Globalizzazione

 


 

Globalizzazione

 

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Globalizzazione

 

SOCIOLOGIA.

 

 

LA GLOBALIZZAZIONE.

 

Caratteri del campo di studio della globalizzazione:

 

1.- Globalizzazione:

  • buzz world: termine di uso comune.
  • Globaloney: “globaloneria”, “aria fritta”.

Spesso si definiva il termine con queste due etichette.

 

2- Grande mole di lavori sulla globalizzazione. Questa è studiata da moltissime discipline diverse.

In molti discorsi politici la globalizzazione viene spesso utilizzata come pretesto per non agire.

 

3.- T.I.N.A.: “there is no alternative” (usato prima per M. Thatcher).

Spesso si afferma che la globalizzazione impone dei vincoli agli stati, che non lasciano alternative.

 

Da questi tre punti vediamo che è estremamente difficile parlare di globalizzazione.

Sono state date molte definizioni di globalizzazione. (vedi fotocopia).

Cercheremo di vedere un minimo comune denominatore per queste definizioni.

 

 GLOBALIZZAZIONE COME PROCESSO:

Globalizzazione, da intendersi come un processo per fasi, che sono in atto. Si vede a riguardo la definizione di Albrow:

“Globalization refers to all those processes by which the people of the world are incorporated into a single world society, global society.”

Questi processi dovrebbero portare ad un’integrazione.

 

 Pluralità di dimensioni di questi processi:

Dimensioni economiche, politiche, sociali, culturali, ecc.

Molte delle definizioni che abbiamo sul foglio, fanno riferimento alla pluralità di dimensioni delle globalizzazione.

Questi processi, secondo alcune definizioni, sono interconnessi e vanno a velocità diverse.

Moltissime definizioni fanno riferimento all’interdipendenza/interazione.

Interdipendenza a livello macro, fra gli stati.

Interazione, tra gli individui.

 

 Esistono poi definizioni più vaghe:

1.- Globalizzazione come deterritorializzazione (Scholte):

“…globalization entails a reconfiguration of geography, so that social space is no longer wholly mapped in terms of territorial placet, territorial distances, and territorial borders… Globalità (as supraterritoriality) describes circumstances where territorial space is substantially transcended… globalization as the rise of supraterritoriality and, therefore, a relative deterritorialization of social life…”

Compressione spazio-tempo. Harvey:

“(Time-space compression are) processes that so revolutionize the objective qualities of space and time that we are forced to alter, sometimes in quite radical ways, how we represent the world to ourselves. I use the word «compression» because a strong case can be made that the history of capitalism has been characterized by speed-up in the pace of life, while so overcoming spatial barriers that the world sometimes seems to collapse inwards upon us”.

Secondo Scholte ci sono delle attività in atto, che prescindono dal territorio.

Esempi:

  • telefonate per estrada con il cellulare.
  • i mezzi di trasporto prescindono dal territori.
  • prodotti globali: focus (macchina fatta per pezzi in moltissimi prodotti), Coca Cola, bancomat (ATM), $.
  • Finanza.
  • Organizzazioni mondiali: WTO.
  • Consapevolezza, da parte di molti, del mondo come un unico villaggio. (C’è chi pensa che il mondo è un villaggio, e c’è chi pensa che il suo villaggio è il mondo).

 

2.- La definizione di globalizzazione da parte di Held:

“…globalization refers to the widening, deepening and speeding up of global interconnectedness.”

“(Globalization is)… a process (or a set of processes) which embodies a transformation in the spatial organization of social relations and transactions –assessed in terms of their extensivity, intensivity, velocity and impact- generating transcontinental or interregional flows and networks of activity, interaction, and exercise of power.”

Held ha scritto un libro importantissimo sul tema della globalizzazione.

In questa definizione Held parla di processi, trasformazione, organizzazione spaziale.

Held, nel suo libro, insiste sul fatto che la globalizzazione in atto non è l’unico esempio di globalizzazione.

 

 Diverse epoche storiche della globalizzazione:

1880-1910: la belle époque. Migrazioni, capitali, ecc.

XVI secolo: capitalismo mercantile. Compagnie delle Indie Olandesi.

Ecc.

Punto molto importante da tenere presente: Globalizzazione di una forma storica particolare.

Bisogna perciò definire la globalizzazione attuale, e distinguerla delle precedenti.

Per valutare ogni epoca di globalizzazione bisogna tener conto di:

  • dimensione spaziale: estensività, intensività, velocità.
  • dimensione organizzativa: oggi rilevano i computer, telecomunicazioni, satelliti, ecc.
  • nel XVI secolo era invece centrale la stampa.

 

Istituzionalizzazione: processo che porta un fenomeno ad essere stabile/istituzionalizzato.

UNESCO come espressione della globalizzazione culturale.

 

Stratificazione: Es.: stratificazione della globalizzazione culturale. Fenomeni di cultura alta e cultura bassa.

 

Riassunto:

Ci occupiamo di un campo di studi particolare, che molti studiosi sono stati reticenti a studiare, in quanto buzz world.

Definizioni di globalizzazione:

  • Insieme di processi correlati e a volte contraddittori.
  • Accelerazione di questi processi.
  • Fasi storiche dei processi di globalizzazione.
  • Maggiore interdipendenza tra gli agenti.
  • Definizione di Held: dimensione spazio-organizzativa.

 

La definizione di Cohen e Kennedy di globalizzazione:

 Globalizzazione: seri di processi interdipendenti.

Cambiamento nel concetto di tempo e spazio: compressione del tempo e dello spazio. Tuttavia, questi cambiamenti non sono generalizzati.

 Seconda caratteristica della globalizzazione: pluralismo culturale.

Interazione tra culture diverse.

Comunanza di alcuni problemi: riscaldamento dell’atmosfera, catastrofi naturali (tsunami).

Interdipendenza delle società: NGOs, multinazionali, movimenti sociali globali.

Tutti questi processi sono sincronizzati, vanno insieme.

Le varie discipline (eco, soc, ecc.), se studiano il fenomeno ella globalizzazione solo dal loro punto di vista, non danno una visione di insieme. È come la storiella Buddista degli studiosi e dell’elefante. È necessaria una visione di insieme, che Cohen e Kennedy danno.

 

 Globalismo: 4 definizioni:

Cohen e Kennedy: “…globalism allude sto the subjective, personal awareness that many of us share common tastes and interests and we are all likely to share a common fate”.

 

Beck: “Con globalismo indico il punto di vista secondo cui il mercato mondiale rimuove o sostituisce l’azione politica, vale a dire l’ideologia del dominio del mercato globale, l’ideologia del neoliberismo”.

 

Steger: “(Globalism is) …a market ideology that endows current globalization processes with neoliberal norms, values and meanings”.

 

Steger: “Inspired by the liberal utopia of the «self-regulating market», globalists linked their quaint nineteenth-century ideals to fashionable «globalization talk». Thus globalism represented an impressive repackaging enterprise –the pouring old philosophical wine into new ideological bottles.”

 

Cohen e Kennedy vedono il globalismo come una questione soggettiva.

Steger parla di globalismo come ideologia di mercato.

 

La Globalizzazione come concetto ideologico.

Inizio anni ’60s: dibattito tra gli studiosi sulla fine delle ideologie. Bell e altri studiosi.

Ideologie come grandi visioni del mondo che avevano creato grandi problemi.

Si faceva riferimento in particolare all’ideologia marxista e all’ideologia del mercato che si autoregola.

L’idea della fine delle ideologie è stata smentita pochi anni dopo (1968). Non si è parlato più di fine delle ideologie.

 

Francis Fukuyama, “La Morte della Storia”:

Il gran Fuku non intendeva la storia come successione di eventi. Fuku aveva un’idea hegeliana di storia.

Anche per Hegel la storia era finita con la battaglia di Jena del 1806.

Storia come un processo dialettico tra le grandi visioni. Per Hegel la storia era finita con il Trionfo francese del 1806.

Per Fuku la storia è finita con la caduta del Muro. La storia è finita e ha vinto il capitalismo/neo-liberismo. Morte della storia come fine di un’ideologia.

 

 Ideologia: ha un’idea complessiva di cambiamento del mondo.

Post-modernisti: non credono alle grandi narrazioni marxiste e delle scienze (scienza come ideologia).

Secondo Steger chi ha una visione ideologica cerca di “vendere” le proprie idee.

 

 Ideologia della Globalizzazione: alla globalizzazione è associato il globalismo, che èe una visione ideologica.

Il mercato che si autoregola è una utopia liberale. Chi gestisce la globalizzazione cerca di dire che essa è un fenomeno irreversibile, dovuto al mercato che si espande. È perciò un fenomeno naturale, che fa bene a tutti. Queste idee, osserva Steger, sono presenti in moltissimi autori.

Nel suo libro Steger cerca si di studiare il globalismo, sia l’antiglobalismo.

 

LE DIVERSE POSIZIONI SULLA GLOBALIZZAZIONE:

4 Elementi (Kaldor):

1.- Supporters.

2.- Regressives.

3.- Riformatori.

4.- Rifiutazionismi.

 

Chi si rifiuta alla globalizzazione (rifiutizionismi) lo fa perché vuole difendere gli interessi propri.

 

Riformatori: accettano alcuni aspetti della globalizzazione, purché sia un mezzo per diffondere il benessere/l’equità. Globalizzazione si, ma con dei correttivi.

Es.: botteghe del commercio equo e solidali.

La globalizzazione no deve andare a svantaggio degli svantaggiati.

 

Supporters: economisti, il nostro gran Fuku, ecc.

La globalizzazione porta vantaggi a tutti: vantaggi economici e politici.

 

Regressives:

“Regressive globalizers are individuals, groups, firms, or even governments that favour globalization when it is in their particolar interest and irrespective of any negative consequences for others.”

Globalizzazione come gioco a somma  0: alcuni vincono e altri perdono. Chi vince è ovviamente favorevole.

Es.: agricoltori francesi, che sono avvantaggiati a scapito degli agricoltori dei paesi poveri. Gli agricoltori francesi sono a favore della globalizzazione, purché non li sfavorisca. (un altro esempio: remember WTO a Seattle).

 

CLASSIFICAZIONE DI HELD SUI DIVERSI STUDIOSI SULLA GLOBALIZZAZIONE:

 Iperglobalisti: difendono il processo di globalizzazione. Vedono la globalizzazione come una cosa assolutamente positiva.

Alcuni autori: Gray (marxista), Greider (liberista), Ohmae. Pur avendo posizioni diverse, hanno visioni paragonabili sulla globalizzazione.

 

 Scettici: La globalizzazione non esiste o è una cosa già conosciuta. La globalizzazione non è un fenomeno nuovo, e non ha portato quei cambiamenti che molti ritengono.

 

 Trasformazionalisti: questa nuova forma di globalizzazione ha portato delle novità, ma ha anche delle continuità con le globalizzazioni precedenti. Viene posta l’atenzione sulle continuità e diversità delle diverse forme di globalizzazione.

Held si colloca tra questi autori.

 

GUILLEN:

Ha cercato di ridurre a 5 dibattiti chiave gli studi sulla globalizzazione:

1.- Esiste oppure no la globalizzazione?

Qui non si mette in dubbio se alcuni fenomeni esistono o non esistono. Si vuole capire se questi fenomeni sono delle novità oppure no.

Molti economisti sono contrari all’idea di globalizzazione. Preferiscono parlare di internazionalizzazione dell’economia.

Diverse posizioni degli studiosi.

 

2.- La globalizzazione produce convergenza oppure no?

Anni 50-60: la società industriale porta alla convergenza. Alcuni autori riprendono queste idee e ritengono che la globalizzazione porti ad una convergenza economica, delle istituzioni, ecc.

 

3.- La globalizzazione mina l’autorità dello stato?

È il problema dei problemi.

 

4.- La globalizzazione è un passaggio successivo della modernità?

 

5.- Si sta andando verso una cultura globale?

 

(cercheremo di definire questi dibattiti e rispondere a questi problemi)

 

LE TEORIE SULLA GLOBALIZZAZIONE IN RELAZIONE AD ALTRE TEORIE:

Dibattiti interni alla sociologia negli ultimi 30 anni:

 

 

© grafico copyright 2005 p.a.m. made in casa!

 

Le teorie sulla globalizzazione, diffusesi negli anni 90, sono in relazione con alcune teorie precedenti e hanno creato la strada per le teorie della Network Society (NT). Cercheremo di vedere le linee di collegamento tra le varie teorie, in particolare facendo riferimento alla globalizzazione.

Questo dibattito sociologico lo ritroviamo nel testo. Questo dibattito cerca di dare una risposta a questa domanda: siamo entrati oppure no in una nuova epoca?

Il termine fine è un termine chiave in questo dibattito; si parla di fine del socialismo, della storia, della modernità, ecc.

Altro termine chiave: post. Post-fordismo, post-modernismo, ecc.

Non è la prima volta che si fa questo dibattito e ci si pone questa questione.

La globalizzazione, secondo questo dibattito, non è nient’altro che uno dei diversi cambiamenti in atto.

NB: non siamo all’interno dei 5 dibattiti discussi in precedenza. Questo è ancora un dibattito generale.

 

Principali teorie sociologice prima degli anni 70:

1.- Teorie della Società Industriale:

la caratteristica essenziale della società era la natura della fabbrica, del lavoro in fabbrica, dell’industrializzazione. È questo che modella la società. Es.: nella società industriale c’è mobilità sociale.

 

2.- Teorie della modernizzazione:

Le società del Terzo Mondo erano destinate a modernizzarsi secondo le caratteristiche della società industriale.

 

3.- Funzionalismo come metodo:

Relazione tra le parti di un insieme. Esempio di teoria funzionalista: teoria della disuguaglianza sociale. La disuguaglianza svolge una funzione di aumento dell’efficienza.

 

Queste teorie portano in sé un’idea di un cambiamento graduale. Le teorie successive parlano invece di cambiamenti più radicali.

 

Ora analizziamo lo schema precedente.

 

LA SOCIETA’ POST-INDUSTRIALE:

È la prima teorizzazione a parlare dell’esistenza di grossi cambiamenti.

Autore principale: Daniel Bell (Harvard)

 Teoria post-industriale di Bell:

Teoria evoluzionista: dopo essere andati dalla società tradizionale a quella industriale, ora si va verso una società post-industriale.

Caratteristiche:

  • Produzione di servizi.
  • Cambiamento della forza lavoro: dai colletti blu ai colletti bianchi.
  • Importanza crescente della conoscenza teorica e non più pratica. Merico come criterio di pagamento. I più meritevoli guadagnano di più. È dopo Bell che va imponendosi il computer. Tuttavia Bell capì questo fenomeno.

 

Agricoltura   Industria   Servizi.

Tre cambiamenti che cambiano la società. Forze di cambiamento.

Per Bell la tecnologia ha un ruolo importante. Questa permette e ha permesso il cambiamento delle forze produttive.

Per Bell, la società post-industriale avrebbe cambiato il conflitto sociale.

Queste idee di Bell si trovavano in un libro pubblicato nel 1973.

Il libro e le teorie di Bell erano ottimiste, che esce all’inizio di un periodo di crisi.

Prima del 1973: stato keynesiano, di welfare, ecc. Erano anni di forte ottimismo.

La crisi degli anni 70 mise in disparte le idee di Bell, riprese negli anni 80.

I discorsi di Bell vennero ripresi 10 anni dopo dalle teorie della società dell’informazione.

 

TEORIA DELLA SOCIETA’ DELL’INFORMAZIONE:

Qui ci avviciniamo molto al tema della globalizzazione.

Lo stesso Bell da un contributo a tale teoria.

Caratteristica definitoria di questa società è il particolare ruolo dell’informazione.

Tale teoria ha inizialmente presso piede in Giappone (Massuda).

Continuità di questa teoria con la teoria della società Post-Industriale.

Cambiamenti tecnologici, in particolare il computer: ruolo fondamentale nel cambiamento sociale.

Information & Communication Tecnology: chip, pc, satelliti, fibre ottiche, ecc.

Queste tecnologie hanno facilitato le comunicazioni. Ciò ovviamente è culminato con internet.

Primo collegamento in internet del 1969, tra tre università americane.

 

Società dell’informazione: processi tecnologici, comunicazioni, ecc.

Con un approccio economico, si può dire che nella società dell’informazione il contributo di questo settori al PIL  è cresciuto.

 

Altri approci:

Teoria molto vicina alla teoria della globalizzazione.

Società dell’informazione, caratteristiche:

Importanza della conoscenza. Aumento delle occupazioni che richiedono la conoscenza.

Il computer domina la scena.

 

Per alcuni, forse troppo estremisti, la società dell’informazione coinvolgerà tutto. Tramite il computer, si potranno fare moltissime cose da casa.

Per molti autori queste nuove tecnologie hanno e stanno dando luogo alla terza rivoluzione industriale.

 

(nuova lezione) –intro di quello visto-:

Società dell’informazione: basata sul trattamento e distribuzione dell’informazione. Computer + tecnologie legate all’informazione (ICT): terza rivoluzione industriale.

In termini economici, il settore dell’informazione è cresciuto rispetto al PIL. Problemi di misurazione.

Aumento delle occupazioni che richiedono competenze tecniche. Aumento anche delle competenze tecniche richieste.

In termini spaziali la società dell’informazione ha implicato una rete (di computer) che facilita la trasmissione di informazione.

In termini culturali: diffusione dei media.

 

Importanza:

 Giddens: il mondo moderno è caratterizzato dalla riflessività. Gli individui sono sempre meno vincolati dalle leggi fisiche (es.: fecondazione assistita). Inoltre, dato che oggi la comunità conta meno, l’uomo è meno condizionato da questi vincoli sociali.

Dati questi due fatti l’uomo è più libero nelle sue scelte, che divengono più riflessive. Le scelte dell’uomo sono facilitate dalle informazioni a lui disponibili.

Legame di Giddens con la teoria dell’informazione.

 

 Computopia o utopia del computer: con il computer l’uomo sarà svincolato dal lavoro.

Home centre society o cottage informatico: tutto il lavoro può essere fatto da casa.

 

 A. Tofler: il computer ha un potere liberatorio per la società, purché si distruggono quelle istituzioni della seconda ondata di industrializzazione: welfare e governi interventisti.

Il discorso di Tofler è un tipico discorso della nuova destra (Thatcher, Reagan, ecc.), almeno per quanto riguarda le sue conclusioni.

La nuova destra vuole andare verso una società individualizzata, basata più sulle famiglie che sulle classi sociali.

 

Fenomeno della home school, diffuso negli USA. Si vuole smantellare l’intervento del governo (meno costi, meno tasse, ecc.) e fare studiare i figli a casa. Molti genitori hanno sfiducia nell’istruzione pubblica, poiché pià trasmettere valori diversi da quelli desiderati. Sono idee abbastanza radicate in molti cristiani conservatori statunitensi.

 

Caratteristiche di questa teoria e legami con le teorie sulla globalizzazione:

Continuità con la teoria della società post-industriale. I cambiamenti importanti provengono a cambiamenti nelle attività produttive.

Impatto del computer, e della tecnologia in generale, sulla società.

 

Si parla di Determinismo Tecnologico.

 

 3 posizioni sul rapporto tra tecnologia e società:

1.- Posizione strumentale:

La tecnologia è un mezzo che va giudicato in termini di efficienza per raggiungere certi fini. Accusa: scarso rilievo per la tecnologia.

 

2.- Posizione del sostantiviamo:

La tecnologia ha una sua essenza e riesce a condizionare diversi fini. Tale posizione considera la tecnologia come una variabile indipendente, che spiega tutto. Una data tecnologia comporta certi esiti.

 

3.- Posizione del costruzionismo:

Pone l’accento sugli aspetti di produzione sociale della tecnologia. Data una tecnologia si possono avere diversi esiti, a seconda del contesto sociale. Posizione forse più veritiera, che spiega meglio il rapporto tra tecnologia e società.

 

Esempio: l’idea di internet è nato in periodo di guerra fredda, per motivi militari.

 

Chip, internet, computer: si può parlare di una terza rivoluzione industriale?

 Beninger: siamo in una società dell’informazione poiché questa è molto importante. Tuttavia, la terza rivoluzione industriale centra limitatamente.

Infatti, già con la prima rivoluzione industriale, e ancor più con la seconda, l’accelerazione dei processi produttivi ha richiesto dei processi di controllo. Telefono, taylorismo come meccanismo di controllo.

Perciò, tutti i principi di base della terza rivoluzione industriale erano conosciuti già in precedenza. La terza rivoluzione industriale non ha, secondo Beninger, tutte le novità delle precedenti rivoluzioni.

 

Cerchiamo di capire meglio tutto questo discorso in relazione al discorso sulla globalizzazione.

Tecnologie dell’informazione: compressione spazio-tempo.

Globalizzazione: compressione spazio-tempo. Relazione.

Globalizzazione in campo economico: fondamentale il ruolo dell’informazione. Esempio: il computer facilita il collegamento tra punti vendita e casa madre (Benetton).

Globalizzazione in campo culturale: fondamentale il ruolo dell’informazione. Media, satelliti, internet, ecc.

 

IL POST-FORDISMO:

Si pone l’accento sulle relazioni di produzione.

Alcuni autori post-fordisti vedono il cambiamento con ottimismo, altri con pessimismo.

 

Vediamo prima cosa è il fordismo.

 Fordismo: fu Gramsci a parlare per primo di fordismo. Il fordismo è comunque divenuto famoso con il lavoro della scuola francese della Regulation.

 Caratteristiche del fordismo:

  • Catena di montaggio, che ovviamente esiste tutt’oggi.
  • Organizzazione scientifica del lavoro (Taylor): questo ha ridotto il costo del lavoro. In precedenza le grandi aziende impiegavano spesso degli artigiani. Tale vincolo viene meno.
  • Azienda come burocrazia weberiana. Organizzazione gerarchica dell’azienda. Gerarchia o Burocrazia.
  • Produzione di massa, basata sulle economie di scala. Ciò implica i consumi di massa.
  • Poche capacità produttive richieste al lavoratore.
  • Buoni salari e buone possibilità di carriera.

 

 Weber: studi sulla burocrazia.

Linguaggio popolare: carattere negativo dato alla burocrazia.

Per Weber invece burocrazia significa processo di razionalizzazione di un’istituzione/azienda. Significato sociologico della burocrazia.

Weber vede l’organizzazione burocratica dello stato prussiano.

 Caratteristiche della burocrazia weberiana:

  • Divisione orizzontale e verticale del lavoro. Alcuni danno ordini, altri li ricevono.
  • Tutto ciò è regolato da norme.
  • Separazione netta tra “casa e ufficio”. Il lavoro è staccato della vita familiare. In precedenza c’era invece una fusione tra le due sfere.
  • Il lavoratore opera con imparzialità.
  • Possibilità di accrescere la propria posizione lavorativa.

 

Tutto ciò implicava una maggiore efficienza.

 

Weber fino all’ultimo ha dato un’interpretazione positiva della burocrazia, in quando genera efficienza.

Il fordismo ha avuto come conseguenza la produzione di massa. Produzione basata sulle economie di scala. Al lavoratore erano richieste minori competenze tecniche. Fiducia minima nei confronti del singolo: il lavoratore non ha autonomia. È reso ad una macchina.

 

 Scuola della Regulation:

Approccio marxista.

Regime di accumulazione fordista: ha a che fare con il modo in cui è regolata la produzione, la distribuzione del reddito e l’organizzazione del consumo.

Modo di regolazione, associato al regime di accumulazione: sistema di istruzione, norme giuridiche, status del lavoratore.

 Nel Taylorismo non c’è consumo di massa. Nel fordismo sì.

Il fordismo non è legato al solo lavoro di fabbrica. Ha effetti sulla società nel suo complesso.

Il fordismo aveva come conseguenza salari relativamente alti. Questo favoriva il consumo di massa.

 Stato, inteso come stato keynesiano del welfare.

L’azione dello stato keynesiano è volta a sostenere la domanda.

La famiglia: intesa come maschio lavoratore e donna casalinga.

Corporativismo: i vari gruppi interessati alla produzione si confrontavano per cogestire la produzione. Rapporti tra stato, sindacati, organizzazioni degli industriali.

Nell’epoca del  fordismo, il corporativismo ha vissuto la sua stagione d’oro.

Obiettivo: regolare i rapporti sociali, evitare lo scontro, ecc.

Fordismo: WWII fino al 1973 (crisi petrolifera, sconfitta USA in Vietnam).

Organizzazioni fordiste esistono comunque anche oggi, nonostante lo si faccia terminare nel ’73.

Dopo il ’73: incertezza por la situazione economica, fine fordismo, ecc.

 

 Post-Fordismo:

Caratteristica del sistema fordista: rigidità.

Alla rigidità contrapponiamo la flessibilità, intesa nel suo rapporto con il sistema produttivo. Flessibilità: caratteristica principale del post-fordismo.

Esempio: tecnologia flessibile, facilitata dei mezzi informatici.

 

1.- Flessibilità dinamica (FD) y Flessibilità statica (FS):

FD: un’organizzazione riesce a mutare l’output. Flessibilità del tipo di output.

FS: flessibilità della quantità di output.

 

2.- Flessibilità numerica (FN) e Flessibilità funzionale (FF):

FN: ha a che fare con l’aspetto umano della produzione. Un’azienda può assumere e licenziare facilmente, in relazione alla quantità di produrre. Sin contrappone alla FN il sistema di contratti a tempo indeterminato.

FF: riguarda diversi aspetti:

  • riguarda i salari: salari legati al merito.
  • può riguardare gli orari.
  • Può riguardare le mansioni. Un lavoratore non fa sempre il solito compito.

 

Il post-fordismo è legato a questi diversi tipi di flessibilità.

Esistono diversi tipi di post-fordismo: il prof. semplifica in un post-fordismo buono (che ha a che fare con la flessibilità funzionale) e il post-fordismo cattivo (FN).

 

1.- Il Post-Fordismo “Buono” (FF):

Autori principali: Piore, SAbel.

La FF riduce/elimina l’alienazione del lavoro di cui parlava Marx. Con la fine del fordismo si ridà autonomia e creatività al lavoratore.

 L’Italia ha interessato molto alcuni sociologi economici, per la questione della c.d. Terza Italia. Questione legata alla FF.

La prime e seconda Italia sono il nord e il sud. La Terza Italia è la storia di una serie di regioni del centro-nord est Italia, che hanno creato un diverso sistema produttivo: il distretto industriale.

Distretto industriale: piccole e medie imprese, sistemi informali di regolazione, istituzioni pubbliche che supportano le attività produttive, alta tecnologia, ruolo del capitale sociale (capitale culturale, ecc.).

Quale è l’origine della 3° Italia? Diverse spiegazioni:

a) Cambiamento della domanda:

Il fordismo è divenuto vittima del suo successo. Inondati i mercati di beni standardizzati, i consumatori hanno iniziato a chiedere prodotti diversi, particolari, non standard. Diffusione di mercati di nicchia.

b) Tecnologia:

Le tecnologie sono diventate più flessibili grazie ai computer. Tali tecnologie favoriscono molto le PM imprese.

c) 1969:

Statuto dei Lavoratori, che impone oneri alle grandi imprese. Molti imprenditori si sono perciò spostati verso la PM impresa.

 

In che modo questo argomento è legato al post-fordismo e alla questione di flessibilità funzionale?

  • Abolizione della rigida separazione del lavoro. Non c’è catena di montaggio.
  • Possibilità di cambiare il lavoro sia in senso orizzontale che in senso verticale (de operaio a imprenditore).
  • Specializzazione flessibile.
  • Dalle economie di scala alle economie di scopo: una stessa macchina è utilizzata per produrre cose diverse.

 

(nuova lezione –ergo, comincia riassunti-).

FF: flessibilità “buona”, poiché favorisce la creatività del lavoratore. Ovviamente tale oggettivo (buono) ha a che fare con una scala di valori che uno ha. Perciò la caratteristica “buono-cattivo” non è una classificazione scientifica.

FN: flessibilità “cattiva” poiché implica l’aumento della precarietà del lavoratore.

 

Esempio: 2° Germania.

Studio di Streek sulla Germania.

 

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Il discorso di Piore e Sabel sulla Terza Itlaia è impregnato sulla cultura: è la cultura di alcune regioni a favorire un certo tipo di regime produttivo.

Streek fa riferimento all’importanza delle istituzioni pubbliche (in particolare in alcuni Lander) che favoriscono certe produzioni. Inoltre è molto importante l’addestramento del lavoratore. Per Streek vede l’importanza delle istituzioni della formazione, che rafforzano le competenze del lavoratore. Molti altri esempi sul ruolo delle istituzioni. In questo modo la produzione tedesca è flessibile, di alta qualità e quantità.

 

Robert Reich (iperglobalista):

Per Reich l’economia è ormai senza confini. Reich ha in mente le multinazionali.

Analisti Simbolici, particolari figure lavorative nelle multinazionali.

Pari al 20% della manodopera (forse c’è una sovrastima)

Esempio alto di flessibilità specialista. Sono lavoratori con alta capacità intellettiva (da laureati in su): ingegneri del design, consulenti di management, avvocati internazionali, ecc.

Sono lavoratori “senza nazionalità” e che continuano a cambiare impresa. Sono legate a progetti, non ad imprese.

 

Esempio 3: Giappone, Toyota.

Concetto della Lean Production (produzione snella).

Toyotismo, legato alla FF.

All’inizio degli anni 50 la Toyota guarda alla produzione di auto negli USA (Chicago). Si vede che molti elementi della produzione USA non sono applicabili al Giappone, in particolare per la ristrettezza del mercato e per la minore quantità di capitale.

Nello stesso tempo una crisi nella fabbrica portò al licenziamento di molti lavoratori. D’altro canto i sindacati ottennero la possibilità di stipulare contratti a vita con un aumento del salario in base all’anzianità. Il pagamento in base all’anzianità (e non in base al reddito) ha delle conseguenze importanti per l’addestramento in fabbrica. Importante il ruolo della comunicazione tra i lavoratori. Se uno è pagato per quanto produce, tiene per sa le informazione rilevanti. Se invece c’è un sistema legato all’anzianità, c’è un incentivo alla comunicazione, al passaggio delle informazione.

 Toyotismo come esempio di Post-Fordismo.

 

 

Lasch, Uzzy, The End of Organized Capitalism.

Lettura contrapposta di tutti questi fenomeni. I due autori parlano della fine del capitalismo organizzato (fordismo), iniziata negli anni ’60. Il nuovo capitalismo è organizzato diversamente (capitalismo disorganizzato).

Post-Fordismo: frammentazione della classe operaia. Non rilevano più i grandi sindacati. Questo è però, secondo loro, un aspetto negativo.

Frazionamento anche delle classi lavoratrici alte.

Nuovi movimenti sociali che non sono legati più al conflitto di classe. Si pensi al partito dei Verdi.

 

2.- Post-Fordismo “Cattivo”: FN.

Ultimi decenni del XX secolo: cambiamenti portati della globalizzazione economica.

Assalto ai sindacati, in particolare nelle Gran Bretagna della Thatcher e negli USA di Reagan.

Ristrutturazioni, avvenute in alcuni paesi:

  • downsizing (rimpicciolire): rimpicciolimento delle imprese (l’azienda licenzia).
  • out searching (esternalizzazione).
  • merger & acquisitions: fusioni.

 

Ristrutturazione del capitalismo, generati della globalizzazione economica.

Tutti questi processi si tramutano in insicurezza, FN, ecc.

Tuttavia non è andata così ovunque.

 Questa è una varietà di capitalismo.

Non esiste un unico modello di capitalismo. Possono cambiare gli obiettivi (arricchire il singolo –USA- o arricchire la società –Asia-), il ruolo dello Stato, ecc.

Perciò le tre ristrutturazioni appena descritte valgono più in certi stati e meno in altri.

 

Due esempi di capitalismo diverso:

  • Shareholders capitalism: contano soprattutto gli azionisti e i loro interessi nel BP.
  • Stakeholders Capitalism: si guardano anche ad altri interessi.

 

Effetti del post-fordismo sul mercato del lavoro:

Aspetti legati soprattutto alla flessibilità numerica .

 Secondo Gallino la flessibilità del lavoro comporta:

1.- La flessibilità ostacola l’individuo nella sua formulazione dei piani di vita.

2.- Accumulo di esperienza e costituirsi di una carriera. Ora è più difficile.

3.- Aspetti spaziali e relazionali del lavoro.

 

Queste tre cose comportano dei problemi. L’impatto di tali problemi variano a seconda del tipo di lavoro e delle caratteristiche personali.

 

 4 tipi di lavoro, secondo Gallino:

1.- Lavoro razionalizzato in tempi e metodi. Es.: manifattura, call center, McMèrde, ecc. Rileva il taylorismo.

2.- Lavori a qualificazione medio-bassa ad alta intensità di lavoro. Non si può razionalizzare l’organizzazione. Es.: lavoratori nelle strade, cassiere.

3.- Lavori semi-autonomi con controllo di altri. Esempi: quadri intermedi, capi ufficio, gestori di supermercati. Questi sono lavoratori con più responsabilità, e più rischio.

4.- Qualificazione elevata. Es.: ingegneri, informatici, insegnanti, ecc.

 

 Da 1 a 4 cresce l’ordine di autonomia.

Gallino cerca di vedere cosa accade alle 4 categorie di lavoratori quando il lavoro è precario: contratti a tempo determinato (2 anni) rinnovabile solo una volta, esternalizzazione produttiva, ecc.

Lavoro 1: se l’economia tira si trova facilmente lavoro, altrimenti no. E ciò è tanto più vero per i lavoratori più anziani.

Lavoro 2: c’è sempre stata una certa flessibilità. Se la flessibilità viene aumentata, si può arrivare ad una diffusa disoccupazione.

Lavoro 3: problema più grave.

Lavoro 4: alcuni apprezzano molto la flessibilità, ma molti altri no.

È fondamentale l’aggiornamento.

Gallino si chiede cosa si può fare per ridurre tali costi, dato che ormai la flessibilità è un dato di fatto.

 

Altre conseguenze del Post-Fordismo:

 Schumpeter vede l’innovazione come motore dello sviluppo. Vi sono diversi ostacoli che possono limitare l’innovazione: ostacoli burocratici, normativi, ecc.

Lo “Stato Schumpeteriano” dovrebbe togliere tali ostacoli e concentrarsi sull’offerta. Tale stato deve favorire la flessibilità, l’innovazione, ecc.

Il post-fordismo si distinguerebbe per una trasformazione verso lo stato schumpeteriano.

Città post-fordista: città organizzata su lavoro e ritmi di lavoro diversi. Es.: non si vedrebbe più il flusso di traffico al momento di chiusura delle grandi fabbriche, ecc.

Famiglia post-fordista.

Post-fordismo e globalizzazione.

Cambiamenti portati dalla globalizzazione economica, ecc.

 

IL POST-MODERNISMO:

Approccio nato dalla filosofia, dalla letteratura, ma anche dall’architettura.

Molti autori che parlano di post-modernismo fanno riferimento alle teorie viste in precedenza.

Sono molto pochi i sociologi post-moderni. Ma molti sociologi hanno preso spunto dalle idee post-moderne.

I post-modernisti rifiutano le schematizzazione e le razionalizzazioni del pensiero. Rifiutano l’illuminismo.

Secondo i post-modernisti, la realtà è frammentata ed è caratterizzata dall’individualismo. Situazione negativa.

 Pluralismo: esistono fonti normative diverse.

Ruolo dei media, che distorgono la realtà e ne creano una alternativa.

Tutta questa situazione è sgradevole per l’essere umano.

L’uomo perde tutte le sicurezze. Perdita dell’identità collettiva.

Secondo alcuni autori la post-modernità è una trasformazione epocale, per altri no.

 

 La riflessione post moderna ha una visione della fine del XX secolo poco allegra.

Differenza con gli altri approcci fino a qui visti.

 Anti-Illuminismo: è una delle caratteristiche comuni dei post-modernisti.

Non si ritiene che progresso, felicità e ragione siano collegati tra loro. L’Illuminismo legava tra loro queste tre realtà.

 

 Rifiuto delle “grandi narrazioni”, “metanarrazioni”.

Rifiuto delle ideologie totalizzanti come il marxismo o la fede nella scienza.

 

 Il rifiuto della scienza si basa sul rifiuto dell’idea di una conoscenza universale. Non esiste una verità assoluta. Influenze del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche.

 

 Aspetto controverso del post-modernismo.

Passaggio dalla modernità alla post-modernità: è un cambiamento epocale oppure no? Non c’è una visione univoca su questo punto.

 

Vediamo ora cosa è la modernità.

 

IL MODERNISMO.

 Vediamo alcuni elementi del pensiero di Giddens su questo punto:

Anthony Giddens (Tony per gli amici): sociologo britannico. Si è occupato molto di società moderna, globalizzazione, ecc.

 Modernità: ciò che si verifica in Europa a partire dal XVII secolo, che poi si diffonde al di fuori dell’Europa.

 Per definire la modernità Giddens usa un approccio discontinuista (diverso dall’evoluzionismo): nella storia esistono delle fratture che indicano il passaggio da un’epoca all’altra.

 Per Giddens la modernità è stata una frattura rispetto al passato. E la globalizzazione altro non è che un aspetto della modernità.

 Ad un certo punto le cose hanno iniziato ad andare più veloce (ritmo del cambiamento). Sono nate nuove istituzioni, come lo Stato Nazione. Altre istituzioni preesistenti, quali la città, sono cambiate.

 Natura duplice della modernità: contrapposizione tra sicurezza e rischio. Aspetto oscuro della modernità.

Da una parte la modernità ha portato sicurezza (siamo nutriti meglio –grazie McMèrde-, ecc.), dall’altra ha portato rischio (inquinamento, guerre totali, ecc.).

 Polidimensionalità della modernità:

I sociologi classici (Marx, Durkheim, Weber e Cagossi) vedono la modernità come una questione unidimensionale.

 

 4 dimensioni della modernità per Giddens:

  1. Capitalismo,
  2. Controllo della violenza,
  3. Industrialismo,
  4. Sorveglianza.

 

 Capitalismo: sistema di produzione, proprietà privata, lavoro salariato, ecc.

 Industrialismo: si interroga come si manda avanti la produzione in termini di forze produttive (macchine, energia, ecc.) e tecnologia.

 Dimensione della sorveglianza: rapporto stretto tra scelta e raccolta di informazioni. Ad es., per dire a che religione uno fa parte, raccoglie delle informazioni.

 

 Paradosso della Modernità:

La vita sociale oggi è più organizzata rispetto al passato. Molteplici esempi: scuole, supermercati, treni, ecc. Per organizzare bisogna coordinare e sorvegliare. Bisogna raccogliere informazione. Vita organizzata e sorveglianza vanno insieme.

Viviamo in un mondo di sistemi esperti che esprimono esperienze professionali che organizzano la realtà.

 In una società di villaggio c’è molta sorveglianza. In una società urbana c’è meno sorveglianza della persona. Paradossalmente però, nella società urbana c’è una forma di sorveglianza diversa, che si slega spesso dalla persona: per l’organizzazione cittadina è necessario raccogliere molte informazioni. L’ente pubblico qui centra molto. È una sorveglianza diversa, nascosta.

 Idea di Panottico (idea di Jeremy Bentham, che tra l’altro ha inventato la parola internazionale –e  anche dicono che aveva tentato preparare una forma strana di ragù senza pomodoro, ma questo non c’entra, o si?-). Tale idea lega Giddens ai post-moderni.

 

(nota by p.a.m.: se non capite questa idea di Panottico, guardate la figura, e leggete la spiegazione data da Michel Foucault, uno dei più noti postmoderni:

 

 

"We know the principle: at the periphery, an annular building; at the center, a tower; this tower is pierced with wide windows that open onto the inner side of the ring; the peripheric building is divided into cells, each of which extends the whole width of the building; they have two windows, one on the inside, corresponding to the windows on the tower; the other, on the outside, allows the light to cross the cell from one end to the other. All that is needed, then, is to place a supervisor in a central tower and to confine in each cell a madman, someone sick, someone condemned, a worker, or a schoolboy. By the effect of backlighting, one can observe from the tower, standing out precisely against the light, the small captive silhouettes in the cells of the periphery. They are like so many cages, so many small theatres, in which each actor is alone, perfectly individualized and constantly visible."  (Michel Foucault, Discipline and Punish 2000).

The "Panopticon" is the English jurist and philosopher Jeremy Bentham's model penitentiary, which he described in his 1791 book Panopticon For Bentham, however, his idea was more than an efficient use of space. His idea was, for him, the perfect architectural expression of the utilitarian goal of harmonizing the desires of the self with the desires of society (of the conscience). "The fundamental advantage of the Panopticon is so evident that one is in danger of obscuring it in the desire to prove it. To be incessantly under the eyes of the inspector is to lose in effect the power to do evil and almost the thought of wanting to do it." Individuals under an uncertain but invisible panoptic gaze exhibit a kind of anticipatory conformity with the rules, which becomes eventually internalized. This is classic psychological attribution: one acts, then adjusts one's background set of beliefs to conform to one's actions. Otherwise too much cognitive dissonance is generated between behavior and belief. The Panopticon was Bentham's most passionate project, upon which he lavished his time and money, and although it was never built in England, it exerted a powerful influence upon modern penal theory.

But it is the Panopticon mediated through Michel Foucault's "panopticism" which is truly interesting here. Foucault also saw in the Panopticon more than an efficient use of space. For Foucault, the Panopticon was a potent metaphor for what he most despised about modern society. Foucault saw Bentham's Panopticon as a watershed marking the transition from brutal "sovereign" power, which featured dramatic and violent punishments, to "disciplinary" power, which features humane and rational punishments, meted out automatically and invisibly. It is Foucault who translated Bentham's vision into "panopticism," a general paradigm for the functioning of modern power.

The essential aspects of panoptic power are these: It is embedded, or pervasively present in even the smallest of microrelations; every action a prisoner takes in his glass cell is visible and potentially observed. It is assymmetric; while the prisoner is completely visible, the inspector is completely invisible in the tower. It is a power of inspection, depending on the constant visibility of the prisoner. It isolates and atomizes the inspected; the prisoner is alone in his cell - even given his own private bathroom to reinforce his solitude. It is automatic and ubiquitous; the inspector need do nothing for the prisoner to act in perfect conformity with even the smallest behavioral adjustment. It is self-policing; the prisoner is the bearer of his own subjection. It is impersonal, depending on abstract classifications of individuals: prisoner, student, worker. It is capital, not labor, intensive. Finally, and perhaps most importantly, it is uncertain; the prisoner does not know whether he is being watched from one moment to the next. Hence he must constantly comply - if he does not for an instant, that may be the only instant upon which he is judged.

 

…beh, continuiamo con la spiegazione del nostro caro Cobalti:

 

 Foucault: autore post-moderno, riprende il concetto di panottico.

Nel XVIII secolo, osserva Foucault, c’è un cambiamento per il trattamento del condannato per quanto riguarda la tortura e la condanna a morte. Un tempo erano pratiche pubbliche, ora non più. Tali atti ora vengono fatte al chiuso. Il panottico, secondo Foucault, èuna forma di esercizio di potere centrato sulla raccolta di info. L’esempio del carcere è solo un esempio.

 Giddens: le informazione raccolte nella società, ad esempio sulla criminalità, possono essere utili al cittadino, che magari eviterà di andare in certe zone della città.

La sorveglianza è collegata alla modernità e allo stato, ma anche alle grandi aziende, ecc.

 

 Il mondo moderno è perciò caratterizzato dalla raccolta di informazioni su tutto quello che avviene. Se vado all’ospedale, pago col bancomat, mi iscrivo ad un corso, faccio un acquisto su internet, vengono raccolte delle informazione. I computer facilitano tali informazione.

Secondo Giddens, per capire la modernità, bisogna tenere conto della sorveglianza che presenta sia aspetti positivi che negativi.

 

 Controllo della violenza/guerra:

Tale discorso è legato all’esistenza dello stato. La formazione di uno stato è in genere legata alla guerra e la loro esistenza è legata spesso alla possibilità di potersi difendere.

  • La guerra è cambiata con la modernità, e in particolare nel XX secolo.
  • Nelle guerre moderne sono coinvolte i civili.
  • Industrializzazione della guerra: ruolo della tecnologia, dell’organizzazione.
  • Informatizzazione della guerra: Giddens ha in mente la prima guerra del Golfo. Raccolta di informazione sul nemico, ruolo dei satelliti, ecc.

 Questo tipo di guerra è una nuova caratteristica della modernità.

 

 La modernità è, secondo Giddens, come il Juggernaut.

È un processo guidato da chi la trascina, ma fino ad un certo punto. Infatti la modernità può travolgere i suoi “fedeli”.

 

 Ma la modernità è anche Runnerway, cioè forza irresistibile.

Insito nella modernità c’è il rischio.

 

 Giddens cerca di distinguere tra pericolo e rischio. Il concetto di rischio nasce con la modernità, in Spagna e Portogallo nel XVI e XVII secolo. Prima c’era il pericolo, non il rischio. Si parlava di rischio per alcune spedizioni geografiche. Si diffonde all’economia.

 Rischio: implica un calcolo delle possibilità che un certo evento si verifiche.

In società tradizionali no si parla di rischio. Il rischio è connaturato con la modernità. È  con la modernità che nascono le assicurazioni, che hanno l’obiettivo di combattere il rischio.

Rischi:

  • Esterni: naturali
  • Fabbricati: modificazioni della natura (dighe), sociali, ecc. Sono perciò rischi fabbricati dall’uomo.

 

 Rispetto al passato è cambiata la natura del rischio.

 Secondo Giddens siamo in una fase tarda della modernità, che ha delle caratteristiche diverse dalla parte iniziale. Non siamo in una nuova fase (post modernismo). Siamo sempre nella modernità. Le istituzioni sono rimaste invariate (ad es. il capitalismo). Non c’è stata una rottura netta.

 La modernità e globalizzante.

È nata in Europa nel XVI-XVII secolo e si è diffusa nel mondo.

 

 Secondo Eisenstadt esistono modernità plurime, a seconda del contesto.

Considerare un unico tipo de modernità significa avere una visione eurocentriche. Si è comunque d’accordo nel riconoscere che la modernità è nata in Europa. La modernità europea si è diffusa nel mondo, ma si è adottata alle diverse realtà. Tra le modernità multiple ci sono delle somiglianze di fondo, ma anche parecchie diversità.

 La modernità è un fenomeno con molte contraddizioni. Questo vale sopratutto per la cultura. Si pensi ad esempio al Romanticismo.

 Modernismo: Joyce, Kafka, Pound, Pirandello, Brecht, futurismo, cubismo, dadaismo, architettura (grattaceli di Manhattan), ecc.

Rifiuto del realismo, soprattutto nella pittura. Scientificità. Interessi per culture non occidentali.

È però in gran parte dei casi un fenomeno di critica della modernità. Per alcuni c’è “troppa modernità”, per altri c’è troppo poca modernità (futurismo).

 

 Modernità plurime: esiste una modernità asiatica, una arabe, sovietica, ecc.

I giapponesi hanno studiato in Europa per portare poi in Giappone il meglio della modernità europea, e poi è stata applicata al contesto giapponese. Non è stato perciò un semplice copia di quanto avveniva in Europa e negli USA.

 

Visione di Kumar sulla modernità:

Vediamo ora cosa dice Kumar sulla modernità.

Modernità: deriva dal latino modernus. Un monaco cristiano (Cassiodoro, VI sec.) parlava di Modernus en contrapposizione di Anticus. Con il cristianesimo cambia l’idea del tempo.

 Modernità: legata al cristianesimo.

La nascita di Cristo è vista come un cambiamento epocale.

Come mai, si chiede Kumar, devono passare diversi secoli affinché si parlasse di modernità?

 Caratteristiche della modernità:

1.- Svalutazione della vita terrena.

2.- Approccio nei confronti dei classici (greci, latini). In passato c’era una grande stima dei classici.

Con la modernità devono cambiare queste cose. E per il cambiamento ci vogliono dei secoli.

XVII secolo: disputa letteraria/culturale tra antichi e “moderni”. Alla fine si impongono i moderni, come Cartesio. Egli vuole  rifondere la filosofia sulla ragione umana.

Non si guarda più al passato come l’età dell’oro e al presente come un’età povera. Si dà molta importanza alla vita terrena. Grande cambiamento nelle idee.

Ma in queste fasi ci sono anche dei cambiamenti più concreti: rivoluzione scientifica, americana, francese, industriale.

Grandi cambiamenti nelle vicende terrene.

 

IL POST-MODERNISMO E LA POST-MODERNITA’:

Secondo alcuni autori siamo di fronte ad una trasformazione epocale. Discontinuità rispetto all’epoca moderna.

Altri autori invece non ritengono che stiamo vivendo un cambiamento epocale. Ad es., secondo Giddens, siamo nella fase della tarda-modernità. Perciò, non tutti gli autori post-moderni o riconducibili al post-modernismo non vedono un cambiamento epocale.

 Vediamo ora i legami tra post-modernismo e globalizzazione.

  • La globalizzazione comporta pluralità.
  • La globalizzazione sta dietro la crisi del concetto di Stato-nazione. L’identità nazionale non è più sentita come in passato.

 

Conclusione:

Abbiamo cercato di trovare i legami tra la globalizzazione e le diverse correnti della sociologia contemporanea.

 

 

MANUEL CASTELLS.

Sociologo catalano (nato nel 1942), che si lega a questo discorso appena concluso.

Ha scritto una trilogia dal titolo “Information Age”.

È un sociologo empirico.

Approccio olistico (discorso già venuto con gli autori relazionasti), fatto da Castells.

Per capire il mondo non si devono prendere solo poche variabili e considerare le altre come esogene. Bisogna considerare tutte le variabili rilevanti.

Approccio marxista/neo-marxista.

 

“Information Age”:

Il primo volume parla di modi di produzione e tecnologia.

Il secondo volume parla di cultura, identità, nuovi movimenti sociali.

Il terzo volume parla di politica e intervento dello stato.

 

Castells e il dibattito sulla “grande trasformazione” (che abbiamo appena concluso).

Castells parla di una Network Society, dove contano molto i rapporti orizzontali più che quelli verticali. E questa è la grande trasformazione.

Ma tale trasformazione è un passaggio epocale?

Secondo Castells c’è un forte elemento di continuità rispetto al passato: è il capitalismo. E ciò è tanto più vero dopo il 1989.

Ma c’è anche un elemento di forte discontinuità: ruolo nuovo dell’informazione. E ciò ha innovato anche il capitalismo (Informational Capitalism).

 

 Capitalismo Informazionale:

“Modo di produzione”: concetto chiave di Marx (modo di produzione capitalista, proprietà privata, ecc.).

Castells parla di “modo di sviluppo”, concetto legato al modo di produzione.

Fino a pochi anni fa la ricchezza era prodotta con l’industrialismo.

Anni 70, cambiamento con la c.d. Terza Rivoluzione Industriale (tecnologie dell’informazione e della tecnologia). Nuovo tipo di capitalismo, di tipo informazionale.

 Network Enterprise: disintegratore della gerarchia verticale nell’impresa.Impresa in rete (diventa una rete), tipica del nuovo tipo di capitalismo. Impresa contrapposta a quella fordista.

Collegamenti tra diverse imprese piuttosto che un’unica grande impresa.

 

Informazionalismo trasforma il lavoro dipendente (cfr. aspetti del “postfordismo buono”)  potenzialità molto elevate dello sviluppo. Produzione ad alto valore aggiunto (forza lavoro altamente specializzata).

 

 “Produttori ridondanti”(4° mondo): Africa Sub-Sahariana: tagliati fuori dallo sviluppo, cioè fuori della globalizzazione.

Principio della rete diventa il propio argomento fondamentale della società e anche della disuguaglianza (tra chi ha l’accesso alla rete e chi non lo ha  inclusione/esclusione).

 

 Network Society: due caratteri fondamentali:

  1. Presenta alle tecnologie digitali imperanti nel trattamento-diffusione dell’informazione.
  2. Nucleo centrale della società: la rete.

Rete: composto dei nodi, legami, fiumi.

Nodi: possono essere individui, imprese, organizzazioni.

 

Caratteristiche:

Economia informazionale (diversa da una economia industriale, fordista): prevalgono altri modelli organizzativi dell’informazione.

Economia globale.

Potere ed influenza legati all’accesso alle reti )gli esclusi sono coloro che sono disconnessi da qualunque rete globale).

Esperienza dello spazio e del tempo soggetto a cambiamento: annullamento del tempo nell’istantaneità della tecnologia, territorialità non conta. Ripiegamento sulla località.

Nuovi movimenti sociali (es. ambientalisti) contrapposti ai classici movimenti sociali, basati sulla classe.

Classe operaia: ne fanno parte sempre più donne.

Non c’è più neanche una classe capitalista chiaramente identificabile (rivoluzione manageriale).

Grande importanza dell’istruzione. Passaggio verso la meritocrazia.

Ma: studi sulla disuguaglianza dimostrano che la relazione delle opportunità di accesso all’istruzione non è cambiato (se ci sono più figli di operai che hanno accesso all’istruzione, anche per i figli dei borghesi la possibilità è aumentata. “La differenza resta quasi la stessa”).

 

Castells: trasformazionalista.

La globalizzazione esiste ma non è una trasformazione epocale.

 

LE TRASFORMAZIONI DELLA STRUTTURA OCCUPAZIONALE:

Cambiamento della distribuzione delle occupazioni nei paesi del G7 dal 1920 al 1995: due periodi (1920-1970/ 1970-1990):

 

 

 

“Towards a Global Society: Utopia or Dystopia?

Chapter 20, Global Sociology, by Cohen & Kennedy.

 

In Chapter 2 we explored the concepts of globalization (the objective worldwide processes of integration) and globalism (the subjective awareness of living in “one world”). The extent to which these two processes have advanced remains contentious and besieged by uncertainties. Some anticipate that globalization and globalism will be sufficiently vibrant phenomena to usher in a new global age and to promote the construction of a generally benign global society.

However, this view is strongly contested by other scholars. Those who are overtly hostile to many aspects of globalization on moral grounds are best described as “critics”. Others, best regarded as “sceptics”, believe that many of the features described are exaggerated or overstated.

 

FOUR CONTROVERSIES:

Critics and sceptics elaborate these arguments:

1.- Economic globalization is nothing new.

2.- A materialist culture will engender uniformity and disempowerment.

3.- A clash of civilizations will lead to cultural conflict and violence.

4.- Globalization will lead to a dystopian future.

 

1.- “Economic globalization is nothing new”.

Certainly international trade and transnational flows of capital are not new. The basic argument made by these critics is that economic globalization is nothing new and nothing special. However, there are several good reasons for doubting whether the world economy was as open and integrated before the WWI as during the last four decades. Consider the following:

Far fewer countries were involved in international trade and DFI as major actors. For example, between them Britain and Germany supplied over half of the world’s manufactured exports in 1913 (Hirst & Thompson).

Whereas in the first quarter of XX century only eight countries supplied 95% of the world’s manufacturing output, by 1986, the number producing this same share had risen to 25. (Dicken)

Before the WWI only a handful of countries were significant overseas investors. One country, Britain, provided the lion’s share, with 45 per cent of the world total including both portfolio investment and DFI.

Measured in terms of volume, both international trade (from the 1950s) and overseas investment (from the 1960s) increased dramatically and soon dwarfed the corresponding amounts for any previous era.

The share invested in services –especially those relating to business such as banking, insurance and trade distribution networks- has also risen considerably from only 15% in 1914 to 47% by 1988 (Dicken).

Although we readily accept that there were high levels of international trade in the period just before WWI we do not believe this significantly dents the argument that we are witnessing a new era of economic globalization. For one thing, prior to 1914 and for several decades after, states were driven by overt and strongly nationalist pressures towards protecting their home economies while seeking to dominate overseas spheres of imperialist influence. But protectionism and imperialism have been declining rather rapidly since the 1950s in most countries. Also, in terms of scale, complexity, the number of actors involved (both state and non-state) and the integration of finance, manufacturing, services and investments, the economic globalization of the last three decades has gone well beyond anything that existed in 1914.

With many more players, free flows of capital, images and ideas and a more complex and overlapping mesh of transnational networks it is difficult to see how the nation state can haul the weapons of protectionism and nationalism out from their armouries to the extent they once did. Of course, as we have accepted, globalization impacts very differently in different parts of the world and there is strong evidence, discussed in our last chapter, that localisms of all sorts are on the move again. However, most of the manifestations of religious and ethnic sentiment are happening at the sub-national level. Where ethno-nationalism has been successful, as in the post-Soviet states, the elites of most of the emerging countries are rushing headlong for global integration, not protectionism.

Hirst and Thompson’s work may convince you that economic globalization is in question, but they understate the crucial point that globalization is about so much else other than economics. Social and cultural factors are ignored. So too are the transmission of shared images through the media, the rise of new “power containers” (like the global city), and the development of transnational social networks and global politics (like diasporas and social movements). All these and much more are all part of the phenomenon of globalization.

 

2.- “A materialist culture will engender uniformity and disempowerment”.

Another anxiety for those who fear the emergence of a global society, is that everywhere people increasingly experience an ever more bland condition of sameness. “The homogenization of the world is in full swing. A global monoculture spreads like an oil slick over the entire planet.” (Sachs).

The western promise of “one world” achievable through material progress is being replace by the more disturbing image “one world or no world” because of impending environmental catastrophe. Such pressures towards universalization are dangerous because they destroy the world’s diversity of languages and cultures and undermine people’s sense of local identity. If these are lost then the confusion and conflicts this may engender could disempower us in our attempt to solve global problems.

Other writers see the main threat of homogenization coming from the global marketplace led and often controlled by American business. This is the now familiar “McWorld” of consumer culture and its brand-name icons –Levi jeans, Coca-Cola, Reebok trainers, fast foods- that are now desired even by the world’s poorest inhabitants living in slums and rural backwaters.

Sklair argues that once established, capitalism invariably engenders a powerful and understandable popular appeal among ordinary citizens that is very difficult to counter or replace with a fairer democratic socialist alternative. Other alternatives are thereby precluded. Meanwhile, even those lucky enough to afford to participate in consumerism will ultimately experience dissatisfaction. This is because consumerism cannot cater for people’s additional needs for community involvement, personal development and meaningful social relationships.

Barber also fears that the “McWorld” market system will lead to the standardization of cultures and consumption practices and these, in turn, will bring yet other dangers. For example, the TNCS (Trans-national corporations) raise people’s expectations through advertising by encouraging consumers to believe that their purchases open new avenues to a better life of opportunity and freedom. Yet the most products are quite unable to deliver the kinds of personal self-fulfilment promised in the adverts.

 

We share many of the anxieties raised by the writers just cited. Certainly, it would be foolish to deny or ignore the enormous influence exerted by the TNCs over all aspects of our lives. However, the concrete evidence for suggesting that this produce an irresistible, disempowering and homogeneous culture dominated by American consumerist values is often more apparent than real. Indeed, as has been seen in Chapts. 12 & 13 on tourism and consumerism there are powerful grounds for arguing that under capitalism consumers retain far more opportunities for personal creativity and autonomy that these arguments suggests.

 

3.- “A clash of civilizations will lead to cultural conflict and violence”.

Barber observes that many ethnic, religious and national groups around the world are diametrically opposed to the individualistic, materialist hedonism embodied in American consumerism. Indeed, he believes that we are witnessing a growing worldwide resurgence of organizations enflamed with a mission to pursue various kinds of Jihad, sometimes involving the use of terrorist and genocidal violence. In many instances these can be interpreted as direct responses to what such groups perceive as the threat of Americanization and its trivialization of ancient, unique cultures, or the revealed truths originating in divine inspiration. Thus, we appear to be confronted with two scenarios:

  • un unequal but relatively peaceful world where the poor majority are kept in a sate of passivity by a promise of the future acquisition of consumer goods; and
  • a dangerous one of contending, fundamentalist warrior causes.

Samuel Huntington’s argument about the clash of civilizations is important in this context.

 

Assessment:

One of the difficulties with Barber’s theory is that not all fundamentalist groups are opposed to consumerism and material prosperity –such values are, for example, embraced by most American revivalist churches. Moreover, many Islamic fundamentalist groups, whether active terrorists or Ian’s ruling ayatollahs, are highly ambivalent in their attitude to modern materialism. They revere the past, but are dependent on advanced technology in order to fight their cause –from faxes, the Internet and television to jet travel and sophisticated armaments along with the market systems that provide them (Hadar).

Moreover, the desire to reject American cultural domination constitutes only part of the explanation for the rise of non-western violent movements operating around the world today. Many recent nationalist and secessionist movements have originated either in the post-Cold War disintegration of the Sovie empire or in situations where minorities have made what some might regard as quite reasonable demands for international recognition as separate nations following long periods of persecution by hostile majority governments.

We will add that if US interventions in Sudan and Afghanistan “proved” Huntington’s thesis, NATO’s attack on Serbia in defence of the Muslim Kosovars completely contradicts the Huntington thesis: the leading western powers were defending Muslims against Christians!

 

4.- “Globalization will lead to a dystopian future”.

Just as Huntington (and others) present a disturbing vision of the future from the right, so are there prophets of doom from the left. In an original and challenging book Burbach (an American) Núñez (a Nicaraguan) and Kagarlitscky (a Russian) suggest that globalization has triggered a number of counter reactions or anti-systemic movements due to the traumatic shocks and horrors it has engendered in many areas of the world.

Their perspective is undoubtedly valuable in that the three authors are representatives of what used to be called “the First”, “Second” and “Third” Worlds. They deny that they are opposed to globalization per se. However, they argue that “the economic forces that currently determine the direction of globalization adversely affect most of humanity and severely limit our [that is, humankind’s] ability to create a better world”.

They can see nothing but a dystopian future for all of us.

Dystopia means an imaginary place where things are as bad as they could possibly be.

They argue that the form taken by globalization will have the following features:

  • Trade wars: whereby intense competition between trading blocs leads to instability and speculation between the national currencies. In this respect they see a tension between different sectors of capitalism. Angry French farmers, rebellious peasants in Chiapas and trade union opponents of regional agreements such as NAFTA are all seen as forces resisting the integration of global markets.
  • Global unemployment: with some 30% of the world’s 2.5 billion workers being unemployed. The argument here is that automation and information processing will permanently displace workers from the manufacturing and services sector leaving nowhere for those displaced from the land to go.
  • Destructive financial speculation: which will allow unbridled “robber barons” to indulge in greed and uncontrolled speculation in stocks, bonds, currencies and precious metals. The bulk of fortunes are made by junk bond scams, insider trading or those playing the markets of casino capitalism.
  • Collapse of the poor countries: where the neo-liberal panaceas of the World Bank have resulted in further malnutrition and destitution.
  • The “gutting of the cities in rich countries: marked by the massive increase of those living on welfare, those permanently unemployed and those scraping by through criminal activities. “The violence, fear, crime, alcoholism and drug abuse that grip the underclasses of these cities is directly linked to this despondency and hopelessness”.
  • The rise of a “barbaric” bourgeoisie in the post-communist world: with ineffective and parasitic states, entrepreneurs who lack ethical, intellectual, cultural or professional values, and a “mafia” comprising old party hacks, state bureaucrats and new “yuppies”. These groups “are united by the lack of roots and total disrespect towards any rules and laws as well as by the lack of even minimal moral constraints”.

 

Assessment of this proposition:

One cannot help but admire the concern and passion behind these denunciations of the present form of globalization. The emerge of a new global age is a painful, uncomfortable and often distressing process. The angry and desperate Russians in queues outside banks bitterly denouncing their country’s flirtation with global capitalism further demonstrate the point.

It is perhaps no coincidence that critics like Burbach and his co-authors draw their indignation from a self-confessed Marxist or socialist background. The Jeremiah-like sense of apocalyptic doom, the inevitable march of historical forces and the fear of fateful technological determinism all draw from that deep well. But it has to be recalled that Marx himself saw the dual nature of capitalism. It was both destructive and potentially liberating. Just as capitalism consigned feudalism and slavery to the dustbin of history (just about), so too it can be argued that globalization is undermining nationalism and other impediments to the full realization of capitalism on a worldwide scale.

The argument is not the heartless one that “you can’t make an omelette without breaking eggs”, but rather that social actors and organizations can do something about the ingredients of that omelette, how it is cooked and served and who gets to eat it.

 

AN OPTIMISTIC VISION OF OUR GLOBAL FUTURE.

That final observation provides the opening for our more optimistic vision of global future, although we would not consider our position to be utopian. Technological and economic changes can allow a positive outcome, but people must try to make that happen.

Of course, this rosy picture has to be balanced by our knowledge of the many “global victims”, who have so far been left far behind in the race to knowledge. Again, reflexive citizens using their skills for benign purposes are not the only beneficiaries of globalization –drug-dealers, arms merchants and media moguls are also “global winners”. Nonetheless it is important to enphasize that the economic and technical changes we have identified and the rise of the symbolic economy can potentially generate a more democratic and participatory future global society. Work can be more empowering and even enjoyable, governments ca become more accountable, while through the interdependence of the world economy wars can be avoided.

Globalization has so far done little to diminish the blight of poverty and wretchedness in which about half of the world’s inhabitants is forced to live. Social movements have still not proved effective in mobilizing efforts to reduce global inequalities. Thus, we are not dealing with a unilinear process that will inevitably take us to a better world.

Despite these concessions to the sceptics and critics, we nonetheless argue that globalization has become irreversible and is taking on new forms not previously encountered. Moreover, although the direction in which it may evolve is unclear and certainly not fixed, some global changes are very positive. They provide a greater potential than ever before for the world’s inhabitants to forge new understandings, alliances and structures –both from below and in alliance with elite institutions –in the pursuit of more harmonious, environmentally sustainable and humanitarian solutions to local and global problems. The world of work has been transformed and form any lucky citizens the possibilities for a creative engagement with global changes are much enhanced. In itself globalization will lead to neither a dystopia nor a utopia. The future directions of global society depend on us as ordinary world citizens, on what moral positions we choose and what battles we are prepared to fight.

The key social challenge of the twenty-first century is to prise open the bars for these disadvantaged people so that they can discover the transformatory possibilities globalization has generated.

 

THAT’S ALL, FOLKS!!!

 

 

 

Modulo A, Dott.Cobalti.

 

 

Fonte: http://www.glocaltrento.com/int_affairs/ia_documents/02_SOCIOLOGIA_moduloA.doc

Sito web: http://www.glocaltrento.com/int_affairs/ia_sociology.html

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

Parola chiave google : Globalizzazione tipo file : doc

 

Globalizzazione

 

SOCIOLOGIA.

 

GLOBALIZZAZIONE CULTURALE:

 

Concetto di Cultura:

Cultura e diverso a un mero livello d’istruzione. La cultura è più generale.

(remember figlio di Rockefeller, che fu ucciso dagli indios).

 

Concetto di Gallino: definizione ampia: punto B: es. “libro” è cultura.

Si occupa dell’aspetto oggettivo e collettivo:

Definizione agnostica: non esistono le società più perfette o meno (primitive). Invece si parla di società più o meno complesse.

 

Rifiuta idea che la cultura è una entità organica e coerente: non un blocco immobile nel tempo. Possono esistere elementi conflittuali.

 

Referenza al Relativismo Culturale (dif. dal relativismo etico): si rifiuta il problema di quale è meglio o peggio.

 

Distinzione Marxiana (marx attacks!): tra struttura e sovrastruttura: la cultura è parte di quest’ultima.

Gramsci ed altri hanno sviluppato il concetto.

 

Si parla della cultura di una società, e anche della subcultura: al interno di una società: es. una professione (ha linguaggi e forme diverse).

 

Si parla anche di Cultura come modalità del apprendimento. Esempio:

  • Lingua madre: cultura implicita.
  • Seconda lingua: cultura esplicita.

 

Tomlinson: parla dell’ “ambito o sfera della vita”: una sfera (es. economia) è separabile di un’altra esfera?

No! Il concetto di “sfera” ha solo una funzione analitica, si basa sull’utilità di questa distinzione.

Es. l’imperialismo economico (teorico): Gary Becker (che tenta di spiegare tutto attraverso l’economia).

 

Homo Oeconomicus – Homo Politicus (public choice economy – distribuzione del potere)

 

Il discorso sulla cultura ha che fare con questa sfera: comprare fiori, per esempio, non è solo –neanche principalmente- una questione economica.

 

Dobbiamo avere molti approcci.

 

Cultura e Globalizzazione: cosa c’entra?

Modo di Interpretare la cultura:

  • Gallino: oggettivo (cultura esiste fuori dell’uomo).
  • Tomlinson: soggettivo (non si può parlare di cultura senza analizzare all’uomo).

 

Concetto oggettivo: cultura limitata per un territorio. Cultura vincolata con un territorio e una nazione.

 

Globalizzazione: minaccia contro una cultura: che la può fare scomparire. (remember “blut und boden”).

 

Globalizzazione culturale: Held.

Forze storiche delle Globalizzazione Culturale:

Held: varie forme di globalizzazione storiche: al estendere il concetto, arriva alla globalizzazione come interdipendenza: estensività delle reti, intensità, velocità, impatto, infrastrutture (telegrafo, treno, internet), istituzionalizzazione di queste infrastrutture, stratificazione (riguarda il potere).

 

Held: esistono diverse forme di globalizzazione culturale.

Estensività: assicurata dalle religioni mondiali (tessuti costitutivi della società): prima religioni regionali dopo religioni degli imperi.

 

Infrastrutture:

Telegrafo (Morse): libro di Standage: racconta la storia del telegrafo (simile all’internet). Cavi sottomarini 1858 (UK-USA). Conseguenze importanti: Mondo unito (ci sarà la pace! saremmo tutti fratelli!): idea sbagliata: contrazione dei territori = più amore: non esiste!

 

C’erano già encriptions – hackers, ecc.

L’impero britannico giocò molto su questo aspetto.

  • L’impero romano: costruiva strade e ponti.
  • L’impero britannico: costruiva linee di telegrafo. Perché non si fidava dall’Impero Ottomano.

 

Istituzionalizzazione:

= regolazione delle infrastrutture: regolamentazione postale – timbrato. Oggi UNESCO, per la cultura.

 

Stratificazione.

 

Forme contemporanee di Globalizzazione:

Estensività: massima: uno degli aspetti più microscopici della globalizzazione: McDonalds, CocaCola, CNN.

Velocità: istantanea.

Impatto: elevato: si va a una cultura unica?

 

 

 

Prima Parte della Globalizzazione Culturale: i movimenti delle persone.

 

1.- LE MIGRAZIONI:

Tratteremo i movimenti delle persone: migrazioni, diaspore, turismo.

Fino a poco tempo fa per comunicare era necessario lo spostamento delle persone.

 

Direzioni del movimento:

1.- Migrazione:

  • verso il centro.
  • verso la periferia.

2- Oppure:

  • di elite.
  • di massa.

 

Corrente principale: dell’America Latina/Asia vs. Nord America.

Verso l’Europa: soprattutto dell’Africa

Verso la Penisola Araba.

 

Accenni storici sulle migrazioni.

Migrazioni pre-moderne: hanno a che fare con gli imperi: romano, cinese.

Pare che la più grossa migrazione avvenne con l’impero Han nel XIII secolo.

 

Epoca moderna: iniziano le migrazioni di schiavi, specie verso le Americhe.

In seguito, migrazioni verso le Americhe e altre zone per cercare fortuna.

 

Migrazioni all’interno di aree.

 

I flussi di migrazioni sono legati alle questioni tecnologiche, specie nei trasporti.

 

Alcune definizioni:

1.- Gruppo Etnico: gruppo involontario di persone che condividono la stessa cultura nella quale si identificano e/o sono identificate dall’esterno.

Spesso i gruppi etnici si muovono.

 

2.- La Razza: sottogruppo di gruppo etnico. Definita come una caratteristica legata alla ereditarietà genetica.

 

3.- Gruppo Nazionale: la nazionalità si riferisce ad una forma politicizzata di eticità. Sono un sottoinsieme di gruppi etnici.

 

LE MIGRAZIONI NEGLI STATI UNITI:

Fino al 1820: pochissimi flussi migratori (250000).

1820: Guerra Civile: grande migrazione, specie anglosassone.

1880-1924: migrazioni specie dall’Est Europa e dal Sud Europa.

Dal 1965: migrazioni latine.

Nelle diverse fasi: diverse politiche di apertura/chiusura.

 

Terman, 1915, importò negli USA il “Test di Binet” per misurare l’intelligenza degli immigrati.

Idea di Terman: l’intelligenza si acquisisce alla nascita per eredità, è innata.

Terman scrisse che le persone con deficit di intelligenza dovevano essere controllate socialmente. Vennero fatte leggi (in alcuni stati) per impedirne la riproduzione, ecc. Paura che i deboli mentali continuino a moltiplicarsi, danneggiando la società.

 

Con gli anni 80 del XIX secolo, gli USA attirano persone dell’Est e dal Sud Europa. A questi gruppi viene fatto il test di intelligenza e diversi studi sull’intelligenza. Emerge che molti di questi gruppi sono deboli di mente (ungheresi, italiani, ebrei, ecc.), o poco intelligenti.

Si dimostrò che i neri sono meno intelligenti dei bianchi. Tra i bianchi si osservò che polacchi, ungheresi e italiani erano poco intelligenti, anche meno intelligenti dei neri.

Si scoprì che l’intelligenza aumentava maggiore era la permanenza negli USA. Chi era da più tempo negli USA aveva appreso molte cose, era diventato più intelligente. Un’altra spiegazione è che i gruppi che erano arrivati in precedenza (anglosassoni) erano più intelligenti. Secondo questa seconda interpretazione, queste nuove migrazioni stavano peggiorando la società americana.

Questi discorsi portarono ad Johnson, che restrinse i flussi migratori: si cercò di selezionare le entrate.

1924: legge che introduce le quote, sulla base della composizione della popolazione americana del 1890.

Vediamo perciò come le scienze sociali abbiano avuto degli effetti negativi sulla vita politica di un paese.

Tra il ’24 e il ’60: arrivano 4 milioni di persone negli USA.

Entrano delle persone, ma queste entrate vengono definite su un sistema di quote, calcolate in base alla composizione etnica risultante dal censimento del 1890.

 

Cosa fare con gli immigrati una volta entrati?

1.- Politiche di assimilazione (cap. 15 Cohen-Kennedy).

Inizialmente gli USA hanno cercato di applicare tali politiche.

(remember le politiche di Ford sull’assimilazione degli immigrati –che abbiamo visto nel modulo A-).

Melting Pot: Già da subito vennero individuati dei gruppi non assimilabili: i cattolici irlandesi. Questi erano più disposti ad ascoltare il Papa che non le autorità americane.

Fino agli anni ’60 si cercano di fare tali politiche di assimilazione.

 

2.- Dagli anni ’60 in poi: politiche di multiculturalismo: termine ambiguo. C’è però il rischio di balcanizzazione della società: tanti gruppi etnici chiusi.

Molti immigrati sono arrivati negli USA forzatamente: i neri sono arrivati in catene. Si stima che vennero portati tra i 5 e i 20 milioni di neri.

Dagli anni ’60 si è cercato di cambiare l’approccio verso i neri e le popolazioni native.

 

AUSTRALIA:

Terra di migrazione con ondate varie.

Dopo la WWII: migrazioni soprattutto dall’Europa.

Dopo gli anni ’70: migrazioni dall’Asia.

Diverse fasi politiche: politiche di integrazione, e in seguito di multiculturalismo, ecc.

 

CANADA:

Questione importante: francesi – non francesi. Dà una particolarità alla questione canadese.

I francesi di recente chiesero l’indipendenza.

Canada: laboratorio per il multiculturalismo.

 

GIAPPONE:

Non ha mai accettato e non accetta le minoranze autoctone.

Aimu, Okinawa, Burakumi: 3 minoranze (3% popolazione), che fanno i lavori meno gratificanti.

Non hanno riconoscimenti culturali. Meno diritti.

In Giappone non esiste alcuna politica di accettazione delle minoranze.

Il gruppo dominante ha una forte identità culturale.

Il Giappone comunque non è molto interessato dall’immigrazione.

 

GERMANIA:

Paese molto interessante per quanto riguarda la mutevolezza delle politiche.

Fino al 1885 la Germania fu un paese di emigrazione verso le americhe.

Politiche molto liberali per quanto riguarda l’uscita.

Tale valvola venne usata anche in Italia.

Sul finire del XIX secolo la situazione cambia. La Germania diventa terra di immigrazione dall’Est Europa (Polonia in particolare).

Slavi considerati razza inferiori.

Cittadinanza trasmessa con il ius sanguinis (blut und boden, sangue e luogo di nascita).

Politiche basate sul tentativo di fare rimanere queste popolazioni il meno possibile.

Con il nazismo le cose sono peggiorate.

Nove milioni di persone vengono portate in Germania per lavorare come schiavi.

Dopo il ’45, 11 milioni di persone vanno dall’Est all’Ovest.

Il successo economico inoltre, ha attratto persone specie del Sud Europa.

In Bayern: politiche “multiculturali” basate sull’aspettativa che gli immigrati tornassero a casa.

Dopo la caduta del Muro: forte immigrazione dall’Est, dalla Turchia, dall’Asia e dall’Africa.

La Germania fino a pochi anni fa non si è mai voluta definire una terra di immigrazione.

Proprio negli ultimi anni, Schroeder ha accettato che la Germania è un paese di immigrazione.

È cambiata la legge. I nati in Germania sono tedeschi, ma a 23 anni devono scegliere definitivamente la cittadinanza.

Cambiamento importante, che ha e avrà parecchi effetti.

 

FRANCIA:

Si pone al polo opposto alla Germania.

Politiche assimilazioniste: si cerca di francesizzare gli immigrati. (li fanno magnar 3 kg. di formai roquefort tutto il giorno!)

 

ESEMPI DI GLOBALIZZAZIONE CULTURALE, secondo Huntington e Berger.

4 esempi di americanizzazione: cultura di Davos, Faculty Club Culture, Mac Culture, Protestanti Evangelici.

1.- Cultura di Davos: cittadina svizzera dove si svolge il World Economic Forum, è uno dei centri del neoliberalismo. Cultura di Davos à principi del business americano.

 

2.- Faculty Club Culture: club dei professori universitari, dove si forma una Comunis Opinio su un certo argomento.

 

3.- Sette dei Protestanti Evangelici: Fattore molto importante di globalizzazione culturale. Queste sette sono spesso portatrici di americanizzazione.

 

4.- Mac Culture: beh abbiamo già parlato troppo di questa roba.

 

 

 

2.- LE DIASPORE.

Oltre all’elemento oggettivo delle immigrazione vi à un elemento soggettivo, che caratterizza le diaspore: quello dei legami con la terra e le tradizioni di partenza, che vengono mantenute.

Diaspora: viene mantenuto un forte legame con la patria (vera o immaginata).

Diaspore: diversi tipi.

Classificazione:

  1. Diaspora degli Ebrei, dopo la distruzione di Gerusalemme, prima della nascita di Cristo.
  2. È considerata come diaspora anche la deportazione degli africani, che spesso continuarono a tenere dei legami con il continente. Esempio: rastafari. Sorta di religione diffusa nelle comunità nere americane.
  3. Diaspora armena: di 100 anni fa.
  4. Diaspora palestinese.
  5. Diaspore imperiali: Gran Bretagna, Spagna, ecc. Chi immigrava per l’impero.

 

Queste diaspore, eccetto l’ultima, sono diaspore delle vittime.

Ma esistono altre:

  • Diaspore lavorative, come quella degli indiani.
  • Diaspora commerciale: i cinesi, che all’estero cercano di costruire delle reti commerciali.

 

 

 

 

I MASS MEDIA E LE MULTINAZIONALI DELL’INFORMAZIONE.

 

A partire dagli anni ’70: cambiamento nel settore produttivo delle informazioni:

  • concentrazione della proprietà.
  • da pubblico a privato.
  • liberalizzazione.
  • corporativizzazione.
  • mercificazione.

 

BBC, fino alla fine degli anni ’70: azienda pubblica che distribuiva “beni pubblici”.

Negli USA invece, fin dall’inizio è attivo il privato.

GB, da fine anni ’70: privatizzazione graduale. Pubblicità.

WTO: liberalizzazione del settore dei servizi, compresi i servizi radiofonici, ecc.

Molte imprese del settore sono divenute multinazionali.

Turner (CNN, ecc.)

Murdock (Sky, ecc.): ha affermato che bisogna passare dall’interesse pubblico a ciò che interessa al pubblico. Ciò che conta è l’audience.

Queste multinazionali hanno portato alle c.d. Big Ten: ATT, Sony, AOL Time Warner, Walt Disney, New Corporation, ecc.

Controllano TV, discografia, stampa, ecc.

Questi gruppi riescono facilmente a controllare l’opinione pubblica.

Sono colossi con presenza sull’intero mondo.

 

LE MULTINAZIONALI E I MEDIA:

Imprese impegnate in f d i e controllano attività economiche in diversi paesi.

F d i di due tipi:

quelli che creano all’estero attività nuove.

dagli anni ’70: merger, acquisizioni, ecc.

 

Le multinazionali esistono da secoli.

  • Banca Medici, di fine XIV secolo, che controllava più di 100 banche in Europa.
  • Lega Anseatica.
  • Compagnie delle Indie Britannica, che ha governato l’India fino a metà del XIX secolo. Era uno stato nello stato.
  • Info sulle multinazionali nei siti di UNCTAD, ILO.
  • UNCTAD: cataloga oggi 63000 multinazionali (MTN)

 

Caratteristiche delle Multinazionali:

  1. Tra le 100 più grandi economie, 30 sono di imprese multinazionali. Ma non tutte le multinazionali sono dei colossi. Molte hanno meno di 250-100 lavoratori.
  2. Le maggiori multinazionali sono nell’UE, USA, Giappone.
  3. Diverse strutture. Esistono multinazionali fordiste, a rete (Benetton). Queste ultime sono in maggioranza.
  4. Si diffondono all’estero.

 

Multinazionali e Media:

Murdock, Turner, industrie della radio, musica, cinema, tv. Importanti dal punto di vista della globalizzazione culturale.

 

Effetti sulla cultura:

  • Cinema e prodotti americani.
  • Telenovela sudamericane.
  • Cinema europeo (chotìssimo!!)

L’americanizzazione del cinema è in certe parti contrastata. D’altra parte gli USA non si aprono al cinema europeo.

Radio: ha avuto anche funzioni di propaganda politica.

Che effetti anno questi media? Ora entriamo nella Sociologia della Comunicazione di Massa per capire gli effetti di questi media.

 

 

 

Gli effetti della comunicazione di massa:

Vedi fotocopia

Per parlare di tali effetti facciamo riferimento ad una teoria che ricava delle info a prescindere dal significato. Teoria nata in ambiente ingenieristico per studiare le comunicazione tra macchine.

Ci sono stati degli studi per capire gli effetti della propaganda politica sulle masse.

Idea che tali mezzi hanno effetti formidabili sulle masse. I mezzi di comunicazione di massa hanno effetti immediati.

Presentano messaggi che vengono percepiti uniformemente dalla gente.

Stimolano le emozioni.

Le persone rispondono a tali messaggi similmente.

Effetti potenti, uniformi, diretti.

Modello tipico dei primi studi sulla comunicazione di massa, che si porta dietro la paura di come si possono pilotare le masse. Modello diffuso negli USA per evitare che qualcuno possa fare come Hitler, Stalin, ecc., negli anni 30-40.

Idea che sia presente una società di massa alla base di tale modello.

Società di massa:

  1. effetti uniformi dei mass media.
  2. crescente omogeneità.
  3. controllo delle elite o della burocrazia sulle masse.
  4. cultura di massa.
  5. politiche tendenzialmente illiberali.
  6. mancanza di controllo sociale (forte urbanizzazione, ecc.)
  7. trionfo delle masse e spersonalizzazione dell’individuo.

 

(remember aldous huxley’s “brave new world” & orwen’s “1984”).

 

Società di massa: 2 tipi di preoccupazione:

  1. La massa può coinvolgere l’ordine sociale (preoccupazione “di destra”)
  2. Le masse possono essere manipolate da elite forti (preoccupazione “di sinistra”)

 

McLuhan: osservò alcuni effetti dei mezzi di comunicazione di masse di 20 anni fa:

“Il medium è il messaggio”

Gli effetti dei mezzi di comunicazione di massa non stanno tanto nel messaggio, quanto nella forma. Questo è un pericolo.

Confronto tra TV e carta stampata.

I mezzi di comunicazione di massa modificano il sense ratio (sul rapporto dei sensi).

Carta stampata: le frasi sulla carta rafforzano certi sensi. Ha cambiato il modo in cui guardiamo le cose.

La TV può riequilibrare il sense ratio. Vista, udito riprendono forza.

La TV ha portato verso il villaggio globale.

 

GLI EFFETTI DELLA COMUNICAZIONE DI MASSA SUL VOTO E ALTRE QUESTIONI.

 

2 questioni importanti quando c’è un cambiamento nel voto de t1 a t2 (nel tempo).

  1. Misura del cambiamento nel voto.
  2. Causalità del cambiamento.

 

Esempio: effetti (positivi e negativi) di una campagna elettorale sul voto. Questa può provocare un cambiamento nel voto.

La percentuale di favorevoli può aumentare (diminuire) nel tempo.

Lazarsfeld: ha messo a punto delle tecniche per osservare/misurare il cambiamento.

Reintervistare le stesse persone più volte nel tempo. In questo modo si evitano certi errori di distorsione e di non rappresentatività. Tuttavia anche queste reinterviste creano problemi: creano noia agli intervistati, ecc.

Questa ricerca è stata fatta nei periodi di campagna elettorale.

Ci si aspettava che per effetto della campagna elettorale avvenivano grandi cambiamenti.

A sorpresa si scoprì che la campagna elettorale provocava effetti di rafforzamento. Chi era favorevole in t0, sarebbe stato ancora più favorevole in t1.

 

Perché?

La massa non è, come si ritiene, un’entità unitaria.

Meccanismi di percezione e memorizzazione selettivi. Le persone cioè, percepiscono gli stimoli in maniera diversa. Poi memorizzano gli stimoli in maniera diversa.

Uno stesso messaggio è cioè percepito in maniera diversa dalle persone. Ad esempio chi ha un grado di istruzione più elevato leggerà gli stimoli in un certo modo. Oppure gli stimoli vengono percepiti diversamente a seconda degli interessi.

Inoltre la gente non è isolata.

Le persone parlano tra di loro e possono influenzarsi. Ci sono degli Opinion Leader a cui le persone fanno riferimento.

2 step flow of comunication: le comunicazione di massa raggiunge prima gli opinion leader, che sono interessati su certi argomenti. Questi poi influenzeranno delle persone. Ciò crea delle distorsioni nel modo di pensare nella gente.

Anche le ricerche di mercato dell’epoca (anni ’60) venivano condotte con una metodologia analoga.

Il voto a la saponetta venivano studiati in modo analogo.

L’uomo non è solo. Dibatte con gli opinion leader. Si informa. Distorce le info. Cambia atteggiamento nel tempo. Non ricorda.

Si capisce che i mezzi di comunicazione di massa influenzano sì l’individuo, ma non lo conducono dove si vuole come si riteneva in precedenza.

Esistono dei meccanismi più complicati, che influenzano il modo di agire e di pensare della gente.

Comunque i mezzi di comunicazione di massa hanno molteplici effetti, diretti e indiretti, sul voto.

Esempi:

1.- un giornalista di NY cercava info sui crimini presso la polizia.

Mette sul giornale un’info di un crimine che ha colpito una famiglia nota.

I giornali concorrenti hanno iniziato a fare altrettanto.

Sembrava che il crimine fosse aumentato solo perché i giornalisti davano importanza.

2.- Vicenda degli ostaggi in Iran nella campagna presidenziale tra Carter e Reagan.

 

Questione dell’Agenda Setting.

I mass media, tramite la loro “agenda”, possono influenzare i temi della campagna elettorale e l’azione politica.

I mass media hanno fruibilità diversa tra la popolazione.

Non tutti sanno usare internet o leggono i giornali.

L’accesso ai mass media è un fenomeno importante per quanto riguarda la comunicazione.

 

Effetti dei mezzi di comunicazione sui bambini americani per quanto riguarda la violenza.

Diverse ricerche in questione.

È stato osservato che l’individuo/i bambini vengono influenzati da certi comportamenti osservati e possono influenzare, nel LP, i comportamenti della persona.

Si è sottolineato il pericolo della continua esposizione dei bimbi a programmi violenti.

 

 

 

SI VA VERSO UNA CULTURA UNICA?

 

3 tesi su questa questione:

1.- si va verso una omogeneizzazione à americanizzazione.

  • Schiller: marxista. Autore americano.
  • Rizer: weberiano.
  • Latus: occidentalizzazione del mondo.

 

2.- Tesi della polarizzazione.

  • Barber.
  • Huntington
  • Castells.

 

3.- Ibridità/ibridizzazione.

 

1.- L’Omogenizzazione:

a) Schiller

Teoria dell’imperialismo culturale:

antecedenti della teoria: scuola di Frankfurt (Marcuse).

Schiller: studioso di formazione economica.

Interpretazione della società dell’informazione.

Giunge alla conclusione che alcuni processi in atto stanno portando verso l’omogenizzazione.

Somiglianza, risultato dell’azione delle grandi corporation, specie nel campo dei mass media.

Tali corporation agiscono in favore dell’occidente, e degli USA in particolare. Questa è la tesi di Schiller, che ora vedremo meglio.

 

Approccio di Politica Economy:

  • Si concentra sulle caratteristiche strutturali dell’industria dei mass media:
  • Modello di proprietà.
  • Risorse a disposizione.
  • NB: la questione della pubblicità.

Un giornale guadagna il 75% degli introiti dalla pubblicità.

 

Approccio Olistico (come la scuola della Regulation):

  • Un singolo elemento è messo in relazione al tutto.
  • Pericolo insito in tale approccio: il sistema rischia di rimanere chiuso.
  • Forte interesse per la storia.
  • Studiare l’informazione come una merce (commodity).

 

Apparato concettuale di Schiller:

I mass media servono gli interessi del capitalismo.

Capitalismo: definizione di Fulcher. Investire soldi per fare soldi. È un minimo comune denominatore ai diversi tipi di capitalismo: mercantile, industriale, finanziario.

Trasformazione nel tempo del capitalismo.

Varietà di capitalismo nello spazio.

Globalizzazione del capitalismo.

Perciò, con il capitalismo, si investono soldi per fare soldi in varie forme.

 

In che modo il capitalismo è correlato con l’industria dell’informazione?

Secondo Schiller tale industria coordina a distanza diverse questioni del capitalismo/delle grande aziende.

Relazione tra mezzi di comunicazione di massa e interessi delle big corporation: diffondere l’ideologia dei mercati liberi.

Influenza di tali messi sull’agenda della società.

Vengono influenzati certi tipi di comportamento.

 

Imperialismo dell’informazione: vengono prodotte certe info anziché altre.

Siccome l’ambiente in cui operano tali big corporation è un ambiente capitalista, tali corporation hanno un modo di agire capitalista: profitti, ecc. Fare profitti influenza gli obiettivi di tali imprese, il campo in cui sono coinvolte, ecc.

 

Imperativo del profitto che caratterizza i mezzi di comunicazione di massa e internet.

Continua pubblicità.

 

La Pubblicità: che ruolo svolge?

(Tralasciano momentaneamente Schiller)

Pubblicità: settore che è stato ultimamente in enorme espansione.

Storia della pubblicità negli USA.

Fino alla guerra civile: poca pubblicità, di tipo informativa.

Fine XIX secolo: espansione economia americana. Espansione dell’industria della pubblicità.

Perché la pubblicità colpisce più certi settori che non altri?

Nella prima fase del capitalismo prevalgono i mercati concorrenziali. Prezzi di mercato. Non c’è spazio per la pubblicità.

La pubblicità si sviluppa nei mercati oligopolisti. L’oligopolista cerca infatti di guadagnare spazio nel mercato. Diverse strategie, tra le quali la pubblicità.

La pubblicità può portare ad un aumento delle vendite, specie quando si diversifica il prodotto.

Già prima della WWI, la pubblicità è un’industria.

In certi settori la pubblicità dà luogo a preoccupazioni.

Paura che, a causa dell’irrazionalità umana, la pubblicità manipolava i comportamenti.

Anni 30: negli USA viene vietata la pubblicità con messaggi falsi o fuorvianti/ambigui.

A. Karay: 3 trend nelle società americana del XX secolo:

  • per la democratizzazione.
  • potere delle big corporations.
  • ruolo delle pubbliche relazioni à pubblicità. Questo lobby cercò di cambiare la legge e di cambiare l’atteggiamento verso la pubblicità.

 

Nuova legge, ancora in atto, che vieta i messaggi falsi ma non quelli ambigui.

 

WWII: era non patriottico incitare la gente ai consumi.

Pubblicità a favore dei soldati, della CRI, dell’acquisto di bonds del tesoro.

Attualmente: la pubblicità ha a che fare con la libertà di parola à attività libera, non regolabile.

 

Ritorniamo al nostro carissimo Schiller:

Linee di tendenza dei media: collegabili all’interesse delle big corporations.

  • Info dell’intrattenimento: gossip, sport, ecc.
  • Depoliticizzazione dei media: non vengono fatti passare certi messaggi. Depolitizzare in questo senso.
  • Tentativo di disfarsi del settore pubblico in varie forme.

 

Chi ha accesso alle info?

Info: creata per essere venduta.

Information Stratification: diverso potere di accesso all’info da parte dei ricchi e dei poveri. Discorso legato anche alle qualità dell’info.

Stratificazione anche tra paesi: la tecnologia è in mano a certi paesi. La maggior parte dei prodotti viene dagli stessi paesi.

Messaggi di tipo consumista.

 

Caso: Channel 1:

Negli USA, come in altri paesi, il settore scolastico è in crisi.

Channel 1 ha promesso in regalo TV, video e satellite per ogni classe di una scuola a patto che gli studenti guardino quotidianamente 12 minuti di TV: 10 di TG e 2 di pubblicità.

È stata fatta un’operazione enorme.

 

Cultura Globale: assicurata dall’espansione delle big corporations dei media.

 

b) Rizer:

MacDonalizzazione del mondo: temrine coniato da Rizer.

Libro del ’93, che ha avuto molto successo: “McDonalization are the processes by which the principles of the fast-food restaurant are coming to dominate more and more sectors of the American society as well as of the rest of the world.”

Favorisce il diffondersi di certe idée.

Forza in atto che sta trasformando il mondo.

Si va verso principi omogenei e pratiche omogenee.

Mc Donald: è solo un esempio.

Weber: “Teoria della razionalizzazione della società moderna”. Teoria che ha influenzato Rizer.

Secondo Rizer le caratteristiche della razionalizzazione sono le stesse che servono a gestire Mc Donalds.

La Macmerdonalandia, in quanto razionalizzazione, si impone su scala globale, favorendo una omogeneizzazione.

 

Ma cosa dice la teoria della razionalizzazione di Weber?

Weber distingue il comportamento da un’azione. A quest’ultima l’uomo attribuisce un valore.

Azione: azione sociale.

Diversi tipi di azioni sociali:

  • Azione tradizionale: faccio una cosa perché la si è sempre fatta.
  • Azione affettiva.
  • Azione razionale: rispetto ai valori (es.: difesa della monarchia). Il valore è un qualche cosa di assoluto. Rispetto allo scopo.

 

Questo sono i quattro tipi di azione.

 

La razionalizzazione è il progressivo affermarsi nella società di forme di razionalità. Questo vale soprattutto nella società occidentale moderna.

 

Tale processo non porta solo conseguenze benevole. Non è detto che porti alla felicità.

Temeva che un mondo razionalizzato e burocratizzato portasse ad un impoverimento dell’uomo.

Schiller: teme che tutto venga messo in secondo piano al profitto. Che tutto venga commercializzato.

Bahuman: osserva che lo sterminio durante la WWII sia frutto della perfetta razionalizzazione e burocratizzazione del sistema.

Auschwitz come una fabbrica, il cui prodotto fosse la morte dell’uomo. Tutto era perfettamente burocratizzato.

 

4 caratteristiche della società razionalizzata:

  • efficienza,
  • calcolabilità,
  • prevedibilità,
  • disumanizzazione (sostituzione dell’uomo con la macchina).

 

Tutto ciò centra con l’analisi sui Mc Donald di Rizer.

(remember cos’è successo in latinamerica con mcd).

 

Analisi sui McDonalds:

1955: primo McDonald.

Oggi diffuso in 119 stati.

Ha dato origine a fenomeni di concorrenza.

Ultimi anni: ha avuto certi problemi.

I suoi principi si sono diffusi ovunque.

P.S.: McDonald è frequentato dalla fascia medio-bassa.

Sud Est Asiatico: frequentato dalla fascia alta della popolazione. Inoltre sono divenuti posti di aggregazione. La gente rimane a lungo.

 

Movimenti avversi ai McDonald:

Movimento dello Slow Food, molto organizzato anche in Italia. Questo è un movimento che a sua volta si è globalizzato.

Critiche mosse a MD: “MD richiama la catena di montaggio fordista”, ecc.

 

c) Latus:

Occidentalizzazione del mondo che colpisce tutti gli aspetti:

diffusione lingue europee.

Musica, abbigliamento, idee filosofiche, cibo, ecc.

L’Occidente spinge verso l’omogeneità del mondo. Il modello occidentale ha avuto successo in casa, perciò si espande.

 

2.- LA POLARIZZAZIONE:

Tesi che si contrappone.

Lungi dall’andare verso un mondo omogeneo si va verso un mondo polarizzato.

 

a) Barber:

Tesi del McWorld: McDonald’s, McIntosh, MTV, MacAulay Caulkin e il suo amigo Jacko! (scherzo!).

Libro: “Jihad vs. McWorld”. Mondo contrapposto.

Si può andare verso una ritribalizzazione dell’umanità.

McWorld:

tecnologia, risorse economiche dell’Occidente.

Tutto questo può creare oppositori all’Occidente.

Definizione della Jihad data da Barber: vedi fotoc.

 

b) Castells:

Identità: cfr definizione.

Esempio: io sono italiano… identità.

Differenza tra ruolo ed identità.

Identità: ha a che fare con il “chi sono”. A che fare con attributi culturali che delineano il mio essere.

I meccanismi di costruzione dell’identità vengono sconvolti e si può dar luogo alla formazione di identità antagoniste.

Il mondo così come è organizzato produce delle resistenze. Esempio: fondamentalismo, nazionalismi, ecc., che nascono anche in contrapposizione all’occidentalizzazione.

Fondamentalismo: termine che nasce negli USA all’inizio del secolo scorso.

Titolo di un libro che raccoglieva le prediche di alcuni pastori protestanti radicali. Interpretazioni letterali della Bibbia.

Attualmente: diversi esempi di fondamentalismo nella società americana. Es. home schooling.

Importante: identità di opposizione.

 

c) Huntington:

“Clash of Civilization”:

Culture mondiali: considerate come delle placche mondiali separate le une dalle altre da delle faglie. Nelle aree di confine le culture si scontrano.

Timore che in futuro Asia e Islam si fondano contro l’Occidente.

Questa teoria, come le due precedenti, hanno il merito di fare capire che la Globalizzazione non genera solo convergenza. Esistono anche dei processi di allontanamento.

 

Critiche ad Hunty:

Considerano la cultura come dei monoliti. Una cultura non è una cosa compatta. Ha diverse sfaccettature.

Una cultura non è chiusa in sé.

 

Critiche a tali tesi:

Tali tesi talvolta vedono effetti esagerati provocati dai mass media.

 

3.- L’IBRIDITA’:

Nel pensiero post-moderno la mescolanza-ibridità della società è vista positivamente.

2 tipi di ibridità:

strutturale: ha a che fare con le istituzioni.

Culturale.

 

Mescolanze tra locale e globale:

“Tiempos Mixtos” (Calderon): in America Latina.

Coesistenza di modi di esistere pre-moderni, moderni e post-moderni per quanto riguarda il concepimento del tempo.

(remember link con “brave new world”?)

 

Sincretismo religioso:

Ibridità: due purezze che si mescolano.

Per altri autori invece non esistono più le tracce di forme pure. Una mescolanza di vari aspetti.

Cultura globale: intesa come universalizzazione delle particolarità.

 

 

 

ANALISI DEI 3 ARTICOLI:

 

Analisi dei 3 articoli proposti come lettura:

1.- Guillen.

2.- Articolo sulla disuguaglianza.

3.- Cobalti.

 

1.- GUILLEN:

Guillen dice che la globalizzazione non è divenuta più intensa. Semplicemente se ne parla molto di più.

Globalizzazione si chiede in primo luogo se la globalizzazione è una grande trasformazione oppure no.

Trasformazioni avvenute:

  • grandi trasformazioni nell’ambito culturale: esempio: movimenti di persone, mass media.
  • grandi trasformazioni politiche ed economiche: organizzazioni internazionali, ecc.
  • ambito scolastico: si pensi al 3+2, che è il frutto di un’esigenza di armonizzazione.
  • Ancora: le università fanno pubblicità.
  • Mobilità di studenti e docenti.

 

2° Problema individuato della globalizzazione: il ruolo dello Stato.

Giò negli anni ’60 si parlava che l’interdipendenza metteva dei limiti all’azione dello Stato.

Primi anni ’90: gli iper globalisti parlavano di morte dello Stato. Comunque erano affermazioni esagerate.

È comunque evidente che oggi il ruolo dello stato è limitato.

Nella globalizzazione culturale, internet e la TV satellitare limitano il ruolo dello Stato.

 

Organizzazioni Internazionali (WB, IMF, UE, WTO): vincolano lo stato.

Però c’è da dire che lo Stato ha un ruolo attivo nel promuovere la globalizzazione.

 

Le cause della globalizzazione:

Non esiste una causa unica, ma una molteplicità di cause.

Sholt identifica 4 fattori causali, che sono tra loro connessi:

  1. razionalismo,
  2. capitalismo,
  3. innovazione tecnologica,
  4. regolazione.

 

1.- Razionalismo: è una struttura di pensiero.

Il razionalismo come concausa della globalizzazione.

La scienza diviene una sorta di religione secolare.

Razionalismo: scienza, antropocentrismo.

Le idee razionali, per quanto fattore importante, non sono un’unica causa della globalizzazione. Il razionalismo è estremamente connesso con la questione delle innovazioni tecnologiche.

 

2.- Capitalismo:

Nella prospettiva marxista il capitalismo è il motore della storia. Ma il capitalismo è fondamentale anche nelle analisi non marxiste.

 

3.- Innovazione tecnologica.

booo

 

4.- Regolazione, intesa come varie azioni:

  • istituto delle Telecomunicazioni Universale: che si occupa delle standardizzazione nelle pratiche. Il fatto che la CNN si possa trasmettere in tutto il mondo è sia legata alla tecnologia, sia perché ci sono state regolazioni.
  • Le Poste Internazionali.

 

 

2.- ARTICOLO DI COBALTI:

De Regulation come concausa della Globalizzazione. Ci si sofferma soprattutto sulla deregulation nel settore scolastico.

 

3.- ARTICOLO SULLA DISUGUAGLIANZA:

Unità di analisi: Disuguaglianza tra chi?

  • Si guarda ad esempio a livello nazionale o mondiale chi è più ricco o più povero. Unità di analisi: individuo.
  • Unita di analisi: Stato.

 

Forme di disuguaglianza:

Disuguaglianza di genere: disuguaglianza nelle donne, che non è presente in tutte le società. Anche l’età può essere una forma di disuguaglianza: nelle società agricole l’anziano ha un ruolo più importante che nelle società industriali.

 

Rilevazione della Disuguaglianza:

Sample surveys: ricerche campione con questionari.

Misure di rilevazione:

  • Indice di Gini.
  • Divisione della popolazione in decili.
  • Curva di Lorenz.

 

Spiegazione funzionalista della Disuguaglianza:

Perché c’è disuguaglianza nella società? Tale teoria afferma che nella società ci sono delle funzioni più importanti delle altre, ricoperte solo da alcuni individui.

Queste funzioni vengono spesso retribuite di più.

 

Spiegazione conflittualista della Disuguaglianza:

L’assetto della disuguaglianza riflette i rapporti di forza tra i vari gruppi per la distribuzione delle risorse scarse.

Una situazione di disuguaglianza è spesso mantenuta costante. I gruppi forti cercano di rimanere tali.

La disuguaglianza, dal punto di vista dello svantaggio, può dar luogo a situazioni che si autoalimentano.

Chi è una persona discriminata si troverà di fronte a diverse situazioni di svantaggio.

 

Ciclo vizioso della povertà: altro esempio.

Tali idee sono state utilizzate da Myrdal per spiegare la disuguaglianza e il sottosviluppo tra nazioni.

 

Rapporto tra Globalizzazione e Disuguaglianza:

C’è una relazione tra le due cose? È positiva o negativa?

L’idea comune oggi è che la globalizzazione è causa di tutto.

Tuttavia la Globalizzazione è in realtà un fenomeno molto più complesso. Ci si perde nei messi causali. Bisogna separare i processi per poi analizzarli.

Disuguaglianza di reddito: si usa un’unica moneta misurata in PPP. È la più facile da misurare.

È cruciale, quando si studia la disuguaglianza, capire come misurarla.

 

ISU: nato una decina di anni fa (1990).

Si è andati a vedere come è evoluto l’ISU nel tempo per vedere se c’è una convergenza-divergenza dell’ISU. Convergenza nel tempo dell’ISU. Sempre che da questo punto di vista la disuguaglianza si sta riducendo.

 

Disuguaglianza: problema che riguarda anche i paesi sviluppati.

Sierra Leone e Guatemala: massima disuguaglianza.

Ma la disuguaglianza interna indiana è inferiore a quella USA  e GB.

 

Disuguaglianza di genere: come si misura?

Si guarda ad esempio le differenze tra maschi e femmine a livello di scuola primaria. IN certi paesi ci sono delle sproporzioni enormi.

Paesi Sviluppati: le laureate sono più dai laureati (perciò ci sono tantissime professoresse, tantissime accademiche, tantissime premi nobel…)

 

Weit: nell’articolo si occupa di disuguaglianza e povertà. Ora lo analizziamo.

È diminuita la percentuale di poveri (forse): in realtà dipende da come si misura il fenomeno.

World Bank: idea che la globalizzazione porti all’uguaglianza.

Liberalizzazione economica: porta ad un’allocazione più efficiente delle risorse.

Libro: “100 ways of seeing an unequal world”, Zed Books, 2001.

 

 

That’s all, folks!

 

Modulo B. con il Grandissimo Cobalti!!!!

 

Fonte: http://www.glocaltrento.com/int_affairs/ia_documents/02_SOCIOLOGIA_moduloB.doc

Sito web: http://www.glocaltrento.com/int_affairs/ia_sociology.html

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