Emozioni e sentimenti

 


 

Emozioni e sentimenti

 

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Emozioni e sentimenti

 

Le emozioni

Le emozioni sono una componente fondamentale della vita umana. Ogni nostra giornata ne è piena: gioia, tristezza, paura, collera, vergogna... spesso si alternano e si sovrappongono, anche in un breve lasso di tempo. Per la loro importanza da sempre gli uomini se ne sono occupati: i filosofi, i poeti, i romanzieri, i musicisti e i pittori, e in tempi più recenti gli scienziati, soprattutto psicologi ed etologi.

 

Che cosa sono le emozioni

 

Definizione di emozione

Le emozioni sono stati mentali associati a modificazioni fisiologiche, attraverso cui entriamo in rapporto con l’ambiente; sono uno strumento mentale molto utile, al pari dell’intelligenza. In termini evolutivi la loro principale funzione consiste nel rendere più efficace la reazione dell'individuo a situazioni in cui è necessaria una risposta immediata (che non utilizzi cioè processi cognitivi ed elaborazione cosciente) ai fini della sopravvivenza. La parola emozione deriva dal latino emotus, che significa “smuovere”, “scuotere”: infatti l’emozione ci spinge ad agire.

Per i cognitivisti, a cui dobbiamo la teoria delle emozioni oggi più accreditata, ogni emozione è un processo interiore complesso, che passa attraverso più fasi e che parte sempre da un “antecedente”, cioè da un evento scatenante, che deve essere significativo per il soggetto coinvolto. Tale evento produce una reazione nella quale si possono distinguere aspetti cognitivi, fisiologici ed espressivi. Ad esempio, l’atteso incontro con la persona amata o una promozione sul lavoro provocano l’emozione della gioia, la quale presenta i seguenti aspetti: 1) il soggetto “sa” di essere felice (aspetto cognitivo della consapevolezza); 2) inoltre ha delle tipiche reazioni fisiologiche, come l’aumento della frequenza del battito cardiaco, la respirazione più veloce, la maggiore tensione del tono muscolare; 3) infine presenta alcuni tipici elementi espressivi, come il sorriso o la distensione dei lineamenti. Le emozioni sono violente e di breve durata, e vanno dunque distinte dagli stati d’animo (come ad esempio l’euforia, la malinconia, l’aggressività), che sono assimilabili all’umore e che sono “stabili”, poiché possono durare a lungo e non essere stati provocati da alcun evento scatenante.

 

Le emozioni fondamentali e le loro “famiglie”

Tuttora si discute se, tra le centinaia di emozioni osservabili negli uomini, ve ne siano alcune che possono essere definite “primarie”. Secondo lo psicologo statunitense Paul Ekman (nato nel 1934), che è il massimo studioso delle espressioni facciali e dei gesti comunicativi, esisterebbero 4 emozioni fondamentali, che gli uomini esprimono in maniera identica in tutte le culture: paura, collera, tristezza e gioia. Aggiungendo alle 4 emozioni universali descritte da Ekman l’amore, la sorpresa, il disgusto, la vergogna e l’invidia, si ottengono quelle che oggi sono considerate come le principali “famiglie” di emozioni (ad esempio, alla “famiglia” della collera appartengono la furia, lo sdegno, il risentimento, l’ira, l’irritazione ecc.).

Secondo una recente definizione di Robert Plutchik, invece, le emozioni primarie sono otto, divise in quattro coppie: 1) la rabbia e la paura; 2) la tristezza e la gioia; 3) la sorpresa e l'attesa; 4) il disgusto e l'accettazione. Altri autori hanno tuttavia proposto una diversa suddivisione. Secondo vari autori, dalla combinazione delle emozioni primarie derivano le altre (secondarie o complesse): l'allegria, la vergogna, l'ansia, la rassegnazione, la gelosia, la speranza, il perdono, l'offesa, la nostalgia, il rimorso, la delusione.

 

A che cosa “servono” le emozioni

Le emozioni possono avere un significato positivo anche quando a prima vista non sembra. Ad esempio, un’esplosione di rabbia, che può apparire un’emozione del tutto negativa, o uno “spreco” di energie, può essere più sana della sua repressione e, in certi casi, perfino costruttiva: negli animali è strettamente legata alla sopravvivenza, mentre negli uomini gli accessi di rabbia sono spesso la via per “liberarsi” di un senso di frustrazione, e possono talvolta costituire il punto di partenza per la ricomposizione di un conflitto. Ancora: il disgusto è utile perché ci aiuta a selezionare il cibo, allontanandoci da veleni e  sostanze tossiche; la paura induce prudenza; la tristezza ha una funzione importante nel processo della cosiddetta “elaborazione del lutto”; l’imbarazzo si collega al giudizio che il prossimo formula su di noi e quindi, se non è eccessivo (perché in questo caso può incrinare la stima di sé), può essere una bussola nel nostro modo di rapportarci agli altri, orientandoci verso comportamenti socialmente accettati. Forse solo l’invidia, emozione molto diffusa, è totalmente negativa e antisociale; con un po’ di sforzo potremmo attribuirle una sola conseguenza non socialmente dannosa, consistente nell’emulazione di comportamenti positivi. In generale, dunque, possiamo affermare che le emozioni sono impulsi ad agire, cioè “piani d’azione” di cui la natura ci ha dotato per gestire in tempo reale le emergenze della vita. Quasi tutte le emozioni hanno pertanto un valore adattivo. Sotto questo punto di vista, la neurofisiologia ha dischiuso nuove e importanti prospettive: oggi sappiamo infatti che esiste un vero e proprio “cervello emotivo”, collocato in una sorta di “circuito” che unisce il talamo all’amigdala e che conduce da uno stimolo proveniente dall’ambiente a una risposta emotiva e comportamentale. Al di là dei tecnicismi, è importante comprendere che ogni nostra decisione e ogni nostro comportamento derivano da uno stimolo sensoriale che, una volta decodificato a livello cerebrale, provoca una reazione emotiva, quindi una elaborazione cognitiva e, infine, una risposta comportamentale (la più utile per la nostra sopravvivenza).

 

Caratteristiche delle emozioni

  1. Un’emozione è un processo. Un’emozione è una sequenza di cambiamenti, che ha inizio in seguito a un evento scatenante (antecedente), e che procede per un tempo più o meno lungo (da minuti a mesi), in maniera continua o a ondate, fino ad arrivare ad una conclusione.
  2. Ogni emozione comporta molteplici componenti (è multicomponenziale). In un processo emotivo, l’individuo viene interessato a tre livelli: cognitivo (pensiero), fisiologico, comportamentlae-espressivo (reazioni espressive spontanee e spinte ad agire).
  3. Le emozioni sono un sistema di monitoraggio dell’ambiente. Le emozioni sono suscitate da cambiamenti nell’ambiente che ci allertano e che finiscono quando la situazione è ritornata alla normalità. Le emozioni sono un sistema che avvisa la coscienza quando ci sono eventi per noi rilevanti che meritano di essere trattati con la dovuta attenzione.

 

Il processo emotivo

 

Avvio del processo emotivo: eventi scatenanti (antecedenti) > appraisal > emozione

Che cosa è in grado di scatenare un’emozione? All’origine di un’emozione c’è un antefatto (antecedente), che dipende da ciò che accade nella realtà e dalla nostra percezione delle cose. Il processo emotivo si innesca ogni volta che valutiamo (consapevolmente o inconsapevolmente) la realtà circostante non in sintonia con i nostri interessi, tanto da richiedere un maggior controllo sull’ambiente.

Le emozioni sono la conseguenza di squilibri nell’appraisal, termine inglese introdotto da M.B. Arnold, con cui si indica il continuo monitoraggio di noi stessi e dell’ambiente teso a valutare se le situazioni sono in linea con i nostri fini (vedi fig.2 pag. 81).  Esistono un appraisal consapevole e uno inconsapevole: il monitoraggio è in genere automatico e inconsapevole, ma a volte stimoli valutati inconsapevolmente possono arrivare alla coscienza e far scattare una valutazione consapevole. Le emozioni possono essere scatenate sia per effetto dell’appraisal consapevole che inconsapevole. Nel primo caso abbiamo un’emozione esplicita: dato che l’evento emotigeno (che ha generato l’emozione) è stato valutato dalla coscienza, sappiamo fin dall’inizio che cosa ci fa emozionare. Nel secondo caso invece c’è un’emozione implicita: l’emozione nasce senza che ce ne rendiamo conto e solo quando l’esperienza emotiva affiora alla coscienza cerchiamo di ricostruirne l’origine e di spiegarcela.

A provocare lo squilibrio nell’appraisal è comunque un evento scatenante. Può trattarsi di eventi macroscopici (una vincita al superenalotto o un lutto), oppure di microeventi (un sorriso, una frase, uno sguardo, ecc.). Non necessariamente l’evento scatenante è reale. Spesso ci emozioniamo perché anticipiamo con l’immaginazione una situazione futura (andremo alla festa, probabilmente perderò il lavoro) o perché ci torna in mente un ricordo (una vittoria sportiva, la rottura di una relazione). Aiutano ad anticipare eventi futuri emotivamente carichi o a ricordarne di passati le associazioni (una galleria come quella dove ho avuto l’ansia, la musica di quella sera) e i simboli (una medaglia, un anello).

Secondo Mandler gli eventi scatenanti sono ostacoli che possono impedirci di raggiungere una meta desiderata o imprevisti che incontriamo in un cammino che avevamo pianificato (ci siamo preparati tanto per un esame, poi però ci ammaliamo). Un’emozione può nascere però anche in assenza di ostacoli o di imprevisti: basta che ci sia la prospettiva di una meta fortemente desiderata (se mi sta molto a cuore superare l’esame, anche se non ci sono imprevisti, sarò comunque emozionato prima di farlo). A volte l’evento scatenante è semplicemente l’emozione manifestata da qualcun altro che ci contagia (come quando proviamo un senso di gioia o di tristezza vedendo un altro che manifesta gioia o tristezza).

Dall’evento scatenante all’emozione

Il nesso tra tipo di evento e tipo di emozione non è così ferreo. Dinnanzi allo stesso fatto individui diversi possono reagire in modo diverso. Questo perché noi non reagiamo agli eventi in sé, ma agli eventi percepiti, ovvero agli eventi come noi li percepiamo e valutiamo. 1) Come prima cosa dobbiamo comprendere l’evento. Si è visto che ci serviamo di schemi evento-emozione, cioè di modelli interpretativi che da un lato rappresentano la struttura dell’evento, dall’altro l’emozione da provare (vedi fig. 3 pag 83). Molti schemi evento-emozione sono universali, cioè indipendenti dalla società e dalla cultura di appartenenza. Esistono però anche schemi specifici di determinate culture (emozioni etniche). 2) Successivamente, dobbiamo anche assegnare un peso all’accaduto, decidere quanto è importante per noi (per es. violare una certa regola sociale può essere gravissimo per una persona e di poco conto per un’altra).

Reazioni fisiologiche

Nel processo emotivo si verificano cambiamenti fisiologici dell’organismo (possono interessare: pressione arteriosa, frequenza cardiaca, respirazione, diametro pupillare, movimenti oculari, ecc.). Si conoscono alcune configurazioni tipiche o pattern fisiologici delle emozioni (vedi fig. 4 pag. 85). Ad esempio nella rabbia e nella paura abbiamo un aumento significativo della frequenza cardiaca, con la differenza che la paura, diversamente dalla rabbia, si accompagna a marcato innalzamento della temperatura cutanea.

Risposte comportamentali

Le emozioni spesso si accompagnano all’emissione spontanea di segnali non-verbali con i quali manifestiamo agli altri il nostro stato interiore. L’espressione delle emozioni nell’uomo ha il suo centro nevralgico nel viso: la mimica facciale e lo sguardo sono i principali sistemi di segnalazione dello stato emotivo. Sono importanti anche i movimenti delle mani e dei piedi, la postura, il comportamento spaziale e i segnali non verbali emessi con la voce. Tra questi ultimi ci sono i segnali prosodici che accompagnano il parlato (il tono della voce, la velocità dell’eloquio, il ritmo, la forza vocale, le enfasi, i fenomeni di durata) e i segnali paralinguistici, che si affiancano al linguaggio, come le esitazioni, le pause, gli urli. Le persone spesso dissimulano le emozioni, ma difficilmente riescono a mascherare completamente le reazioni espressive spontanee. Ci sono dei segnali per capire se una persona sta nascondendo un’emozione, per es. il fatto che evita il contatto visivo. A volte l’emozione dissimulata viene segnalata da espressioni di brevissima durata (una smorfia, un’occhiata aggressiva, un’espressione triste di qualche secondo). Inoltre, le espressioni contraffatte adoperate per coprire quelle spontanee si riconoscono per fini dettagli, come la durata non tipica o l’eccessiva staticità.

Ci sono culture dove le emozioni si esternano di più ed altre dove si esternano di meno (per es. i giapponesi in pubblico tendo a dissimulare le emozioni negative, mentre gli statunitensi non hanno difficoltà ad esternarle).

 

L’esperienza emotiva

 

Il controllo delle emozioni

Non sempre diamo libero sfogo alle nostre emozioni, spesso ci troviamo nella condizione di voler o dover esercitare un controllo su di esse.

1) Spesso le emozioni vengono controllate per ragioni sociali (ad es. lo sfogo della collera può esporre alla ritorsione degli altri). La maggior parte delle volte controlliamo le emozioni in base alla loro natura: si tende a evitare emozioni spiacevoli e a ricercarne di piacevoli (motivazione edonica). 2) Per controllare le emozioni spesso prendiamo decisioni (es. decidiamo di immergerci nel lavoro per scacciare un dispiacere). 3) Altre volte ricorriamo al pensiero (riflettiamo su noi stessi e sulla situazione per vedere le cose in un modo da farci provare emozioni positive). 4) C’è anche un controllo basato sul conforto sociale, in cui sono gli altri ad aiutarci a controllare le nostre emozioni.

La comunicazione delle emozioni

Le emozioni vengono comunicate in parte intenzionalmente (per scopi precisi), altre volte in modo involontario, attraverso reazioni espressive spontanee. Quali effetti produce la comunicazione delle emozioni? 1) Relativamente frequente è il contagio emotivo: l’emozione manifestata dall’emittente suscita un’emozione simile nel ricevente (al sorriso rispondiamo con il sorriso e proviamo una gioia simile a quella che deve aver provato la persona che sorrideva). Si tratta di un’imitazione automatica e involontaria, probabilmente innata (favorisce la reciproca accettazione degli individui e l’armonia sociale). 2) A volte si attivano emozioni complementari: l’emittente manifesta un’emozione e il ricevente ne prova un’altra che facilita l’instaurarsi di un rapporto sociale di protezione, di aiuto, ecc. (l’ostentazione di emozioni infantili di gioia e sorpresa è un espediente spesso utilizzato, specie dalle donne, per suscitare negli altri sentimenti complementari di simpatia, affetto e protezione). 3) Comunicare le emozioni serve anche alla presentazione di sé e a esercitare un controllo sulle relazioni (vedi intelligenza emotiva).

 

L’intelligenza emotiva

Verso la metà degli anni Novanta del Novecento, alcuni autori statunitensi, come Peter Salovey e Daniel Goleman, hanno diffuso la nozione di “intelligenza emotiva” e sottolineato l’importanza di un’educazione emotiva per valorizzare le proprie caratteristiche, avere successo nella vita sociale e professionale e prevenire la depressione. Dal punto di vista del rapporto con le proprie emozioni, secondo questi studiosi si possono distinguere 3 tipologie di individui: 1) i sopraffatti: tipi volubili, che, non totalmente consapevoli dei propri sentimenti, vi si “perdono”, incapaci di mettere in atto un atteggiamento distaccato. Non avendo controllo sulla propria vita emotiva e non riuscendo a sfuggire agli stati d’animo negativi, sono spesso sopraffatti dalle emozioni, che li “immobilizzano” nelle scelte concrete; 2) i rassegnati: pur essendo consapevoli dei propri stati d’animo (positivi e negativi), sono poco motivati a mettersi in gioco e a cercare di modificare il proprio comportamento. Essi tendono pertanto ad assumere un atteggiamento del tipo laisser faire, passivo e fatalista; 3) gli autoconsapevoli: hanno le idee chiare sulle proprie emozioni e questo rafforza gli aspetti caratteristici della loro personalità. Sono autonomi, sicuri delle proprie capacità come dei propri limiti, ottimisti. Godono di una buona salute psicologica e sanno gestire gli stati d’animo grazie all’attenzione che prestano alla loro vita interiore. Secondo Salovey, la persona “emotivamente competente” si distingue perché possiede 5 ben precise caratteristiche:

  1. in primo luogo l’autoconsapevolezza, poiché il prerequisito fondamentale per gestire la sfera emotiva è quello di conoscerla;
  2. in secondo luogo la capacità di controllo sulle proprie emozioni;
  3. poi l’empatia, cioè la capacità di riconoscere le emozioni altrui;
  4. la motivazione e la stima in se stessi;
  5. infine la capacità di gestire le relazioni sociali.

Pertanto l’identikit della persona dotata di intelligenza emotivo-sociale (ESI, Emotional-Social Intelligence) potrebbe essere il seguente: La persona ESI è capace di percepire, comprendere e accettare se stessa. Gestisce e controlla efficacemente le proprie emozioni, esprimendole chiaramente e comunicandole in modo assertivo. Ha fiducia in se stessa ed è emotivamente indipendente dagli altri, poiché si impegna nel conseguimento degli obiettivi personali, realizzando il proprio potenziale. Consapevole di ciò che gli altri provano, è in grado di identificarsi con il gruppo di appartenenza stabilendo delle relazioni interpersonali soddisfacenti. Unisce a un lato senso di responsabilità sociale un atteggiamento cooperativo ed empatico. La sua analisi della realtà è chiara e oggettiva; è flessibile nell’adattare pensieri e sensazioni alle nuove situazioni. Risolve in modo efficace i problemi di natura personale e interpersonale. Ha un atteggiamento ottimistico e coglie sempre gli aspetti positivi degli avvenimenti, felice e contenta di se stessa, degli altri e della vita.

 

Per alcuni consigli bibliografici visita il sito http://scienzeumane.wordpress.com/tag/emozioni/

Fonte: http://doceo.pbworks.com/w/file/fetch/50776149/Le%20emozioni.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Emozioni e sentimenti

 

LE EMOZIONI

 

 

 

 

 

 

I diversi punti di vista sulle emozioni

 

  1. Definizioni generiche.

 

 

 

 

 


  1. Definizioni maggiormente evolute.

 

 

 


  Le principali categorie delle emozioni

Tipi di emozione

Cosa segnalano

Cosa favoriscono/ostacolano

Esempi

Emozioni positive piacevoli
(filo-edonistiche)

segnalano gratificazioni, consonanze fra oggetti o eventi dell'esperienza ed esigenze della persona

favoriscono relazioni sociali gradevoli e costruttive.

gioia, allegria, ammirazione, serenità, distensione, disinvoltura, orgoglio, interesse, ecc

Emozioni negative: generalmente spiacevoli
(anti-edonistiche)

segnalano ostacoli, dissonanze fra oggetti o eventi dell'esperienza ed esigenze della persona

ostacolano relazioni sociali gradevoli e costruttive, pur rivelando determinate funzionalità.

dolore, tristezza, disgusto, rabbia, ansia, imbarazzo, vergogna, colpa, noia, ecc.

Emozioni neutre
(o miste)

non si accompagnano a chiari vissuti di piacevolezza o spiacevolezza, salvo casi particolari

segnalano indifferenza, marginalità, ambivalenza, equilibrio o fasi di transizione nelle relazioni fra oggetti o eventi dell'esperienza ed esigenze della persona.

consentono di indirizzare l'attenzione e di esercitare rigore, obiettività e lucidità in operazioni cognitive e decisionali (a volte a scapito di aspetti di energia e determinazione); favoriscono l'indipendenza e il distacco.

calma, impassibilità, apatia, disimpegno, sorpresa, concentrazione, ecc...

Influenza del contesto sul significato degli indici corporei di tensione emotiva.

Un caso tipico è il batticuore che può rientrare in varie "etichette" a seconda del contesto e quindi dell'agente presunto dal soggetto.

Esempi:
a) In presenza di un partner attraente: euforia, attrazione.
b) In presenza di un grave pericolo: paura, preoccupazione
c) In presenza di una macchina che non funziona: rabbia..

 

fonte: http://scg.itcilo.org/AreaPubblica/OrientamentoMobilita/Cognizione/emozioni2/attach/emozioni_ok.doc

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

Emozioni e sentimenti

 Le nostre emozioni provengono da un’antica storia ?
Molti studiosi concordano sul fatto che le parti del cervello che i neuroscienziati associano alle emozioni esistano anche in specie più primitive, diversamente da altre parti del cervello, come la neocorteccia ("neo" significa "nuovo"), che è presente solo in specie più evolute. Quindi è possibile che l'uomo abbia un certo numero di esperienze emozionali e viscerali in comune con specie più primitive: certamente con gli altri mammiferi, ma forse anche con i rettili.
Sappiamo che i nostri riflessi, le nostre reazioni viscerali sono molto simili a quelle dei ratti o dei rettili. Se, ad esempio, uno sconosciuto ci piomba addosso inaspettatamente, la nostra reazione immediata sarà di scappare, di schivarlo o di proteggerci.
Non è, dunque, sorprendente il fatto che queste emozioni siano associate a parti simili del cervello in tutte queste specie diverse.


Qual è il ruolo delle emozioni ?
La nostra coscienza può essere paragonata ad una finestra aperta sul mondo, ma con una visuale  stretta. Altre parti del cervello, tuttavia, controllano costantemente le informazioni sensoriali in entrata che magari non passano per la visuale della coscienza.
Così, se accade qualcosa d'importante che viene rilevato dai vari sistemi di percezione, ma non dalla coscienza, scatta un allarme nel corso del quale il sistema emozionale ordina al resto del cervello: "Fermati! Smetti di prestare attenzione a qualsiasi altra cosa, e prendi, piuttosto, coscienza di questo nuovo evento importante!". In parallelo il sistema emozionale invia segnali al sistema motorio, in modo da preparare l'individuo all'azione che può rendersi necessaria per rispondere in modo adeguato al segnale d'allarme.
Il sistema emozionale ha, dunque, una funzione di allarme e di riflesso, che serve a mettere in guardia l'organismo in situazioni in cui è in gioco la sopravvivenza. Questo è uno dei ruoli primari delle emozioni.

L'altro ruolo delle emozioni sembra essere quello di dare un valore, sia esso positivo o negativo, alle cose che ci riguardano.
Anche le nostre funzione cognitive sembrano importanti per comprendere le relazioni di causa e effetto che esistono nel mondo reale o, in altre parole, le relazioni fra eventi diversi, in modo che essi possano essere previsti. Ma questo di per sé non è sufficiente ad attribuire un valore a queste cose.
E', allora indispensabile che esista nel cervello un sistema che dica all'organismo: "Questo fatto è qualcosa che tu desideri che accada ancora; quest'altro fatto, invece non vuoi che accada più."
Se questo sistema mancasse, fuori di noi ci sarebbe un mondo retto dalla logica, dove non sapremmo più cosa desiderare e cosa evitare.
Dev'esserci, dunque, una parte del cervello che  dà un significato agli eventi in termini di sopravvivenza. Sono in molti a credere che questo ruolo sia proprio del sistema limbico o, come si dice, del cervello emozionale.


La storia dell'uomo che non provava emozioni.
Una lesione del cervello emozionale può avere delle conseguenze drammatiche. Gli studiosi dicono che una lesione di questo tipo può avere un risultato disastroso sul comportamento, senza però  compromettere il quoziente d'intelligenza, le facoltà mentali, la capacità di risolvere problemi o l'intelligenza pura e semplice.
Sono stati effettuati numerosi studi su pazienti con lesioni nelle regioni frontali profonde e inferiori, nei quali è compromesso il giudizio morale, ma non quello cognitivo. Queste persone sono in grado di ragionare normalmente sui problemi, ma sono incapaci di agire di conseguenza.
Un esempio per chiarire è stato descritto da  uno studioso americano. Il Signor  XY è un ragioniere molto stimato, è un esempio per fratelli e sorelle, è sposato, ha dei bambini e possiede  uno studio commercialistico bene avviato. A un certo punto gli viene diagnosticato, fra i due emisferi cerebrali, un tumore frontale e inferiore, che gli viene asportato insieme a una buona parte della corteccia fronto-orbitale su entrambi i lati.
Dopo l'operazione per altro perfettamente riuscita, c’è una stupefacente sorpresa!
Il Signor XY si trasforma in una persona completamente diversa.
Nell'arco di qualche anno divorzia varie volte, perde il lavoro e rimane  coinvolto in numerosi affari loschi con personaggi poco raccomandabili. Gioca d'azzardo, beve, picchia la moglie e i bimbi, insomma fa un mucchio di cose che non aveva mai fatto prima.
La sua personalità è completamente cambiata.
Il fatto interessante è che il suo alto Q.I. rilevato prima dell'operazione, attorno a 140, è rimasto intatto, nonostante il suo comportamento sia diventato a dir poco “strano” e contrario alla sua capacità di funzionare come un essere umano adulto e consapevole.
Il Signor XY è rimasto una persona intelligente ai sensi del suo Q.I., ma è diventato un  imbelle totale nel suo modo di comportarsi e in particolare nei suoi giudizi emotivi sulle situazioni e sulle persone.


Quale è l’importanza del quoziente emozionale ?
Spesso si considerano  le persone intelligenti, quelle con un Q.I. elevato, come  individui superiori a noi e con la capacità di raggiungere successo e riconoscimento sociale.
Ma, chiediamoci se il Q.I. è davvero un fattore determinante ?.
L'esempio riportato sul Signor XY  pare proprio dimostrare il contrario, e cioè che il Q.I. non sia poi così importante.
Ciò che sembra determinare la riuscita sociale di una persona non è tanto la potenza del suo intelletto, quanto la sua capacità di comunicare con gli altri, di valutare le situazioni sociali ed emozionali, di controllare le proprie emozioni, di non lasciarsi trascinare dall'ira, di  controllare la propria aggressività, di trasmettre i giusti segnali emozionali, di rimanere sintonizzati con gli altri per navigare in armonia con la serie di relazioni umane di cui si è circondati.
Ciò che limita il successo delle persone non è tanto il loro livello di conoscenze filosofiche, matematiche o  la capacità di destreggiarsi con concetti complessi, quanto piuttosto cose più semplici, come non riconoscere gli altri, rendere difficile il lavoro dei propri collaboratori o inasprire talmente i rapporti che il gruppo di cui si è parte non può più funzionare come una vera squadra.
L'insieme di queste capacità è chiamato "quoziente emozionale", in contrapposizione al quoziente intellettivo: il Q.E. al posto del Q.I.
E' emerso che il Q.E. determina il successo sociale di una persona molto più del Q.I., che può solo prevedere la prestazione scolastica di una persona, ma non va oltre.
 


Le emozioni hanno che vedere con l’inconscio ?
Probabilmente esiste un sistema emozionale, cioè un insieme di strutture cerebrali altamente interconnesse e dedicate alla gestione dell'esperienza emozionale. E poi c'è il resto del cervello, che è responsabile della cognizione, della comprensione delle relazioni causali della realtà, del modo in cui le cose si armonizzano fra loro e così via. Questi due sistemi possono operare in modo semi-indipendente. Naturalmente sono collegati l'uno all'altro e si parlano in continuazione, ma possono anche svolgere funzioni durante le quali non comunicano facilmente.
Probabilmente  ciò che gli psicoanalisti chiamano “inconscio” è da mettere in relazione con questa regione emozionale, profonda, del cervello, che può non  essere  immediatamente accessibile dalla parte cosciente e cognitiva.
Così, può ad esempio succedere di sentire o provare qualcosa senza sapere il perché. 
Con la psicoanalisi si cerca di  capire perché improvvisamente sentiamo delle emozioni che provengono dal nostro passato e che non sono più appropriate. Per  molte persone questo può essere uno dei modi con cui possono imparare a controllare i sentimenti senza emozioni non appropriate.
Questo significa che se riusciamo a capire precisamente da dove provengono queste emozioni, possiamo trovare delle buone ragioni per controllarle e possiamo dire a noi stessi: "Ok, questa persona ha la stessa  struttura fisica di mio padre, porta occhiali come i suoi, ed è una figura autorevole perché è il mio capo, ma devo ammettere che non ha mai avuto nessuno dei comportamenti che mio padre aveva verso di me e che tanto mi hanno fatto male". Quindi, identificando le proprie reazioni, comprendendone l'origine e convincendosi che tali reazioni non sono più appropriate, si diventa bravi nel controllarle.

fonte: http://scg.itcilo.org/AreaPubblica/OrientamentoMobilita/Cognizione/emozioni1/attach/Emozioni.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

 

LE EMOZIONI PRIMARIE

 

Esistono elementi nel modo in cui l’essere umano esprime le proprie emozioni che sono costanti in tutte le culture del mondo

 

Questo fattore è ancora più accentuato se si prende in esame un ristretto gruppo di emozioni che sono primitive, definite appunto emozioni primarie

 

  • Esistono delle zone del cervello che attraverso la produzione di sostanze chimiche generano quelle condizioni che sono  poi percepite dal soggetto come emozioni. In particolare distinguiamo nella parte mediale degli emisferi cerebrali, intorno al talamo, una zona detta corteccia congolata a cui sono annesse diverse strutture come i talamo, l’ipotalamo, l’ippocampo, il fornice, il corpo mammillare, l’amigdale, l’area del setto, il fascio mediale del proencefalo.

 

  • L’unione di queste strutture forma il sistema libico.

 

  • La valutazione del significato affettivo degli stimoli è eseguita la maggior parte delle volte dalla cooperazione delle strutture sottocorticali con quelle corticali appartenente ai circuiti della corteccia superiore che permettono al soggetto di apprendere il valore simbolico degli stimoli emotigeni e di produrre una risposta emozionale volontaria (livello consapevole).

 

  • Quando le due strutture non cooperano l’elaborazione delle emozioni e la loro espressione avviene esclusivamente mediata dalle strutture sottocorticali a livello inconsapevole.

 

LE EMOZIONI PRIMARIE

    • In particolare gli studi di Darwin (1872) hanno dimostrato l’esistenza di elementi costanti nell’espressione emotiva umana che si trovano in tutte le culture del mondo.questa continuità diventa molto più marcata se si prendono in considerazione principalmente un gruppo di emozioni che rappresentano i nucleo emotivo degli individui e che sono definite le emozioni primarie.

 

  • Le emozioni primarie sono così indicabili:

1. rabbia
2. disgusto
3. tristezza
4. gioia
5. sorpresa
6. paura

L’ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI PRIMARIE

L’espressione delle emozioni nell’uomo avviene principalmente attraverso due canali:

  • Facciale: è la via privilegiata nella comunicazione umana: può veicolare il contenuto dell’emozione stessa. L’espressione facciale fornisce elementi fondamentali per il riconoscimento di un’emozione, mentre i gesti, la postura e la prossemica non danno sufficienti elementi altrettanto utili per individuare l’emozione che si sta provando. Queste altre modalità di espressione dell’emozione forniscono prevalentemente informazioni circa dell’emozione, piuttosto che sull’emozioni in sé.

 

  • Vocale: fornisce informazioni qualitative sull’emozione, piuttosto che sull’emozione in sé. Nell’espressione vocale gli strumenti motori non sono visibili e quindi non possono essere indagati direttamente. I loro schemi d’azione devono di conseguenza essere dedotti sulla base delle caratteristiche acustiche delle onde sonore prodotti dai muscolari fonatori e articolatori.

 

LE EMOZIONI dunque:

  • Sono elementi imprescindibili delle relazioni umane

 

  • Hanno una natura corporea


  • allo stesso tempo, hanno contenuti mentali che spesso non sono del tutto rappresentabili

 

LE CAPACITÀ RELAZIONALI

 

  • L’acquisizione di determinate capacità relazionali risulterà determinante ai fini di un miglioramento della relazione

 

  • Queste capacità non consistono in semplici tecniche procedurali acquisibili con la pratica
  • Esse presuppongono una conoscenza emotiva di sé e della propria storia e richiedono a chi le possiede di mettersi in gioco integralmente: mentee corpo

 


COMPONENTI DELLA
COMUNICAZIONE NON VERBALE

 

  • Setting (ambiente)
  • Aspetto esteriore

 

  • Atti non verbali
  • Aspetti cinesici

 

  • Aspetti prossemici

 

 

ASPETTI CINESICI
DELLA COMUNICAZIONE UMANA

  • Gestualità

 

  • Modo di muoversi e camminare
  • Posizioni del corpo

 

  • Sguardo
  • Mimica facciale

 

  • Caratteri sessuali

 


COMUNICAZIONE NON VERBALE
e
LINGUAGGIO VERBALE

 

La comunicazione non verbale:

  • Fornisce continuamente informazioni circa le caratteristiche fisiche, sociali e la disponibilità relazionale di un individuo

 

  • Illustra e commenta costantemente la comunicazione verbale

 

à fornisce una cornice pragmatica alla comunicazione umana

 

 

RIEPILOGO

 

La comunicazione non verbale ha tre funzioni importanti:

  • Metacomunica ciò che si esprime attraverso il linguaggio verbale

 

  • Esprime emozioni, sentimenti, e atteggiamenti inconsapevoli che ciascuno ha di sé e della propria immagine corporea
  • Trasmette prevalentemente atteggiamenti che riguardano la relazione nei suoi molteplici aspetti

 


 

SCHEMA CORPOREO

 

Il neonato dispone di due tipi di informazioni riguardanti il proprio corpo che provengono da due fonti diverse:

 

  • Percezioni interne: l’attività di alcuni organi e le sensazioni muscolari ed articolari forniscono informazioni cinestetiche, temporali (esempio: il tempo scandito dal battito cardiaco) e circa la posizione del corpo e degli arti
  • Percezioni esterne: i cinque sensi forniscono informazioni principalmente riguardanti lo spazio circostante e la posizione che il bambino assume nello spazio

 

    • Percezioni interne + Percezioni esterneà coscienza immediata dell’unicità del proprio corpo nel tempo e nello spazio

 


IMMAGINE CORPOREA

 

  • Termine introdotto da Schilder nel 1935. Schilder era un medico psichiatra. Dal 1918 egli fece parte della gruppo di Freud e nel 1919 diventò membro della Società  Viennese di Psicoanalisi. Egli è il primo psicoanalista ad aver introdotto lo schema corporeo e l’immagine corporea come concetti all’intenro della teoria psicoanalitica.
  • Per schema corporeo si intende l’esperienza immediata di un’unità corporea che se è vero che viene percepita è da’altra parte qualcosa di più di una percezione: lo schema corporeo è dunque l’immagine tridimensionale che ognuno ha di se stesso.

 

  •  Con il termine immagine corporea si intende invece l’aspetto relazionale della rappresentazione mentale del proprio corpo. Shilder considerava l’immagine corporea come un luogo di scambi oggettuali privilegiati. Essa non si limita al proprio corpo: i vestiti, le sostanze prodotte da esso fanno parte dell’immagine. Essa si costituisce a partire dal sé e dall’ambiente circostante,

fonte: http://utenti.multimania.it/eduprof/Docenti/LUCIDI%20CORPOREO.doc

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

Emozioni e sentimenti

4. LE EMOZIONI PRIMARIE SEMPLICI FONDAMENTALI

 

 

L’ IPOTESI DELL’INNATISMO e DELL’UNIVERSALITA’

 

Lo studio dell’espressione delle emozioni avvalora l’ipotesi dell’esistenza di un repertorio biologico di base che si manifesta sin dai primi anni di vita ed in popolazioni molto diverse.

 

Tutti gli uomini ridono e piangono. Anche i bambini nati ciechi sorridono !

 

Le emozioni innate (non apprese) sarebbero sei:

 

GIOIA, DISGUSTO, PAURA, COLLERA, SORPRESA, TRISTEZZA.

 

secondo alcuni bisognerebbe aggiungere: INTERESSE, VERGOGNA, DISPREZZO

 

A definire le emozioni fondamentali sarebbero quattro polarità:

 

GIOIA/TRISTEZZA, PAURA/RABBIA, SORPRESA/ANTICIPAZIONE,

 

ACCETTAZIONE/DISGUSTO

 

da cui deriverebbero tutte le altre (Es.: amore, sottomissione, delusione, rimorso, etc.)

 

 

 

I CORRELATI  BIOLOGICI  E  FISIOLOGICI

 

Alterazioni: frequenza cardiaca, respiratoria, pressione sanguigna, vasocostrizione cutanea, secchezza faucale, contrazione degli sfinteri, dilatazione pupillare, conduttività elettrica della pelle

 

Reazioni somatiche, viscerali, muscolari

 

 

 

LA  TEORIA  PERIFERICA  (JAMES, 1890)

 

L’emozione consiste nel “sentire” le modificazioni periferiche dell’organismo, i mutamenti neuro-vegetativi che avvengono a livello viscerale.

 

L’esperienza emozionale sarebbe una conseguenza dei cambiamenti corporei, consisterebbe nei sentimenti che si associano alle reazioni viscerali e neurovegetative avvertite dal soggetto.

 

Pertanto: non tremiamo o scappiamo perché abbiamo paura, ma abbiamo paura perché tremiamo o scappiamo. Abbiamo disgusto perché vomitiamo, fame per i crampi allo stomaco, etc.

 

L’IPOTESI  DEL  FEED-BACK  FACCIALE

 

Più recentemente (EKMAN, 1983) ha sottolineato l’importanza delle determinanti somatiche dell’emozione

 

Le espressioni facciali, i movimenti muscolari della faccia forniscono informazioni propriocettive, motorie, cutanee, vascolari che influenzano il processo emotivo

 

Di conseguenza: siamo tristi perché piangiamo, lieti perché sorridiamo

 

4. L’EMOZIONE e I PROCESSI COGNITVI

 

Gli assi dimensionali delle emozioni sono tre:

 

piacere/dispiacere  (gradevolezza/sgradevolezza)

 

eccitazione/calma (tensione/rilassamento) (arousal)

 

attenzione/rifiuto

 

L’emozione non è un’esperienza isolata; essa è connessa con l’azione, in quanto conduce a comportarsi e a reagire in un certo modo piuttosto che in un altro.

 

Questo legame dell’emozione con l’azione è sottolineato dal fatto che:

  • le emozioni positive sono associate ad azioni di avvicinamento
  • le emozioni negative sono collegate ad azioni di allontanamento

 

Questo aspetto della preparazione e della prontezza all’azione, avviato dall’emozione si può considerare come una condizione fondamentale di sopravvivenza e di adattamento all’ambiente

 

Le emozioni non compaiono all’improvviso, in maniera gratuita e casuale, ma dipendono anche dal modo con gli individui valutano e interpretano gli stimolo del loro ambiente.

 

Sottesa all’esperienza emotiva c’è una elaborazione cognitiva, un’attività di conoscenza e di valutazione della situazione, in riferimento agli interessi dell’individuo stesso.

 

Due individui possono provare emozioni diverse a fronte del medesimo stimolo

 

L’emozione è la risultante di due componenti distinte:

 

una componente fisiologica di attivazione (arousal)

 

una componente cognitiva di valutazione dello stimolo emotigeno e di etichettamento della propria esperienza emotiva

 

Le emozioni sorgono dunque in risposta alla struttura di significato di una situazione.

 

Possiamo distinguerne cinque diversi aspetti:

 

  • novità: valutazione della discrepanza dello stimolo rispetto alle aspettative, con le conseguenti reazioni di sorpresa, attivazione, orientamento
  • piacevolezza/spiacevolezza: valutazione della qualità edonica dello stimolo, con le conseguenti risposte di avvicinamento o di allontanamento/fuga,   di rigetto  o  di attacco
  • pertinenza dello stimolo per i bisogni e gli scopi dell’organismo: valutazione della coerenza dello stimolo in ordine al raggiungimento dei propri scopi, con le conseguenti risposte di attenzione o di rifiuto
  • capacità di far fronte (coping) allo stimolo: valutazione della capacità di controllo nei confronti dello stimolo e della capacità di gestire le proprie reazioni emotive, con le conseguenti risposte di attività o di passività
  • compatibilità con le norme sociali e con l’immagine di sé: valutazione dell’emozione in relazione alla conformità degli standard culturali e sociali, con le conseguenti risposte di orgoglio/compiacimento o vergogna/imbarazzo o collera

 

 

I   CORRELATI  SOCIALI  E  CULTURALI

 

LA CONDIVISIONE SOCIALE: La maggior parte delle persone comunica le proprie esperienze emotive, condividendole con altri (cerchia degli intimi o massa).

 

Alcune emozioni si prestano ad essere rapidamente socializzate (es. il ridere); altre invece sono oggetto di ruminazione mentale, un processo intra-psichico di rievocazione continua e prolungata (es. tristezza, colpa, vergogna, ma anche desiderio, amore).

 

Tuttavia, non sempre vi è piena corrispondenza tra l’emozione così come viene sentita e come viene espressa o comunicata. La discrepanza tra quanto sentito e quanto comunicato dà luogo a fenomeni di simulazione e dissimulazione, per la necessità di adeguarsi alle norme sociali e garantire una buona immagine di sé.

 

LA SPECIFICITA’ CULTURALE DELLE EMOZIONI

 

Le diverse culture esprimono differenti sistemi di credenze, norme e valori, forniscono schemi di pensiero (per la percezione e l’interpretazione della realtà) e linee di condotta.

 

I modelli culturali condizionano la manifestazione delle emozioni:

 

  • Nella cultura occidentale in cui si enfatizza il concetto di causalità e di responsabilità individuale delle azioni è più probabile una reazione di collera in concomitanza di eventi negativi, poiché sono percepiti come l’effetto del comportamento intenzionale di qualcuno (persone, istituzioni).

 

  • In una cultura come quella indiana in cui si dà maggior importanza al destino, alla fatalità o a forze soprannaturali, prevale la rassegnazione ed il rammarico

 

Non tutte le culture hanno tutte le emozioni:

 

ad es. il sentimento di debito e devozione nei confronti della società (genitori e imperatore) imposto ai bambini dalla cultura giapponese

 

Anche le emozioni ritenute universali si configurano in modo assai diverso a seconda delle varie culture:

 

ad es. la collera (la vendetta) può essere giustificata, incoraggiata, considerata una questione di onore o di dignità oppure totalmente disapprovata e condannata fino a diventare assente in alcune società.

 

I modelli culturali influenzano e danno forma all’esperienza emotiva:

 

ad es. nella cultura americana valgono i modelli della felicità, della contentezza, del successo (il sorriso sociale)

 

nella cultura inglese prevalgono l’autocontrollo, i modi freddi, pacati, distaccati, l’ironia

 

nella cultura polacca i modelli della sincerità emotiva e della spontaneità e della trasparenza

 

Il quadro culturale definisce una serie di vincoli che riguardano quando, dove e come provare e manifestare le proprie esperienze emotive, fino a delineare una vera e propria grammatica dei comportamenti e dei sentimenti,

 

una sorta di copione (script) in stile teatrale delle sequenze “corrette” di azioni e interazioni che caratterizzano gli incontri sociali e i riti.

 

Le diverse culture fissano i parametri dell’adeguatezza emotiva, stabiliscono i requisiti della competenza emotiva, intesa come la capacità dell’individuo di provare emozioni appropriate al contesto, di saper gestire le proprie esperienze emotive, di fornire risposte emotive coerenti con la situazione e con le aspettative sociali

(per non essere considerati “maleducati”)

 

fonte: http://digidownload.libero.it/kaos1972/HTMLobj-265/4._L__EMOZIONE.doc

Sito web da visitare: http://digidownload.libero.it/kaos1972

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 

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