James Watt invenzioni e biografia

 

 

 

James Watt invenzioni e biografia

 

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JAMES WATT

 

La carriera di James Watt ebbe inizio nell’inverno dell’anno 1763 quando il professore di fisica naturale del collegio di Glasgow gli inviò un modello della macchina di Newcomen, pregandolo di ripararlo. L’incremento considerevole che l’industria iniziava a prendere in Inghilterra, aveva diffuso, in tutte le menti, il gusto per la scienza, e nella maggior parte delle università si era felicemente pensato di assecondare quest'interesse, aggiungendo agli studi letterari, l’esposizione degli elementi della meccanica applicata. Il collegio di Glasgow possedeva la collezione di tutte le macchine in uso nell’industria, e nelle gallerie vi era un bellissimo esemplare della macchina di Newcomen. A causa di certi difetti di costruzione, il modello non aveva mai potuto funzionare perfettamente, e il professor Andersson incaricò il giovane costruttore dell’università di metterlo in grado di servire alle dimostrazioni del corso. Questo fu il motivo che portò James Watt ad occuparsi per la prima volta della macchina a vapore.
Watt iniziò a riparare la macchina, ma quando fu al termine del lavoro e provò a farla funzionare, si accorse che poteva appena far funzionare lo stantuffo.
Aumentando l’attività del fuoco, si ottenevano delle oscillazioni, però bisognava utilizzare una gran quantità d' acqua fredda per condensare il vapore. Il difetto dipendeva dalla sbagliata proporzione tra le dimensioni del cilindro e quelle della caldaia, questa era troppo piccola e non poteva fornire una quantità di vapore sufficiente per permettere in movimento lo stantuffo. Watt diminuì la lunghezza del cilindro, allora la macchina iniziò a funzionare con una certa regolarità.
Vi erano però altri difetti più seri, impossibili da togliere perché dipendevano sul principio su cui si basava tutto il meccanismo.
La tromba a fuoco di Newcomen presenta un difetto molto grave. Quando l’acqua d'iniezione affluisce nel corpo di tromba condensa immediatamente il vapore e permette all’atmosfera, che preme sulla testa dello stantuffo, di spingerlo fino al basso della sua corsa; l’acqua fredda quando si trova a contatto con e pareti del cilindro riscaldato, e raffredda e quando in seguito arriva una nuova quantità di vapore per sollevarlo, questo vapore è trasformato in parte allo stato liquido, quando tocca le pareti fredde del cilindro.
Perciò viene persa una gran parte del vapore, perché viene impiegata per scaldare il corpo di tromba. Watt verificò che il modello di Glasgow consumava ad ogni oscillazione dello stantuffo un volume di vapore più volte superiore al volume del cilindro, il che faceva perdere la metà del combustibile adoperato. Un secondo difetto inerente alla macchina di Newcomen, è che l’acqua iniettata nel corpo di tromba per condensarvi il vapore, si riscaldava essa stessa impadronendosi del carico latente del vapore condensato: quindi quest’acqua forniva dei vapori, il che rendeva il vuoto imperfetto. La resistenza che lo stantuffo incontrava nella macchina di Glasgow per effetto di quest’ultima circostanza, era equivalente, secondo Watt, al quarto della pressione atmosferica.
Dopo che Watt ebbe riconosciuto i difetti della macchina di Newcomen, pensò non essere impossibile il rimediarvi. Ma per effettuare i perfezionamenti, dei quali quell’apparato gli sembrava suscettibile, era necessario incominciare a fissarne con esattezza la teoria. Con questa mira il giovane artiere si decise ad intraprendere una serie di esperimenti relativi alla teoria dei vari fenomeni sui quali si basa l’impiego del vapore nella tromba a fuoco. Egli determinò dunque con l’esperienza la quantità di vapore che fornisce delle date quantità di carbone in una macchina di Newcomen. Cercò poi, in via generale, il volume di vapore prodotto da un certo volume d’acqua portata all’ebollizione, e così riconobbe che un volume d’acqua allo stato liquido fornisce circa 1700 volumi di vapore.
Col valersi di semplici fiale usate dai farmacisti, Watt riuscì a determinare questa cifra importante, che gli esperimenti dei fisici moderni, eseguiti con tutta la precisione, e con tutto il rigore dei metodi attuali, ha potuto solo lievemente modificare.
Watt determinò la quantità di calore posta in libertà dalla condensazione di un certo volume d’acqua, e si servì della teoria di Black sul calore latente per avere un vantaggio degli studi. Sorpreso dalla gran quantità di acqua fredda che bisognava iniettare nel cilindro, per condensarvi il vapore e colpito considerevole che quest’acqua toglieva al volume di vapore contenuto nel cilindro, egli cercava di spiegarsi questo fenomeno.
Watt poté determinare, grazie agli studi di Black, la quantità di acqua fredda che bisognava iniettare nel cilindro di una tromba di Newcomen di note dimensioni, per ottenere una perfetta condensazione, e volume di vapore che una simile macchina consuma ad ogni oscillazione dello stantuffo. Infine poiché la forza elastica del vapore aumenta con l’aumentare della temperatura, provò a determinare la forza elastica del vapore che corrisponde ad ogni grado del termometro.
Così, il giovane fabbricatore di strumenti dell’università di Glasgow si trovava seriamente impegnato nel perfezionamento della macchina di Newcomen: questa questione iniziava a interessare un gran numero di esperti ingegneri.
Nonostante tutti i difetti e il consumo enorme di combustibile che richiedeva, era già molto diffusa in Inghilterra, era impiegato in un gran numero di miniere per l’asciugamento delle acque, aveva sostituito i vecchi metodi usati e aveva contribuito allo sviluppo dell’industria britannica. Fu facile prevedere quanto sarebbe stata utile una modificazione di quella macchina che permettesse di economizzare parte del combustibile.
La professione di Watt non gli permetteva di dedicarsi completamente allo sviluppo della macchina; una circostanza però favorì i suoi studi, infatti, sposò la figlia diciottenne di suo zio, ciò gli permise di vivere con qualche agiatezza e di occuparsi delle sue ricerche con più attenzione avendo chiuso il suo piccolo laboratorio. La sua sposa influenzò molto positivamente la sua carriera.
L’influenza della moglie non tardò a manifestarsi, infatti, un anno dopo il matrimonio effettuò la sua prima importante invenzione: il CONDENSATORE ISOLATO.
Abbiamo potuto notare che il problema principale della macchina di Newcomen consiste nella necessità di raffreddare e riscaldare alternatamente il cilindro per avere la condensazione del vapore, questo raffreddamento del cilindro, ottenuto con l’iniezione di acqua fredda, fa perdere l’effetto utile di gran parte del combustibile impiegato. Il problema, considerato fino ad allora come insolubile con tutti gli ingegneri, di condensare il vapore senza raffreddare il cilindro, risolto completamente, favorì l’idea di Watt, di condensare il vapore in un vaso separato, comunicante con il cilindro per mezzo di un tubo stretto munito di condensatore, è la principale invenzione di Watt.
Si comprenderà facilmente l’importanza di questa invenzione considerando l’influenza del condensatore.
Se esiste una libera comunicazione fra un cilindro ripieno di vapore e di un vaso vuoto d’aria e di vapore, buona parte del vapore contenuto nel cilindro passerà molto rapidamente nel vaso vuoto, in virtù della tendenza del vapore ad espandersi; questo passaggio cesserà solo quando il vapore si sarà dilatato in modo da presentare la stessa forza elastica nel cilindro e nel vaso adiacente.
Ma rimaneva un’altra difficoltà, ed era lo sbarazzarsi della gran quantità d’acqua impiegata per raffreddare il condensatore. Watt la superò con lo stabilire nell’interno di questo vaso una tromba ad acqua mossa dal bilanciere della macchina stessa, e che asciugava l’acqua a mano a mano che essa aveva servito ad operare la condensazione. Si perdeva in questo modo una parte della forza della macchina impiegata per far agire la tromba; ma la perdita era poca cosa rispetto a quella che determinava prima la condensazione di una gran parte del vapore sulle pareti raffreddate del cilindro.
Con l’aggiunta del condensatore isolato, Watt portava alla macchina di Newcomen una modificazione importante; diminuiva molto il consumo di combustibile. La macchina anche se modificata si basava ancora sullo stesso principio, la forza motrice era fornita dal solo peso dell’aria premente sulla testa dello stantuffo. Con un’invenzione posteriore, Watt modificò completamente il principio di questa macchina. Abolendo ogni intervento della pressione atmosferica, egli fece dipendere unicamente i suoi effetti dalla forza elastica del vapore.
Sono necessari alcuni particolari per far comprendere questa nuova disposizione, che differisce completamente dal sistema di Newcomen.
Con questo nuovo e ingegnoso impiego della forza elastica del vapore acqueo, Watt creò, la vera macchina a vapore. La macchina di Newcomen non meritava, propriamente parlando, che il nome di macchina atmosferica; poiché il peso dell’aria era il solo elemento da cui si traeva la sua forza.
Per la prima volta si otteneva la potenza motrice dalla sola forza elastica del vapore.
Le ripetute esperienze alle quali si doveva dedicare per giungere a risultati così importanti, Watt le eseguiva in una piccola officina nel pianterreno della sua casa con la collaborazione di un piccolo numero di operai.
Il modello di cui si servì per provare l’azione di diversi organi della sua macchina, consisteva in un cilindro di rame con un diametro inferiore a 2” al quale una caldaia forniva il vapore, che si introduceva, tramite un tubo biforcato, al di sopra e al di sotto della testa dello stantuffo. I rubinetti erano azionati a mano. Il condensatore era formato semplicemente da due tubi di stagno di 10” di lunghezza, disposti verticalmente e che si immettevano in un tubo di maggior diametro, immerso in un bacino con dell’acqua fredda. Per giudicare definitivamente l’azione dei vari organi, Watt la fece eseguire in grande con tutti i nuovi elementi immaginati.
Fu in quest'occasione che fece uso per la prima volta dell’involucro di legno circondante il cilindro, chiamato comunemente camicia del corpo di tromba, che aveva l’effetto di prevenire le perdite di calore causate dall’irradiamento nell’aria. In questo modo riuscì a diminuire ancora il dispendio del combustibile. La macchina a vapore era ormai completa. Alla macchina atmosferica nata dalle scoperte di Torricelli, Pascal e Otto von Guericke e messe in pratica dalla sagacia di Newcomen, Watt sostituiva una macchina di molto superiore per l’intensità dei suoi effetti, e che doveva il suo principio di funzionamento alla sola forza del vapore acqueo.
I vantaggi di questo nuovo motore oltrepassavano tutte le speranze. Rimaneva solo il problema di trasportarla nella pratica industriale.
Watt però non aveva le qualità necessarie a far comprendere ai capitalisti l’importanza di questa nuova invenzione.
Watt però voleva nuovi perfezionamenti e non voleva rivelare le sue idee prima di aver ottenuto quello che sperava. Una circostanza fortuita lo fece decidere a cedere alle insistenze dei suoi amici.
La prima applicazione della macchina di Watt si poté osservare nelle miniere di “carbon coke” e nelle saline di Borrowstones, nella contea di Linlithgow. Il capitalista Roebuck comprendendo l’importanza dell’invenzione di Watt gli offrì subito i capitali necessari per applicarla. Egli si proponeva di sostenere tutte le spese a condizione di ottenere i 2/3 degli utili dell’impresa.
La proposta fu accettata e Watt iniziò a costruire una tromba a fuoco che fu collocata all’ingresso di un pozzo di miniera e veniva utilizzata per l’asciugamento delle acque. Poiché questa macchina era uno degli ultimi modelli di prova Watt la modificò per raggiungere un alto grado di perfezione. Per assicurarsi il diritto esclusivo sulle sue invenzioni Watt si occupò di ottenere un brevetto che gli permettesse di costruire le macchine a vapore modificate.
Watt si preparava a creare un vasto stabilimento per la costruzione delle macchine, quando a causa di speculazioni fallite, il capitalista Roebuck perse gran parte del suo denaro, costrinsero Watt ad abbandonare la sua idea, a questo punto Watt riprese la sua occupazione da ingegnere e per quattro anni si dedicò esclusivamente a questa professione. Delineò i piani e diresse la costruzione di un canale destinato a portare a Glasgow il carbone delle miniere di Monkland. Si dedicò inoltre ai miglioramenti dei porti di Glasgow e di Greenock; costruì inoltre i ponti di Hamilton e di Rutherglen.
L’uomo di genio, cui l’Inghilterra avrebbe a poco dovuto le più brillanti creazioni della meccanica moderna, non si rifiutava di occuparsi di semplici lavori di un imprenditore di ponti e strade. Un colpo terribile contribuì ancora ad allontanare Watt dai progetti da lui immaginati. Mentre si trovava in Scozia perse sua moglie, e a causa di questo non concedeva più un pensiero ai suoi primi lavori. Nel 1775 i suoi amici lo misero in contatto con un famoso industriale di Birmingham, Matteo Bulton, quest’uomo era considerato il più abile e intraprendente manifatturiere inglese. Bulton e Watt strinsero un contratto di società e Bulton fece costruire una prima macchina di grandi dimensioni che installò nella sua officina di Soho.
Il brevetto di Watt però stava per scadere, per prolungarlo era necessario rivolgersi al parlamento e grazie anche all’aiuto di Bulton non fu difficile averlo. Questo brevetto durava 25 anni.
Ottenuto il brevetto, Bulton trasformò parte del suo stabilimento in un'officina destinata alla costruzione delle macchine a vapore e dimostrò il grande risparmio economico che si otteneva con la nuova pompa a fuoco, infatti, riduceva di ¾ la spesa del combustibile utilizzato dalla macchina di Newcomen.
Le macchine di Watt cominciarono ad essere adottate in molte miniere della Cornovaglia.
Intanto, verso il 1796, stanco dalle lunghe noie derivanti dalle contestazioni giudiziarie, Watt era tornato ai suoi lavori e da questo punto in poi si dedicò esclusivamente alla soluzione del problema che lo aveva assillato per anni.
Fino allora la macchina a vapore era servita unicamente all’innalzamento dell’acqua da fondo delle miniere; Watt voleva trasformare tutta la potenza di cui era in possesso in un motore che potesse ricevere tutte le applicazioni richieste dall’industria. Avendo già creato la pompa a fuoco, ora voleva creare un motore universale. Il suo genio risolse questo gran problema sia nel principio generale sia nei particolari.
Abbiamo visto che nella macchina a semplice effetto, dove Watt sostituiva alla pressione atmosferica la sola potenza del vapore, l’azione motrice era esercitata realmente solo durante la discesa dello stantuffo. L’oscillazione ascendente era prodotta dal contrappeso attaccato al bilanciere; poiché basta la discesa del contrappeso a far risalire lo stantuffo, quando la pressione del vapore è uguale sulle
Due facce dello stantuffo stesso. Questa macchina agiva dunque ad intermittenza: finché si trattava di innalzare le acque era un problema trascurabile e di poca importanza, ma diventava gravissimo quando si voleva applicare la macchina a vapore per gli altri usi industriali. Il lavoro eseguito dalle manifatture esigeva che la forza motrice potesse esercitarsi sia nella salita sia nella discesa dello stantuffo a motore. Era necessario quindi ottenere questa continuità dalla macchina a vapore.
Watt raggiunse questo risultato nel seguente modo: anziché limitarsi a far agire il vapore solo sulla faccia superiore dello stantuffo, egli diresse il vapore alternatamente al di sopra e al di sotto allo stantuffo, ottenendo così la salita e la discesa grazie alla sola forza del vapore. Watt stabilì le comunicazioni necessarie fra il cilindro e il condensatore, applicò delle valvole, che la macchina stessa apre o chiude a seconda del caso, in modo che il vapore passa nel condensatore nel momento in cui lo stantuffo giunge al termine della discesa. Da questo momento rimane aperta una luce che permette al vapore, proveniente dalla caldaia, di giungere al di sotto dello stantuffo che si solleva senza incontrare resistenza poiché il vapore che prima si trovava al di sopra dello stantuffo è passato nel condensatore lasciando vuota la parte superiore. Questo ciclo avviene anche per far compiere la discesa dello stantuffo, però la parte vuota è quella inferiore dello stantuffo. Si imprime così allo stantuffo un movimento continuo e utile tanto nella salita quanto nella discesa. Questa nuova disposizione del meccanismo rese perfetta la macchina a vapore. I contrappesi usati fino ad allora per equilibrare lo stantuffo, divennero inutili, e per la prima volta si poté liberare la macchina dalle masse pesanti che formavano il bilanciere di Newcomen. La macchina a doppio effetto, come veniva denominata, esegue, nello stesso tempo il doppio del lavoro della macchina a semplice effetto, ma consuma una doppia quantità di vapore. Il vantaggio è comunque nella più rapida successione dei suoi effetti, circostanza utilissima per una macchina destinata a un'applicazione generale.
Era indispensabile trovare un nuovo mezzo che trasmettesse al bilanciere il movimento dello stantuffo. Era facilmente comprensibile che il mezzo utilizzato sulla macchina di Newcomen, in cui il vapore imprime allo stantuffo motore solo un impulso, non poteva applicarsi alla macchina a doppio effetto. Nella macchina di Newcomen, due catene fissate alle sue estremità bastano a mettere in movimento il bilanciere. Nell’oscillazione discendente lo stantuffo tira a se il bilanciere grazie alla catena; in quella ascendente il solo contrappeso, per mezzo dell’altra catena, fa risalire lo stantuffo.
Nella macchina a doppio effetto però, il contrappeso diventa inutilizzabile, è solo la pressione del vapore che mette in funzione lo stantuffo. Era necessario un altro mezzo che comunicasse al bilanciere i movimenti, ed era inoltre necessario far coincidere il movimento dell’estremità del bilanciere con il movimento rettilineo dello stantuffo.
Nelle prime macchine Watt utilizzava un’asta dentata che trasmetteva il movimento, questa però era rumorosa e si guastava con molta facilità.
A questo congegno Watt sostituì quello più complesso conosciuto come parallelogramma articolato di Watt. Una forza considerevole e una continuità di effetto non sono le sole condizioni che deve riunire una macchina destinata a diventare di uso comune. Nella maggior parte delle industrie alle quali si applicherà l’uso di questa macchina, sono molto importanti la regolarità e l’uniformità di azione quanto l’intensità della forza. Una forza che si genera attraverso palate di carbone gettate sotto una caldaia presenta nella sua intensità le massime variazioni. A questo fenomeno bisognava rimediare e da qui nacque la semplice e ammirabile disposizione di Watt.
Ponendo che, all’interno del tubo che porta il vapore nel cilindro dalla caldaia, venga messa una specie di valvola o piastra mobile che può chiudere o lasciare aperto questo tubo, in modo da sospendere o ristabilire la comunicazione tra cilindro e caldaia, a seconda che la valvola sia più o meno aperta, passerà una quantità più o meno grande di vapore nel corpo di tromba; grazie a questo mezzo perciò si potrà regolare l’azione della macchina e quindi il numero di colpi dello stantuffo. Watt riuscì a far funzionare questa valvola attraverso il funzionamento della macchina stessa in modo che se i colpi dello stantuffo sono troppo veloci la macchina chiude la valvola, se invece i colpi sono troppo lenti la valvola si apre e immette una maggiore quantità di vapore. Watt chiamò questo meccanismo governatore. Trovò l’idea per questo meccanismo osservando i vecchi mulini da farina.
Basterà una cifra per far conoscere l’economia che l’uso della macchina a vapore ha portato nelle lavorazioni industriali. Secondo Arago, uno staio (attrezzo utilizzato per caricare il carbone nella caldaia), produce il lavoro di venti operai in 10 ore, uno staio di carbone costa circa 90 cent; ciò ha permesso di ridurre il prezzo di una giornata di lavoro di un operaio, di 10 ore, a meno di 5 cent.
Dopo un tale risultato si è meno sorpresi di sapere che, secondo autentiche verifiche, le macchine a vapore che esistono oggi in Inghilterra sostituiscono il lavoro di circa 30 milioni di persone; anni dopo James Watt morì stroncato da un infarto, ma lasciando un segno indelebile nella storia della meccanica applicata.

 

Fonte: http://www.itiomar.it/pubblica/dispense/JAMES%20WATT.zip

 

Autore del testo: non indicato nel documento di origine

 


 

James Watt invenzioni e biografia

 

Il brevetto della prima  macchina a vapore di James Watt
da Friedrich Klemm,  Storia della tecnica, Feltrinelli, 1959 (Technik, eine Geschichte ihrer Probleme, 1954)

Tipologia
fonte primaria

n  Quello che riportiamo può essere considerato «il più significativo documento della storia della tecnica del XVIII secolo» (Klemm), perché descrive in modo preciso e accurato le novità essenziali della nuova macchina «a fuoco», come viene definita la macchina a vapore nel testo.
n  Prima di tutto appare evidente che la preoccupazione fondamentale dei tecnici dell’epoca era di trovare un modo per ridurre i consumi della macchina di Newcomen. Il titolo ufficiale del brevetto suona infatti: «Metodo per la riduzione del consumo di vapore e di combustibile» nelle macchine atmosferiche in uso. La prima intuizione di Watt fu che in queste macchine il consumo era elevato perché era necessario riscaldare a ogni ciclo il cilindro (che a ogni ciclo veniva raffreddato per far condensare il vapore e ottenere un vuoto parziale). La soluzione a questo primo problema consistette nell’isolare il cilindro il più possibile, circondandolo con un «mantello di legno o di qualche altra sostanza che conduca male il calore», e nel far compiere la condensazione del vapore in un altro cilindro, più piccolo e separato dal primo.
n Se il condensatore separato era fondamentale per razionalizzare il procedimento delle macchine atmosferiche (che provocando un vuoto parziale attraverso la condensazione del vapore sfruttavano la pressione atmosferica per compiere un lavoro), il documento che presentiamo propone anche un’altra intuizione: «io mi propongo di impiegare la forza di espansione del vapore per azionare gli stantuffi [...] nello stesso modo nel quale si utilizza ora nelle macchine a fuoco usuali la pressione atmosferica». Il vapore infatti nella macchina di Watt viene anche immesso nella parte superiore del cilindro (che perciò deve essere chiusa) per spingere verso il basso lo stantuffo.
n Un ulteriore problema tecnico era quello della tenuta degli stantuffi: non essendo possibile una lavorazione di precisione, la tenuta nelle macchine di Newcomen era assicurata da un disco di cuoio tenuto continuamente bagnato. In questo modo però si contribuiva a raffreddare il cilindro, riducendo l’efficienza della macchina: per questo Watt parla di olio e di altre sostanze resinose, da usare con stantuffi e cilindri realizzati con una precisione mai vista prima.

A.D: 1769. N. 913. Macchina a vapore ecc. Descrizione del brevetto di Watt. A tutti coloro, alla vista dei quali questo scritto perverrà, io, James Watt, di Glasgow in Scozia, commerciante, invio il mio saluto.
Conciossiacosaché Sua Altissima Maestà Re Giorgio III, con la sua lettera di brevetto recante il sigillo di Gran Bretagna, in data 5 gennaio dell’anno nono del regno di Sua Maestà, a me, il nominato James Watt, diede permessione, podestà, privilegio ed autorizzazione, che io, il nominato James Watt, i miei esecutori, amministratori ed incaricati, siamo autorizzati, per un determinato numero di anni, ad utilizzare, esercire e vendere il mio “Metodo nuovamente trovato per la riduzione del consumo di vapore e di combustibile nelle macchine a fuoco”, e ciò dovunque in quella parte del regno di Gran Bretagna che vien nominata Inghilterra, nel territorio del Galles, nella città di Berwick sul Tweed ed inoltre nei possedimenti e nelle colonie di sua Maestà; ed io, il nominato James Watt, vengo obbligato, nella suddetta lettera di brevetto, a fornire, con firma e sigillo, un’accurata descrizione dell’essenza della mia invenzione, che deve venir registrata presso la Cancelleria Superiore di Sua Maestà entro quattro mesi dalla data della lettera di brevetto sopra nominata;
si sappia dunque che, in adempimento all’obbligo e alla deliberazione anzidetti, io, il nominato James Watt, dichiaro che quanto segue costituisce un’accurata descrizione della mia scoperta di cui è questione, e del modo e della maniera nei quali la stessa fu eseguita.
Il mio procedimento per la riduzione del consumo di vapore, e di conseguenza a ciò, del combustibile nelle macchine a fuoco, si basa sui seguenti principi.
Anzitutto, il recipiente nel quale devono trovare applicazione le forze del vapore per azionare la macchina, e che nelle usuali macchine a fuoco viene detto cilindro del vapore, ma che io invece chiamo cassa del vapore, deve venir mantenuto, per tutto il tempo che la macchina lavora, ad una temperatura tanto alta quant’è quella del vapore all’ingresso, e ciò si otterrà in primo luogo con il circondare la cassa con un mantello di legno o di qualche altra sostanza che conduca male il calore, in modo che, in secondo luogo, si possa mettere intorno ad essa vapore o qualche altro corpo riscaldante, ed in terzo luogo che né acqua né altro corpo a temperatura più bassa del vapore abbia ad entrare nella cassa o venire in contatto con essa.
Secondariamente, in queste macchine, che lavorano con condensazione parziale o totale, il vapore dev’esser addotto nei recipienti adibiti alla condensazione, che sono separati dalla cassa o dal cilindro del vapore e vengono collegati a questi solo per qualche istante. Indico questi recipienti con il nome di condensatori, e questi, mentre la macchina lavora, devono essere mantenuti, mediante acqua o altri corpi freddi, almeno tanto freddi quanto l’aria che circonda la macchina.
In terzo luogo, non appena l’aria, o altri vapori elastici non condensati dal freddo dei condensatori, abbiano a disturbare l’andamento della macchina, questi devono essere allontanati, con l’impiego di pompe trascinate dalla macchina stessa, o in altro modo, dalla cassa di vapore o dai condensatori.
In quarto luogo, io mi propongo di impiegare la forza di espansione del vapore per azionare gli stantuffi o quanto altro venga adoperato in luogo di questi, nello stesso modo nel quale si utilizza ora nelle macchine a fuoco usuali la pressione atmosferica. Nei casi in cui non sia disponibile l’acqua fredda nella quantità necessaria, le macchine possono venir azionate da questa sola forza del vapore, lasciando uscire all’aria libera il vapore, dopo che questo ha compiuto il suo lavoro.
In quinto luogo, nei casi in cui si desidera ottenere un moto di rotazione attorno a un asse, do alla cassa di vapore la forma di un anello cavo oppure di canali regolari, con entrate ed uscite apposite per il vapore, e monto gli stessi sopra un asse orizzontale, come le ruote dei mulini ad acqua. Negli stessi è prevista una serie di valvole, che consentono a un corpo di scorrere entro i canali in una sola direzione. In queste casse di vapore sono posti dei pesi, che riempiono in parte i canali, e che vengono mossi dentro di questi nel modo ancora da indicare. Quando il vapore viene immesso in questa macchina fra quei pesi e le valvole, esso esercita su entrambi una uguale pressione, così che esso solleva il peso da una parte della ruota e, in seguito alla reazione operante contro le valvole, pone in rotazione la ruota, poiché le valvole si aprono in quella direzione secondo la quale è stato spinto il peso, e non nell’opposta. Mentre la cassa del vapore ruota, essa viene alimentata con vapore dalla caldaia, e quel vapore, che ha fornito il suo lavoro, può venir condensato oppure scaricato nell’aria libera.
In sesto luogo, intendo adoperare in taluni casi un certo grado di freddo, che possa comunque non trasformare il vapore in acqua, ma soltanto addensarlo notevolmente, così che la macchina funzioni per le espansioni e contrazioni alternative del vapore.
Infine, per la tenuta dei cilindri o di altre parti della macchina all’acqua e al vapore, adopero, anziché l’acqua, l’olio, le sostanze resinose, il grasso animale, il mercurio e altri metalli allo stato fuso.
In fede di ciò, oggi, al venticinque di aprile dell’anno del Signore millesettecentosessantanove, ho posto in calce alla presente la mia firma e il mio sigillo.

James Watt (L.S)
Sigillato e consegnato alla presenza di Coll. Wikie,
Geo. Jardine, John Roebuck

 

Fonte: www.pbmstoria.it/unita/05494x-01bim/documenti/doc13.doc

link sito web : www.pbmstoria.it

Autore del testo: James Watt traduzione non indicata nel documento di origine

 

LA MACCHINA A VAPORE

 

 INTRO

La macchina a vapore è generalmente considerata l’invenzione tecnologica che ha maggiormente contribuito al progresso dell’uomo, influenzando ogni aspetto della sua vita sia per quanto riguarda l’industria sia per gli scambi commerciali.

 

 BREVE STORIA DELLA MACCHINA A VAPORE

 

La macchina a vapore fu usata per la prima volta nelle miniere di carbone per pompare l’acqua. Prima del 1712 infatti era spesso impossibile raccogliere il carbone che si trovava in profondità a causa dell’acqua che riempiva i tunnel delle miniere. Thomas Newcomen inventò una macchina a vapore che poteva essere usata proprio come pompa. Questa macchina era semplice da costruire, ma consumava molto combustibile. Fu James Watt a inventare nel 1769 una macchina a vapore più economica nei consumi. La macchina di Watt poteva così essere usata anche se il combustibile era scarso o costoso.
Nella metà del XIX secolo furono inventate macchine a vapore sempre più potenti e soprattutto adatte ad essere impiegate nelle industrie, in particolare nelle industrie tessili.
Un altro importante impiego della macchina a vapore riguardava i trasporti. La locomotiva a vapore fu ideata da Richard Trevithick. Ben presto il treno a vapore si diffuse in tutta Europa offrendo un trasporto delle merci più economico e sicuro. Le navi a vapore poi ridussero di molto la durata dei viaggi transoceanici.

 

 

 

COME FUNZIONA LA MACCHINA A VAPORE


La macchina a vapore trasforma l’energia termica del vapore in energia meccanica.
Il vapore si produce grazie al riscaldamento dell’acqua contenuta nella caldaia. Il calore provoca un aumento della temperatura e della pressione del vapore. Quando poi il vapore viene raffreddato in un condensatore, esso riduce il suo volume provocando così una depressione che permette il recupero di ulteriore energia.
La macchina inventata da Watt nel 1769 era in grado di ridurre il consumo di combustibile (carbone), nel 1784 riuscì poi a costruire una macchina a doppio effetto.
Ecco come funzionava questa macchina:

  1. un focolare riscaldava la base e i lati della caldaia
  2. il vapore veniva condotto poi in un cilindro chiuso nella parte posteriore così che il vapore potesse azionare il pistone sia verso l’alto che verso il basso
  3. Tale forza veniva trasmessa a un sistema di leve. Il movimento del pistone veniva trasmesso al sistema di leve attraverso una biella
  4. La biella era collegata ad una piccola ruota collegata a sua volta alla ruota principale.
  5. La velocità era controllata da un regolatore
  6. Il vapore veniva immesso ed estratto dal cilindro grazie a due valvole
  7. Il vapore di scarico veniva condensato con acqua fredda
  8. L’acqua era poi immessa nuovamente nella caldaia grazie ad una pompa

 

 

LA MACCHINA A VAPORE IN AGRICOLTURA

 

La macchina a vapore viene utilizzata in agricoltura per i lavori nei campi. Se prima i contadini usavano solo animali o attrezzi in ferro e in legno per lavorare la terra, con l’invenzione della macchina  a vapore si diffusero anche nuove macchine come le seminatrici, le trebbiatrici e le mietitrici.

 

 

 

 

 

 LA MACCHINA A VAPORE NELL’INDUSTRIA

 

Nel 1740 iniziano i primi esperimenti di macchina per filare, nel 1825 il filatoio meccanico cominciò ad essere usato nelle fabbriche. Il telaio meccanico fu inventato poco tempo dopo. Entrambe queste invenzioni furono utilizzate per la prima volta in Inghilterra.
La macchina a vapore cambiò il modo di lavorare. Ora c’erano persone che possedevano le macchine. Per farle funzionare poi non bisognava studiare, bastavano poche ore. Un paio di persone (anche donne o bambini) erano sufficienti per far funzionare una macchina e la macchina faceva da sola il lavoro di più di cento tessitori. La macchina lavorava più in fretta, meglio e soprattutto a un costo più basso, non aveva bisogno né di mangiare né di riposarsi. La macchina a vapore lasciò molti artigiani senza lavoro.
Inoltre per costruire una macchina è necessario il ferro e per farla funzionare il carbone. Con l’invenzione della macchina a vapore i paesi che possedevano ferro e carbone furono sicuramente avvantaggiati rispetto agli altri.

 

 LA MACCHINA A VAPORE NEI TRASPORTI

 

Il battello a vapore

Tra il 1788 e il 1802 un inglese sperimentò le prime navi a vapore, nel 1803 l’americano Fulton costruì il primo battello a ruote. Nel 1807 la prima nave a vapore partì da New York.

 

Locomotiva a vapore e ferrovie

Nel 1800 in Inghilterra si sperimentò l’uso della macchina a vapore per le carrozze. Nel 1802 si inventarono i binari e nel 1814 l’inglese Stephenson costruì la prima vera locomotiva. Nel 1821 aprì la prima linea ferroviaria, dieci anni più tardi vi furono ferrovie anche in Francia, Germania, Austria e Russia. Nel 1840 in Europa non vi erano ormai più paesi senza ferrovie. I treni erano mezzi veloci, sicuri ed economici. Potevano passare sulle montagne, nei tunnel e sopra i fiumi ed erano dieci volte più veloci delle diligenze (= carrozze per il trasporto di merci o persone)

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                              
Fonte: www.cde-pc.it/documenti/inter/testi/macchina%20vapore.doc                                                      

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