Guerra del Kossovo

 

 

 

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Guerra del Kossovo

 

La guerra del Kossovo

 

Punto di incontro tra oriente e occidente, tra cristianesimo e islamismo, il Kossovo, a partire dal XIII secolo, entrò a far parte della "grande Serbia".

Sotto il dominio del re Stefano IX, il primo stato unitario serbo allargò così i suoi confini conquistando la Macedonia, l'Albania e la Bulgaria. Il 28 giugno 1389, le milizie serbe, guidate dal re Lazar, furono sconfitte dalle armate turche di Murad II.

La Serbia perse così i suoi domini, diventando una provincia dell'Impero ottomano e il Kossovo cominciò a subire un lento processo di islamizzazione, in seguito anche ad una forte immigrazione dalla confinante Albania.

Solo agli inizi del XIX secolo si manifestarono i primi segni di risveglio nazionale, che si concluse nel 1912 con la "prima guerra balcanica", che portò alla cacciata dell'esercito ottomano.

Al termine della prima guerra mondiale il Kossovo entrò a far parte del Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, che nel 1929 si denominò come Jugoslavia. In Kossovo la presenza maggioritaria degli albanesi venne subito considerata illegittima dai serbi in quanto vista come un'invasione favorita dagli ottomani; d'altro canto gli albanesi, da secoli stanziatisi in quelle terre, cominciarono a rivendicare i loro diritti. Ma con la fine della seconda guerra mondiale il Kossovo venne definitivamente inserito nella Serbia e nel 1974 venne ufficialmente riconosciuto come provincia autonoma.

Dopo la caduta del muro di Berlino, nel 1989, il presidente serbo Milosevic revocò l'autonomia e iniziò una politica di discriminazione contro i kossovari albanesi. Nel 1990, in seguito alla repressione serba, iniziarono i primi scontri tra serbi e albanesi (ormai circa il 90% della popolazione) che portarono alla costituzione dell'Uck, l'esercito albanese di liberazione del Kossovo.

Tra il 1996 e il 1997 ci saranno continui scontri tra la guerriglia albanese e i miliziani serbi, fino a che il 6 febbraio 1999, dopo il massacro di 45 kossovari albanesi, la situazione diventa veramente incandescente.

Nel castello Rambouillet, in Francia, viene così indetta una conferenza per mettere d'accordo le parti in guerra. Ma, nel marzo 1999, il mancato accordo, addebitato ai serbi, dà il via all'intervento della Nato. Sotto l'incalzare dei bombardamenti aerei nel giugno 1999 la Serbia capitola. Il 10 giugno il Consiglio di Sicurezza dell'Onu approva una risoluzione che sancisce il ripiegamento di tutte le forze serbe al di fuori del Kossovo, la smilitarizzazione dell'Uck, l'ingresso nella provincia di una forza internazionale con compiti di sicurezza (Kfor) e la creazione di una struttura amministrativa internazionale (Unmik) che ne garantisca l'effettiva autonomia, basandosi su quattro pilastri operativi: amministrazione civile ad interim, intervento umanitario, risistemazione istituzionale e ricostruzione.

Milosevic accettò di interrompere le violenze e di ritirare le truppe serbe dal Kossovo.

Tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre del 2000 Milosevic fu costretto ad abbandonare il potere in Serbia, dopo che il suo rivale Kostunica aveva vinto le elezioni. Sembra dunque che la Serbia tra mille problemi di tipo economico e politico, abbia intrapreso la via della democrazia. Il futuro del Kossovo e dei suoi abitanti (serbi e albanesi) appare tutt'altro che chiaro e definitivo.

 

 

Fonte: http://blog.reteluna.it/comunicazionelecce/wp-content/uploads/2009/03/riassunti-storia-contemporanea.doc

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