Genesi dei sogni e interpretazione dei sogni

 


 

Genesi dei sogni e interpretazione dei sogni

 

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GENESI E SVILUPPO DEL FENOMENO ONIRICO NELL’OPERA DI CARL GUSTAV JUNG
( Dr. Luca Coladarci )

 

“ Dobbiamo trattare i sogni tenendo conto delle sfumature, dobbiamo trattarli come un’opera d’arte; non in modo logico e razionale, ma con un certo ritegno e una certa delicatezza. È  l’arte creativa della natura a creare il sogno e quindi dobbiamo essere alla sua altezza quando tentiamo di interpretarlo ”.  (C. G. Jung, 1928/30)

 

INTRODUZIONE

Sognando da sempre e tutte le notti, l’uomo non è mai risultato indifferente alle immagini del proprio mondo notturno. Basti pensare che le prime testimonianze di citazioni oniriche provengono dal poema mesopotamico di Gilgamesh, il più antico testo storico scritto intorno al 2700 a.C.. Esperiti principalmente come messaggi delle divinità o in chiave divinatoria, i sogni hanno avuto ampia considerazione anche nell’Antico Egitto, nelle civiltà orientali, presso i greci e i romani, tra le popolazioni primitive, così come ricchi di citazioni oniriche appaiono i testi sacri delle religioni mondiali. E’ con L’interpretazione dei sogni [1899] di Sigmund Freud, però, che si è iniziato a considerare tali prodotti notturni come elementi fondamentali per la comprensione e la soluzione di problematiche psicologiche sino a che, l’interpretazione stessa, non è divenuta il più importante strumento in mano allo psicologo. Secondo Freud, i sogni sono l’appagamento mascherato di un desiderio sessuale rimosso. Difatti, tali desideri (contenuti latenti), essendo incompatibili da un punto di vista etico e sociale, riescono ad emergere nei sogni soltanto in forma alterata, attraverso cioè tutte quelle bizzarre immagini e situazioni che ci ricordiamo al momento della veglia (contenuto manifesto). Di diverso avviso è l’impostazione teorico-clinica di Carl GustavJung e scopo del presente lavoro è quello di seguirne lo sviluppo. Si può osservare, in tal modo, come già dai primi scritti sull’argomento del periodo sperimentale (1906-1911), seppure vicino all’impostazione freudiana, Jung considerasse l’inconscio meno soggetto alla pulsione sessuale e come facesse ricorso a concetti autonomi, quali i complessi a tonalità affettiva. In seguito alla successiva rottura con Freud, cogliendo nel sogno la funzione compensatoria svolta dall'inconscio nei confronti dell'atteggiamento cosciente, si evidenzia nelle sue prime elaborazioni originali (1912-1920) la necessità di indagare il fenomeno onirico anche con un orientamento in senso finalistico, mentre nella successiva fase di elaborazione (1924-1930) oltre ad approfondire ulteriormente la funzione compensatoria, valuta i sogni come fenomeni naturali che sono proprio ciò che rappresentano. Si arriva così alle sue formulazioni più mature (1931-1948), nelle quali Jung distingue tra “grandi” e “piccoli sogni”, utilizzando il concetto di “amplificazionea proposito di analisi dei sogni.

 

LA FASE SPERIMENTALE
(1900-1911)

 

L’interesse per il fenomeno onirico ha catturato l’attenzione di Jung sin dall’inizio della sua attività professionale: “ Fin dal principio della mia carriera psichiatrica gli studi di Bleuler e Freud insieme ai lavori di Pierre Janet mi stimolavano molto. Più di tutto mi furono d’aiuto per la comprensione delle manifestazioni della schizofrenia le tecniche freudiane dell’analisi e dell’interpretazione dei sogni […] Ciò che principalmente mi interessava era l’applicazione ai sogni del concetto di ‘meccanismo di rimozione’, derivato dalla psicologia delle nevrosi. Per me era una cosa importante perché avevo spesso incontrato la rimozione nei miei esperimenti eseguiti con l’associazione di parole ” [Jung, 1961, p.187-188]. Seppure è evidente da queste parole il contributo della psicoanalisi e l’iniziale accettazione della distinzione tra contenuto manifesto e contenuto latente, come si vedrà meglio in seguito Jung mostrerà altrettanto precocemente approcci autonomi e svincolati: l’importanza della teoria dei complessi e l’idea di un inconscio meno soggetto alla rimozione e all’etiologia sessuale, costituiranno elementi innovativi ed originali rispetto al metodo freudiano. Al riguardo, particolarmente importante appare una testimonianza presente nelle Lectures del 1931 [Jung, 1976], dove Jung sostiene che già nel 1904 aveva scritto una lettera a Freud, nella quale osservava come non tutti i sogni fossero da considerare come prodotto della rimozione di un desiderio e che l’intera produzione onirica potesse invece essere concepita come espressione autonoma dell’inconscio.
In Ricordi, sogni, riflessioni il maestro zurighese scrive di aver letto L’interpretazione dei sogni di Freud già nel 1900 ma di averne riscoperto l’importanza soltanto qualche anno più tardi ed anche nella sua tesi di laurea ( pubblicata nel 1902 con il titolo Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti ) fa ricorso alla teoria freudiana sul sogno, senza però entrarne specificatamente nel merito. Dal 1904 Jung inizia in maniera sistematica una serie di esperimenti associativi, portati avanti anche nel periodo in cui lavorava all’ospedale psichiatrico del Burghölzli. Dichiaratamente svolti per fornire un metodo più scientifico a sostegno delle osservazioni freudiane, attraverso tali esperienze aveva notato che chiedendo ai pazienti di rispondere ad una parola-stimolo, a volte o non aveva risposta associativa oppure l’aveva con un tempo di reazione molto lungo.
Si poteva altresì osservare come le risposte conseguite avessero caratteristiche tali da poter essere accomunate in una formazione unitaria sottostante, cui Jung diede il nome di complesso a tonalità affettiva o più semplicemente complesso: “ Anche se il retroterra da cui nacque il concetto di ‘complesso’ si può far risalire a Wundt e alla psicologia sperimentale, esiste una virata significativa che costituisce il fondo solido dell’originalità del pensiero junghiano rispetto tanto alla psicologia sperimentale quanto alla psicoanalisi: le risposte ‘abnormi’ al reattivo verbale rispetto all’aspettativa di media probabile non vengono registrate come ‘errori di reazione’ bensì come indicatori di complesso, cioè il metodo è disturbato dal comportamento svincolato di una parte della psiche che tende a seguire una sua propria strada” [Iapoce, 1997, p. 29].
Gli elementi della vita psichica, infatti, sono organizzati in unità minime, i complessi per l’appunto, le più piccole strutture della psiche concepibili che presentano una tonalità affettiva coerente ed uniforme. Per rendere più agevole il concetto, Jung cita [Jung, 1907] l’esempio dell’incontro con un vecchio amico, che in passato ha causato una situazione spiacevole: la percezione sensoriale (l’immagine dell’amico) e le componenti intellettuali ( ad esempio, il giudizio sull’amico o i ricordi ) si uniscono saldamente con i sentimenti che si provano per quella persona, in modo tale che si può affermare che il complesso ha una sua “tonalità affettiva”. Distinguendo inoltre tra il complesso primario, il complesso dell’Io, e tutti gli altri complessi secondari (che si differenziano dal primo per il minor grado di consapevolezza), il loro fondamentale carattere autonomo si esprime in rappresentazioni che appaiono all’Io nella forma di una relativa estraneità: “ Potrebbe trattarsi di fenomeni in un dato momento del tutto inconsci all’Io o a questo presenti con vari gradi di consapevolezza: per esempio, l’Io potrebbe avvertire una difficoltà di attenzione, o sentirsi costretto a compiere azioni contro la propria volontà o delle quali non comprende il significato, e così via. Insomma, posto di fronte ai fenomeni complessuali, il nostro Io deve rendersi conto che non li ha voluti, non lì può controllare, non li può utilizzare a proprio piacimento, che li può solo, non sempre e talora con estrema fatica, reprimere parzialmente” [Ruberto, 1995, p. 138]. Accanto all’autonomia, i complessi presentano anche la proprietà dell’automatismo del comportamento, manifestato nell’impulsività, nell’immediatezza e nella mancanza di capacità riflessive; e postulare l’autonomia e l’automatismo complessuale, consente una concezione della psiche di fondamentale importanza: “Oggi sappiamo tutti che ‘abbiamo dei complessi’. Che invece i complessi abbiano noi è cosa meno nota, ma dal punto di vista teorico ancora più importante. L’ingenua premessa dell’unità della coscienza, la quale viene identificata con la ‘psiche’, e della supremazia della volontà, è infatti posta seriamente in dubbio dall’esistenza del complesso.” [Jung, 1934, p. 112]. Vale la pena aggiungere come già nel 1905, Jung fosse dell’avviso che il concetto della rimozione in Freud avesse il carattere di un’operazione attiva della coscienza, mentre in realtà sembrava essere un meccanismo più inconscio, cui solo indirettamente si poteva attribuire il carattere di qualcosa di voluto o di desiderato [Jung, 1905].
Sulla scia di questi concetti, nel 1906 Jung pubblica il lavoro Associazione, sogno, sintomo isterico [Jung, 1906]; applicando congiuntamente il metodo degli esperimenti associativi e l’analisi dei sogni al caso di una ragazza isterica di ventiquattro anni, egli giunge alla conclusione che il sogno e i sintomi isterici hanno la medesima radice nel complesso, scoperto mediante le associazioni: “Apprendiamo così che i medesimi complessi costellano sia l’associazione della vita vigile che i sogni ” [Jung, 1906, p. 249] ed il complesso scoperto mediante le associazioni è la radice sia dei sogni che dei sintomi isterici.
La sua prima opera specifica dedicata ai sogni è però il lavoro del 1909 L'analisi dei Sogni, la cui stesura coincide col periodo della stretta ed entusiastica collaborazione con Freud. Tra le pagine del testo appare evidente come l'adesione alla impostazione freudiana de L'interpretazione dei Sogni sia ancora forte, tanto da far scrivere a Jung di voler esser un semplice illustratore del pensiero del maestro viennese. Secondo Jung “ il sogno non è affatto un confuso miscuglio di associazioni casuali e assurde, come si ritiene generalmente, e neppure una semplice conseguenza di stimoli somatici durante il sonno, come molti credono, ma un prodotto autonomo e significativo dell’attività psichica e, come tutte le funzioni psichiche, è suscettibile di un’analisi sistematica ” [Jung, 1909, p. 41]. Nonostante l’apparente incoerenza e oscurità nella sequenza delle immagini oniriche (“contenuto manifesto”), dunque, il sogno viene considerato come una creazione psichica dotata di significato dietro la cui facciata si nasconde il “contenuto latente”, ovvero il pensiero segreto del sogno; e per spiegare il contenuto latente del sogno, Jung si richiama proprio al potere costellante dei complessi, “gli ardenti desideri dell'anima“.
Occupandosi in questo lavoro anche di aspetti concernenti la pratica stessa della psicoanalisi, Jung ci ricorda che nel momento in cui si lavora su un sogno non complicato, rivolgere al sognatore alcune semplici domande può esser sufficiente a condurre al disvelamento del complesso che lo ha provocato e a render quindi possibile l'interpretazione del sogno. Ma nei casi in cui il paziente oppone delle resistenze, è necessario far ricorso al metodo psicoanalitico, un valido strumento, scrive Jung, elaborato da Freud per superare le più tenaci resistenze: si sceglie una parte significativa del sogno e poi si invita il paziente ad associare liberamente, cioè a dire con franchezza qualunque cosa gli venga in mente in connessione a quella parte del sogno, evitando nel contempo ogni selezione critica: “ Il metodo psicoanalitico rappresenta un notevole aiuto non solo per comprendere i sogni, ma anche per capire l’isteria e la maggior parte delle più importanti malattie mentali […] Sono convinto che lo studio di questo metodo sia estremamente importante non solo per gli psichiatri e i neurologi, ma anche per gli psicologi ” [Jung, 1909, p. 49]. 
Ma il 1909 è un anno fondamentale anche perché proprio durante quel lasso di tempo, si acuiscono le differenze teoriche che in seguito saranno all'origine dell'articolarsi dei due principali orientamenti della psicoanalisi. In quel periodo, infatti, la Clark University di Worcester invitò sia Freud che Jung a tenere un ciclo di conferenze negli Stati Uniti e durante il lungo viaggio in nave, i due studiosi si analizzavano reciprocamente i loro rispettivi sogni. Quando fu Jung a raccontare un proprio sogno a Freud, questi si concentrò esclusivamente sul significato simbolico di alcuni teschi che mostravano per lui segreti desideri di morte, interpretazione giudicata restrittiva dallo psicologo svizzero. Nel momento in cui fu Freud a riferire un suo sogno, Jung osservò che lo si sarebbe compreso meglio se avesse fornito alcuni particolari sulla sua vita privata: “ A queste parole Freud mi guardò sorpreso, con uno sguardo carico di sospetto, poi disse: ‘Non posso mettere a repentaglio la mia autorità!’.  La perse in quel momento. Quella frase si impresse come un marchio indelebile nella mia memoria, e in essa vi era già un preannuncio della fine della nostra amicizia ” [Jung, 1961, p. 200].
Nel saggio dell'anno successivo Sul significato dei sogni di numeri  [Jung, 1910/11], occupandosi delle radici inconsce del simbolismo numerico nei sogni, Jung scrive che non essendoci nulla di fondamentalmente nuovo in questo campo dopo le ricerche di Freud, Adler e Stekel, ci si deve accontentare di corroborare la loro esperienza con l'esposizione di casi paralleli. Riaffermato dunque il concetto di censura e di desideri rimossi, l’immagine di un fico sterile che compare nel sogno di una donna è un’ovvia allusione ai genitali sterili del marito.
Nel successivo saggio del 1911 Recensione critica a Morton Prince: II meccanismo e l'interpretazione dei sogni, alle obiezioni sollevate dallo psichiatra statunitense secondo il quale il sogno non sarebbe sempre la realizzazione di un desiderio inconscio, Jung difende con molta vivacità proprio la fondatezza scientifica del metodo freudiano, affermando come sia altamente probabile la presenza in un sogno di un desiderio erotico e di quanto estremamente improbabile sia la sua assenza.
Per inserire il tutto in un contesto più ampio, è utile però ricordare come l'anno precedente Freud avesse designato alla guida della Società Psicoanalitica Internazionale proprio Jung, redattore inoltre dello Jahrbuch fur psychoanalytische und psychopathologische Forschungen [Annali di Studi psicoanalitici], su cui questa stessa recensione a Morton Prince apparve. L'adesione alle dottrine di Freud sembra essere apparentemente priva di riserve; eppure, nello stesso volume dello Jahrbuch in cui compare questo saggio, viene pubblicata anche la prima parte di Wandlungen und Symbole der Libido [Libido. Simboli e trasformazione], il lavoro che segna il distacco umano e professionale da Freud.

 

PRIME ELABORAZIONI ORIGINALI
(1912-1920)

Le prime elaborazioni originali sul fenomeno onirico in Jung, trovano l’avvio durante gli anni della sua vita nei quali ha avuto inizio la rottura ed il successivo distacco da Sigmund Freud. Furono quelli, anni di solitudine e grande disorientamento nei quali Jung vive un confronto diretto con l’inconscio, dal quale riemerge elaborando una propria psicologia .
E’ nel 1912 che ha inizio il raffreddamento dei rapporti con Freud, proseguito al congresso dell'Associazione Psicoanalitica svoltosi a Monaco nell'agosto del 1913. Nell'ottobre successivo Jung si dimette dalla carica di direttore dello Jahrbuch e nell’aprile del 1914 da quella di presidente dell'Associazione, per uscire definitivamente dal movimento psicoanalitico. Durante questo delicato lasso di tempo, ne La Libido. Simboli e trasformazione del 1912, oltre a riferirsi alla potenza preveggente di combinazioni subliminali e al significato dei sogni profetici, Jung descrive la coesistenza di due forme del pensare: il pensare indirizzato cosciente, che assolve ad una funzione di comunicazione e adattamento, e il pensare non indirizzato, soggettivo, un prodotto spontaneo guidato per associazioni da motivi inconsci. Mentre il primo riproduce la successione delle cose oggettivamente reali nel secondo “ la sostanza di questo pensare che si allontana dalla realtà può dunque essere soltanto il passato con le sue migliaia di immagini mnemoniche. Il linguaggio comune chiama ‘sogni’ questi pensieri ” [Jung, 1912, p. 17]. Proprio in quest’ultima forma del pensare, dunque, Jung inscrive il sogno, il mito e le fantasie concernenti il passato e il futuro. Sostenendo l’affinità tra sogno e mito, secondo lo psichiatra svizzero le premesse inconsce dei sogni non sono da ricercare nelle reminescenze infantili, bensì in forme di pensiero primitive o arcaiche basate su istinti. Già da queste prime formulazioni, risulta evidente come Jung inizi a discostarsi profondamente dalla visione causalistica e deterministica dell’approccio freudiano ed in maniera più chiara, la nuova prospettiva viene ripresa nelle Nove conferenze sulla teoria psicoanalitica tenute nel 1912 alla Fordham University di New York [Jung, 1913]. Criticando il metodo storico causalistico, Jung introduce a necessario completamento dell’analisi del materiale inconscio la funzione prospettica e il significato teleologico del sogno messo in rilievo da Alphonse Maeder . L’approccio psicoanalitico, sostiene Jung, non ricorre esclusivamente al metodo della determinazione storica, ma si avvale dell’ausilio della funzione prospettica al fine di elaborare “tendenze future” del paziente. La funzione prospettica del sogno, lungi dal voler attribuire al fenomeno onirico una preveggenza a carattere profetico, adombra delle realtà che potenzialmente potrebbero emergere nel prossimo futuro ma che sono ancora impercettibili alla coscienza. L’introduzione della componente finalistica del sogno, rivela invece tutta la sua portata psicologica soprattutto nella fase di risoluzione della traslazione: “ In questo secondo stadio dell’analisi con i suoi scogli e suoi abissi nascosti, dobbiamo moltissimo all’analisi dei sogni. Se all’inizio i sogni ci sono serviti principalmente per guidarci nella scoperta delle fantasie, qui il loro aiuto è preziosissimo nell’indicarci la strada per l’impiego della libido ”[Jung, 1913,  p. 218].
Nel 1916 esce a Londra Collected Papers on Analytical Psychology, volume che raccoglie i più importanti scritti junghiani apparsi fino allora su diverse riviste, oltre ad alcuni inediti saggi. Nella prefazione al volume, Jung si riferisce alla Scuola zurighese di psicoanalisi, il cui metodo si distingue da quello della Scuola di Vienna per essere non solo “ analitico e causale, ma sintetico e prospettico, poiché riconosce che lo spirito umano è caratterizzato sia da fines (fini) che da causae (cause)” [Jung, 1916/48, p. 314]. Uno dei saggi più importante presente in Collected Papers è La Psicologia dei Sogni, revisionato nel 1928 e la cui versione ampliata e definitiva verrà pubblicata nel 1948 con il titolo Considerazioni generali sulla psicologia del sogno. L’analisi del sogno, come per qualsiasi altro materiale inconscio, utilizza un doppio criterio di indagine: il punto di vista causale che si rivolge ai contenuti psichici precedenti, ed il punto di vista finalistico che prende in considerazione la immanente tendenza ad un fine di ogni fenomeno psichico e soltanto l’unificazione di questi due punti di vista può darci una comprensione più completa della natura del sogno.
Alla concezione causale, dunque, Jung affianca la prospettiva finalistica che non nega le cause, bensi utilizza il medesimo materiale da un punto di vista differente: “ La considerazione finalistica del sogno che io contrappongo alla concezione freudiana significa, intendo affermarlo esplicitamente, non una negazione della causae del sogno, ma una diversa interpretazione dei materiali raccolti in riferimento al sogno. I fatti, cioè i materiali, restano i medesimi; quello che cambia è il metro con il quale si misura” [ Jung, 1916/48,p. 261]. Oltre a ciò, Jung scopre che certi sogni assolvono a una funzione equilibratrice, creando una sorta di bilanciamento psicologico nei confronti della coscienza. E’ possibile dunque scorgere nel sogno una funzione compensatricesvolta dall'inconscio nei confronti dell'atteggiamento conscio, nel senso che quei pensieri e quei vissuti sottovalutati nella vita cosciente, si presentano spontaneamente durante il sogno, quando l'attività della coscienza è in larga misura eliminata: “ E come nel processo cosciente della riflessione è indispensabile, per trovare la giusta soluzione, chiarirci tutti gli aspetti e tutte le conseguenze possibili di un problema, così questo processo prosegue automaticamente anche nello stato di sonno più o meno cosciente, ossia là dove - così sembra stando alle esperienze di cui disponiamo a tutt’oggi - affiorano a chi sogna, se non altro per allusioni, tutti i punti di vista che durante il giorno sono stati considerati troppo poco o non lo sono stati affatto, cioè quei punti di vista che erano relativamente inconsci” [Jung, 1916/48, p. 263]. Il sogno è quindi per Jung essenzialmente un messaggio, una comunicazione della sfera conscia con quell’inconscia in base al principio della “compensazione”; l’inconscio, in pratica, produrrebbe simboli diretti alla compensazione dell’unilateralità delle tendenze dell’Io, in modo da integrare sempre più i contenuti rimossi e quelli tenuti costantemente fuori dalla coscienza durante la veglia, per giungere così ad un superiore livello di equilibrio del sistema psichico dell’individuo: “ L’osservatore attento scopre […] che dopo tutto, il sogno non è completamente avulso dalla continuità della coscienza, poiché si possono rintracciare in quasi tutti i sogni determinati particolari che provengono da impressioni, pensieri, stati d’animo del giorno o dei giorni precedenti. In questi limiti esiste quindi una certa continuità, rivolta prevalentemente all’indietro. Non sarà certo sfuggito a nessuno [...] che il sogno possiede anche una continuità rivolta in avanti, se ci si consente l’espressione, poiché a volte i sogni provocano effetti notevoli sulla vita psichica cosciente, anche in persone che non possiamo definire superstiziose o particolarmente fuori dalla norma ” [Jung, 1916/48, p. 255].
Altro argomento presente nel libro, è poi quello del simbolismo onirico, la cui valutazione varia a seconda che lo si consideri dal punto di vista della causalità o dal punto di vista della finalità. Il punto di vista causale tende all'uniformità dei significati, cioè ad attribuire ai simboli un significato fisso; schematicamente, cioè, tende a considerare tutti gli oggetti oblunghi che compaiono nei sogni come simboli fallici, e tutti gli oggetti rotondi o cavi come simboli femminili. Il punto di vista finalistico, invece, non riconosce alcuna valenza costante ai simboli, poiché la significatività dei sogni sta appunto nella diversità delle espressioni simboliche, ciascuna delle quali ha un suo significato distinto. E se è vero, come osserva Jung, che a seconda del punto di vista adottato cambia sostanzialmente il significato dei sogni, l'interpretazione migliore si avrà solamente dalla complementarietà dei due approcci, poiché soltanto una combinazione dei punti di vista può darci una più completa comprensione della natura dei sogni. La stesura del 1916 si conclude poi con un confronto tra sogni tipici e motivi tipici presenti nelle manifestazione oniriche. Mentre Freud parla di sogni tipici, seppur ammettendo che essi esistano, per Jung è invece più importante sottolineare la presenza di motivi tipici, cioè contenuti simili che compaiono in innumerevoli miti di tutte le età e di tutti i paesi. Nel corso della sua esperienza personale e clinica, infatti, lo psicologo svizzero costatò come alcuni contenuti e prodotti simbolici fossero presenti in tutti gli uomini al di là della diversa cultura, deducendone che dovevano necessariamente appartenere alla struttura fisica e mentale stessa dell'essere umano. Secondo Jung ciò è spiegabile poiché, oltre ai contenuti dell'inconscio personale, vi sono tutta una serie di rappresentazioni che non sarebbero mai potute derivare da esperienze personali bensì da sorgenti e strati mentali molto più arcaici, quali quelli degli antenati, dei primitivi e nelle esperienze della razza. Sorgenti e strati mentali arcaici che costituiscono l’inconscio collettivo: “ Ho scelto l’espressione ‘collettivo’ perché questo inconscio non è di natura individuale, ma universale e cioè, al contrario della psiche personale, ha contenuto e comportamenti che ( cum grano salis ) sono gli stessi dappertutto e per tutti gli individui ” [Jung, 1934/54, p. 3]. L’inconscio collettivo, comune all'umanità intera, è retto da archetipi, intesi come funzioni inconsce innate presenti in tutti gli uomini, i quali, modellando le esperienze esterne, danno luogo ad immagini (immagini archetipiche) dotate di forza e di significato specifici. A questo punto una precisazione è d’obbligo: Jung non sostiene che queste idee e immagini siano trasmesse come tali, ma che lo siano le loro potenzialità. L’autore, infatti, distingue tra “archetipo”, che è la potenzialità psichica universale ed innata, e l’“immagine archetipica” che invece designa tutte quelle immagini che hanno caratteristiche soggettive e che variano da persona a persona: “ Mi accade continuamente di imbattermi nell’equivoco secondo cui gli archetipi sarebbero contenutisitcamente determinati, sarebbero cioè una sorta di ‘rappresentazioni’ inconsce. Devo perciò ancora una volta sottolineare che essi non sono determinati dal punto di vista del contenuto, bensì soltanto in ciò che concerne la forma, e anche questo in misura assai limitata. Che un’immagine primordiale sia contenutisticamente determinata lo si può dimostrare solo quand’è divenuta cosciente e si è perciò arricchita del materiale dell’esperienza cosciente […] L’archetipo è in sé un elemento vuoto, formale, nient’altro che una facultas praeformandi, una possibilità data a priori della forma di rappresentazione. Ereditarie non sono le rappresentazioni, bensì le forme, che sotto quest’aspetto corrispondono agli istinti, anch’essi determinati nella forma soltanto ” [Jung, 1954, p. 81].
Occupandosi inoltre della psicologia dei primitivi, nella conferenza tenuta a Londra nel 1919 e pubblicata nel 1920 con il titolo I fondamenti psicologici della credenza negli spiriti, Jung osserva come “ per il primitivo certi sogni hanno, com’è noto, un valore incomparabilmente più alto che per l’uomo civilizzato Non soltanto il primo parla molto dei suoi sogni, ma questi sono anche così significativi per lui ch’egli sembra spesso quasi incapace di distinguerli dalla realtà ” [ Jung, 1920/48, p. 325].

 

LA FASE DI ELABORAZIONE
(1924-1930)

Gli anni che vanno dal 1924 al 1930, costituiscono una fase estremamente importante nell’elaborazione del pensiero junghiano riguardo la teoria e la pratica del fenomeno onirico. Difatti, è nella conferenza tenuta a Londra nel 1924, durante il Congresso Internazionale dell’Educazione, che Jung si avvicina ad un orientamento più organico sulla natura e il significato dei sogni. In campo clinico, inoltre, per lo psichiatra svizzero i sogni debbono essere trattati alla stregua di manifestazioni naturali, poiché essi: “ non sono invenzioni intenzionali e volontarie, ma fenomeni naturali che sono proprio ciò che rappresentano. Essi non ingannano, non mentono, non falsificano, non nascondono nulla, ma enunciano ingenuamente ciò che essi sono e ciò che essi intendono [...] Non ricorrono ad artifizi per celarci qualcosa, ma dicono ciò che forma il loro contenuto, nel modo più chiaro possibile [...] La loro incapacità di essere ancora più chiari corrisponde all'incapacità della coscienza di comprendere il problema di cui essi trattano ” [Jung, 1924, p. 58]. Jung prosegue osservando come una interpretazione riuscita riconosce all’immagine del sogno la sua qualità di fenomeno naturale e perciò vi si attiene, amplificando quella stessa immagine fino ad ottenere una visione più generale. In aggiunta a questi concetti, tornando sulla funzione compensatoria, egli scrive che contrariamente all'opinione di Freud che vede nei sogni soddisfazione di desideri, “la mia esperienza dei sogni mi fa pensare che si tratti più probabilmente di una funzione di compensazione [...] Se chiamo compensatori i sogni, è perché essi contengono quelle immagini, quei sentimenti e quei pensieri, l'assenza dei quali crea nella coscienza una lacuna riempita di paura anziché di comprensione ” [Jung, 1924, p. 54-55]. Non va dimenticato, inoltre, che un’attenta analisi del punto di vista cosciente del sognatore è di fondamentale rilevanza, poiché solo la conoscenza di tali presupposti rende possibile comprendere appieno la funzione compensatoria svolta dal sogno.
Sul versante dell’interpretazione più specifica, invece, l’analista ha a sua disposizione la possibilità di utilizzare due differenti approcci fondamentali: il metodo costruttivo o sintetico, va preso in considerazione quando c’è un Io sufficientemente forte che richiede, però, un ulteriore raffinamanto, recuperando in senso produttivo quelle tendenze inconsce che erano state ignorate o svalutate dalla coscienza. Inoltre, tale metodo “ concerne la elaborazione di prodotti inconsci (sogni, fantasie). Considera il prodotto inconscio una espressione simbolica, che rappresenta, anticipandolo, un ‘pezzo’ dello sviluppo psicologico. In merito Maeder parla di una vera e propria funzione prospettica dell’inconscio che in qualche modo anticipa il futuro sviluppo psicologico […] Quindi non prende in considerazione la provenienza delle libere idee confluite nel prodotto inconscio, ma cerca di scoprire il loro orientamento, lo scopo cui tendono ” [Jung, 1921, p. 336].  Il cosiddetto metodo riduttivo, invece, viene applicato dal terapeuta in presenza di “illusioni”, “finzioni” o “esagerazioni” [Jung, 1924], o quando sia necessario “intaccare” una configurazione psichica morbosa: “ Il metodo reduttivo tratta il prodotto inconscio nel senso di una reduzione, di una riconduzione agli elementi, ai processi fondamentali, siano essi ricordi di fatti realmente avvenuti o processi elementari che hanno impressionato la psiche. Quindi, al contrario del metodo costruttivo, il metodo reduttivo guarda indietro, è orientato retrospettivamente: o nel senso storico o in quello traslato della riconduzione di una grandezza complessa e differenziata a qualcosa di più generale e di più elementare. Sia il metodo interpretativo di Freud che quello di Alder sono reduttivi, in quanto riconducono entrambi a processi elementari, improntati al desiderio o alla aspirazione, in ultima istanza di natura infantile o fisiologica ” [Jung, 1921, p. 371]. La scelta per l'uno o per l'altro di questi due metodi, è riservata di volta in volta all'esperienza dell'analista, in base alla conoscenza che egli ha del carattere e della situazione dei diversi stati di coscienza del paziente. Per risultare efficace, inoltre, l’interpretazione necessita del coinvolgimento di vari aspetti della personalità e della sensibilità dell’analista poiché “ ci vuole anche sentimento perché in caso contrario i valori di sentimento del sogno, che sono oltremodo importanti, sfuggono. E senza questi l’interpretazione è impossibile. Visto che il sogno viene fatto dalla totalità dell’uomo, anche la persona che deve interpretarlo deve venirgli incontro con la sua totalità di qualità umane […] La ragione e la scienza devono essere presenti, ma non devono farsi innanzi per ricacciare indietro il cuore, il quale, a sua volta, non deve soccombere ai sentimenti ” [Jung, 1924, p. 62] .
Per quanto concerne il simbolismo onirico, riconoscendo che oramai non è più lecito cavarsela con interpretazioni sessuali ricche di immaginazione, Jung ci ricorda come il simbolismo del sogno ha, innanzi tutto, carattere personale e può essere chiarito solamente mediante le associazioni del paziente: “Una interpretazione che non faccia i conti col paziente non è raccomandabile, benché, almeno per quanto riguarda determinati simbolismi, essa non sia impossibile. Per stabilire però il significato esatto e l'accentuazione personale di un sogno è indispensabile la collaborazione del sognatore. Le immagini oniriche hanno molte possibilità d'interpretazioni diverse e non ci si può fidare che in un altro sogno o in un'altra persona abbiano lo stesso significato […] Una certa costanza di significato è riscontrabile unicamente nelle cosiddette immagini archetipe” [Jung, 1924, p. 62]. Nel 1928, ampliando un articolo apparso nel 1916 con il titolo La struttura dell’inconscio, Jung pubblica L’Io e l’inconscio nel quale affronta le relazioni dinamiche tra l’Io e l’inconscio con il relativo concetto del processo di individuazione.
Tra il novembre del 1928 e il giugno del 1930, presso il Club psicologico di Zurigo, Jung tiene cinquantuno sedute seminariali, presentendo il caso clinico di un proprio paziente. Raccolte nel lavoro Analisi dei Sogni [Jung, 1928/30], esse risultano essere la trascrizione più fedele di discussioni sul sogno e sui sogni . Un aspetto importante contenuto nel libro è costituito dal fatto che la relazione tra analista e paziente debba basarsi sul concetto del “non sapere”, poiché solo in tal modo entrambi saranno pronti ad accettare i fatti imparziali della natura.  Inoltre, è certamente vero che si spiegano i sogni sulla base di una certa teoria, ma se l’interpretazione è sbagliata sarà proprio l’effetto di essa sul paziente a dimostrarlo, poiché non si può nutrire una persona con un “veleno psichico” e aspettarsi che esso venga assimilato. 
Come scrive A. Iapoce “Se non si può predeterminare il significato di un sogno in base a una certa dottrina, ma, nello stesso tempo, se si parte dal presupposto teorico che il sogno abbia un significato, come concilia Jung questa opposizione? L’enunciato minimo del non sapere, che rimanda al concetto diinconscio in quanto causa del sogno e causa del sintomo nevrotico, contiene in sé la possibilità della conoscenza e apre lo spiraglio verso la cura [...] Allorché il non sapere si sposta dal terreno del sintomo a quello del sogno, emerge la possibilità per l’assimilazione di cose non digerite e questo rappresenta un tentativo salutare. Solo se i contenuti psichici sono assimilati dalla coscienza, può cessare la stranezza e l’incomprensibilità del sogno (o del sintomo) e la sequenza da irrazionale può divenire una sequenza causale ”[Iapoce, 1997, p. 97]. II sogno, dunque, in questi seminari è presentato principalmente come un tentativo di assimilazione di contenuti psichici non ancora elaborati; e se un fatto viene accettato, viene anche assimilato, poichè “ lo aggiungo alla mia costituzione mentale e psicologica; normalizzo la mia costituzione inconscia, assimilando fatti ” [Jung, 1928/30, p. 66]. A proposito del problema dell'assimilazione, inoltre, Jung sostiene anche una possibilità di relazione e di scambio di contenuti tra la psiche dei genitori e quella dei figli poiché i bambini, in altre parole, potrebbero assorbire i problemi inconsci dei genitori .
Per concludere, durante questi seminari Jung affronta inoltre il concetto di “sincronicità” ; affermando che siamo mossi dai sogni e che essi si esprimono attraverso noi, egli osserva che non si può fare a meno di rilevare la singolare esistenza di coincidenze significative tra sogni e fatti reali, coincidenze che sarebbe assurdo interpretare in senso causale o come un effetto diretto del sogno.

 

 

LA FORMULAZIONE PIÙ' MATURA
(1931-1948)

E’ mia opinione che con il saggio del 1931 L'applicabilità pratica dell'analisi dei sogni [Jung, 1931/34] il pensiero junghiano raggiunge la sua più ampia autonomia e maturità. Se l’utilità pratica dei sogni nel processo terapeutico, ci ricorda Jung, è intimamente legata all’ammissione dell’ipotesi dell’esistenza dell’inconscio, in mancanza di una tale ammissione, il sogno non sarebbe che “ uno scherzo della natura […] un assurdo conglomerato di resti diurni” [Jung, 1931/34,p. 151]. Nel libro, inoltre, Jung afferma che i sogni, e in special modo quelli iniziali, rivelano spesso il fattore etiologico essenziale; ma, aggiunge prontamente, è altresì vero che vi sono innumerevoli sogni iniziali dove tale fattore non si può rintracciare, così come vi sono nevrosi la cui vera etiologia può essere compresa solo a distanza di tempo. In questo lavoro, inoltre, viene sottolineato ancora una volta come il principio della compensazione sia la regola fondamentale del comportamento psichico poiché: “ La vita psichica, quale sistema autoregolantesi, è equilibrata come la vita del corpo, cosicché per ogni iperfunzione si determinano tosto e necessariamente delle compensazioni: senza di ciò non potrebbe esistere né un normale ricambio organico né una psiche normale” [Jung, 1931/34, p. 164]. Dopo una certa chiarezza iniziale, inoltre, con il proseguire della terapia i sogni si fanno meno trasparenti; in realtà i sogni continuano ad essere chiari ma è il medico che comincia ad essere “confuso” riguardo agli stessi. Di fronte a situazioni del genere è importante, da un punto di vista terapeutico, che il medico riconosca prontamente la propria incomprensione, perché l'impressione di esser sempre compreso risulta dannosa al paziente, in quanto lo pone in una posizione di passività e di dipendenza nei confronti dei poteri magici del medico. Nel suddetto saggio, Jung utilizza il termine contesto, chiarendo in tal modo la sua posizione rispetto al metodo delle libere associazioni freudiane “ [Quando dico stabilire con cura il contesto], non intendo con ciò una serie illimitata di ‘libere associazioni’ a partire dalle immagini del sogno, ma un accurato e consapevole chiarimento di qui legami associativi che sono obiettivamente raggruppati in un’immagine onirica ” [Jung, 1931/34, p. 160].  Per Jolanda Jacobi, esso è  “ un lavoro associativo limitato e diretto, che ritorna sempre al nucleo significativo del sogno e girandogli attorno lo vuole scoprire ”[Jacobi,1939, p. 105], e Gerhard Adler aggiunge “ che mentre la psicanalisi ricorre alla associazione libera, la psicologia analitica si serve di un tipo di associazione che potremmo chiamare ‘sorvegliata’ o ‘circolare’  […] Invece di una catena di associazioni in linea retta, prolungantesi indefinitamente, l'associazione ‘sorvegliata’ effettua, per così dire, un movimento circolare attorno ai diversi elementi del sogno ” [Adler, 1948, p. 46-47]. E' estremamente difficile, inoltre, che un sogno, preso singolarmente, possa venire interpretato con una qualche attendibilità, e “ una relativa sicurezza si ottiene invece con una ‘serie di sogni’, giacché allora i sogni successivi rettificano gli errori d’interpretazione dei precedenti, e nella serie complessiva di sogni i contenuti e motivi fondamentali si lasciano meglio individuare ”  [Jung, 1931/34, p. 161]. Nell’esposizione introduttiva presente in Children’s dreams [Jung, 1936/40], Jung considera una “serie di sogni” particolarmente indicata non soltanto a controllare le ipotesi interpretative o a correggere eventuali errori, ma anche in tutti quei casi in cui non è possibile avere dal sognatore gli elementi sufficienti alla comprensione del sogno, come appunto nell’interpretazione dei sogni dei bambini. Nella serie di sogni, per di più, si può osservare come essi siano coerentemente collegati l’uno con l’altro, manifestando la tendenza ad approfondire particolari significati da differenti prospettive e muovendosi intorno ad una sorta di nucleo centrale: “ Quando indaghiamo una serie di sogni, spesso troviamo conferma o correzioni sulle nostre ipotesi iniziali nei sogni successivi. Nella serie di sogni, i sogni sono collegati gli uni agli altri in modo significativo, come se essi cercassero di dare espressione ad un contenuto centrale da diverse angolazioni ” [Jung, 1936/40, p. 3, traduzione mia]. Più specificatamente, nel lavoro L’Essenza dei sogni, Jung sostiene che osservando attentamente una serie di sogni, si osserva il manifestarsi di una tendenza profonda e significativa, un processo evolutivo: “ Questo processo inconscio, che si esprime spontaneamente nella simbologia di lunghe serie di sogni, l’ho definito col nome di ‘processo di individuazione’ ” [Jung, 1945/48, p. 312].
Nel saggio Psicologia e Alchimia [Jung, 1942], viene utilizzato il concetto dell’amplificazione, vale a dire l’approfondimento di un’immagine onirica per mezzo di similitudini e analogie tratte dalla vita culturale dell'umanità intera, ovvero dai miti, dalle leggende, dal folclore, dalle espressioni religiose dei vari popoli: “ L'amplificatio è sempre indicata quando si tratti di un'esperienza oscura, i cui vaghi accenni,  devono essere dilatati e ampliati da un contesto psicologico per divenire comprensibili. Per questa ragione, nella psicologia complessa anche noi ricorriamo all’amlificatio per l’interpretazione dei sogni: perché il sogno è una traccia troppo esigua per poter essere compresa tal quale; deve essere arricchita e rinsaldata da materiale associativo e analogico per poter essere compresa ” [Jung, 1944, p. 281]. 
Importante è poi il lavoro Considerazioni generali sulla psicologia del sogno [Jung, 1916/48], comprendente il saggio del 1916 La psicologia dei sogni e successivamente ampliato con i contributi del 1928 e del 1948. Come scrive Jung, è bene tenere a mente come il fenomeno onirico sia un sorta di “teatro” in cui chi sogna è al contempo attore, regista, autore, pubblico e critico. In linea generale, dunque, il significato del sogno è  riferibile, in tutti i suoi aspetti, alla realtà soggettiva di chi lo sogna. Tuttavia, lo psichiatra svizzero stabilisce anche una distinzione tra un’interpretazione a “livello dell’oggetto” e un’interpretazione a “livello del soggetto”. Nel 1921, infatti, Jung scrive: “ Per interpretazione al livello oggettivo intendo quella interpretazione di un sogno o di una fantasia nella quale le persone o le situazioni vengone riferite a persone o situazioni reali-oggettive” [Jung,1921, p. 366]. L’interpretazione al piano soggettuale rappresenta invece un  “ modo di concepire un sogno o una fantasia nel quale i personaggi e le situazioni che vi compaiono vengono rapportati a fattori soggettivi interamente appartenenti alla  propria psiche ” [Jung, 1921, p. 366]. Per stabilire se la priorità nella rappresentazione debba essere attribuita al soggetto o all’oggetto, bisogna valutare l’importanza che nella vita reale del sognatore assume la persona alla quale si riferisce una particolare immagine onirica. In altre parole, se si sogna una persona alla quale ci lega un interesse vitale, l’interpretazione a livello dell’oggetto è senza dubbio più probabile che con l’altra:  “ L’immagine di un oggetto, se da un lato è composta soggettivamente, dall’altro è condizionata oggettivamente. Quando la riproduco in me, produco qualcosa che è condizionato sia soggettivamente sia oggettivamente. Ora, per decidere quale aspetto è predominante in un dato caso, occorre prima dimostrare se l’immagine viene riprodotta grazie al suo significato soggettivo od oggettivo. Se quindi sogno una persona alla quale mi lega un interesse vitale, l’interpretazione al livello dell’oggetto è senza dubbio più probabile che non l’altra. Se invece sogno una persona a me indifferente, con la quale non ho realmente niente a che fare, è più probabile l’interpretazione al livello del soggetto ”[Jung, 1916/48, p. 285-286].
Altro aspetto importante del sogno è la cosiddetta “funzione prospettica”, vale a dire l’anticipazione di un progetto, un abbozzo preliminare di future azioni coscienti del sognatore; non si tratta di profezie, ma tale funzione si collega alla concezione costruttiva e “sintetica” dell’inconscio: “ Che la funzione prospettica del sogno sia in certi casi notevolmente superiore alla precombinazione cosciente non dovrebbe stupire, dal momento, che il sogno procede dalla fusione di elementi subliminali, ed è quindi una combinazione di tutte le percezioni, i pensieri, e i sentimenti che, data la loro debole accentuazione, sono sfuggiti alla coscienza. Inoltre vengono in aiuto del sogno anche le tracce mestiche subliminali che non sono più in grado di influire efficacemente sulla coscienza. Quando si tratta di stabilire una prognosi il sogno può trovarsi spesso in una situazione molto più favorevole che non la coscienza” [Jung, 1916/48, p. 274].
Per concludere l'analisi del pensiero di Jung riguardo ai sogni, è doveroso citare il saggio del 1945 e ampliato nel 1948, L'essenza dei sogni  [Jung, 1945/48]. Riguardo alla “qualità” o alla natura dei sogni, la visione junghiana considera che accanto ai sogni più comuni, i Piccoli sogni, che possono essere più o meno esaurientemente interpretati ricorrendo alle associazioni del sognatore, ne esistono altri, meno frequenti e dotati di un carattere “numinoso” e illuminante, i Grandi sogni. Questi ultimi si presentano in periodi decisivi, in fasi particolari della vita di un individuo e rimandano a tappe significative che sono comuni a tutta l’umanità. Tali sogni, mostrano un carattere estraneo alla coscienza in quanto provengono dallo strato più profondo dell’inconscio, cioè da quella parte collettiva della psiche: “ Non tutti i sogni hanno la stessa importanza. Già i primitivi distinguono tra piccoli e grandi sogni. Noi diremmo piuttosto sogni ‘insignificanti’ e sogni ‘significanti’. [...] Ho analizzato molti sogni di questo tipo e vi ho rintracciato spesso una particolarità che li distingue da altri sogni. Infatti in questi sogni affiorano immagini simboliche che incontriamo anche nella ‘storia dello spirito umano’. E' degno di nota il fatto che colui che sogna può perfettamente ignorare l'esistenza di simili paralleli. Essi contengono cosiddetti ‘motivi mitologici’ o ‘mitologemi’, che io ho definito col termine di ‘archetipi’. Si intendono con tale termine forme specifiche e nessi figurativi rintracciabili in forma analoga non soltanto in tutti i tempi e in tutti i paesi, ma anche nelle fantasie, nelle visioni, nelle idee illusorie e nei sogni individuali. La loro frequente presenza in casi individuali, come la loro ubiquità etnica, dimostra che la psiche umana è soltanto in parte unica e soggettiva o personale: per l'altra parte invece è ‘collettiva’ e ‘oggettiva’. Noi parliamo quindi da un lato di un inconscio personale, dall'altro di un inconscio ‘collettivo’, il quale rappresenta in certo modo uno strato più profondo rispetto all'inconscio personale, più prossimo alla coscienza […] Tali sogni si presentano perlopiù in periodi decisivi della vita, vale a dire nella prima giovinezza, durante la pubertà, a mezzo del cammino (fra i trentasei e i quarant’anni) e in cospectu mortis ”[Jung, 1945/48, p. 312-313]. Quanto alla forma dei sogni, secondo Jung essi hanno una struttura molto simile a quella del dramma teatrale dell'antichità classica, che risulta suddivisibile in quattro fasi: la prima, è la Presentazione del luogo, dei protagonisti e qualche volta del tempo dell'azione; la seconda è lo Sviluppo della trama; la terza, è quella del Culmine (o peripeteia ); mentre la quarta è rappresentata dalla Soluzione ( o lisi ), che in alcuni casi può mancare, lasciando quindi una situazione aperta o indefinita.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
Molto ha scritto Jung sul sogno. Attraverso le sue esperienze umane e professionali, lo psichiatra zurighese ha proposto, nel corso degli anni, una sorta di “mappatura” per muoversi meglio attraverso il difficile campo della comprensione ed interpretazione onirica; la distinzione tra l’inconscio personale e quello collettivo, oppure le componenti psicologiche femminile presenti nell’uomo (anima) e di quelle maschile presenti nella donna (animus), sono ormai divenuti concetti indispensabili per ogni psicoterapeuta di formazione junghiana. Tra i tanti concetti rilevanti, infatti, secondo la mia esperienza personale e clinica, quello più utile (ed originale) risulta essere la funzione compensatoria svolta dai sogni, funzione che spinge noi tutti ad una continua ricerca di equilibrio tra inconscio e coscienza, estroversione ed introversione, tra la propria persona e la propria ombra. Un “bilanciamento” continuo, dunque, da intendersi come assimilazione di contenuti onirici che avviene non attraverso “una valutazione unilaterale, un’interpretazione, un soggiogamento dei contenuti inconsci da parte della coscienza – così come in genere si pensa e si fa -, ma una reciproca compenetrazione di elementi coscienti e inconsci ” [Jung, 1931/34, p. 163].
Nonostante la conoscenza di queste funzioni psichiche sia di fondamentale importanza, è comunque opportuno rilevare come Jung stesso non dimenticasse mai di sottolineare i rischi che comportava una completa e acritica adesione a qualsiasi  teoria: “L'interpretazione del sogno è di regola un compito arduo. Essa presuppone penetrazione psicologica, capacità di combinare insieme cose diverse, intuizione, conoscenza del mondo e degli uomini e soprattutto conoscenze specifiche che implicano tanto nozioni assai estese quanto una certa ‘intelligence du coeur’. Non è affatto necessario possedere un sesto senso per essere in grado di comprendere i sogni. Ma occorre molto di più che non schemi inanimati come si ritrovano nei volgari libricini dei sogni o che si sviluppano sotto l'influsso di opinioni preconcette [...]Anche chi possiede una grande esperienza in questo settore è pur sempre costretto a riconoscere la propria ignoranza dinanzi ad ogni sogno e, rinunciando a tutte le opinioni preconcette, a predisporsi a un qualcosa di completamente inatteso ”[Jung,1945/48, p. 308-309]. Per tale ragione, allora, nonostante nel corso della sua attività professionale Jung abbia analizzato qualcosa come 80.000 sogni, egli non poté fare a meno di rilevare come proprio il sogno fosse un “bambino difficile”, da trattare con attenzione e rispetto.

 

 

BIBLIOGRAFIA
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In Sigmund Freud: necrologio, Jung scrive:  “ L’interpretazione dei sogni resta l’opera più significativa di Freud, e nello stesso tempo quella che più si presta ad essere contestata […] Nella medicina e nelle religioni antiche il sogno era tenuto in gran conto, ed elevato a dignità di oracolo. Ma fu un atto di non scarso coraggio scientifico fare oggetto di seria discussione una cosa a quel tempo tanto impopolare come il sogno [...] Il grande incommensurabile merito dell’Interpretazione dei sogni è l’aver riportato il sogno come tale a oggetto di discussione”  [Jung, 1939, p. 220].

Vista la trattazione del presente lavoro e l’importanza che riveste nella vita di Jung, è doveroso citarlo integralmente:  “ Ero in una casa sconosciuta a due piani. Era ‘la mia casa’. Mi trovavo al piano superiore, dove c’era una specie di salotto ammobiliato con bei mobili antichi di stile rococò. Alle pareti erano appesi antichi quadri di valore. Mi sorprendevo che questa dovesse essere la mia casa, e pensavo: ‘Non è male!’ Ma allora mi veniva in mente di non sapere che aspetto avesse il piano inferiore. Scendevo le scale, e raggiungevo il piano terreno.  Tutto era  molto più antico, e capivo che questa parte della casa doveva risalire circa al XV o al XVI secolo. L’arredamento era medioevale, ei pavimenti erano di mattoni rossi. Tutto era piuttosto buio. Andavo da una stanza all’altra, pensando: ‘Ora veramente devo esplorare tutta la casa!’ Giungevo dinanzi ad una pesante porta, e l’aprivo: scoprivo una scala di pietra che conduceva in cantina. Scendevo, e mi trovavo in una stanza con un bel soffitto a volta, eccezionalmente antica. Esaminando le pareti scoprivo, in mezzo ai comuni blocchi di pietra, strati di mattoni e frammenti di mattoni contenuti nella calcina: da questo mi rendevo conto che i muri risalivano all’epoca romana. Ero più che mai interessato. Esaminavo anche il pavimento, che era di lastre di pietra, e su una notavo un anello: lo tiravo su, e la lastra di pietra si sollevava, rivelando un’altra scala, di stretti gradini di pietra che portava giù in profondità. Scendevo anche questi scalini, e entravo in una bassa caverna scavata nella roccia. Uno spesso strato di polvere ne copriva il pavimento, e nella polvere erano sparpagliati ossa e cocci, come i resti di una civiltà primitiva. Scoprivo due teschi umani, evidentemente di epoca remota e mezzi distrutti.  A questo punto ilsogno finiva ” [Jung, 1961, p. 200].

“ Dopo la rottura con Freud cominciò per me un periodo di incertezza interiore, anzi di disorientamento. Mi sentivo letteralmente sospeso, poiché non avevo trovato ancora un punto d’appoggio. Avvertivo soprattutto la necessità di assumere un nuovo atteggiamento verso i miei pazienti. Risolsi per il momento di non fondarmi su pressuposti teorici, ma di stare a sentire ciò che che mi avrebbero detto essi stessi. Mi proposi così di affidarmi alla sorte. Il risultato fu che i pazienti mi venivano a riferire spontaneamente i loro sogni e le loro fantasie, e io mi limitavo a chiedere ‘Che cosa vi viene in mente in rapporto a ciò?’, o ‘Come lo spiegate?’, ‘Da che cosa deriva?’. Sembra che le interpretazioni scaturissero da sole dalle spiegazioni e dalle associazioni dei pazienti. Evitavo ogni presa di pozione teorica, e mi limitavo ad aiutarli a capire le immagini oniriche da soli, senza applicare regole ” [ Jung, 1961, p. 212 ]

 

Rispetto ad una più ampia componente creativa del sogno, è utile ricordare come Freud non si preoccupasse mai di mettere in luce i suddetti aspetti: “ Sì dimentica troppo spesso che un sogno è perlopiù un pensiero come tutti gli altri ” [Freud, 1922] e nel Il sogno a proposito del lavoro onirico, scriveva che esso “ non è creativo, non sviluppa nessuna fantasia che gli sia peculiare, non conclude, non fa altro che condensare, spostare, dar nuova forma visiva al materiale.” [Freud, 1899]. Sempre a riguardo di una funzione più complessa del sogno, in una nota aggiunta nel 1914 all’Interpretazione, Freud escluse decisamente una simile evenienza: contestando le considerazioni proprio di A. Maeder sulla fonction ludique del sogno (che poteva contenere tentativi di risoluzione di conflitti), e quelle di Adler sulla funzione di premeditazione del sogno, liquidò queste funzioni secondarie come “ prestazioni dell’attività inconscia e preconscia dello spirito, che può prolungarsi nello stato di sonno come residuo diurno ” [Freud, 1925].

  “ Il sogno è un frammento di attività psichica “involontaria” che è cosciente esattamente quel tanto che gli occorre per essere riprodotto in stato di veglia […]E’ una creazione singolare e strana, caratterizzata da molte ‘cattive qualità’: l’assenza di logica, una dubbia moralità, una conformazione sgradevole e un evidente controsenso o assurdità ” [Jung, 1945/48, p. 304].

Nella Prefazione del lavoro, W. McGuire scrive: “ E’ evidente che le Note dai seminari hanno un’importanza sostanziale nel canone junghiano; presentano inoltre altri aspetti importanti. Il carattere del linguaggio parlato di Jung - il suo stile di conversazione - è reso fedelmente; è quanto dicono unanimemente le persone che lo conoscevano bene, e in particolare coloro che hanno assistito a una qualsiasi sessione seminariale […] Il seminario pubblicato in questo volume documenta nel modo più completo il metodo junghiano dell’amplificazione nell’analisi dei sogni di un paziente, e offre il resoconto più dettagliato che abbiamo del trattamento di un paziente maschio da parte dello stesso Jung. Nel complesso, il seminario ci dà l’immagine di uno Jung rilassato e sicuro di sé, imprudente e poco diplomatico, irriverente rispetto alle istituzioni e ai personaggi eminenti, spesso spiritoso, persino sboccato, bizzarramente erudito nei riferimenti e nelle allusioni, sempre sintonizzato con le risonanze più sottili del caso di cui ha le responsabilità e sempre fedele a sé stesso e alla sua vocazione ” [Jung, 1928/30, p. 32-33].

Sull’argomento, lo psichiatra svizzero cita un caso clinico [Jung, 1909] in cui la terapia era resa difficile dal fatto che il paziente non raccontava mai dei sogni, fino al momento in cui, casualmente, raccontò i sogni del figlio di nove anni. Secondo Jung, il figlio stava sognando i problemi del padre e questi poterono essere così analizzati tramite i sogni del figlio. Dopo quattro settimane il padre iniziò ad avere i propri sogni e i contenuti dei sogni del bambino cessarono di avere a che fare con i problemi del padre.

Per sincronicità Jung intende una coincidenza significativa tra un evento psichico ed uno fisico, in relazione acausale.

 

Autore: DOTT. LUCA COLADARCI - PSICOLOGO - FIUGGI - FROSINONE - ROMA

fonte: http://www.lucacoladarci.it/genesisogni.doc

link sito web : http://www.lucacoladarci.it/

 

I sogni
da Freud a Hillman attraverso Jung

Il sogno più famoso in assoluto è sicuramente quello del faraone d'Egitto raccontato in Genesi al cap. 41, quello delle sette vacche grasse e delle sette vacche magre. Giuseppe era sicuramente una persona che sapeva usare il cervello. Lui capì subito che i sogni fatti dal faraone non potevano essere interpretati come i sogni fatti da un qualunque suo suddito. Essi dovevano per forza riferirsi all'intero Egitto, perché un monarca, quando sogna, lo fa in grande, essendo punta di una piramide. I sogni del re, dovevano per forza riguardare il suo regno. Ma oltre a queste, seppe anche sciogliere simboli e metafore. Omero, Platone,  Aristotele, Eraclito ed altri filosofi dell'antichità si sono occupati di sogni più o meno approfonditamente. Artemidoro, di cui ignoriamo le date di nascita e morte, ma che visse sicuramente nel corso del II sec. d.C., scrisse un famoso trattato intorno ai sogni (Il libro dei sogni - pubblicato da Adelphi). Egli, come è stato osservato da autorevoli studiosi, laddove afferma che il sogno è sempre egocentrico, anticipa il pensiero di Freud.
Di tale interessante trattato vogliamo riportare un passo significativo: "…affermo che l'interprete deve possedere certe doti naturali e servirsi della propria intelligenza, piuttosto che attenersi esclusivamente ai libri…" (op. cit. pag. 19).E qui l'autore in un certo senso anticipa il pensiero di Jung a proposito delle capacità dell'interprete. Artemidoro, dapprima introduce l'argomento, poi passa in rassegna i contenuti dei sogni in generale (sognare fagioli, vuol dire…), ed infine ci propone una raccolta di sogni (poco meno di cento).

Il sogno nel corso dei secoli ha sempre suscitato la curiosità di studiosi e non. Tutti se ne sono occupati, ma è con Freud, che per la prima volta entriamo in esso in modo rivoluzionario.
L'interpretazione dei sogni è stato scritto dal padre della Psicanalisi poco più di un secolo fa. Certo, appare strano che dei "mistici" come noi parlino dello scopritore dell'Inconscio. Beh, per noi Sigmund Freud è un uomo che con la sua genialità ha contribuito enormemente a farci comprendere la natura dell'anima (Psiche). E poi non è detto che a ricercatori particolari come noi, le sue tecniche investigative non possano tornare utili, come pure tutte le altre "create" dai suoi innumerevoli discepoli (e noi consideriamo tali gli Adler, gli Jung i Reich, e tutti quelli che non condivisero le sue rigide impostazioni). Ma prima di parlare di tale suo scritto, diciamo subito che questo nostro breve saggio sui sogni non ha lo scopo di scavare a fondo nei pensieri di Freud e di quanti altri citeremo. Ci proponiamo solo di sottolineare ora qui e ora là, dei brani significativi che possano tornare utili a chi volesse, nel suo piccolo, provare ad interpretarsi o interpretare sogni. Certo si sarebbe di gran lunga più preparati, se si leggessero tanti bei tomi che hanno tracciato la storia della Psicanalisi dalla sua nascita ad oggi. Ma cent'anni di libri sono impossibili da leggere in una sola vita.
Dunque, bando alle chiacchiere ed entriamo subito in argomento.
La sua introduzione all' Interpretazione dei sogni (8° edizione Newton del 73), Flavio Manieri la conclude con una considerazione degna di sottolineatura: Il sogno ha infatti due forme di espressione: quella eidetica pura (che in senso lato vuol dire 'visibile') …e quella 'mediata' (cioè raccontata).  Le motivazioni strutturali, di scelta tecnica e lessicale, del racconto, oltre a dirci molto di più del sogno in sé, sulle sue motivazioni (ne contengono la stratificazione emozionale), sono anche l'unica fonte reale della sua ricostruzione. Del sogno in fondo non resta altro. Il filtro del linguaggio deforma comunque il sogno: potremmo anzi dire che il 'sogno'  non esiste prima di questa deformazione e 'consista' in essa". (il grassetto è nostro).
Insomma Manieri, in parole povere,ci sta dicendo che, il modo con cui il sogno viene scritto ci fa capire molte più cose di quanto riesca a fare il sogno stesso.
Tornando all'Interpretazione…, diciamo subito che, dopo avere fatto un escursus su tutta la letteratura scientifica concernente i problemi dei sogni ed avere smontato una ad una ogni teoria proposta (cosa che Freud sa fare molto bene) il nostro geniale psichiatra passa alla vera interpretazione, riportando i suoi sogni. E' la prima auto-analisi della storia, e a detta di tutti non ripetibile da parte di nesun altro. Ma stringi stringi, il succo delle 500 pagine della sua opera può essere condensato in poche parole. E' lo stesso Freud a parlare (lettera a Fliess - un medico berlinese a cui F. era legato da morbosa amicizia - del 9 Giugno 1899. Vedi epistolario fra i due ): "L'intera faccenda si risolve in una banalità. I sogni hanno tutti la funzione di appagare un desiderio che si è andato trasformando in molti altri: il desiderio di dormire. Si sogna per non doversi svegliare. Perché si vuole dormire. Tant de bruit". (Il finale francese possiamo liberamente tradurlo con "tanto chiasso per così poco!). In effetti, però, come giustamente sottolinea Hillman, Freud prese dalle tre tesi allora dominanti tre idee, dette loro una rimescolata e trasse fuori la sua teoria:"dai romantici prese l'idea che il sogno contenesse un messaggio personale…;dai razionalisti accettò l'idea che il contenuto manifesto del sogno …fosse un'accozzaglia di assurdità…; con i somaticisti si trovava d'accordo nell'affermare che il sogno riflettesse processi fisiologici" (Hillman - Il sogno e il mondo infero - Est ediz.) .  Nonostante questo miscuglio però, egli riteneva fosse possibile decifrarne valore e significato. Una cosa vogliamo sottolineare a questo punto. Freud era convinto di avere creato un metodo scientifico di interpretazione, ma noi, condividendo la tesi di tanti studiosi, riteniamo che di scientifico, il suo metodo (degno del massimo rispetto) non ha nulla. Anzi, basta scorrere le pagine di un qualunque manuale di Storia della Psicologia (all'interno della quale trova posto anche la Psicanalisi freudiana) per capire come la Psicanalisi sia considerata per nulla scientifica. In quel contesto vale di più una teoria di Pavlov e di Lorenz.
Ma lasciamo che sia Jung a concludere la parentesi dedicata al suo maestro: "Freud dice che ogni sogno rappresenta l'appagamento di un desiderio rimosso" (in "L'Analisi dei sogni" a pag. 43 del 4° vol delle opere). Trascuriamo di parlare di libere associazioni, di rimosso, di censura, per non appesantire il nostro brevissimo saggio, e soprattutto per invitare i nostri pochi amici a darsi da fare e consultare un qualunque dizionario di psicologia.

Quando si comincia lo studio dei propri sogni, e a dirlo sono tutti gli analisti di tutte le scuole, bisogna porre molta attenzione a quelli iniziali, perché è lì che si annida il problema fondamentale del sognatore. Ma ora allarghiamo un tantino i nostri orizzonti e lasciamo parlare Carl Gustav Jung.
Il sogno riproduce quella situazione interiore del soggetto che la coscienza non vuole riconoscere, o riconosce solo a malincuore, come vera e reale.
Chi interpreta il sogno dovrebbe rinunciare a ogni presupposto teorico e comportarsi come se dovesse scoprire in ogni singolo caso una nuova teoria dei sogni: Ci sono ancora infinite occasioni di lavoro pionieristico in questo campo(grassetto nostro).  Sì, i sogni possono costituire anche appagamento di desideri rimossi, dice Jung ma quante altre cose non ci possono essere nei sogni!…E' non solo legitttimo , ma assolutamente doveroso, non limitare preventivamente  in base a una data dottrina il significato di un sogno….Nell'interpretare un sogno è sempre utile chiedersi: qual'è l'atteggiamento cosciente che viene compensato dal sogno? Noi concordiamo perfettamente con Jung: nel sogno è possibile vedere tante altre cose. Per esempio, considerato che la nostra vita si svolge per metà circa "di notte" (sogno, fantasia, immaginazione) e per metà "di giorno" (veglia, presenza, razionalità), chi può vietarci di pensare che, come di giorno le quattro funzioni psichiche (ragione, sentimento, istinto, intuizione) si muovono in un certo modo, di notte, le stesse funzioni non possano avere una "loro" vita, particolare che i sogni manifestano? Ecco, quindi come un sogno può essere visto da tante angolature (ragione, sentimento ecc.), che seppure deformate hanno una loro logica, una loro "causa". E qui ci pare opportuno chiedere e chiedersi: Perché si sogna?
Noi ci rispondiamo: come può mai avere una risposta tale domanda, visto che l'io del sogno ha gli stessi pesi, gli stessi diritti, diremmo la stessa autorità dell'io di veglia? Il sogno ha una sua realtà che è quella che è, e l'io onirico se l'è creata nell'unica maniera che potesse condensare tutto l'iter onirico del sognatore (perché mai non potrebbe, un io di sogno, stilare programmi, risolvere problemi, delirare, vaneggiare, fantasticare, intuire, e tanti altri ..are ed..ire?) in un tutt'uno che chiamiamo sogno. Il sogno è una visita di controllo razionale, istintivo, emozionale, intuitivo, che un io fa all'altro, a se stesso o a tutt' e due contemporaneamente, ogni notte. E' un continuo mettere i paletti su un'esistenza che "scappa" da tutte le parti, di una vita che dilaga per ogni dove. Il sogno è il modo migliore che la Coscienza ha di indicare se stessa come vera natura dell'uomo. Come se attraverso il sogno dicesse: Io ti confeziono questi sogni affinché tu possa capire che le scene oniriche sono un banale, illusorio film, e per sottolineare che la vita che tu ogni giorno vivi è più o meno la stessa cosa. Perché alla fin fine, sia l'io di veglia che quello di sogno sono pseudo entità, illusioni. Per dirla con  Chuang Tzu,  chi sogna di essere farfalla, al risveglio può essere preso per…sogno dalla stessa farfalla. Ha ragione la farfalla o il sognatore? Hanno entrambi ragione, sono 'vere' illusioni sia l'una che l'altro. Tutto accade dentro una Infinita Coscienza, come per gioco. Se riuscissimo a vedere il sogno come uno dei tanti fiori che spuntano in Essa, ci rilasseremmo un tantino, e forse capiremmo che positivo e negativo, cinematograficamente inteso, sono uno lo specchio dell'altro. Il sogno come negativa della veglia. E perché no? Jung ha perfettamnete ragione, per cui con i sogni ci puoi pure giocare, se tiva, oppure filosofare, ricercare, profetizzare, interpretare, intuire, blablare,  ecc. I sogni ti possono aiutare a creare opere d'arte, a risolvere problemi matematici, e con essi puoi persino giocare al lotto. Il sogno è parte di noi, ma siccome noi siamo UNO, ogni sogno è un punto di vista sull'Anima Una. E se uno non crede a queste "sciocchezze" è il suo punto di vista sulla propria psiche. Ma cerchiamo adesso di far tesoro di qualche consiglio junghiano tratto da Simboli e interpretazione dei sogni (vol. 15° Opere).
Non sono consigli espliciti, ma li "deduciamo" dai suoi pensieri. Jung, a proposito delle  'libere associazioni' proposte da Freud durante le sedute per andare al nocciolo del problema psichico del paziente, ci dice chiaro e tondo che, nonostante il sognatore cerchi di allontanare il medico
dal nucleo del problema, egli alla fine "circoscrive inconsciamente una certa area, sulla quale ritorna in continuazione, nel tentativo costantemente rinnovato di occultarla". Ora noi pensiamo che, spesso una persona, anziché ripetere un sogno, ripeta il meccanismo con cui tenta di eludere il suo problema, e che in quel meccanismo sta il nucleo del problema. Sogni diversi, quindi, ma analoghi nello sviluppo. Altro consiglio è quello di non allontanarsi mai dalla vicenda onirica, di non perderla mai di vista. E poi suggerimenti: i sogni ripristinano il collegamento con la base istintuale..; solo una piccola minoranza dei sogni è palesemente compensatoria; ecc
Per chi è interessato, i saggi di Jung sui sogni possono essere consultati nei volumi 4°, 8°, 15° e 16° delle sue opere.

Ma il sogno può essere visto in mille modi diversi. Unoi dei modi più affascinanti è quello proposto da James Hillman.

Per gli analisti junghiani il sogno ha importanza per tutto quello che può "dare" relativamente al Processo di Individuazione. Quindi si guarda più alla simbologia che al contenuto letterale. (grosso modo è quello che dice Hillman). Ma per il nostro illustre pensatore, questo ovviamente è solo un punto di partenza. Egli difatti è andato oltre ogni teoria, compresa quella junghiana da cui era partito, per approdare a Chuang Tzu, ovvero al punto di vista della farfalla. Hillman si pone una domanda: a quale regione mitologica, a quali Dei appartengono i sogni? (Opera citata) e si risponde: I sogni appartengono al mondo infero e ai suoi Dei. Egli propone un approccio archetipico, ed allontanandosi da Freud e Jung, decide di non portare il sogno nel mondo diurno. Per costruire la sua teoria, egli parte da Eraclito: Da Eraclito…impariamo che l'anima è piuttosto un'operazione di penetrazione e di intuizione nelle profondità, che fa anima man mano che procede. Se l'anima è un motore primo allora il suo movimento primario è l'approfondimento, con il quale essa accresce la sua dimensione…Anima è il termine primo ed ultimo del nostro mondo in perenne movimento…Questa incessante attività del fare anima,…l'ho chiamata 'psicologizzazione'.
Ponendo il sogno in Ade - ci dice Hillman - esso presenta immagini dell'essere , più che immagini del divenire. Ed ancora: quando un analista, a proposito della vita emozionale del paziente, dà consigli ricavati dai sogni, egli altro non fa che attingere alla propria esperienza di vita, e non dai sogni. In un certo senso si avvicina a Jung allorché diceva che, poiché è cieca, la vita istintiva può riflettere se stessa attraverso l'immaginare. E i sogni sono immagini. Ma Hillman va oltre ed afferma anche che: la scena di un sogno…è una versione metaforica  di quella scena e di quegli attori di ieri, che sono diventati ora più profondi, e sono entrati nella mia anima.
Egli ci dirà ancora che, le persone con le quali comunichiamo nei sogni non sono "rappresentazioni dei loro sé viventi…ma immagini di ombra che svolgono ruoli archetipici…sono maschere nella cui cavità è presente un numen.  Hillman consiglia ancora di "entrare nel sogno e diventarne tutte le parti (il che mi fa ricordare la tecnica di Lorenzo Ostuni). Infine, in Hillman (ma non perché non c'è più nulla da riportare di questo interessantissimo testo), incontriamo Chuang - Tzu e la sua farfalla: Dobbiamo capovolgere il nostro consueto modo di procedere, che traduce il sogno nel linguaggio dell'io, per tradurre invece l'io nel linguaggio del sogno… : la farfalla sogna di essere Chuang-Tzu.

Abbiamo reso un breve omaggio a tre grandi studiosi della psiche, perché è anche grazie a loro se  nel nostro gruppo riusciamo a mettere le mani addosso ai nostri sogni. Certo, lo facciamo in modo particolare, poiché essendo noi degli esploratori a tempo pieno di noi stessi, costituendo tale ricerca lo scopo principale della nostra vita, e soprattutto credendo fermamente che la realtà fisica non è la sola realtà esistente, cerchiamo nei sogni "indicazioni" su tale ricerca. Abbiamo studiato testi sacri orietali e occidentali, ed abbiamo scoperto che tali sacre scritture sono ricche di simboli, metafore e "contenuti onirici". Più che sui grandi maestri della psicanalisi, ci siamo formati su tali scritture, e se dobbiamo essere sinceri, da essi abbiamo ricevuto tantissimo. Oggi saggezza è diventata quasi sinonimo di scienza. Nel sapere scientifico c'è sicuramente conoscenza ed è giusto coltivarlo, ma la saggezza, a nostro modo di vedere sta oltre. Lo star bene, la salute, la tecnica ci fanno stare certamente meglio, ma il nostro benessere dovrebbe essere il punto di partenza per la ricerca più antica del mondo, che possiamo condensarla nella domanda: Chi sono io?  Tutte le filosofie del mondo hanno cercato di dare una risposta, ma quella definitiva non può che essere "personale": ogni singola persona dovrebbe scoprire la propria vera essenza, e darne testimonianza affinché altri possano essere stimolati nella propria ricerca.  A questo punto non ci rimane che invitare i nostri quattro amici lettori a leggere i testi sacri e sapienziali di ogni tradizione, e, perché no, a leggere qualche buon manuale di Psicanalisi, di Psicologia Analitica, di Psicologia Archetipica. Abbiamo scelto Freud, Jung e Hillman , perché il primo ha scoperto l'Inconscio, il secondo lo riteniamo un caposcuola della stessa statura del suo maestro, il terzo per la sua originalità.

 

Adesso abbiamo un minimo di materiale per potere "affrontare" qualche sogno in maniera 'naif'.
Se poi vogliamo tuffarci nella simbologia onirica per ricavare da essa (e perché no?) suggerimenti utili per qualunque via iniziatica si voglia percorrere, non ci rimane che scrivere i nostri sogni, e, magari in gruppo, con amici, 'discuterne'. Buon lavoro. Grazie, Nat.

Per chi poi volesse saperne appena un po' di più sulla tecnica interpretativa dei sogni consigliamo

  1. Breve corso sui sogni - Robert Bosnak - Astrolabio
  2. Il Linguaggio dei sogni - Whitmont =Perera - Astrolabio
  3. Le regole di Freud per l'interpr. Dei sogni - Alexander Grinstein - Boringheri.
  4.  

Fonte: http://www.taozen.it/saggi/I_sogni_da_Freud_a_Hillman_attr.doc
Link sito web : http://www.taozen.it/

autore non indicato nel documento di origine del testo

 

 

Il sogno e la storia

 

«I sogni sono inesplicabili, parlano in modo ambiguo, e non tutto per gli uomini si avvera. Due, sai bene, sono le porte dei sogni evanescenti: una di corno, l'altra di avorio. I sogni che vengono fuori attraverso l'avorio, ingannano, portano parole vane: quelli che vengono fuori attraverso il liscio corno si avverano, quando qualcuno dei mortali li vede»
Omero, Odissea XIX

 

Il sogno ha una lunga storia, anzi attraversa tutta la storia dell'uomo.

Nei primitivi esprime la loro visione del mondo e la loro mentalità pre-logica, magica, simmetrica dove mondo visibile e mondo invisibile si confondono per assumere nella rappresentazione una assoluta concretezza. Il sogno è oracolo e profezia che esprime i desideri e le paure dell'uomo e diventa ponte tra esperienza di un tempo e progetti del futuro. Evento squisitamente individuale, nel mondo primitivo finisce quindi per acquisire una qualità sociologica. Ciò è reso possibile dalla dimensione religiosa in cui è collocato il sogno, dominato da dèi e geni protettori che fondano le norme di vita e quindi offrono alla società una ideologia.

Il Mediterraneo, culla di civiltà, diventa il luogo privilegiato del sogno. Agli Egizi va il merito di averne valorizzato il linguaggio nei suoi aspetti narrativi e formali ma anche in quelli conoscitivi relativi alla sessualità, agli affetti, alle malattie. E’ in Egitto che inizierà la pratica dell'incubazione e nel Chester Beatty III, un prezioso papiro che risale al 2000 a.C., i sogni vengono catalogati e giudicati: buoni e cattivi, ordinati e disordinati, gratificanti e persecutori. Sono gli Egizi a suggerire un rimedio infallibile per la trasformazione degli aspetti più negativi di un sogno: inciderlo su una tavoletta di argilla e lasciare che si dissolva nell'acqua. Una soluzione trasformativa che farebbe invidia a qualsiasi psicoanalista!

Dall'Egitto alla Grecia: la cultura onirologica di queste antiche civiltà offre un panorama vastissimo. Nei sogni omerici si inserisce una dimensione soprannaturale che trasforma il sogno - come dice Dodds - in uno schema di civiltà, parte integrante dell'esperienza religiosa di un popolo, capace di permearne o fondarne la cultura. Poeti e narratori adattano questo schema di civiltà alle emozioni dell'uomo. Ne è un esempio il sogno di angoscia descritto da Omero nel XXII canto dell'Iliade: «Come in sogno non si riesce a inseguire un fuggente, ché né l'uno riesce a scappare né l'altro a raggiungere, così né Achille riusciva a raggiungere Ettore con la corsa né Ettore a sottrarglisi ».

Ad Aristandro di Telmesso si attribuisce la bellissima interpretazione «tu conquisterai Tiro» del sogno di Alessandro Magno in cui un satíro (sa-turós) danzava sul suo scudo. Ad Aristandro e ai suoi seguaci - primo fra tutti Stratone di Lampsaco nel III secolo - si attribuisce la prima concezione psicofisiologica del sogno nella storia. Ma è Artemidoro, nato a Daldi nel II secolo che per primo tenta una sistemazione di tipo naturalistico dell'onirologia e offre interpretazioni che tengono conto del contesto culturale, economico e sociale del sognatore.

Colpisce di Artemidoro soprattutto il buon senso e una aderenza continua alla realtà: oggetti e forme narrative del sogno acquistano significati diversi a seconda della vita del sognatore, come nel passo seguente: «Alle donne e alle vergini libere e ricche è buon segno condurre attraverso la città un carro, perché procura loro sacerdozi di grande prestigio. Alle ragazze povere andare a cavallo per la città preannuncia invece la prostituzione». Artemidoro è un maestro nella interpretazione dei sogni erotici e nella sistemazione del mondo dei simboli: «L'olivo indica la donna... per cui è buon segno vederlo fiorente e ben saldo sulle radici, con frutti maturi secondo la stagione... L'alloro indica una donna ricca perché è sempreverde e bella per la leggiadria del suo aspetto... Il membro corrisponde alla ricchezza e al possesso, perché ora cresce ora si ritira ... »,

Coevo di Artemidoro è Aristide, maestro di incubazione, ospite abituale del santuario di Asclepio, grande ipocrondriaco della storia della medicina che deve sottoporsi alla pratica terapeutica del sogno ogni notte. In una atmosfera diversa ci porta invece Sinesio di Cirene, vissuto nel V
secolo, che prende spunto dal sogno come veicolo di esperienze mistiche e di eleganti esercitazioni retoriche. La sua passione per la psicologia lo spinge ad analizzare nel sogno l'amore e l'odio, i vissuti spaziali e temporali e anticipa così brillantemente i moderni concetti di spostamento e condensazione. E completa la sua opera con l'idea che gli uomini abbiano tratto dai sogni l'ispirazione a creare le favole.

Dal IV al VI secolo una schiera di filosofi e scrittori (da Daniele Profeta all'arabo Achmet) si occupa della divulgazione oniromantica indirizzata a un pubblico relativamente più colto di quello cui erano dedicate le opere dei secoli precedenti. Ne è un esempio il Libro dei sogni di Niceforo, patriarca di Costantinopoli nel IX secolo, in versi giambici e raffinati, ricco di metafore indirizzate a cultori di poesia piuttosto che a popolani in cerca di interpretazioni divinatori. Niceforo apre la strada al processo di aristocraticizzazione del sogno che caratterizzerà gli oniromanti del primo Medioevo, interessati a privilegiare i re, gli imperatori e i santi, mentre gli uomini comuni sembra non abbiano diritto al sogno.

Nel tardo Medioevo che si assiste a una progressiva democratizzazione e laicizzazione del sogno: le gerarchie di sogni e sognatori scompaiono e il sogno diventa un'esperienza capace di procurare all'uomo medioevale un'evasione dalla realtà. Realtà e fantasia, veglia e sonno, vita immaginaria e vita onirica, appaiono nel Medioevo così confuse da giustificare l'affermazione di Blaise Pascal: «Se un artigiano sognasse tutti i giorni, per dodici ore, di essere un re, sarebbe altrettanto felice di un re che sognasse tutti i giorni, per lo stesso periodo, di essere un artigiano».

W 1 cristiani, pur rimanendo ancorati alla tradizione pagana, introducono il sogno in una nuova dimensione epistemica. Per Clemente Alessandrino il sogno è una metafora morale di uno stato spirituale ma non può evitare l'ingresso del diavolo che giustifica nella coscienza dell'uomo medioevale le tentazioni, le voluttà, le fantasie lascive. Ad attenuare questo pericolo demoniaco pensa Agostino che, con il sogno, idealizza l'onrupptenza divina.

W E solo nel XII secolo che il sogno non è più vissuto come specchio di un ordine cosmologico identificato proiettivamente con Dio ma accettato come evento umano e razionalizzato. Giovanni di Salisbury e Pascale Romano sono i testimoni di questo profondo cambiamento. Ma sarà questa psicologizzazione e umanizzazione del sogno a giustificare l'interesse della Chiesa per l'oniromanzia, nella prospettiva di un possibile controllo sulle emozioni degli uomini. Ne è un esempio la storia di Guibert de Nogent, i cui sogni serviranno alla madre e al precettore per tenerlo sotto un controllo continuo e tirannico che dominerà la sua intera vita. 1 sogni diventano così strumento di controllo sociale e politico: Arnaldo da Villanova, medico personale di Giacomo II d'Aragona, parlò di un sogno di questo suo illustre paziente a un concistoro papale ad Avignone. L'interpretazione del sogno gettò dubbi sulla fede del re d'Aragona e provocò un caso politico e diplomatico dei più singolari. Mentre Arnaldo da Villanova interpretava i sogni dei suoi re, Dante apriva la Vita Nova con un sogno dove passione e amore, persecuzione e angoscia, paura e desiderio giocano un ruolo centrale come nel sogno e nella vita di noi moderni. Se leggiamo con questo spirito le novelle del Boccaccio e i sogni che vi compaiono, appare chiaro che i sogni fatti a Firenze nel '300 non sembrano sostanzialmente diversi dai nostri: rappresentano le stesse emozioni e gli stessi affetti primari. 1 sentimenti degli uomini, legati alle pulsioni fondamentali, alla gelosia e all'invidia e alle più significative esperienze del bambino con la madre, sembrano dunque rimanere immutati nel tempo.

 

autore: MAURO MANCIA

Fonte: http://digilander.libero.it/cp47/sogni/storiasogni.doc

 

IL SOGNO

“ ciò che parte dall’inconscio arriva alla mente anche se per strade tortuose…”

 

 

 

 

Introduzione:

La mia è una trattazione sul sogno, sviluppata attraverso un breve e personale viaggio nell’arte, nella filosofia, nella storia  e nella letteratura. L’obiettivo è quello di far comprendere come i sogni sono importanti nella vita di ogni individuo, poiché essi ci permettono di sviluppare dapprima l’immaginazione e la fantasia,  in secondo luogo se analizzati approfonditamente, ci aiutano a comprendere ciò che viene celato dalla coscienza e dalla razionalità.

 

 

Definizione:

Il sogno è una produzione psichica che ha luogo durante il sonno ed è caratterizzata da immagini, che si svolgono in maniera irreale o illogica. O, per meglio dire, possono essere svincolate dalla normale catena logica degli eventi reali, mostrando situazioni che, in genere, nella realtà sono impossibili a verificarsi. È una realtà diversa  il sogno, che in qualche modo ci fa vivere sensazioni, emozioni forti e vere quanto è vera l’esistenza del nostro corpo, che nel sonno sente le musiche e le voci, che vede i colori e gli spazi senza mura né confini.
 
Il primo studio sistematico sull’argomento risale al 1900, quando Freud pubblica “l’interpretazione dei sogni.


Sigmund Freud
(1856-1939)

Sigmund Freud nacque nel 1856 a Freiberg, in Moravia  in una tipica famiglia di commercianti.
Il trasferimento di tutta la famiglia a Vienna ebbe   caratteri traumatici, poiché il piccolo Sigmund si trovò a cambiare stile di vita in modo radicale, passando dalla campagna alla grande città.
Si laureò in medicina nel 1881, e nel 1882,  si dedicò alla professione medica, specializzandosi in neurologia. Nel 1885 ottenne una borsa di studio che gli permise di accedere alla leggendaria scuola di neuropatologia, diretta dal celebre Charcot. Questa esperienza assai intensa e l'incontro-conoscenza con il grande scienziato, lasciò una profonda impronta sul giovane studioso. Ciò però non tolse che Freud in seguito mantenne sempre un atteggiamento assai originale ed autonomo rispetto alle convinzioni dell'illustre studioso. Ad esempio, il futuro padre della psicoanalisi mal accettava le conclusioni di Charcot circa l'isteria, da lui considerata come una malattia dovuta a cause organiche. Tuttavia, per Freud cominciarono a prendere corpo alcune osservazioni sul ruolo della sessualità nel comportamento umano, proprio a partire da osservazioni che per Charcot erano marginali.
Nel 1886 si sposò con Martha Bernays, che in seguito gli diede ben sei figli.
Tornato a Vienna, si dedicò completamente alla professione di neurologo. Nel frattempo strinse amicizia con Josef Breuer, con il quale pubblicò nel 1895 gli "Studi sull'isteria" e con cui iniziò quella grande avventura intellettuale e clinica che lo porterà alla fondazione della psicoanalisi. Gli inizi, ironia della sorte, sono dovuti proprio al comune interesse per l'ipnosi. Breuer, infatti, utilizzando questo metodo, era riuscito a far ricordare ad una sua paziente (la celebre Anna O. degli scritti freudiani), gli eventi traumatici connessi con l'insorgere dell'isteria. Avvertendo però che nella paziente si stava sviluppando una forma d’amore e di dipendenza nei suoi confronti (quel fenomeno che poi verrà denominato "transfert"), Breuer interruppe la terapia affidando la paziente a Freud il quale, dal canto suo, riuscì, a guarire la giovane. Il risultato è connesso ad un'altra celebre "invenzione" freudiana, quasi un'icona del suo metodo, il famoso "lettino" dello psicoanalista, che permette al paziente, in quel caso appunto Anna O., di esprimere il proprio magma interiore attraverso l'uso terapeutico della parola. E' la cosiddetta "talking cure", come la definì la stessa Anna. Se dovesse nascere un registro incaricato di certificare la data di nascita della psicoanalisi, quello sarebbe sicuramente il momento prescelto...
Nel 1899 (ma con data simbolica del 1900) Freud pubblicò un'altra opera dagli esiti rivoluzionari e per certi versi sconvolgenti: "L'interpretazione dei sogni". Era una tappa che segnò una svolta dell'intero pensiero occidentale, attraverso i parallelismi fra logica razionale e logica del sogno e il disvelamento del linguaggio "geroglifico" attraverso cui i sogni parlano all'essere umano concreto che ne è portatore. A partire da allora, il peso che i sogni avranno nell'opera di Freud si farà sempre più ingente, così come l'attenzione e l'approfondimento che lo psicologo dedicherà loro. Questo approccio del tutto singolare non mancherà di suscitare numerose reazioni, per lo più di venate di scetticismo se non di aperta maldicenza. In particolare, comunque, vengono prese di mira le sue teorie sulla sessualità, per tacere delle reazioni indignate nei confronti delle scoperte "scandalose" circa le dinamiche della sessualità infantile.
Nel 1908 si svolse finalmente il primo Congresso della Società psicoanalitica Internazionale.
Nel 1933 a Berlino i nazisti ormai al potere bruciarono, in un rogo, anche le opere dell'ebreo Freud.
Nel 1938 la situazione era talmente insostenibile che fu costretto ad andarsene. Si trasferì a Londra dove, dopo un solo anno, morì per un cancro alla mascella.

 

 

 

 

L’interpretazione dei sogni

"Fornirò la prova dell'esistenza di una tecnica psicologica che permette di interpretare i sogni e dimostrerò che utilizzando questo metodo ogni sogno
si rivela essere una formazione psichica dotata di senso che può essere inserita in un luogo ben preciso dell'attività psichica della veglia".

 

Cosi Freud apre quello che sarà l’opera piu famosa ed importante da lui mai pubblicata: l’interpretazione dei sogni (1900) con la quale getterà i fondamenti dello studio di quell’incredibile fenomeno psichico quale è l’attività onirica.
Freud, premettendo che i sogni sono precisi atti mentali, afferma che è possibile dare loro un interpretazione e mediante un’approfondita analisi è possibile dare loro un senso.
Tuttavia questo tipo d’indagine è alquanto complesso, poiché non sempre i sogni si prestano ad un’interpretazione semplice e lineare.
Il medico austriaco, analizzando i propri sogni e quelli dei suoi pazienti, si rende conto che questi presentano un contenuto manifesto, il quale però allude a un contenuto nascosto (contenuto latente) che, l’analista deve riuscire a scoprire tramite il dialogo con il paziente e il metodo delle libere associazioni.
Una volta ricreata almeno in parte le condizioni in cui la mente si trova quando ha prodotto il sogno, il paziente deve porsi in posizione rilassata su un lettino, e deve esporre quanto gli affiora alla mente, rispondendo inoltre istintivamente alle domande poste dal medico. La rapidità della replica è un fattore essenziale, poiché il soggetto analizzato non deve avere il tempo di riflettere, mobilitando cosi le attività consapevoli e censorie della propria psiche.
I desideri, proprio perché sono incompatibili con la coscienza morale, il paziente li censura inconsciamente, cioè il “rimuove” dalla scene dalla coscienza.
L’espediente più subdolo con la quale la censura svolge la propria attività è la revisione secondaria.
Essa è responsabile dell’apparente coerenza di molti sogni, coerenza che ha lo scopo di non far sorgere nel sognatore alcuna domanda sul reale significato del sogno stesso, mantenendo quindi
l ‘inconscio al sicuro dalla coscienza.
I desideri repressi tuttavia, secondo Freud non si annullano, poiché continuano ad agire nella parte inconscia della psiche da cui a volte affiorano anche a distanza di molti anni attraverso segnali nevrotici rappresentati ad esempio da piccoli atti quotidiani, quali i lapsus e amnesie temporanee, solitamente attribuite al caso o alla distrazione. Freud sostiene dunque il determinismo della vita psichica: per lui, nelle manifestazioni della psiche non vi è nulla di arbitrario e casuale.
In genere , secondo Freud tali desideri sono di carattere sessuale; sessualità intesa come ricerca del piacere. il padre della psicanalisi applica questa teoria anche per i bambini i quali vengono considerati “ perversi polimorfi” ,e  perseguono il piacere indipendentemente da scopi riproduttivi (“perverso”) e mediante i più svariati organi corporei (“polimorfo”).
Vi sono tre fasi dello sviluppo psicosessuale:

  1.  -ORALE:  dai primi mesi di vita sino a 1 anno e ½ ): vede l'interesse sessuale del bambino spostato sul piacere ricavato dall'autostimolazione della mucosa della bocca, da qui deriva l'abitudine infantile di succhiare, il ciuccio, il dito, e in generale tutto quel che capita a portata di mano.
  2. ANALE:.da 1 anno e ½ ai 3 anni): la zona erogena è l’ano ed è collegata alle funzioni escrementizie (che danno piacere e interesse al bambino)

 

3- GENITALE o FALLICA: (inizia dalla fine del terzo anno): in cui il bambino comincia a             provare piacere erotico nella stimolazione dell'organo genitale, cominciando a notare le differenze che intercorrono tra quello maschile e quello femminile e dimostrando i primi dubbi circa il ruolo dei genitori nel concepimento di un figlio. Questi dubbi sfociano in una serie di teorie infantili che poi, col passare degli anni lo abbandonano inesorabilmente.

Le prime due fasi hanno una connotazione di autoerotismo, nel senso che il bambino vede sé stesso come oggetto della pulsione; nell'ultima fase, viceversa, il baricentro dell'interesse sessuale si sposta su un'altra persona, come per esempio il genitore di sesso opposto. E' in questo contesto che Freud formula le sue teorie circa il complesso di Edipo.
Si ispira alla vicenda del personaggio greco (Edipo) destinato dal Fato ad uccidere il padre e a sposare la madre. Questo complesso si sviluppa fra i 3 e i 5 anni (fase fallica); proprio in questa età il bambino registra un attaccamento morboso verso il genitore del sesso opposto.
A questo complesso Freud attribuisce una funzione esistenziale poiché, l’uomo per poter maturare deve superare tale complesso, andando oltre l’interesse per il genitore, riappacificandosi allo stesso tempo con l’altro genitore con il quale era andato in conflitto.
Stabilito dunque, che la maggior parte della vita mentale si svolge non nella coscienza ma al di fuori di essa, nell’inconscio, Freud definisce con precisione la struttura della psiche, che gli appare organizzata in tre province distinte: la coscienza, il preconscio e l’inconscio.

Conscio: parte della psiche legata tramite la percezione alla realtà esterna al soggetto. Il cosciente opera secondo il principio di realtà (tenendo conto cioè dei costi e dei benefici della soddisfazione immediata cui la pulsione inconscia tende; ciò è legato al processo psichico primario)anche chiamato rimosso.
Preconscio: parte della psiche che costituisce l’anticamera della coscienza, cioè di quei contenuti psicologici di cui l’Io consapevole può divenire in ogni momento esplicitamente padrone.
Inconscio: parte della psiche in cui vengono respinte esperienze traumatiche che potrebbero essere dolorose e quindi pericolose per l’individuo. Da qui tali esperienze non possono più riaffiorare al preconscio e al conscio se non sotto forma onirica (sogni) o sintomatica (patologie psichiche come la nevrosi).

Scoperto l’inconscio, Dal 1920 Freud passa a studiare la scomposizione della personalità(o vita psichica o apparato psichico)che,secondo lui,si articola in tre istanze:

L’Es è la forza impersonale e caotica che costituisce la matrice originaria della nostra psiche, non conosce né il bene né il male, né la moralità (non ha un’etica) ma obbedisce solo al principio del piacere (come i neonati).

Il Super-io è la coscienza morale, ovvero l’insieme delle proibizioni che sono state instillate nell’uomo nei primi anni di vita e che poi lo accompagneranno sempre, anche in forma inconsapevole. E’ il “successore e rappresentante dei genitori”. Interiorizzazione dell’autorità prima parentale e poi sociale.

L’Io è la parte organizzata della personalità che deve mediare tra Es, Super-io e mondo esterno. L’Io deve equilibrare tramite opportuni compromessi passioni disparate e in contrasto tra loro, deve stabilire l’armonia tra le forze e gli impulsi che agiscono in lui e su di lui.
Nell’individuo “normale” l’Io riesce abbastanza bene a padroneggiare la situazione (fornisce parziali soddisfazioni all’Es), ma senza violare le proibizioni del Super-io.
L’interpretazione dei sogni consiste dunque, nel percorrere a ritroso il processo di traslazione del contenuto latente in quello manifesto, al fine di cogliere i messaggi segreti dell’Es.

 

 

Analisi di un sogno

Per arrivare a realizzare il suo capolavoro, come già detto precedentemente,  Freud analizzò i propri sogni, ma in particolare uno che registrò la mattina al risveglio:

«..una compagnia di persone , tavola o  table d’hotel..Si mangiano spinaci…la signora E.L. siede accanto a me, si volge tutta  verso di me e posa confidenzialmente la mano sul mio ginocchio. Io allontano la mano scostandomi. Essa dice quindi: “ Lei però ha sempre avuto cosi begli occhi…”
Io vedevo allora confusamente qualche cosa come due occhi disegnati, o come contorno di una lente d’occhiali…»

Il sogno è estremamente breve ed essenziale e, come sempre, apparentemente incomprensibile;
La prima osservazione da fare quindi per  Freud, fu quella di spezzare il racconto onirico, e cercare di associarvi tutto quello che venne in mente.
La table d’hotel, il padre della psicoanalisi, l’associò dapprima ad un episodio della sera precedente, in cui egli accettò l’offerta di un suo amico di usufruire della carrozza a tassametro per ritornare a casa, e appena furono seduti, il cocchiere fece funzionare la macchina, sulla quale apparvero subito sessanta scellini. In secondo luogo, la tavola d’albergo gli ricordò l’irritazione verso la moglie, la quale durante una cena in una pensione ,prestò eccessiva confidenza a persone estranee , anziché al marito.
E ancora, il sogno gli ricordò un'altra scena svoltasi molto tempo addietro, quando l’autore era segretamente fidanzato; si ripeté  il medesimo gesto sotto la tavola ma questa volta non era la moglie ma un'altra donna, la signora E.L. con la quale  Freud non ebbe mai intrattenuto rapporti amichevoli.   La signora, era la figlia di un uomo a cui Freud doveva restituire del denaro. Da qui l’affermazione “ lei ha sempre avuto cosi begli occhi”  che significava semplicemente” lei ha sempre avuto tutto gratuitamente” Del resto anche l’amico aveva offerto la carrozza gratis per il ritorno a casa e  gli aveva precedentemente anche offerto del denaro.  Ecco così che Freud cominciò a  delineare un quadro interpretativo del tutto inaspettato, che tuttavia non volle rivelare del tutto poiché si trattava di un affare privato.

 

La psicoanalisi, divenne ben presto famosa ed apprezzata in tutto il mondo. In Italia, venne accolta da uno dei più importanti letterati del Novecento: ITALO SVEVO.

 

 

 

 

autrice : Acciaro Nunzia
V F
Anno scolastico 2007/2008

 

http://skuola.tiscali.it/sezioni/tesine/tesina-sogno.doc

 

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