Società morale

 

 

 

Società morale

 

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Società morale

 

La società morale

La società morale è un tassello della società astratta, Il sistema morale non può fare a meno di mettere tra parentesi le specificità individuali.

 

Introduzione: La morale nella teoria di Durkheim: da obbligazione individuale a dimensione sociale

La nozione di morale di Durkheim non può essere rinchiusa in un ambito settoriale, bisogna invece parlare di società morale. Egli è interessato allo studio scientifico della morale, così come essa si trova nella società.

Per Durkheim l’uomo è un essere morale solo quando vive in società poiché morale è essere integrati in un gruppo o in una collettività. Per Durkheim ogni società è una società morale.

Occorre distinguere la Regolazione dalla Regolamentazione:

Regolamentazione: sistema di regole la cui funzione è quella di regolare gli atteggiamenti e i comportamenti degli individui.

 

Parte prima

 

 

La Regolazione morale della vita sociale

 

Cap. 1 – La morale tra essere e dover essere sociale

1.1

la definizione del sociale

Per Durkheim il sociale è il presupposto della vita collettiva.  E’ il sociale che fa stare insieme gli  individui, la dimensione sociale preesiste alla dimensione individuale.

Il dover essere normativo sovradetermina l’essere sociale. I fatti sociali sono per D. esterni e coercitivi all’individuo.

D. coglie lo specifico del sociale in una sfera extraindividuale e normativa, in cui sedimentano le tre principali funzioni dell’individuo: il sentire, il pensare, l’agire.

1.2

Il sociale e l’individuale

D. non vuole definire il sociale come un’emanazione della sfera individuale. Egli vuole eslcudere dalla sfera sociale la soggettività. Egli definisce sociali:

  • I modi ricorrenti dell’agire
  • L’essere indipendenti dalle forme individuali. Bisogna considerare la genesi della società e D. critica gli utilitaristi i quali affermavano che all’origine vi erano individui isolati. Però questa affermazione fa derivare la società dall’individuo. A questo proposito D. parla invece di dualità della natura umana: da una parte l’individuo dall’altra, ciò che esprime altro da se stesso (che non è il sociale, ma la parte individuale rivolta verso il sociale). D vuole arrivare al massimo di distinzione tra individuale e sociale e dopo aver separato le due sfere, vuole metterle in rapporto e l’unico modo è la costrizione del fatto sociale.

Il tutto è QUALCOSA DI DIVERSO DALLA somma delle sue parti. D. difende la separatela tra esterno ed interno e intravede come unico modo di indagare il processo sociale il rapporto che va dall’esterno all’interno e mai viceversa.

1.3

Essere sociale e dover essere morale

D. assume come oggetto di studio i fatti morali. Egli tratta la morale come un dato oggettivo dell’essere sociale, e come un fatto sociale e quindi, come un aspetto dell’essere sociale.

D. considera alcune costanti  della realtà sociale come condizioni dell’essere sociale. Quindi l’essere sociale viene definito sulla base di condizioni esterne. Le condizioni dell’essere sociale si trasformano in prescrizioni del dover essere morale.

Oggetto dell’analisi di D. è il suo dover essere morale. D. vede il sistema di regole morali, non solo come oggetto di studio, ma anche come fine da raggiungere politicamente. Intreccia sociologia e pedagogia perché secondo lui hanno il medesimo compito educativo e politico di rigenerazione morale.

Per D la morale va cercata nel sociale. La connotazione morale della realtà sociale è nel suo imporsi agli individui in termini di dover essere. La società morale si definisce nei termini della società morale.

Per D. la società ideale si veste delle spoglie terrene della società reale. La regolazione morale della società è un’esigenza che nasce quando le attività economiche assumono carattere industriale. La società morale è la società della solidarietà organica.

1.4

I dati alternativi dell’essere sociale

La società morale è nel suo dover essere, un sistema perfettamente integrato e totalizzante. Tale integrazione è l’esito della differenziazione ed è per ciò che il dato fondante della società morale è la solidarietà organica. D. a questo punto ha tre alternative:

  1. Trasferire il dover essere nell’essere sociale
  2. Trasferire nel dover essere morale tutto l’essere reale della società industriale.
  3. Modello della coesione che non rinuncia a dare conto dei dati alternativi. Gli aspetti di non integrazione sono presi in considerazione come dati dell’essere sociale, ma vengono  esclusi dal dover essere morale della società.

1.5

Realtà e idealità della nozione di morale

D. si pone il problema di come liberare la nozione di morale da ogni connotazione di valore.  Per cominciare vuole sottrarre la morale ai moralisti e dà della morale una nuova definizione. D. oppone un rigido sistema morale che comprende tutte le regole d’azione che si impongono imperativamente alla condotta e alle quali è collegata una sanzione.

Il modello da seguir è la società esistente, perpetuata dal sistema di regolazione della vita sociale.

D. ha presente l’ambivalenza della morale nell’ambito della sua definizione:

  • Sistema oggettivo: da osservare con gli strumenti della scienza
  • Modello sociale: da realizzare con gli strumenti della politica.

1.6

La morale come fatto sociale e come modello esplicativo

La morale è per un verso sistema di regolazione dell’agire sociale e dall’altro modello di spiegazione del fatto sociale. Nella regola morale individua il fatto sociale per eccellenza!

D afferma che I fatti morali consistono in regole di condotta sanzionate.  La sanzione è quindi il suo carattere distintivo e il suo indicatore.

Marx spiega il sociale riferendolo alla struttura economica, Weber spiega il capitalismo con l’etica protestante. D. parte dalla sanzione che per lui è: la conseguenza che deriva dalla sua conformità o meno ad una regola di condotta prestabilita.   

 

 

Cap. 2 – La dinamica sociale come processo di integrazione morale

2.1

L’individualità nel processo di differenziazione sociale

In D. il processo sociale è definito come processo di differenziazione e ha un andamento evoluzionistico: dalla massa indistinta alla struttura articolata. Dalla società segmentarla alla società allargata e dalla solidarietà meccanica alla solidarietà organica. L’individuo non è nel processo ma è l’esito del processo.

La divisione del lavoro per D. produce differenziazione e solidarietà.

Per D. vi sono due forze:

Omogeneizzazione                     e                        differenziazione

La differenziazione fa emergere le individualità, ogni unità è qualcosa di più della semplice scomposizione dell’universo sociale e questo di più conquiStato con l’individualizzazione non alimenta la dimensione individuale, ma quella sociale.

Nel modello liberista la differenziazione produce individualismo, D. non rinuncia, invece, alla solidarietà all’interno di un processo di differenziazione.  La divisione del lavoro anziché produrre individualismo, segna il passaggio dalla solidarietà meccanica a quella organica. D. fa derivare l’individuo dalla società e on viceversa.

2.2

Il processo di integrazione morale

L’unica direzione accettata da D. è dalla società all’individuo e mai viceversa. Per D. non c’è processo di costruzione della società, ma la società è data. La dinamica sociale si definisce come subordinazione degli individui all’esistente, come processo di integrazione morale. Di qui la necessità di un sistema morale, ossia un sistema di vincoli che leghi il passato degli individui al futuro della società. D. individua due livelli di esistenza degli individui:

- individui singoli: coscienza individuale

- Individui in quanto collettività: coscienza collettiva

La dinamica sociale consiste nel processo attraverso il quale gli individui singoli si uniformano agli individui come collettività.

Da una parte D. afferma che la società è fatta di individui e dall’altra definisce la società come realtà sui generis. Egli crede di poter conciliare queste 2 affermazioni affermando che l’insieme è sempre qualcosa di + della somma delle parti.  Ci sono per D. aspetti della realtà sociale che non possono essere fatti risalire a questo o a quell’individuo, ma alla società nel suo insieme (ossia, il di + rispetto alla somma delle parti). D. parla ancora di homo duplex: da una parte l’individualità dall’altra,ciò che è altro da noi stessi. Trattasi, però di una dualità verticale: una parte sopra all’altra e, la parte individuale ovviamente sta sotto.

2.3

L’elisione del polo indiviudale della morale

D. criticò il concetto dei moralisti nel 1890, poiché essi si riferivano ad un individuo astratto. A questo concetto d. oppone una nozione di individuo tutta incentrata sulla determinazione sociale: l’uomo reale appartiene ad un tempo storico, non è astratto e ha delle idee che non nascono da lui, ma da ciò che lo circonda. Però,l’individuo non ha solo una specificità sociale ma anche una individuale. D. non accetta questa bipolarità (specificità individuale e sociale) e schiaccia l’individuo sulla società. D. contrappone all’individuo egoista, l’individuo solidale (concetto altrettanto astratto).

D. distingue:

- L’individualismo egoistico

- L’individualismo di Kant: basato su ciò che di impersonale c’è nell’individuo.

La specificicità individuale viene vista come chiusura egoistica da D. quindi il polo individuale della morale viene eliso.

2.4

La coscienza individuale come substrato della vita sociale

La coscienza individuale ha dunque, per D., un ruolo passivo nei confronti della coscienza collettiva. Per D. la coscienza individuale è una coscienza inferiore ed è posta al di sotto della coscienza collettiva. La coesione della società aumenta in misura in cui diminuisce negli individui la coscienza individuale. Però anche D. ha difficoltà a definire la coscienza individuale come passiva rispetto alla coscienza sociale ed arriva a definire, in altre circostanze, la coscienza individuale come: fonte di attività spirituale…..

Resta la contraddizione che da una parte fa affermare D. che la coscienza individuale è sottomessa a quella sociale e dall’altra vede la stessa coscienza individuale come fonte di attività psichica.

2.5

La coscienza collettiva come sede del codice morale

C’è per D. uno stadio intermedio, in cui i sentimenti diffusi nella società non sono ancora incorporati in strutture sociali organizzate, ma non sono più espressioni dei singoli individui. Questa ambivalenza è il carattere distintivo della nozione di coscienza collettiva. Questa, per quanto non si realizzi che negli individui, è qualcosa di diverso dalle coscienze particolari.

E’ la fissazione dei sentimenti in un sistema morale, che si rende indipendente rispetto agli individui. E’ il tipo psichico della società dotato di proprietà che gli sono propri.

La coscienza collettiva agisce su due fronti:

  1. Indistinto Stato d’animo in cui confluiscono gli Istinti individuali
  2. codice morale: che reagisce nei confronti dei singoli atteggiamenti e comportamenti. Ha carattere attivo, anzi… reattivo.

La coscienza collettiva viene assunta come quadro di riferimento per la definizione della devianza, è il quadro di riferimento di tutte le istituzioni sociali e del codice morale. La società si evolve in corrispondenza dell’evolversi della coscienza collettiva.

Via via che la società si differenzia, sorge la necessità di regolamentazione per evitare che la società si disgreghi. La specificazione sociale è, in tal senso, un presupposto della società morale.

 

 

Cap. 3 – La regolazione morale della condotta sociale

3.1

La regolazione morale dei bisogni individuali

Per D. la vita sociale è indipendente dalla vita individuale, ma quella individuale non è indipendente dalla vita sociale.

Attraverso la regolazione morale della vita sociale è dunque possibile il controllo sociale della vita individuale.

Durkheim fonda la desiderabilità della regola morale in rapporto all’infinitezza dei bisogni che necessitano una regolamentazione. La motivazione a tale regolazione deve però essere individuale e Durkheim la trova nella sofferenza che procura la sfrenatezza. La società morale come porto di felicità.

3.2

L’appetito dell’infinito come fattore di disgregazione sociale

L’obbedienza alla norma è alla base della disciplina morale essa, salva l’individuo dalla sete di infinito. Per D., l’individuo, trovando fuori di sé un limite al suo appetito di infinito, si realizza.

3.3

Gli istituti di regolazione della condotta sociale

La funzione della morale è per D. quella di determinare la condotta, fissarla e sottrarla all’arbitrio individuale. E’ così che la condotta dell’individuo viene fissata entro certe regole. Chi non si sottomette alle regole della condotta, viene definito un irregolare. Chi non accetta di sottostare a tali regole viene definito indeterminato.

Il sistema di regolazione, per poter funzionare ha bisogno di meccanismi di reiterazione, in grado di poter diffondere modelli di comportamento nella società. D. dedica particolare attenzione agli istituti di regolazione della condotta sociale  diritto, la morale, la religione che hanno il compito di assicurare l’equilibrio nella società.

C’è inoltre un meccanismo di regolazione: l’abitudine. L’agire sociale, infatti, è anche abitudinario: un insieme di modi di agire fissati dall’uso.

L’abitudine rende possibile la trasmissione dei pregiudizi che, per D., sono convincimenti acquisiti come reali da altre persone che hanno già fatto determinate esperienze e le trasmettono ad altri individui. Più si espande la società e più aumentano le conoscenze da “credere d’autorità”.

La Religione è per D. una forma del costume, come il diritto e le usanze però essa domina sia sulla condotta che sulla coscienza, di conseguenza regola sia l’agire che il sentire.

Per D. la morale regola anche la sfera economica tramite la solidarietà e la simpatia (attrazione naturale tra individui).

3.4

Il rapporto fra indivuo e norma

Una norma è per D.  qualcosa di più di un semplice agire abituale, è anche qualcosa che non possiamo modificare poiché è sottratta alla nostra volontà.  Distingue ra:

  • Norma: che non segue le nostre abitudini né i nostri stati interiori.
  • Progetto: è una programmazione dell’azione

Il rapporto tra Norma e Progetto non è preso in considerazione da D., poiché, altrimenti dovrebbe ammettere il carattere non unilaterale di tale rapporto. D. chiude il versante della soggettività facendo ricorso alla nozione di autorità: l’ascendente esercitato su di noi da ogni potere morale che riconosciamo come superiore. L’ autorità è funzionale alla coercizione poiché l’individuo non deve ribellarsi alla norma e obbedire alla sua superiorità essendo passivo.

Il modello di D. mantiene la sua linea aconflittuale tra norma e individuo.

Dove l’individuo intravede la sua realizzazione D. vede  sempre un pericolo e dove il soggetto si nega vede la realizzazione della società morale.

D. cerca di tirare fuori l’individuo da questa passività affermando che l’individuo può cercare la spiegazione nella scienza.

L’unica attività, che D. riconosce al soggetto è quella di volere deliberatamente ciò che gli è imposto dalle norme. Di qui l’esigenza teorica della desiderabilità.

Come la nozione di obbligazione (derivata da Kant) serve a D. per confutare le tesi utilitaristiche, così la desiderabilità serve per fronteggiare l’insufficienza della interpretazione kantiana di obbligazione.

L’individuo con l’interiorizzazione, si identifica nella norma, quindi l’inosservanza della norma porterebbe ad una perdita di identità (l’individuo è sempre passivo).

La regolamentazione morale viene a configurarsi come un sistema imperativo di regolazione della condotta individuale e della vita sociale.

 

Parte seconda

 

La società morale come società politica

 

Cap. 4 – La definizione politica della società morale

4.1

Società politica e società morale

Il carattere in base al quale una collettività si definisce società politica è la presenza di un’autorità sovrana. Non è sufficiente lo stare insieme tra individui, ma è indispensabile il sottostare ad un potere sovrano. La società morale è una società politica, poiché ha al suo vertice lo Stato. Per D. la  democrazia è intesa come forma di comunicazione e non come forma di partecipazione al potere politico da parte degli individui. Il potere deve venire dall’alto, altre forme associative sono viste da D. come arcaiche e tribali.

L’incongruenzxa di tale modello risiede nel far discendere la natura politica dalla sua natura morale, la società per D. è prima morale,  poi politica, e poi democratica.

La morale civica, che è la morale della società politica, si definisce come l’insieme di regole che determinano i rapporti degli individui con questa autorità sovrana, ai quali sono sottomessi. La politicità della società civile è passiva. L’attività attiene solo alle sfere alte.

Per D. la società politica è qualcosa di diverso (come il tutto è diverso dalla somma delle sue parti) dalle altre associazioni. Le società politiche sono polisegmentarie e hanno bisogno di altre organizzazioni sulle quali ergersi.

4.2

La forma poòolitica della società morale: la democrazia

La forma politica propria della società morale è la democrazia. La  democrazia è intesa come forma di comunicazione e non come forma di partecipazione al potere politico da parte degli individui. Per D. se tutti partecipassero alla vita politica si tratterebbe di società tribali, invece, la società morale vuole rappresentare la società moderna. Per D. la concentrazione del potere nella mani di pochi porta chiarezza nel pensiero sociale.

La coscienza governativa, è a sede dell’elaborazione chiara e razionale del pensiero sociale. Per D. due sono le caratteristiche della società democratica:

  1. Maggior estensione possibile della coscienza governativa
  2. La costante e intensa comunicazione tra la coscienza governativa e la massa delle coscienze individuali.

Per D. la democrazia è un regime basato sulla riflessione, è la forma politica che  meglio salvaguarda l’individuo perché l’autonomia dell’individuo non si definisce in termini di indipendenza, ma in termini di consapevolezza della propria condizione di subordinazione alle leggi che regolano la società.

4.3

I fondamenti della società morale: proprietà e contratto

La società morale è una società moderna e viene identificata con la società capitalistica industriale. Il sistema morale ha la funzione di evitare che la differenziazione sociale si traduca in disgregazione.

Il diritto di proprietà è il punto di partenza e di arrivo della società capitalistica, senza di esso non può esserci società capitalistica. D. tende ad individuare i rischi di disgregazione non nel diritto di proprietà, ma nella sua violazione. Il criminale è visto come colui che attenta all’altrui proprietà.

La proprietà è caratterizzata dal godimento esclusivo. La car5atteristica del bene posseduto di essere sottratto all’uso comune è anche delle cose sacre e religiose.  Il rispetto dovuto all’individuo è dovuto anche alla proprietà e quest’ultima è tratto caratterizzante della società morale. Nella libera concorrenza economica D. vede una potenziale fonte di disgregazione, tale da richiedere una regolamentazione che trova nel diritto di proprietà.

Ci sono due modi per acquisire la proprietà:

  • L’eredità: un istituto arcaico che non tiene conto dell’individuo-
  • Il contratto: è il tramite con il quale la società acquisisce la proprietà privata.

D. considera solo la proprietà acquisita dall’individuo con le sue capacità anche se critica la connessione tra lavoro  e proprietà. La contraddizione sta nel fatto che, la società è morale quando afferma il diritto di proprietà e lo è anche quando nega il diritto di disporre di ciò che si è prodotto. L’unico modo per acquisire la proprietà è tramite il contratto. La società morale è basata sulla proprietà acquisita tramite contratto consensuale ed equo.

D. ignora la nozione di proprietà dei mezzi di produzione.

Cap. 5 – La struttura politica della società morale

5.1

La base della società morale: gli individui

La morale è sempre opera degli individui riuniti in gruppi, che quindi sono qualcosa di diverso dal singolo individuo. L’associazionismo è però fuori dalla dimensione teorica di D. L’individuo che costituisce la base della società morale non si associa sulla base di idee comuni, ma si limita ad aderire fedelmente al sistema morale….

Per sostenere la sua idea di individuo passivo, D. ricorre a ridurre la personalità individuale ad un coaugulo di istinti incontrollati che necessitano di essere regolati dalla morale. Gli obiettivi di d. sono da un lato giustificare la sottomissione passiva dell’individuo e dall’altro superare all’interno della moderna società industriale il liberalismo economico per puntare all’associazionismo corporativo.

Fa quindi riferimento alla corporazione, in quanto centro morale della vita sociale, dotata di

  • autorità per sottomettere gli individui e
  • con il potere politico per comporre gli interessi sociali contrapposti. Un terzo obiettivo è anche quello di
  • superare l’antagonismo tra Stato e individuo. In questo senso D. afferma che lo Stato afferma l’individuo.

D. critica Spencer e  Kant i quali avevano dello Stato una concezione negativa.  D. cade in contraddizione affermando da un lato l’estendersi delle funzioni dello Stato e dall’altro l’allargarsi della sfera d’azione dell’individuo. Ed esce da questa impasse affermando che i diritti dell’individuo sono opera dello Stato.

E’ la società morale,  stabile ordinata e non l’individuo, a garantire l’autonomia all’individuo. L’essere individuale viene identificato nell’essere sociale e l’essere sociale viene fatto coincidere con il dover essere morale. Tutto ciò taglia fuori dall’orizzonte la raltà degli uomini e donne in carne ed ossa.

5.2

il vertice della società morale: lo Stato

Lo Stato organizzato fa di una convivenza sociale una Società politica. Per D. lo Stato è l’espressione della coscienza collettiva ed ha i caratteri della chiarezza e razionalità che mancano alla collettività pura e semplice.

Si può parlare di società politica, quando ponendosi al di sopra della coscienza irrazionale, ha il carattere della razionalità e chiarezza che incarna in un organo speciale che è lo Stato.

La coscienza che si incarna nello Stato non proviene dalla società, ma da un’elaborazione autonoma delle idee razionali sulle quali si basa la società e che si chiama coscienza governativa.

Lo Stato è composto di dirigenti di alto livello addetti all’elaborazione di un pensiero sociale razionale che costituisce il contenuto della coscienza governativa che hanno la funzione di diradare sempre più i sentimenti irrazionali. D. aggiunge inoltre, che accanto ai funzionari c’è una struttura amministrativa che è diretta emanazione dello Stato e che rende esecutive le elaborazioni del governo e le trasmette agli organismi intermedi.

Per quel che attiene al rapporto tra Stato e Società politica, D. afferma che lo Stato è l’agente dell’autorità sovrana e la società politica un’appendice. Lo Stato non incarnala coscienza collettiva,ma solo la sua parte razionale. Lo Stato si incarna in un gruppo di funzionari che hanno il compito di agire e pensare al posto della società. Per far sì che lo Stato e la massa non entrino a contatto direttamente fa ricorso alle corporazioni.

5.3

l’area intermedia della società morale: il sistema delle corporazioni professionali

L’organizzazione dell’area sociale intermedia, ossia le corporazioni risponde a due necessità:

  • dare regolamentazione morale alla vita economica
  • creare, nel corpo centrale della società morale, una struttura associativa che dia una dimensione comunitaria alla vita sociale.

D. rievoca le corporazioni dell’antica Roma per sottolineare l’origine del carattere comunitario delle corporazioni. Il sistema di corporazioni è un sistema non solo economico e professionale ma anche comunitario. E il rievocare l’antica Roma non deve essere inteso come nostalgia di forme di associazione arcaica, poiché D. afferma che la corporazione professionale ha tutti i requisiti per funzionare come centro morale della società industriale. Il gruppo professionale ha, nel suo funzionamento, l’amalgama di cui necessita la società industriale.

Le corporazioni devono essere adeguate ai tempi ed essere organizzate a livello regionale, facente capo ad un’organizzazione nazionale. D., preferisce l’articolazione professionale piuttosto che quella territoriale, poiché chi è in azienda, conosce bene le problematiche interne.

D. sente molto l’esigenza di assicurare stabilità e continuità al corpo della società morale. In questo senso, l’insieme delle corporazioni si presenta come un vero e proprio sistema sociale che si regge sulla morale professionale.

conclusione

La società morale come sistema di regolazione della vita sociale

La società morale vuole essere la soluzione del problema di come evitare la disgregazione in una società moderna dove prevale la differenziazione. Il tentativo è di piegare la società capitalistica al modello solidaristico. Da una parte vi è la solidarietà organica e dall’altro il sistema delle corporazioni professionali. La dimensione morale è per D. la dimensione per eccellenza.

La regolamentazione morale si definisce in termini di regolazione della vita sociale. La regola morale, predetermina l’agire sociale. Associarsi non è solo lo stare insieme, ma il sottostare insieme, ad un sistema di regole morali.

  • Rapporto tra individuo e norma: la sostanza risiede nel carattere vincolante della norma.
  • Divisione del lavoro: è in questa sede che si creano i presupposti della società morale poiché la divisione del lavoro da una parte produce divisione di compiti, dall’altra crea complementarietà di funzioni dando vita alla solidarietà organica.
  • Con il Contratto D. trova la giustificazione4 all’acquisizione in forma stabile senza cadere nell’utilitarismo. Il contratto e, assunto a regolamentazione morale della sfera economica.
  • La società morale è per D. una dimensione generale e comprensiva di tutte le forme di regolamentazione.  Ogni società è una società morale poiché in ogni società c’è qualcosa che non è riconducibile all’interesse individuale. La società moderna si basa sulla divisione del lavoro. La società moderna può essere interpretata solo se viene definita come sistema di vincoli morali. Ossia, quei modi di agire e di pensare che si traducono in modelli di riferimento per gli individui e diventano patrimonio della coscienza collettiva. La standardizzazione non è però sufficiente a spiegare la socialità, fondamentale è il vincolo. Un modo di agire vincolante è un imperativo morale.
  • Coscienza individuale e Coscienza collettiva, quest’ultima può essere definita come sede di elaborazione dei modi ricorrenti del vivere sociale,modi che divengono vincolanti, dando vita ad un sistema normativo.
  • La società morale è la società moderna articolata e differenziata, definita come sistema di regole morali, non ò darsi società moderna se non come società morale. L’essere morale è il modo di essere della società moderna. La società morale è la società in quanto sistema di integrazione,che funziona sulla base di una regolamentazione e che ha la funzione di regolare la vita sociale, per conservare l’ordine esistente. Ad ogni sfera sociale la sua morale: professionale, civica etc. L’agire è morale se è un agire secondo regole.
  • La società politica deve avere per D. la presenza di un’autorità sovrana che è incarnata nello Stato. La democrazia non può essere concepita come partecipazione di tutti al potere politico, ma solo come trasmissione delle decisioni prese da parte dello Stato agli individui. In quanto società democratica la società morale è una società verticale. Al vertice c’è lo Stato che secondo D. invece di negare l’individuo gli garantisce l’autonomia, e nella fascia intermedia vi sono le corporazioni professionali le quali, hanno la funzione di regolare i rapporti fra detentori dei mezzi di produzione e lavoratori salariati, in modo che non venga messo in discussione l’assetto sociale dato. Il capitalismo è il dato fondante della società morale.

 

Fonte: http://www.sociologia.uniroma1.it/users/studenti/Riassunti/Sociologia%20corso%20avanzato/La_societ%C3%A0_morale.doc

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