Guerre persiane

 


 

Guerre persiane

 

La rivolta ionica  e le Guerre Persiane

L’ascesa dei Persiani
609 a.C.: Babilonesi e Medi si spartirono l’impero assiro; della Media faceva parte la Persia, che ne era un regno vassallo, situato nella regione dell’Anshan (odierno Fars, in Iran).

  • Ciro il Vecchio (559-530 a.C.): liberò la Persia dal dominio della Media e giunse fino all’Egeo, dove conquistò le città greche della costa. Nel 547 a.C. si scontrò con Creso di Lidia, che aveva tentato di espandere il proprio dominio oltre il fiume Halys. Creso aveva sviluppato una buona convivenza con le città greche e in particolare con Mileto. Il controllo persiano era invece assai più opprimente: i Greci della Ionia dovevano tributi al Gran Re, che le controllava anche attraverso l’imposizione di tiranni a lui devoti. Fu in occasione dell’occupazione persiana della Ionia che i Focei fuggirono in Occidente, fondando Alalia e quindi Velia.
  • Cambise (530-522 a.C.): nel 525 a.C. conquistò l’Egitto (anche con l’aiuto dell’alleato Policrate, tiranno di Samo); dovette fronteggiare la rivolta dei Medi, capeggiati dall’usurpatore Smerdi, sedicente figlio di Ciro.
  • Dario I (522-486 a.C.): ufficiale dell’esercito, appartenente al ramo degli Achemenidi, salì al potere grazie ai nobili persiani e all’esercito, vincendo l’usurpatore Smerdi. Dario I riorganizzò l’impero, dotandolo di un’avanzata rete stradale, spostando la capitale a Susa e dividendo l’impero in 20 satrapie che fungevano da distretti fiscali ed erano governate da ‘vassalli’ del Gran Re, i satrapi. Nel 513 a.C.: compì una spedizione contro gli Sciti e assoggettò la costa della Tracia.

La rivolta ionica
I Greci d’Asia non erano insofferenti solo per i tributi o la presenza di tiranni filopersiani; con la conquista dell’Egitto da una parte e della Tracia dall’altra essi erano infatti stati tagliati fuori da ogni rotta commerciale (Mileto non poteva più trafficare con il Mar Nero, l’emporio di Naucrati aveva perso la sua autonomia).

500 a.C.: Aristagora tiranno di Mileto propone al satrapo di Sardi Artaferne una spedizione contro Nasso: qui erano in corso lotte civili e Aristagora sperava di reintegrarvi gli aristocratici esiliati, creandosi una base commerciale nell’Egeo (il suo centro di appoggio in Occidente, Sibari, era infatti venuto a mancare, essendo stato distrutto da Crotone nel 511 a.C.).
Artaferne fallì nell’impresa e Aristagora, temendo la vendetta del Gran Re, depose la propria tirannide e diede vita a un movimento di rivolta.
498 a.C.: Si cercano aiuti in Grecia. Sparta, impegnata nella guerra contro gli Argivi (vd. supra) rifiuta. Rispondono all’appello Atene, che invia 20 navi, ed Eretria, che ne invia 5. Vengono rovesciate tutte le tirannidi. Gli alleati arrivano a Sardi e danno fuoco ad alcuni quartieri. Secondo Erodoto l’invio delle 20 navi fu per Atene «l’inizio di tutti i mali».
494 a.C., Battaglia di Lade: i Persiani, con una flotta di Fenici e Ciprioti, attaccano Mileto. Alcuni Ioni ritornano sotto il Gran Re. Altri, nell’estate del 494 a.C., si scontrano presso Lade. Mileto viene conquistata, il tempio di Apollo a Didima dato alle fiamme, parte degli abitanti viene deportata a Babilonia.

 

Le guerre persiane
Si tratta di un’esperienza fondante per la coscienza greca (tò hellenikòn).
492 a.C.: il Gran Re invia in Tracia  e Macedonia una spedizione capeggiata da Mardonio.
491 a.C.: gli ambasciatori di Mardonio chiedono alle città greche consegna di terra e acqua. Mentre le isole (e, tra quetse, Egina) accettano, Sparta e Atene rifiutano, uccidendo gli stessi ambasciatori.

Prima guerra persiana (490 a.C.)
Secondo Erodoto la causa della spedizione fu la vendetta di Dario contro Eretria e Atene per l’incendio di Sardi.
490 a.C.: spedizione persiana capeggiata da Dati e Artaferne; si dirigono anzitutto contro Eretria, dove fanno molti ostaggi.
Atene è in una posizione difficile, per difficoltà interne: la vicina Egina aveva consegnato terra e acqua al re; con i Persiani c’era anche Ippia e in città vi erano ancora molti philotyrannoi (filo-tiranni); inoltre, gli Alcmenonidi, così come molti altri cittadini, erano tendenzialmente medizzanti.
I Persiani sbarcano a Maratona (territorio fedele ai Pisistratidi: consigliati da Ippia). Gli Ateniesi mandano a chiedere aiuto a Sparta tramite l’emerodromo Filippide, ma gli Spartani rifiutano accampando motivazioni di ordine religioso. I Plateesi inviano aiuti.
Miliziade (filaide), fuggito dai suoi possedimenti nel Chesoneso Tracico nel 493 a.C., al suo rientro in città era stato processato con l’accusa di aspirare alla tirannide. In questo scontro era sottesa una più ampia questione politica, ossia se combattere o meno contro il persiano. Nel 490 Milziade fu eletto tra i dieci strateghi: si era deciso per la guerra.
Nella Battaglia di Maratona ebbero la meglio gli Ateniesi e i loro alleati Plateesi. Gli Ateniesi ebbero pochissime perdite, come dimostra anche il tumulo dei caduti di Maratona (località Soros). I Persiani cercarono di prendere Atene passando da Capo Sunio; Erodoto racconta che qualcuno fece un segnale con uno scudo dall’interno della città, ma nega che possano esser stati gli Alcmeonidi, come la voce popolare suggeriva. La notizia tuttavia conferma l’esistenza ad Atene di una parte politica pronta all’accordo con il Persiano.

Tra le due guerre (490-480 a.C.)
489 a.C.: Milziade parte per liberare le Cicladi; assedia Paro, ma non riesce a prenderla. In patria, fu accusato di aver ingannato il popolo da parte di Santippo; morì durante il processo, a causa delle ferite riportate, lasciando al figlio Cimone il pagamento dell’ingente multa comminatagli. La vera causa del processo deve essere riconosciuta nella lotta tra il partito della guerra ai Persiani e quello dell’intesa.
In seguito, grazie anche alla fiducia infusa dalla vittoria di Maratona, Atene fece chiarezza nelle sue scelte politiche, eliminando, tramite una serie di ostracismi, tutti coloro che erano favorevoli alla tirannide e a un accordo con la Persia:

  • 487 a.C.: Ipparco (appartenente ai Pisistratidi);
  • 486 a.C.: Megacle (nipote di Clistene e maggiore esponente degli Alcmeonidi);
  • 485 a.C.: un terzo “amico dei tiranni”;
  • 484 a.C.: Santippo (aveva sposato Agariste, sorella di Megacle, imparentandosi con gli Alcmeonidi).

487 a.C.: è attuata una riforma costituzionale secondo cui gli arconti venivano designati per sorteggio e detenevano solo funzioni giudiziarie e religiose. La maggiore carica dello stato era ora quella di stratega, che continuava a essere elettiva.

Dario I muore nel 486 a.C. Gli succede Serse, che inizia i preparativi per una nuova spedizione (dal 486 sino al 480 a.C.: armata di terra e di mare di 1˙700˙000 uomini; taglio dell’Athos, dove era naufragato Mardonio; costruzione di un ponte di barche sull’Ellesponto).
Emerge la figura dell’«uomo nuovo» Temistocle. Atene ha deciso di combattere: il nuovo scontro ideologico è ora su come combattere (esercito oplitico oppure flotta). Viene scoperto un nuovo filone argentifero al Laurio. Aristide, nobile vicino alla famiglia filaide, appartenente all’aristocrazia oplitica, propone elargizioni pubbliche; Temistocle, emergente figura di «uomo nuovo», ritiene invece che si debba impiegare il denaro per costruire una flotta. Nel 482 a.C. Aristide viene ostracizzato e Temistocle procede alla realizzazione di una flotta di 200 triremi. Si tratta di una svolta epocale per Atene: si dava in mano ai teti, che conducevano le navi, la difesa della città. Ufficialmente la flotta era stata costruita contro Egina, ma in realtà ci si preparava allo scontro con i Persiani; se le cose fossero andate male, gli Ateniesi avrebbero avuto la possibilità di emigrare in Occidente.
481 a.C.: Congresso panellenico sull’Istmo di Corinto; i Greci si riunirono, per organizzare una strategia comune e venne formata una symmachìa (alleanza militare) tra Ateniesi, Spartani (e Lega del Peloponneso), oltre ad Euboici, Beoti e Tessali. Il comando supremo fu affidato agli Spartani e perfino gli ostracizzati ateniesi (Santippo, Aristide) vennero richiamati in patria. Vennero mandate staffette anche in Occidente, presso il tiranno Gelone di Siracusa, il quale all’epoca era in conflitto con i Cartaginesi; per non opporre un dichiarato rifiuto, Gelone chiese il comando supremo dell’alleanza, che gli fu ovviamente negato.

La seconda guerra persiana (480-478 a.C.)
480 a.C.: la resistenza all’esercito persiano fu organizzata in due punti: per terra, presso il passo delle Termopili, uno stretto passaggio tra il mare e le pendici dell’Eta (ci si sarebbe potuti attestare anche più a nord, presso il passo di Tempe, ma la Tessaglia aveva dato segnali di medismo); per mare, nel Canale di Orieo, vicino a Capo Artemisio, sulla costa nord dell’Eubea.
I Persiani, condotti da una guida per sentieri impervi, aggirano l’esercito stanziato alle Termopili; la maggior parte dei Greci e degli alleati peloponesiaci intendono abbandonare il passo; il comandante spartano Leonida congeda allora tutti, tranne Spartani e Tespiesi: trecento uomini che resistettero strenuamente, fino alla morte, “per obbedire alle leggi di Sparta” (iscrizione).
Ad Atene viene promulgato il decreto di Temistocle: donne e bambini vengono messi in salvo a Trezene; vecchi e beni mobili vengono mandati a Salamina; tesorieri e sacerdotesse rimangono sull’Acropoli. I restanti uomini, ateniesi e stranieri, vengono tutti imbarcati sulle triremi: Atene, completamente evacuata, viene messa a ferro e fuoco dai Persiani.
La flotta, comandata dal navarca spartano Euribiade, ma costituita in gran parte da navi ateniesi, si raduna nella Baia di Salamina. Spartani e Corinzi vogliono arretrare la linea di difesa sull’istmo per tutelare il Peloponneso; Temistocle ottiene di combattere davanti alla terra occupata dell’Attica, minacciando di prendere tutta la popolazione e di andare a fondare una colonia in Occidente.
Con uno stratagemma, Temistocle riuscì a fare sì che i Persiani attaccassero battaglia nell’angusto braccio di mare di Salamina prima che i Greci ripiegassero a difesa dell’istmo. Sotto lo sguardo del Gran Re, che assisteva alla battaglia da un trono fatto montare sulla costa, si consumò la disfatta della flotta persiana. Serse torna in Asia e lascia Mardonio, suo plenipotenziario, a svernare in Tessaglia.

Ideologicamente, Maratona era stata la vittoria di Atene e dei Filaidi (all’indomani delle guerre, Cimone aveva iniziato l’esaltazione dell’opera paterna: vd. i cicli di affreschi nella stoà poikile, il «portico dipinto»), mentre Salamina era stata, da una parte, una vittoria panellenica, che aveva rinsaldato la coscienza unitaria del popolo greco, dall’altra, una vittoria di Temistocle e di tutta la popolazione di Atene, che combatteva sulla flotta.

479 a.C.: nella primavera Alessandro I di Macedonia, inviato da Mardonio, invita gli Ateniesi a medizzare (risposta degli Ateniesi: sostanza dello hellenikon, cioè della grecità). Mardonio devastò Atene, di nuovo evacuata. Atene pretese l’aiuto degli Spartani, che, al comando di Pausania, si opposero vittoriosamente ai Persiani riportando la vittoria di Platea. Offerta votiva di Pausania e reazione spartana.
Successivamente (la tradizione afferma, con forzato sincronismo, lo stesso giorno), la flotta greca, sotto il re spartano Leotichida, raggiunse Chio e Samo, chiamata dagli Ioni, e battè l’esercito persiano in un combattimento di terra presso il promomtorio Micale, alla foce del Meandro, decretando definitivamente il controllo greco dell’Egeo e la liberazione della Ionia. In successione, gli Ateniesi riconquistarono Abido e Sesto (forse primavera 478), da cui partiva il ponte di barche persiano verso la costa asiatica. Le gomene dei ponti furono portate in Grecia e consacrate nei santuari. Con questi avvenimenti si concludono le Storie di Erodoto.

Fonte: http://www.lettere.unito.it/didattica/att/bf05.2191.file.doc

 

Guerre persiane

La guerra del Peloponneso (431-404 a.C.)

Cause della Guerra del Peloponneso
Tucidide distingue due ordini di cause:

  • la causa più vera (alethestate prophasis), di natura, per così dire, organica: l’enorme espansione (auxesis) di Atene rese inevitabile lo scontro con la potenza spartana;
  • le cause contingenti (aitiai): le questioni di Corcira, di Potidea e del decreto megarese.

Sparta, chiaramente contraria all’apertura del conflitto, fu la responsabile immediata della decisione di guerra, costretta dalle insistenze di Corinto; Atene tuttavia, con la sua inarrestabile espansione imperialistica, ne fu la vera e consapevole causa. I motivi di contrasto riguardarono originariamente solo Atene e Corinto.
1. La questione di Corcira (435-3 a.C.), colonia di Corinto, importante base per il commercio corinzio-corcirese verso l’Occidente. Atene intervenne nel conflitto scoppiato tra Corcira e Corinto, in seguito ai rivolgimenti democratici della colonia corcirese di Epidamno. Atene, cercando di aggirare le clausole della Pace dei Trent’anni, propose un’allenza con funzione difensiva (epimachia). Atene prese tale decisione, attratta dalla potente flotta di Corcira e dalla sua posizione strategica sulla via dell’occidente. L’episodio si concluse con la disfatta dei Corciresi e il risentimento di Corinto nei confronti degli Atene, considerati violatori della pace.
2. La questione di Potidea (433-429 a.C.): nel 433 a.C., Potidea, colonia corinzia e alleata di Atene, si ribellò a causa del tributo; Atene impose all’alleata insorta varie restrizioni, tra cui il congedo dell’epidemiurgo, il magistrato inviato da Corinto ogni anno, e l’abbattimento delle mura. Potidea rifiutò e sciolse l’alleanza e Atene fu costretta a riprendere la città con la forza. L’intervento di Corinto non impedirà alla città di capitolare, nel 429 a.C., a guerra già iniziata.
3. Decreto di Megara (432 a.C.): Megara era alleata di Corinto; con questo decreto, Atene proibiva ai Megaresi l’accesso ai mercati propri e a quelli degli alleati, bloccando di fatto i commerci della città (tessuti e vesti dil ana).

estate del 432 a.C.:  congresso a Sparta alla presenza degli alleati peloponnesiaci e di un’ambasceria ateniese. Il re Archidamo si dichiara contrario alla guerra, mentre l’eforo Stenelaida è favorevole, a causa della violazione ateniese della Pace dei Trent’anni. Gli Spartani decisero per la guerra, non perché convinti dalle parole degli alleati, ma perché temevano che la potenza ateniese continuasse a crescere. Si richiese ad Atene:

  • l’espulsione del sacrilego Pericle;
  • la rinuncia a Potidea ed Egina e l’abrogazione del decreto megarese;
  • l’autonomia dei Greci con sostanziale modifica della lega navale.

Pericle voleva la guerra e credeva che gli Ateniesi potessero vincerla. Ragioni: predominio della flotta; trasformazione di Atene in un’isola (“non dobbiamo lamentarci per la perdita delle case o della terra, ma degli uomini: non sono queste cose a creare gli uomini, ma gli uomini a creare queste cose”); enorme disponibilità finanziaria a fronte della mancanza di denaro presso gli Spartani; divieto di ampliare il dominio di Atene al di fuori dell’esistente e progetto di logorare e contenere l’avversario.
estate del 431 a.C.: colpo di mano dei Tebani e degli esuli oligarchi plateesi su Platea: l’aperta violazione della pace del 446 a.C. (vd. supra) decreta l’inizio delle ostilità. In campo scesero dunque due alleanze raggruppate intorno alle città egemoni Sparta e Atene.

La guerra archidamica (431-421)
Caratterizzata da invasioni annuali dell’Attica da parte degli Spartani di Archidamo. Atene si configurò come un’isola: tutta la popolazione si rifugiò all’interno delle Lunghe Mura, il territorio fu abbandonato al saccheggio, mentre i rifornimenti arrivavano via mare.
430 a.C.: scoppiò la peste ad Atene; Sparta rinunciò all’annuale invasione. Un certo malcontento si manifesta verso Pericle, come prova il processo che gli fu intentato, per dilapidazione di denaro pubblico, alla fine del quale, pagata un’ammenda, fu comunque rieletto stratega.
429 a.C.: Pericle morì di peste. Capitolazione di Potidea (vd. supra). Tucidide II 65 giudica i successori di Pericle, che si lasciavano guidare dal popolo piuttosto che guidarlo essi stessi.
428/7 a.C.: defezione di Mitilene, che fu assediata e presa militarmente; seguì ad Atene il dibattito sulla sorte da infliggere ai Mitilenesi: in questo episodio emerse la figura del demagogo Cleone (rappresentante del «partito della guerra»), che voleva uccidere tutti i mitilenesi adulti, ridurre in schiavitù donne e bambini e distribuire le terre fra i cleruchi. In questa fase Atene seppe ancora tirarsi indietro prima di un’azione ingiusta, ascoltando le misure proposte da Diodoto (distruzione delle mura, ritiro della flotta, installazione di una colonia ateniese).

427-425 a.C.: prima spedizione in Sicilia (a sostegno di Leontini e Reggio, colonie ioniche euboiche, contro l’espansionismo della dorica Siracusa), al comando di Lachete, seguito da  Pitodoro, Sofocle ed Eurimedonte; con il Congresso di Gela del 424 a.C., in cui prevalsero gli inviti alla concordia del siracusano Ermocrate, i conflitti tra elementi dorici e ionici di Sicilia furono temporaneamente sospesi.
427 a.C.: Platea è presa e distrutta.
427/5 a.C.: guerra civile a Corcira, dove gli oligarchici furono brutalmente massacrati (Tucidide assume l’episodio come esempio per mostrare orrori e degenerazioni connessi con la guerra).
425 a.C.: spedizione a Pilo e Sfacteria, guidata da Cleone e Demostene, per spostare sul Peloponneso il fronte di guerra. Gli Spartani furono assediati da Demostene sull’isola di Sfacteria. Cleone si rifiutò di trattare, Sfacteria fu presa e gli Spartiati dell’isola condotti prigionieri ad Atene.
Nel 425 a.C. si riorganizzarono i tributi, che furono triplicati (1460 talenti).
424 a.C.: Nicia occupò l’isola di Citera (Laconia), Demostene e Ippocrate conquistarono il porto megarese di Nisea. Alle azioni di Atene rispose il generale spartano Brasida, che invase la Tracia, dove prese la piazzaforte di Anfipoli (colonia ateniese fondata nel 437 sul basso corso dello Strimone) e le miniere d’oro del Pangeo (sconfisse lo storico Tucidide, che riuscì a conservare Eione, ma non Anfipoli e dovette andare in esilio per 20 anni): Brasida aveva portato la guerra lontano dal Peloponneso  e aveva inferto un grave colpo al prestigio di Atene a nord dell’Egeo. Gli Ateniesi condussero una campagna in Beozia  e vennero sconfitti nella Battaglia di Delion.
423 a.C.: Atene fu costretta ad accettare le proposte di tregua spartane: il «partito della pace» (di Nicia), con Lachete, firmò l’armistizio.
422 a.C.: la tregua fu subito violata: Brasida marciò contro Metone e gli Ateniesi attaccarono Sicione. Cleone, rieletto stratega, tentò di riprendere Anfipoli, ma si scontrò con Brasida. Ad Anfipoli morirono sia Brasida sia Cleone: il «partito della guerra» aveva perso i propri principali esponenti. Si avviarono le trattative di Pace.
421 a.C.: venne stipulata la cosiddetta Pace di Nicia, sulla base dello status quo ante: durata di cinquanta anni; gli Ateniesi devono restituire Pilo e Citera, gli Spartani Anfipoli; i prigionieri di Pilo (“gli uomini dei Lacedemoni che sono nel carcere degli Ateniesi”) devono essere riconsegnati; le città della Calcidica devono essere autonome. Tra i Peloponnesiaci, Corinzi, Elei, Megaresi e Beoti non ratificarono la pace, che peraltro fu subito disattesa nel capitolo riguardante le restituzioni.
Elide e Mantinea, per sfiducia verso Sparta, uscirono dalla lega e si allearono con Corinto, Calcide e Argo. Anche ad Atene c’era malcontento per gli esiti della pace; in tale situazione si inserì Alcibiade, che sviluppò una politica di ambizione e di rivalse personali, oscurando le ragioni della polis e della collettività.

Alcibiade e la Spedizione in Sicilia.
Alcibiade, di grande famiglia aristocratica, fu imparentato con gli Alcmeonidi. Prosseno di Sparta, non tollerò di essere stato escluso dalle trattative che condussero alla Pace di Nicia e che privilegiarono altri referenti, più anziani e più affidabili. Fu eletto stratega nel 420/19 a.C.; nel 421 a.C. era scaduta la pace trentennale tra Argo e Sparta e nel 420 a.C. Alcibiade procurò ad Atene l’alleanza con Argo, in aperta opposizione ai patti appena firmati con Sparta.
419/8: a.C. denuncia ateniese della violazione della pace da parte di Sparta per la mancata restituzione di Anfipoli.
418 a.C., Battaglia di Mantinea: Atene intervenne a fianco di Argo nella lotta contro Sparta e fu sconfitta. Si trattò della più grande battaglia combattuta tra i Greci (10˙000 uomini per parte).
Nel 417 a.C. Alcibiade e Nicia si trovarono d’accordo a ostracizzare Iperbolo, succeduto a Cleone come demagogo (si tratta dell’ultimo ricorso all’ostracismo).
416 a.C.: spedizione capeggiata da Nicia contro Melo, isola di gente dorica, non appartenente a nessuna delle due alleanze e forte del proprio diritto alla neutralità; l’assedio atenise si concluse con la capitolazione della città: i maschi adulti vennero sterminati, gli altri abitanti ridotti in schiavitù; furono inviati cinquecento coloni ateniesi sulla terra dei Meli. Memorabile fu il resoconto tucidideo degli avvenimenti (le ragioni della giustizia, che ha la propria base negli dei, contro le ragioni della forza; Ateniesi: “ci serviamo di questa legge senza averla istituita noi per primi, ma perché l’abbiamo ricevuta già esistente e la lasceremo valida per tutta l’eternità”).

415-413 a.C., Spedizione in Sicilia: Nel 415 a.C., Segesta, attaccata da Siracusa e Selinunte, chiese aiuto ad Atene, che aveva già stipulato un trattato militare con la città elima di Sicilia almeno a partire dall’anno 418/7. Nella discussione in Assemblea sull’opportunità della spedizione, si scontrarono le opposte posizioni di Nicia e Alcibiade. I due vennero poi nominati insieme a Lamaco strateghi plenipotenziari. Fu approntata una splendida armata (“la più ricca e magnifica tra le spedizioni approntate fino ad allora”) che fu accompagnata al Pireo dalle speranza, dagli auguri e dai timori della popolazione cittadina e degli stranieri residenti.
All’avvio della spedizione, vi fu lo scandalo della mutilazione delle Erme; Alcibiade fu anche accusato di aver parodiato i Misteri eleusini. Fu accusato in contumacia dopo la partenza; una volta arrivato a Catania, fu richiamato in patria: egli seguì la nave sacra Salaminia fino a Turi, ma da qui, poi, fece perdere le proprie tracce e si rifugiò a Sparta, da dove incitò i nemici ad accettare le richieste di aiuto dei Siracusani: Sparta inviò in Sicilia Gilippo.
Gli Ateniesi cercano di isolare Siracusa costruendo un muro alle spalle della città, dalla parte dell’altopiano delle Epipole. I Siracusani costruiscono un muro trasversale che vanifica tale strategia militare. Muore Lamaco e Nicia si trova solo al comando. Nel 414/3 a.C. giunge Demostene con rinforzi da Atene. Gli Ateniesi tentano di impossessarsi dell’altopiano delle Epipole (da cui si dominava Siracusa), ma Il piano di conquista è sventato dai Siracusani. Demostene consiglia la ritirata su Catania, ma è ritardato da Nicia (motivazioni d’ordine politico e religioso). Gli Ateniesi si trasformano sempre più da assedianti in assediati, sia da parte di terra sia di mare. La flotta, che aveva tardato la partenza dal Porto Grande, fu quasi interamente distrutta in uno scontro navale di grande durezza per entrambe le parti. L’esercito di terra cerca la salvezza nella fuga verso Camarina. Strage di Ateniesi. Demostene e Nicia furono messi a morte, mentre gli ultimi Ateniesi sopravvissuti finirono prigionieri nelle latomie, le cave di pietra siracusane.
Nel 413 a.C., su consiglio di Alcibiade, gli Spartani occupano la fortezza di Decelea, alle porte dell’Attica. Aristofane, nella sua commedia Le rane (versi 1420-1434), richiama in discussione Alcibiade, da lui definito “industrioso per se stesso, senza risorse per la patria”.

La Guerra Deceleica (413-404 a.C.)
Nonostante la disfatta della spedizione in Sicilia, il presidio di Decelea e le grosse difficoltà economiche (il tributo venne integrato con un dazio del 5% sulle merci esportate e importate nella Lega marittima), Atene decise di resistere ancora, per quanto non le sfuggisse un’analisi impietosa e lucida della sua situazione presente. Quest’ultima fase della guerra è caratterizzata dai seguenti fenomeni:

  • Atene si trovò a dover fronteggiare un’ondata di defezioni tra gli alleati ionici;
  • tra i nemici in Grecia, dovette fronteggiare anche la presenza di navi siracusane che giunsero ad appoggiare l’alleata Sparta;
  • fu inoltre interessata da profondi rivolgimenti costituzionali;
  • la Persia ritornò in gioco come ago della bilancia nella politica greca: rapporti con Alcibiade e trattati con Sparta. Il Gran Re mette di fatto in pratica il consiglio che Alcibiade rivolge a Tissaferne (“logorare entrambe le parti”; “evitare il rafforzamento di uno stato greco a danno di altri e favorire una situazione di generale debolezza e di reciproca ostilità”); tale dottrina caratterizzò i rapporti Persia-Grecia in quest’ultimo scorcio di secolo e poi per tutto il IV secolo.

412 a.C.: scoppiò la guerra ionica, che coinvolse anche gli alleati di Atene. Eubea, Lesbo e Chio mandarono ambasciatori a Sparta perché intervenisse. La rivolta si allargò e vi furono nuove defezioni: in Asia Minore Eritre, Clazomene, Teo, Mileto, Lebedo; a Lesbo Metimna e Mitilene. Mileto divenne base della flotta peloponnesiaca, mentre Atene si attestò presso Samo, che era rimasta fedele.
412 e 411 a.C., patti Sparta-Persia: in cambio dell’aiuto persiano nella guerra, Sparta rinuncia a difendere l’autonomia dei Greci d’Asia. Lisandro era in questo momento il navarco di Sparta; era detestato per la sua durezza, in quanto imponeva il dominio spartano attraverso l’introduzione di guarnigioni e decarchie.
411 a.C.: colpo di stato dei Quattrocento, volto ad affossare la democrazia ateniese (già nel 413 si era istituita una commissione di 10 probouloi, per il controllo dei lavori della boulè). Alcibiade si era rifugiato presso il satrapo Tissaferne; volendo rientrare ad Atene, aveva promesso l’aiuto persiano, in cambio di un cambiamento costituzionale in senso oligarchico. Ad Atene Pisandro, Antifonte, Teramene e Frinico guidarono il complotto: fecero assassinare alcuni democratici, allargarono la commissione dei probouloi da 10 a 30, con 20 nuovi membri e riunirono l’assemblea, per abrogare le garanzie costituzionali. In una seconda assemblea a Colono, fuori Atene, Pisandro e gli aristocratici fecero approvare dal demos ormai terrorizzato un progetto che prevedeva:

  • la dimissione dei magistrati in carica;
  • l’abolizione del misthos per tutte le magistrature;
  • la sostituzione della boulè con un Consiglio dei Quattrocento (5 presidenti scelti tra i probuloi eleggevano 100 persone, che ne portavano altre 3, per un totale di 400, il tutto per cooptazione: principio oligarchico); il consiglio poteva convocare i Cinquemila (gruppo più ampio che godette del diritto di cittadinanza) a proprio piacimento.

La flotta attestata a Samo non rientrò ad Atene e divenne baluardo della democrazia contro la madrepatria, ormai retta da oligarchi. A capo della flotta fu posto Trasibulo; Alcibiade, con nuovo cambio di atteggiamento politico, appoggiò la democrazia di Samo, da cui venne richiamato ed eletto stratego. Egli si comportò da «salvatore della patria» perché impedì alla flotta di Samo di navigare contro Atene e di scatenare la guerra civile nella città. Esortò affinché si avverasse il passaggio dei poteri dai Quattrocento ai Cinquemila (agosto 411 a.C.); i Cinquemila costituirono un consiglio, suddiviso in quattro sezioni che assumevano a turno la conduzione degli affari di Stato (Tucidide fa l’elogio di questa costituzione, che rimase in vigore solo 8 mesi).
411 a.C.: Atene perde l’Eubea, che defezionò. Per la città fu uno spavento ancora più grande di quello della disfatta in Sicilia. Inspiegabilmente, Sparta non attaccò l’Attica (giudizio tucidideo sulla lentezza degli Spartani). Trasibulo vinse ad Abido e Cinossema (fine delle Storie di Tucidide).
primavera 410 a.C., battaglia di Cizico: Atene batté Sparta, riconquistando la supremazia nella zona degli stretti: Perinto e Bisanzio furono riprese e fu reintrodotto un dazio per le navi dell’Ellesponto, volto a rimpinguare le finanze ateniesi.
Sparta propose ad Atene condizioni di pace: Atene rifiutò, sulla scia delle vittorie, ma sbagliò gravemente e fallì, senza potersi più risollevare.
Nel 410 a.C. ritornò ad Atene il regime democratico: il Consiglio dei Cinquecento e l’Eliea ripresero le loro funzioni.
408 a.C.: Alcibiade rientrò trionfalmente ad Atene dove fu rieletto stratego.
407 a.C., battaglia di Nozio, presso Efeso: Atene venne sconfitta da Lisandro; Alcibiade, temendo un nuovo processo, non rientrò ad Atene, ritirandosi nei suoi possedimenti del Chersoneso tracico.
406 a.C. Atene tentò misure eccezionali per armare una nuova flotta: fu accordata la cittadinanza ai meteci e libertà agli schiavi, per arruolarli, e furono fusi oggetti preziosi per ricavarne finanze. Callicratida aveva sostituito il navarco Lisandro. Battaglia delle Arginuse (tra Lesbo e la costa): fu una vittoria ateniese; Sparta perse 70 navi e Atene 25; per le difficili condizioni del mare, gli strateghi ateniesi non riuscirono a recuperare i naufraghi; 8 strateghi (Conone e un altro non rientrarono) furono processati; Teramene addossò tutte le responsabilità ai colleghi, che furono condannati a morte dal popolo.
405 a.C.: Lisandro riprese il comando della flotta spartana e le operazioni nell’area degli stretti e del nord dell’Egeo: nella battaglia di Egospotami (di fronte a Lampsaco) la flotta ateniese fu distrutta e più di 3000 ateniesi furono passati per le armi. Nelle città rimaste fedeli ad Atene (Samo) furono installate guarnigioni lacedemoni (armosti). La lega delio-attica fu sciolta.
404 a.C.: Lisandro entrò con la flotta al Pireo, mentre l’esercito di terra guidato da Pausania si accampava all’Accademia. Una prima proposta di resa venne rifiutata. Cleofonte fu condannato a morte. Teramene venne inviato a Sparta per negoziare.
Queste le condizioni della resa finale di Atene dettate da Sparta:

  • distruzione del Pireo e delle Lunghe Mura;
  • consegna della flotta (tranne 12 navi);
  • adesione di Atene alla lega peloponnesiaca;
  • rinuncia ai possedimenti fuori dell’Attica, comprese le cleruchie di Sciro, Lemno e Imbro;
  • richiamo degli esuli;
  • revisione della costituzione.

Con lo slogan della libertà per tutte le città della Grecia, Sparta inaugura il periodo della propria egemonia.

 

Fonte: http://www.lettere.unito.it/didattica/att/fd23.3245.file.doc

 

Le guerre Persiane

 

 

1)Cronologia.

 

La Persia si avvicina

Siamo nel VI secolo avanti Cristo. I Medi, popolazione dagli enormi possedimenti stanziati tra le attuali Armenia, Iran e Anatolia, lascia il posto ad un nuovo grande impero: l'impero Persiano. I Persiani, popolazione indoeuropea proveniente dall'Anshan (l'odierno Fars, in Iran) diventano così la potenza militare e politica numero uno del panorama mediorientale.

La casa regnante persiana, gli Alcmenidi, non perde tempo e, già dal 547 a.C., Ciro II detto “il grande” attacca la Lidia, sconfigge il re Creso (graziandolo sul rogo, secondo un famosissimo mito narrato da Erodoto) e invade la capitale Sardi. La Persia guadagna il tanto agognato sbocco sul mare. La Cilicia si arrende spontaneamente al Gran Re. Cade Babilonia. Cadono la Mesopotamia, la Siria, la Palestina.

Muore Ciro e le redini dell'Impero passano al figlio Cambise: è la volta dell'annessione di Cipro e dell'Egitto. Nel 533 tocca a Dario I non far rimpiangere il nonno: il giovane re conquista Tracia, Nubia, Libia e le isole dell'Egeo e procede ad una vera e propria regolamentazione politico-sociale dell'Impero.

In meno di cinquant'anni i Persiani hanno riunito, con la forza militare e la sapienza dei propri regnanti, un territorio enorme ed antichissimo: tre milioni di chilometri quadrati che corrono tra le coste occidentali dell'Asia Minore al Caucaso, dal confine con l'India, alla valle del Nilo.
Nessuna unità politica era stato fino ad allora tanto imponente.
(cartina libro rosso pag127)

 

La rivolta di Mileto

Anche le poleis greche dell'Asia Minore sono ormai assoggettate al dominio persiano. La situazione è però in precario equilibrio: a contrasti economici e commerciali si unisce nell'animo dei Greci l'insofferenza verso ogni tipo di dominazione e privazione della libertà. Nessuna polis, libera, autarchica per definizione, può sottoportare di buon grado la dominazione di uno straniero. La perdita della democrazia, alti tributi da consegnare nelle mani di un barbaro:
la miccia della rivolta si accende nel 499 a.C., a Mileto.
Il tiranno della città, Aristagora, ha infatti appena partecipato ad una missione sull'isola di Nasso a fianco dei Persiani. L'assedio finisce in disastro e Aristagora porta alla disfatta i suoi uomini e  l'esercito persiano suo alleato. Mentre aspetta la punizione del Gran Re, Aristarco decide di precedere l'ira del sovrano e passare al contrattacco: abbandona le vesti di tiranno e si mette a capo della rivolta delle Poleis greche. I governatori persiani vengono cacciati dalle città e le guarnigioni persiane sconfitte e messe in fuga.

Ma nessuno può contrastare da solo la potenza Persiana. Aristagora lo sa bene e invoca l'aiuto della madrepatria: partono così messaggeri greci dall’Asia Minore, chiedendo l’intervento delle altre polis contro la Persia. Sparta però è impegnata contro la rivale Argo e Atene si è appena liberata dalla tirannia di Ippia e riesce ad inviare solo venti navi. Altre cinque navi vengono inviate dall'Eretria. Più di questo i Greci non possono e non vogliono fare.

La spedizione punitiva persiana così non si fa attendere ed un forte contingente viene inviato via terra e via mare contro Mileto. Dopo una strenua resistenza la polis cade ed stesso Aristagora muore combattendo in Tracia. Le poleis dell’Asia Minore vengono così riconquistate ad una ad una. Il dominio persiano sull’Asia minore è di ristabilito. Ma un lampo attraversa a questo punto la mente dell'ambizioso Dario: perchè non chiudere la questione occidentale una volta per tutte?
L'invasione di tutta la Grecia era alle porte.

 

Prima Guerra Persiana

 

Dario intende punire le due poleis dell’Attica che hanno inviato aiuti a Mileto. L’ingente numero di truppe inviate ci fa capire però come le vere mire del Gran Re fossero di conquistare e sottomettere la Grecia intera.
La spedizione persiana è infatti composta da 20 000 uomini guidati da Artaferne (un nipote di Dario) e da un generale medo di nome Dati. La flotta penetra nelle Cicladi e sbarca in Eubea.
Nel 490 la piccola Eretria viene spazzata via dalla potenza persiana: è così la volta di Atene. La flotta di Artaferne punta verso la pianura di Maratona, proprio davanti alle mura della città. Le truppe ateniese sono guidate dall’abile ed esperto Milziade che, in passato, si è già scontrato più volte con i Persiani e ne conosce bene pregi e difetti. L’esercito ateniese è composto da soli 7000 uomini: solo la piccola città di Platea ha risposto alle numersose richeste di aiuto, mandando mille uomini. Tutte le altre poleis si mostrano indifferenti alla minaccia di Dario. Anche Sparta invia un contingente che però, per rispettare le feste religiose in onore di Apollo e confermando la storica rivalità che la oppone ad Atene, giunge troppo tardi, quando lo scontro è già concluso.

 

Maratona, il valore di Atene.

Milziade sa bene che i Persiani sono combattenti temibili ma dalla tecnica superata: molti fanti con armature leggere e smisurate divisioni di arcieri a piedi. La grande prerogativa dell’esercito persiano era infatti rappresentata dall’incredibile destrezza dei propri tiratori. Atene al contrario, pratica lo “schieramento oplitico”, la tattica militare più evoluta ed efficente dell’epoca. Milziade decide così di affrontare i nemici in campo aperto, senza asserragliarsi dentro le mura della città, dove l’abilità degli arcieri persiani avrebbe potuto essere risolutiva. Schiera l’esercito in mossa davanti ai persiani e ordina un attacco frontale. Gli opliti percorrono uniti e compatti come un sol uomo le poche centinaia di metri che li dividono dai nemici. Si alza la polvere e le grida dei soldati greci sembrano bastare da sole ad allontanare le frecce dell’esercito di Artaferne. La schiera avanza e l’esercito persiano, stupito e terrorizzato, si fa travolgere senza opporre resistenza. Colpiti nel centro dello schieramento i Persiani si disuniscono e non riescono ad opporsi alla foga e alla tecnica dei miliziani ateniesi.
Sul campo rimangono 6400 persiani ed appena 192 ateniesi: i Persiani superstiti si ritirano sulle navi e abbandonano terrorizzati le coste dell’Attica.
Un prode messaggero ateniese percorre di corsa i 42 chilometri che separano la pianura della battaglia della città, portando la notizia della vittoria e morendo per lo sforzo. Egli rimarrà per sempre il simbolo mitico di un sentimento della patria  unico nella storia.

Atene ha sconfitto l’impero più potente del mondo, lo splendore e la gloria di questo gesto sono destinati a cambiare per sempre gli equilibri politici e sociali del tempo. E’ giunto il momento per Atene di prendere in mano le redini del destino di tutta la Grecia.

 

Tra le due guerre

L'enorme potere di cui Atene dispone dopo l'umiliazione inflitta all'esercito di Dario riaccende il dibattito politico all'interno della città. Alle idee ambiziose e progressiste di Temistocle si oppone il partito conservatore dei nobili, capeggiato da Aristide e Santippo. Temistocle propone di intraprendere una politica aggressiva ed espansionista, impegnando tutte le finanze dello stato nella costruzione di una grande flotta navale. Tramite l'uso delle agili triremi anche i più poveri avrebbero potuto combattere per la città come vogatori e guadagnarsi così i diritti civili e politici. All'epoca infatti solo chi era in grado di pagarsi l'armamento minimo poteva combattere per la polis ed essere considerato così cittadino a tutti gli effetti, I nobili che si oppongono a questa politica propongono invece di stringere accordi coi Persiani e di incentivare le attività economiche tradizionali (la grande agricoltura). La spunta Temistocle che in pochi anni riesce a far ostracizzare  i suoi avversari e può così portare avanti la sua politica. Vengono scoperti nuovi filoni argentiferi nel Lauro che vengono impiegati nella costruzione di 180 triremi . Frattanto cominciano a circolare in città le voci di un'imminente seconda spedizione persiana: si racconta di un esercito enorme pronto a marciare verso la Grecia

E in effetti il successore di Dario, Serse, non intende ripetere gli errori del padre. Il giovane Re ha intenzione di inviare in Grecia un esercitodi proporzioni mai viste: questa volta non si tratta di punire qualche città ribelle, l'obiettivo esplicito è la sottomissione completa di tutte le poleis dell'Ellade.

 

La seconda guerra Persiana: la Grecia si unisce.

Nel luglio del 480, a dieci anni dalla tremeda sconfitta di Maratona, Serse si pone alla guida del più imponente esercito mai schierato: Erodoto parla di 5 000 000 di uomini, 1200 navi da guerra, 3000 navi da trasporto. Aldilà delle evidenti esagerazioni dello storico greco (le ricostruzioni parlano di circa 200 000 uomini e 800 navi, ma sono cifre assolutamente arbitrarie) l'esercito di Serse rappresenta in pieno la dismisura dell'ambizione del Gran Re. Mantenendo fede al suo personaggio Serse decide di oltrepassare con tutti gli uomini lo stretto dei Dardanelli usando la propria enorme flotta per costruire due enormi ponti di barche (un'operazione che lascia a tutt'oggi esterrefatti). I Persiani entrano in Grecia, mentre l'enorme flotta spalleggia le truppe dall'interno.

Le poleis greche però questa volta si rendono conto del pericolo ed uno storico vertice viene convocato sull'Istmo: i rappresentanti di 31 città firmano la pace e si uniscono contro il nemico comune. In uno storico giorno del 481 a.C. le città greche, da sempre in opposizione tra loro e animate da una storica rivalità, si uniscono per difendere la propria libertà e la propria autonomia. Si proclama una tregua generale per tutti i conflitti in corso. In segno di pacificazione vengono annullati gli esilii e fatti rientrare gli ostracizzati. 

I Greci sanno però che non tutti hanno aderito alla lega e, alla prima occasione, le città neutrali di Argo (nemica storica di Sparta) e Corcira si schiereranno con il  nemico. Le operazione devono perciò essere il più possibile rapide e risolute. Il comando dell'esercito viene affidato agli efori spartani, nonostante Atene fornisse i 2/3 delle truppe: un piccolo compromesso per mantenere coesa la lega.
Nella tenda degli strateghi gli Efori e Temistocle in persona discutono sulle strategie da applicare. L'esercio Persiano è, a parere di tutti, invincibile se affrontato in battaglie campali ma debole via mare. Un tale esercito, inoltre, ha bisogno di rifornimenti e spalleggiamento continui da parte delle navi di supporto: il colpire la flotta avrebbe scompaginato irrimediabilemente i piani del Gran Re.

 

La battaglia delle Termopili.

Alla fanteria greca è dunque attribuito il compito di rallentare l'avanzata dei Persiani, per permettere alle veloci triremi ateniesi di cogliere il momento propizio per l'attacco. Settemila fanti comandati dal prode spartano Leonida si schierano al passo delle Termopili,  la gola di accesso alle pianure dell'Attica, pronti a scontrarsi con la furia dell'armata persiana. Duecentosettanta triremi ateniesi, intanto, si schierano presso l'Artemision, per evitare che Leonida venga attaccato su due fronti. L'esercito greco resiste tre giorni e tre notti agli attacchi dei Persiani, ma il cedimento dei soldati focesi e la superiorità dei nemici rende la battaglia un massacro senza speranza. Leonida allora prende con se i più fedeli dei suoi Spartiati, circa 300 uomini, e fa ritirare verso l'interno il resto delle truppe, perchè corrano ad Atene e facciano sgombrare la città. I trecento spartiati di Leonida affrontano così  il martirio e cadono ad uno ad uno sotto i colpi dei Persiani. Ma il valore di Leonida e dei suoi uomini fa si che l'avanzata persiana sia ritardata quel tanto che basta perchè Atene non si faccia trovare impreparata. L'eroismo di Leonida ha appena cambiato per sempre il destino della Grecia e di tutto l'Occidente.

La battaglia di Salamina.
Atene viene sgombrata e la popolazione trasferita nella piccola isola di Salamina, i Persiani attraversano velocemente l'Attica ma trovano così la città completamente deserta. Serse ordina di appiccare le fiamme alla città: l'ultima dimostrazione della barbara tracotanza che costerà assai cara al Gran Re. Temistocle prende personalmente il comando della flotta e attira Serse e la sua di flotta di grandi navi da guerra nell'angusto braccio di mare che separa la costa attica dall'isola di Salamina.  Il Gran Re cade nella trappola e, convinto della forza del suo esercito, si lancia nella baia. Le lente navi persiane cominciano però a ostacolarsi tra di loro e perdono progressivamente libertà di manovra. Le piccole ed agili triremi ateniesi lasciano a questo punto le postazioni ed accerchiano gli impotenti colonnelli persiani. La disfatta della flotta di Serse è totale e senza precedenti.

La battaglia di Platea.
Incombe l'inverno e Serse decide di abbandonare la direzione dell'esercito. Lascia le truppe in Tessaglia e invia il comandante Mardonio a tentare di cambiare le sorti del conflitto. Giunge la primavera e Mardonio marcia nuovamente verso l'Attica. Atene viene sgombrata una seconda volta e lo spartano Pausania guida l'ingente esercito di terra dei greci contro i persiani. Lo scontro avviene a Platea dove, ancora una volta, lo squilibrio delle forze in campo è notevole: i 70000 soldati greci rimanevano di molto inferiori alle truppe nemiche. Mardonio sferra l'attacco in un momento molto sfavorevole ai greci, ancora impegnati a sistemare le linee della difesa. Pausania però non si perde d'animo e riesce a tenere unite le fila del suo esercito: fa schierare le falangi oplitiche e passa al contrattacco. La tecnica greca sovrasta nuovamente l'ingenza delle truppe nemiche e i Persiani, perso il loro comandante, battono in ritirata.

La battaglia  di Micale.
I Persiani si rendono conto a questo punto che l'unica strategia possibile era un frettoloso ritorno in patria: le città greche dell'Asia Minore a quel punto avrebbero potuto infatti tagliargli la ritirata e condurli al massacro. La flotta greca intanto costringe quel che rimane di quella persiana a fuggire precipitosamente verso l'Asia. I Persiani vengono però raggiunti presso Micale dove tirano le navi in secco e si rifugiano in un piccolo accampamento militare. In poco tempo i Greci rompono l'assedio e annientano le truppe persiane rimaste.

 

La fine
La tracotanza di Serse è stata punita, le poleis greche possono tornare alla loro libertà. Il momento più alto della cultura antica è così alle porte: dalla vittoria sui persiani nascerà la grande Atene di Pericle. Il V secolo passato alla storia per l'arte, la cultura, lo splendore. Ne nascerà il pensiero filosofico, la tragedia, la commedia, la grande poesia e lo splendore immortale della città simbolo della democratica. L'essenza stessa della cultura occidentale, che ancora oggi  orgogliosamente ci affanniamo a proclamare, fu permessa dal sacrificio e dall'eroismo degli uomini di Leonida.

Siamo tutti debitori dell'amore per la libertà e per la propria cultura di questi uomini.

“Dei caduti alle Termopili gloriosa è la sorte, bello il destino, un altare la tomba: non lamenti, ricordo; il compianto è lode. Questo sepolcro non la ruggine, non il tempo che tutto doma intaccherà. Questo sacro recinto di eroi la gloria della Grecia ha scelto come abitatrice; ne dà testimonianza Leonida, re di Sparta, che di valore ha lasciato un grande ornamento e fama imperitura.”
(Simonide, fr.5 Dielh)

 

BIBLIOGRAFIA.
(Andrea Giardina “ Vie della Storia”, Ghirshman “La civiltà persiana antica” Einaudi, torino (1972); M. Liverani “Antico Oriente. Storia società economia” Laterza, 1988; H.Bengtson “Greci e Persiani, Storia universale feltrinelli 1967, Beniamino Stumpo “Antichità e Medioevo”)

 

2)Schede

 

Serse (486/465 a.C.).

Figlio di Dario e diretto erede di Ciro il Grande, appena salito al trono decise di continuare la politica espansionistica della sua casata, organizzando la più grande spedizione militare dell’antichità. Le testimonianza che abbiamo sulla vita di Serse vengono dagli storiografi e tragediografi greci che, per ovvi motivi di patriottismo, accentuarono i lati “barbari” e negativi di questo sovrano. Serse però, aldilà di ogni partigianeria, rimane l’esempio concreto di quel “despota smisurato” tanto inviso alla cultura democratica greca:  Eschilo dirà nella sua “I persiani”:
“Zeus veglia e punisce la superbia, esige il conto, giudice severo”.
Ed in effetti le testimonianze a noi giunte ci raccontano di un despota brutale e violento. Già nella sua prima campagna, in Egitto, Serse diede prova di fredda crudeltà, soffocando le rivolte scoppiate nel sangue e nella violenza e lasciandosi alle spalle una scia di morte e di odio. Non migliore trattamento riservò a Babilonia che, nonostante fosse una città santa, venne rasa al suolo insieme ai suoi templi, ai suoi santuari, ai suoi dei. L’elemento però più lampante che la storia ci tramanda sul più sfortunato dei Grandi Re è che egli non fu un abile stratega in campo militare. Il suo regno infatti è ricordato più che altro per la magnificenza dei palazzi e dei monumenti, per la smisurata sete di potere del sovrano e per la tracotanza e smisuratezza dei suoi costumi.(foto libro rosso pag.140).
Gli errori compiuti da Serse nel tentativo di invasione dell’Ellade sono molteplici. In primo luogo l’ingenuità con cui cadde nella rete tesagli da Temistocle, correndo dietro a navi “civetta” senza pensare alla conformazione del territorio e a alle caratteristiche delle proprie navi. Ma più in generale appare nelle strategie dell’alcmeonide un senso di approssimazione preoccupante: l’esercito di terra era schierato per nazionalità e non per armamento, i viveri condotti dalle navi di supporto erano insufficienti (Serse contava di reperire il cibo per le truppe nelle terre via via conquistate, senza considerare la povertà del suolo greco), nell’esercito erano stati inclusi anche greci delle colone d’Asia, naturalmente riluttanti al combattere contro altri Greci.
Un tratto lampante del carattere di Serse appare dopo la sconfitta di Salamina: umiliato e furente il Grande Re abbandonò la guerra dopo aver giustiziato l’incolpevole ammiraglio fenicio (i Fenici infatti abbandoneranno immediatamente gli scontri) e lasciò in mano a Mardonio un terzo delle truppe rimaste, nonostante il conflitto fosse tuttaltro che chiuso.
Rientrato in Persia Serse sfogò la sua ira nella costruzione di monumenti ed edifici pubblici grandiosi, prima di essere assassinato in una congiura di palazzo.
(bibl. Andrea Giardina “Antichità e Medioevo”)

 

Ciro e Creso

Il racconto di Erodoto della prima espansione dei Persiani in Medio Oriente si sofferma a lungo sulla conquista da parte di Ciro della città di Sardi. Il racconto comincia con la descrizione del fiorente regno di Creso, uno degli uomini più ricchi e ambiziosi del mondo. Orgoglioso ed arrogante, il re decise di invitare nel suo magnifico palazzo il saggio legislatore ateniese Solone, volendo dimostrare con l’arroganza e la trivialità tipica dei barbari (ricordiamo che Erodoto è greco!) di poter stupire chiunque con il suo denaro e le sue ricchezze. Creso ricevette quindi l’ospite e lo condusse, sala per sala, attraverso i frutti del suo enorme patrimonio. Solone però si mostrò completamente indifferente all’opulenza di quella reggia e Creso, furente, gli domandò chi fosse allora secondo lui l’uomo più felice del mondo. Il grande saggio rispose: “Tello ateniese”. Creso gli chiese basito chi fosse costui che egli riteneva addirittura più felice del re di Sardi in persona e Solone rispose “Un uomo semplice che ebbe figli belli e buoni e quel tanto che basta per condurre una vita serena, inoltre morì nel modo più bello: combattendo per la propria patria”.
Creso, sconcertato, gli chiese allora chi fosse il secondo uomo più felice del mondo e Solone rispose “Sono parimenti Cleobi e Bitone, due giovani argivi che, per aver trasportato a braccia l’anziana madre al santuario di Era, ricevettero dagli dei il dono più bello: la morte.”
Creso a questo punto esplose d’ira e chiese perchè lui, uomo tra i più ricchi del mondo, non fosse stato incluso nella lista. Solone rispose che nessuno si può dire felice finchè non sia giunto alla fine della sua vita: ogni giorno nella vita di un uomo è diverso dall’altro e nessuno dei mortali può sapere cosa porta la sera. Creso, senza badare alla risposta dell’anziano lo cacciò dal palazzo.
Pochi anni dopo giunse la sera per Creso e Ciro conquistò il regno di Sardi, catturò il re e lo portò sul condannato a morte sul rogo. Mentre le fiamme stavano per dilaniarlo, Creso ricordò le parole di Solone, di cui urlò tre volte il nome. Ciro si incuriosì e domandò al re di raccontargli la storia dell’incontro avvenuto tra i due. Creso, in lacrime, raccontò di quanto sciocco fosse stato ad ignorare il messaggio dell'ateniese e di quanto crudelmente l'avesse ora compreso. Colpito dal messaggio morale della vicenda, Ciro decise di concedere la grazia a Creso, un uomo che, come lui, era in balia dello stesso destino e schiavo della stessa caducità.
(Erodoto “Storie” Libro I)tratto da “Muthos kai logos” di Giovanni Ghiselli)

 

Solone

Solone fu il primo grande legislatore di Atene, colui che per primo aprì uno spiraglio di democrazia in una società antica. La saggezza ed il senso di metriotes (“l’equilibrio, la misura” elemento tipico della cultura greca) di Solone fu proverbiale, si racconta che egli, una volta concluso il suo lavoro di legislatore, fu chiamato insieme ai sette saggi al santuario di Apollo a Delfi, perchè incidesse sulla porta del santuario una frase che potesse essere simbolo e monito per tutti i pellegrini. Solone prese in mano lo stilo e si limitò ad incidere due semplici parole: “MEDEN AGAN” ovvero “nulla di troppo”, espressione diventata poi simbolo della mentalità greca, soprattutto in rapporto alla dismisura delle culture barbare (pensiamo a Serse).
(tratto da “Muthos kai logos”  di Giovanni Ghiselli)

 

Erodoto

Il grande storico delle Guerre Persiane viene definito da Cicerone nel “De Legibus (I,5)” come “pater historiae”, padre della storia, nonostante la sua tendenza al suo favoloso (“apud Herodotum sunt...innumerabiles fabulae”, nella sua storia ci sono molte favole). In effetti la critica di Cicerone è quella che sarà universalmente riconosciuta alla “proto-storia” erodotea: una logografia, una storia che, ricca di favole e di elementi fantastici, diventa esempio universale più che cronaca fedele.
Erodoto nacque ad Alicarnasso, città dell'Asia Minore, nel 490 circa e, nella vita viaggiò moltissimo. Fu in Egitto, Fenicia, Mesopotamia, Scizia e, soprattutto, ad Atene dove si fermò per buona parte della sua vita. Nel 444 partecipò alla fondazione della colonia di Turii, nell'odierna Calabria. Erodoto fu un acceso sostenitore di Pericle e della sua politica ed un fedele seguace del culto di Febo. Molto interessante è l'intertestualità presente tra le sue “Storie” e le tragedie dell'amico Sofocle, basate sullo stesso sentimento di religiosità e su molti temi comuni. Erodoto muore nel 431 a.C., poco dopo l'inizio delle Guerre del Peloponneso.

Le sue “Storie” vennero divise dai grammatica alessandrini in 9 libri, quante sono le muse. Il racconto parte dalle prime conquiste mediorientali di Ciro il grande per concludersi con la definitiva sconfitta di Mardonio e la fine degli scontri tra Greci e Persiani.
(tratto da “Muthos kai logos”  di Giovanni Ghiselli)

 

Salamina

La battaglia simbolo dell'astuzia greca in contrapposizione alla barbara tracotanza di Serse e dei Persiani è raccontata con grande pathos dal tragediografo Eschilo ne “”I persiani”. La tragedia fu rappresentata ad Atene 8 anni dopo la grande battaglia, causando emozione e trasporto al pubblico. Bisogna tener presente che all'epoca la distinzione tra storiografia e teatro non era così netta e ciò che veniva rappresentato durante le tragedie era comunemente considerato come verità. Leggiamo un estratto:

La scena del dramma è a Susa, capitale del regno persiano, dove Atossa la madre di Serse prega sulla tomba del defunto Dario. Giunge un messaggero da Salamina che porta la notizia della disfatta dell'armata guidata da Serse.

Regina:Ma quale fu l'inizio dello scontro? Attaccarono i Greci, o fu mio figlio, fiducioso nel numero? Racconta”
Messaggero:Diede inizio al disasatro un genio vindice o un dio tristo, chissà di dove apparso. Un Greco, dall'esercito ateniese, si presentò a tuo figlio Serse, e disse che, giunta l'ombra nera della notte, i Greci, lungi da restare, avrebbero cercato scampo con la fuga furtiva , chi qua chi là balzando sulle navi*( *l'inganno qui raccontato rientrava nel piano di Temistocle e fu attuato tramite Sicinno, uno schiavo dello stratega).
Il re come l'udì, senza capire nè la frode del greco nè l'invidia degli dei, fa un editto ai comandanti: schierare il grosso in tre file, e guardare gli sbocchi e i varchi sonanti del mare e circondare l'isola di Aiace* (* Salamina), appena il sole non ardesse più e fosse buio negli spazi dell'aria.
La minaccia se il nemico trovasse un varco occulto era, per tutti, il taglio della testa. Parole troppo fiduciose: ignoto gli era il futuro che gli dei volevano. Quelli, disciplinati, preparavano la cena; il marinaio con lo stroppo* (* cappio per legare il remo), provava il remo al giro dello scalmo. Quando, caduto l'abbaglio del sole, venne la notte, i rematori andarono ciascuno alla sua nave, e così i militi; da schiera a schiera si danno la voce, navigano nell'ordine fissato, e per tutta la notte i comandanti fanno incrociare le forze navali. La notte muore, e di sortite occulte della flotta dei Greci non c'è traccia. Quando poi coi cavalli bianchi il giorno tutta invase la terra di splendore, un pio fragore suona, come un canto, da parte greca, e l'eco delle rupi alto lo ripercuote in uno squillo. Alla delusa attesa dei Persiani subentra la paura: quel peana* (* canto di battaglia greco dedicato ad Apollo) non era certo l'inno di chi fugge, ma di chi balza ardito nella lotta.
Tutto ardeva la tromba col suo squillo. Ecco: un pulsare condorde di remi batte a comando la gran massa di acqua in un rimbombo. Eccoli tutti in vista. In ordine, guidava l'ala destra. Seguiva poi l'armata intera, e insieme era dato d'udire le parole gridate:
“Figli degli Elleni, avanti, liberate la patria, liberate le donne, i figli, i templi aviti, i tumuli dei padri. Qui tutto per tutto è in gioco”.
Da parte nostra un urlo, nella nostra lingua. Non c'era un attimo da perdere: ecco che nave picchia contro nave col rostro. Ad attaccare fu una nave greca, che spezza ad un vascello fenicio gli aplustri* (*ornamenti lignei della poppa). Poi chi qua chi là si volse. Da prima la marea persiana resse; ma quando fu ridotta in uno stretto, dove il soccorso mutuo era precluso (che anzi si cozzavano tra loro), frantumavano tutto l'apparato dei remi, mentre i Greci, torno torno, picchiavano abilmente e, per gli scafi capovolti, neppure si vedeva più il mare, colmo di frantumi e sangue. Rigurgito di morti sulle rive e i dossi, uno scomposto remigare di fuggiaschi, la rotta dell'armata. E con pezzi di remi e di rottami quelli davano colpi o li infilzavano come fossero tonni o una retata di pesci. L'acqua era tutta un lamento. Troncò lo scempio l'occhio della notte. Ma se facessi un racconto minuto di tutti i mali, non l'esaurirei in dieci giorni. Che in un giorno solo non morì mai tale caterva d'uomini.”
(Eschilo “I persiani”, vv 350-432 trad di F.M. Pontani)

 

Termopili

Erodoto riserva parole splendide per gli eroi delle Termopili. Leonida e il suo esercito, infatti, avevano già difeso il passo dagli assalti dei numerosissimi persiani per 3 giorni e 3 notti quando la situazione ormai disperata fa si che il comandante decida di raccogliere a se i trecento Spartiati più fedeli e di far fuggire il resto delle truppe, perchè corressero ad avvertire Atene dell'incombente minaccia. Leonida e i suoi caddero ad uno ad uno, salvando però il destino di tutta la Grecia. E scrivendo i propri nomi nella storia:

Gli alleati dunque se ne andavano e obbedivano a Leonida, mentre solo i Tespiesi rimasero a fianco degli spartani e i tebani si arresero ai Persiani.
Gli altri attaccarono i Persiani, facendo mostra di tutto il coraggio che avevano di fronte ai barbari, con assoluto disprezzo della vita e come forsennati. Ormai le aste della maggior parte di loro si erano già spezzate e con le spade facevano strage dei Persiani. E cadde in questa mischia Leonida, che si era mostrato uomo valorosissimo e degno discendente di Ercole, e con lui altri illustri spartani, dei cui nomi io mi informai come quelli di uomini degni, e mi informai di tutti i trecento. E anche dei Persiani caddero molti e illustri e tra questi due figli di Dario, Abrocome e Iperante. Due fratelli di Serse morirono dunque combattendo; per il cadavere di Leonida nacque una furiosa lotta fra Persiani e Greci, finchè con il loro valore i Greci riuscirono a sottrarlo e per quattro volte volsero in fuga gli avversari. Poi si ritirarono tutti sul colle, oltre il muro. E qui si difesero con le spade, quelli che ancora ne avevano, e con le mani e con i denti, mentre i barbari li seppellivano sotto le freccie; quindi, abbattuto il muro, li uccisero tutti, dopo averli circondati da ogni parte.

In onore di quelli che vennero sepolti lì, sul posto dove erano caduti, e di quelli che erano periti prima del ritiro ordinato da Leonida, è stata posta un'iscrizione che dice così:
“Qui un giorno contro trecento migliaia combatterono quattromila Greci. O viaggiatore, annuncia agli Spartani che qui siamo sepolti, avendo obbedito alle loro leggi”

(Erodoto, “Storie” VII vv.222-228)

Ma parole ancora più toccanti vengono dal poete Simonide (555–468 a.C.) che compose questo elogio funebre per i caduti delle Termopili.

“Dei caduti alle Termopili gloriosa è la sorte, bello il destino, un altare la tomba: non lamenti, ricordo; il compianto è lode. Questo sepolcro non la ruggine, non il tempo che tutto doma intaccherà. Questo sacro recinto di eroi la gloria della Grecia ha scelto come abitatrice; ne dà testimonianza Leonida, re di Sparta, che di valore ha lasciato un grande ornamento e fama imperitura.”
(Simonide, fr.5 Dielh)

 

Temistocle

Temistocle nacque ad Atene nel 530 a.C e morì in esilio a Magnesia sul Meandro nel 462 a.C. Fu abilissimo politico e militare ateniese e primo promotore del provvidenziale sviluppo navale di Atene. Dopo la seconda guerra persiana di cui fu assoluto protagonista ricostruì le mura della città. Incredibilmente pochi anni  dopo, verso il 470, fu colpito da ostracismo e riparò ad Argo fino a quando fu costretto a fuggire presso il re persiano Artaserse, che, nonostante fosse uno dei suoi peggiori nemici, ne riconobbe il valore assoluto e gli concesse la signoria di Magnesia sul Meandro.

Dell'esilio di Temistocle ci parla lo scrittore greco Plutarco nelle sue “Vite Parallele”. Dopo la morte di Pausania furono pubblicati i carteggi con Temistocle, nei quali si parlava di trame volte a consegnare i greci, definita “gente gente maligna e ingrata” nelle mani dei Persiani. Pur trasparendo dai carteggi che Temistocle aveva nettamente rifiutato l'offerta di Pausania, sospetti e rancori continuarono ad accompagnare la vita politica di Temistocle che, poco dopo, venne definitivamente ostracizzato dalla città. Egli a questo punto cercò ospitalità presso uno dei suoi più acerrsimi nemici, il re dei Molossi Admeto, e in seguito presso il re di Persia. Temistocle morì suicida pochi anni dopo.

Maratona

Aldilà della grande abilità dello stratega Milziade, che surclassò gli strateghi persiani con coraggio e abilità, di questa battaglia è passato alla storia l'epilogo. Un combattente greco infatti, era uno dei più grandi atleti dell'epoca e, finita la battaglia, fu incaricato di correre da Maratona ad Atene a portare la notizia della vittoria. Filippide, questo era il suo nome, cominciò a correre forsennatamente su quel terreno aspro ed inospitale e si fermò solo 42 kilometri e 219 metri dopo, giunto ad Atene. Ma neanche il suo giovane fisico poteva sopportare quello sforzo e, dopo aver gridato “Abbiamo vinto!”, il soldatò perì per la grande fatica. Da questo episodio (probabilmente inventato da Erodoto, anche se vi sono diverse controversie sulla nascita di questo mito) deriva l'attuale maratona, la gara olimpica per eccellenza. 

 

Fonte: http://medialab.di.unipi.it/Project/Django/infouma/media/siti/guerre-persiane/persiani/Testi/Avvenimenti.doc

 

 

Guerre persiane

Il quinto secolo


Guerre Persiane

499‑494

Insurrezione ionica. Aristagora, tiranno di Mileto persuade gli Ioni d’Asia a ribellarsi alla Persia; Atene ed Eretria inviano navi in soccorso. Nel 498 i ribelli prendono e incendiano Sardi; Atene si ritira dalla guerra. Aristagora viene ucciso nel 496; le città ioniche vengono prese finché nel 494/3 capitola Mileto. Dario decide di vendicare sui Greci l’incendio di Sardi

492‑491

Dario invia un’armata al comando di Mardonio:  sottomissione della Tracia, della Macedonia, di  Taso; il tiranno del Chersoneso, Milziade il Giovane, fugge ad Atene dove diventa uno dei dieci strateghi;  naufragio della flotta persiana al monte Athos; Mar­donio torna in Asia. Nella primavera del 491 Dario ricostituisce l’armata; chiede la sottomissione delle città greche

490‑489

Prima guerra persiana: l’armata persiana devasta Nasso ed Eretria: sbarco in Attica: battaglia di Maratona

489‑488

Milziade II conduce una spedizione contro Paro; fal­lisce e, tornato, viene messo in stato d’accusa e muore per una ferita riportata in guerra.

487-481

Temistocle, capo dei “popolari” si libera degli avversari politici con l’ostracismo: Ipparco (487), Megacle (486), Santippo (484), Aristide (483); ottiene quindi di mandare a effetto il suo programma di costruzione della flotta (180 triremi entro il 481), impiegando i proventi delle miniere d’argento del Laurio (scoperta di nuovi filoni nel 483), mentre all’armamento provvedono cittadini ricchi (liturgie). Crescente importanza politica dei teti che sono impiegati come rematori.

485

Gelone tiranno di Siracusa

481‑480

Seconda guerra persiana: congresso delle città gre­che all’Istmo, per organizzare la difesa contro i preparativi di guerra di Serse (succeduto nel 485). Nella primavera del 480 Serse passa l’Ellesponto su un ponte di barche e giunge in Tessaglia.
Battaglie del capo Artemisio (vittoria della flotta greca), delle Termopili, di Salamina (fine settem­bre). Nello stesso giorno (?) Gelone di Siracusa sconfigge i Cartaginesi ad Imera.

479-478

Greci vincono i Persiani a Platea e Micale (ago­sto); assediano e prendono Sesto nell’Ellesponto (478)

477  

Costituzione della lega delio‑attica. Costruzione del­ le fortificazioni di Atene.
Ierone succede in Siracusa a Gelone.

476/475

Campagna di Cimone in Tracia: conquista Eione, alla foce dello Strimone, e l’isola di Sciro; Bisanzio aderisce alla lega ateniese.

474 

Vittoria di Ierone sugli Etruschi nelle acque di Cuma

472

Nasso si ribella: verrà sottomessa da Cimone nel  468

470

Ostracismo di Temistocle (divenuto vassallo del re di Persia, muore a Magnesia sul Meandro). Cimone, figlio di Milziade, prosegue la guerra contro i Persiani come capo della flotta confederata.

466  

Morto Ierone, in Siracusa si stabilisce un governo democratico.

465

Doppia vittoria di Cimone alle foci dell’Eurimedonte, nell’Asia Minore, sulla flotta e l’esercito persiani.

464 

Rivolta di Taso: è sottomessa da Cimone dopo due anni di assedio.
Un terremoto distrugge Sparta, decimando la popolazione; gli iloti della Messenia   e Laconia insorgono; gli spartani li assediano nella fortezza di Itome. 

463-461

Un esercito ateniese, mandato in aiuto di Sparta all’assedio della fortezza di Itome, viene rinviato dagli stessi Spartani per timore che si diffondano fra le truppe tendenze democratiche. Ad Atene, una forte opposizione, guidata dai “popolari” Efialte e Pericle (famiglia degli Alcmeonidi), mira a limitare i poteri dell’Areopago dominato dalle prime classi. Tutte le decisioni di carattere politico e giuridico sono demandate al Consiglio (Bulè), ai giudici popolari dell’Eliea e all’assemblea popolare (Ecclesia); la competenza dell’Areopago resta limitata alla giurisdizione sui reati di sangue.

461

Il fallimento della politica filospartana di Cimone ne provoca l’ostracismo.
Atene denuncia l’alleanza con Sparta e si allea con Argo, nemica tradizionale di Sparta. Efialte viene assassinato da un sicario armato dalle classi conservatrici.

Dopo le vittorie sui Persiani e la costituzione, nel 477, della lega delio-attica (in seguito anche al rifiuto spartano di impegnarsi in difesa dei Greci d’Asia), Atene diventa la città più importante dell’Ellade. Inizialmente gli alleati possono fornire, per la difesa comune, navi ed equipaggi; trovano però più comodo pagare un φόρος ad Atene, facendo sì che la flotta comune sia composta solo di marinai ateniesi: quando vorranno ribellarsi, Atene sarà già divenuta troppo forte.

Età di Pericle (461-429)

461

Dopo la morte di Efialte, Pericle prosegue da solo la riforma. Creazione di un’indennità giornaliera per i membri della Bulè e del Tribunale dei giudici popolari.

460‑457

Costruzione delle “Lunghe Mura” fra la città e il porto del Pireo.

458

Il processo di democratizzazione è definitivamente compiuto con l’ammissione all’arcontato della 3^ classe (zeugiti).

457

Atene è minacciata al nord dall’alleanza di Sparta con Tebe. Vittoria degli Spartani e dei Tebani a Tanagra, degli Ateniesi a Enofita. La Beozia, la Locride e la Focide vengono annesse ad Atene, che estende la sua egemonia su tutta la Grecia centrale.

456

Egina è costretta a entrare nella Lega delio‑attica (consegna della flotta). Conseguenze: è eliminata la concorrenza commerciale; il Pireo diventa il porto di transito più attivo di tutta la Grecia.

456-452

Atene appoggia per motivi politico‑commerciali la ribellione di Inaro in Egitto contro i Persiani (l’Egitto, insieme alla Sicilia e alla Russia meridionale è fra i maggiori produttori di grano). Distru­zione di due flotte ateniesi

454

Trasferimento del tesoro della Lega ad Atene (cessione di 1/60 del tributo alla dea Atena).

451

Legge sul diritto di cittadinanza: entrambi i genitori devono essere dell’Attica
Tregua di 5 anni con Sparta (ne è mediatore Cimone, ritornato dall’esilio, che muore poco dopo).

449

Doppia vittoria degli Ateniesi sui Persiani presso Salamina di Cipro

448

Pace di Callia fra la Persia e Atene. Le città greche dell’Asia Minore e di Cipro rimangono nell’Impero persiano che ne garantisce l’autonomia. Impegno reciproco di non intervento. L’Egeo è considerato un mare interno greco.

447

Il Congresso panellenico della Pace indetto ad Atene da Pericle (programma: consolidamento della pace, sicurezza dei mari, ricostruzione dei santuari distrutti dai Persiani) naufraga per l’opposizione di Sparta. Successivamente sollevazioni contro Atene (caduta degli oligarchi in Beozia, 447; secessione dell’Eubea e di Megara. 446) e invasione dell’Attica da parte di un esercito spartano.

445

Pace dei Trent’anni con Sparta: Sparta riconosce l’Impero ateniese e Atene l’egemonia di Sparta sul Peloponneso. Atene è, con la Persia e con Cartagine,  la terza grande potenza nel Mediterraneo. Non cessa però la rivalità tra Sparta e Atene.

444

Fondazione della colonia panellenica di Turi, in Magna Grecia

440

Samo si rivolta e viene costretta alla resa da Pericle.

437

Fondazione della colonia ateniese di Anfípoli, sulle coste della Tracia, non lontano dalle miniere d’oro del Pangeo

In politica estera, Pericle cerca di mantenere e rafforzare l’impero navale, anche con interventi molto duri (nel 456 Egina è costretta a entrare nella lega; nel 454 il tesoro della lega è trasferito da Delo ad Atene; nel 440 è spietatamente repressa la rivolta di Samo). Dal 447 al 445 (nella cosiddetta Prima guerra del Peloponneso), Pericle lotta su due fronti: contro i Persiani (fino alla Pace di Callia del 448, che fa dell’Egeo un lago ateniese), e contro Sparta ed alleati (fino alla Pace dei Trent’anni del 445, in cui Sparta riconosce l’impero ateniese, ma rimane potente e pericolosa). Dopo la pace di Callia con i Persiani, la Lega delio‑attica (ormai superflua come lega militare contro la Persia) si trasforma definitivamente in un impero. Vengono creati i distretti di Ionia, Caria, Isole, Tracia, Ellesponto per la riscossione dei tributi; viene riconosciuta l’egemonia ateniese sulle città collegate; viene gradualmente introdotto ovunque il sistema attico di monete, pesi e misure. Vengono fondate le colonie di Turi (444) in Magna Grecia e di Anfipoli (437) in Tracia, vicino alle miniere d’oro del Pangeo; dal 460 al 457 vengono costruite le Lunghe Mura, che uniscono Atene al Pireo, rendendola inespugnabile ed assicurando i rifornimenti via mare. La disponibilità di materie prime (miniere di Taso, Laurio, Sifnos) favorisce il sorgere di attività industriali e commerciali, sostenute da artigiani e naviganti (spesso meteci). Il Pireo diventa il primo porto dell’Egeo, anche perché lo strapotere militare ateniese impedisce ogni concorrenza.

In politica interna, Pericle, dopo essersi sbarazzato degli avversari (per ultimo l’ostracismo al suo avversario Tucidide di Melesia nel 443), basa il suo potere sul consenso popolare. Rieletto ogni anno stratega, guida il popolo, nell’ Ἐκκλησία, con le sue capacità oratorie. Il potere politico viene gradualmente trasferito all’ Ἐκκλησία e al tribunale popolare dell’Eliea (nel 461 riduzione dei poteri dell’Areopago e creazione di un’indennità giornaliera per i membri della Bulè e del Tribunale dei giudici popolari; nel 458 ammissione all’arcontato della 3^ classe, gli zeugiti ). Pericle crea un vero e proprio stato assistenziale, garantendo una certa sicurezza economica anche ai membri più poveri del δῆμος: innanzitutto ci sono le indennità (μισθοί) per chiunque ricopra una carica pubblica; poi ci sono vere e proprie pensioni di invalidità; numerosi cittadini vanno nelle colonie o diventano cleruchi (concessionari di terre in zone soggette ad Atene); non vanno inoltre dimenticati i grandiosi progetti di rifacimento dell’Acropoli, con la costruzione di templi ed edifici pubblici che assicurano per anni lavoro e paga a un gran numero di operai e di artigiani (ma pesano gravemente sulle finanze).
Lo stato si finanzia con le tasse sui meteci che lavorano ad Atene, ma soprattutto attraverso i φόροι degli alleati. Inoltre, nel 451, viene promulgata una nuova legge che limita il numero dei nuovi cittadini: per avere la cittadinanza ateniese (e godere quindi dei vantaggi dello stato assistenziale), entrambi i genitori devono essere dell’Attica. Conseguenze: perdita dei diritti civili per gli Ateniesi figli di madre straniera; i vantaggi sociali (indennità e assegnazioni di frumento) sono limitati ad una minoranza e si ha pericoloso frazionamento della compagine sociale.

Dal punto di vista culturale, il periodo che va dalla fine delle Guerre persiane all’inizio della Guerra del Peloponneso è conosciuto col nome di πεντηκονταετία, ed è stato considerato come uno dei periodi più significativi della storia della civiltà occidentale.
Intorno a Pericle e ad Aspasia si raccoglie un circolo di intellettuali di cui fanno parte grandissime personalità: Erodoto di Alicarnasso, Anassagora di Clazomene, Ippodamo di Mileto, Sofocle, Fidia. Si afferma un sistema di valori e uno stile di vita a cui faranno riferimento, uomini di ogni luogo e di ogni epoca.
Nel clima dell’Atene periclea, secondo Tucidide, l’autonomia dell’individuo nella sua vita privata si contempera con un vigoroso senso civico di rispetto della legge e di obbedienza ai magistrati; ciascuno unisce la cura degli interessi familiari a una presenza attiva nella vita politica: le magistrature sono aperte a tutti. La vita si svolge serena: abbondanti giungono le derrate alimentari da ogni parte della terra; alle fatiche in cui si impegnano i suoi cittadini Atene offre frequente sollievo con agoni e feste religiose. Gli Ateniesi non amano lo sfarzo ma il bello; amano la cultura ma senza estraniarsi dalla vita attiva. Insomma, la città tutta quanta è per la Grecia un modello di come si deve vivere, è «la scuola dell’Ellade».
Si tratta ovviamente di una visione idealizzata, ma basata su fatti reali; d’altronde i valori di equilibrio e di armonia su cui si basa lo stato ateniese sono confermati dalla letteratura e dall’arte contemporanea. Si consideri, ad esempio, l’armonia architettonica del Partenone, la forza calma e sicura delle sue sculture, l’elegante organicità compositiva dell’insieme. Con significativa novità il fregio del tempio invece che scene del mito rappresenta tutta la città che nelle Panatenee si reca in processione a rendere omaggio alla sua dea. L’espressione pensosa delle figure umane, il loro sguardo intenso, da cui traspare una bellezza interiore, il panneggio sinuoso e ondeggiante nelle clamidi dei cavalieri, il nudo eroico di giovani corpi, il panneggio ancora, sciolto oppure ricco di pieghe ordinate e profonde, colto nell’avanzare solenne del corteo offrono un bilanciarsi di slancio e di compostezza ieratica, un esempio di quel controllo delle emozioni che costituisce il carattere distintivo di un’opera classica, ma vogliono essere, di fatto, l’illustrazione di quella concordia civica, di quella fede serena, di quella padronanza di sé, di quell’ideale di energia e di misura, di bellezza e di intima serietà che aveva vivificato in quegli anni la società ateniese.
La democrazia periclea si estende anche all’ambito culturale: non esiste frattura fra persone colte e incolte. I poeti scrivono per tutta la popolazione e questa è il loro pubblico. Ogni Ateniese, come è capace di assumere (in seguito a sorteggio) la responsabilità di membro della Βουλή o addirittura di primo cittadino dello Stato, così è in grado di comprendere i suoi poeti (e non si tratta certo di poesia facile, «popolare»).

Guerra del Peloponneso  (431-404)

435-432

Guerra fra Corinto e Corcira, colonia dei Corinzi; Corinto, vinta, prepara la riscossa, e i Corciresi chiedono l’alleanza ateniese.  Gli Ateniesi decidono di aiutare Corcira e intervengono in  uno scontro navale contro i Corinzi.   Alleanza di Atene con Zacinto, Reggio e Leontini.   Potidea, nella penisola calcidica, istigata dalla Ma­cedonia e da Corinto, si ribella ad Atene. Su pro­posta di Pericle, si vieta l’accesso ai porti della lega ateniese ai Megaresi, staccatisi precedentemente da Atene

432

Spartani e Peloponnesiaci decidono di fare la guerra (benché i primi siano meno favorevoli, preoccupati per la diminuzione della popolazione, timorosi di nuove rivolte degli iloti, coscienti dell’esiguità delle loro risorse finanziarie). Piano di guerra di Pericle: evacuazione degli abitanti dell’Attica entro la cinta delle mura che chiudono Atene e il Pireo. Impiego della flotta contro il Peloponneso. Ordine di evitare uno scontro con l’esercito spartano superiore per numero e armamento.


431-404

GUERRA DEL PELOPONNESO

431-421

Guerra archidamica. Gli Spartani, guidati dal loro re Archidamo devastano ogni anno l’Attica, mentre gli Ateniesi colle flotte fanno scorrerie lungo le coste del Pelo­ponneso. Nel 430 e nel 429 la peste decima la popolazione di Atene; ne muore Pericle (settem­ bre 429). Nel 427 Platea, in Beozia, si arrende ai Peloponnesiaci dopo un assedio triennale; Mitilene, ribellatasi l’anno innanzi, viene duramente sotto­ messa. A Corcira si verificano sanguinose e feroci lotte fra democratici e oligarchici: i primi, vittoriosi, mantengono l’alleanza ateniese (425). Si combatte in Acarnania. In Sicilia Leontini, in guerra con i Siracusani, chiede aiuto ad Atene, che invia una spedizione (427); ma nel 424 i Sicelioti a Gela si riconciliano fra di loro. Nel 425 gli Ateniesi bloccano a Sfacteria, di fronte a Pilo, gli Spartani; Cleone fa prigionieri i superstiti, tra cui 120 opliti spartani. Insuccessi ateniesi nella Megaride e in Beozia; nel 424 lo spartano Brasida, dopo una lunga marcia attraverso tutta la Grecia, strappa agli Ateniesi Anfipoli e altre città della Calcidica. Cleone è inviato a combatterlo nel 422, ma è vinto sotto Anfipoli; e muore in battaglia insieme a Brasida.

421

Pace di Nicia: Sparta ed Atene si impegnano a restituire le conquiste fatte durante la guerra.

420‑415

I patti della pace non vengono mantenuti. Gli Atemesi si alleano con gli Argivi, ma non li aiutano efficacemente; gli Spartani vincono a Mantinea (418) e costringono Argo ad un’alleanza. Contese in Atene fra Alcibiade, Nicia e il capo democratico Iperbolo che viene ostracizzato (417). Spietata conquista ateniese dell’isola di Melo (416‑15).

415-413

Guerra siciliana. Alcibiade promuove un  intervento in Sicilia, in aiuto di Segesta, attaccata dai Siracusani;  partito al comando dell’armata, viene però subito richiamato per  accusa di sacrilegio, e fugge a Sparta. Gli Ateniesii pongono  l’assedio a Siracusa, sotto Nicia, ma i Siracusani, aiutati da Sparta, si  difendono valorosamente; nel 414 passano alla controffensiva,  bloccando la flotta ateniese nel Porto Grande, e annientandola  nell’agosto del 413; nel settembre viene distrutto l’esercito ateniese  di terra. 

413-404

Guerra deceleica. Gli Spartani entrano  in guerra e, su suggerimento di Alcibiade, occupano in permanenza la fortezza di  Decelea, nel territorio attico, devastando la cam­pagna e interrompendo i rifornimenti di argento dal Laurio. D’intesa coi Persiani, staccano da Atene quanti possono dei Greci d’Asia;  gli Ateniesi allestiscono una flotta, ormeggiata a  Samo, rimasta fedele.
Nel 411 in Atene ha luogo  in maggio una rivoluzione oligarchica, che instaura  una bulè di 400 membri; la cittadinanza viene ri­dotta a 5000 cittadini in possesso di un certo censo.  La flotta di Samo rimane democratica, e invita a  rientrare in patria Alcibiade. I Quattrocento sono rove­sciati dallo stratega Teramene, che instaura nel set­tembre del 411 una oligarchia moderata. Gli Ate­niesi sconfiggono la flotta spartana a Cinossema e ad Abido (411, autunno), e a Cizico (410). Si ristabilisce in Atene la costituzione democratica (luglio 410): viene riconquistata nel 409 Bisanzio. Nel giugno del 408 Alcibiade rientra trionfalmente in Atene, ma nel 407 il suo luogotenente Antioco viene sconfitto da Lisandro a Notion, presso Efeso; Alcibiade si ritira nel Chersoneso.
Nel 406 gli Ateniesi vincono la flotta spartana, presso le Arginuse; ma gli strateghi vittoriosi vengono condannati a morte, per aver omesso di raccogliere in tempo i naufraghi ateniesi dispersi sul mare da una tempesta. Nel 405 Lisandro, con una nuova flotta allestita grazie al denaro persiano, annienta la flotta ateniese a Egospotami: nell’autunno blocca il Pireo. Nell’aprile‑maggio del 404 Atene si arrende prostrata dalla fame: i Peloloponnesiaci distruggono le Lunghe Mura e insediano  il governo oligarchico dei Trenta.

 
Lo scoppio della Guerra del Peloponneso (431) è presto seguito dalla morte di Pericle (429); con essa scompare l’uomo che aveva saputo tenere sostanzialmente unita la πόλις in un equilibrio di libertà per ciascun cittadino, di ordine sociale e di consenso nell’indirizzo politico. Il successore è Cleone e da allora la città comincia ad essere agitata dalla demagogia e dalla discordia dei partiti. Alla moderazione verso i confederati si sostituisce l’arroganza e la compagine della lega di Delo viene tenuta insieme con la minaccia e con l’esempio di crudeli repressioni.
La guerra del Peloponneso, poi, «è maestra di violenza» (Tucidide). Cresce l’egoismo, si perde l’antica onestà. Si inseriscono in questa situazione le idee portate dalla sofistica, che è sì un grande movimento di fede illuministica nelle possibilità dell’uomo, ma è anche una grande forza disgregatrice nei confronti dei valori tradizionali (il νόμος) in nome dell’individualismo. Viene messo in discussione tutto l’antico sistema educativo, la vecchia παιδεία, le norme di condotta di una volta fondate sul senso della misura.
Declina in certi ambienti il rispetto per la religione e la stessa devozione alla patria, si giunge a gesti sacrileghi: dei giovani in case private si danno a parodie dei misteri sacri; poco prima che le navi prendano il mare per la spedizione in Sicilia, le erme della città in una sola notte vengono mutilate (415); altri si sente impegnato verso la πόλις solo finché gliene viene un utile politico. Alcibiade, implicato nello scandalo delle erme, fugge a Sparta, la sobilla contro Atene e dichiara in pubblico che non ha amor di patria in quanto è stato offeso.
Il disagio, l’insoddisfazione, l’inquietudine entra negli animi. Intanto la città si esaurisce in una fanatica ostinazione ad insistere nella guerra. Sul declinare del secolo Atene è costretta alla resa (404): l’età di Pericle è solo un ricordo.

 

fonte: http://www.siena-art.com/liceo/documenti/GreciaVsec.doc

 

Storia  Greca

 

La Grecia Antica (3500-1150 a.C.), comprendeva anche molti paesi abitati dai Greci, come la costa occidentale dell’Asia Minore, le isole del Mar Egeo e del Mar Ionio, quasi tutte le città dell’Italia meridionale (Magna Grecia) e della Sicilia, ecc. La Grecia, per la sua natura montuosa, è un paese poco fertile, che costrinse sempre i suoi abitanti a dure fatiche per procacciarsi i mezzi di nutrimento. Tanta povertà naturale doveva spingere i Greci ad emigrare dal proprio paese e a dedicarsi agli scambi commerciali. La configurazione geografica della Grecia ha molta importanza per la storia di questo paese. Il territorio prevalentemente montuoso, le coste assai frastagliate, ecc., contribuirono a mantenere divisi tra loro gli abitanti, e, quindi, a formare numerosi stati indipendenti, che mantennero sempre un vivissimo amore per la libertà. Il frazionamento geografico fu causa principale del frazionamento politico. Gli abitanti della Grecia appartengono alla grande famiglia ariana o indoeuropea. Essi, nell’età storica, ci appaiono divisi in quattro stirpi, separate fra loro da differenze dialettali: Achei, Eoli, Ioni, Dori. L’Età Egeo-Cretese (3500-1450 a.C.); l’Età Micenea od Omerica (1500-1150 a.C.), verso il 1500 a.C. il centro della civiltà egea si sposta da Creta nella Grecia peninsulare e più particolarmente nel Peloponneso, dove sorgevano le città di Micene e di Tirino, abitate da popolazioni acheee. La civiltà micenea ha carattere nettamente guerresco. Gli Achei erano bellicosissimi. La Migrazione Dorica (1150-500 a.C.); verso il 1500 a.C. la civiltà micenea si estinse rapidamente. Gli antichi ne attribuirono la causa a una serie di spostamenti di popoli, e particolarmente alla cosiddetta migrazione dorica, perché lo spostamento maggiore avvenne per opera dei Dori. Essi dicevano che i Dori, che abitavano la Tessaglia, erano passati nel Peloponneso, allora abitato dagli Achei; la migrazione dorica segnò per la Grecia l’inizio di una serie di trasformazioni politiche. La maggiore trasformazione che si compì tra i secoli X e VII a.C. fu la creazione dello stato-città (polis), ossia lo stato che si riduce solitamente ad una sola città da cui dipendono nel territorio circostante più o meno numerosi villaggi (demi). Altre trasformazioni politiche, che si succedettero tra i secoli X e VI a.C. furono il graduale trapasso dalla monarchia alla repubblica democratica. Tale trapasso si svolse approssimativamente nel seguente ordine: dalla monarchia alla repubblica aristocratica; dalla repubblica aristocratica alla tirannide; dalla tirannide alla repubblica democratica.
Lo Stato di Sparta : la Laconia, che ebbe come capoluogo la città di Sparta, è una regione del Peloponneso. La città di Sparta prima dell’invasione dorica si chiamava Lacedemone e a differenza delle altre città greche non aveva né mura né acropoli, né altre difese, perché la sua posizione fra i monti la rendeva naturalmente invulnerabile. La costituzione dello stato spartano è attribuita dalla tradizione a Licurgo (sec. IX), personaggio forse più mitico che storico. Licurgo si propose di affidare tutto il potere ai soli Spartani e perciò ripartì il governo fra i seguenti corpi politici: due re ereditari, appartenenti a due dinastie distinte, che fin dai tempi antichi si erano divisi il potere. Avevano poteri assai limitati. La Gerusia o Consiglio degli Anziani che era formata dai due re e da 28 membri nominati a vita dall’assemblea popolare tra i cittadini spartani che avessero superati i 60 anni di età. Essa trattava gli affari più importanti dello stato, preparava i progetti di legge da sottoporre all’assemblea del popolo. L’Apella o Assemblea popolare che era formata da tutti i cittadini spartani che avessero superato i 30 anni di età, e che era convocata una volta al mese per il plenilunio. Essa eleggeva i membri della Gerusia ed altri magistrati o rigettava senza discussione le proposte che i gerenti le presentavano, deliberava della pace e della guerra, ecc. Gli Efori o Ispettori in numero di 5, che erano eletti ogni anno dall’assemblea popolare.
Lo Stato di Sparta:  l’Attica, che ebbe come capoluogo la città di Atene, è una regione della Grecia centrale. Il paese, prevalentemente montuoso, è assai poco fertile, mentre le coste ricche di buoni porti sono molto favorevoli alla navigazione, per cui gli abitanti, non potendo ricavare dalla terra il necessario per vivere, si dedicarono molto presto ai traffici marittimi. La città di Atene sorgeva sopra un colle sacro alla dea Atena (Acropoli). Gli abitanti dell’Attica, nei tempi più antichi, erano sparsi in diversi villaggi o demi, ciascuno dei quali costituiva un’unità politica indipendente e aveva un proprio re. Il leggendario re Teseo, secondo la tradizione, riuscì a riunire questi demi primitivi in un solo stato, operando l’unificazione politica della regione (sec. IX- VIII); e a ricordo di tale avvenimento furono istituite le feste Panatene, che si celebravano in onore di Atena. L’ultimo re –sempre secondo la tradizione- fu Codro, che avrebbe sacrificato la vita per la salvezza della patria. Dopo la sua morte gli Ateniesi, giudicando che nessuno fosse degno di portare il nome di re,  avrebbero soppresso la monarchia e istituito la repubblica. Intorno al 700 a.C. con l’istituzione della Repubblica il governo passò a un collegio di nove arconti (=capi), che erano scelti fra i nobili e che duravano in carica un anno. I primi tre arconti, che avevano maggiore autorità, erano: l’arconte eponimo (cosiddetto perché col suo nome si designavano gli anni), che presiedeva l’intero collegio; l’arconte basiléus(=arconte re), che attendeva al culto; l’arconte polémarco, che aveva il comando dell’esercito in pace e in guerra. Gli altri arconti erano detti tesmotéti (=custodi delle leggi) e amministravano la giustizia. I nove arconti quando finivano l’anno di carica, andavano a far parte dell’Areopàgo (cosiddetto dal colle di Ares, o Marte, dove teneva le sue sedute), il quale fungeva da tribunale per i reati più gravi. Ma questo tipo di governo oligarchico, che permetteva danni e soprusi a danno degli altri cittadini, suscitò un forte malcontento nel popolo, che chiese leggi scritte uguali per tutti. Nel 624 l’arconte Dracone fu incaricato di compilare un codice scritto; ma le sue leggi apparvero così severe verso il popolo che fu necessario abolirle.
La Costituzione di Solone: il merito di aver operato una vasta e profonda riforma, che nella storia di Atene ha la stessa importanza di quella attribuita a Licurgo in Sparta, spetta all’arconte Solone (sec. VI). Si propose di sostituire al criterio della nobiltà di sangue quello della ricchezza (criterio timocratico: discriminazione non in base alla nascita ma alla ricchezza), in modo che non solo i nobili, ma tutti i cittadini potessero partecipare al potere proporzionalmente alle sostanze da essi possedute. Egli divise la cittadinanza in quattro classi, affidando alla  prima le cariche più alte dello stato, alla seconda e alla terza le cariche minori, e alla quarta (i cosiddetti theti) nessuna carica. Ripartì quindi il governo di Atene fra i seguenti corpi politici:

  1. L’Areopago,composto dagli arconti usciti di carica, che continuò, come prima, a fungere da tribunale per i reati più gravi, ma ebbe inoltre il diritto di veto sulle deliberazioni della Bulé e dell’Ecclesia.
  2. L’Arconato, composto di membri della prima classe, con poteri immutati.
  3. La Bulé ( o Senato), composta di 400 membri, eletti ogni anno dall’assemblea popolare tra i cittadini delle prime tre classi che avessero compiuto i 30 anni di età.
  4. L’Ecclesia (o Assemblea popolare), composta di tutti i cittadini (compresi i theti), che avessero compiuto i 20 anni d’età. Essa eleggeva i magistrati (arconti, senatori, ecc.), e deliberava sulle proposte di legge presentate dalla Bulè.

Ma la costituzione di Solone, se aveva il merito di dare a tutti i cittadini la possibilità di ascendere da una classe inferiore a quella superiore mediante l’aumento del reddito, aveva il torto di lasciare insoddisfatta l’ultima classe. Approfittando di tale malcontento, un nobile ambizioso di nome Pisìstrato, riuscì con astuzia a farsi tiranno di Atene, rimanendo al potere per oltre trent’anni (561-528) Egli, pur lasciando sussistere le leggi di Solone, governò molto saggiamente. Gli successero i figli Ipparco ed Ippia, ma il loro governo dispotico indignò gli Ateniesi, che si ribellarono. Dopo la cacciata dei Pisìstratidi, fu eletto arconte Clìstene (509) che introdusse nella costituzione di Solone delle riforme ancor più democratiche, abbassando i limiti di censo, in modo che un maggior numero di cittadini potesse partecipare al governo.
LE GUERRE PERSIANE: (499-449 a.C.) causa delle guerre persiane furono le colonie greche dell’Asia Minore, che erano state sottomesse dai Persiani. Nel 499 a.C. Mileto ed altre colonie greche si ribellarono a Dario, ottenendo l’aiuto di Atene, che mandò alcune navi; ma dopo lunga ed eroica resistenza dovettero nuovamente piegarsi al dominio persiano. Dario pensò di prendere a pretesto l’aiuto che Atene aveva portato alle città ribelli per assoggettare anche la Grecia.
PRIMA GUERRA PERSIANA: Nel 492 Dario organizzò una prima spedizione, terrestre e marittima, contro la Grecia, ma l’una e l’altra spedizione fallirono.  Nel 490 Dario ne organizzò una seconda a Maratona, sulla costa orientale dell’Attica, dove avvenne lo scontro tra Persiani e Ateniesi. I Persiani furono sconfitti dall’abile strategia militare del valoroso comandante Milziade.
SECONDA GUERRA PERSIANA: Serse, figlio di Dario, riprese i preparatici contro la Grecia e nel 480 avanzò verso la Tracia e la Macedonia, mentre i Greci opponevano resistenza al passo delle Termòpili. I Persiani riuscirono a varcare le Termòpili e dilagarono nella Grecia centrale ed occuparono Atene; ma dieci anni dopo la battaglia di Maratona ebbe luogo la famosa battaglia di Salamina (480) che finì con la piena vittoria dei Greci di Temistocle (che comandava la flotta Ateniese).
L’età di Pericle: il periodo di tempo che va dalla conclusione delle guerre persiane al principio della guerra del Peloponneso è il periodo più splendido della storia greca, specialmente di quella ateniese. Esso prende il nome di età di Pericle, dall’uomo che governò per un ventennio la città di Atene (449-429).
LA GUERRA DEL PELOPONNESO:  (431-404 a.C.), Causa della guerra del Peloponneso fu l’antica e sempre viva rivalità tra Atene, che era il centro del partito democratico, e Sparta, che era il centro del partito aristocratico. Nel 431 a.C. Sparta, in seguito ad una contesa per l’isola di Corcira (Corfù), dichiarò guerra ad Atene. Tale guerra, che ebbe il suo centro nel Peloponneso, ma che si estese a tutta la Grecia, compresa l’Asia Minore e la Sicilia, si suole dividere in tre periodi:

  1. Guerra decennale (431-421)
  2. Spedizione di Sicilia (415-413)
  3. Guerra deceleica (413-404)

 

Fonte: http://www.francesca.larosamazza.com/wp-content/uploads/2009/04/storia-greca.doc

 

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