito svolto. Metodi Psicofisiologici: forniscono un idea sui processi cognitivi coinvolti nell’attività lavorativa.( battito cardiaco, pressione sanguigna, dilatazione della pupilla temperatura.)

  • Illustrare i vari tipi di errore umano

E’ importante uno studio accurato degli errori umani, che determinano una saturazione della capacità residua che mette la persona nella condizione di far fronte con grande difficoltà a situazioni di emergenza, si verifica un cedimento al sovraccarico che può caratterizzarsi anche per il numero e tipo di errori lavorativi forieri di gravi conseguenze per la persona e il sistema lavorativo. L’errore umano costituisce una sorta di misura inversa della prestazione ben fatta, accurata e che in molte situazioni di lavoro l’evitamento degli errori costituisce un buon criterio di misura della qualità della prestazione. Lo studio degli errori rappresenta anche un modo di comprendere quali fattori sono in gioco nella costruzione della condotta< lavorativa e quali possono essere rinforzati per ridurre le occasioni di errore. La tassonomia di Reason-1990- vi sono errori connessi con l’intenzione di svolgere un’attività: i mistakes rappresentano errori di valutazione,di pianificazione o scelta degli obiettivi di un’attività; le violazioni esprimono un’intenzione di non rispettare le regole, di ignorare le istruzioni anche a costo di creare condizioni di rischio per sé o per gli altri. Vi sono errori non intenzionali che riguardano le varie fasi di esecuzione dell’attività: gli slips (disattenzioni) e i lapsus (dimenticanze). I mistakes riguardano i livelli di prestazione knowledge based (errori dovuti a scarsa competenza) e rule based (applicazione di procedure inadeguate), gl i slips e i lapsus riguardano i livelli di tipo standardizzato e routinario, automatico. Conoscere gli errori è fondamentale per la progettazione dell’attività lavorativa e per prevenire gli errori stessi.

 

 

 

 

 

 

  • Descrivere i differenti approcci allo studio dello stress lavorativo

Ci sono tre orientamenti definitori: quelli che considerano soprattutto le fonti di stress, lo stress come caratteristica dello stimolo ambientale; quelli che si soffermano soprattutto sulle risposte allo stress; quelli che si propongono di analizzare l’interazione tra persona e ambiente ovvero la transazione che integra stimoli e risposte in uno stesso processo. Il terzo prettamente psicologico, risulta attualmente il più fruttuoso. - approccio fisiologico. Selye studia gli effetti del lavoro sulle persone. L’uomo risulta in salute se le sollecitazioni dell’ambiente sono proporzionate alle sue capacità di risposta. Lo stress è distruttivo (distress) in due concezioni opposte: sia quando la sollecitazione eccede la capacità di risposta sia quando la sollecitazione è troppo povera e fa sperimentare noia e monotonia. Syle delinea la Sindrome generale di adattamento, vista come reazione fisiologica aspecifica a qualunque richiesta di modificazione esercitata sull’organismo da una gamma assai vasta di stimoli eterogenei, si esprime in tre fasi: quella di allarme, di resistenza e di esaurimento. Si basa su meccanismi psicofisiologici. Gli studi fisiologici più recenti sottolineano il coinvolgimento nello stress anche del sistema immunitario, del sistema reticolare di attivazione e i centri cognitivi ed emotivi del cervello. Sono coinvolti ormoni androgeni ed estrogeni e della tiroide. - approccio basato sugli stressors o tecnico. La lista dei fattori stressanti è lunga e questo approccio se ne occupa. I limiti di questo approccio sono in relazione alle forti differenze individuali nella risposta di stress, tuttavia ha dato impulso all’indagine ambientale. Tra i fattori di stress derivanti dai recenti cambiamenti delle situazioni lavorative ricordiamo: tecnostress, situazione di potenziale eccesso di domanda derivante dall’uso sistematico delle nuove tecnologie, dai loro continui cambiamenti e dalle preoccupazioni che ne derivano circa le proprie capacità di far fronte alle richieste; le situazioni connesse con la flessibilità occupazionale, con la flessibilità di carriera, la flessibilità spazio temporale; le situazioni che riguardano disfunzioni relazionali, aggressività e ostilità negli ambienti lavorativi (es. sexual harassment) e episodi di prevaricazione e violenza sistematica es mobbing. - approcci di interazione e transazionali. Ciascuno dei fattori potenziali di stress non opererà in modo automatico, ma sono necessarie certe condizioni di interazione con la persona . Holmes a Rahe studiarono sistematicamente eventi critici accorsi oltre un anno prima dello sviluppo della malattia hanno costituito una scala di valutazione del riadattamento sociale. Ma in questo modello si trascurano le differenze individuale. Rahe in seguito ha chiarito che le qualità degli eventi stressanti sono valutate in modo diverso dalle persone in dipendenza dalle proprie percezioni personal, delle difese psicologiche, delle abilità a farvi fronte, dei modi peculiari di vivere la condizione di malato. Una valutazione degli stressors effettuata dall’esterno, solamente mediante misure oggettive, rischia di essere fuorviante perché non tiene conto dell’attività psicologica della persona coinvolta e che si confronta con la situazione stressante. Modello di Karasek: approccio interazionale, si concentra sulle caratteristiche del lavoro di cui trova 2 dimensioni: la domanda (richieste poste al lavoratore) e il controllo (possibilità della persona di prendere decisioni sui compiti e l’ampiezza delle competenze possedute e usate nello svolgimento del lavoro). Per i modelli transazionali si concentrano su processi cognitivi e sulle reazioni emotive, cioè lo stress come una rappresentazione di transazioni problematiche tra persona e ambiente. Lazarus e Monat considerano il livello di intensità dello stress e quindi le sue conseguenze come dipendenti dalle capacità e dalle strategie dei soggetti nel farvi fronte. L’importanza della valutazione soggettiva: Cox e Mackay sostengono che lo stress insorge quando vi è uno squilibrio tra un’esigenza percepita di risposta e la percezione che una persona ha dele sue capacità di risposta. Le prime osservazioni sullo stress si focalizzano sugli effetti diretti degli stressors e sulle risposte alo stress, infine si è andato scoprendo come le strategie delle persone rivolte verso gli agenti stressanti possono cambiare le modalità di azione e gli effetti di queste.

  • Delineare le conseguenze personali, organizzative e sociali dello stress lavorativo

1. diffus. di patologie da stress: dati di indagini estensive mostrano che i probl sono i disturbi muscolo scheletrici 30% e lo stress 28%. Oltre il 50% dei lavoratori oxa sotto la press. di scadenze. 2. il costo economico e organizzativo dello stress: il probl. delle assenze dal lav. ha rilevanti conseguenze economiche sulle organizzaz. e la collettività. 3. motivaz. e rischio di stress: in condii. di stress vi è una correlaz. neg. fra il liv. motivazionale e percez. delle conseguenze patogene. 4. stress e salute psicofisica: già Selye segnalava le malattie indicative di strain, ossia di rottura, particolare rilievo le malattie cardiovascolari e bronchiali, le disfunz. gastrointestinali, il diabete, i disturbi neuorpsichici. Di particolare rilevo sono le forme di stress acuto, di cui ci sono 4 forme: esp. estreme di violenza e trauma vissute dai lavoratori e dal personale che presta soccorso come infermieri, medici, vigili del fuoco, polizia stradale ecc; cambiam. radicali e imprevisti a liv. di organizzaz. e occupazione; esperienze estreme che incidono sulla rete di rapporti interpersonali; esperienze gravi nell’ambito di calamità naturali o belliche. 5. effetti di disagio psichico: l’individuo che non sente di avere alternative vive come imprigionato e senza scampo, con compensazioni solo parziali e provvisorie nel mondo dei consumi e dell’effimero immaginario del sistema di comunicazione di massa. Un esempio di stress cronico: il burnout. È caratterizzato da 3 componenti: la depersonalizzazione, l’esaurimento emotivo, il senso di ridotta autorealizzazione. Il lavoratore continua a essere presente sul lavoro ma mostra una crisi di identità, sentimenti di impotenza a risolvere i problemi, consumo delle illusioni professionali in precedenza elaborate creativamente. Ciò si esprime in risposte difensive espresse senza mediazioni sino ai limiti tollerabili dall’organizzazione. 6. l’esistenza impoverita: i segnali di un’esistenza segnata dallo stresso sono: il superlavoro (forte coinvolgimento emotivo sul lavoro, sentimenti e percezioni costantemente indirizzate sul lavoro, soddisfazione derivante pressoché esclusivamente dal lavoro), la devalorizzazione del lavoro, l’impoverimento della vita familiare, la riduzione della vita sociale, i propositi e i progetti degradati.

  • Mettere in evidenza le principali strategie di coping di gestione dello stress

I comportamenti e gli interventi intesi a prevenire il di stress: coping. Pearlin e Schooler propongono una visione del coping: la sua funzione proiettiva si può esercitare in 3 modi: eliminando o modellando le condizioni responsabili del problema, controllando percettivamente il significato dell’esperienza in modo da neutralizzare il suo carattere problematico, mantenendo le conseguenze emotive psicologiche in limiti tollerabili. Il primo ordine di azioni elimina i rischi di stress patogeno. Il secondo ridefinisce le caratteristiche e i significati della situazione adottando anche quei comportamento che permettono di tollerare meglio o di attenuare i rischi. Il terzo concerne il ricorso ad aiuti esterni. Queste modalità per affrontare la situazione stressante possono definirsi come comportamenti di preservazione o di protezione. Sono riconducibili a 2 categorie: l’azione più o meno immediata per rispondere alle pressioni ambientali; la riflessione. Secondo Lazarus l’individuo adotta in prima istanza un comportamento di azione e se questo è impossibile o non ha esito, riflette per ridefinire la situazione. Acquisisce così un controllo cognitivo che dovrebbe ridurre l’ansia. I possibili sostegni: counselling di tipo specialistico, sostegno di altre persone viene ritenuto cruciale per reggere lo stress; specifici programmi di azione per alleviare lo stress. I possibili programmi di intervento per gestire situazioni di stress dovrebbero partire da una raccolta precoce dei segnali di rischio evidenziati dal decremento ingiustificato delle prestazioni, dal tasso di errori e difetti di produzione, dal mancato rispetto dei tempi di realizzazione del lavoro. Ci sono segnali di abbassamento motivazionale espressi dalle variazioni del clima psicosociale, dalla presenza di microconflitti, tassi di assenteismo, turnover. Si possono poi individuare azioni a vari livelli: livello organizzativo con interventi sia preventivi che correttivi dell’ambiente e delle potenziali fonti di stress, livello di gruppi di lavoro, con l’identificazione di situazioni di esposizione a stressor e il miglioramento delle capacità di collaborazione, di comunicazione, di decisione condivisa, livello individuale, con la collocazione lavorativa adeguata delle presone, chiarezza dei rapporti di ruolo, formazione, sostegno nei problemi esterni interferenti con la vita di lavoro.

 

  • Individuare le conseguenze psicologiche e sociali della perdita o della mancanza di lavoro

Con il diffondersi di crisi economiche e del sist. produttivo vi è un’espans. del rischio occupazionale. La perdita del posto di lav, la minaccia di non conservarlo o di non poterlo ritrovare e il ritardo con cui si accede da parte dei + giovani a una condii. lavorativa relativam. stabile costituiscono situaz. di forte impatto sulla vita delle pers. Stare senza lav. rappresenta in primo luogo una condiz. di rilevanza economica diretta. In secondo luogo, è stato messo in risalto nelle situaz. di perdita del lav, un possibile attacco alle modalità normali con le quali le persone progettano e costruiscono la loro esistenza sociale. Warr mette in risalto un effettivo restringimento dei contatti sociali e delle opportunità di scambio interpersonale; un sentimento di destrutturazione del tempo quotidiano, un’alterazione dei ritmi di organizzazione della vita personale che richiede energie apposite per individuare alternative soddisfacenti, la riduzione nelle persone del proprio sentimento di appartenenza ad una comunità. La disoccupazione sottrae risorse alla persona, la impoverisce. Il passaggio brusco e spesso imprevedibile da una condizione a un’altra corrisponde sul piano del vissuto personale a una transizione psicosociale che richiede un forte impegno per essere dominata. Spesso per poter conservare un equilibrio accettabile risultano necessari cambiamenti concreti, bruschi e per lo più spiacevoli. Tali cambiamenti sono percepiti come fonte d’instabilità. Una delle prime scoperte sulle conseguenze psicologiche delle disoccupazione concerne il senso di inferiorità e l’abbassamento della stima di sé, esplicitato dagli interessati come colpa personale. Alcune grandi categorie di esiti psicologici connessi con la perdita di lavoro: benessere psicologico, sé e identità, rappresentazioni del lavoro, competenze professionali e ricerca del lavoro, competenze professionali e ricerca del lavoro, alcune modificazioni di condotta. Queste grandi categorie segnalano un insieme di rischi potenziali, si tratta di una lista che si limita a riassumere risultati di molte ricerche sul campo, assai diverse tra loro per tipo di disoccupati studiati, per caratteristiche delle situazioni di lavoro perdute, per la durata della disoccupazione per l’età e il sesso dei soggetti coinvolti, per la zona geografica e il contesto socioeconomico e culturale ove si verifica la disoccupazione. Fattori di modulazione e preservazione, capaci di influenzare gli esiti finali dell’esperienza di perdita del lavoro con lo status socioeconomico, il livello di istruzione, il genere, attributi e qualità di carattere personale. Hanno poi forte valore differenziale le risorse disponibili nel contesto sociale: l’esigenza di leggi in favore dei disoccupati di programmi di reinserimento lavorativo, facilitazioni sociali, strategie di coping.

 

FONTE: http://azpsicologia.altervista.org/Appunti/Psicologia%20del%20lavoro/Domande%20di%20Psicologia%20del%20lavoro%202.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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