Grande Guerra e Primo Dopoguerra

 

 

 

Grande Guerra e Primo Dopoguerra

 

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Grande Guerra e Primo Dopoguerra

La fase Neutralista:
il 28 LUGLIO 1914 (un mese dopo l'attentato di Sarajevo) l'austria chiedeva guerra alla serbia, il conflitto dilaga in tutta l'Europa e fece sbocciare delle tensioni internazionali alimentate da crescenti nazionalismi economici tra triplice intesa e alleanza.
In ITALIA c'era una posizione neutralista, non avendo il governo causato gli estremi applicativi del trattato di Alleanza con gli imperi centrali (l'austria aveva compiuto un'azione aggressiva senza prima consultare l'alleanza e il patto era difensivo). In questa fase le industrie italiane riuscirono a smaltire gli stock di merci accumulate nei mesi precedenti e alcuni comparti attraversando una congiuntura espansiva.
I Neutralisti:

  • maggioranza parlamentare giolittiana
  • socialisti
  • cattolici

Gli Interventisti:

  • irredentisti democratici (ideali risorgimentali)
  • liberali conservatori (Salandra)
  • nazionalisti (mire imperialistiche)
  • sindacalisti rivoluzionari
  • circoli culturali irrazionalisti  e antipositivisti
  • industriali che vedevano nella guerra la soluzione alla fase recessiva del 1913-1914 (rianimare l'economia smerciando prodotti industriali

ma la previsione degli industriali era infondata: l'Italia avrebbe corso il rischio, se non avesse compiuto una scelta di campo, di ritrovarsi in una situazione economica di isolamento sui mercati internazionali delle fonti energetiche e delle risorse alimentari. In più:

  • gli scambi erano diventati meno sicuri e più costosi → difficoltà nel trovare i mezzi di trasporto
  • limitata esportabilità delle materie prime di interesse strategico
  • complicazioni monetarie e creditizie
  • aumento dei prezzi conseguente all'accresciuta domanda
  • contestuale diminuzione dell'offerta

il potenziale industriale era relativamente modesto nonostante i passi avanti fatti in età giolittiana:

  • ritardi da colmare
  • carattere marcatamente dualistico dello sviluppo (nord a livello europeo a sud arretrato)

le rimesse degli espatriati e il turismo vennero meno in concomitanza con la necessità di accrescere le importazioni.
Lo scoppio della guerra nel 1914 portarono a panico e incertezza, ciò portò ai seguenti provvedimenti:

  • sospensione della convertibilità della lira per tutelare le riserve auree
  • abbandono del gold standard (anche da parte degli altri paesi tranne gli Usa), sistema internazionale monetario passa da cambi fissi a cambi fluttuanti → difficoltà per il commercio mondiale
  • aumenta il tasso di sconto

si preparò un decreto di moratoria che consentiva alle banche esclusi gli istituti di emissione di limitare i rimborsi dei depositi al 5% dell'ammontare di ciascun conto e di prorogare di 20 giorni la scadenza delle cambiali.
Ciò fu una prova difficile per il sistema bancario italiano, brillantemente superata in virtù della tempestiva e prudenziale azione della banca d'italia (assicurò la stabilità di sistema) Fiducia degli intermediari finanziari.

Il Finanziamento della guerra e il ruolo dello Stato
Il 24 MAGGIO 1915 l'Italia entra in guerra a fianco della francia e della Gran Bretagna in seguito al Patto di Londra il 16 APRILE, che da una guerra di movimento diventò una guerra di trincea. La guerra portò a delle implicazioni finanziarie:

  • finanziamenti per le operazioni belliche fecero aumentare considerevolmente il debito pubblico e l'offerta di moneta riducendo le riserve metalliche delle banche
  • si spese 1/3 del intero reddito nazionale
  • l'economia venne sottoposta ad un sempre più diretto controllo dello stato e trasferisce così le risorse dall'ambito privato a quello pubblico

ci fu una riorganizzazione del sistema produttivo:

  • fissa prezzi e salari
  • blocca i tradizionali meccanismi di mercato

le fonti di finanziamento (politica di finanziamento tedesca no inglese che utilizzava in via prioritaria lo strumento fiscale) erano:

  1. indebitamento pubblico (prestiti nazionali) 2/3: tra la fine del 1914  e la fine del 1917 furono emessi 5 prestiti nazionali collocati sul mercato da un consorzio guidato dalla banca d'italia, sommato ad un indebitamento estero (prestito dall'accordo con gli alleati) di 24 miliardi (2/3 GB e 1/3 USA per finanziare le importazioni di materie prime e derrate alimentari). Il debito pubblico passò dall'81% del PIL al 125% nel 1920.La sottoscrizione dei prestiti attuata dal consorzio ebbe successo grazie a:

- propaganda patriottica
- incentivi più o meno espliciti prospettati alle imprese (mancato aggravo di imposte  in caso di positivo collocamento del debito e generare anticipazioni garantite sui titoli di stato da parte degli istituti di emissione).

  1. Impostazione tributaria 1/6
  2. Emissione di moneta a corso forzoso 1/6 avrebbe il disaggio nei confronti dell'oro che comportò la perdita di potere della lira. La valuta italiana si svalutò su tutte le piazze. Nitti creò nel 1917 l'ISTITUTO NAZIONALE DEI CAMBI con lo scopo di gestire il regime di monopolio le operazione di compravendita delle divise estere per tenere sotto controllo le differenze di cambio → solo nel 1918 grazie agli Usa  la lira potè rialzarsi.

Con la Guerra la circolazione cartacea quadruplicò. Con i decreti governativi si elevò il limite delle anticipazioni che gli istituti di emissione erano tenuti a fare al Tesoro senza obbligo di copertura metallica.

  • L'accresciuta domanda di beni di consumo di fronte ad una diminuzione di produzione
  • più elevati costi dei trasporti marittimi
  • incremento della circolazione cartacea

fecero salire i prezzi, a poco valsero i provvedimenti presi per contenere i prezzi e assicurare il rifornimento alla popolazione, così nacque il mercato nero, l'incetta di prodotti.

Un'Industrializzazione a Tappe Forzate
anche l'economia di guerra era in fase neutralista:

  • rarefazione di numerose merci
  • difficoltà di approvvigionamento di carbone e derrate alimentari

portarono a provvedimenti per assicurare un sufficiente livello di generi alimentari

  • aumento della produzione nazionale
  • riduzione del dazio d'importazione sul grano (aumentarono le importazioni nette)
  • mobilitazione agraria

riguardo quest'ultima, la produzione agricola subì una grave diminuzione complessiva a causa di:

  • riduzione delle aree coltivate a causa dell'occupazione nemica
  • calo delle rese di diversi prodotti
  • spopolamento delle campagne per la leva obbligatoria
  • diminuzione di disponibilità di fertilizzanti e di forza motrice animale

la MOBILIZZAZIONE INDUSTRIALE enfatizza il nuovo ruolo economico assunto dallo stato, visto come un'azienda economica colossale dalla quale dipendono moltissime aziende individuali.

  • Le fabbriche ausiliarie erano privilegiate nella fornitura di materie prime e nell'esecuzione delle maestranze del servizio militare
  • comitati regionali per la m.i. Che ripartivano commesse e vigilavano sulla disciplina degli operai
  • lavoro subordinato alle prioritarie esigenze produttive belliche
  • abolito il diritto di sciopero per i dipendenti delle industrie ausiliarie

L'ideatore della mobilizzazione fu il generale Alfredo Dallolio a capo del sottosegretariato per le armi e munizioni trasformato nel 1917 in ministero con le seguenti competenze:

  • fissare e far rispettare le scadenze delle forniture militari
  • requisire le risorse ritenute necessarie per l'equipaggiamento dell'esercito e della marina
  • attivare nuovi impianti in grado di affiancare le imprese private nella produzione bellica

Le commesse statali rilanciarono il settore industriale oltre a consentire agli imprenditori di realizzare ingenti profitti grazie anche ad:

  • accettazione senza discussione dei prezzi richiesti
  • anticipazioni
  • contribuire all'ammortamento dei nuovi impianti
  • in più l'aumentata quota non tassabile degli utili destinati all'investimento fece si che questa fu reinvestita → aumentano gli investimenti

in più aumentano i vantaggi per le imprese di notevoli dimensioni già alla vigilia del conflitto, che erano più arretrate sul piano tecnologico e amministrativo. Esse assorbirono numerose altre società, dando il via ad un decollo in italia della grande industria.

I progressi nel comparto chimico, meccanico, elettrico e siderurgico vennero ottenuti grazie a ingenti profitti conseguiti e all'abbondante liquidità:

  • Terni: ghisa e acciaio
  • Ilva: ghisa e acciaio, robusta integrazione orizzontale e verticale
  • Ausaldo: (perrone) colosso siderurgico, sistema verticale a ciclo completo, formato da 3 poli: meccanico, siderurgico e marittimo
  • Fiat: meccanico
  • Breda: assunse carattere polisettoriale, dalle locomotive a produzione bellica
  • Caproni: aereoplani
  • Montecatini: chimico, necessità di esplosivi a scopo bellico. È il perno dello sviluppo della chimica italiana, incorporando società e assumendo una posizione alta nella fabbricazione di fertilizzanti e vari prodotti tipici nel dopoguerra
  • Comparto elettrico. Raddoppia la produzione con l'energia idroelettrica (italianizzate le società controllate dai tedeschi).

Le esigenze belliche imposero al settore secondario di superare a tappe forzate i problemi ancor presenti in alcuni comparti. Grazie al dinamismo di non pochi imprenditori privati e al notevole sforzo dello stato il potenziale produttivo potè essere incrementato e riqualificato. Il rafforzamento delle basi industriali del triangolo veneto, emilia e toscana però rafforzarono il divario nord e sud.

Durante la guerra il sistema bancario constatò una crescita dell'attivo degli istituti di emissione connessa all'aumento della circolazione cartacea, ed un'espansione delle banche di credito ordinario.
Banca Italiana si sconto (bis): si legò strettamente all'Ausaldo alla quale erogava crediti illimitati e i Perrone   acquisirono il 40% del capitale azionario della banca
Credit: tentò di essere scalata dalla Fiat. Dietro questi interessi era evidente l'obbiettivo di far pendere a favore dei maggiori industriali l'ago della bilancia nei rapporti con le banche e du consolidare le posizioni acquisite a scapito delle industrie riali.

Le conseguenze economiche della guerra in Europa.
La guerra portò:

  • 20 milioni di morti
  • milioni di ivalidi
  • traumi psichici (disagio sociale e disadattamento)
  • danni materiali, volontà dei vincitori di quantificare ogni tipo di distruzione e far pagare ai vinti.

Venne imputata alla Germania (all'epoca nel 1918 repubblica di Weimar e formata da un assemblea costituente a maggioranza social-democratica) la responsabilità della guerra e dunque vennero effettuate le varie ripartizioni con il TRATTATO DI VERSAILLES, riparazioni in :

  • natura
  • contanti

Vennero stabiliti in contanti ben 132 milioni di marchi-oro (il doppio del reddito nazionale della germania.
Keynes nel suo libro “the economy conseguences of the peace” del 1919 esprime il suo disaccordo. Nel libro lui dice che i vincitori non sisono preoccupati di ricreare le condizioni per una ripresa dell'economia europea e per garantire una pace duratura, e che avrebbe innescato una forte tensione.
In più la germania già nel 1922  a seguito di restrizioni economiche imposte non fu più in grado di ricavare quel surplus sufficiente a versare le rate annuali delle riparazioni, così chiese la moratoria e le truppe francesi e belghe invasero il bacino della Ruhr (resistenza passiva della popolazione)
Da entrambe queste cause derivò il Tracollo del Marzo:

  • abbandono del regime a cambi fissi
  • deprezzamento delle monete
  • difficoltà dei sistemi bancari
  • cessata stabilità dei rapporti economici finanziari
  • devastazione delle reti dei trasporti ferroviari e marittimi
  • frammentazione dei grandi imperi

La guerra fu uno spartiacque tra i 19esimo e il 20esimo secolo sotto il profilo economico. L'europa è indebolita e con molti problemi. Durante la guerra la dipendenza economico-finanziaria dagli USA ridimensionò il ruolo della Gran Bretagna (si sposta il baricentro). Gli USA ebbe i maggiori benefici della guerra: creditori e avanzi commerciali.

  • Gran bretagna, francia e italia hanno debiti con gli Usa
  • la Francia e l'Italia hanno debiti con la Gran Bretagna

GB,F e I credevano che gli USA non reclamassero il pagamento dei crediti connessi durante la guerra (non superavano comunque i soldi che dovevano per la riparazione), ma gli Usa forzarono i debitori a regolare le loro pendenze pena la rinuncia a intrattenere rapporti con il mercato americano (indispensabile erogatore di capitali).
Ci fu una riconversione difficile dell'apparato industriale per ripristinare la produzione di pace, a causa di:

  • concorrenza dei paesi neutrali che stimolati dalla crescente domanda di materie prime, derrate alimentari e prodotti finiti accrescono il proprio sviluppo industriale e invasero i mercati europei
  • i paesi europei furono costretti a disinvestire buona parte dei loro capitali privati all'estero

La mano dello stato è più forte sull'economia, e anche lo smantellamento dell'impalcatura bellica non limita una limitazione dell'intervento statale.
Il TRATTATO DI PACE DI PARIGI ebbe rilevanti conseguenze economiche:

  • mutamenti territoriali: mappa politica dell'europa ridisegnata (crollo impero russo, tedesco, ottomano e austroungarico). La modificazione delle frontiere, nonostante ci si dovesse ispirare ai 14 punti di Wilson ai quali stava alla base il principio di autodeterminazione dei popoli molte minoranze rimasero soggette alla dominazione straniera → difficoltà d'integrazione economica e sociale).
  • Alterazione dei rapporti di scambio: all'indomani della rivoluzione bolscevica era stato compromesso il commercio del porto del baltico. Importanti centri di sostamento delle merci russe con l'occidente europeo.

Con la guerra si sviluppò il Protezionismo (non ci si poteva più indebitare con l'estero):

  • barriere tariffarie per proteggere le industrie nazionali prosperate durante la guerra
  • accentuazione dell'autosufficienza economica attraverso la sostituzione di prodotti tradizionalmente importati con produzioni proprie → NAZIONALISMO ECONOMICO

Nel Dopoguerra l'ambiente economico quindi è più rigido. La diminuzione della flessibilità salariale, ascrivibile alla crescente forza delle organizzazioni sindacali e di sempre più diffusi metodi di contrazione collettiva (venne meno la valvola di sfogo rappresentata dall'emigrazione, causa politiche limitative dei flussi migratori). La smobilizzazione delle truppe incise sul mercato del lavoro ma era una massa non sempre adeguata agli impieghi in tempo di pace, gran parte però dei soldati congedati riuscì ad essere assorbita grazie ad una frenetica politica di creazione di posti di lavoro sorretta da una forte domanda
aggregata.

 

Il ciclo monetario presentava un'inconvertibilità della carta moneta in oro (fino al 1923):

  • crollarono molte monete come il rubio, la corona austriaca e il marco
  • le monete dei vincitori persero l'80% del loro potere d'acquisto (portano a fluttuanti oscillazioni che ostacolano gli scambi commerciali)
  • le potenze dell'INTESA avevano sviluppato un sistema di pagamenti sorretto da prestiti interalleati. Ciò portava ad un livello di importazione adeguato e all'assistenza finanziaria che ha termine alla fine della guerra (si presenta il conto per essere rimborsati). Crollano così i tassi di cambio dei paesi dell'intesa
  • instabilità dei mercati finanziari data dall'incertezza dell'entità delle riparazioni sui tempi e modi dei rimborsi dei debiti interalleati

nel dopoguerra il problema è ottenere sovvenzioni sufficienti a far fronte al generale impoverimento della popolazione e alla scarsa disponibilità di dei mezzi di sussistenza (pessime condizioni dei paesi centro-orientali sull'orlo del collasso, anche a causa della carestia del 1918).
Grossi aiuti arrivavano da organizzazioni americane =American Relief Administration: agenzia del consiglio supremo alleato, che tramite atti ufficiali ridimensionati ai quali subentrarono organizzazioni private. Ma gli aiuti furono insufficienti e limitati nel tempo a causa della debolezza della società delle nazioni.

Nel 1919 si ebbe la ripresa della produzione industriale negli Usa, Giappone e Paesi neutrali, che causò un boom che durò poco più di un anno, seguito dalla depressione  tra il 1920-1921 (una crisi di assestamento inevitabile per il passaggio da un economia di guerra ad una economia di pace). L'esplosione della domanda portò ad un aumento dei prezzi conseguente alle abolizioni delle restrizioni belliche, così da produrre un capovolgimento nel rapporto tra domanda e offerta:

  • la domanda si restrinse dopo che erano stati soddisfatti i bisogni più urgenti
  • l'offerta si ampliò mano a mano che le attrezzature produttive venivano ricostruite

ciò portò ad una grave crisi di sovrapproduzione che comportò:

  • caduta dei prezzi
  • fallimenti di banche e industrie
  • aumento di disoccupazione

Politiche fiscali e Problemi di Finanza Pubblica
L'italia nel dopoguerra:

  • indebitameno triplicato
  • circolazione cartacea triplicata
  • debito estere con ex alleati inglesi e americani per finanziare la guerra era di 19,5 miliardi di lire-oro → quota annua di lire-oro di un miliardo
  • aumento delle importazioni dagli usa
  • sistema economico più debole rispetto alla Francia,e Gran Bretagna che potevano contare su riserve auree notevoli, maggiore disponibilità di materie prime e fonti energetiche, efficiente sistema fiscale.

Il sistema economico italiano:

  1. è più dipendente dall'estero attestato dal deficit della bilancia commerciale. Tale squilibrio non poteva essere causato come in passato dalle rimesse degli emigranti (causa blocco immigrazione). Quota Act americano riporta il rientro dei braccianti. Così si ebbe un esubero di Forza lavoro, sommato ai licenziamenti degli industriali causati dalla riconversione portarono alla sottoccupazione nelle campagne e alla disoccupazione.
  2. Il rialzo dei prezzi non più legato alla scarsità dei prodotti ma all'abnorme incremento di massa monetaria più acquisto di merci dall'estero. Da qui partirono richieste di adeguamento salariali che vennero accolte a causa dei continui scioperi e un incessante mobilitazioni dei lavoratori. Ma il rincaro dei prezzi continua, cadendo in una spirale inarrestabile.
  3. L'inflazione non si arrestò dopo la guerra ma continuò a crescere sensibilmente fino al 1920.
  • ne risentono di più i ceti medi che dopo aver sottoscritto prestiti nazionali e vedevano assotigliarsi le loro fonti di reddito anche per il mancato adeguamento degli stipendi. Ciò comportò un insofferenza verso chi si era arricchito con le forniture belliche  e con i contadini che riuscivano a strappare continue concessioni sul piano salariale e normative con rivoluzioni.
  • L'inflazione era alimentata da un fabbisogno finanziario dello stato che continuava ad espandersi e  che comporta la lievitazione del disavanzo di bilancio, ciò comportò un aumento della spesa pubblica dato da:

- livello ancora elevato delle spese straordinarie di guerra
- pensioni erogate a militari e invalidi
- risarcimenti corrisposti alle popolazioni danneggiate dalla guerra
- ricostruzione delle terre liberate
- mantenimento del prezzo politico del pane volto a colmare il prezzo di requisizione del grano e il prezzo di vendita del pane
- esenzione di importanti lavori pubblici
era necessario tentare di placare la delusione e la protesta degli ex combattenti smobilitati che stentavano a trovare lavoro.

Nel dopoguerra ci fu un inasprimento del cambio della lira nei confronti delle principali valute. Nel 1919 cessò da parte di inglesi e americani l'impegno a mantenere stabile sui mercati internazionali il cambio della lira italiana che, liberamente negoziabile all'estero vide crollare il suo corso. In più non viene condivisa la rivendicazione adriatica avanzata dall'Italia durante la conferenza di Parigi e portò al raffreddamento dei rapporti:

  • si correva il rischio di non ottenere altri prestiti americani
  • non si abbandonava da una generale remissione dei debiti fra tutti i paesi che avevano combattuto per la stessa causa o compensazione tra debiti davanti e riparazioni imposte dai nemici
  • si attendeva che venissero definite le riparazioni spettanti all'Italia. Chiese di ridurre l'entità dei debiti guerra da rimborsare e di sospendere l'esazione degli interessi poiché si trovava in esigenze finanziarie e il prelievo fiscale non era sufficente. Quindi si ricorse a un nuovo prestito nazionale almeno finchè non si fossero riaperti i canali del finanziamento internazionale

Il disavanzo di bilancio diminuì negli esercizi successivi grazie a:

  • introduzione di imposte straordinarie (sul patrimonio)
  • opera di risanamento del governo Giolitti (abolizione del prezzo politico sul pane)
  • libertà del commercio dei cereali → liquidazione dell'onerosa gestione a
  • rientro dell'indebitamento bellico.

La Conversione post-bellica, La scalata alle banche e i Salvataggi.
La guerra aveva prodotto un processo di industrializzazione squilibrato. Alcuni comparti produttivi erano privilegiati rispetto ad altri solo al nord, e ciò comportò un espansione disordinata ed artificiosa.
Il riassetto e il Rinnovo degli impianti per consentire la produzione di pace fu un compito arduo per le imprese specializzate nella produzione bellica, e ciò portò in una CRISI DEL RIORDINO INDUSTRIALE, che coinvolse i principali gruppi siderurgici e meccanici.
Questi gruppi avevano tentato di scalare le banche miste per garantirsi fonti illimitate di credito e perseguire un'ambiziosa strategia espansiva.
Le due banche erano la Credit e Comit  le quali nel 21 riescono a imporre all'Ilva (paralizzata da una situazione di dissesto finanziario) l'allontanamento dei vecchi amministratori ed un drastico ridimensionamento (riduzione del capitale sociale & liquidazione di tutte le attività non siderurgiche).
Le industrie siderurgiche e meccaniche che tentarono così la scalata erano:

  • FIAT con CREDIT
  • ANSALDO con BIS e COMIT

Le due banche riuscirono a mantenere la propria autonomia, mentre la Bis eccessivamente esposta nel finanziamento dell'Ansaldo subì un progressivo immobilizzo e rimase travolta dal crollo dell'impero dei fratelli Perrone → fu messa in liquidazione nel 1921 dopo un tentativo di salvataggio (riuscì a rimborsare gran parte dei suoi creditori, ma non a salvarsi per il timore delle banche concorrenti e l'incertezza dello stato).
L'Ansaldo è la prima causa del crollo della BIS, fu sottoposta ad una globale risistemazione e la rimozione dei Perrone. La Nuova Ansaldo

  • conservava le officine meccaniche
  • gli altri comparti andarono a formare società separate controllate dallo stato attraverso partecipazioni.

CSVI:

  • consorzio per le sovvenzioni sui valori industriali
  • creato alla fine del 1914
  • capitale conferito dalle banche di emissione
  • braccio operativo Banca d'Italia
  • scopo: finanziamento di banche e industrie in difficoltà
  • nel 1919 affiancato dal Consorzio del Credito per le Opere Pubbliche (CREDIOP)

Sezione autonoma CSVI:

  • nasce nel 1922
  • scopo: liberare il consorzio dal peso degli smobilizzi legate alle operazioni di salvataggio della banca d'italia consentendogli di esercitare il credito industriale.

CREDIOP:

  • fondatore Beneduce (socialista riformista)
  • scopo: sottrarre ai privati facili guadagni nel finanziamento delle grandi opere pubbliche. riforma del sistema bancario e ridimensionamento del sistema delle banche miste
  • fondi: emissione di obbligazioni acquisibili dagli alti (temuti) a impiegare in titoli di stato o da esso facenti parte del loro patrimonio.

BANCO DI ROMA:

  • tra il 1921 e il 1922 è gravato da forti immobilizzi per cospicue perdite di attività all'estero e per essersi eccessivamente esposto a investimenti per bonifiche agrarie e crediti alle industrie in crisi
  • ricorso al risconto della banca d'italia → indebitamento
  • si trovò sull'orlo del dissesto anche a causa dell'assottigliamento dei depositi
  • non ci si poteva permettere dopo la BIS la caduta di un'altra banca mista, così Mussolini impose alla banca d'italia il salvataggio del banco di Roma raccogliendo consensi nel mondo cattolico. E tramite un programma di ristrutturazione il salvataggio riuscì anche se con tanti soldi e molto tempo.

Giolitti → equilibrio tra banca e industria
Guerra → squilibrio a favore dell'industria
Dopoguerra → squilibrio a favore delle banche sopravvissute alla crisi
lo stato si limitò ad intervenire nelle situazioni più drammatiche. Nel 1921 tariffa protezionistica, aumentano i dati a favore della produzione siderurgica, meccanica e chimica.

Crisi dello stato Liberale, Lotte sociali e Ascesa al Fascismo
nel dopoguerra politico si ha l'affermazione di due partiti di massa:

  • Psi
  • Ppi: fondato nel 1919 da Sturzo. Partito moderno a struttura rigida con una segreteria che dettava la linea da seguire e non ammetteva più accordi personali di tipo parlamentare. Aveva un orientamento cattolico-sociale (superato il non-expedit) , ma era un partito laico autonomo dalla gerarchia ecclesiastica, democratico, interclassista, con un programma organico e non limitato agli interessi religiosi (diritto del lavoro, sviluppo della cooperazione, assicurazioni sociali, decentramento amministrativo).

Le elezioni del 1919 (con sistema proporzionale) videro proporsi:

  • Liberali: molto divisi all'interno del partito, predominavano i massimalisti suggestionati dalla rivoluzione bolscevica → promulgava lotta contro la borghesia capitalistica e la presa violenta del potere
  • Psi → 156
  • Ppi → 100
  • Confederazione generale del lavoro (socialista)
  • Confederazione generale dei lavoratori (cristiana)

dal 1919 al 1922 si succedettero 7 governi liberali con 5 diversi presidenti del consiglio (Orlando, Nitti, Giolitti, Bonomi, Facta)
Nel marzo 1919 Mussolini fonda a Milano i Fasci Italiani di Combattimento:

  • fondati da ex combattenti, nazionalisti, sindacalisti rivoluzionari e dannunziani.
  • Alimentavano il mito della vittoria rubata e il risentimento contro il socialismo neutralista
  • anticapitalista, anticlericale, antimonarchico

le elezioni del 1919 portarono a poche migliaia di voti per il partito, ma alla fine del 1920 andò peggio.
Nel 1921 i fascisti si riunirono nei blocchi nazionali favoriti da Giolitti, così ottennero 35 seggi e un posto in parlamento. Nel NOVEMBRE 1921 il fascismo si trasforma in Partito senza rinunciare alle squadre armate.

Il biennio 1919-1921 viene chiamato anche BIENNIO ROSSO, poiché vi è un'impennata di scioperi e agitazione a causa di:

  • ex-combattenti che associavano il ritorno della pace ad una prospettiva di vita migliore
  • promessa della terra ai contadini
  • inflazione galoppante
  • maggiore consapevolezza dei propri diritti da parte dei lavoratori → livello di scolarizzazione cresciuto
  • aggravarsi della disoccupazione

Nel dopoguerra si ebbe:

  1. aumento delle tasse: gravava pesantemente oltre che sulle famiglie operaie anche sulla piccola borghesia urbana. Gli stipendi erano ben lontani dall'allinearsi alla curva ascendente dei prezzi. Gravava anche sui precettori di rendita fondiaria e i proprietari di immobili. Da qui si ebbe una drastica concentrazione del loro potere d'acquisto e nel 1919 delle folle assaltarono i negozi in parecchie città.
  2. In campagna le tensioni sociali sfociarono nell'occupazione delle terre (operazioni gestite dall'opera nazionale dei combattenti.

Il decreto del ministro Visalli che concedeva ai prefetti la facoltà di autorizzare la requisizione temporanea dei terreni incolti o mal coltivati a vantaggio delle associazioni di coltivatori, ma non risolse in modo soddisfacente l'aspirazione dei contadini al possesso delle terre. Quindi le lotte agrarie si scontrarono tra:

  • Leghe Rosse: Federterra: combattere la disoccupazione bracciante; propugnavano le affittanze collettive e l'imponibile manodopera
  • Leghe Bianche: Sindacalisti di ispirazione cattolica:

- miravano a creare imprese agricole gestite dai consigli di cascina → assunzione diretta di responsabilità imprenditoriali da parte dei coltivatori e la loro compartecipazione ai profitti
- migliorare i patti agrari
- rendere il conduttore indipendente dal proprietario
- diffusione della piccola proprietà coltivatrice
3.    le lotte degli operai toccano l'apice nel 1920. Nel 1919 recuperano i lavoratori il potere d'acquisto
perduto a causa dell'inflazione, più la riduzione delle ore di lavoro passato a 8 ore( rilevante per il problema della disoccupazione). Le elites operaie maggiormente ideologizzate spinsero il rivendicazionalismo verso sbocchi rivoluzionari → consigli di fabbrica e autogestione delle imprese.
La FIOM (federazione operai metallurgici) ebbero l'iniziativa dell'agitazione, tramite l'ostruzionismo per ottenere un aumento dei salari. Gli industriali reagirono con la serrata → gli operai occuparono gli stabilimenti cercando di continuare l'attività produttiva → passaggio dei mezzi di produzione dai capitalisti ai lavoratori:

  • direzione delle fabbriche assunta da commissioni interne
  • tecnici e impiegati abbandonano il posto di lavoro

Giolitti a riguardo ha un atteggiamento neutrale rifiutando di intervenire con mezzi repressivi e limitandosi a fare controllare dalle forze dell'ordine le istituzioni e i servizi pubblici ritenuti di importanza strategica, scatenando negli industriali che non si sentivano abbastanza tutelati un gran scontento.
L'occupazione delle fabbriche si esaurì in tempi brevi e senza scontri sanguinosi. Fu un fallimento per la classe operaia perchè:

  • incapacità delle organizzazioni sindacali (rivoluzionari vs riformisti) di agire con unità
  • crescita dello squadrismo fascista → seppe interpretare il disagio sociale dei ceti medi e la loro aspirazione a ristabilire l'ordine
  • crisi economica 1921 portò la disoccupazione e alla perita di molte conquiste

Mussolini invece fu in grado di:

  • supportare grandi proprietari terrieri grazie alle corporazioni sindacali che ribassarono i salari ai braccianti
  • seppe abilmente cavalcare il complesso di interessi e passioni del tempo
  • competenze militari
  • consensi della borghesia
  • consenso della famiglia reale
  • capacità del RAS (capi locali) che seppero crearsi una forza personale mobilitando le squadre d'azione in spedizioni punitive verso scioperanti, sezioni di partiti, sedi di sindacati e cooperative antinazionaliste (Farinacci, Balbo, Grandi)
  • simpatia degli agrari che strumentalizzarono lo squadrismo per stroncare la riduzione dei lavoratori agricoli
  • simpatia degli industriali

Come epilogo si arrivò alla CRISI POLITICA DEL 1922, in economia niente ciclo espansivo ma crescono insistentemente le esportazioni.

 

Fonte:

http://ecoways.altervista.org/appunti/Storia_Eco/Appunti_Lez_StoEco.doc

Sito web da visitare: http://ecoways.altervista.org

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