Bioetica

 


 

Bioetica significato definizione

 

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Bioetica significato definizione

 

Cosa è la bioetica.

“Lo studio sistematico della condotta umana nell’ambito delle scienze della vita e della cura della salute, quando tale condotta è esaminata alla luce di valori e principi morali” (Encyclopedia of Bioethics, 1978).

L’applicazione dell’etica tradizionalmente intesa (scienza dell’agire umano) ad uno specifico campo che è il mondo vivente. È una branca dell’etica pratica e non può essere considerata un’estensione dell’etica medica che si occupa solo dell’esercizio della professione medica, del rapporto medico-paziente.

È la riflessione su problemi morali che accompagnano lo sviluppo della medicina e della biologia, soprattutto alla luce del progresso tecnologico, una riflessione che coinvolge la scienza nel suo insieme. Le nuove conoscenze biomediche hanno infatti aperto grandi prospettive per il miglioramento della qualità della vita ma allo stesso tempo hanno portato con sé anche nuovi problemi di natura etica. È condizionata da una riflessione sulla tecnica: per la prima volta infatti la medicina non è solo assistenza ma ha acquisito le capacità di intervenire sulla vita e quindi anche apportare modifiche all’uomo.

La domanda di fondo che pervade tutta la riflessione bioetica è: la scienza è libera di perseguire ogni suo scopo o è necessario che l’etica le imponga dei limiti, che venga controllata nel suo progredire?

Questo interrogativo è presente in tutta la comunità scientifica e l’opinione pubblica e l’atteggiamento diffuso oscilla tra due estremi:

1) fede cieca nella scienza ritenuta capace di risolvere prima o poi tutti i problemi del genere umano,

2) timore che questo progresso inarrestabile produca solo squilibri irreparabili.

Il rapporto tra libertà e limiti della scienza è quindi fondamentale. L’imperativo tecnico invita a realizzare liberamente tutto ciò che è il fattibile tecnoscientifico: non riconosce alcun limite a priori alla capacità di realizzare il possibile. Esso si esprime nella formula “Tutto quello che può essere fatto, deve essere fatto!” e comporta l’affermazione della libertà assoluta di ricerca. Dall’altra parte c’è l’atteggiamento di diffidenza, rifiuto della tecnica, la cosiddetta morale della preservazione, che porterebbe all’inattività, a frenare la scienza. Esigenza di bilanciare questi due atteggiamenti.

 La bioetica quindi:

  • Aiuta a riflettere sulla legittimità dell’imperativo tecnologico, per il quale tutto ciò che è possibile tecnicamente deve essere fatto, niente deve ostacolare il progresso, oppure in che misura va ostacolato e in virtù di quali argomentazioni.
  • Affronta dilemmi morali tragici (es. la scelta di Agamennone). Agisce in un campo in cui si confrontano diritti contrapposti: il diritto a morire e la protezione della vita, il diritto del feto e quello della madre, la libertà della ricerca scientifica in nome del bene pubblico e la protezione di chi ne è coinvolto. Ma chiaramente la pretesa che questi dilemmi possano trovare una soluzione definitiva ed essere risolti una volta per tutte è solo un’illusione. Non da’ risposte definitive. La bioetica può contribuire a riflettere su di essi ma non offre ricette pronte, come del resto ogni disciplina filosofica che male si applica all’ambito pratico. Tuttavia, se la filosofia e la bioetica non possono risolvere, possono essere di grande aiuto per comprendere le ragioni che stanno dietro una scelta tragica, i pro e i contro, lo scontro metafisico e il contesto culturale nel quale si verifica ecc.
  • È un ambito di discussione interdisciplinare.

Grazie agli straordinari progressi delle scienze e delle tecnologie della vita, per la prima volta nella storia, l'uomo comincia ad avere il controllo dei processi biologici. La bioetica è un approfondimento sui problemi sollevati da tali progressi. Nasce come una nuova e vasta area di riflessione interdisciplinare in cui si esercitano biologia, medicina, filosofia, diritto, teologia, economia, psicologia, ecologia e coinvolge anche la politica: infatti, in considerazione delle dimensioni dei problemi e dei rischi che fanno da contrappeso ai vantaggi che si profilano per tutto il genere umano, negli ultimi anni è diventata oggetto di attenzione da parte dei Governi e dei Parlamenti di molti paesi, nonché di Istituzioni sovra nazionali come il Consiglio d'Europa, la Commissione e il Parlamento Europeo. Insomma, è giunto il momento in cui, oltre a riflettere e a interrogarsi, occorre decidere quali pratiche, tra quelle oggi "tecnicamente" possibili, posseggano i requisiti per essere considerate "eticamente" lecite e ammissibili sul piano legislativo.

 

La nascita della bioetica.

Il termine “bioetica” è stato usato per la prima volta dall’oncologo V. R. Potter nel titolo del suo libro “Bioethics. Bridge to the future” (1971). Davanti alle nuove possibilità raggiunte con il progresso della tecnica, l’uomo è arrivato a mettere in pericolo la sua stessa sopravvivenza sulla terra. Nel libro ci si chiedeva quindi se l’uomo sia diventato “per la Terra Vivente ciò che il cancro è per l’uomo”. Propone quindi una “scienza della sopravvivenza” basata sulla biologia che ritiene capace di individuare i nuovi valori etici da perseguire e propone il termine bioetica “per sottolineare i due ingredienti più importanti: la conoscenza biologica e i valori umani”. La biologia è il sapere «fondamentale» perché oggi «abbiamo bisogno di biologi che possano dirci ciò che possiamo e dobbiamo fare per sopravvivere e ciò che non possiamo e non dobbiamo fare se speriamo di mantenere e migliorare la qualità della vita durante i prossimi tre decenni». Dunque, dalla biologia nasce il sistema etico, il sistema dei valori, che ci può condurre alla meta fondamentale: la sopravvivenza. La scienza offre i criteri per giudicare ogni proposta valoriale. Il suo obiettivo era quindi creare un ponte verso il futuro tra cultura scientifica e quella umanistica. Il pensiero di Potter da’ origine ad un filone detto “catastrofismo” (si consideri che siamo negli anni del grande sviluppo del nucleare).

Si è diffusa molto rapidamente, nel giro di pochissimi anni sono sorti numerosi centri di ricerca, gruppi di studio e riviste specializzate. Sempre ai primissimi anni '70 risale la costituzione del primo Centro che si definisca ufficialmente "di Bioetica" (The Joseph and Rose Kennedy Institute for the Study of Human Reproduction and Bioethics), successivamente noto come Kennedy Institute, facente parte della Georgetown University.

Non esiste una sola bioetica. Come esistono diverse teorie etiche o politiche anche la bioetica non ha un’unica concezione, impostazione.

 

Alcuni capisaldi della bioetica

La bioetica, del resto, è chiamata a dare risposta non tanto a questioni meramente "astratte" o accademiche, ma a problemi dai risvolti assai concreti, spesso drammaticamente concreti. Come ha giustamente fatto notare H. T. Engelhardt, "la bioetica nasce spontaneamente dalle preoccupazioni di pazienti, medici e infermieri" (Manuale di Bioetica, Il Saggiatore, Milano 1991, p. 14). Ma tale "concretezza" ci mette subito di fronte ad una caratteristica intrinseca della bioetica: il suo essere sostanzialmente non una disciplina in senso stretto, bensì un approccio interdisciplinare. Infatti ognuna delle questioni sulle quali la bioetica si esercita presenta aspetti di grande rilevanza per discipline quali la medicina, la biologia, il diritto, la teologia, la filosofia, la psicologia, la sociologia, l'economia, l'ecologia, ecc. Occorre dunque che la bioetica si sviluppi attraverso un continuo confronto tra studiosi e operatori di matrice diversa, disposti a scambiarsi informazioni, interrogativi ed esperienze, oltre che a superare le inevitabili incomprensioni che scaturiscono da approcci e prospettive teoriche spesso assai distanti. Contesto del pluralismo: la nostra società vive all'insegna di valori diversi e spesso incompatibili e la bioetica non può prescindere da questa condizione di fondo che caratterizza la nostra società.
H. T. Engelhardt ha espresso tutto ciò con questa magistrale osservazione: "La bioetica si sta sviluppando come la lingua franca di un mondo che si interessa dell'assistenza sanitaria ma non possiede una concezione etica comune" (Manuale di Bioetica, Il Saggiatore, Milano 1991, p. 11). Introduce il concetto di "stranieri morali". Dal fallimento della fiducia illuministica nella ragione (l'unità morale è andata a pezzi) nasce la consapevolezza che le visioni del mondo sono diverse e non possiamo sapere quale è quella giusta (scetticismo morale), quindi è necessaria la convivenza tra stranieri morali. Gli stranieri morali vivono all’interno della comunità e le diverse comunità formano la società civile. Etica dell'accordo, della negoziazione tramite cui trovare le regole per la convivenza delle comunità all’interno della società civile.

Hans Jonas. Secondo quest'ultimo il potere della scienza sulla materia, sulla vita e sull'uomo stesso è cresciuto al punto tale che l'attività umana può avere conseguenze vastissime nello spazio e nel tempo. Egli pertanto teorizza un cambiamento del concetto di responsabilità, introducendovi la preoccupazione per le generazioni future: occorre includere il futuro dell'uomo tra gli obiettivi che gli esseri umani, con le loro scelte, devono perseguire. (H. Jonas, Il principio responsabilità 1979). L'euristica della paura (immaginare le conseguenze più negative, pensare al peggio) è un esercizio utilissimo per prender delle decisioni relative al futuro e che riguarderanno le generazioni future. Infatti ci dovrebbe portare ad agire responsabilmente. La responsabilità deve essere assunta a principio guida dell'agire. La soluzione è quindi salvare la natura e con essa l'umanità. Ancor prima di rispondere ai classici interrogativi sull'uomo, il da dove, il come, il perché della sua vita, egli "deve" oggi salvare le condizioni della sua stessa esistenza, onde rendere possibili quegli interrogativi e ogni etica conseguente. Ciò comporta un'etica prioritaria; quella della responsabilità (abilità a rispondere) di fronte al transeunte, decisamente minacciato di sparizione totale. Il principio responsabilità di Jonas è correlato al "Principio di precauzione" che significa adottare una linea di condotta nel campo delle decisioni politiche che riguardano la gestione dell'incertezza scientifica con riferimento alla difesa dell'ambiente, della fauna, della flora, delle risorse naturali, nonché alla tutela della salute del consumatore e della sicurezza alimentare. Alcuni atti politico-normativi dell'Unione europea hanno lo scopo di formalizzare il Principio entro canoni formali il più possibile rigorosi. Il principio Precauzione è ispirato al principio di Jonas e ne è il risvolto politico.

Peter Singer: utilitarismo spinto alle estreme conseguenze. Specismo "discriminazione o sfruttamento di certe specie animali da parte degli esseri umani sulla base dell'assunto della superiorità della specie umana". Si chiede se l'appartenenza ad una specie può essere una buona ragione per attribuirsi una maggiore importanza, per considerare i nostri interessi prioritari rispetto a quelli di altre specie. Superare la morale specista implica riconoscere la stessa importanza agli interessi di tutti gli esseri che possono provare piacere e dolore, a qualunque specie appartengano. Chi è persona: normalmente gli si attribuiscono le caratteristiche della razionalità e della autocoscienza. Per Singer la discriminante è la capacità di provare piacere e dolore.

 

Esempi di storia della bioetica. Vediamo ora come “funziona” la bioetica:

Il cambiamento del concetto di morte.

Definizione classica di morte è “la cessazione permanente della circolazione dei fluidi corporei vitali”.  Disgregazione del tripode vitale Cervello-Polmoni-Cuore. In caso di impossibilità di respirare è possibile sostituire la funzione respiratoria con una macchina: il respiratore artificiale.

Il respiratore fu messo a punto negli anni ‘50 da un medico danese durante un’epidemia di poliomielite, osservando che i bambini morivano perché non riuscivano a respirare pensò di usare delle sacche d’aria per pompare l’ossigeno nei polmoni dei bambini. Finché l’infermiera pompava aria nei polmoni la malattia faceva il suo corso e la morte distanziata e così tutti gli infermieri e gli studenti della facoltà di medicina di Copenaghen pomparono per giorni e giorni aria nei polmoni e molti bambini vennero salvati così. In seguito si pensò di collegare la pompa ad una macchina e nacque il respiratore artificiale che si rivelò molto utile in casi di vittime di incidenti, o di diabetici in coma, per tutti quelli che avevano bisogno di un aiuto temporaneo per respirare. Tuttavia in altri casi, i pazienti continuavano a respirare anche per anni senza mai riprendersi. Queste persone, senza il respiratore sarebbero morte nel giro di poche ore o giorni, mentre così potevano restare in questa condizione di incoscienza ad oltranza, finché non insorgevano altre eventuali complicazioni che portavano alla morte.

Nel dicembre 1967, in Sudafrica, il dottor Barnard effettua il primo trapianto di cuore in un uomo che morì dopo 18 giorni. Ben presto però molti medici cominciarono a fare trapianti cardiaci dando nuovo impeto ai tentativi di risolvere il problema del rigetto. In poco tempo anche i trapianti diventarono una possibilità reale.

Ma il problema principale era quando fosse lecito togliere il respiratore ad una persona perché per effettuare il trapianto è necessario che il cuore abbia smesso di battere da pochissimo tempo, secondi, quindi perché non sia danneggiato, è necessario prelevarlo quando ancora batte.

Si creò quindi una situazione per cui da un lato, grazie ai progressi compiuti dalla medicina dei trapianti cardiaci c’era un grande bisogno di organi da trapiantare per salvare pazienti che altrimenti sarebbero morti, e dall’altra parte iniziavano ad esserci le corsie piene di persone il cui cuore batteva solo grazie all’aiuto del respiratore e non avrebbero comunque mai più ripreso conoscenza. Tuttavia rimuovere il cuore da un paziente legalmente vivo avrebbe voluto dire ucciderlo.

Per risolvere questo problema fu istituita una commissione apposita (10 medici, un giurista, uno storico e un teologo). La commissione di Harvard fu incaricata di vagliare la definizione di morte cerebrale e pubblicò il proprio rapporto nell’agosto 1968 che introdusse il nuovo criterio di coma irreversibile per accertare la morte. Morte cerebrale = stato di coma irreversibile per effetto di un danno cerebrale permanente. Quando il danno cerebrale può essere diagnosticato dall’encefalogramma, il paziente è dichiarato legalmente morto. Questa condizione era stata descritta per la prima volta da Mollaret e Goulon nel 1959 (coma dépassé =  completa cessazione dell’attività dell’intero encefalo).

Questa nuova definizione ebbe presto molto successo e fu adottata da quasi tutti i paesi. In Italia la legge è del 1975. Questo esempio dimostra come la definizione di morte sia una scelta funzionale alla soluzione di problemi sorti in seguito allo sviluppo di nuove tecnologie e al presentarsi di nuove esigenze. Tuttavia il problema anche in questo caso non è risolto una volta per tutte perché, benché la definizione sia a-problematica e universalmente condivisa, ne è conseguito il dibattito sulla morte corticale (stato vegetativo persistente, morte del tronco encefalico ≠ morte corticale, dove le funzioni vitali involontarie non sono compromesse ma spesso il malato non si riprende mai) e quindi sull’accanimento terapeutico. Nel ’68 non era tecnicamente possibile distinguere le due (vedi il caso di Tony Bland).

 

Clonazione

La parola "clone" deriva dal greco klon, che significa germoglio o ramoscello.

In biologia significa la riproduzione di un organismo geneticamente identico all’organismo donatore della cellula impiegata, in assenza della fusione dei gameti. In sostanza, é la creazione di un organismo senza che vi sia una riproduzione sessuata, che di fatto prevede la creazione di un nuovo codice genetico. Si definisce dunque “clone” un insieme di molecole di DNA, cellule o interi organismi, che derivano per duplicazioni successive da un unico progenitore di cui risultano copie sostanzialmente identiche.

I metodi per la clonazione negli organismi pluricellulari sono essenzialmente due e fanno parte dei processi di riproduzione asessuata:

a) “fissione gemellare” (embryo splitting): separazione di singole cellule o suddivisione di gruppi di cellule nelle prime fasi dello sviluppo embrionale, quando le cellule sono totipotenti, in grado cioè di generare un intero organismo; è quello che avviene in natura per i gemelli monozigoti.

b) “trapianto nucleare”: trapianto di nuclei ottenuti da cellule a vari stadi dello sviluppo in cellule uovo non fecondate, dopo aver eliminato fisicamente o inattivato il nucleo o i nuclei residenti, che poi vengono  fecondate in colture adatte.

All’inizio degli anni Cinquanta risalgono i primi esperimenti e nel 1962 viene aperta la strada del trasferimento nucleare. Nel 1996 nasce Dolly, il primo mammifero della storia clonato a partire da un individuo adulto. I ricercatori del Roslin Institute di Edimburgo hanno prelevato il nucleo di una cellula mammaria di una pecora adulta e l’hanno trasferito in un ovulo privato del suo nucleo. Quest’ultimo è stato poi trapiantato nell’utero di una terza pecora che ha dato alla luce Dolly. La novità del fatto è duplice. La prima ragione è che si è trattato di una riproduzione asessuale volta a produrre individui biologicamente uguali all'individuo adulto, fornitore del patrimonio genetico. La seconda ragione è che questo tipo di clonazione era ritenuto fino ad allora impossibile. Si riteneva che il DNA delle cellule somatiche degli animali superiori, avendo ormai subito l'imprinting della differenziazione, non potessero più recuperare la totipotenzialità originale e, conseguentemente, la capacità di guidare lo sviluppo di un nuovo individuo.

In campo zootecnico il vantaggio di clonare un animale adulto è dato dal fatto che si possono valutare le caratteristiche di partenza e decidere di riprodurle attraverso la clonazione. I mammiferi si riproducono per via sessuale, e non asessuale, mediante cioè cellule specializzate: i gameti (cellula uovo e spermatozoo). Tuttavia, dopo il “caso” della pecora Dolly, il termine “clonazione riproduttiva” è utilizzato anche nei mammiferi per indicare la possibilità di riprodurre, artificialmente e per via asessuata, un individuo geneticamente identico ad un altro.

Sul piano biologico non sembrano esserci difficoltà tecniche insormontabili per estendere la tecnica alla specie umana. Tuttavia la clonazione umana con finalità riproduttiva è vietata per legge negli Stati Uniti e nell’Unione Europea ed è stata proibita da tutti gli organismi internazionali (Consiglio d’Europa, Parlamento Europeo, OMS, UNESCO).

Ma allora perché se ne discute tanto?

Esiste anche un’altra denominazione, in voga in questi ultimi anni. Si tratta della cosiddetta “clonazione terapeutica”, la quale implica la produzione di embrioni umani in laboratorio con lo stesso procedimento, ma finalizzata ad ottenere una coltura di cellule staminali (le cellule non specializzate che non si sono ancora differenziate in nessun altro specifico tipo di tessuto). L’embrione così generato verrebbe distrutto al 5° giorno del suo inizio per ottenere una coltura di cellule staminali cosiddette “autologhe”, ovvero compatibili con il paziente, utili a riparare organi danneggiati e quindi per la cura di moltissime patologie.

 

CELLULA STAMINALE: è una cellula indifferenziata capace di dare origine a tutti i tessuti del corpo umano. Può riprodursi praticamente all’infinito ed è capace nel suo processo di replicazione di dare luogo ad una progenie di cellule via via più differenziate.

 

CELLULA TOTIPOTENTE = capace di generare un intero organismo, zigote fino a 16 cellule.

CELLULA PLURIPOTENTE = della blastocisti  (4°/5° giorno dopo la fecondazione), capace di trasformarsi in ognuno dei 200 tipi di tessuto presenti nel corpo umano.

CELLULA MULTIPOTENTE =  dell’adulto, del feto capace di produrre solo due o tre tipi di cellule.

 

Ogni organismo è composto di cellule. L’accrescimento e lo sviluppo sono un continuo gioco di replicazione a partire da una unica cellula, origine dell’intero organismo. Questa è la cellula staminale per eccellenzaà cellula uovo fecondata.

Per quanto riguarda la clonazione terapeutica invece, la ricerca sulle cellule staminali rappresenta uno dei settori più promettenti della biotecnologia, in quanto offre la possibilità di sviluppare nuovi metodi per riparare o sostituire le cellule o i tessuti lesionati e per curare le patologie croniche gravi, come ad esempio il diabete, il morbo di Parkinson, l'insufficienza cardiaca cronica, l'ictus e le lesioni del midollo spinale. Tale ricerca può anche fornire un contributo importante alla scienza di base, aiutando a comprendere i meccanismi di proliferazione e differenziazione cellulare. Inoltre, essa si presta ad altre applicazioni mediche specifiche, come ad esempio lo studio dell'evoluzione delle patologie e lo sviluppo di farmaci più sicuri ed efficaci. Gli scienziati sono impegnati a studiare in maniera approfondita le proprietà fondamentali delle cellule staminali e la comunità scientifica internazionale ha accolto con favore la svolta sottolineandone il “potenziale enorme per creare nuove forme di trattamento per malattie attualmente incurabili”.

Tuttavia, laddove questa ricerca prevede l'utilizzo di embrioni umani, essa solleva la questione dei principi etici in gioco e dei limiti e delle condizioni cui deve essere soggetta la ricerca. Gli embrioni umani soprannumerari (ossia creati nel contesto della fecondazione assistita e poi congelati, in Italia sono 24.000) rappresentano una delle possibili fonti di cellule staminali.

 

Il problema dell’embrione

Uovo fecondatoà ZIGOTE (il processo di fecondazione inizia con l’ingresso dello spermatozoo nell’ovulo e può durare circa 22 ore fino alla fusione dei due nuclei).

La cellula fecondata si divide prima in 2-4-8 con duplicazione dei cromosomi così ogni cellula contiene lo stesso corredo genetico di quella originaria.

Zigote fino allo stadio di 8 cellule à TOTIPOTENTE (capace di generare l’intero organismo)

La totipotenza si perde con la formazione della morula (16 cellule)

Blastocisti (si divide in embrioblasto e trofoblasto, 100-140 cellule) à PLURIPOTENTE (capace di dare origine a qualunque tessuto ma non l’intero organismo)

6° giorno à blastocisti incomincia ad impiantarsi nella parete uterina

14° giorno à compare la stria primitiva che permette di identificare l’asse cranio-caudale, le superfici dorsale e ventrale, la simmetria destro-sinistra, in altre parole il piano costruttivo dell’embrione.

3° meseà feto.

Cellula staminali adultaà MULTIPOTENTE (solo alcuni tessuti)

 

Ma a cosa corrisponde esattamente la parola “embrione”?

Tradizionalmente si intendeva dalla fecondazione ai tre mesi circa quando si inizia a parlare di “feto”, ma adesso si parla di embrione riferendosi alla fase post-impianto (dal 6° al 14° giorno). Infatti, quando il problema della definizione è stato affrontato con occhi non confessionali o ideologici, in alcuni documenti elaborati a riguardo, si è giunti alla conclusione che alle fasi più precoci dello sviluppo umano non si può dare quel diritto alla vita e alla integrità che spetta alla “persona”: chiarito questo va ricordato che poiché si ha a che fare con organismi umani in sviluppo e non con mere cose, a tali processi spetta una tutela crescente e proporzionata al loro sviluppo.

  • Norman Ford (“Quando comincio io?”, Baldini & Castaldi, Milano 1997): l’esistenza individuale inizia solo con la formazione della stria primitiva. Ciò avviene dopo il 14° giorno di sviluppo, quando l’embrione si impianta nell’utero. Prima di questo momento infatti esiste la possibilità che si divida e dia origine a gemelli monozigoti.
  • Commissione Warnock (1984): fissa al 14° giorno della fecondazione il momento a partire dal quale l’essere in sviluppo diventa “individuo”. Nasce il concetto di pre-embrione.

Il termine "pre-embrione" è stato concepito nel 1984 dalla Commissione Warnock per ovviare alle obiezioni etiche opposte all'utilizzo degli embrioni umani a fini di ricerca, il concetto di "pre-embrione" ha atteso invano il visto d'ingresso nei moderni manuali di embriologia umana. È inevitabile dover citare un passo centrale del Rapporto Warnock per ricordare che quel Comitato "decise" - con una maggioranza di 16 membri contro 7 - di accogliere il concetto di "pre-embrione", pur riconoscendo che "da un punto di vista biologico non si può identificare un singolo stadio nello sviluppo dell'embrione, aldilà del quale l'embrione non dovrebbe essere mantenuto in vita". La decisione del Comitato a maggioranza è stata quella di incoraggiare la legislazione a provvedere "che la ricerca possa essere condotta su ogni embrione risultante dalla fertilizzazione in vitro, qualunque ne sia la provenienza, fino al termine del quattordicesimo giorno dalla fertilizzazione": lo sviluppo dell’embrione è un processo continuo, siamo noi che dobbiamo fissare un momento a partire dal quale merita protezione.

Le argomentazioni a favore sono: il sacrificio di questi embrioni è proporzionato ai vantaggi sperati; un male minore rispetto a quello maggiore della loro distruzione; una giusta soluzione del conflitto tra diritto alla vita di questo embrione e il diritto del malato a essere curato. Alcuni sostengono infatti che all’embrione non debbano essere attribuite particolari attenzioni morali aggiuntive. Accettano lo status speciale di un embrione come potenziale essere umano, argomentando che il rispetto dovuto agli embrioni aumenta con l’aumentare del suo stadio di sviluppo e che questo rispetto, in particolare nei primi stadi, può propriamente essere usato per i potenziali benefici. Ma una significativa corrente di opinioni ritiene invece che, come principio morale, l’uso di embrioni per scopi scientifici è non etico e inaccettabile sulla base del fatto che a un embrione dovrebbero essere conferiti tutti i diritti dell’uomo dal momento della sua creazione.

In Italia, considerata la forte tradizionale impostazione cattolica, la polemica si è svolta facendo ricorso a commissioni apposite che hanno pubblicato vari rapporti (Rapporto Dulbecco) e le raccomandazioni sono a favore dell’utilizzo delle cellule staminali adulte invece delle cellule embrionali. Questa è la cosiddetta “terza via italiana” tra il fare ricerca sugli embrioni e il non farne affatto. Tuttavia l’Italia si muove controcorrente, perché in teoria, le cellule staminali ottenute dagli embrioni in fase iniziale hanno maggiore capacità di svilupparsi in più tipi di tessuto (ci si riferisce ad esse come “pluripotenti”). Le cellule staminali prese dal tessuto fetale o dal cordone ombelicale sembrano avere più limiti nel numero di tipi di tessuti nei quali possono svilupparsi. Le cellule staminali possono essere estratte da alcuni tessuti adulti, e vengono dette “autologhe” cioè compatibili con il corpo del paziente, ma le loro capacità di trasformarsi in altri tipi di tessuti è limitata (multipotenti). In futuro si pensa che sarà possibile riprogrammare le cellule adulte per comportarsi come cellule staminali, ma al momento questo rimane solo una ipotesi e richiede una maggiore conoscenza dei meccanismi di riprogrammazione cellulare. In ogni caso tutta questa polemica è sfociata nella nuova legge sulla fecondazione assistita, che elimina ogni problema alla base facendo in modo che in Italia non esistano più embrioni soprannumerari da utilizzare a scopo di ricerca.

 

Legge sulla procreazione medicalmente assistita

 

Procreazione = porre in atto un nuovo individuo, è un evento naturale ma può avvenire anche in modo artificiale, cioè in laboratorio, con un aiuto medico, nel caso in cui ci siano degli impedimenti anatomici o fisiologici. In tali casi si parla di sterilità o infertilità (incapacità di condurre una gravidanza fino all’epoca di vitalità fetale).

Quale è il significato esatto dei termini sterilità e infertilità? Fertile si definisce la coppia che ottiene la gravidanza entro due anni di rapporti non protetti; le coppie che non la ottengono includono sia soggetti sterili sia coppie infertili.

L’individuo sterile presenta anomalie anatomiche o funzionali (come per esempio l’assenza di utero, l’occlusione delle tube o la menopausa precoce, nella donna e l’azoospermia  nell’uomo) che rendono impossibile l’instaurarsi di una gravidanza spontanea, mentre è infertile la coppia con alterazioni della capacità riproduttiva che riducono più o meno gravemente la probabilità di concepire. Nel loro insieme le coppie infertili e quelle in cui uno dei partner è sterile costituiscono la popolazione infertile. Un documento pubblicato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1995 valuta che le coppie infertili nel mondo ammontino in totale a 60-80 milioni (cioè circa10-15% delle coppie in età riproduttiva).

Per PMA si intende l’insieme volte ad ottenere una gravidanza quando questa non si verifica naturalmente.

Le tecniche di PMA sono numerose e diverse a seconda dei problemi che devono risolvere.

Omologa ≠ Eterologa.

 

Inseminazione artificiale: trasferimento nelle vie genitali femminili degli spermatozoi precedentemente raccolti (è indicata in casi di vaginismo, malformazioni o patologie dell’utero, impotenza,  ecc.) (IA)

 

Fecondazione in vitro con successivo trasferimento dell’embrione così formato nell’utero di una donna (FIVET). I gameti, cioè gli spermatozoi maschili e l’ovocita della donna, vengono prelevati e collocati insieme in un’apposita provetta affinché uno spermatozoo penetri nell’ovocita. L’embrione così formatosi viene introdotto in utero, normalmente dopo due giorni, nella speranza che si annidi, cioè che “metta radici” nella mucosa uterina (endometrio) e possa ricevere dalla donna alimento, calore ed energie per continuare a svilupparsi.

Sviluppo dell’embrione in vitro: i pronuclei sono visibili dopo 12-24 ore dalla fecondazione e si danno i seguenti tempi di divisione cellulare: 2 blastomeri a 25-26 ore,  4 a 26-36, 8 a 36-56. Per il transfer si richiede uno sviluppo di 4-8 cellule oppure 8-16, dopodiché eccede la misura di sviluppo tubarico.

Questa tecnica ha segnato una svolta nella storia della medicina. Così è nata, a Londra, nel 1978, Louise Brown, il primo essere umano concepito in provetta giunto fino al parto. In Italia, il primo programma di fecondazione in vitro ed embrio transfer si è concretizzato nella nascita, il 18 Maggio 1984, della prima bambina concepita in provetta in Italia.

Sono passati solo 20 anni e attualmente in tutto il mondo i bambini nati grazie alla fecondazione in vitro sono più di duecentomila.

Quando una tecnica medica inizia a diffondersi e diventare quasi di routine aumentano le preoccupazioni ed i casi di cronaca che fanno discutere. È necessaria una regolamentazione.

Per contrastare il cosiddetto far-west della provetta tra il 1996 e il 1997 inizia il dibattito parlamentare sulle “Norme in materia di Procreazione medicalmente assistita”, definitivamente approvata dal Parlamento il 19 febbraio 2004.  Si dice che è una legge cattolica perché fortemente voluta dai cattolici: il fatto che la vogliano è di per sé indice di gradimento.

 

I contenuti del provvedimento:

 

Accesso alle tecniche di procreazione assistita: sarà consentito solo se non si potranno eliminare le cause che impediscono la procreazione. Sterilità e infertilità dovranno essere certificate dal medico.
Chi potrà ricorrere alle tecniche di procreazione: le coppie formate da persone maggiorenni di sesso diverso, sposate o conviventi, in età potenzialmente fertile ed entrambe viventi. No, insomma, ai single, agli omosessuali, alle “mamme-nonne” e alla fecondazione post mortem.

Fecondazione omologa: è possibile creare un embrione solo se seme e ovulo provengono dalla coppia che si rivolge alle tecniche di fecondazione assistita. Vietata l'eterologa che prevede un donatore esterno.

Diritti del concepito: il ricorso alla procreazione assistita è consentito solamente se vengono assicurati i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito.

No al congelamento degli embrioni, vietata la clonazione. Pene da dieci a venti anni, multa fino a un milione di euro e interdizione perpetua dalla professione di medico. Non si potranno produrre più embrioni di quelli strettamente necessari a un unico e contemporaneo impianto e non più di tre. Se non potranno essere trasferiti nell'utero per ragioni di salute potranno essere congelati. Vietato qualsiasi tipo di sperimentazione su embrioni umani salvo i casi di necessità terapeutica e diagnostica. NO diagnosi pre-impianto.

Strutture autorizzate: gli interventi di procreazione potranno essere eseguiti solo in strutture pubbliche o private autorizzate dalle regioni e iscritte in un apposito registro che verrà istituito presso l'Istituto Superiore di Sanità. I centri dovranno rispondere a requisiti che saranno determinati con apposito DPR.

Sanzioni: il medico che pratica la fecondazione eterologa sarà punito con una multa da 300 mila a 600 mila euro e con una sospensione dall'albo professionale da uno a tre anni; nessuna punizione per la coppia che vi ha fatto ricorso. Perseguiti anche i medici che compiono fecondazione assistita su single o coppie gay: multe da 200 a 400 mila euro. Sanzioni da 100 a 400 euro per chi pratica tecniche di procreazione assistita fuori dalle strutture autorizzate. Chi traffica in embrioni o gameti e affitta l'utero rischia una reclusione da 2 a 24 mesi e multe da 600 mila euro. 

Embrioni congelati: con questa legge sparisce l'adottabilità degli embrioni e toccherà al governo stabilire modalità e termini di conservazione dei circa 30 mila embrioni conservati nelle strutture.

Stato giuridico dei figli: i figli nati con la fecondazione assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti dalla coppia.

Consenso informato: la coppia dovrà essere costantemente e con cura tenuta informata sulle tecniche e sulle varie fasi dell'applicazione della fecondazione assistita per una scelta consapevole. Non può essere revocato una volta che l’uovo è fecondato.

 

Problemi relativi alla legge 40:

  • Per le coppie che non sono sterili ma vorrebbero ugualmente ricorrere alla FIVET, non per capriccio ma perché portatrici di malattie genetiche.
  • No alla diagnosi pre-impianto è visto come una “istigazione all’aborto”.
  • Per le coppie in cui uno dei due sia sterile in modo definitivo.
  • Per la salute della donne.
  • No alla ricerca sulle staminali embrionali.
  • Turismo procreativo.
  • Diritti del concepito: contraddizione giuridica. Art. 1 del Codice Civile “la capacità giuridica (soggetto di diritti e doveri) si acquista con la nascita”. La tutela del concepito è un valore da proteggere. Incompatibilità con la 194 (legge sull’aborto). Persona = concetto filosofico.

Così, durante tutta la primavera e l’estate del 2004 sono sorti numerosi comitati promotori per il referendum, che hanno raccolto ben 4 milioni di firme. Ne sarebbero bastate 2 milioni e mezzo (500 mila per ogni quesito) per raggiungere l’obiettivo del referendum abrogativo, tanto desiderato da tutti  coloro che non la approvano. Il referendum è un importante strumento democratico.

I quesiti ammessi dalla Consulta

Il quesito voluto dai radicali per l’abrogazione totale della legge non è stato accettato.

La Corte costituzionale ha dato il via libera ai quesiti referendari abrogativi sulla legge che regola la procreazione assistita. Questi riguardano: il limite posto alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni; le norme sui limiti all'accesso; le norme sui finalità, sui diritti dei soggetti coinvolti, sui limiti all'accesso; il divieto di fecondazione eterologa. Queste le questioni su cui gli elettori saranno chiamati a pronunciarsi.

Eliminare i limiti alla ricerca clinica e sperimentale sugli embrioni. Promosso da un comitato referendario trasversale (parlamentari Ds con l'appoggio di esponenti del Nuovo Psi, Margherita e Pri), propone l'abrogazione di alcuni articoli della legge che limitano la libertà di ricerca scientifica sull'embrione per consentire nuove cure per malattie come alzheimer, parkinson, sclerosi, diabete etc. Il comitato sostiene che i limiti che si vogliono superare sono per finalità terapeutiche e che non si intende aprire alcun varco alla clonazione riproduttiva.

Eliminare l'obbligo di trasferimento di tre embrioni. Anche questo quesito è stato promosso da un comitato referendario trasversale e punta alla cancellazione di una serie di restrizioni, tra cui l'obbligo di creare in vitro non più di tre embrioni e l'obbligo di trasferirli con un unico e contemporaneo impianto nell'utero materno. Tra l'altro si chiede di eliminare il divieto di "crioconservazione", e la limitazione al ricorso alla procreazione assistita solo come 'extrema ratio' quando non vi sono altri metodi terapeutici efficaci per superare le cause di sterilità o di infertilità.
Cancellare i diritti del concepito. Vuole  affermare che i diritti delle persone già nate non possono essere considerati equivalenti a quelli dell'embrione.

No divieto di fecondazione eterologa. Promosso da un comitato trasversale, il quesito punta a far cadere il divieto di utilizzare un gamete (ovulo o sperma) esterno alla coppia. Per il comitato promotore è una norma irragionevole e che contrasta con il principio di eguaglianza in quanto consente solo ai più benestanti di andare all' estero per ricorrere alla fecondazione eterologa


 

Fonte: http://ospitiweb.indire.it/~caps0001/bioetica2/bioetica.doc

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