Attacchi di panico cosa si prova e cosa sono

 


 

Attacchi di panico cosa si prova e cosa sono

 

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Attacchi di panico cosa si prova e cosa sono

UN’INTERPRETAZIONE COGNITIVA DELL’ATTACCO DI PANICO

 

I disturbi d’ansia rientrano, probabilmente, tra i disturbi più comuni e frequenti riscontrati al giorno d’oggi. Il National Comorbidity Study ha riportato che un individuo su quattro soddisfa i criteri per almeno un disturbo d’ansia, e che le donne presentano una probabilità maggiore di avere un disturbo d’ansia rispetto agli uomini.
Il DSM IV suddivide i disturbi d’ansia in:

  • Disturbo da Attacchi di Panico con e senza Agorafobia
  • Agorafobia senza storia di Disturbo da Attacchi di Panico
  • Disturbo d’Ansia Generalizzato
  • Fobia Sociale
  • Fobia Specifica
  • Disturbo Ossessivo- Compulsivo
  • Disturbo da Stress post Traumatico
  • Disturbo da Stress Acuto
  • Disturbo d’Ansia dovuto a condizioni mediche
  • Disturbo d’Ansia indotto da sostanze

Tutti noi proviamo una serie infinitamente sfumata di emozioni, tra cui emozioni fondamentali quali paura, rabbia, gioia, tristezza, disgusto e ansia. L’ansia è una emozione avvertita dalla persona come sensazione di attesa di qualcosa di indefinito e spiacevole, una sorta di incombenza minacciosa: una percezione apprensiva di pericolo accompagnata da un sentimento di alterazione dell’umore e da sintomi somatici di tensione. Entro certi limiti l’ansia è utile e necessaria: basti pensare al fatto che se stiamo attraversando la strada, la paura di essere investiti ci consente di guardare e fare attenzione alle automobili che stanno in quel momento transitando; quando l’ansia è troppa diviene, però, negativa per il soggetto.
Gli stati di ansia possono avere intensità variabile: da un lieve senso di irrequietezza e di malessere generale ad uno stato di tensione interno, fino a forme acute di panico. Nella paura ciò che spaventa e minaccia è esterno e reale, identificabile: si ha paura di volare, dei serpenti, della malattia, ecc. lo stato emotivo correlato è attribuibile all’entità della minaccia esterna. Nell’ansia, al contrario che nella paura, non c’è il riconoscimento di ciò che ci minaccia: si prova paura davanti ad uno stimolo reale, mentre l’ansia è una paura senza contenuto.
L’ansia presenta sintomi psichici e sintomi fisici; l’ansia patologica sembra distinguibile dall’ansia non patologica a seconda della frequenza, dell’intensità e della durata; della proporzione tra gravità della situazione reale e risposta ansiosa del soggetto; del grado di sofferenza soggettiva; del grado di compromissione che subisce la persona.
Il disturbo di panico è un disturbo d’ansia caratterizzato da frequenti ed inaspettati attacchi di panico.
L’attacco di panico è la forma più acuta e intensa dell’ansia ed ha carattere di una crisi che si consuma in circa dieci minuti. L’età in cui tale disturbo si manifesta per la prima volta varia da soggetto a soggetto, ma solitamente si colloca tra la tarda adolescenza e i trentacinque anni. Il primo attacco di panico si manifesta quasi sempre durante un periodo in cui stress o tensione sono elevati: si possono avere fattori stressanti psicologici o fattori stressanti fisici. Risultano essere, dunque, fattori di rischio situazioni stressanti fisiche, quali malattie, mancanza di sonno, etc., e psicologiche, quali stress lavorativo, problemi finanziari, lutti, etc. Esiste una predisposizione genetica e familiarità, per cui i consanguinei di primo grado si trasmetterebbero la tendenza a rispondere con l’ansia a determinati stimoli; influiscono, infine, le caratteristiche di personalità, consistenti essenzialmente in una sensibilità agli stimoli ansiogeni, spesso con stile di pensiero catastrofico.
Durante l’attacco si possono avere uno o più dei seguenti sintomi:

  • Respiro affannoso;
  • Palpitazioni;
  • Vertigini o giramenti di testa;
  • Formicolii ai piedi o alle mani;
  • Senso di costrizione o dolore al torace;
  • Sensazione di soffocamento o mancanza d’aria;
  • Sentirsi svenire;
  • Sudorazione;
  • Tremori;
  • Vampate di caldo o di freddo;
  • Bocca secca;
  • Nausea o nodo allo stomaco;
  • Debolezza delle gambe;
  • Visione annebbiata;
  • Tensione muscolare;
  • Impressione di non riuscire a pensare chiaramente o di non riuscire a parlare;
  • Impressione che le cose intorno non siano reali;
  • Paura di morire, di perdere il controllo, o di comportarsi in modo bizzarro.

Nel corso della vita, in  periodi di stress emotivo, può accadere di avere qualche sporadico attacco di panico, ma questo non vuol dire che si soffre di disturbi di panico: nel disturbo di panico si hanno attacchi di panico inaspettati e ripetuti e, nel periodo di tempo successivo, ci si preoccupa sia dell’eventualità del ripresentarsi di questi attacchi, sia delle loro implicazioni(es.: gravi malattie o pazzia). Le sensazioni provate durante il primo attacco di panico sono così spiacevoli da indurre nel soggetto il timore di riprovarle, per cui si sviluppo una “paura della paura (ansia anticipatoria).
Il disturbo di panico può essere particolarmente invalidante, in quanto ha ripercussioni sulla vita lavorativa, familiare e sociale della persona che ne soffre, danneggiando anche, a lungo termine, il senso di efficacia personale e la stima di sè.
Gli attacchi di panico sono comuni e in alcune persone sono così frequenti da compromettere gravemente la qualità della loro vita quotidiana. Quasi tutti coloro che soffrono per lungo tempo di attacchi di panico prima o poi iniziano a evitare una o più situazioni per la paura di avere un attacco: si parla di “evitamento”. Le situazioni più frequentemente evitate sono: luoghi affollati, spazi aperti, autobus, treni, spazi chiusi e posti lontani da casa o dove comunque è difficile ottenere aiuto. L’evitamento è dovuto principalmente al fatto che la persona evita la situazione perché crede che causi i suoi attacchi di panico e teme, inoltre, le conseguenze sociali che ciò comporterebbe. Inoltre la persona evita le situazione dove potrebbe avere un attacco di panico, perché potrebbe essere, secondo il suo pensiero, pericoloso (es.: avere un incidente in auto durante un attacco di panico).
La maggior parte dei soggetti che soffre di attacchi di panico tende ad imparare velocemente a “riconoscere” le situazioni  in cui è più probabile avere un attacco, o in cui è più pericoloso o fastidioso.
La persona attribuisce erroneamente l’attacco alla situazione nella quale è iniziato: per un concetto di “condizionamento” si passa da un rapporto di associazione ad uno di causa-effetto, per cui si ritiene che se è successo in quella data situazione, è colpa della situazione stessa. Tale convinzione porta allo sviluppo di paure situazionali e, spesso, all’evitamento. Per un processo di “generalizzazione”, la paura e l’evitamento si diffondono fino a temere ed evitare anche altre situazioni.
Dal momento che sia l’ansia che il panico sono l’accentuazione della sensazione di paura, essi indicano il timore di pericolo o minaccia al proprio benessere. In genere le reazioni di paura sono intense, il livello di attivazione si innalza improvvisamente, c’è un carattere di emergenza di fronte ad un oggetto specifico e l’attivazione cessa quando il pericolo si allontana. Nel caso dell’ansia la minaccia è meno evidente, il disagio è prolungato e l’esordio e la fine sono meno netti; inoltre l’ansia è meno intensa e si configura come una sensazione di tensione da aumentata vigilanza. Una differenza, dunque, sta nella consistenza della minaccia: quanto più la minaccia è definita, tanto più si parla di paura; quanto più è indefinita, tanto più si parla di ansia. Questo senso di minaccia si esprime con molte sensazioni fisiche che possono diventare, a loro volta, motivo di preoccupazione: quando lo stato d’ansia è prolungato questi sintomi possono sembrare una malattia, e la persona si convince della loro “pericolosità”, mentre, invece, si tratta solo di sensazioni spiacevoli e fastidiose che possono comunque essere tollerate e che andranno via.
I sintomi del panico sono simili ad una risposta di paura rispetto a situazioni di pericolo: provengono da una scarica di adrenalina, che, oltre a dare sintomi vissuti negativamente (palpitazioni, vertigini, soffocamento, etc.), stimola una maggiore efficienza e concentrazione per affrontare lo stimolo. In condizioni di quiete e di riposo il sangue contiene pochissima adrenalina; durante l’eccitazione, o in circostanze che richiedono speciale impegno si produce una scarica di adrenalina nel torrente circolatorio, cui sono dovuti effetti che, nel loro insieme, costituiscono la reazione di attacco o di fuga.
Tali effetti sono:

  • Contrazione dei muscoli della cute: i peli si “drizzano” (“pelle d’oca”)
  •    Dilatazione della pupilla dell’occhio per ammettere più luce
  • Contrazione dei muscoli lisci dei vasi sanguigni addominali e cutanei: pallore con atteggiamento di paura
  • Rilasciamento dei muscoli lisci dei vasi sanguigni del cuore (coronarie) e dei muscoli scheletrici: cioè migliore nutrimento agli organi che ne hanno bisogno in stato di emergenza
  • Aumento della frequenza cardiaca: la pressione del sangue aumenta
  • Rilasciamento dei muscoli lisci e delle pareti dei bronchioli: migliore fornitura di aria agli alveoli polmonari
  • Esaltazione del respiro
  • Inibizione dei movimenti del tratto digestivo
  • Contrazione degli sfinteri dell’intestino
  • Rilasciamento della parete della vescica urinaria
  • Mobilizzazione del glicogeno muscolare ed epatico: aumento della glicemia
  • Esaltazione del metabolismo

Come si vede, l’iperventilazione, o respirazione eccessiva, è una componente della reazione di attacco o di fuga: quindi è parte di una normale risposta fisiologica e non è pericolosa, anche se i sintomi indotti dall’iperventilazione sono spiacevoli, fastidiosi e possono spaventare, ma non sono dannosi e scompaiono quando si smette di iperventilare. L’iperventilazione, cioè il respirare con una frequenza e/o con una profondità eccessive rispetto alle esigenze dell’organismo, produce uno squilibrio nei rapporti tra ossigeno e anidride carbonica, e questo produce un restringimento dei vasi sanguigni, in particolare quelli di alcune aree del cervello, che produce un minore rilascio di ossigeno.
Sintomi dell’iperventilazione sono:

  • Sensazione di testa leggera
  • Sensazione di stordimento
  • Sensazione di irrealtà e di stranezza del proprio corpo
  • Sensazione di confusione
  • Sensazione di formicolio alle mani, piedi, viso
  • Tachicardia
  • Rigidità muscolare
  • Mani sudate
  • Bocca e/o gola secche
  • Sensazione di mancanza d’aria

Se l’iperventilazione dura a lungo si avrà:

  • Vertigini
  • Nausea
  • Sensazione di testa leggera
  • Sensazione di fatica a respirare
  • Sensazione di costrizione, di dolore al petto
  • Paralisi muscolare
  • Aumento dell’apprensione e del senso di allarme

Iperventilando si aumenta anche il metabolismo e si avrà:

  • Sensazione di accaldamento e arrossamento
  • Sudorazione abbondante
  • Stanchezza
  • Sensazione dei muscoli affaticati, specie quelli del torace

Durante un attacco di panico molte persone hanno pensieri quali: “sto per morire”, “avrò un infarto”, “impazzirò”, e si è portati ad immaginare di avere un collasso per la strada ignorati dai passanti. Tali pensieri vengono definiti automatici, come automatiche sono le immagini, in quanto sono rapidi e spontanei ed accadono senza una logica. Tali pensieri ed immagini sembrano plausibili alla persona quando accadono, ma spesso sono meno credibili visti in retrospettiva: chiaramente irreali, esagerati o sbagliati. I pensieri automatici in situazioni di panico fanno quasi sempre parte di un circolo vizioso di pensieri, emozioni e sensazioni fisiche.
Il modello del disturbo da panico proposto da Clark (1986), è uno dei più utili per la concettualizzazione cognitiva e il trattamento del disturbo. Il modello di Clark propone che una determinata sequenza di eventi in una successione circolare conduca all’attacco di panico, ed è attualmente conosciuto come “il modello del circolo vizioso” del panico.

 
Nel modello di Clark, gli attacchi di panico sono il risultato di “catastrofiche interpretazioni” di eventi fisici e mentali, erroneamente considerati segni di un imminente disastro, quale avere un attacco cardiaco, svenire, soffocare o diventare pazzo. Ad esempio, la sensazione fisica del capogiro può venire interpretata come un indicatore di un imminente svenimento, mentre quella dell’aumento del battito cardiaco come attacco di cuore. Anche eventi mentali, quali una difficoltà di concentrazione o la sensazione di avere pensieri che si accavallano confusamente, possono essere interpretati erroneamente come catastrofi mentali o sociali, quale perdere il controllo della propria mente o dei propri comportamenti.
Molte normali sensazioni fisiche o cambiamenti delle funzioni fisiologiche possono diventare oggetto di interpretazioni erronee. Il circolo vizioso, che culmina con l’attacco di panico, consiste in una sequenza di pensieri, emozioni e sensazioni che possono iniziare con qualunque di tali elementi. In questo modello ogni stimolo interno o esterno, che è giudicato minaccioso, produce lo stato d’ansia e i relativi sintomi somatici associati, che se sono interpretati in modo catastrofico, producono un ulteriore aumento del livello di ansia intrappolando l’individuo in un circolo vizioso, culminante nell’attacco di panico. Una volta che l’attacco è avvenuto, intervengono almeno tre fattori per mantenere tale situazione:

  • Attenzione selettiva riguardo alle sensazioni corporee;
  • Comportamenti protettivi associati alla situazione;
  • Evitamento.

Prestare selettivamente maggiore attenzione ai fenomeni del proprio corpo e focalizzarsi su esso, può contribuire all’abbassamento della soglia di percezione delle sensazioni e comportare un aumento dell’intensità soggettivamente percepita, conducendo a una maggior predisposizione ad attivare il circolo vizioso dell’interpretazione catastrofica. Inoltre, i pazienti sviluppano comportamenti protettivi legati al contesto della situazione, allo scopo di evitare le conseguenze temute. Sfortunatamente, questi comportamenti impediscono di disconfermare le proprie convinzioni, con una possibile intensificazione dei sintomi somatici. Ad esempio, i soggetti che erroneamente interpretano un capogiro come un segno di imminente collasso, possono subito sedersi, appoggiarsi a qualcosa per evitare di crollare a terra.
In conclusione, i comportamenti protettivi contribuiscono a mantenere l’attacco di panico in due modi: primo, impediscono la possibilità di una disconferma delle interpretazioni erronee inducendo il paziente ad attribuire falsamente il mancato avverarsi della conseguenza temuta al loro utilizzo e non, piuttosto, al fatto che l’ansia non causa drammatiche conseguenze fisiche come il collasso. Secondo, certi comportamenti protettivi possono peggiorare direttamente i sintomi somatici e cognitivi e, di conseguenza, rendere più probabile l’avverarsi della situazione temuta. Infine, “evitamento” è un fattore di mantenimento dell’attacco di panico poiché, nel caso di situazioni critiche, per esempio negozi affollati, limita la possibilità del soggetto di provare ansia e scoprire che questa non porta alla catastrofe.
La terapia cognitivo-comportamentale per il disturbo di panico si basa sul presupposto che, durante un attacco di panico, la persona tende ad interpretare alcuni stimoli esterni (es. code nel traffico, luoghi chiusi, luoghi aperti) o interni (es. tachicardia, sensazione di svenimento, confusione mentale) come pericolosi, come il segnale di un’imminente catastrofe; tali interpretazioni, spaventando la persona, scatenano l’ansia, con i relativi sintomi mentali e fisici.
Il trattamento cognitivo-comportamentale prevede un protocollo che contiene le seguenti procedure:

  • ricostruzione della manifestazione iniziale e attuale del disturbo;
  • formulazione di un contratto terapeutico, che contenga, in particolare, obiettivi condivisi da paziente e terapeuta e i loro rispettivi compiti (es. compiti a casa per il paziente);
  • psicoeducazione, che consiste nel fornire al paziente informazioni sul disturbo, in particolare le sue modalità di insorgenza e mantenimento (mediante la ricostruzione del circolo vizioso del panico);
  • insegnamento di tecniche per la gestione dei sintomi dell’ansia;
  • individuazione delle interpretazioni erronee (es. pensieri catastrofici) che portano all’attacco di panico e messa in discussione di tali interpretazioni;
  • esposizione graduale alle sensazioni e agli stimoli temuti ed evitati;
  • prevenzione delle ricadute.

L’ansia ci è utile quotidianamente, essendo un meccanismo che fa parte del nostro schema di attivazione di fronte a situazioni nuove o impreviste di pericolo:  è un’emozione fondamentale per la nostra sopravvivenza.
L’ansia diventa patologica quando la nostra interpretazione di uno stimolo diventa non più corretta, identificando l’evento come più impegnativo di quanto esso sia in realtà. Non è l’ansia ad essere patologica, ma è il pensiero che si associa alla situazione: ricorrenti attacchi di panico sono “falsi allarmi disadattavi”.
Gli attacchi di panico sono molto comuni nella popolazione generale e il disturbo di panico è uno dei disturbi d’ansia più comuni: l’importante è essere consci del fatto che il disturbo di panico non è una malattia fatale e non porta alla psicosi.
Dott.ssa Marialuisa Marullo
Psicologa – socio SITCC (Società Italiana di Terapia Cognitivo Comportamentale)-  Consulente esterno LIDAP (Lega Italiana Disturbo Attacchi di Panico))

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Adrian Wells. Trattamento Cognitivi dei Disturbi d’Ansia. Ed.Mc Graw- Hill
  • S. Sassaroli, R. Lorenzini, G.Ruggiero.  Psicoterapia Cognitiva dell’Ansia. Rimuginio, controllo ed evitamento. Raffaello Cortina Editore
  • Galassi, La Mela, Lucarelli- Centro di Terapia Cognitivo Comportamentale Università di Firenze. La libertà imprigionata. L’Ansia e il Panico: come comprenderli e affrontarli.
  • Mc Naugh e Callandrer. Fisiologia illustrata.
  • LIDAP – Lega Italiana Disturbo Attacchi di Panico: http://www.lidap.org
  • Terzo Centro di Psicoterapia Cognitiva. http://www.terzocentro.it
  • ECOMIND: http://www.ecomind.it

  

Fonte: http://www.lidapsicilia.it/articolo%20DAP.doc

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Attacchi di panico cosa si prova e cosa sono

Attacchi di Panico e Agorafobia

"...ero ad una festa, ridevo e scherzavo in compagnia dei miei amici.
Improvvisamente ho sentito un forte dolore al petto, ho subito pensato ad un infarto. Ero sudato, spossato e spaventato perché non
riuscivo a capire cosa mi stava capitando. In ospedale mi hanno fatto tutti i controlli. Il medico mi disse: "non si preoccupi, lei non ha nulla, ha solo avuto un attacco di panico".

Cos'è un Attacco di Panico? E' un periodo preciso di intensa paura o disagio, accompagnato da almeno 4 sintomi: palpitazioni, sudorazione, tremori fini o a grandi scosse, sensazione di soffocamento, sensazione di asfissia, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, vertigini, derealizzazione o depersonalizzazione, paura di perdere il controllo o di impazzire, paura di morire, parestesie, brividi o vampate di calore. Il primo attacco di panico si manifesta improvvisamente, "a ciel sereno", cioè in modo inaspettato e non provocato dalla situazione. Se l'attacco di panico si ripete, la persona sviluppa un'intensa paura di averne altri e comincia ad essere attenta alle sensazioni fisiche provate, perché vissute come pericolose per la propria salute fisica. La persona, infatti, teme di svenire, morire per un infarto o per un ictus. Inoltre, si possono sviluppare paure irrazionali, chiamate fobie, nei confronti delle situazioni in cui si è presentato l'attacco di panico. La persona tenderà ad evitare tali situazioni e sviluppare un atteggiamento agorafobico.
Cos'è l'agorafobia? E' la tendenza ad evitare tutte le situazioni o i luoghi da cui potrebbe essere difficile fuggire o ricevere aiuto in caso di attacco di panico.
Cos'è un disturbo da attacchi di panico (DAP)? E' un disturbo d'ansia in cui gli attacchi di panico sono ricorrenti, inaspettati, seguiti da almeno un mese di preoccupazione persistente di avere un altro attacco o un significativo cambiamento di comportamento.
Quante persone soffrono di disturbo di panico? Studi epidemiologici concordano nell'indicare percentuali tra 1.5% e 3.5% della popolazione. Il disturbo di panico esordisce tipicamente tra la tarda adolescenza e i 35 anni ed è più frequente nelle donne con un rapporto di circa 2.5 a 1 rispetto ai maschi. II 14% delle persone che ha avuto un infarto, soffre di panico. Quale terapia risulta efficace? La terapia cognitivo comportamentale risulta efficace e specifica per il trattamento del disturbo di panico. Le tecniche utilizzate sono: Ristrutturazione coqnitiva in cui la persona impara ad identificare e poi a modificare i propri pensieri negativi e le proprie convinzioni. Esposizione "enterocettiva" attraverso cui la persona impara ad affrontare i sintomi solitamente provati durante un attacco di panico. Esposizione qraduale in vivo alle situazioni temute ed evitate. La Terapia cognitiva comportamentale è integrata con l'Ipnosi e l'EMDR.

 

Fonte: http://www.centropsicoterapiaerickson.com/upload/Attacchi%20di%20Panico%20e%20Agorafobia.doc

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Attacchi di panico cosa si prova e cosa sono

Attacchi di panico

·  Cos’è il disturbo di panico
Gli attacchi di panico sono degli episodi di ansia acuta che si presentano come un fulmine a ciel sereno, in maniera brusca e improvvisa. L'ansia raggiunge in pochi istanti una notevole intensità, per poi diminuire gradualmente. Gli episodi di panico tendono a ripetersi con frequenza variabile.

·  Caratteristiche degli attacchi di panico
Gli attacchi di panico si presentano in situazioni che di solito non provocano ansia: passeggiate, esercizio fisico, ecc. A volte seguire l'ingestione di caffè, alcolici, l'abuso di sigarette o l’assunzione di sostanze stupefacenti (marijuana, cocaina, ecc.).
Gli attacchi di panico compaiono generalmente senza un motivo comprensibile per la persona.
E’ colpito dal disturbo di panico circa il 15% della popolazione, con forme cliniche particolarmente importanti nel 4% circa dei casi. In genere sono più interessate dal disturbo le donne (70% dei casi), soprattutto le ragazze tra i 20 e i 30 anni. 

· Sintomi degli attacchi di panico
Caratteristica tipica degli attacchi di panico è la sensazione di pericolo o di morte imminente (es. di avere un infarto, di avere un collasso, ecc.), paura di perdere il controllo sui propri pensieri e sul proprio comportamento (paura di svenire, di impazzire, ecc.).
Caratteristici sono nella persona colpita da un attacco di panico i disturbi cardiaci (tachicardia, dolore al torace), i disturbi respiratori (mancanza di respiro, aumento della frequenza respiratoria, ecc.),  i disturbi gastrointestinali (nausea, vomito, ecc.). Inoltre, spesso compaiono: sudorazione, vampate di calore, vertigini, tremori, formicolii alla mani e ai piedi.
Durante un attacco di panico la persona può sentirsi completamente confusa e disorientata, altre volte può sentirsi come se non fosse più se stessa (depersonalizzazione), oppure avvertire una sensazione di irrealtà (derealizzazione) delle cose circostanti.
Un fenomeno spesso associato agli attacchi di panico, è l’iperventilazione, una respirazione più rapida e profonda, che fa arrivare al cervello sangue troppo carico di ossigeno e con scarsa anidride carbonica (alcalosi respiratoria). La conseguenza è una specie di intontimento, per cui la persona diventa incapace di comprendere bene ciò che vede e sente.
Come conseguenza di tutti questi sintomi, psicologici e fisici, la persona smette di eseguire quello che stava facendo, fugge dalla situazione in cui si è avuto l’attacco, rifugiandosi nella propria abitazione, o recandosi presso un  pronto soccorso.
Gli attacchi di panico durano in media 4-6 minuti, ma la sensazione soggettiva di sofferenza si prolunga per circa 20-30 minuti.

· Frequenza,  decorso e complicazioni degli attacchi di panico
Inizialmente la frequenza degli episodi di panico può essere di 3-5 a settimana, ma con il passare del tempo le crisi tendono a ridursi in quanto le persone imparano ad evitare le situazioni che possono creare ansia (andare al supermercato nelle ore di punta, andare al cinema, ecc.).
Col passare del tempo e col ripetersi delle crisi abbiamo la comparsa di vere e proprie complicazioni.
Assai spesso compare la preoccupazione di avere una grave malattia fisica, con frequente il ricorso a visite specialistiche ripetute (dal cardiologo, dal gastroenterologo, dall'otorino, dal neurologo), ed accertamenti vari (elettrocardiogramma, ecografie, ecc.).
Col passare del tempo si sviluppa sempre più la preoccupazione circa il ripetersi degli attacchi, con stato di allarme continuo (ansia anticipatoria) e successivo evitamento di quelle situazioni sociali dove è più facile che si possa verificare l'attacco (agorafobia). A questo punto lapersona esce di casa solo in compagnia di una compagnia “rassicurante” (il partner, un familiare, ecc.)
Ne deriva facilmente un senso di sconforto, per lo scadimento sempre maggiore della qualità della propria vita, con comparsa di depressione secondaria, soprattutto nelle persone prima molto attive.
Può comparire dipendenza dai tranquillanti, a volteabuso di alcolicio di sostanze stupefacenti, assunti perridurre l'ansia anticipatoria.

· Terapia degli attacchi di panico
La terapia degli attacchi di panico segue in genere due tipi di approcci, quello farmacologico e quello psicologico.
- Impiego di farmaci. Una terapia con molecole antidepressive agenti sulla serotonina può essere efficace nella prevenzione e nel controllo della sintomatologia collegata agli attacchi di panico.
Ogni trattamento farmacologico ha, però oltre ai pro, anche i contro. Il primo problema è la durata, con il rischio di protrarre il trattamento anche per molti anni e la probabilità non bassa di ricadute alla sospensione del farmaco. In secondo luogo, la terapia con soli farmaci può controllare bene gli attacchi di panico, ma di solito non controlla l’agorafobia. Infine, diverse persone, come hanno paura degli attacchi di panico, hanno paura anche dei farmaci, e quindi tendono a non assumerli.
- Psicoterapia cognitivo-comportamentale. E’ la forma di intervento psicologico oggi più usata nel trattamento del disturbo da attacchi di panico.
Secondo la teoria psicologica cognitiva, ogni problema emotivo e comportamentale umano deriva da un modo specifico di pensare di quella persona. Il compito del terapeuta è quello di aiutare il paziente a individuare il suo modo di pensare “sbagliato” (responsabile di emozioni e di comportamenti inadeguati alle situazioni) aiutandolo a “riprogrammare” il suo pensiero, le sue emozioni ed il suo comportamento.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale è una forma di intervento psicologico breve, che in genere dura pochi mesi.
- Terapia con biofeedback. E’ una delle scoperte più importanti della moderna medicina psicosomatica. Il biofeedback è una macchina che misura lo stress prodotto dall’organismo attraverso la misurazione del grado di tensione muscolare. Lo strumento emette un segnale visivo e sonoro che è tanto più frequente quanto più forte sarà il livello di ansia e stress. E’ possibile imparare a ridurre il segnale e, quindi, la propria ansia, attraverso un addestramento progressivo medio di 10-15 o più sedute, a seconda dei casi.
Combinando l’efficacia delle varie terapie è possibile raggiungere notevoli risultati terapeutici, con una percentuale di successi superiore al 90% dei casi.

Dott. Fernando Di Rienzo

 

Fonte: http://www.centromedicoroma.org/upload/Disturbo%20di%20Panico.doc

Sito web da visitare: http://www.centromedicoroma.org

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Attacchi di panico cosa si prova e cosa sono

Attacco di panico
Che cos’è
Un attacco di panico è un episodio di intenso malessere che compare improvvisamente, con o senza preavviso, e dura mediamente 10-20 minuti. Nel cosiddetto “disturbo di panico” i singoli attacchi si ripetono nel tempo.
Gli attacchi sono improvvisi, inaspettati e, spesso, ricorrenti e, nella maggior parte dei casi, si associano alla paura di trovarsi in luoghi o situazioni dai quali può risultare difficile allontanarsi oppure nei quali non si può essere soccorsi (agorafobia).
Gli attacchi di panico sono più frequenti nei soggetti di sesso femminile.
Sintomi più comuni
Il malessere si accompagna ad ansia e altri sintomi quali palpitazioni, sudorazione, tremore, nausea, vampate di calore, brividi, senso di oppressione toracica, respirazione difficoltosa.
Per la presenza di questi sintomi spesso chi soffre di attacchi di panico si reca in pronto soccorso con il timore di avere un problema cardiovascolare (soprattutto un infarto).
Si associa spesso a paura di morire, di impazzire o di perdere il controllo delle proprie azioni, e può comparire una momentanea alterazione della percezione dell’ambiente circostante, come se si vivesse in un mondo irreale, o di sé stessi, come se si fosse staccati dai propri pensieri o dal proprio corpo.
Il ripetersi degli attacchi di panico può essere causa di ansia “anticipatoria”, cioè della paura che gli attacchi si possano ripetere, cosicché chi ne soffre è spesso teso o ansioso anche durante gli intervalli fra i singoli attacchi.
Cause
Per quanto riguarda le cause si ritiene che ci sia una predisposizione ereditaria sulla quale agiscono fattori ambientali e psicologici.
Spesso gli attacchi compaiono in luoghi affollati come cinema, supermercati o mezzi pubblici, nonché in spazi ampi senza una persona conosciuta e fidata al proprio fianco.
Possono concorrere a scatenare il disturbo anche alcune sostanze, come la caffeina e alcune sostanze di abuso quali cocaina, amfetamine e cannabis, così come l’astinenza da farmaci quali benzodiazepine e oppioidi.
Le cure
Generalmente gli attacchi di panico rispondono bene e rapidamente ai farmaci, mentre alcune complicanze, come l’agorafobia, rispondono meglio alla psicoterapia.
Solo quando gli attacchi di panico tendono a manifestarsi in maniera sporadica possono essere usate benzodiazepine, che devono necessariamente essere prescritte da uno psichiatra.
Nei casi in cui il disturbo sia più grave, si ricorre in primo a inibitori del reuptake della serotonina (SSRI), oppure agli antidepressivi triciclici, anch’essi farmaci da prescrizione.
Le psicoterapie cognitivo-comportamentali, basate sull’esposizione graduale alle situazioni temute sono utili in caso di agorafobia.
Se trattato in modo adeguato, il disturbo può regredire completamente.
Quando consultare il medico
Se l’attacco di panico non resta un episodio isolato è bene sempre rivolgersi al medico in quanto, oltre al disagio dell’attacco stesso e dell’ansia anticipatoria, c’è la tendenza del disturbo a cronicizzare ed evolvere verso disturbi più complessi, in cui si associano e si sovrappongono depressione, fobia sociale o ipocondria.

 

Fonte: http://auxiliumfoggia.altervista.org/alterpages/files/Attaccodipanico.doc

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Attacchi di panico cosa si prova e cosa sono

Stress

risposta organica alle alterazioni metaboliche e viscerali determinate da vari agenti che possono colpire l’organismo.
Agenti di disturbo :

  • carichi di lavoro eccessivi se non intervallati da pause di recupero
  • stravolgimento del naturale ritmo sonno/veglia
  • continue situazioni di rischio o incertezza
  •  preoccupazioni continue
  • delusioni non accettate
  • disapprovazioni o rimproveri non compresi

Tutto ciò porta a bloccare permanentemente alcuni muscoli mediante tensioni croniche inconsce che disturbano l’individuo e gli fanno perdere la sua vitalità .

Ansia

Emozione negativa che si associa a manifestazioni somatiche caratterizzata dal timore di pericoli più o meno determinati e da una sensazione di impotenza e di inadeguatezza ( angoscia ).
Come per lo stress ne esiste una forma non completamente negativa   
( fisiologica, di prestazione )

Concetto di crisi : la crisi d’ansia esprimerebbe un profondo disagio dell’individuo oscillante tra una "tensione progettuale" che lo spinge a realizzare le proprie potenzialità e un bisogno di passività, di quiete (riza-psicosomatica)

Tipi di Ansia :

  • l’ansia acuta, o "disturbo di attacchi di panico" ( ne soffre l’8% della popolazione )
    • attacchi di panico :  comparsa improvvisa ed inaspettata di una sensazione di terrore e angoscia accompagnati da sintomi corporei

             2. l’ansia di tipo cronico o "ansia generalizzata"
è  "stato di tensione" diffuso e persistente, privo dei momenti di crisi come negli attacchi di panico ma caratterizzato da un malessere generale psicologico - corporeo

3. l’ansia causata da un evento traumatico o particolarmente stressante.
è Conseguenza, limitata nel tempo, di uno o più eventi traumatici di tipo personale, come violenze, lutti, rapine oppure di tipo collettivo come terremoti.

             

Sintomi  :

 

Vari e di diversa gravità e sofferenza :
senso di soffocamento, palpitazioni, sensazione di svenimento, vampate, sudorazione profusa, dolore toracico acuto tanto da essere convinto di avere un infarto e di essere sul punto di morire, disturbi del sonno, difficoltà di memoria e di attenzione, vertigini, bocca secca, formicolii alle mani e ai piedi, difficoltà digestive, sensazione di caldo e di freddo improvvisa, nodo in gola, difficoltà a deglutire, aumento della respirazione, difficoltà alla respirazione, mani fredde e umide, diarrea, sensazione di "testa vuota" o "leggera", nodo alla bocca dello stomaco, dolori muscolari, nausea, gastrite, colite, psoriasi, emicrania, alopecia, ecc.
Perché arrivano i sintomi?
Perché  ad ogni emozione non corrisponde solo una reattività affettiva e comportamentale ma anche una risposta da parte degli organi del corpo mediata dal sistema nervoso autonomo. Ecco quindi perché in concomitanza con l’angoscia e il terrore riferiti da chi soffre di attacchi di panico, oppure con lo stato di tensione diffuso e persistente di chi presenta ansia generalizzata, si manifestano anche sintomi "apparentemente" solo corporei

Cause :

Predisposizione naturale / fattori genetici che rendono vulnerabile
Ereditarietà
Fattori biologici

Evento Traumatico

Pressioni sociali o personali

 

Rimedi e cure :

  • Farmacologia  ( ansiolitici, antidepressivi, ecc. )
  • Medicine alternative  ( cinese, indiana, ecc. )
  • Medicina omeopatica
  • Psicoterapia  ( percorso profondo di conoscenza di se stessi )
  • Terapie corporee e miglioramento dello stile di vita

 

Fonte: http://www.psicologiaperlosport.it/ansia_e_stress.doc

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Strategie efficaci contro gli Attacchi di Panico

Il Disturbo da Attacchi di Panico (DAP) è attualmente molto diffuso ed è caratterizzato da crisi d’ansia elevata che si verificano in situazioni ansiogene o anche inaspettatamente.
Tachicardia, respiro corto, tremori, sensazioni di svenimento o di irrealtà, paura di morire sono tra i sintomi più comuni ai quali si aggiungono spesso paure varie come la paura di allontanarsi, la paura dei luoghi affollati o con poche vie di uscita e non ultima la paura di avere gli attacchi. Il soggetto sviluppa una serie di “paure conscie” relative a situazioni ansiogene o agli Attacchi di Panico stessi.
Essendo un disturbo divenuto più frequente in anni recenti è probabile che ci siano fattori sociali predisponenti. Uno di essi potrebbe essere il relativo isolamento sociale che si vive nelle grandi città, dove si rinvengono molte famiglie “ nucleari”, composte cioè da genitori e figli, contrapposte a quelle “allargate” delle generazioni precedenti dove convivevano spesso anche nonni, zii, generi e nuore.
I componenti delle famiglie nucleari non sempre hanno parenti prossimi e tanto meno amici che abitino nelle vicinanze. Le distanze, il traffico rendono il sostegno sociale più precario e difficile; ciò aumenta ovviamente il senso di solitudine e facilita l’insorgere dell’ansia in situazioni percepite come pericolose. In effetti  il DAP è risultato più frequente negli individui residenti in zone urbane rispetto a quelli residenti in campagna. (Rouillon 1997)
Il soggetto che si lamenta di DAP  non sa di solito perché è insorta la sintomatologia. Lo psicologo tuttavia, grazie alla storia clinica, può rinvenire in genere sia l’evento o condizione scatenanti  in seguito ai quali è iniziata la sintomatologia, sia eventi e situazioni nell’infanzia che fungono da fattori predisponenti.
In base alla mia esperienza clinica con soggetti adulti, l’evento o condizione scatenante, nella quasi totalità dei casi, si collega a una problematica ansiogena inconscia che sottostà e sostiene gli Attacchi di Panico. Ad esempio un evento scatenante come l’interruzione di un rapporto sentimentale può attivare  una problematica ansiogena inconscia relativa a paure di non riuscire ad avere un rapporto stabile con chicchessia con paure di solitudine, di inadeguatezza ecc..
E’  tale problematica ansiogena inconscia  che sostiene gli Attacchi di  Panico, anche se essi si manifestano  nelle occasioni più impensate e senza nesso apparente con essa.
Anche questa problematica ansiogena inconscia può essere individuata dallo psicologo con un’attenta analisi della storia clinica e dei colloqui.
La Terapia Breve Strategica ha elaborato protocolli di trattamento per gli Attacchi di Panico che fanno riscontrare una  percentuale molto elevata di successi terapeutici. Inoltre la durata deltrattamento è breve: solitamente sono sufficienti dai 7 ai 12 colloqui per ottenere  la risoluzione dei sintomi e del problema.
I protocolli della Terapia Strategica Breve utilizzano, tra l’altro, tecniche di controllo dei sintomi che prendono in considerazione quelle che abbiamo chiamato “paure conscie”.

Possono esserci tuttavia  dei casi resistenti a tali tecniche standard della Terapia Strategica Breve. In tal caso ho sperimentato che è opportuno adattare la terapia e le relative tecniche facendo riferimento alla problematica psicologica ansiogena inconscia che sottostà  e sostiene gli Attacchi di Panico.
Il controllo dei sintomi viene così  agganciato piuttosto che alle “paure conscie”, alla “problematica ansiogena inconscia”, alle paure cioè che si situano a un livello inconscio..
In tal modo le manovre terapeutiche risultano ancora più efficaci e si riesce a controllare meglio la sintomatologia, riducendola a livelli accettabili e compatibili con una vita lavorativa e sociale soddisfacente. Tale sintomatologia è poi destinata a risolversi sempre più man mano che il tempo, la psicoterapia e altri eventi di vita conducono ad un superamento completo della problematica in questione.
I fattori predisponenti che si radicano in esperienze infantili si giovano invece spesso di sedute di Terapia della Gestalt e dell’utilizzo di tecniche di drammatizzazione proprie di questo approccio terapeutico. La Gestalt inoltre può essere utilizzata anche per risolvere problemi relazionali del presente che alimentano la sintomatologia ansiosa.

Solitamente comunque,  la problematica ansiogena recente  ha un ruolo di assoluta prevalenza nel determinare l’insorgere del DAP e conseguentemente il terapeuta deve concentrarsi sulla sua risoluzione e/o sull’attenuazione dell’ansia associata.
La TBS appare un  approccio molto valido e veloce  per curare il DAP, tanto più efficace quanto più   prenda in considerazione, ove necessario, anche le problematiche ansiogene inconscie.

BIBLIOGRAFIA
- Nardone  G. (1991) Suggestione, Ristrutturazione, Cambiamento. Giuffrè
- Rouillon F. (1997), “Epidemiology of Panic Disorder”. Human Psychopharmacology, 12, S7-S12

Creative Commons License Deed
Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia (CC BY-NC-ND 3.0 IT) Creative Commons

 

Fonte: http://www.valentinasciubba.it/res/site18904/res655189_Attacchi-di-Panico-e-TBS.docx

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Terapia della Gestalt e l’ansia.
La Gestalt considera il sintomo non come qualcosa che deve essere eliminato, ma in un ottica evoluzionista, il miglior adattamento possibile che un organismo è stato in grado di trovare per rapportarsi ad uno specifico ambiente. La differenza quindi non è tra sano e malato, ma tra blocco e flusso. Obiettivo della terapia allora non diventa l’eliminazione del disturbo, ma rendere il sintomo meno cristallizzato, ovvero cercare di ristabilire una dinamica figura sfondo che invece attraverso il sintomo viene bloccata.
Nel testo Teoria e pratica della terapia della Gestalt di Perls, Hefferline e Goodman il panico viene considerato un sano e normale adattamento creativo che l’organismo attua in particolari condizioni. Il panico, come ogni esperienza, è un fenomeno del campo, espressione quindi di un particolare modo e momento del rapporto organismo/ambiente. È una funzione protettiva per l’organismo nelle situazioni di estremo pericolo ambientale. Ecco perché il terapeuta lavorerà con il proprio cliente riconoscendo che quel sintomo, a esempio l’attacco di panico, è l’unico modo in cui l’individuo è riuscito a rispondere a quello che stava succedendo nella sua vita. Un importante strumento utilizzato nel trattamento dell’ansia è la focalizzazione nel presente.
La persona che soffre d’ansia è orientata al futuro, un futuro che viene percepito come catastrofico.
Il continuum di consapevolezza permette l’emergere di sensazioni, sentimenti, idee e permette l’emergere di gestalt dando il via al ciclo di contatto. Al contempo la focalizzazione nel presente evita la fuga rassicurante dell’ansioso interrompendo le proiezioni nel futuro. Attenzione al presente non significa, ovviamente, negazione del passato e del futuro quali dimensioni, che nel presente conservano un autentico significato. Laura Perls afferma, quanto esiste, esiste qui e ora, il passato esiste ora come memoria, nostalgia, rimpianto, risentimento, fantasia, leggenda o storia. Il futuro esiste, qui e ora nel presente attuale, come anticipazione, pianificazione, saggio, aspettativa e speranza o timore o disperazione. La terapia della Gestalt, quindi, lo assume tale e quale si presenta nel qui e ora, non per come è stato o come potrebbe arrivare a essere.
Il continuum di consapevolezza stimolato inizialmente con l’utilizzo di alcune domande :
Cosa fa?, Cosa sente?, Cosa vuole?, Cosa evita? e Cosa si aspetta?
diviene nel corso della terapia lo strumento grazie al quale i clienti riescono a distinguere consapevolmente sé, dal mondo esterno ed arrivare a differenziare quando stanno facendo esperienza di sé, quando stanno percependo il mondo circostante e quando stanno usando il loro intelletto. Il terapeuta e il suo cliente sono impegnati in una «relazione autentica io-tu fra due persone, ciascuna delle quali conserva il proprio posto». Il terapeuta gestaltico esplora il sintomo insieme al cliente, condividendo con lui questa avventura a due, in una relazione di simpatia che Perls oppone, a quelle che lui stesso definisce, l’empatia rogersiana e l’apatia psicoanalitica.
Compito del terapeuta è facilitare il recupero del sentire le proprie emozioni e la possibilità di entrare in contatto con la realtà nel tentativo di intervenire ed agire su essa, recuperando la dimensione della responsabilità (ciò che la persona vuole o non vuole fare), e l’accettazione del proprio modo di essere.

Bibliografia:
F.S. Perls, R.F. Hefferline, P. Goodman, Teoria e pratica della terapia della Gestalt, Astrolabio, Roma 1994.
S. Ginger, La Gestalt terapia del con-tatto emotivo, Edizioni Mediterranee, Roma 1990.
L. Perls, intervistata da Edward Rosenfeld, in: The Gestalt Journal, vol.1, 1978.


Fonte: http://www.aspicvasto.it/allegati/ansia%20e%20gestalt.docx

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