Salmi

 


 

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Salmi

 

I SALMI (26-50)

 


SALMO 26
26 (25) Preghiera dell’innocente
1 Di Davide.
Signore, fammi giustizia:
nell’integrità ho camminato,
confido nel Signore, non potrò vacillare.
2 Scrutami, Signore, e mettimi alla prova,
raffinami al fuoco il cuore e la mente.
3 La tua bontà è davanti ai miei occhi
e nella tua verità dirigo i miei passi.
4 Non siedo con gli uomini mendaci
e non frequento i simulatori.
5 Odio l’alleanza dei malvagi,
non mi associo con gli empi.
6 Lavo nell’innocenza le mie mani
e giro attorno al tuo altare, Signore,
7 per far risuonare voci di lode
e per narrare tutte le tue meraviglie.
8 Signore, amo la casa dove dimori
e il luogo dove abita la tua gloria.
9 Non travolgermi insieme ai peccatori,
con gli uomini di sangue non perder la mia vita,
10 perché nelle loro mani è la perfidia,
la loro destra è piena di regali.
11 Integro è invece il mio cammino;
riscattami e abbi misericordia.
12 Il mio piede sta su terra piana;
nelle assemblee benedirò il Signore.
L’autore di questo salmo è fermamente convinto che Dio sia attento e vagli accuratamente la moralità degli uomini (v. 2). Il Signore non si accontenta della superficie, ma penetra nella coscienza: scruta i sentimenti e le scelte fondamentali della persona.
Le proteste di innocenza di questo salmo non hanno niente a che vedere col fariseismo. La situazione dell’orante è ben diversa da quella del fariseo di cui parla Lc 18,11-12. Tuttavia solo Gesù poteva pregare così, nel senso dell’assoluta assenza di peccato. Egli infatti è "il sommo sacerdote, santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli" (Eb 7,26), egli è colui al quale i suoi accusatori non potevano rimproverare alcun peccato (Gv 8,46; Lc 23,4). È vero che venne eliminato insieme con i peccatori e gli uomini di sangue (v. 9; Mc 15,27) ma fu riscattato (v. 11) dal Padre e restituito alla vita. Il cristiano può pregare questo salmo per se stesso e per la chiesa che in qualche parte del mondo è sempre una perseguitata innocente.
Commento dei padri della Chiesa
v. 1 "Nell’integrità ho camminato: Ho deciso e scelto di condurre nell’innocenza la mia vita terrena, che è l’ingresso di quella celeste" (Beda).
"Confido nel Signore, non potrò vacillare: la sua forza è la fede" (Girolamo).
v. 2 "Saggia il mio cuore e la mia mente col fuoco del tuo Verbo e del tuo Spirito" (Agostino).
v. 3 "Ho sempre davanti agli occhi la tua bontà e cerco di esservi fedele" (Eusebio).
v. 6 "Le mani sono il simbolo dell’azione; lavandole, richiamiamo al pensiero la purezza delle azioni" (Cirillo d’Alessandria).
"Odiare il proprio peccato, compiere opere buone, ecco la vera purezza delle mani" (Baldovino di Ford).
v. 8 "Il luogo dove abita il Signore è la pace dell’anima" (Origene).
v. 9 "La più grande meraviglia di Dio è che, ad ogni istante, trasforma un empio in un uomo pio e un dannato in un eletto" (Beda).

Commento supplementare
vv. 1-2. Il salmo è introdotto da un pressante appello al giudizio di Dio perché constati l’integrità del salmista e la sua fede nel Signore suo Dio. Il giusto perseguitato chiede a Dio di scrutare la sua coscienza e di purificarla col fuoco che toglie ogni scoria e impurità.
vv. 3-8. L’innocente cammina continuamente sotto lo sguardo della misericordia divina, si tiene lontano dalla compagnia degli empi e ama la casa di Dio dove partecipa al culto con mani innocenti e proclama le lodi del Signore.
vv. 9-12. In questa preghiera finale il salmista riafferma nuovamente l’integrità della sua condotta. La morte è lo stipendio del peccato, per questo egli chiede a Dio di essere conservato in vita per la sua innocenza. Il salmista si sente sicuro e promette di benedire il Signore nella preghiera pubblica delle celebrazioni del tempio. La terra piana è immagine della sicurezza e della rettitudine di condotta (cf. Sal 27,11; 45,7; 67,5; 143,10).

SALMO 27
27 (26) Con Dio nessun timore
1 Di Davide.
Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò paura?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore?
2 Quando mi assalgono i malvagi
per straziarmi la carne,
sono essi, avversari e nemici,
a inciampare e cadere.
3 Se contro di me si accampa un esercito,
il mio cuore non teme;
se contro di me divampa la battaglia,
anche allora ho fiducia.
4 Una cosa ho chiesto al Signore,
questa sola io cerco:
abitare nella casa del Signore
tutti i giorni della mia vita,
per gustare la dolcezza del Signore
ed ammirare il suo santuario.
5 Egli mi offre un luogo di rifugio
nel giorno della sventura.
Mi nasconde nel segreto della sua dimora,
mi solleva sulla rupe.
6 E ora rialzo la testa
sui nemici che mi circondano;
immolerò nella sua casa sacrifici d’esultanza,
inni di gioia canterò al Signore.
7 Ascolta, Signore, la mia voce.
Io grido: abbi pietà di me! Rispondimi.
8 Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»;
il tuo volto, Signore, io cerco.
9 Non nascondermi il tuo volto,
non respingere con ira il tuo servo.
Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi,
non abbandonarmi, Dio della mia salvezza.
10 Mio padre e mia madre mi hanno abbandonato,
ma il Signore mi ha raccolto.
11 Mostrami, Signore, la tua via,
guidami sul retto cammino,
a causa dei miei nemici.
12 Non espormi alla brama dei miei avversari;
contro di me sono insorti falsi testimoni
che spirano violenza.
13 Sono certo di contemplare la bontà del Signore
nella terra dei viventi.
14 Spera nel Signore, sii forte,
si rinfranchi il tuo cuore e spera nel Signore.
Il salmo 27 per la sua forma non costituisce una composizione unitaria. Infatti a un salmo di fiducia (vv. 1-6) segue la lamentazione (vv. 7-13). La situazione è questa: qualcuno ingiustamente perseguitato proclama la sua giustizia (vv. 1-6). Giunto al tempio, davanti al volto di Dio da lui cercato (v. 4) implora che venga allontanata per sempre la pericolosa ostilità degli avversari. La parola di un sacerdote gli fa intravedere tale esito favorevole. Il salmo è nato da questi fatti e li esprime in una forma tradizionale presa soprattutto dai profeti. Gesù trovò facilmente in questo salmo una preghiera adatta per la sua anima e per le vicende della sua vita. Egli era profondamente radicato nel Padre come nel terreno da cui sgorga la sua vita e si muoveva senza paura in un mondo a lui ostile. Il suo sguardo andava al di là dei pinnacoli del tempio alla vera dimora di Dio, che egli tanto spesso chiama cielo. Ma nella sua Passione anche Gesù pagò alla paura il tributo della sua umanità e, "offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a colui che poteva liberarlo da morte" (Eb 5,7), mentre i suoi avversari non rifuggirono neppure dalle false accuse (v. 12; Mc 14,56-57). Un messaggero del Padre (Lc 22,43) lo confortò. Con la sua risurrezione Gesù contemplò in modo potente e definitivo la bontà del Signore nella terra dei viventi (v. 13). Il cristiano con questo salmo può rivolgersi allo stesso Gesù Cristo che è la sua vera luce (Gv 1,9; 8,12) e la sua salvezza (Eb 2,10; At 4,12).
Commento dei padri della Chiesa
vv. 1-2 "L’anima che possiede la luce divina comincia col contemplare il Salvatore; e allora, intrepida contro tutti, combatte con Cristo al suo fianco" (Origene).
v. 3 "La cosa principale è che il cuore non tema. Alla carne è permesso di temere" (Origene).
v. 4 "Tutti i giorni della mia vita eterna, perché attualmente si potrebbe piuttosto dire: tutti i giorni della mia morte" (Agostino).
v. 6 "Offro la gioia spirituale; e siccome sorpassa ogni espressione umana, non resta che gioire nell’intimo. Ogni altra opera cessa, non resta che la lode" (Beda).
v. 8 "Non voglio altra ricompensa che vedere il tuo volto. Voglio amarti gratuitamente perché non trovo niente di più prezioso. Non voglio incontrare altro che te, perché tutto è delusione per chi ama" (Agostino).
v. 11 "Possa io seguire la via regale e giungere alla terra promessa senza deviare né a destra né a sinistra" (Girolamo).
v. 13 "Vedrà la faccia del Signore non sulla terra ma nel paese dei viventi" (Eusebio).

Commento supplementare
vv. 1-6. Con espressioni e accenti che richiamano da vicino la delicatezza del salmo 23, il salmista proclama la sua incrollabile fiducia in Dio e la certezza che vedrà passare il “giorno dell’avversità”. Dio come autore della luce (v. 1) è il dato basilare del concetto di creazione presentato nella prima pagina della Bibbia (Gen 1,3): il Verbo-luce degli uomini è il dato altrettanto basilare del concetto della “nuova creazione” presentato nelle prime pagine del Vangelo secondo Giovanni (Gv 1,4). Dio, luce del suo popolo, è un tema diventato sempre più familiare a Israele dopo Is 60,1-2: “Sorgi, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la luce del Signore risplende su di te. Poiché, ecco, le tenebre coprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni; ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te”.
vv. 7-12. Questa seconda parte del salmo è una lamentazione alla presenza di Dio. Cercare il volto di Dio significa fare il pellegrinaggio al tempio di Gerusalemme, sede della presenza (volto) di Dio (cf. Sal 24,6), senza tuttavia escludere il significato spirituale di tale ricerca.
vv. 13-14. Questa terza parte esprime la certezza della divina benevolenza ottenuta dopo la supplica fiduciosa nel tempio di Dio. L’intervento di salvezza di Dio è considerato come preservazione dalla morte e come godimento della bontà del Signore nella vita presente.

SALMO 28
28 (27) Supplica e ringraziamento
1 Di Davide.
A te grido, Signore;
non restare in silenzio, mio Dio,
perché, se tu non mi parli,
io sono come chi scende nella fossa.
2 Ascolta la voce della mia supplica,
quando ti grido aiuto,
quando alzo le mie mani
verso il tuo santo tempio.
3 Non travolgermi con gli empi,
con quelli che operano il male.
Parlano di pace al loro prossimo,
ma hanno la malizia nel cuore.
4 Ripagali secondo la loro opera
e la malvagità delle loro azioni.
Secondo le opere delle loro mani,
rendi loro quanto meritano.
5 Poiché non hanno compreso l’agire del Signore
e le opere delle sue mani,
egli li abbatta e non li rialzi.
6 Sia benedetto il Signore,
che ha dato ascolto alla voce della mia preghiera;
7 il Signore è la mia forza e il mio scudo,
ho posto in lui la mia fiducia;
mi ha dato aiuto ed esulta il mio cuore,
con il mio canto gli rendo grazie.
8 Il Signore è la forza del suo popolo,
rifugio di salvezza del suo consacrato.
9 Salva il tuo popolo e la tua eredità benedici,
guidali e sostienili per sempre.
Il salmo appartiene al genere delle lamentazioni individuali (vv. 1-5). La seconda parte (vv. 6-7) è un ringraziamento al Signore perché ha ascoltato la preghiera. La lamentazione si riferisce a una accusa ingiusta, che poteva comportare la massima pena, la morte.
La preghiera di un condannato a morte in seguito a false accuse ha un rapporto con il doloroso itinerario di Gesù verso la sua glorificazione (Lc 24,26) e tanto più quando si trasforma in una preghiera di ringraziamento per il soccorso che gli è accordato. Anche l’invocazione del giudizio punitivo di Dio sugli avversari (v. 4) va recitata con convinzione. Ricordiamo che anche Gesù ha annunciato una futura sentenza di condanna da parte di Dio su coloro che "non hanno compreso l’agire del Signore e le opere delle sue mani" (v. 5). I vv. 8-9 schiudono un vasto orizzonte che abbraccia tutta la storia della salvezza, ma che indirizza anzitutto lo sguardo verso la "straordinaria grandezza della potenza di Dio verso di noi credenti secondo l’efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro" (Ef 1,19-21).
Commento dei padri della Chiesa
v. 1 "Questo grido è la forza dello Spirito e la fede incrollabile" (Cirillo d’Alessandria).
"È la voce del Mediatore" (Girolamo).
"È il Cristo tradito e risuscitato" (Beda).
"Dio ci parla con i pensieri santi che ci ispira e anche donandoci il nuovo senso di ascoltare la parola di Dio, di unirsi ad essa e di formare un tutt’uno con lei" (Origene).
"La fossa è il luogo dei prigionieri e di quanti hanno peccato; ma il Cristo vuole riscattare anche loro: è venuto per annunciare la loro libertà" (Origene).
"La Scrittura chiama fossa la dimora delle anime sotto terra; quando queste muoiono, vi cadono dentro, come l’acqua scende verso un lago" (Eusebio).
v. 2 "Lo stendere le mani è un gesto classico per i cristiani che formano così il venerabile segno della croce. Professano così che sono votati al Cristo e sono fieri della sua croce. Questo segno esprime la nostra partecipazione alla sua passione e che portiamo la nostra croce per seguirlo, come lui ci ha detto" (Cirillo d’Alessandria).
v. 3 "Il Cristo è andato in compagnia dei pubblicani e delle prostitute, ma non è andato con quanti donano una pace falsa" (Origene).
v. 8 "Il suo consacrato: è il Cristo e tutte le sue membra" (Eusebio).
v. 9 "Benedici la tua eredità, guidala nel tempo e sostienila fino alla gloria eterna" (Beda).
Commento supplementare
vv. 1-5. La lamentazione, che inizia con le umili invocazioni introduttive (vv. 1-2), si riduce praticamente a un’invettiva contro gli empi, operatori di male e tessitori d’inganni (v. 3) e, soprattutto, dimentichi di Dio e delle sue opere (v. 5).
vv.6-7. Come più volte nei salmi di lamentazione, la supplica si cambia in un inno di ringraziamento per l’avvenuto esaudimento da parte di Dio.
vv. 8-9. In questi due versetti finali viene esaltata e implorata la salvezza di Dio a favore di tutto il popolo e in modo particolare del re.

 

SALMO 29
29 (28) Inno al Signore della bufera
1 Salmo. Di Davide.
Date al Signore, figli di Dio,
date al Signore gloria e potenza.
2 Date al Signore la gloria del suo nome,
prostratevi al Signore in santi ornamenti.
3 Il Signore tuona sulle acque,
il Dio della gloria scatena il tuono,
il Signore, sull’immensità delle acque.
4 Il Signore tuona con forza,
tuona il Signore con potenza.
5 Il tuono del Signore schianta i cedri,
il Signore schianta i cedri del Libano.
6 Fa balzare come un vitello il Libano
e il Sirion come un giovane bufalo.
7 Il tuono saetta fiamme di fuoco,
8 il tuono scuote la steppa,
il Signore scuote il deserto di Kades.
9 Il tuono fa partorire le cerve
e spoglia le foreste.
Nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!».
10 Il Signore è assiso sulla tempesta,
il Signore siede re per sempre.
11 Il Signore darà forza al suo popolo
benedirà il suo popolo con la pace.
È forse il salmo più antico derivato dal repertorio liturgico e poetico delle popolazioni cananee che abitavano la Palestina prima di Israele. È un inno al tuono, voce di Jahweh. Lo spettacolo impressionante della tempesta ravviva la convinzione della potenza irresistibile di Dio e del suo intervento a favore del suo popolo. Il salmo ci presenta Jahweh che siede in trono e accorda la sua benedizione di pace.
Commento dei padri della Chiesa
v. 3 "La voce del Signore si è fatta udire al Giordano: "Questi è il Figlio mio prediletto" (Mt 3,17) e ancora quando ha detto: Andate e battezzate tutte le genti (Mt 28,19) per l’adozione a figli" (Basilio).
"Voce del Signore sulle acque": alla creazione, al momento del diluvio e poi al Mar Rosso" (Eusebio).
v. 9 "Nel suo tempio tutti dicono: "Gloria!" annuncia la chiamata universale di tutti" (Eusebio).
v. 11 "Il Signore benedirà il suo popolo con la pace". "Venite benedetti dal Padre mio" (Mt 25,34). Il Cristo è la nostra pace (Ef 2,14)" (Girolamo).

Commento supplementare
vv. 1-2. Come usuale negli inni (cf. Sal 33,1-2; Dt 32,1-2), l’introduzione è costituita da un invito, rivolto alla corte celeste, a celebrare la gloria di Dio. Il “nome” designa nella Bibbia ciò che è di più proprio a colui che lo porta. La rivelazione da parte di Dio del suo nome sul Sinai fu la grande rivelazione che Dio fece di sé al popolo eletto (cf. Es 3,14-15); ora la gloria di tale nome è oggetto della fede e del culto d’Israele.
vv. 3-9. In questi versetti si evoca sette volte la voce di Dio. Nell’immaginazione orientale, sia a Babilonia che a Ugarit e a El Amarna, il tuono è la voce potente di Dio (cf. anche Sal 18,14; Is 30,30; Gb 37,4-5).
vv. 10-11. Il salmo termina con una duplice conclusione: la proclamazione della regalità celeste ed eterna di Dio (v. 10) e l’augurio di forza e di pace per il popolo eletto (v. 11).

SALMO 30
30 (29) Ringraziamento
dopo un pericolo mortale
1 Salmo. Canto per la festa della dedicazione del tempio. Di Davide.
2 Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato
e su di me non hai lasciato esultare i nemici.
3 Signore Dio mio,
a te ho gridato e mi hai guarito.
4 Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi,
mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba.
5 Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
rendete grazie al suo santo nome,
6 perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera sopraggiunge il pianto
e al mattino, ecco la gioia.
7 Nella mia prosperità ho detto:
«Nulla mi farà vacillare!».
8 Nella tua bontà, o Signore,
mi hai posto su un monte sicuro;
ma quando hai nascosto il tuo volto,
io sono stato turbato.
9 A te grido, Signore,
chiedo aiuto al mio Dio.
10 Quale vantaggio dalla mia morte,
dalla mia discesa nella tomba?
Ti potrà forse lodare la polvere
e proclamare la tua fedeltà?
11 Ascolta, Signore, abbi misericordia,
Signore, vieni in mio aiuto.
12 Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia,
13 perché io possa cantare senza posa.
Signore, mio Dio, ti loderò per sempre.
"Il movimento del salmo è questo: la vita umana conosce alternanze estreme di sofferenza e di gioia. Esse, lungi dall’essere segno di un destino capriccioso e incontrollato, si inseriscono nel quadro di un disegno concertato, coerente e positivo. Tuttavia quel che la vita comporta di negativo rivela il proprio valore e il proprio senso soltanto dopo che la crisi è stata superata" (R. Lack).
Il salmo 30 è un canto di ringraziamento personale che si leva a Dio, dopo che all’orizzonte dell’orante è sparito l’incubo drammatico della morte. Rivivere dopo essere giunti alla frontiera dello Sheolè un miracolo non confrontabile con le altre grazie: è un evento formidabile, creativo, che può essere assunto a motivo universale di lode. L’essere profondo dell’uomo si apre totalmente a Dio in una lode che non può più essere trattenuta e che non si spegnerà mai.
Lo spirito, il cuore, l’essere intero dell’uomo si associa al canto perenne che si leva nel tempio, unendosi all’antifona finale che spesso punteggia la liturgia. "Jahweh, mio Dio, ti loderò per sempre".Scrive Alonso Schökel: "Le parole finali del salmo significano realmente ciò che dicono: "per sempre". Il salmo è ora totalmente aperto. Non chiudiamolo di nuovo entro limiti angusti.
Commento dei padri della Chiesa
v. 2 "È il Cristo che canta" (Origene).
"Questo salmo è la storia della caduta e della redenzione" (Girolamo).
vv. 4-5. "Dio non vuole la morte degli uomini, ma la vita: "Non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva (Ez 33,11)" (Eusebio).
v. 6 "La sera è simbolo della caduta e della cacciata di Adamo. Povera stirpe umana, resterai a lungo nel pianto!... Il Signore, sepolto la sera, esce dal sepolcro al mattino: allora si alza per i fedeli la luce, che si era nascosta per i peccatori" (Agostino).
"Adamo si nascose nel paradiso di sera. La sera è figura di questa vita di lacrime nella quale gemiamo tutti, da Adamo in poi, ed anche figura della morte del Cristo. Il mattino è la risurrezione del Cristo, la risurrezione delle anime e il mattino eterno della consumazione dei secoli" (Girolamo).
"I discepoli tristi per la morte del Cristo, sono stati riempiti di gioia quando hanno visto il Signore risorto, così come è scritto: "Alla sera sopraggiunge il pianto e al mattino, ecco la gioia" (Baldovino diFord).
v. 7 "Nella mia prosperità ho detto: "Nulla mi farà vacillare!". Non hai fatto nient’altro, non mi hai assalito, travolto, mi hai soltanto lasciato, a causa della mia superbia. Mi hai lasciato vuoto, io opera delle tue mani: sono caduto nel peccato e nelle mani del nemico" (Eusebio).
"È sufficiente che tu distolga il tuo volto, perché io cada. Poiché non posso stare in piedi senza il tuo aiuto, fa’ che compiendo la tua volontà la mia anima sia ornata da te di bellezza". È quanto sperava Adamo prima della sua caduta" (Atanasio).
v. 10 "Quale vantaggio nel mio sangue?" Può forse procurare qualcosa di buono agli uomini? Ma ci sarà un altro sangue che porterà agli uomini un immenso beneficio, quando il tuo Agnello verrà per espiare il peccato del mondo: il suo sangue riscatterà dal male quanti otterranno la salvezza per mezzo di lui; scenderà anche tra coloro che sono nel soggiorno dei morti: allora la polvere degli uomini ti confesserà e annuncerà la tua verità" (Eusebio).
v. 12 "Mi hai tolto l’abito di lutto e mi hai dato la veste nuziale, mi hai ammesso al banchetto delle nozze, mi hai trasformato di gloria in gloria" (Basilio).
"Quando il Cristo dice: Ormai non berrò più del frutto della vite... (Mt 26,29) è come se dicesse: Fino ad ora ho bevuto le tristezze della condizione umana; ma ora è giunta la fine della tristezza, ormai non berrò più questa coppa amara, ma il vino della gioia nel regno del Padre mio, allorché cambierà il mio lutto in gioia. E voi che berrete il mio calice, sarete tristi con me, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia" (Baldovino di Ford).

 

v. 13 "La mia condizione umiliata geme davanti a te; la mia gloria ti canterà" (Agostino).
Commento supplementare
vv. 2-5. Il salmista, guarito prodigiosamente da una malattia che l’aveva portato sull’orlo della tomba, esprime a Dio la sua gratitudine, e nello stesso tempo vuol partecipare ai suoi fratelli di fede l’ammaestramento che egli ha tratto dalla sua esperienza: l’ingannevole sicurezza dell’uomo provoca il disgusto di Dio, ed egli è gettato nel baratro; la divina misericordia, implorata con umiltà e fede, lo trae fuori dal profondo, mutando il lutto in festa, il dolore in gioia. Questo salmo è stato utilizzato al tempo dei Maccabei per la liturgia della dedicazione del tempio (v. 1).
vv. 5-6. Con i termini temporali “un momento… tutta la vita” il salmista rievoca l’immagine tipicamente biblica del Dio “paziente e largo di misericordia” (Es 34,6; Nm 14,18). La stessa cosa vuol dire Dio in Isaia quando afferma di aver abbandonato Israele solo per “un breve momento”, ma di volerlo radunare con grande misericordia (Is 54,7). La stessa visione ottimistica della “temporaneità” delle sofferenze presenti e della durata senza fine della gloria futura è messa in risalto da S. Paolo in Rm 8,18. Sulla “momentanea” ira divina, ravvisata nella malattia che si abbatte sull’uomo devoto, c’è un interessante parallelo in una preghiera egiziana del secolo XIII a.C. che dice: “Il Signore di Tebe (il dio Ramon-Ra) non passa un giorno intero adirato. Quanto alla sua ira, basta solo un momento e non c’è più alcuna traccia. Il vento si muta in favore per noi”. Nella mentalità orientale la sera è portatrice di tenebre, di ansie, di afflizioni, (cf Is 17,14), il mattino è portatore di luce, è simbolo di vita e di gioia.
vv. 7-10. Il salmista ora ritorna col pensiero al passato e descrive le varie fasi attraverso le quali è passato: dall’eccessiva sicurezza di sé, anche se fondata sul favore di Dio, all’allontanamento da Dio fino all’appassionata invocazione del suo intervento per la salvezza. “Non vacillerò in eterno” è la stessa convinzione dell’empio (cf Sal 10,6) e dello stolto (cf Pr 1,32). Nel v. 9 il salmista, nella sua supplica, porta a Dio un argomento di “interesse” che dovrebbe avere una particolare forza persuasiva: con la scomparsa di uno che ha dedicato tutta la sua vita al servizio e la lode divina, Dio non può avere alcun guadagno; al contrario ha una vera perdita (data la mancanza della prospettiva ultraterrena dell’Antico Testamento).
v. 11-13. Il salmo si chiude con la celebrazione di Dio difensore e salvatore e la promessa: Signore, mio Dio, ti loderò per sempre.

 

SALMO 31
31 (30) Preghiera nella prova
1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
2 In te, Signore, mi sono rifugiato,
mai sarò deluso;
per la tua giustizia salvami.
3 Porgi a me l’orecchio,
vieni presto a liberarmi.
Sii per me la rupe che mi accoglie,
la cinta di riparo che mi salva.
4 Tu sei la mia roccia e il mio baluardo,
per il tuo nome dirigi i miei passi.
5 Scioglimi dal laccio che mi hanno teso,
perché sei tu la mia difesa.
6 Mi affido alle tue mani;
tu mi riscatti, Signore, Dio fedele.
7 Tu detesti chi serve idoli falsi,
ma io ho fede nel Signore.
8 Esulterò di gioia per la tua grazia,
perché hai guardato alla mia miseria,
hai conosciuto le mie angosce;
9 non mi hai consegnato nelle mani del nemico,
hai guidato al largo i miei passi.
10 Abbi pietà di me, Signore, sono nell’affanno;
per il pianto si struggono i miei occhi,
la mia anima e le mie viscere.
11 Si consuma nel dolore la mia vita,
i miei anni passano nel gemito;
inaridisce per la pena il mio vigore,
si dissolvono tutte le mie ossa.
12 Sono l’obbrobrio dei miei nemici,
il disgusto dei miei vicini,
l’orrore dei miei conoscenti;
chi mi vede per strada mi sfugge.
13 Sono caduto in oblio come un morto,
sono divenuto un rifiuto.
14 Se odo la calunnia di molti, il terrore mi circonda;
quando insieme contro di me congiurano,
tramano di togliermi la vita.
15 Ma io confido in te, Signore;
dico: «Tu sei il mio Dio,
16 nelle tue mani sono i miei giorni».
Liberami dalla mano dei miei nemici,
dalla stretta dei miei persecutori:
17 fa’ splendere il tuo volto sul tuo servo,
salvami per la tua misericordia.
18 Signore, ch’io non resti confuso, perché ti ho invocato;
siano confusi gli empi, tacciano negli inferi.
19 Fa’ tacere le labbra di menzogna,
che dicono insolenze contro il giusto
con orgoglio e disprezzo.
20 Quanto è grande la tua bontà, Signore!
La riservi per coloro che ti temono,
ne ricolmi chi in te si rifugia
davanti agli occhi di tutti.
21 Tu li nascondi al riparo del tuo volto,
lontano dagli intrighi degli uomini;
li metti al sicuro nella tua tenda,
lontano dalla rissa delle lingue.
22 Benedetto il Signore,
che ha fatto per me meraviglie di grazia
in una fortezza inaccessibile.
23 Io dicevo nel mio sgomento:
«Sono escluso dalla tua presenza».
Tu invece hai ascoltato la voce della mia preghiera
quando a te gridavo aiuto.
24 Amate il Signore, voi tutti suoi santi;
il Signore protegge i suoi fedeli
e ripaga oltre misura l’orgoglioso.
25 Siate forti, riprendete coraggio,
o voi tutti che sperate nel Signore.
Questo salmo è diventato celebre per l’applicazione di un suo versetto (v. 6) agli ultimi istanti della vita terrena di Gesù (Lc 23,46) e del primo martire cristiano Stefano (At 7,59). Girolamo Savonarola prima di essere condotto al supplizio stava trascrivendo nella sua cella il v. 4 di questo salmo secondo la traduzione della volgata: "Tu sei la mia forza e il mio rifugio e a causa del tuo nome tu mi condurrai". Questo salmo con la sua commistione di angoscia e di speranza è diventato quasi l’epigrafe della vita dei tanti giusti perseguitati e umiliati, ma in definitiva vincitori. Al grido dell’uomo corrisponde l’ascolto di Dio e nasce così il dialogo.
Commento dei padri della Chiesa
v. 2 "Da quanto ho già visto, so che mi salverai in questa vita; fino all’ultimo giorno sarò circondato da nemici, ma poiché la mia speranza è in te non sarò mai confuso" (Eusebio).
v. 3 "Il Verbo si è inchinato fino al punto di scrivere i nostri peccati sulla sabbia (Gv 8,6)" (Girolamo).
v. 6 "Consideriamo questo mistero: Gesù rimette il suo spirito nelle mani del Padre, lui che riposa nel seno del Padre, perché solo il Padre ha il Figlio: "Io sono nel Padre e il Padre è in me" (Gv 14,10). Il suo spirito si affida al Padre e nello stesso tempo illumina le regioni inferiori, perché tutto il mondo sia salvato" (Ambrogio).
"Padre, nelle tue mani affido il mio spirito" (Lc 23,46). Invocando il Padre, dichiara che è Figlio di Dio; affidandogli il suo spirito, non ci fa pensare a un venir meno della sua forza ma alla sua fiducia nel Padre e alla potenza del Padre. Gode nel rendere gloria al Padre suo" (Beda).
"Allora il nuovo Adamo si addormentò; e addormentandosi disse: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito" (Lc 23,46). Quando parlava così era certo che avrebbe ricevuto di nuovo il suo deposito accresciuto del centuplo per la sua obbedienza. Poiché ha consegnato il suo spirito, ha acquistato lo Spirito Santo Paraclito per tutti i figli che ha rigenerato" (Ruperto).
v. 12"È il Cristo allontanato dai suoi. I suoi familiari dicevano che era pazzo" (Eusebio).
v. 13 "Colui che aveva dato ad Adamo il soffio vitale è deposto nella tomba senza vita, senza soffio vitale. Colui che aveva condannato l’uomo a ritornare polvere è computato tra quelli che, sulla terra, sono destinati all’oblio" (Giovanni Damasceno).
v. 17 "Quando Dio si manifesta, le tenebre si dileguano" (Cirillo d’Alessandria).
v. 22 "Quando è spiritualmente libera, l’anima è una città fortificata" (Origene).
"La città fortificata è il Figlio che nasconde i fedeli sotto la sua tenda e li fa fuggire dal tumulto e dalla contraddizione delle lingue. Ed è anche la Chiesa: le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa" (Cirillo d’Alessandria).
v. 23 "Io dicevo nel mio sgomento: "Sono escluso dalla sua presenza". È Adamo dopo il peccato, cacciato lontano dalla faccia di Dio, e noi tutti con lui" (Girolamo).
vv. 24-25 "Non vuole essere il solo ad essere salvato e incita tutti ad amare Dio" (Eusebio).

Commento supplementare
vv. 2-9. In questa prima parte il salmista esprime anzitutto la sua fiducia nella protezione di Dio e la certezza che la sua preghiera sarà esaudita. La giustizia di Dio è la volontà di salvezza di Dio che è a disposizione dei suoi fedeli nel tempio, che per questo è diventato luogo di rifugio e asilo di salvezza. La ferma fiducia nella protezione divina è espressa ripetutamente con la saldezza della rupe e l’inespugnabilità di una fortezza inaccessibile. Il tempio di Gerusalemme è la fortezza del Dio d’Israele (cf 27,5). Il salmista perseguitato si affida incondizionatamente al giusto e benevolo giudizio di Dio, da cui dipenderà la sua vita o la sua morte. Il v. 6 è stato posto dall’evangelista Luca sulle labbra di Gesù morente (Lc 23,46) e del martire Stefano (At 7,59).
vv. 10-19. In questa sezione centrale del salmo abbiamo la lamentazione propriamente detta, in cui il salmista prima presenta a Dio l’angustia che lo stringe e cioè: oppressione, abbandono degli amici, persecuzione dei nemici (vv. 10-14), e poi fa salire la sua supplica fiduciosa (vv. 15-19).
vv. 20-23. Siamo al secondo momento della preghiera, quello dell’esaudimento ottenuto (o assicurato) in cui il salmista esprime la sua riconoscenza con una celebrazione della bontà divina e una benedizione di ringraziamento alla divina misericordia.
vv. 24-25. Il salmo si chiude con un’esortazione rivolta ai fedeli di Dio perché restino saldi nel loro amore verso il Signore, senza dubitare minimamente della sua volontà rimunerativa verso i suoi santi e verso l’orgoglioso.

 

SALMO 32
32 (31) La confessione libera dal peccato
1 Di Davide. Maskil.
Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa,
e perdonato il peccato.
2 Beato l’uomo a cui Dio non imputa alcun male
e nel cui spirito non è inganno.
3 Tacevo e si logoravano le mie ossa,
mentre gemevo tutto il giorno.
4 Giorno e notte pesava su di me la tua mano,
come per arsura d’estate inaridiva il mio vigore.
5 Ti ho manifestato il mio peccato,
non ho tenuto nascosto il mio errore.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie colpe»
e tu hai rimesso la malizia del mio peccato.
6 Per questo ti prega ogni fedele
nel tempo dell’angoscia.
Quando irromperanno grandi acque
non lo potranno raggiungere.
7 Tu sei il mio rifugio, mi preservi dal pericolo,
mi circondi di esultanza per la salvezza.
8 Ti farò saggio, t’indicherò la via da seguire;
con gli occhi su di te, ti darò consiglio.
9 Non siate come il cavallo e come il mulo
privi d’intelligenza;
si piega la loro fierezza con morso e briglie,
se no, a te non si avvicinano.
10 Molti saranno i dolori dell’empio,
ma la grazia circonda chi confida nel Signore.
11 Gioite nel Signore ed esultate, giusti,
giubilate, voi tutti, retti di cuore.
Il nemico più radicale e più pericoloso per il salmista è il peccato che si annida nell’interno della sua coscienza e delle sue scelte.
L’amarezza del peccato e la gioia del perdono si trasformano lentamente sulle labbra dell’orante in un’esortazione a riconoscere e a confessare le proprie colpe per ottenere misericordia.
Possidio, ci riferisce che sant’Agostino, a cui questo salmo era particolarmente caro, fece scrivere e affiggere al muro della sua camera, davanti al suo letto, una copia del salmo. La leggeva tra le lacrime e vi trovava grande pace e conforto soprattutto durante la sua ultima malattia.
Commento dei padri della Chiesa
vv. 1-2 "Davide, istruito dallo Spirito Santo, proclama beati quanti riceveranno il perdono dei loro peccati nelle acque del battesimo" (Eusebio).
v. 4 "Dio rende pesante la sua mano sull’orgoglioso perché si umili. Dio è forte tanto per appesantire la sua mano e umiliare quanto per sollevare dolcemente chi è caduto a terra" (Agostino).
v. 6 "Per la salvezza del Cristo abbiamo deposto l’angoscia della maledizione antica e abbiamo ritrovato il sorriso e la gioia" (Cirillo di Alessandria).
"Gioisco nella speranza e gemo per la realtà presente" (Agostino).
v. 8 "Chi promette è colui che ha detto: "Io sono la via" (Gv 14,6). L’occhio di Dio diffonde una luce che illumina lo spirito e gli mostra la via della terra promessa" (Atanasio).
"A chi chiede di essere liberato Dio risponde promettendo la sapienza e una via che porta direttamente alla beatitudine (Cirillo di Alessandria).
"Risposta di Dio che non solo perdona il peccato ma provvede per l’avvenire: Terrò fissi su di te i miei occhi: basta lo sguardo del Signore per proteggere" (Gregorio Magno).
v. 9 "L’uomo comprende la parola, il cavallo e il mulo capiscono solo la frusta. Le sventure per l’empio sono le frustate del Signore che prepara la salvezza dei peccatori" (Ilario).
"Non si avvicinano: per avvicinarsi dovrebbero umiliarsi. Occorrono molte battiture per correggere gli empi" (Agostino).
"Solo l’afflizione darà intelligenza all’udito" (Is 28,19): le sventure aiutano a far capire. Si è attirati verso Dio tanto più in fretta quanto più non si ha niente a cui aggrapparsi in questo mondo" (Gregorio Magno).
v. 11 "Il salmista vuole condividere la sua gioia con tutti gli uomini" (Eusebio).
"Gioite nella speranza della vita eterna, anche se siete nella prova" (Girolamo).
"Giusti non per i vostri meriti, ma perché siete giustificati" (Agostino).

Commento supplementare
E’ il canto di ringraziamento di un individuo che, caduto in un grave stato di depressione e convinto dello stretto legame che intercorre tra disgrazia e colpa, tra malattia e peccato, si è affrettato a confessare a Dio la sua colpevolezza e così insieme al perdono divino ha potuto sperimentare il sollievo dai suoi malanni.
vv. 1-2. Nella solenne introduzione d’intonazione sapienziale viene proclamata la felicità di colui che ha sperimentato in sé gli effetti positivi del perdono di Dio. Questa beatitudine è ricordata da S. Paolo nella Lettera ai Romani 4,6-8 e portata come argomento per la sua dottrina circa la gratuità della giustificazione.
vv. 3-7. Il salmista descrive le varie fasi della sua esperienza: lo stato di dolorosa oppressione fisica e morale (vv. 3-4), la coraggiosa confessione dei suoi peccati seguita immediatamente dal perdono di Dio (v. 5) e infine la gioia della salvezza (v. 7). La liberazione dalla colpa, che si manifesta nella liberazione dai mali ad essa connessi, dà l’occasione al salmista di esternare la sua fiducia nella protezione di Dio in ogni pericolo.
vv. 8-9. Questi due versetti ci presentano la forza educativa del castigo di Dio (morso e briglie) per l’uomo spesso privo d’intelletto e simile al cavallo e al mulo.
vv. 10-11. Il salmo si conclude con l’affermazione del principio retributivo di tipo tradizionale, che anche nella vita presente mette in stretta connessione la sventura con la colpa e i favori divini con la fedeltà dell’uomo a Dio. L’invito finale alla gioia rivolto ai giusti è probabilmente un’anticipazione del salmo seguente.

 

SALMO 33
33 (32) Inno alla Provvidenza
1 Esultate, giusti, nel Signore;
ai retti si addice la lode.
2 Lodate il Signore con la cetra,
con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
3 Cantate al Signore un canto nuovo,
suonate la cetra con arte e acclamate.
4 Poiché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
5 Egli ama il diritto e la giustizia,
della sua grazia è piena la terra.
6 Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
7 Come in un otre raccoglie le acque del mare,
chiude in riserve gli abissi.
8 Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,
9 perché egli parla e tutto è fatto,
comanda e tutto esiste.
10 Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
11 Ma il piano del Signore sussiste per sempre,
i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni.
12 Beata la nazione il cui Dio è il Signore,
il popolo che si è scelto come erede.
13 Il Signore guarda dal cielo,
egli vede tutti gli uomini.
14 Dal luogo della sua dimora
scruta tutti gli abitanti della terra,
15 lui che, solo, ha plasmato il loro cuore
e comprende tutte le loro opere.
16 Il re non si salva per un forte esercito
né il prode per il suo grande vigore.
17 Il cavallo non giova per la vittoria,
con tutta la sua forza non potrà salvare.
18 Ecco, l’occhio del Signore veglia su chi lo teme,
su chi spera nella sua grazia,
19 per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.
20 L’anima nostra attende il Signore,
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
21 In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome.
22 Signore, sia su di noi la tua grazia,
perché in te speriamo.
Il credente vede il mondo creato come un complesso ordinato, armonico e pianificato da Dio. Questo salmo è dominato dalla visione ottimistica delle realtà terrestri. Ma non solo le realtà terrestri materiali sono causate e organizzate da Dio, ma anche il fluire della storia e le vicende umane e morali. Ogni uomo è carico di senso.
Questo salmo è un canto alla provvidenza di Dio onnipotente, onnisciente e salvatore. È un inno alla Parola che crea, che dà stabilità e consistenza all’essere, che guida la storia nella giustizia e nell’amore di Dio. È un inno alla gioia e alla pace che la Parola offre a chi sa vedere con l’occhio di Dio nel groviglio apparentemente contraddittorio della storia. È un inno all’occhio provvidente di Dio che abbraccia in un unico progetto onnicomprensivo tutto l’orizzonte dell’essere. "Universo e storia hanno uno stesso punto di partenza e convergono verso un’unica meta: contemplando l’organizzazione e lo sviluppo del cosmo, l’uomo scopre il senso del suo destino e della storia universale di salvezza". (E. Beaucamp).
I vv. 1-3 sono una sintesi dell’atteggiamento con cui bisogna vivere e pregare i salmi. Sant’Ambrogio scrive: "Tutta la Scrittura divina spira la bontà di Dio, tuttavia lo fa di più il dolce libro dei salmi. Che cosa di più dolce di un salmo? Per questo lo stesso Davide dice splendidamente: "Lodate il Signore; è bello cantare al nostro Dio, dolce è lodarlo come a lui conviene" (Sal 146,1) Il salmo, infatti è benedizione per i fedeli, lode a Dio, inno del popolo, plauso di tutti, parola universale, voce della chiesa, professione e canto di fede, espressione autentica di devozione, gioia di libertà, grido di giubilo, suono di letizia. Mitiga l’ira, libera dalle sollecitudini, solleva dalla mestizia. È protezione nella notte, istruzione nel giorno, scudo nel timore, festa nella santità, immagine di tranquillità, pegno di pace e di concordia che, a modo di cetra, da voci molteplici e differenti ricava un’unica melodia. Il salmo canta il sorgere del giorno, il salmo ne fa risuonare il tramonto".
Il salmo 33 è un inno all’amore di Dio cantato attraverso la nostra esistenza. Sant’Agostino ha scritto: Il nuovo cantico è l’uomo nuovo" (cfr Ef 4,22-24; Rm 12,1-2).
Commento dei padri della Chiesa
v. 1 "Solo se si è retti, cioè se si è in sintonia con Dio, lo si può lodare con totalità; altrimenti lo lodiamo per le circostanze favorevoli e non lo lodiamo per le altre. Dunque facciamo sì che la nostra volontà coincida sempre con quella di Dio. Quando Dio dà e quando Dio riprende ciò che ha dato, canta sempre: "Il Signore ha dato... Il Signore ha tolto" (Gb 1,21)" (Agostino).
v. 3 "Un canto nuovo è la vita nuova" (Cirillo d’Alessandria).
"Per cantare a Dio occorre uno spirito rinnovato. Colui che si protende sempre in avanti, come san Paolo, è sempre nuovo" (Basilio).
"La vita nuova è vita di risurrezione" (Girolamo).
v. 5 "La terra non potrebbe sussistere se non fosse piena della sua misericordia" (Atanasio).
v. 11 "Il piano del Signore sussiste per sempre": Dio ci ha conosciuti e predestinati prima della creazione del mondo (Ef 1,3-4)”(Agostino).
vv. 13-15 "Guardando ovunque e scegliendo, Dio si è formato un popolo" (Eusebio).
"È uno sguardo di misericordia" (Agostino).
"Guarda per fare misericordia a tutti, perché il suo sguardo non è mai privo di misericordia" (Girolamo).
"Ha plasmato il loro cuore": Dio ha cura degli uomini creati a sua immagine" (Eusebio).
vv. 18-19 "In tempo di persecuzione quando non si parla più di Dio, il solo sguardo di Dio nutre le anime e le educa per mezzo di una potenza misteriosa" (Eusebio).
"In contrapposizione alla falsa sicurezza del cavallo, Dio libera dalla morte le nostre anime con cibo celeste" (Gregorio Nisseno).
v. 20 "Pazientiamo non solo per necessità ma con tutta la gioia del Signore. Sopportiamo l’avversità con tutto il nostro animo" (Basilio).
"Si deve pazientare per amore di Dio e non rifiutare la fatica" (Cirillo di Alessandria).
"Tutto ciò che ci manda, ci piace" (Girolamo).
"Quale diritto abbiamo alla sua misericordia? Quello di aver sperato in lui" (Agostino).

Commento supplementare
vv. 1-3. Questo salmo è un canto nuovo messo sulle labbra ai giusti e ai retti che sono il popolo felice che Dio si è scelto per sua eredità. In esso si celebra l’onnipotenza creatrice della parola di Dio, il suo sovrano dominio sulle vicende del mondo e l’onniveggente provvidenza del suo occhio per il bene e la difesa di quanti confidano in lui.
vv. 4-19. Questo “corpo” dell’inno può essere facilmente diviso in quattro parti in cui si celebrano: l’opera della creazione eseguita con la forza onnipotente della parola di Dio (vv. 4-9); la stabilità del suo piano d salvezza, nonostante il mutevole e ostile consiglio degli uomini e dei popoli (vv. 10-12); l’onniveggenza dell’occhio di Dio, il cui sguardo indagatore non si ferma alla superficie, ma penetra nella parte più profonda dell’uomo, il cuore (vv. 13-15); infine l’amorosa sollecitudine per la salvezza dei suoi fedeli (vv. 16-19). La salvezza è vista in primo luogo sul piano concreto, come preservazione dalla morte che è per l’uomo dell’Antico Testamento il più grave dei mali (vedi Sal 16,10), così pure la sopravvivenza in tempo di fame è considerata la prova tangibile della sollecitudine di Dio per i suoi fedeli (cf Sal 34,10; 37,19).
vv. 20-22. La conclusione contiene la ripetuta affermazione della fiducia, piena ed esclusiva che il popolo eletto ha per il suo Dio e l’augurio che tale fiducia attiri su di esso l’abbondanza della divina misericordia.

 

SALMO 34
34 (33) Lode alla giustizia divina
1 Di Davide, quando si finse pazzo in presenza di Abimelech e, da lui scacciato, se ne andò.
2 Alef. Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
3 Bet. Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino.
4 Ghimel. Celebrate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
5 Dalet. Ho cercato il Signore e mi ha risposto
e da ogni timore mi ha liberato.
6 He. Guardate a lui e sarete raggianti,
non saranno confusi i vostri volti.
7 Zain. Questo povero grida e il Signore lo ascolta,
lo libera da tutte le sue angosce.
8 Het. L’angelo del Signore si accampa
attorno a quelli che lo temono e li salva.
9 Tet. Gustate e vedete quanto è buono il Signore;
beato l’uomo che in lui si rifugia.
10 Iod. Temete il Signore, suoi santi,
nulla manca a coloro che lo temono.
11 Caf. I ricchi impoveriscono e hanno fame,
ma chi cerca il Signore non manca di nulla.
12 Lamed. Venite, figli, ascoltatemi;
v’insegnerò il timore del Signore.
13 Mem. C’è qualcuno che desidera la vita
e brama lunghi giorni per gustare il bene?
14 Nun. Preserva la lingua dal male,
le labbra da parole bugiarde.
15 Samech. Sta’ lontano dal male e fa’ il bene,
cerca la pace e perseguila.
16 Ain. Gli occhi del Signore sui giusti,
i suoi orecchi al loro grido di aiuto.
17 Pe. Il volto del Signore contro i malfattori,
per cancellarne dalla terra il ricordo.
18 Sade. Gridano e il Signore li ascolta,
li salva da tutte le loro angosce.
19 Kof. Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito,
egli salva gli spiriti affranti.
20 Res. Molte sono le sventure del giusto,
ma lo libera da tutte il Signore.
21 Sin. Preserva tutte le sue ossa,
neppure uno sarà spezzato.
22 Tau. La malizia uccide l’empio
e chi odia il giusto sarà punito.
23 Il Signore riscatta la vita dei suoi servi,
chi in lui si rifugia non sarà condannato.
L’autore si rivela autobiograficamente come uno dei "poveri del Signore". I "poveri" sono coloro che temono Dio, ossia credono in lui, coloro che cercano il Signore e si rifugiano in lui, coloro che il salmo chiama "santi" e "giusti". Il salmo è espressione di un atteggiamento radicale di fiducia e di abbandono in Dio. È un testo percorso dall’entusiasmo di chi si sente amato dal Signore e vuole che tutti sperimentino la gioia della fede, unica certezza in un mondo falso. Questo salmo è un preludio alla beatitudine evangelica della povertà e della fede cristiana in un Dio Padre a cui ci si abbandona con totale fiducia.
Nella fiducia in Dio l’orante ha trovato il porto sicuro che l’ha liberato dalle tempeste della prova. L’abbandono in Dio è sempre sorgente di gioia e di pace.
Commento dei padri della Chiesa
v. 2 "Nella prosperità e nell’avversità, lode a Dio! Il pensiero di Dio, una volta scolpito in lui, dimora in lui e può essere chiamato lode continua" (Basilio).
"L’umile benedice il Signore in ogni tempo" (Agostino).
v. 4 "Non vuole cantare da solo la sua lode, invita tutti quelli che come lui beneficiano della misericordia del Signore" (Atanasio).
"Non vuole essere solo ad amare Dio. Volete che si condivida con voi l’amore per un attore o uno sportivo e non esortate i vostri fratelli ad amare Dio! Trascinate dietro di voi quanti potete, trascinateli verso l’amore!" (Agostino).
v. 6 "Ci accostiamo con una vita retta e siamo illuminati dalla conoscenza spirituale" (Origene).
"Chiama quelli che sono seduti nelle tenebre e nell’ombra della morte (cfr Is 9,2)" (Cirillo d’Alessandria).
v. 7 "Questo povero è il Cristo che si è fatto povero per noi; e tutti quelli che dopo di lui si sono fatti poveri per Dio" (Basilio).
v. 8 "L’angelo è nostro Signore Gesù Cristo in persona" (Agostino).
"È certo che quanti temono Dio, sono custoditi dagli angeli" (Girolamo).
v. 9 "Il Signore si gusta per mezzo della fede, si assapora contemplandolo" (Origene).
"Sulla terra partecipiamo al pane della vita; in cielo i beati ne godono con pienezza e perfettamente" (Eusebio).

 

"Gustate il vero pane venuto dal cielo, che dà la vita al mondo" (Atanasio).
"Beato l’uomo che resiste grazie alla sua speranza fissa in Dio" (Eusebio).
"Per sperare in Dio bisogna abituarsi a gustare la verità" (Beda).
v. 13 "Non cercare giorni felici quaggiù, ma in un’altra terra" (Agostino).
v. 15 "Il Cristo è la nostra pace (Ef 2,4). Seguirlo fino alla fine vuol dire seguirlo fino alla croce (Fil 2,8)" (Girolamo).
"Il Cristo è la nostra pace. Il Signore non ci ha promesso la pace in terra; abbraccerai questa pace quando sarai risorto con lui" (Agostino).
v. 16 "Il Signore ci guarda come un buon padre guarda i suoi figli" (Girolamo).
v. 17 "In questo caso è un volto pieno di sdegno. Il Signore cancella il ricordo del peccato, cioè sradica il peccato e pianta le radici della sua benevolenza" (Girolamo).
v. 19 "Il Signore è al di sopra di tutto: se ti innalzi, non lo raggiungi; se ti abbassi, si china verso di te" (Agostino).
v. 20 "Chi non soffre non è un giusto" (Girolamo).
"Dio manda molte prove a tutti i giusti. Col pungiglione della prova Dio li custodisce nell’umiltà o mette alla prova la loro pazienza" (Baldovino di Ford).
v. 21 "Neppure uno delle sue ossa sarà spezzato: è il Cristo sulla croce" (Agostino).
v. 22 "Questo giusto è il Cristo" (Agostino, Girolamo, Beda).
v. 23 "Il Signore ci riscatta ogni giorno dalla morte eterna e resterà con noi fino alla fine del mondo" (Girolamo).

Commento supplementare
Il salmista vuole proclamare pubblicamente la sua gratitudine a Dio e annuncia a tutti i tribolati la divina disponibilità per tutti coloro che si rivolgono con fiducia a lui.
vv. 2-4. Benedire Dio, nel linguaggio celebrativo dell’inno, è riconoscere in ogni maniera la sua eccelsa grandezza e il suo incontrastato dominio sul mondo e sull’umanità. I poveri sono gli israeliti che sono invitati a partecipare al banchetto di ringraziamento offerto dal salmista per grazia ricevuta (cf Sal 22,27).
vv. 5-11. Il salmista esalta la divina liberalità (v. 9) e la divina protezione (v. 8) verso tutti i fedeli che si rivolgono a lui. La prima Lettera di Pietro allude al v. 9 quando afferma che i cristiani hanno gustato quanto è buono il Signore (1Pt 3,2).
vv. 12-22. Questi versetti contengono l’istruzione in cui sono ribaditi i concetti già toccati nell’esortazione precedente (vv. 6.8-12) e cioè la divina protezione dei buoni e la severa punizione degli empi; particolare rilievo è dato  alla custodia della lingua (v. 14), all’impegno della ricerca della pace (v. 15), all’umiltà e alla compunzione del cuore (v. 19), cose tutte che specificano in concreto il “timore di Dio” (v. 12). “ Temere Dio è odiare il male. Io detesto la superbia, l’arroganza, la cattiva condotta e la bocca perversa” (Pr 8,13). Il versetto 21: “preserva tutte le sue ossa, neppure uno sarà spezzato” combinato con Es 12,46c: “Non ne spezzerete alcun osso” è la “Scrittura” avveratasi, secondo l’evangelista Giovanni, alla deposizione del corpo esanime di Gesù dalla croce (cf Gv 19,36).
v. 23. A differenza dell’empio ucciso dalla sua stessa malizia (v. 22), Dio preserva da ogni male i giusti, suoi servi.

SALMO 35
35 (34) Preghiera di un giusto perseguitato
1 Di Davide.
Signore, giudica chi mi accusa,
combatti chi mi combatte.
2 Afferra i tuoi scudi
e sorgi in mio aiuto.
3 Vibra la lancia e la scure
contro chi mi insegue,
dimmi: «Sono io la tua salvezza».
4 Siano confusi e coperti di ignominia
quelli che attentano alla mia vita;
retrocedano e siano umiliati
quelli che tramano la mia sventura.
5 Siano come pula al vento
e l’angelo del Signore li incalzi;
6 la loro strada sia buia e scivolosa
quando li insegue l’angelo del Signore.
7 Poiché senza motivo mi hanno teso una rete,
senza motivo mi hanno scavato una fossa.
8 Li colga la bufera improvvisa,
li catturi la rete che hanno tesa,
siano travolti dalla tempesta.
9 Io invece esulterò nel Signore
per la gioia della sua salvezza.
10 Tutte le mie ossa dicano:
«Chi è come te, Signore,
che liberi il debole dal più forte,
il misero e il povero dal predatore?».
11 Sorgevano testimoni violenti,
mi interrogavano su ciò che ignoravo,
12 mi rendevano male per bene:
una desolazione per la mia vita.
13 Io, quand’erano malati, vestivo di sacco,
mi affliggevo col digiuno,
riecheggiava nel mio petto la mia preghiera.
14 Mi angustiavo come per l’amico, per il fratello,
come in lutto per la madre mi prostravo nel dolore.
15 Ma essi godono della mia caduta, si radunano,
si radunano contro di me per colpirmi all’improvviso.
Mi dilaniano senza posa,
16 mi mettono alla prova, scherno su scherno,
contro di me digrignano i denti.
17 Fino a quando, Signore, starai a guardare?
Libera la mia vita dalla loro violenza,
dalle zanne dei leoni l’unico mio bene.
18 Ti loderò nella grande assemblea,
ti celebrerò in mezzo a un popolo numeroso.
19 Non esultino su di me i nemici bugiardi,
non strizzi l’occhio chi mi odia senza motivo.
20 Poiché essi non parlano di pace,
contro gli umili della terra tramano inganni.
21 Spalancano contro di me la loro bocca;
dicono con scherno: «Abbiamo visto con i nostri occhi!».
22 Signore, tu hai visto, non tacere;
Dio, da me non stare lontano.
23 Dèstati, svègliati per il mio giudizio,
per la mia causa, Signore mio Dio.
24 Giudicami secondo la tua giustizia, Signore mio Dio,
e di me non abbiano a gioire.
25 Non pensino in cuor loro: «Siamo soddisfatti!».
Non dicano: «Lo abbiamo divorato».
26 Sia confuso e svergognato chi gode della mia sventura,
sia coperto di vergogna e d’ignominia chi mi insulta.
27 Esulti e gioisca chi ama il mio diritto,
dica sempre: «Grande è il Signore
che vuole la pace del suo servo».
28 La mia lingua celebrerà la tua giustizia,
canterà la tua lode per sempre.
Il salmo suppone uno sfondo da aula di tribunale e il salmista sembra la vittima di un complotto giudiziario. Egli è stato consegnato a una magistratura corrotta e il suo caso è stato costruito su accuse false.
Inoltre l’imputato è un povero e un semplice, un uomo della campagna (v. 20). Davanti a questa farsa processuale inscenata da suoi ex amici, l’innocente perseguitato ha una sola alternativa, appellare alla suprema cassazione, cioè a Dio giudice, perché intervenga a smascherare l’ingiustizia che stanno perpetrando.
Questo salmo è una testimonianza della tragedia sempre ricorrente delle vittime, degli oppressi, dei torturati e degli sfruttati. L’unica speranza è nel Signore della giustizia che non può restare a lungo indifferente verso colui che ama il diritto (v. 27).
Le porte del mondo in cui viviamo recano il blasone dei demoni. Il marchio di Caino che l’uomo porta in volto è arrivato ad offuscare la somiglianza con Dio. Non vi sono mai state tante sventure, tanta agonia e terrore. È spesso iniquo che splenda il sole. In nessuna epoca la terra si è imbevuta di tanto sangue. I compagni dell’uomo si sono trasformati in spiriti cattivi, mostruosi e corrotti. La storia sembra un palcoscenico su cui si svolge la danza del potere e del male. Dio stesso sembra dirigere la commedia o assistervi indifferente... E questo avviene perché Dio si nasconde. Egli attende di venire scoperto, di essere ammesso alla nostra vita. Il suo nascondersi ha come conseguenza diretta l’indurimento della coscienza... Compito nostro è di aprire l’anima a lui, di permettergli di penetrare di nuovo le nostre azioni... Il nipotino di rabbì Baruch giocava a nascondino con un altro bambino. Dopo essersi nascosto, stette nel suo nascondiglio per parecchio tempo credendo che il suo amico lo cercasse. Infine uscì e si rese conto che l’amico se n’era andato, senza neppure cercarlo e che il suo nascondersi non era servito a nulla. Corse allora in lacrime nello studio del nonno, lamentandosi dell’amico. Dopo aver ascoltato il racconto, Rabbì Baruch scoppiò in lacrime e disse: Anche Dio dice: Mi nascondo, ma nessuno mi cerca" (A. J. Heschel).
L’autore del salmo 35 ha saputo far entrare nella sua esistenza di perseguitato il Dio che si era nascosto, ma che, quando viene cercato dall’uomo, si svela sempre come il Dio dei poveri e degli oppressi.
Commento dei padri della Chiesa
v. 1 "È il Cristo perseguitato dai giudei" (Cirillo d’Alessandria).
"Il misero e il povero è il Cristo" (Eusebio).
"È la voce del Cristo nella sua passione e nelle avversità che colpiscono la chiesa" (Girolamo).
"Tutto il salmo è preghiera del Cristo, a volte per sé, a volte per le sue membra" (Beda).
"Il Cristo in croce affida i persecutori al giudizio del Padre" (Ruperto).
v. 3 "Sono io la tua salvezza": è una parola efficace che opera ciò che dice" (Eusebio).
"Anche se un angelo o un uomo vengono in mio aiuto, io dirò sempre: È Dio la mia salvezza! Anche se trovo su questa terra una qualche consolazione, essa resta per me un luogo di sosta, non una casa ove abito" (Beda).
v. 4 "I peccatori prendano coscienza per convertirsi" (Origene).
"Molti di quelli che l’hanno crocifisso, l’hanno poi accolto, in un secondo tempo. La maledizione profetica è per il diavolo" (Eusebio).
v. 8 "Siccome eravamo destinati a vivere tra uomini malvagi, il Cristo ha voluto che tra i Dodici vi fosse un malvagio; e ci ha insegnato il modo di sopportarlo" (Agostino).
v. 9 "La gioia della sua salvezza è la gioia della risurrezione" (Origene).
v. 10 "Il misero e il povero è il Cristo" (Eusebio).
vv. 11-14 "Tutto questo è proprio del Salvatore nella sua umanità. È il Cristo che parla, che soffre per noi, ferito a causa dei nostri peccati (Is 53,5). Dopo le profezie di sventura manifesta la sua mitezza" (Eusebio).
"Ci insegna quello che dobbiamo fare nella tribolazione: non dobbiamo cercare come rispondere ai malvagi ma come pregare Dio" (Agostino).
"Il Cristo non ha trovato nessuno in cui riposare, all’infuori del ladrone" (Beda).
v. 17 "Il Cristo si stupisce della longanimità del Padre" (Eusebio).
v. 21 "Nella sua passione lo videro come un agnello condotto al macello" (Eusebio).
"Parlano come persone che hanno raggiunto finalmente il loro scopo, davanti alla croce di Cristo" (Atanasio).
"Il Signore inchiodato sulla croce non aveva perso la sua forza ma mostrava la sua sapienza. Per lui non sarebbe stata grande cosa scendere dalla croce, ma avrebbe reso troppo onore a quanti lo insultavano. Dopo la sua risurrezione dovette mostrarsi ai suoi, non ai nemici: perché la risurrezione è il grande mistero della vita nuova, e la vita nuova la fa conoscere agli amici, non ai nemici" (Agostino).
v. 23 "Il Signore ha rivolto al Padre tutti questi lamenti durante la sua passione perché noi capissimo che si era fatto vero uomo" (Eusebio).
v. 25 "Lo abbiamo divorato!": il mondo vuole divorarti; al contrario, divora tu il mondo" (Atanasio).
v. 28 "Canterò la tua giustizia perché hai chiamato non un solo popolo ma tutte le nazioni" (Eusebio).
"Tutto ciò che fai, fallo bene e così avrai lodato Dio. Per la purezza delle tue opere preparati a lodare Dio nell’eternità (Agostino).

Commento supplementare
vv. 1-3. Il soggetto di questo salmo è un innocente, che trascinato in tribunale per colpe non commesse, chiede l’intervento giudiziario di Dio.
vv. 4-27. In questa parte centrale del salmo abbiamo prima una preghiera di imprecazione contro i nemici (vv. 4-8) che conclude con una promessa di ringraziamento per la salvezza che il salmista è certo di ottenere (vv. 9-10); viene poi la presentazione del caso: l’accusa e gli insulti dei falsi testimoni ex amici dell’accusato (vv. 11-16); c’è inoltre una nuova invocazione dell’intervento di Dio con una nuova promessa di lode e un’esplicita accusa contro i nemici (vv. 17-21); infine la perorazione finale che raccoglie e ripete tutti i motivi precedenti (vv. 17-27).
v. 28. Nella conclusione risuonano i motivi tipici degli inni (cf Sal 22,32).
SALMO 36
36 (35) Malizia del peccatore e bontà di Dio
1 Al maestro del coro. Di Davide servo del Signore.
2 Nel cuore dell’empio parla il peccato,
davanti ai suoi occhi non c’è timor di Dio.
3 Poiché egli si illude con se stesso
nel ricercare la sua colpa e detestarla.
4 Inique e fallaci sono le sue parole,
rifiuta di capire, di compiere il bene.
5 Iniquità trama sul suo giaciglio,
si ostina su vie non buone,
via da sé non respinge il male.
6 Signore, la tua grazia è nel cielo,
la tua fedeltà fino alle nubi;
7 la tua giustizia è come i monti più alti,
il tuo giudizio come il grande abisso:
uomini e bestie tu salvi, Signore.
8 Quanto è preziosa la tua grazia, o Dio!
Si rifugiano gli uomini all’ombra delle tue ali,
9 si saziano dell’abbondanza della tua casa
e li disseti al torrente delle tue delizie.
10 È in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce.
11 Concedi la tua grazia a chi ti conosce,
la tua giustizia ai retti di cuore.
12 Non mi raggiunga il piede dei superbi,
non mi disperda la mano degli empi.
13 Ecco, sono caduti i malfattori,
abbattuti, non possono rialzarsi.
All’abisso della malizia dell’uomo si oppone l’abisso della bontà di Dio. L’umanità è un albero che produce corruzione e rigenerazione, grandi odi e grandi amori. Ma la malizia umana, causa di pessimismo e di scoraggiamento, non può vincere lo splendore della bontà di Dio. Dopo un’incursione pessimistica nel territorio del male e della perversione, il salmo 36 si placa nella serenità della meditazione e della fede.
Il credente vince la paura perché sa di essere protetto da un grande difensore negli attacchi che la prepotenza e l’immoralità gli lanciano contro.
Commento dei padri della Chiesa
v. 2 "L’empio ha deciso di peccare e allontana da sé volontariamente il timore di Dio accogliendo, poi, volontariamente il male. Non pensa che Dio odia il peccato" (Atanasio).
v. 3 "Chi pecca sapendo di peccare, non ha scuse per la sua colpa fatta davanti a Dio. Ma per chi confessa il suo peccato e fa penitenza, la misericordia di Dio è alta fino al cielo" (Ruperto).
v. 5 "Sul suo giaciglio": proprio là dove il profeta c’invita a pentirci dei nostri peccati" (Ambrogio).
v. 6 "il salmista descrive la pazienza incommensurabile di Dio: è grazie alla sua misericordia che gli empi sono conservati in vita e gioiscono" (Eusebio).
"L’empio vuole peccare, ma tu, Signore, non abbandonarlo per la tua misericordia" (Beda).
v. 7 "La grazia è preziosa perché vale il sangue di Cristo" (Girolamo).
"Negli anni trascorsi sulla terra da Gesù, la misericordia di Dio si è talmente accumulata che tutti gli uomini si trovano ora sotto le sue ali" (Cirillo d’Alessandria).
"L’ombra delle tue ali è la croce" (Girolamo).
v. 9 "La casa di Dio è la chiesa (Eusebio).
"Il torrente delle delizie di Dio è il Cristo" (Atanasio).
"Il torrente delle delizie di Dio è lo Spirito Santo" (Girolamo).
"L’opera della nostra salvezza è la volontà del Padre; di questa il Cristo in croce ha detto: Ho sete (Gv 19,28). Dirigendo lo sguardo verso il compimento di questa sua opera, dice: Ormai non berrò più del frutto della vite fino al giorno della mia glorificazione quando lo berrò con voi... poiché anche voi berrete con me (Mt 26,29); vi abbevererò al torrente delle mie delizie" (Baldovino di Ford).
v. 10 "Sorgente della vita è il Cristo che è il torrente e la luce" (Origene).
"Nella luce dello Spirito Santo vediamo e annunciamo la luce che è in Cristo, il quale procede dalla luce che è il Padre" (Gregorio Nazianzeno).
v. 11 "I retti di cuore sono quelli che non vogliono allontanare il loro cuore da quello di Dio" (Beda).
v. 13 "Sono caduti a causa del peccato di orgoglio e di ribellione" (Cirillo d’Alessandria).
"Non vuoi essere gettato a terra? Evita l’orgoglio. A causa di questo sono caduti il diavolo e gli angeli" (Bernardo).

Commento supplementare

SALMO 37
37 (36) La sorte del giusto e dell’empio
1 Di Davide.
Alef. Non adirarti contro gli empi
non invidiare i malfattori.
2 Come fieno presto appassiranno,
cadranno come erba del prato.
3 Bet. Confida nel Signore e fa’ il bene;
abita la terra e vivi con fede.
4 Cerca la gioia del Signore,
esaudirà i desideri del tuo cuore.
5 Ghimel. Manifesta al Signore la tua via,
confida in lui: compirà la sua opera;
6 farà brillare come luce la tua giustizia,
come il meriggio il tuo diritto.
7 Dalet. Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui;
non irritarti per chi ha successo,
per l’uomo che trama insidie.
8 He. Desisti dall’ira e deponi lo sdegno,
non irritarti: faresti del male,
9 poiché i malvagi saranno sterminati,
ma chi spera nel Signore possederà la terra.
10 Vau. Ancora un poco e l’empio scompare,
cerchi il suo posto e più non lo trovi.
11 I miti invece possederanno la terra
e godranno di una grande pace.
12 Zain. L’empio trama contro il giusto,
contro di lui digrigna i denti.
13 Ma il Signore ride dell’empio,
perché vede arrivare il suo giorno.
14 Het. Gli empi sfoderano la spada
e tendono l’arco
per abbattere il misero e l’indigente,
per uccidere chi cammina sulla retta via.
15 La loro spada raggiungerà il loro cuore
e i loro archi si spezzeranno.
16 Tet. Il poco del giusto è cosa migliore
dell’abbondanza degli empi;
17 perché le braccia degli empi saranno spezzate,
ma il Signore è il sostegno dei giusti.
18 Iod. Conosce il Signore la vita dei buoni,
la loro eredità durerà per sempre.
19 Non saranno confusi nel tempo della sventura
e nei giorni della fame saranno saziati.
20 Caf. Poiché gli empi periranno,
i nemici del Signore appassiranno
come lo splendore dei prati,
tutti come fumo svaniranno.
21 Lamed. L’empio prende in prestito e non restituisce,
ma il giusto ha compassione e dà in dono.
22 Chi è benedetto da Dio possederà la terra,
ma chi è maledetto sarà sterminato.
23 Mem. Il Signore fa sicuri i passi dell’uomo
e segue con amore il suo cammino.
24 Se cade, non rimane a terra,
perché il Signore lo tiene per mano.
25 Nun. Sono stato fanciullo e ora sono vecchio,
non ho mai visto il giusto abbandonato
né i suoi figli mendicare il pane.
26 Egli ha sempre compassione e dà in prestito,
per questo la sua stirpe è benedetta.
27 Samech. Sta’ lontano dal male e fa’ il bene,
e avrai sempre una casa.
28 Perché il Signore ama la giustizia
e non abbandona i suoi fedeli;
Ain. gli empi saranno distrutti per sempre
e la loro stirpe sarà sterminata.
29 I giusti possederanno la terra
e la abiteranno per sempre.
30 Pe. La bocca del giusto proclama la sapienza,
e la sua lingua esprime la giustizia;
31 la legge del suo Dio è nel suo cuore,
i suoi passi non vacilleranno.
32 L’empio spia il giusto
e cerca di farlo morire.
33 Il Signore non lo abbandona alla sua mano,
nel giudizio non lo lascia condannare.
34 Kof. Spera nel Signore e segui la sua via:
ti esalterà e tu possederai la terra
e vedrai lo sterminio degli empi.
35 Res. Ho visto l’empio trionfante
ergersi come cedro rigoglioso;
36 sono passato e più non c’era,
l’ho cercato e più non si è trovato.
37 Sin. Osserva il giusto e vedi l’uomo retto,
l’uomo di pace avrà una discendenza.
38 Ma tutti i peccatori saranno distrutti,
la discendenza degli empi sarà sterminata.
39 Tau. La salvezza dei giusti viene dal Signore,
nel tempo dell’angoscia è loro difesa;
40 il Signore viene in loro aiuto e li scampa,
li libera dagli empi e dà loro salvezza,
perché in lui si sono rifugiati.
Il salmo è diventato famoso nella tradizione cristiana a causa della ripresa di un versetto nella beatitudine dei "miti" (Mt 5,4).
"Il salmo cerca di rassicurare le anime pie, le quali potrebbero inquietarsi nel vedere gli empi nella prosperità e i giusti nella miseria: come Dio può permettere un tale stato di cose? In nome della sua lunga esperienza, il sapiente risponde: la felicità dei peccatori non dura, così come non durano le sofferenze del giusto, che non tardano a far posto a una felicità stabile... Il salmista, al fine di stabilire questa tranquilla fiducia nell’anima del suo lettore, gli ripete in tutti i toni che quanti fanno il male non tarderanno ad essere cancellati dalla terra, mentre il Signore assicura ai giusti l’eredità della terra, la quale non può mancare di diventare loro possesso stabile, per essi e per i loro discendenti" (J. Dupont).
La tesi fondamentale del salmo, chiamato da Tertulliano lo "specchio della Provvidenza" e da Isidoro di Siviglia "medicina contro la mormorazione", era già stata formulata dal salmo 25: "L’uomo che teme Dio vivrà nella ricchezza, la sua discendenza possederà la terra" (v. 13).
I protagonisti del salmo sono i "poveri" che sanno conservare intatto il loro robusto ottimismo della fede anche in mezzo alle apparenti contraddizioni della storia.
La felicità piena è possibile solo in Dio. Basta rifugiarsi in lui. E con questa confessione di fede si chiude questo ampio salmo sapienziale che ci aiuta a passare dalla lezione e dalla meditazione alla lode e alla preghiera pura.
Commento dei padri della Chiesa
v. 1 "Non invidiare i malfattori, non credere che siano felici e non desiderare di condividere la loro sorte" (Eusebio).
"Il maligno che ci spinge a fare il male, ci affascina con le sue seduzioni e fa di tutto per portarci a dimenticare il timore di Dio" (Efrem).
v. 3 "Coltiva il tuo animo, cioè semina nello Spirito" (Origene).
"Coltiva il tuo spirito, rendi il cento per uno. Produci i frutti dello Spirito che sono la gioia, la pace..." (Ambrogio).
v. 4 "Chi si applica con ogni cura a comprendere la sacra scrittura è non solo nutrito ma saziato" (Origene).
v. 6 "Dio vede la giustizia del cuore. Quando rivelerà il segreto dei cuori, chi brillerà della sua giustizia avrà un giudizio pieno di luce" (Origene).
v. 7 "Non eccitiamo la collera del Signore dicendo: I malvagi sono i più felici" (Origene).
"L’altro prospera nella sua via; tu ti affatichi nella via di Dio. Non permettere che la tua fede si turbi; quaggiù devi essere trattato come il tuo Maestro" (Agostino).
v. 9 "Non lasciarti affascinare dalla loro prosperità: attendi la fine e vedrai la loro rovina" (Origene).
"La terra è quella della promessa, è la vita eterna che erediteranno i miti e gli umili" (Girolamo).
"La terra è la Gerusalemme celeste" (Eusebio).
v. 11 "È la pienezza della pace nella vita futura" (Cirillo di Alessandria).
v. 12 "Il peccatore non sopporta il giusto perché la sua vita è per lui una condanna: non può sopportarne neppure la vista (Sap 2,15) e lo spia per farlo cadere" (Eusebio).
"Ci sono due generi di uomini in questa vita: i giusti, coronati nei cieli per la loro umiltà e i peccatori, schiacciati negli abissi per la loro superbia. Gli uni e gli altri si sopportano a fatica. I giusti vorrebbero guadagnare i peccatori alla vera vita, ma i peccatori vorrebbero togliere ai giusti anche la vita presente" (Agostino).
"Il suo giorno" è il giorno dell’ira del giudizio" (Girolamo).
v. 14 "La spada sono le parole che lusingano per uccidere con la morte dell’anima" (Girolamo).
vv. 18-19 "Mentre i peccatori muoiono per denutrizione dello spirito e sono privi del pane disceso dal cielo, i giusti si saziano di Dio" (Origene).
"I giorni della fame sono i giorni in cui si avrà fame della parola (Am 8,11)" (Girolamo).
v. 21 "Il peccatore non fa fruttare il talento del vangelo. Al contrario, il giusto cerca di salvare l’anima del fratello oltre che la propria" (Girolamo).
"Il giusto dona ai buoni e ai malvagi, come fa il Padre celeste" (Cirillo d’Alessandria).
v. 23 "Dio si compiace della via del giusto" (Ambrogio).
v. 26 "Il servitore buono e fedele fa fruttare il denaro del suo padrone" (Eusebio).
v. 37 "L’uomo di pace ha un’eredità, lascia qualcosa dietro di sé. Questa promessa si contrappone al posto vuoto lasciato dall’empio (vv. 10 e 36)" (Cirillo d’Alessandria).
"Non credere che alla fine di questa vita l’uomo finisca nel nulla: c’è un’altra vita dopo questa." Chi crede in me, anche se muore, vivrà (Gv 11,25)"(Agostino).
Commento supplementare
Il salmista cerca di frenare l’impazienza e l’irritazione di coloro che si sentono delusi e scandalizzati alla vista della prosperità del malvagio: cosa inspiegabile  alla luce della dottrina tradizionale della retribuzione divina. E’ il famoso enigma che angustia Giobbe: se Dio punisce i cattivi, perché i giusti soffrono? Il salmista risponde dicendo: la vita vissuta sotto lo sguardo benedicente di Dio è per se stessa un bene superiore a tutte le sofferenze che il giusto sperimenta qui in terra ed è preferibile all'effimera e ingannevole prosperità dell'empio.
vv. 1-9. La tentazione del giusto di invidiare la prosperità dell’empio è un motivo caratteristico della letteratura sapienziale (Pr 3,31; 23,17; 24,i.19). Questo motivo ritornerà nel salmo 73,3-14. La pacifica dimora  nella terra promessa con il godimento delle sue ricchezze è l’idea madre di tutto il salmo (cf vv. 9.11.22.27.29.34). A chi affida la sua vita a Dio e confida in lui, il Signore concederà la stessa cosa che dona a colui che osserverà fedelmente i suoi precetti: “Brillerà tra le tenebre la tua luce e la tua oscurità sarà come il meriggio” (Is 58,10; cf Gb 11,17; Gv 4,18). Per l’uomo che si trova in pericolo, l’agitazione è mancanza di fede, perché il Signore dice: “Dalla conversione e dalla calma dipende la vostra salvezza, dalla quiete e dalla fiducia dipende la vostra forza” (Is 30,15).
vv. 10-22. L’espressione “ancora un poco” è caratteristica delle promesse profetiche: serve a minimizzare il tempo e ha lo scopo pedagogico di “ingannare” l’attesa. “I miseri erediteranno la terra” è il testo a cui si ispira la terza beatitudine evangelica: “Beati i miti, perché erediteranno la terra” (Mt 5,5). Il termine “miti” è equivalente a poveri e miseri ed è la traduzione del termine ebraico ‘anawîm.

SALMO 38
38 (37) Preghiera nell’angoscia
1 Salmo. Di Davide. In memoria.

 

2 Signore, non castigarmi nel tuo sdegno,
non punirmi nella tua ira.
3 Le tue frecce mi hanno trafitto,
su di me è scesa la tua mano.
4 Per il tuo sdegno non c’è in me nulla di sano,
nulla è intatto nelle mie ossa per i miei peccati.
5 Le mie iniquità hanno superato il mio capo,
come carico pesante mi hanno oppresso.
6 Putride e fetide sono le mie piaghe
a causa della mia stoltezza.
7 Sono curvo e accasciato,
triste mi aggiro tutto il giorno.
8 Sono torturati i miei fianchi,
in me non c’è nulla di sano.
9 Afflitto e sfinito all’estremo,
ruggisco per il fremito del mio cuore.
10 Signore, davanti a te ogni mio desiderio
e il mio gemito a te non è nascosto.
11 Palpita il mio cuore,
la forza mi abbandona,
si spegne la luce dei miei occhi.
12 Amici e compagni si scostano dalle mie piaghe,
i miei vicini stanno a distanza.
13 Tende lacci chi attenta alla mia vita,
trama insidie chi cerca la mia rovina
e tutto il giorno medita inganni.
14 Io, come un sordo, non ascolto
e come un muto non apro la bocca;
15 sono come un uomo che non sente e non risponde.
16 In te spero, Signore;
tu mi risponderai, Signore Dio mio.
17 Ho detto: «Di me non godano,
contro di me non si vantino
quando il mio piede vacilla».
18 Poiché io sto per cadere
e ho sempre dinanzi la mia pena.
19 Ecco, confesso la mia colpa,
sono in ansia per il mio peccato.
20 I miei nemici sono vivi e forti,
troppi mi odiano senza motivo,
21 mi pagano il bene col male,
mi accusano perché cerco il bene.
22 Non abbandonarmi, Signore,
Dio mio, da me non stare lontano;
23 accorri in mio aiuto,
Signore, mia salvezza.
Una misteriosa e brutta malattia ha colpito il protagonista di questa preghiera. Il salmo da iniziale supplica di un malato grave si trasforma in una confessione del peccato. Il peccatore-malato sente scatenarsi su di sé l’ira di Dio (v. 2).
Questa preghiera di un uomo colpito da infermità, scansato e osteggiato dagli altri, cosciente del proprio peccato e fiducioso in Dio, è tanto più impressionante in quanto non risuona alcuna contesa con Dio né alcuna invocazione contro i nemici. Per questo il salmo è già permeato dello spirito di Gesù. Perciò il popolo cristiano, che è un popolo di peccatori, può pregare con questo salmo in unione con l’espiazione del suo Signore.
Commento dei padri della chiesa
v. 2 "Il Cristo prega per quanti riconoscono il loro peccato; parla in prima persona, ma è di loro che parla. Ha compassione di quelli che sono nell’ignoranza e nel peccato, come uno che è stato tentato su tutto, tranne il peccato (Eb 4,15)" (Ruperto).
"Come nel salmo 6, fa appello al medico, non al giudice" (Origene).
"Vuole essere istruito mediante la dottrina, non punito nell’ira" (Ambrogio).
v. 3 "Le frecce sono tutte le miserie umane contratte da Adamo, perché siamo figli d’ira, per natura (Ef 2,3)" (Beda).
v. 4 "Il peccato è la causa dell’infermità" (Atanasio).
"Voce di Cristo caricato dei nostri peccati" (Agostino).
v. 5 "Il pesante fardello dei miei peccati mi spezza per il dolore. La pesantezza esprime il movimento della coscienza verso la disperazione" (Atanasio).
v. 7 "Per piegarti Dio non ha bisogno che del peso dei tuoi peccati" (Agostino).
v. 9 "Quando castighi la mia coscienza, vedo così bene il mio male che il mio cuore prorompe in gemiti" (Atanasio).
v. 11 "La luce degli occhi è la contemplazione di Dio che svanisce durante la tentazione" (Origene).
v. 21 "I giudei, proprio quando avrebbero dovuto rendere onore al Signore e riconoscere con animo grato i suoi benefici, lo consegnano ai tormenti e alla crocifissione, come dice il v. 21: "Mi rendono male per bene" (Cirillo d’Alessandria).
"Il bene che Cristo cercava era la volontà del Padre" (Girolamo).
SALMO 39
39 (38) L’uomo è un nulla davanti a Dio
1 Al maestro del coro, Iditun. Salmo. Di Davide.
2 Ho detto: «Veglierò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua;
porrò un freno alla mia bocca
mentre l’empio mi sta dinanzi».
3 Sono rimasto quieto in silenzio: tacevo privo di bene,
la sua fortuna ha esasperato il mio dolore.
4 Ardeva il cuore nel mio petto,
al ripensarci è divampato il fuoco;
allora ho parlato:
5 «Rivelami, Signore, la mia fine;
quale sia la misura dei miei giorni
e saprò quanto è breve la mia vita».
6 Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni
e la mia esistenza davanti a te è un nulla.
Solo un soffio è ogni uomo che vive,
7 come ombra è l’uomo che passa;
solo un soffio che si agita,
accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.
8 Ora, che attendo, Signore?
In te la mia speranza.
9 Liberami da tutte le mie colpe,
non rendermi scherno dello stolto.
10 Sto in silenzio, non apro bocca,
perché sei tu che agisci.
11 Allontana da me i tuoi colpi:
sono distrutto sotto il peso della tua mano.
12 Castigando il suo peccato tu correggi l’uomo,
corrodi come tarlo i suoi tesori.
Ogni uomo non è che un soffio.
13 Ascolta la mia preghiera, Signore,
porgi l’orecchio al mio grido,
non essere sordo alle mie lacrime,
poiché io sono un forestiero,
uno straniero come tutti i miei padri.
14 Distogli il tuo sguardo, che io respiri,
prima che me ne vada e più non sia.
Il salmo 39 è un cantico della miseria umana, fisica, morale, un canto della morte e del "male di vivere," una pagina di quella serie di lamentazioni che hanno percorso l’intera letteratura mondiale.
Il salmo 39 ci lancia un appello alla riflessione sulla morte e sul limite creaturale, ma una riflessione che ha nel fondo una fede in Dio nuda, difficile, lacerante ma proprio per questo una grande fede. Il poeta del salmo 39 ha vivissima la percezione della non-consistenza del vivere umano. Egli perciò si allinea al pessimismo e all’anticonformismo della sapienza di Qoèlet. Il tema di fondo di Qoèlet è espresso proprio dalla prima e dall’ultima battuta del libro, che contengono la stessa idea sviluppata dai vv. 5-7 del Sal 39: "Vanità delle vanità, vanità delle vanità, tutto è vanità (1,2 e 12,8). Per descrivere questo ammasso caotico di miserie e di assurdità che è la vita, Qoèlet e il salmista usano lo stesso termine, hebel che significa alito di vento impalpabile, ombra inafferrabile, nube che si dissolve al primo apparire del sole.
Il salmista però, diversamente da Qoèlet, lascia aperto uno spiraglio. Dio almeno ascolta, non è sordo, anche se in concreto non interviene. L’uomo se ne deve andare verso il baratro del nulla e della morte. Egli è certo però che Dio accoglie anche la sincerità disarmante del disperato che lancia a lui il suo ultimo grido.
Il salmo 39 è da ascoltare come una testimonianza di quell’eterno respiro di dolore che mai si spegne sulla faccia della terra.
"La conoscenza di Dio senza quella della propria miseria genera l’orgoglio. La conoscenza della propria miseria senza la conoscenza di Dio genera la disperazione. La conoscenza di Gesù Cristo costituisce il giusto mezzo perché noi vi troviamo e Dio e la nostra miseria" (Pascal).
Nella prima parte del salmo l’autore insegna al lettore la necessità di conoscere la propria miseria per evitare l’orgoglio, nella seconda parte la necessità di conoscere Dio per evitare la disperazione.
Tenendo conto della successiva rivelazione cristiana potremmo ancora citare una frase di Pascal: "Non vi è nulla sulla terra che non mostri o la miseria dell’uomo o la misericordia di Dio; o l’impotenza dell’uomo senza Dio o la potenza dell’uomo con Dio". Il cristiano infatti sa che la misericordia e la potenza di Dio possono guardare e chinarsi sulla miseria e sull’impotenza dell’uomo per sanarle. Per il salmista questo è solo una vaga speranza (v. 13). E allora, se Dio lo vuole, egli accoglie l’ultimo frammento di vita (un respiro) e infine la morte e il nulla.
Commento dei padri della chiesa
v. 2 "L’empio è il diavolo. Se Eva avesse taciuto, avremmo vinto" (Ambrogio e Girolamo).
v. 3 "Una coscienza tranquilla non ha bisogno di difendersi con parole" (Ambrogio).
v. 5 "Fammi comprendere che non sono niente davanti a te che sei eterno. La meditazione del salmista continua su questo argomento della fragilità e della miseria dell’uomo" (Cirillo d’Alessandria).
v. 8 "Conoscendo le creature per quello che sono, ripone la sua speranza nel Cristo" (Cirillo d’Alessandria).
v. 10 "Continuo a restare in silenzio. Non ho parlato che a Dio" (Cirillo d’Alessandria).
v. 13 "Beato colui che sull’esempio dei padri e dei profeti vive in questo mondo come se non ne facesse parte, da straniero" (Eusebio).
"Quaggiù siamo pellegrini; sforziamoci dunque di ritornare alla nostra città e alla nostra patria, carichi di ricchezze" (Efrem).
v. 14 "Ha paura di andare nel luogo dove non si è. Vuole andare dov’è l’Essere sovrano" (Agostino).
SALMO 40
40 (39) Ringraziamento. Invocazione di aiuto
1 Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.
2 Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
3 Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.
4 Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio.
Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.
5 Beato l’uomo che spera nel Signore
e non si mette dalla parte dei superbi,
né si volge a chi segue la menzogna.
6 Quanti prodigi tu hai fatto, Signore Dio mio,
quali disegni in nostro favore:
nessuno a te si può paragonare.
Se li voglio annunziare e proclamare
sono troppi per essere contati.
7 Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto.
Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa.
8 Allora ho detto: «Ecco, io vengo.
Sul rotolo del libro di me è scritto,
9 che io faccia il tuo volere.
Mio Dio, questo io desidero,
la tua legge è nel profondo del mio cuore».
10 Ho annunziato la tua giustizia nella grande assemblea;
vedi, non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai.
11 Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore,
la tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato.
Non ho nascosto la tua grazia
e la tua fedeltà alla grande assemblea.
12 Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia,
la tua fedeltà e la tua grazia
mi proteggano sempre,
13 poiché mi circondano mali senza numero,
le mie colpe mi opprimono
e non posso più vedere.
Sono più dei capelli del mio capo,
il mio cuore viene meno.
14 Dégnati, Signore, di liberarmi;
accorri, Signore, in mio aiuto.
15 Vergogna e confusione
per quanti cercano di togliermi la vita.
Retrocedano coperti d’infamia
quelli che godono della mia sventura.
16 Siano presi da tremore e da vergogna
quelli che mi scherniscono.
17 Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano,
dicano sempre: «Il Signore è grande»
quelli che bramano la tua salvezza.
18 Io sono povero e infelice;
di me ha cura il Signore.
Tu, mio aiuto e mia liberazione,
mio Dio, non tardare.
Il Salmo 40, vv. 7-10, è celebre nel NT perché la lettera agli Ebrei (10,5-6) lo pone sulle labbra di Gesù nel momento della sua entrata nel mondo. In ogni caso tutto questo cantico di rendimento di grazie si addice a Gesù, il Cristo. L’incredibile speranza in Dio (v. 2), l’essere tratto in alto dalla fossa della morte (v. 3), la lieta notizia dell’intenzione salvifica di Dio (vv. 10.12) sono tutti tratti che ritroviamo nel Cristo Gesù con perfezione incomparabile.
La seconda parte del salmo mostra al cristiano in preghiera un sofferente, un "umiliato e povero" che nei suoi tratti essenziali prefigura Gesù, l’uomo dei dolori. Anch’egli sulla soglia della morte invocò l’aiuto del Padre e pensò nello stesso tempo alla consolazione e alla gioia che avrebbe donato ai suoi con la sua morte e risurrezione.
Commento dei padri della chiesa
v. 2 "Attendevo la venuta del Signore: è venuto per mezzo del Vangelo" (Girolamo).
v. 3 "Quelli che vogliono vedere nella Scrittura solo il senso letterale, possono dirmi quale vantaggio c’è a stare in piedi su una roccia materiale e perché dovrei rendere grazie? Noi invece affermiamo che chi pronuncia queste parole è stato costituito in una perfezione invisibile e indefettibile dalla Verità. Ma che cos’è questa roccia? Impariamolo da san Paolo: la roccia era il Cristo (1Cor 10,4): questa roccia è la stabilità di tutte le cose, pietra scelta e posta a fondamento di Sion da Dio; su di essa noi tutti siamo edificati come dimora spirituale, come tempio santo, come dimora di Dio nello Spirito (1Pt 2,4 ss). Non solo siamo stati solidamente costruiti sulla pietra della fede cristiana, ma ci è stato insegnato a camminare rettamente, perché non seguissimo sentieri tortuosi, come in passato; siamo stati tirati fuori dal fango" (Origene).
v. 4 "Il canto nuovo è la legge del vangelo" (Atanasio).
"La predicazione riempirà il mondo di un gran numero di credenti" (Atanasio).
v. 6 "Chi ha fatto l’esperienza di Dio invita tutti a fare altrettanto" (Eusebio).
vv. 7-9 "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato" (Eb 10,5). Questo è detto in riferimento alla persona di Cristo che ha assunto il nostro corpo mortale per avere la materia da offrire per noi. Allora disse: "Ecco vengo"; questo fu il tempo in cui i segni scomparvero e venne la Verità. Dove sono i sacrifici del popolo ebraico? Sono passati, non esistono più nella chiesa del Cristo, perché è venuto colui che i sacrifici prefiguravano" (Rabano Mauro).
v. 18 "Io sono povero e infelice". È il Cristo. "Essendo ricco si è fatto povero (2Cor 8,9)" (Girolamo).
"Ha vissuto sulla terra per trent’anni il Povero e l’Umile" (Efrem).
SALMO 41
41 (40) Preghiera del malato abbandonato
1 Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
2 Beato l’uomo che ha cura del debole,
nel giorno della sventura il Signore lo libera.
3 Veglierà su di lui il Signore,
lo farà vivere beato sulla terra,
non lo abbandonerà alle brame dei nemici.
4 Il Signore lo sosterrà sul letto del dolore;
gli darai sollievo nella sua malattia.
5 Io ho detto: «Pietà di me, Signore;
risanami, contro di te ho peccato».
6 I nemici mi augurano il male:
«Quando morirà e perirà il suo nome?».
7 Chi viene a visitarmi dice il falso,
il suo cuore accumula malizia
e uscito fuori sparla.
8 Contro di me sussurrano insieme i miei nemici,
contro di me pensano il male:
9 «Un morbo maligno su di lui si è abbattuto,
da dove si è steso non potrà rialzarsi».
10 Anche l’amico in cui confidavo,
anche lui, che mangiava il mio pane,
alza contro di me il suo calcagno.
11 Ma tu, Signore, abbi pietà e sollevami,
che io li possa ripagare.
12 Da questo saprò che tu mi ami
se non trionfa su di me il mio nemico;
13 per la mia integrità tu mi sostieni,
mi fai stare alla tua presenza per sempre.
14 Sia benedetto il Signore, Dio d’Israele,
da sempre e per sempre. Amen, amen.
La citazione del verso 10 fatta da Gesù a proposito di Giuda ha reso questo salmo un testo classico della riflessione cristiana.
Il salmo si apre con una beatitudine: "Beato l’uomo che ha cura del debole". Il giusto caritatevole non sarà abbandonato alla brama dei suoi avversari. Sarà ricompensato proprio quando sperimenterà lui la sofferenza che ha lenito agli altri. Il salmista vuole accampare le sue passate opere di misericordia per ottenere ora il sollievo da Dio. Solo in Dio si ottiene la pace e la serenità, senza, per questo, narcotizzare lo spirito.
"Gli stoici dicono: Rientrate in voi stessi; è lì che troverete la vostra quiete. E ciò non è vero. Gli altri dicono: Uscite al di fuori; cercate la felicità, divertendovi. E ciò non è vero. Vengono le malattie. La felicità non è né fuori di noi né dentro di noi; è in Dio, e fuori e dentro di noi" (B. Pascal).
Il salmista, nella sua malattia, ha sperimentato sulla propria pelle la ben nota insensibilità del prossimo, ma ha avuto anche una prova diretta della misericordia di Dio.
Il vangelo di Giovanni (13,18) riferisce a Giuda il v. 10 di questo salmo. Il salmista addita al cristiano la passione del Signore, ma soprattutto la potenza dell’amore di Dio che ha operato la salvezza. La parola di Gesù: "Beati i misericordiosi" (Mt 5,7) si è realizzata in lui nel modo più splendido e attende di realizzarsi ogni giorno nella vita del cristiano.
Commento dei padri della chiesa
v. 2 "Poiché il Cristo ha detto nel vangelo: "Bisogna che si compia la Scrittura: chi mangia il pane con me, alza contro di me il suo calcagno" (Gv 13,18), questo salmo si addice a lui solo. Quindi l’inizio del salmo vuol dire: Beati coloro che pongono la loro fede nel Cristo. È lui il povero che "essendo ricco si è fatto povero per arricchire noi" (2Cor 8,9) (Cirillo d’Alessandria).
"Questo versetto attira l’attenzione sulla povertà dell’Incarnazione che il vangelo ci ha descritto: proclama beato chi conosce e comprende rettamente la povertà del Cristo" (Gregorio di Nissa).
"Questo povero è il Cristo. Colui che nel salmo precedente diceva: "Ecco io vengo", ora viene e soffre" (Ambrogio).
"Bisogna riferire queste parole profetiche alla sola persona del Salvatore e dire: Beato colui che può comprendere che il Cristo si è fatto povero per noi, come dice 2Cor 8,9: "Essendo ricco si è fatto povero per arricchire noi con la sua povertà" E ancora: "Essendo in forma di Dio, svuotò se stesso prendendo forma di schiavo" (Fil 2,7). Il Povero e il Misero lo troviamo anche nel vangelo: "Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete... ero straniero... nudo... infermo... prigioniero..." (Mt 25,35 ss). Sì, beato chi ha questa intelligenza del Povero e del Misero. Questa beatitudine è rivolta tanto ai ricchi che soccorrono i poveri quanto ai poveri di spirito (Mt 5,3)" (Eusebio).
"Il Cristo è il povero per eccellenza. È tanto povero da farsi pane" (Beda).
"Il povero è il Cristo nell’umiltà della sua passione" (Ruperto).
v. 4 "Il letto del dolore". È il cambiamento e il passaggio dal letto regale del cielo al giaciglio doloroso della croce" (Ilario).
v. 5 "È il Cristo che parla: "Ho peccato". Il Salvatore non lo può dire che assumendo i nostri peccati come primogenito della nostra natura. Essendo stato fatto maledizione (Gal 3,13), ha bisogno di misericordia" (Cirillo di Alessandria).
"È il Cristo che parla. Chi ha sofferto per gli uomini dice che i loro peccati sono i suoi" (Atanasio).
vv. 6-7 "I nemici vogliono far scomparire anche il suo nome. Al contrario, la chiesa dice allo Sposo nel Sal 45,18: "Farò ricordare il tuo nome per tutte le generazioni e i popoli ti loderanno in eterno, per sempre" (Cirillo di Alessandria).
vv. 8-9 "Da dove si è steso non potrà rialzarsi". Pensavano che la morte avrebbe tolto di mezzo il Cristo come uno qualsiasi di noi" (Cirillo di Alessandria).
v. 10 "Giuda ha mangiato col Signore non solo il pane comune ma anche il pane che nutre l’anima e di cui il Salvatore ha detto: "Io sono il pane disceso dal cielo che dà la vita al mondo (Gv 6,33)"(Eusebio).
v. 11 "Queste parole convengono al Cristo umiliato, che ha assunto la natura umana... Chiede il perdono e la risurrezione più per noi che per lui, per noi che avevamo bisogno di entrarvi. Quando il peccato entrò nel mondo, vi entrò anche la morte che è sua figlia, e quando il peccato fu cacciato dal mondo, anche la morte fu cacciata assieme con lui. La morte è distrutta con la risurrezione del Cristo, per il quale e nel quale la natura umana rifiorisce nell’incorruzione" (Cirillo di Alessandria).
v. 12 "Nel Cristo abbiamo acquisito un diritto di figli verso il Padre per essere, da questo momento, amati da lui. Il diavolo, nemico del genere umano, ha introdotto la morte nel mondo per mezzo del peccato, ma cesserà di gioire quando vedrà la natura umana cambiata, rivestita d’immortalità, trasformata nella sua bellezza primitiva" (Cirillo di Alessandria).
"I giudei hanno creduto di aver soddisfatta la loro volontà malvagia. Deridevano il Cristo crocifisso, scuotendo la testa: "Se è Figlio di Dio, discenda dalla croce" (Mt 27,40). Non discese, lui che poteva: non dimostrava la potenza, ma insegnava la pazienza. Se infatti fosse disceso dalla croce, sarebbe sembrato cedere a coloro che l’insultavano perché non poteva tollerare tali ingiurie; più che mai è rimasto sulla croce di fronte a coloro che lo insultavano, saldo mentre essi scuotevano la testa. Ha fatto cose ben più grandi di quelle che non ha voluto fare quando i giudei lo provocavano; è segno di potenza molto maggiore risorgere dal sepolcro anziché discendere dalla croce" (Agostino).
vv. 13-14 "La più grande innocenza è quella del Giusto che muore per gli empi" (Girolamo).
"Lui, immacolato ed estraneo al peccato, ha pagato senza aver contratto alcun debito, è stato flagellato senza aver commesso alcuna colpa. Reso debole per breve tempo, il tempo vissuto in terra, è compensato per l’eternità: Gloria a lui! Benedetto il Signore Dio d’Israele! Il Dio d’Israele, il Dio di Giacobbe, il nostro Dio è Lui!" (Agostino).
SALMI 42-43
42-43 (41-42) Lamento del levita esiliato
1 Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core.
2 Come la cerva anela ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela a te, o Dio.
3 L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
4 Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?».
5 Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.
6 Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
7 In me si abbatte l’anima mia;
perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell’Ermon, dal monte Misar.
8 Un abisso chiama l’abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
9 Di giorno il Signore mi dona la sua grazia
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
10 Dirò a Dio, mia difesa:
«Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?».
11 Per l’insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: «Dov’è il tuo Dio?».
12 Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
43
1 Fammi giustizia, o Dio,
difendi la mia causa contro gente spietata;
liberami dall’uomo iniquo e fallace.
2 Tu sei il Dio della mia difesa;
perché mi respingi,
perché triste me ne vado,
oppresso dal nemico?
3 Manda la tua verità e la tua luce;
siano esse a guidarmi,
mi portino al tuo monte santo e alle tue dimore.
4 Verrò all’altare di Dio,
al Dio della mia gioia, del mio giubilo.
A te canterò con la cetra, Dio, Dio mio.
5 Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
Il Sal 42-43 è percorso da un’ansia, da un desiderio vitale verso Dio, ultima meta dell’essere. S. Teresa d’Avila esclamava "Ahimè, Signore, com’è lungo quest’esilio! La sete di vedere Dio me lo rende amaro per il cuore. La vita pare lunga a un’anima che aspira a vedere il suo Dio! Perché dunque restare in questo triste esilio?... Spera, spera, dunque, anima mia: tu ignori il giorno e l’ora; veglia accuratamente: tutto passerà rapidamente".
Nel grido di dolore della cerva assetata, il salmista vede riflessa la sua tragedia di esule, di isolato, di "scomunicato" da quella fonte di vita che è il tempio. La nostalgia che sconvolge l’orante è causata dall’impossibilità fisica di essere pienamente membro del popolo che cerca il volto di Dio.
Il modo della presenza di Dio è qui la sua assenza sentita. L’assenza non sentita, non cosciente, è assenza semplice, che non fa soffrire. L’assenza sentita è un modo di presenza alla coscienza e causa ansia e dolore. Paradossalmente le ironie dei nemici acutizzano la sensazione dell’assenza e moltiplicano così la presenza in forma di nostalgia.
Per tre volte il dolore produce il lamento, ma ogni volta esso è domato dalla voce che ammonisce al ritorno ad una più profonda consapevolezza. L’uomo spirituale sovrasta così l’uomo naturale. Ma accanto a questa sofferenza interiore si erge quasi come un muro di scherno e di ironia, costituito dalle insolenze continue degli atei che circondano il salmista. L’ateismo biblico e orientale non è tanto la professione di una negazione, quanto piuttosto il sarcasmo sull’indifferenza di un Dio lontano e relegato nei suoi comodi cieli. Agli occhi dell’ateo, l’illusione del credente non sarebbe tanto la fede nell’esistenza di Dio, quanto piuttosto la sua fiducia nell’intervento giusto e nella sua vicinanza. Il grido ironico e blasfemo: "Dov’è il tuo Dio?" esprime questo atteggiamento che colpisce il credente e aggiunge dolore al suo dolore. Il silenzio di Dio e l’umiliazione del giusto sembrano proprio essere una prova dell’impotenza e della sovrana indifferenza di Dio e, quindi, in pratica della sua non-esistenza (Sal 22,2-6).
Questo quadro duro e fosco forse conserva l’eco delle scene di un Israele esule e beffeggiato a Babilonia. Il passato felice e amoroso di un Dio e del suo fedele sembra svanito per sempre. Il ricordo nostalgico diventa, allora, più struggente. Nel v. 5 appare in un’aura di sogno e di passione il profilo meraviglioso del tempio e della sua liturgia. Questo canto del ricordo è intriso di tanta malinconia.
Lo schema del Sal 42-43 può essere letto anche come una metafora dell’intera vicenda umana e della speranza cristiana. La prima tappa è il paradiso perduto, la distanza e l’allontanamento da Dio; ad essa succede lo squallore dell’uomo espulso e coinvolto nelle contraddizioni del presente, la cui fede è continuamente messa in crisi dal mondo; ma non c’è una meta che ci sostiene nel cammino terreno: è il ritorno alla Gerusalemme celeste e alla sua liturgia.
Questo triplice movimento riassume la teologia della redenzione operata da Dio. E su tutta questa tematica si stende il velo della speranza contro ogni rassegnazione e ogni nostalgia ed emerge la certezza che la foce ultima della vita, per il credente, è lodare, amare e contemplare il volto di Dio.
Commento dei padri della chiesa
Salmo 42
v. 3 "La sete esprime l’amore, la perseveranza dell’amore, la sua impazienza" (Crisostomo).
v. 4 "Quanti corrono dietro agli idoli, ci possono mostrare il loro dio, mentre noi non possiamo mostrare loro il nostro: non perché non abbiamo nessun Dio da mostrare, ma perché essi non hanno gli occhi per vederlo" (Agostino).
v. 7 "Rivolta verso l’Immutabile, l’anima mia risplende, è ricreata; rivolta verso di me, si turba: sono certo della giustizia di Dio, non della mia! Dunque, non restare chiuso in te stesso" (Agostino).
Salmo 43
v. 1 "ll tema è lo stesso del salmo precedente: Israele entrerà nella salvezza del Cristo; sarà lui a condurlo alla sua santa montagna, cioè in paradiso" (Atanasio).
v. 3 "La luce e la verità sono il Cristo" (Origene).
"Le genti invocano la venuta del Cristo. La parola verità è la più idonea per le genti che scoprono la vanità degli idoli. Il salmista pensava che il genere umano poteva essere salvato solo con la venuta del Figlio di Dio; quindi pregava: "Manda la tua verità e la tua luce!" Qual è questa verità e questa luce? Il Figlio ci dice: "Io sono la verità (Gv 14,6) e "Io sono la luce (Gv 8,12)" (Cirillo d’Alessandria).
v. 5 "Confessa il tuo peccato, spera nella misericordia; e sia la tua giustizia colui che ha preso su di sé i tuoi peccati" (Agostino).
SALMO 44
44 (43) Lamento nazionale
1 Al maestro del coro. Dei figli di Core. Maskil.
2 Dio, con i nostri orecchi abbiamo udito,
i nostri padri ci hanno raccontato
l’opera che hai compiuto ai loro giorni,
nei tempi antichi.
3 Tu per piantarli, con la tua mano hai sradicato le genti,
per far loro posto, hai distrutto i popoli.
4 Poiché non con la spada conquistarono la terra,
né fu il loro braccio a salvarli;
ma il tuo braccio e la tua destra
e la luce del tuo volto,
perché tu li amavi.
5 Sei tu il mio re, Dio mio,
che decidi vittorie per Giacobbe.
6 Per te abbiamo respinto i nostri avversari
nel tuo nome abbiamo annientato i nostri aggressori.
7 Infatti nel mio arco non ho confidato
e non la mia spada mi ha salvato,
8 ma tu ci hai salvati dai nostri avversari,
hai confuso i nostri nemici.
9 In Dio ci gloriamo ogni giorno,
celebrando senza fine il tuo nome.
10 Ma ora ci hai respinti e coperti di vergogna,
e più non esci con le nostre schiere.
11 Ci hai fatti fuggire di fronte agli avversari
e i nostri nemici ci hanno spogliati.
12 Ci hai consegnati come pecore da macello,
ci hai dispersi in mezzo alle nazioni.
13 Hai venduto il tuo popolo per niente,
sul loro prezzo non hai guadagnato.
14 Ci hai resi ludibrio dei nostri vicini,
scherno e obbrobrio a chi ci sta intorno.
15 Ci hai resi la favola dei popoli,
su di noi le nazioni scuotono il capo.
16 L’infamia mi sta sempre davanti

 

e la vergogna copre il mio volto
17 per la voce di chi insulta e bestemmia,
davanti al nemico che brama vendetta.
18 Tutto questo ci è accaduto
e non ti avevamo dimenticato,
non avevamo tradito la tua alleanza.
19 Non si era vòlto indietro il nostro cuore,
i nostri passi non avevano lasciato il tuo sentiero;
20 ma tu ci hai abbattuti in un luogo di sciacalli
e ci hai avvolti di ombre tenebrose.
21 Se avessimo dimenticato il nome del nostro Dio
e teso le mani verso un dio straniero,
22 forse che Dio non lo avrebbe scoperto,
lui che conosce i segreti del cuore?
23 Per te ogni giorno siamo messi a morte,
stimati come pecore da macello.
24 Svégliati, perché dormi, Signore?
Déstati, non ci respingere per sempre.
25 Perché nascondi il tuo volto,
dimentichi la nostra miseria e oppressione?
26 Poiché siamo prostrati nella polvere,
il nostro corpo è steso a terra.
Sorgi, vieni in nostro aiuto;
27 salvaci per la tua misericordia.
Scrive A. Hamman: "All’inizio del 397, s. Ambrogio, ormai debole, dettò il commento al Sal 44. Giunto al v. 24, scrisse: "È duro trascinare così lungamente un corpo già avvolto nelle ombre della morte. Sorgi, dunque, Signore, perché dormi? Mi respingerai per sempre?". Queste furono le sue ultime righe. L’uomo è tutto raccolto in questo ultimo grido che è una preghiera"
Questo salmo è l’esempio tipico di supplica collettiva di un popolo oppresso dal nemico. Da esso sale l’antico e costante respiro di dolore degli ebrei perseguitati attraverso tutti i secoli.
Il salmo è la preghiera degli oppressi di tutti i tempi.
Nella rilettura cristiana, sotto la figura collettiva di Israele del Sal 44 si è fatto profilare il Giusto per eccellenza, il Cristo, che "in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce" (Eb 12,2). La prova non è necessariamente segno di reiezione e di frattura del legame di alleanza con Dio. Il dolore può essere persino l’autenticazione dell’alleanza e non ci deve far pensare a un Dio "addormentato" o indifferente. S. Agostino nelle Confessioni pregava: "Dio buono e onnipotente, tu vegli su ciascuno di noi come se tu non dovessi vegliare che su di lui, su tutti come su ciascuno" (III,11).
Commento dei padri della chiesa
v. 2 "I nostri padri ci hanno narrato l’opera che tu hai compiuto ai loro giorni, ma ora vediamo tutto il contrario" (Eusebio).
v. 4 "Beati i miti perché erediteranno la terra" (Mt 5,5): non è per mezzo della spada che la conquisteranno" (Origene e Girolamo).
"La tua destra è il Figlio. La luce del tuo volto è lo Spirito santo" (Cirillo di Alessandria).
v. 9 "La vittoria è stata riportata, a noi resta di ringraziare. Non abbiamo né una grande città né un grande paese, ma abbiamo il vero Dio. Ci gloriamo di te non solo quando ci aiuti, ma anche quando sembra che tu ci abbandoni" (Giovanni Crisostomo).
v. 11 "I nostri nemici ci catturano a causa delle passioni e dell’ignoranza" (Origene).
v. 13 "Hai venduto il tuo popolo a un prezzo basso, vile, come segno del disprezzo che hai per noi" (Giovanni Crisostomo).
v. 14 "Le beffe che i giudei hanno inflitto al Cristo, le subiscono a loro volta" (Atanasio).
v. 15 "Siamo citati come esempio di rovina e le genti dicono: "Purché non ci accada quanto è accaduto a Israele!" (Cirillo di Alessandria).
vv. 21-24 "È perché noi viviamo da figli che tutto il giorno siamo condannati a morte. S. Paolo dice: "Io muoio ogni giorno" (1Cor 15,31). Abbiamo dunque il diritto di risvegliarti, come se tu dormissi. Anche se i peccati del popolo ti allontanano, accogli le nostre buone opere per tutti gli uomini" (Eusebio).
"Non respingerci per sempre" vuol dire: Fa che non siamo esclusi dalla vita che il Cristo ci dona" (Atanasio).
SALMO 45
45 (44) Epitalamio regale
1 Al maestro del coro. Su «I gigli...». Dei figli di Core. Maskil. Canto d’amore.
2 Effonde il mio cuore liete parole,
io canto al re il mio poema.
La mia lingua è stilo di scriba veloce.
3 Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo,
sulle tue labbra è diffusa la grazia,
ti ha benedetto Dio per sempre.
4 Cingi, prode, la spada al tuo fianco,
nello splendore della tua maestà ti arrida la sorte,
5 avanza per la verità, la mitezza e la giustizia.
6 La tua destra ti mostri prodigi:
le tue frecce acute
colpiscono al cuore i nemici del re;
sotto di te cadono i popoli.
7 Il tuo trono, Dio, dura per sempre;
è scettro giusto lo scettro del tuo regno.
8 Ami la giustizia e l’empietà detesti:
Dio, il tuo Dio ti ha consacrato
con olio di letizia, a preferenza dei tuoi eguali.
9 Le tue vesti son tutte mirra, aloè e cassia,
dai palazzi d’avorio ti allietano le cetre.
10 Figlie di re stanno tra le tue predilette;
alla tua destra la regina in ori di Ofir.
11 Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio,
dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre;
12 al re piacerà la tua bellezza.
Egli è il tuo Signore: pròstrati a lui.
13 Da Tiro vengono portando doni,
i più ricchi del popolo cercano il tuo volto.
14 La figlia del re è tutta splendore,
gemme e tessuto d’oro è il suo vestito.
15 È presentata al re in preziosi ricami;
con lei le vergini compagne a te sono condotte;
16 guidate in gioia ed esultanza
entrano insieme nel palazzo del re.
17 Ai tuoi padri succederanno i tuoi figli;
li farai capi di tutta la terra.
18 Farò ricordare il tuo nome
per tutte le generazioni,
e i popoli ti loderanno in eterno, per sempre.
"È un canto di lode in onore di un re e della sua consorte, principessa di Tiro (v. 13) composto e recitato da un poeta di corte in occasione del matrimonio del suo signore" (A. Weiser).
Il Talmud ricorda che il salmo 45 conclude il rituale solenne della benedizione nuziale, e ammonisce gli sposi perché ne riprendano la recita per i sette giorni successivi alla cerimonia.
Nella prospettiva cristiana questo salmo è riferito al Cristo e alla Chiesa: "Questo mistero è grande: lo dico in relazione a Cristo e alla Chiesa" (Ef 5,32). "Vi ho, infatti, fidanzati ad un unico sposo, come vergine pura vi ho presentati a Cristo" (2Cor 11,2). "Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo" (Ap 21,2).
"Il vero Bello è Dio e tutto ciò che v’è di grazioso e di bello al mondo è una manifestazione della sua bellezza... E poiché Dio ha creato l’uomo a sua immagine - bello e veggente -, tutte le volte che questo scorge un essere bello, le pupille del suo intelletto si sentono attratte verso di esso e in direzione di lui si protende il suo intimo" (Al-Kasciani, mistico persiano, morto verso il 1330). L’amore umano, la bellezza creata, il fascino e la gioia concreti diventano il paradigma per la conoscenza di Dio che è amore (1Gv 4,8-16). Nell’amore umano si legge l’amore rivelato di Dio; se esiste l’amore, esiste Dio. Nella vita terrena chi ama conosce Dio (1Gv 4,8) e irradia Dio, rivelandolo all’umanità. Il Sal 45 ci esorta a cogliere nella storia di un amore nuziale la via per rispondere, nello stesso stile, al Dio che ci ama. "Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo Architetto; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te" (Is 62,5).
Commento dei padri della chiesa
v. 2 "Questo salmo canta il mistero del Cristo nel quale si uniscono giudei e gentili. All’inizio il Padre "pronuncia" il Figlio, cioè genera il Figlio" (Cirillo di Alessandria).
v. 3 "Il Verbo uscito dal seno del Padre apparirà sfolgorante di bellezza e si porrà alla testa dei figli degli uomini" (Arnobio il giovane).
"Le labbra che effondono la grazia: è il Cristo maestro" (Giovanni Crisostomo).
"In lui, la maledizione del paradiso terrestre si è cambiata in benedizione. Fatto maledizione per noi (cfr Gal 3,13), ha guadagnato in questo modo la benedizione per tutti gli uomini". "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia (Gv 1,16)" (Crisostomo).
"Perché Dio aveva benedetto Adamo ed Eva? Perché crescessero e si moltiplicassero; è quanto dice la Scrittura: "Crescete e moltiplicatevi" (Gen 1,28). Ma la benedizione antica, che non può mai venir meno perché divina, fu usata dall’uomo così male che sarebbe stato meglio per noi non nascere e, per il genere umano, non crescere e moltiplicarsi, se l’autore della benedizione non avesse ripreso tutto in mano sua raddoppiando la benedizione.
E l’uomo - Dio perché fu benedetto? Perché ricevette l’unzione più dei suoi compagni? Per crescere e moltiplicarsi! Perché crescesse nella sua persona, perché s’innalzasse fino alla destra della maestà divina nei cieli e perché tutte le cose gli fossero sottomesse; perché si moltiplicasse nei figli divenuti fratelli e coeredi, figli di Dio, figli di adozione: ecco perché Dio lo ha benedetto con una nuova benedizione che nessuno oserebbe più rendere vana. È una benedizione regale e sacerdotale perché, sotto la nuova economia, tutti quelli che sono cresciuti e che hanno riempito la terra sono re e sacerdoti. Rendono grazie e proclamano: Hai fatto di noi un regno e sacerdoti per il nostro Dio, e regneranno sulla terra! (Ap 5,10)"(Ruperto di Deutz).
v. 4 "Questa spada separa l’anima dal peccato e lo spirito dall’ignoranza. Crea un uomo nuovo" (Origene).
v. 5 "La verità è il Padre, la mitezza è il Figlio, la giustizia è lo Spirito santo" (Arnobio il giovane).
v. 6 "La tua destra è il Figlio" (Origene).
"Il Verbo è la freccia che, scendendo dal cielo, tocca il cuore e, da nemico lo rende amico. Le genti ribelli sono allora riconciliate, ammaestrate e inserite nel disegno di salvezza" (Crisostomo).
"Le frecce raggiungono il cuore dei nemici: di satana, per mandarlo in perdizione e degli altri, per convertirli" (Cirillo di Alessandria).
v. 7 "Dunque è bello, pieno di grazia, benedetto, vittorioso. Ora diciamo: È Dio!" (Eusebio).
v. 8 "Gli altri hanno ricevuto una parte di Spirito, ma tu l’hai in pienezza" (Basilio).
"Unto con l’olio di letizia, che è la grazia dello Spirito santo, che è la nostra gioia eterna" (Cirillo di Alessandria).
"Il Cristo non fu unto materialmente dagli uomini, ma il Padre, costituendolo Salvatore del mondo intero, l’ha unto di Spirito santo, come dice Pietro: "Gesù di Nazaret, che Dio ha unto di Spirito santo" (At 10,38). Fu unto con l’olio della gioia spirituale, cioè dello Spirito santo, che è la fonte dell’esultanza spirituale" (Cirillo di Gerusalemme).
"È stato unto con l’olio di esultanza più di tutti i santi, ai quali ha dato di avere parte con lui; poiché è Figlio di Dio per natura, ha dato loro di essere figli di Dio per grazia" (Ruperto di Deutz).
v. 9 "La sposa del Cantico porta un sacchetto di mirra, che è il Signore stesso, di cui effonde il profumo" (Gregorio di Nissa).
"Anche dai suoi abiti usciva una potenza di guarigione, dice il vangelo (Lc 8,46)" (Crisostomo).
"I palazzi di avorio sono le Chiese che Cristo ha fondato" (Origene).
v. 10 "La regina è la Chiesa, come Gerusalemme celeste" (Origene).
"La regina è la Chiesa riunita da tutte le estremità della terra che dispiega il suo abito variamente adornato" (Eusebio).
"La regina è per sempre alla tua destra. È resa stabile, confermata come tua sposa per l’eternità" (Crisostomo).
v. 11 "Ascolta l’insegnamento, guarda i miracoli, dimentica il paganesimo" (Crisostomo).
v. 12 "La bellezza della sposa è l’immagine di Dio" (Cirillo di Alessandria).
v. 13 "Tiro è il simbolo di tutte le genti" (Atanasio).
v. 17 "Gli apostoli succederanno ai patriarchi" (Origene).
v. 18 "Nel salmo 41,6, i nemici del Cristo dicono: "Quando morirà e perirà il suo nome?" La Chiesa invece dice: "Farò ricordare il tuo nome per tutte le generazioni" (Cirillo di Alessandria).
"Questa azione di grazie, questa lode, questa confessione di oggi sarà in realtà la vita eterna. Cominciamo qui quello che faremo per tutta l’eternità" (Pascasio Radberto).
"Quale gioia, quale ardore per ripetere e narrare ininterrottamente questa bellezza del Salvatore, pieno di grazia, potente, cinto della spada, che avanza e regna per la verità, la mitezza e la giustizia, mentre i popoli cadono ai suoi piedi. Colpiti dalle sue frecce di salvezza, piangono le loro colpe di nemici del re: cadono a terra per adorarlo" (Ruperto di Deutz).
SALMO 46
46 (45) Dio è con noi
1 Al maestro del coro. Dei figli di Core. Su «Le vergini...». Canto.
2 Dio è per noi rifugio e forza,
aiuto sempre vicino nelle angosce.
3 Perciò non temiamo se trema la terra,
se crollano i monti nel fondo del mare.
4 Fremano, si gonfino le sue acque,
tremino i monti per i suoi flutti.
5 Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio,
la santa dimora dell’Altissimo.
6 Dio sta in essa: non potrà vacillare;
la soccorrerà Dio, prima del mattino.
7 Fremettero le genti, i regni si scossero;
egli tuonò, si sgretolò la terra.
8 Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro rifugio è il Dio di Giacobbe.
9 Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto portenti sulla terra.
10 Farà cessare le guerre sino ai confini della terra,
romperà gli archi e spezzerà le lance,
brucerà con il fuoco gli scudi.
11 Fermatevi e sappiate che io sono Dio,
eccelso tra le genti, eccelso sulla terra.
12 Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro rifugio è il Dio di Giacobbe.
È il salmo della fede intrepida, della certezza della presenza del Dio-Emmanuele col suo popolo, della sicurezza incrollabile. S. Giovanni Crisostomo ha scritto: "Quel Dio che è grande dappertutto ed elevato dappertutto, è lo stesso Dio che è con noi. Non temete dunque, non turbatevi, perché avete con voi un Signore invincibile".
Fin dalla sua prima battuta il salmo enuncia l’atteggiamento fondamentale con cui si deve contemplare Sion, quello della fiducia e della sicurezza. "A Gerusalemme l’ebreo si sente a casa sua geograficamente ma soprattutto storicamente, lì è all’interno della sua storia. Tuttavia, su un altro piano, Gerusalemme dovrebbe essere dovunque l’uomo aspira alla pace, dovunque il cuore s’apre alla preghiera, alla generosità, alla riconoscenza" (E. Wiesel).
La base di ogni fiducia è nella presenza di Dio in mezzo a noi. Il Cristo è la presenza di Dio che "si è fatta carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi" (Gv 1,14), così da "essere con noi per sempre, sino alla fine del mondo" (Mt 28,20). "Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno il suo popolo ed egli sarà il "Dio-con-loro"(Ap 21,3).
Ed è con questa presenza che noi affrontiamo le tempeste del male e della morte senza paura. "Io non ti lascerò, né ti abbandonerò! Perciò possiamo dire: Il Signore è il mio aiuto, non avrò timore" (Eb 13,5-6).
Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati!" (Rm 8,35-37).
Commento dei padri della chiesa
v. 3 "I monti che crollano nel fondo del mare sono poca cosa, dice il vangelo (Mt 17,19)" (Ambrogio).
"Le acque del mare sono simbolo delle potenze infernali, sconvolte dalla venuta del Signore e dai suoi miracoli" (Eusebio).
"La predicazione del vangelo ha sconvolto le genti" (Atanasio).
v. 5 "La provvidenza di Dio è come un fiume le cui braccia giungono ovunque" (Crisostomo).
"La sorgente del fiume di giustizia, dell’Unigenito, è il Padre che l’ha generato" (Cirillo di Gerusalemme).
"Il fiume è il simbolo dell’acqua e del sangue sgorgati dal costato trafitto del Signore. È quello il fiume dell’Eden che si diffonde in tutta la terra, lava i peccati, irriga la città di Dio e ogni anima" (Ambrogio).
"Fiumi di acqua viva... disse questo dello Spirito santo che dovevano ricevere (Gv 7,38)" (Agostino).
"Questo fiume è la sovrabbondanza di gioia e di pace descritti dal salmista: "Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio"; e ancora: "Si saziano dell’abbondanza della tua casa e li disseti al torrente delle tue delizie" (Sal 36,9). Isaia consolava così i figli di Gerusalemme: "Ecco, io rivolgo verso di lei la pace, come un fiume, e la gloria delle genti come un torrente traboccante" (66,12). Questo fiume è il Signore stesso, è lo Spirito santo. Lo Spirito santo è questo fiume di pace, questo torrente di gloria, questa onda di gioia, questo fluire della beatitudine, questa sovrabbondanza che trabocca dalla casa di Dio. È infatti l’amore stesso dello sposo e della sposa nella città gloriosa. Tutta la felicità di questa vita e di questa città, che altro potrebbero essere se non questo amore? Di questo amore vivono tutti i santi angeli e tutte le anime di tutti i santi. Ecco perché il profeta, dopo aver detto: "Vi mostrerò il fiume", aggiunge "il fiume d’acqua viva" (Ap 22,1). Come il vangelo dice che lo Spirito santo procede dal Padre (Gv 15,26), il profeta esprime la stessa verità dicendo che il fiume sgorga dal trono di Dio e dell’Agnello. E questo è quanto professiamo nella fede cattolica: lo Spirito santo procede dal Padre e dal Figlio. Questo fiume ha cominciato a fluire in noi dal momento in cui Gesù è stato glorificato; ma non vediamo ancora e non possiamo vedere in questa vita ciò che compie in noi. Nella città beata apparirà il frutto di questa venuta dello Spirito..." (Ruperto)
v. 8 "Il Signore degli eserciti è con noi: l’incarnazione" (Rufino).
v. 11 "Fermatevi e sappiate che io sono Dio. È necessario avere del tempo per conoscere il Signore" (Origene).
"Il demonio non può sopportare il tempo della contemplazione" (Eusebio).
"Non si può conoscere Dio senza rigettare le preoccupazioni terrene" (Atanasio).
"Per conoscere Dio bisogna distoglierci da ciò che non è lui" (Basilio).
"Lasciate le occupazioni terrene, preoccupatevi di conoscere Dio" (Ambrogio).
"Lasciate ogni occupazione e sappiate che io sono Dio: Maria ha scelto la parte buona (Lc 10,42)" (Bernardo).
v. 12 "Dio è sempre con noi" (Crisostomo).
"Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? (Rm 8,31)" (Basilio).
"Ecco che io sono con voi... fino alla fine del mondo (Mt 28,20): è l’Emmanuele" (Ambrogio).
SALMO 47
47 (46) Il Signore re di Israele e del mondo
1 Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo.
2 Applaudite, popoli tutti,
acclamate Dio con voci di gioia;
3 perché terribile è il Signore, l’Altissimo,
re grande su tutta la terra.
4 Egli ci ha assoggettati i popoli,
ha messo le nazioni sotto i nostri piedi.
5 La nostra eredità ha scelto per noi,
vanto di Giacobbe suo prediletto.
6 Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
7 Cantate inni a Dio, cantate inni;
cantate inni al nostro re, cantate inni;
8 perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
9 Dio regna sui popoli,
Dio siede sul suo trono santo.
10 I capi dei popoli si sono raccolti
con il popolo del Dio di Abramo,
perché di Dio sono i potenti della terra:
egli è l’Altissimo.
Questo salmo è essenziale, energico, marziale; è una specie di inno nazionale da parata dello stato teocratico ebraico. La liturgia cattolica lo usa per l’Ascensione di Cristo al cielo. Il v. 9 ("Dio regna sulle genti, siede sul suo trono santo") è la filigrana allusiva della grandiosa visione celeste dell’Apocalisse (3,21; 4,2-10; 5,1-13; ecc.).
Il salmo è un invito a cogliere la presenza continua del regno di Dio. È un inno di fede, di entusiasmo e di speranza, un inno gioioso del popolo di Dio in cammino verso il fine della storia.
Commento dei padri della chiesa
v. 2 "Il Signore è re di tutta la terra da quando regna sulle genti; verrà un tempo in cui sarà tutto in tutti (cfr 1Cor 15,28)" (Origene).
"Questo salmo è un cantico trionfale: la causa della gioia è che il Cristo si è fatto conoscere su tutta la terra" (Cirillo di Alessandria).
v. 6 "Questo salmo profetizza l’Ascensione del Signore. Deve essere accostato a Ef 4,9: Può salire solo colui che è disceso" (Gregorio di Nissa).
v. 8 "Bisogna salmeggiare con l’intelligenza più che con le cetre" (Atanasio).
"Salmeggiare con intelligenza è agire rettamente e, per queste opere rette, piacere a Dio solo. La ripetizione di salmeggiare infonde gioia" (Rufino).
"Comprendete il significato spirituale di ciò che voi cantate, parola per parola, cioè la regalità universale del Cristo e la chiamata di tutte le genti" (Girolamo).
"Salmeggiare in modo che la nostra mente si accordi con la nostra voce" (Benedetto).
v. 10 "I potenti della terra sono i re che un tempo si riunivano contro Dio (cfr Sal 2,2)" (Rufino).
SALMO 48
48 (47) Sion, monte di Dio
1 Cantico. Salmo. Dei figli di Core.
2 Grande è il Signore e degno di ogni lode
nella città del nostro Dio.
3 Il suo monte santo, altura stupenda,
è la gioia di tutta la terra.
Il monte Sion, dimora divina,
è la città del grande Sovrano.
4 Dio nei suoi baluardi
è apparso fortezza inespugnabile.
5 Ecco, i re si sono alleati,
sono avanzati insieme.
6 Essi hanno visto:
attoniti e presi dal panico,
sono fuggiti.
7 Là sgomento li ha colti,
doglie come di partoriente,
8 simile al vento orientale
che squarcia le navi di Tarsis.
9 Come avevamo udito, così abbiamo visto
nella città del Signore degli eserciti,
nella città del nostro Dio;
Dio l’ha fondata per sempre.
10 Ricordiamo, Dio, la tua misericordia
dentro il tuo tempio.
11 Come il tuo nome, o Dio,
così la tua lode si estende
sino ai confini della terra;
è piena di giustizia la tua destra.
12 Gioisca il monte di Sion,
esultino le città di Giuda
a motivo dei tuoi giudizi.
13 Circondate Sion, giratele intorno,
contate le sue torri.
14 Osservate i suoi baluardi,
passate in rassegna le sue fortezze,
per narrare alla generazione futura:
15 Questo è il Signore, nostro Dio
in eterno, sempre:
egli è colui che ci guida.
"O Sion, Dio ti ha desiderata come sua residenza. Beato colui che è stato scelto per avvicinarsi a te e rimanere nella tua dimora" (Juda Halevy).
Questo salmo è l’espressione lirica di un innamorato di Gerusalemme che esprime la sua sicurezza e la sua serenità di essere accolto nell’ambito protettivo delle sue mura. Il nome di Gerusalemme risuona 656 volte nella Bibbia. È la città santa per eccellenza.
La dimensione teologica è fondamentale nella considerazione di questa città-residenza di Dio. Il suo cuore è il "monte santo", Sion. E Sion è il centro poetico di questo salmo. Gerusalemme è anche per ogni cristiano la "città santa". La sua missione di salvezza, contenuto essenziale di questo salmo, è sempre viva nella "Gerusalemme di lassù che è libera ed è la nostra madre" (Gal 4,26).
Il cristiano è in attesa, con Abramo, della "città saldamente fondata, il cui artefice e costruttore è Dio" (Eb 11,10). Ciò significa che la chiesa pellegrinante non è la forma definitiva della città di Dio. Ciò che ora si vede è solo presentimento di quella grandezza descritta dal veggente dell’Apocalisse (cap. 21-22).
Commento dei padri della chiesa
v. 2 "È la città posta sul monte di Mt 5,14" (Agostino).
v. 3 "Il monte è Cristo" (Origene).
"È là che il Cristo è stato crocifisso e da là sono partiti gli apostoli: "La parola del Signore uscirà da Gerusalemme (Is 2,3)" (Crisostomo).
"La venuta del Signore ha diffuso la gioia nel mondo intero. La coscienza dell’uomo si sente assolta dalle sue colpe e ne gioisce" (Ambrogio).
v. 4 "Dio si fa conoscere nella sua dimora, che è la chiesa cristiana" (Gregorio di Nissa).
vv. 5-8 "I re che si sono riuniti contro il vangelo sono presi da timore e turbati davanti ai miracoli di Dio" (Atanasio).
"Il naufragio delle navi di Tarsis è il simbolo della sparizione del paganesimo" (Eusebio).
v. 9 "Tutto ciò che crediamo per fede, l’abbiamo visto realizzato nella città di Dio, cioè nella Chiesa" (Atanasio).
v. 10 "È un inno di ringraziamento di tutti quelli che hanno ricevuto la salvezza" (Cirillo di Alessandria).
"La misericordia è il Cristo" (Rufino).
"Il tempio è Cristo. Dio ha riconciliato il mondo con sé nel Cristo" (Ambrogio).
v. 11 "La tua destra è il Cristo. Egli ha giustificato gli uomini e li ha resi santi e immacolati per offrirli al Padre" (Cirillo di Alessandria).
v. 13 "Quanti hanno compreso Sion, ne fanno il giro e l’abbracciano. Salgono sulle sue torri e, da lassù, indicano la via a quanti non sanno ancora salirvi" (Origene).
"È un invito ai capi della Chiesa perché veglino su di lei" (Teodoreto).
v. 15 "Annunciate che lui è il nostro Dio, ora e sempre" (Atanasio).
"Ogni generazione deve trasmettere a quella che viene che il Signore è nostro Dio e nostro pastore per l’eternità" (Teodoreto).
SALMO 49
49 (48) Le ricchezze sono un nulla
1 Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo.
2 Ascoltate, popoli tutti,
porgete orecchio abitanti del mondo,
3 voi nobili e gente del popolo,
ricchi e poveri insieme.
4 La mia bocca esprime sapienza,
il mio cuore medita saggezza;
5 porgerò l’orecchio a un proverbio,
spiegherò il mio enigma sulla cetra.
6 Perché temere nei giorni tristi,
quando mi circonda la malizia dei perversi?
7 Essi confidano nella loro forza,
si vantano della loro grande ricchezza.
8 Nessuno può riscattare se stesso,
o dare a Dio il suo prezzo.
9 Per quanto si paghi il riscatto di una vita,
non potrà mai bastare
10 per vivere senza fine,
e non vedere la tomba.
11 Vedrà morire i sapienti;
lo stolto e l’insensato periranno insieme
e lasceranno ad altri le loro ricchezze.
12 Il sepolcro sarà loro casa per sempre,
loro dimora per tutte le generazioni,
eppure hanno dato il loro nome alla terra.
13 Ma l’uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.
14 Questa è la sorte di chi confida in se stesso,
l’avvenire di chi si compiace nelle sue parole.
15 Come pecore sono avviati agli inferi,
sarà loro pastore la morte;
scenderanno a precipizio nel sepolcro,
svanirà ogni loro parvenza:
gli inferi saranno la loro dimora.
16 Ma Dio potrà riscattarmi,
mi strapperà dalla mano della morte.
17 Se vedi un uomo arricchirsi, non temere,
se aumenta la gloria della sua casa.
18 Quando muore con sé non porta nulla,
né scende con lui la sua gloria.
19 Nella sua vita si diceva fortunato:
«Ti loderanno, perché ti sei procurato del bene».
20 Andrà con la generazione dei suoi padri
che non vedranno mai più la luce.
21 L’uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.
È una lirica drammatica sulla morte. Alla tenebra della morte si oppone invano l’inconsistente luce delle ricchezze alle quali si rischia di sacrificare tutto, onestà, giustizia, vita e affetti. La morte elimina tutto." Chi ha lavorato con sapienza, scienza e successo dovrà poi lasciare i suoi beni a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è nulla e grande sventura... Chi ama il denaro, mai si sazia di denaro e chi ama la ricchezza non riesce a trarne profitto... Come è uscito dal grembo di sua madre, così se ne andrà di nuovo come era venuto e dalle sue fatiche non ricaverà nulla da portare con sé" (Qo 2,21; 5,9-16).
Ma il versetto 16 ci riserva una sorpresa. "Dopo aver stigmatizzato l’illusione dei ricchi, il salmista si accontenta di insinuare, come tra parentesi, che, essendo nelle mani di Jahweh, egli non è totalmente abbandonato alla mercé della morte. Per vincerla definitivamente, tuttavia, bisognerà attendere la venuta del Signore Gesù (cfr. 1Cor 15,26) (E. Beaucamp). "Il salmo 49 non parla di risurrezione, almeno in modo esplicito... È possibile ma non certo che il credente pensi di sfuggire alla morte stessa. Egli allora andrebbe ad abitare presso il Dio che egli ha servito" (R. Martin-Achard).
L’intimità vissuta dal fedele col suo Dio durante l’esistenza terrena ha riempito il presente di eternità, ha pervaso l’uomo di divinità, ed è su questa base che il fedele attende che questa intimità non si spenga ma fiorisca nella comunione piena e misteriosa con il Dio vivente. Il libro della Sapienza formalizzerà ufficialmente questa intuizione ancora acritica e titubante.
Il salmo 49 è una grande meditazione sapienziale sui veri valori della vita: la scala dei valori decisa dagli uomini è spesso assurda e ha come unità di misura soprattutto la ricchezza e il successo. L’inconsistenza dei beni economici oltre la morte, irreversibile e universale, ci richiama il detto di Gesù: "Guardatevi e tenetevi lontani da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni" (Lc 12,15). Il ricco sbaglia perché riconosce alle ricchezze la funzione di vita e di salvezza che spetta solo a Dio.
Commento dei padri della chiesa
v. 2 "Chi è questo predicatore che convoca tutta la terra? Lo Spirito Santo" (Basilio).
"È il Salvatore che si rivolge a tutta la terra. Gli uomini sono sotto l’azione del veleno del serpente, ma sta per dare loro la medicina. Egli chiama tutte le genti alla fonte della sapienza" (Ambrogio).
v. 6 "Per ciascuno verrà il giorno e l’ora in cui lascerà tutto e si dovrà partire soli, nudi, senza alcun aiuto, alcun protettore e alcuna compagnia" (Efrem).
"Il giorno triste è il giorno del giudizio" (Crisostomo).
v. 7 "Se hai molte ricchezze, ma queste non sono per te motivo di vanto, sei povero. Qualcuno non ha nulla ma desidera possedere e si gonfia: Dio lo annovera tra i ricchi che vengono riprovati" (Rufino).
"Il salmista chiama ricco colui che ha delle ricchezze e se ne vanta o, se non ne ha, desidera averne per farsene un piedistallo. Al contrario sono poveri quelli che non ne possiedono e non si preoccupano di possederne o, se possiedono, si comportano come se non possedessero. Perché Dio non si occupa delle riserve ma guarda la coscienza; e così molte persone che non sono ricche di beni materiali sono pericolosamente ricche nel loro cuore; e molte persone che sono ricche di beni materiali, sono salutarmente povere nel loro cuore" (Beda il Venerabile).
v. 8 "C’è un solo fratello che può riscattarci: il Cristo" (Agostino).
"Non pagheremo ciascuno il nostro debito, il Cristo l’ha pagato per tutti" (Ambrogio).
v. 9 "Un solo prezzo, il sangue del Figlio unigenito; infatti né la terra né il mare basterebbero a riscattare un’anima" (Crisostomo).
"L’elemosina è il solo mezzo per pagare a Dio il prezzo della propria anima" (Agostino).
v. 10 "Questi sapienti sono gli stessi di 1Cor 1,19: "Farò perire la sapienza dei sapienti" (Origene).
v. 12 "Lascia dietro di te il ricordo di una vita santa piuttosto che dare il nome a una terra, a palazzi, a terme" (Crisostomo).
"Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli (Lc 10,20)" (Ambrogio).
v. 13 "L’uomo non comprende dove sta la sua dignità: abbraccia la materia e cade" (Teodoreto).
"L’onore dell’uomo era di essere stato fatto a immagine di Dio: ora assomiglia alle bestie" (Arnobio il giovane).
"I sacrifici cruenti della legge simboleggiavano la caduta dell’uomo, la pena della sua caduta, la grazia della sua liberazione. Aveva meritato la morte, la legge tuttavia gli comandava di offrire un animale che sarebbe stato il prezzo del suo riscatto. Giustamente fu considerato alla pari di una pecora da macello (cfr Sal 44,12): la sua follia l’aveva reso simile a una bestia e più degno di morte della bestia uccisa al suo posto. O uomo creato a immagine di Dio, comprendi fino a che punto sei stato deprezzato? Sei valutato al prezzo di un capro o di un montone. Ma se getti lo sguardo verso la tua dignità originaria il tuo prezzo non sarà più un capro o un montone ma il Figlio unigenito di Dio, perché l’immagine di Dio sia riplasmata in te da questo stesso Figlio che è l’immagine del Dio invisibile" (Baldovino di Ford).
v. 14 "Il denaro e il piacere sono la pietra d’inciampo che fa cadere gli uomini" (Crisostomo).
v. 15 "Hanno rifiutato il buon pastore, li pascerà la morte" (Ambrogio).
v. 16 "Profezia della discesa del Cristo agli inferi, da dove riscatterà i prigionieri" (Basilio).
v. 20 "I loro padri non sono né Abramo né Giacobbe, ma Caino" (Beda il Venerabile).
v. 21 "L’uomo non comprende quale è il suo vero onore. Invece di prepararsi un posto nella Gerusalemme celeste, ammassa tesori sulla terra, si rende simile alle bestie con le sue cupidigie. Gli uomini si allontanano dal buon pastore e si consegnano alla morte perché li pascoli" (Gregorio di Nissa).
SALMO 50
50 (49) Per il culto in spirito
1 Salmo. Di Asaf.
Parla il Signore, Dio degli dèi,
convoca la terra da oriente a occidente.
2 Da Sion, splendore di bellezza,
Dio rifulge.
3 Viene il nostro Dio e non sta in silenzio;
davanti a lui un fuoco divorante,
intorno a lui si scatena la tempesta.
4 Convoca il cielo dall’alto
e la terra al giudizio del suo popolo:
5 «Davanti a me riunite i miei fedeli,
che hanno sancito con me l’alleanza
offrendo un sacrificio».
6 Il cielo annunzi la sua giustizia,
Dio è il giudice.
7 «Ascolta, popolo mio, voglio parlare,
testimonierò contro di te, Israele:
Io sono Dio, il tuo Dio.
8 Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici;
i tuoi olocausti mi stanno sempre davanti.
9 Non prenderò giovenchi dalla tua casa,
né capri dai tuoi recinti.
10 Sono mie tutte le bestie della foresta,
animali a migliaia sui monti.
11 Conosco tutti gli uccelli del cielo,
è mio ciò che si muove nella campagna.
12 Se avessi fame, a te non lo direi:
mio è il mondo e quanto contiene.
13 Mangerò forse la carne dei tori,
berrò forse il sangue dei capri?
14 Offri a Dio un sacrificio di lode
e sciogli all’Altissimo i tuoi voti;
15 invocami nel giorno della sventura:
ti salverò e tu mi darai gloria».
16 All’empio dice Dio:
«Perché vai ripetendo i miei decreti
e hai sempre in bocca la mia alleanza,
17 tu che detesti la disciplina
e le mie parole te le getti alle spalle?
18 Se vedi un ladro, corri con lui;
e degli adùlteri ti fai compagno.
19 Abbandoni la tua bocca al male
e la tua lingua ordisce inganni.
20 Ti siedi, parli contro il tuo fratello,
getti fango contro il figlio di tua madre.
21 Hai fatto questo e dovrei tacere?
forse credevi ch’io fossi come te!
Ti rimprovero: ti pongo innanzi i tuoi peccati».
22 Capite questo voi che dimenticate Dio,
perché non mi adiri e nessuno vi salvi.
23 Chi offre il sacrificio di lode, questi mi onora,
a chi cammina per la retta via
mostrerò la salvezza di Dio.
Il culto, senza un impegno nell’esistenza, si riduce a farsa e magia. Questo insegnamento si trova anche in 1Sam 5,22: "Dio forse gradisce gli olocausti e i sacrifici come obbedire alla voce di Dio? Ecco, obbedire è meglio del sacrificio, essere docili è meglio del grasso degli arieti". La Bibbia non nega il culto in sé ma il culto privo di vita e di incarnazione. "Questo è il digiuno che voglio - dice Dio - sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo. È il dividere il pane con l’affamato, l’introdurre in casa i miseri, i senza tetto, il vestire uno che vedi nudo..." (Is 58,6-7). E Gdt 16,16: "Poca cosa è per te ogni sacrificio in soave odore, non basta quanto è pingue per farti un olocausto; ma chi teme Dio è sempre grande".
Questa religione del cuore è l’anima della teologia biblica, come scriveva giustamente s. Agostino commentando questo salmo: "Se io entro in me stesso, io troverò là ciò che devo immolare... La mia coscienza sarà il tuo altare. Non avrò bisogno di acquistare ciò che ti devo offrire, perché tu me l’hai già dato!". L’essenziale di ciò che Dio esige dall’uomo è d’ordine morale e non rituale, è la bontà dell’uomo che compie la volontà di Dio sulla terra. In se stessi i riti non hanno alcun valore intrinseco. Dio ama l’"eucaristia" totale, in cui l’uomo offre il sacrificio del suo "corpo", cioè della sua esistenza. "Fratelli, offrite i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale" (Rm 12,1).
L’unica risposta che Dio attende dall’uomo è "il sacrificio di lode" (v.14), la celebrazione della sua grandezza, aliena da ogni interesse, da ogni magia e da ogni superstizione. Dio vuole dall’uomo un impegno di adesione, di libertà, di gioia e di vita. "Il grande insegnamento da trarre da questo salmo è che non bisogna onorare Dio col fasto materiale, ma attraverso l’amore e la preghiera che esce dal fondo del cuore" (Charles de Foucauld).
Ma la nostra preghiera manifesta la sua verità nelle opere di misericordia: "Una religione pura senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo" (Gc 1,27). "Non scordatevi della beneficenza e di far parte dei vostri beni agli altri perché di tali sacrifici si compiace il Signore" (Eb 13,16).
Commento dei padri della chiesa
v. 2 "Il Cristo, assumendo la nostra natura, ha deposto la sua bellezza. Ora dalla Gerusalemme celeste s’irradia la gloria del Cristo, e noi non lo conosciamo più nella sua carne inferma ma nella sua divinità (cfr 2Cor 5,16)" (Cirillo di Alessandria).
"Splendore di bellezza: Bellezza del tempio e del culto nell’Antico Testamento, bellezza della croce e del vangelo nel Nuovo Testamento" (Crisostomo).
v. 3 "Un fiume di fuoco sgorgherà e giudicherà gli uomini (cfr Dn 7,10)" (Cirillo di Gerusalemme).
"Il Cristo battezza nello Spirito e nel fuoco; la colonna di fuoco degli Israeliti era simbolo della luce del Cristo e così anche il fiume di fuoco di Dn 7,10" (Atanasio).
v. 4 "Mosè, per promulgare la legge, ha preso come testimoni il cielo e la terra. Qui Dio fa lo stesso per promulgare la legge nuova" (Teodoreto).
v. 5 "Stabilire l’ alleanza offrendo un sacrificio è offrire se stessi in sacrificio al Signore" (Rufino).
v. 7 "Sono lo stesso Dio di Mosè. A quel tempo chiedevo sacrifici perché erano utili in quella economia, ma ora offrimi la lode, il canto, il frutto delle labbra che confessano il mio nome (cfr Eb 13,15)" (Atanasio).
v. 8 "Non ti rimprovero per i tuoi sacrifici. Ma non limitare la tua giustizia a quelli" (Atanasio).
v. 14 "Il tuo altare sia la tua coscienza, il tuo fuoco sia l’amore divino" (Rufino).
v. 15 "Dio vuole stabilire con noi una familiarità e amicizia che dà, chiede e riceve" (Crisostomo).
vv. 16-17 "I vv. 16-17 sono riferiti a quanti predicano e non fanno" (Teodoreto).
v. 21 "Temiamo che Dio ci metta davanti le nostre cattive azioni: allora non potremo neppure dire che le nostre sofferenze sono immeritate" (Gregorio Nazianzeno).
v. 22 "Ora il culto dei sacrifici è sostituito dai precetti evangelici. Dio vuole correggere gli uomini col timore, non vuole condannarli" (Crisostomo).
v. 23 "Ogni giorno offriamo a Dio il nostro essere e tutte le nostre azioni" (Gregorio Nazianzeno).
"Il sacrificio di lode è la via della salvezza preparata da Dio" (Atanasio).
"La salvezza di Dio è il Cristo" (Agostino).
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Fonte: http://www.padrelinopedron.it/data/edicola/Padre%20Lino%20Pedron%20-%20Salmi/Nuova%20edizione%20dei%20Salmi%2026-50.doc

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